IL PUNTO di Nicola Giordano
Nonostante i giudici Berlusconi va avanti.
di Nicola Giordano
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La Cassazione conferma la sentenza d'Appello.Ma il Cavaliere non molla.
La storia che riguarda Silvio Berlusconi è sempre stata divisa in due parti:la realtà giudiziaria da una parte e la realtà politica dall'altra.La sentenza della Cassazione che ha confermato la decisione d'Appello sui diritti televisivi Mediaset è sul piano della realtà giudiziaria,una sentenza ingiusta.Sul piano politico invece nulla cambia,il governo continua ad avere l'appoggio solido del partito berlusconiano e così responsabilmente si continua nell'epocale duopolio Letta-Alfano.A dire il vero negli ultimi mesi le spinte al governo erano giunte più dal PD che dalla stessa opposizione,per ora i fremiti della sinistra sembrano resistere a tramutare tutto in caos,per ora.Silvio Berlusconi è il leader del centrodestra italiano,in possesso di un consenso di 10 milioni di elettori,la sentenza della Cassazione gli imporrà un anno di riposo e l'impossibilità di ricoprire cariche pubbliche per almeno tre anni.Il Cavaliere non molla e anzi evidenzia che si dedicherà alla rinascita di Forza Italia e ad un ruolo di supervisore del nuovo polo aggregato delle forze liberali di centro-destra.Non ci tiene per nulla ad uscire dalla politica,ma si dedicherà a fungere da humus al nuovo centro-destra,il centro-destra del futuro.Ieri i giudici hanno concluso una sfida ventennale con il Cavaliere,una sfida fatta di decine di processi,il 90% dei quali inutili e senza logica (tutto con i soldi degli italiani ovviamente),accusandolo di ogni reato spesso davvero inverosimile come ad esempio aver architettato le stragi di mafia del 92 (sic!),insomma una vera persecuzione che anche un occhio totalmente estraneo ai fatti non potrebbe non riconoscere.
Una persecuzione del genere volente o nolente,volontaria o involontaria lascerà un segno nella storia d'Italia,poichè di fatto ha minato e in alcuni casi realizzato una deviazione del sentiero democratico della nazione.I partigiani del Cavaliere che rirtengono che la sentenza di ieri non abbia giudicato un fatto di rilevanza penale ma punito politicamente il leader del partito contro cui spesso intere fette di magistratura si sono direttamente schierate,non possono che ritenere che la decisione della Cassazione sia una vera ingiustizia.Soprattutto perchè impedisce al capo politico di una parte degli italiani,una parte che rappresenta almeno il 30% degli italiani,di svolgere liberamente la sua attività politica,di soddisfare liberamente le istanze che i suoi elettori gli richiedono in quanto leader politico.Il Cavaliere dinanzi a se avrebbe due strade.O urlare al golpe giudiziario e creare un clima di forte tensione anche sociale facendo crollare l'esecutivo tanto faticosamente sorto mesi orsono,oppure accettare la decisione,confermare il sostegno al governo e dedicarsi alla politica non istituzionale.Questa sembrerebbe la scelta più giusta e che lo stesso Berlusconi abbia deciso di intraprendere.Detto ciò il surrealismo della sentenza ai suoi danni rimane lampante.Come può un industriale che versa al fisco 100 milioni di euro all'anno tentare di evaderne solo 3?Come può essere che tutti i responsabili dell'operazione diritti televisivi,compresi i rappresentanti con potere di firma siano stati assolti e il solo Cavaliere condannato solo sulla base del principio del "non poteva non sapere"?Le illogicità della decisione restano eclatanti e sorprende come siano state avallate dai giudici della Cassazione.
Nonostante tutto però,la decisione non priva Berlusconi del suo carisma e del suo enorme consenso,anzi recenti sondaggi dimostrano che i voti sarebbero in aumento considerevole.Egli resta il leader indiscusso del centro-destra italiano.Ora la questione sostegno al governo passa al PD ed in particolare a Matteo Renzi che per conquistare la leadership deve scegliere se ritirare le truppe dal governo e correre a nuove elezioni o rimanere ad appoggiare il duo Letta-Alfano.Gli effetti e le conseguenze politiche le capteremo nei prossimi giorni e i più preoccupati sono proprio Letta e i suoi seguaci della corrente PD,Con un'unica certezza e cioè che in caso di elezioni anticipate,Berlusconi,dopo la sentenza surreale di ieri,avrà un'ulteriore chance di vittoria finale.
La storia che riguarda Silvio Berlusconi è sempre stata divisa in due parti:la realtà giudiziaria da una parte e la realtà politica dall'altra.La sentenza della Cassazione che ha confermato la decisione d'Appello sui diritti televisivi Mediaset è sul piano della realtà giudiziaria,una sentenza ingiusta.Sul piano politico invece nulla cambia,il governo continua ad avere l'appoggio solido del partito berlusconiano e così responsabilmente si continua nell'epocale duopolio Letta-Alfano.A dire il vero negli ultimi mesi le spinte al governo erano giunte più dal PD che dalla stessa opposizione,per ora i fremiti della sinistra sembrano resistere a tramutare tutto in caos,per ora.Silvio Berlusconi è il leader del centrodestra italiano,in possesso di un consenso di 10 milioni di elettori,la sentenza della Cassazione gli imporrà un anno di riposo e l'impossibilità di ricoprire cariche pubbliche per almeno tre anni.Il Cavaliere non molla e anzi evidenzia che si dedicherà alla rinascita di Forza Italia e ad un ruolo di supervisore del nuovo polo aggregato delle forze liberali di centro-destra.Non ci tiene per nulla ad uscire dalla politica,ma si dedicherà a fungere da humus al nuovo centro-destra,il centro-destra del futuro.Ieri i giudici hanno concluso una sfida ventennale con il Cavaliere,una sfida fatta di decine di processi,il 90% dei quali inutili e senza logica (tutto con i soldi degli italiani ovviamente),accusandolo di ogni reato spesso davvero inverosimile come ad esempio aver architettato le stragi di mafia del 92 (sic!),insomma una vera persecuzione che anche un occhio totalmente estraneo ai fatti non potrebbe non riconoscere.
Una persecuzione del genere volente o nolente,volontaria o involontaria lascerà un segno nella storia d'Italia,poichè di fatto ha minato e in alcuni casi realizzato una deviazione del sentiero democratico della nazione.I partigiani del Cavaliere che rirtengono che la sentenza di ieri non abbia giudicato un fatto di rilevanza penale ma punito politicamente il leader del partito contro cui spesso intere fette di magistratura si sono direttamente schierate,non possono che ritenere che la decisione della Cassazione sia una vera ingiustizia.Soprattutto perchè impedisce al capo politico di una parte degli italiani,una parte che rappresenta almeno il 30% degli italiani,di svolgere liberamente la sua attività politica,di soddisfare liberamente le istanze che i suoi elettori gli richiedono in quanto leader politico.Il Cavaliere dinanzi a se avrebbe due strade.O urlare al golpe giudiziario e creare un clima di forte tensione anche sociale facendo crollare l'esecutivo tanto faticosamente sorto mesi orsono,oppure accettare la decisione,confermare il sostegno al governo e dedicarsi alla politica non istituzionale.Questa sembrerebbe la scelta più giusta e che lo stesso Berlusconi abbia deciso di intraprendere.Detto ciò il surrealismo della sentenza ai suoi danni rimane lampante.Come può un industriale che versa al fisco 100 milioni di euro all'anno tentare di evaderne solo 3?Come può essere che tutti i responsabili dell'operazione diritti televisivi,compresi i rappresentanti con potere di firma siano stati assolti e il solo Cavaliere condannato solo sulla base del principio del "non poteva non sapere"?Le illogicità della decisione restano eclatanti e sorprende come siano state avallate dai giudici della Cassazione.
Nonostante tutto però,la decisione non priva Berlusconi del suo carisma e del suo enorme consenso,anzi recenti sondaggi dimostrano che i voti sarebbero in aumento considerevole.Egli resta il leader indiscusso del centro-destra italiano.Ora la questione sostegno al governo passa al PD ed in particolare a Matteo Renzi che per conquistare la leadership deve scegliere se ritirare le truppe dal governo e correre a nuove elezioni o rimanere ad appoggiare il duo Letta-Alfano.Gli effetti e le conseguenze politiche le capteremo nei prossimi giorni e i più preoccupati sono proprio Letta e i suoi seguaci della corrente PD,Con un'unica certezza e cioè che in caso di elezioni anticipate,Berlusconi,dopo la sentenza surreale di ieri,avrà un'ulteriore chance di vittoria finale.
L'immorale utilizzo del carcere preventivo.
di Nicola Giordano
La custodia cautelare in carcere:fra giuste esigenze ed indegni scopi punitivi.
La situazione degli istituti penitenziari italiani è davvero drammatica,ai limiti dell'allarme sociale.Ancor più drammatico è sapere che ben 27 mila persone quindi il 40% dei detenuti in totale sono persone colpite da misure di custodia cautelare in carcere.Almeno questi sono i dati,preoccupanti, che il Ministero di Giustiza ha recentemente reso noti.Ecco, ora immaginiamo un carcere italiano,sovraffollato come sempre,spesso in condizioni ai limiti della fatiscenza,con problematiche severe di spazio e freddo e immaginiamo che la metà dei detenuti di quel luogo non sono colpevoli e quindi soggetti ad una punizione giusta di detenzione,ma sono imputati in processi,innocenti in attesa di ricevere il giudizio.
E' una situazione davvero scioccante.Il giudice inquirente,applicando semplicemente una legge che lo autorizza a ciò,invia in carcere un cittadino,lo invia da innocente senza che il percorso probatorio sulla sua presunta colpevolezza sia stato per niente compiuto.Una vera aberrazione.Proprio in virtù di queste cifre davvero scioccanti,recentemente il ministro Severino aveva ordinato una maggiore attenzione e ponderatezza da parte dei magistrati nell'utilizzare lo strumento della custodia cautelare in carcere.In primis perchè il diritto basilare alla libertà personale è un fondamento della nostra Costituzione e quindi andrebbe violato solo dinanzi ad una colpevolezza certa e dimostrata;in secundis perchè l'oggettivo problema dell'affollamento delle carceri va affrontato in modo deciso e concreto,non soltanto ricorrendo all'immorale mezzo dell'indulto,cosa che invece spesso e volentieri avviene.Se così accadesse ci troveremmo dinanzi ad una circostanza davvero indegna.Ovvero colpevoli e criminali definitivamente giudicati come tali, liberi grazie all'indulto,mentre imputati,innocenti e in attesa di essere giudicati,invece, in carcere.L'assurdo diverrebbe realtà.La carcerazione è l'unico mezzo che hanno i magistrati per punire condotte criminali,ma proprio perchè unico e severo strumento,andrebbe adoperato con moderazione.In una società moderna come la nostra è già un passo importante aver eliminato la pena capitale,che in alcune nazioni,anche ricche e sviluppate,continua a fare vittime col consenso della legge;è gia un passo importante aver diminuito il ricorso alla pena dell'ergastolo che mortifica la finalità rieducativà della pena a solo vantaggio della finalità punitiva.
Ecco perchè detenere in carcere preventivamente un imputato è un gesto immorale.Maggiore dovrebbe essere il ricorso a misure alternative o sostitutive della detenzione,anche in fase cautelare.E' concettualmente possibile,basta solo leggermente modificare le leggi già in vigore.La nostra Costituzione nella sua vetusta imperfezione strutturale sancisce però un concetto chiaro e immodificabile.Una sorta di norma scolpita nella roccia.Ogni cittadino imputato in un processo è innocente fino a prova contraria,fino a sentenza definitiva passata in giudicato dopo il terzo grado di giudizio.Quindi il risvolto pratico di questo principio dovrebbe essere piuttosto chiaro,ma così non accade,poichè un codice penale e di procedura dall'impostazione fortemenente autoritaria prevede di poter ledere la libertà personale con le misure cautelari,in caso di indizi gravi di colpevolezza o di esigenze di cautela.Come può un semplice indizio non sottoposto a contraddittorio in udienza essere ritenuto di colpevolezza?Come può un giudice emettere siffatta ordinanza cautelare senza aver garantito i diritti della difesa in un minimo di dibattimento?Perchè le esigenze e i pericoli di fuga o inquinamento probatorio non potrebbero essere soddisfatte con misure alternative al carcere?Tutti interrogativi irrisolti che non meritano però di restare tali.Un vento nuovo di riforma dell'intero sistema deve iniziare a soffiare.Altrimenti si resterà in questa indegna situazione,con carceri affollate,detenuti condonati,innocenti in galera e in bocca un amaro e insopportabile sapore,il sapore dell'ingiustizia.
La situazione degli istituti penitenziari italiani è davvero drammatica,ai limiti dell'allarme sociale.Ancor più drammatico è sapere che ben 27 mila persone quindi il 40% dei detenuti in totale sono persone colpite da misure di custodia cautelare in carcere.Almeno questi sono i dati,preoccupanti, che il Ministero di Giustiza ha recentemente reso noti.Ecco, ora immaginiamo un carcere italiano,sovraffollato come sempre,spesso in condizioni ai limiti della fatiscenza,con problematiche severe di spazio e freddo e immaginiamo che la metà dei detenuti di quel luogo non sono colpevoli e quindi soggetti ad una punizione giusta di detenzione,ma sono imputati in processi,innocenti in attesa di ricevere il giudizio.
E' una situazione davvero scioccante.Il giudice inquirente,applicando semplicemente una legge che lo autorizza a ciò,invia in carcere un cittadino,lo invia da innocente senza che il percorso probatorio sulla sua presunta colpevolezza sia stato per niente compiuto.Una vera aberrazione.Proprio in virtù di queste cifre davvero scioccanti,recentemente il ministro Severino aveva ordinato una maggiore attenzione e ponderatezza da parte dei magistrati nell'utilizzare lo strumento della custodia cautelare in carcere.In primis perchè il diritto basilare alla libertà personale è un fondamento della nostra Costituzione e quindi andrebbe violato solo dinanzi ad una colpevolezza certa e dimostrata;in secundis perchè l'oggettivo problema dell'affollamento delle carceri va affrontato in modo deciso e concreto,non soltanto ricorrendo all'immorale mezzo dell'indulto,cosa che invece spesso e volentieri avviene.Se così accadesse ci troveremmo dinanzi ad una circostanza davvero indegna.Ovvero colpevoli e criminali definitivamente giudicati come tali, liberi grazie all'indulto,mentre imputati,innocenti e in attesa di essere giudicati,invece, in carcere.L'assurdo diverrebbe realtà.La carcerazione è l'unico mezzo che hanno i magistrati per punire condotte criminali,ma proprio perchè unico e severo strumento,andrebbe adoperato con moderazione.In una società moderna come la nostra è già un passo importante aver eliminato la pena capitale,che in alcune nazioni,anche ricche e sviluppate,continua a fare vittime col consenso della legge;è gia un passo importante aver diminuito il ricorso alla pena dell'ergastolo che mortifica la finalità rieducativà della pena a solo vantaggio della finalità punitiva.
Ecco perchè detenere in carcere preventivamente un imputato è un gesto immorale.Maggiore dovrebbe essere il ricorso a misure alternative o sostitutive della detenzione,anche in fase cautelare.E' concettualmente possibile,basta solo leggermente modificare le leggi già in vigore.La nostra Costituzione nella sua vetusta imperfezione strutturale sancisce però un concetto chiaro e immodificabile.Una sorta di norma scolpita nella roccia.Ogni cittadino imputato in un processo è innocente fino a prova contraria,fino a sentenza definitiva passata in giudicato dopo il terzo grado di giudizio.Quindi il risvolto pratico di questo principio dovrebbe essere piuttosto chiaro,ma così non accade,poichè un codice penale e di procedura dall'impostazione fortemenente autoritaria prevede di poter ledere la libertà personale con le misure cautelari,in caso di indizi gravi di colpevolezza o di esigenze di cautela.Come può un semplice indizio non sottoposto a contraddittorio in udienza essere ritenuto di colpevolezza?Come può un giudice emettere siffatta ordinanza cautelare senza aver garantito i diritti della difesa in un minimo di dibattimento?Perchè le esigenze e i pericoli di fuga o inquinamento probatorio non potrebbero essere soddisfatte con misure alternative al carcere?Tutti interrogativi irrisolti che non meritano però di restare tali.Un vento nuovo di riforma dell'intero sistema deve iniziare a soffiare.Altrimenti si resterà in questa indegna situazione,con carceri affollate,detenuti condonati,innocenti in galera e in bocca un amaro e insopportabile sapore,il sapore dell'ingiustizia.
Pronto l'inciucio Monti-PD.E Vendola che fa?
di Nicola Giordano
Si prepara il mega accordo post-elettorale.Ma si rischia una reazione scomposta di Vendola.
C'è una forte paura che inizia a concretizzarsi nella mente del leader del Pd Bersani.Il timore che,in virtù della rimonta berlusconiana,in virtù della quota di elettori del centro-sinistra,che non sfonda il 40%,anche in caso di vittoria,molto probabilmente non ci saranno le condizioni per governare in maniera stabile e sicura.La maggioranza eventuale risulta essere fortemente risicata.Un'unica e doverosa scelta allora si pone all'orizzonte.Dar vita ad un grosso accordo,oseremmo dire grosso inciucio,post-elettorale con la lista di Mario Monti,che nonostante abbia una quota elettorale del solo 15% più o meno,si pone come ago della bilancia.In puro stile terzista (che è il modo moderno per dire democristiano).Bersani da politicante di mestiere qual è ha già intuito ciò,ed infatti da almeno una settimana lancia chiari messaggi di intesa e di collaborazione parlamentare col Professore.Il leader Pd ha infatti capito che forse è meglio avvicinarsi al grigio rigore di Monti che all'esuberanza politica di Renzi,poichè in quest'ultimo caso rischierebbe davvero di essere fagocitato dalla voglia di leadership del Rottamatore,rischiando di declassare la sua.Monti dal canto suo sembra gongolare in questa situazione.
Ha capito che con certezza vicina all'assoluto,il Pd sarà costretto a chiedergli aiuto per governare o il rischio pareggio con la coalizione berlusconiana diverrebbe concretissimo.Il Professore è ovviamente più incline ad offrirsi al centro-sinistra che a Berlusconi,soprattutto in virtù delle pesanti accuse e critiche fatte e ricevute dal Cavaliere in questi giorni.Sapendo di essere diventato necessario al futuro dello stesso Pd,Monti comincia a mettere paletti e punti in chiaro.Ha apprezzato le recenti parole di Bersani,fatte nel corso di un convegno a Berlino.Qui il leader del centro-sinistra per dimostrare la vicinanza al Professore si è detto pronto a ritenersi responsabile delle conseguenze politiche che il governo tecnico ha prodotto in questo ultimo anno.Il patto sembra chiaro:io (Bersani) ti proteggo e non ti accuso per la pessima politica recessionista e fiscalmente terroristica realizzata dal tuo governo tecnico,tu (Monti) dopo le elezioni mi appoggi stabilmente in Parlamento e mi permetti di realizzare il mio sogno di divenire capo del Governo. Un accordo in pieno stile Prima Repubblica che ricorda i patti post-elettorali che venivano raggiunti nel segreto delle stanze tra Dc,Psi,Pli e Pri.Tutto ovviamente celato ad occhi indiscreti e alle spalle del povero elettore,il quale ignaro,credeva di aver partecipato al sistema democratico e che venisse governato da chi aveva effettivamente scelto.Giammai.Allora,come adesso pare,non governa chi vince le elezioni,ma chi è più bravo e senza scrupoli a creare accordi ed alleanze di comodo.Cosa ne penserà il buon Vendola di tutta questa enorme macchinazione post-elettorale?
Si accontenterà del ministero che gli verrà donato,in virtù del suo 7% di voti apportati alla causa oppure farà il politico idealista e coraggioso,quale lui poeticamente decanta di essere ad ogni comizio,e si opporrà all'unione con Monti?Le idee del Professore infatti spesso sono state criticate da Vendola,che lo definiva spesso un'eminenza grigia simbolo del potere elitario delle banche.Una sorta di uomo di destra,ma colto e in doppio petto.In caso di accordo Monti-Pd forse il vulcano Vendola sarebbe pronto ad esplodere e la sua lava eruttata finirebbe con lo scottare proprio Bersani che vedrebbe la sua futura maggioranza sfaldarsi sotto l'accusa di essersi troppo allontanato dalla sinistra e troppo avvicinatosi al centro;un dèjà vù molto divertente.Chi non ricorda la prima legislatura di Prodi con Rifondazione che esce dalla maggioranza per le medesime motivazioni?Il rischio c'è ed è palese.E in questo marasma ed intrigo intanto Berlusconi continua a recuperare voti.Non si sa mai.
C'è una forte paura che inizia a concretizzarsi nella mente del leader del Pd Bersani.Il timore che,in virtù della rimonta berlusconiana,in virtù della quota di elettori del centro-sinistra,che non sfonda il 40%,anche in caso di vittoria,molto probabilmente non ci saranno le condizioni per governare in maniera stabile e sicura.La maggioranza eventuale risulta essere fortemente risicata.Un'unica e doverosa scelta allora si pone all'orizzonte.Dar vita ad un grosso accordo,oseremmo dire grosso inciucio,post-elettorale con la lista di Mario Monti,che nonostante abbia una quota elettorale del solo 15% più o meno,si pone come ago della bilancia.In puro stile terzista (che è il modo moderno per dire democristiano).Bersani da politicante di mestiere qual è ha già intuito ciò,ed infatti da almeno una settimana lancia chiari messaggi di intesa e di collaborazione parlamentare col Professore.Il leader Pd ha infatti capito che forse è meglio avvicinarsi al grigio rigore di Monti che all'esuberanza politica di Renzi,poichè in quest'ultimo caso rischierebbe davvero di essere fagocitato dalla voglia di leadership del Rottamatore,rischiando di declassare la sua.Monti dal canto suo sembra gongolare in questa situazione.
Ha capito che con certezza vicina all'assoluto,il Pd sarà costretto a chiedergli aiuto per governare o il rischio pareggio con la coalizione berlusconiana diverrebbe concretissimo.Il Professore è ovviamente più incline ad offrirsi al centro-sinistra che a Berlusconi,soprattutto in virtù delle pesanti accuse e critiche fatte e ricevute dal Cavaliere in questi giorni.Sapendo di essere diventato necessario al futuro dello stesso Pd,Monti comincia a mettere paletti e punti in chiaro.Ha apprezzato le recenti parole di Bersani,fatte nel corso di un convegno a Berlino.Qui il leader del centro-sinistra per dimostrare la vicinanza al Professore si è detto pronto a ritenersi responsabile delle conseguenze politiche che il governo tecnico ha prodotto in questo ultimo anno.Il patto sembra chiaro:io (Bersani) ti proteggo e non ti accuso per la pessima politica recessionista e fiscalmente terroristica realizzata dal tuo governo tecnico,tu (Monti) dopo le elezioni mi appoggi stabilmente in Parlamento e mi permetti di realizzare il mio sogno di divenire capo del Governo. Un accordo in pieno stile Prima Repubblica che ricorda i patti post-elettorali che venivano raggiunti nel segreto delle stanze tra Dc,Psi,Pli e Pri.Tutto ovviamente celato ad occhi indiscreti e alle spalle del povero elettore,il quale ignaro,credeva di aver partecipato al sistema democratico e che venisse governato da chi aveva effettivamente scelto.Giammai.Allora,come adesso pare,non governa chi vince le elezioni,ma chi è più bravo e senza scrupoli a creare accordi ed alleanze di comodo.Cosa ne penserà il buon Vendola di tutta questa enorme macchinazione post-elettorale?
Si accontenterà del ministero che gli verrà donato,in virtù del suo 7% di voti apportati alla causa oppure farà il politico idealista e coraggioso,quale lui poeticamente decanta di essere ad ogni comizio,e si opporrà all'unione con Monti?Le idee del Professore infatti spesso sono state criticate da Vendola,che lo definiva spesso un'eminenza grigia simbolo del potere elitario delle banche.Una sorta di uomo di destra,ma colto e in doppio petto.In caso di accordo Monti-Pd forse il vulcano Vendola sarebbe pronto ad esplodere e la sua lava eruttata finirebbe con lo scottare proprio Bersani che vedrebbe la sua futura maggioranza sfaldarsi sotto l'accusa di essersi troppo allontanato dalla sinistra e troppo avvicinatosi al centro;un dèjà vù molto divertente.Chi non ricorda la prima legislatura di Prodi con Rifondazione che esce dalla maggioranza per le medesime motivazioni?Il rischio c'è ed è palese.E in questo marasma ed intrigo intanto Berlusconi continua a recuperare voti.Non si sa mai.
PD sembra assediato sul caso Montepaschi.
Critiche da più fronti sui collosi rapporti tra Pd e banca senese.
Ieri Bersani ha manifestato un altro atteggiamento di nervosismo e inopportuna aggressività verbale,questa volta per quanto attiene allo scandalo della banca Monte Paschi di Siena.Il segretario Pd ha rigettato le accuse che gli giungevano da vari esponenti politici non solo Pdl e Monti ma anche dall'ex super alleato Di Pietro che giustamente chiedevano di fare chiarezza sul rapporto che il Pd di Siena,sia a livello comunale che provinciale,abbia avuto negli ultimi anni con la banca ora in difficoltà.Bersani ha risposto alle accuse innervosito,affermando che avrebbe sbranato tutti coloro che avessero puntato il dito verso il suo partito.Questo suo comportamento inspiegabilmente aggressivo già ha fatto fantasticare sulle reali motivazioni;alcuni evidenziano che forse il candidato Pd teme ciò che la magistratura potrebbe scovare nei torbidi rapporti fra politica e banca senese,vera reale causa della gestione dissestata di questi ultimi anni.
Alfano critica tali parole,quasi come se le critiche abbiano sfiorato un punto debole del leader emiliano nei suoi rapporti con quella che non a caso viene definita la banca rossa.Di Pietro e La Russa restano sorpresi dalla reazione Pd,alcuni maliziosamente ritengono che le grida al complotto siano solo delle minacce preventive al lavoro dei magistrati,i quali come è noto,in caso di indagini verso i dirigenti Pd,mostrano sempre un comportamento molto garantista e morbido,tranne rare eccezioni come nel caso Penati.Tutti però vogliono sapere la verità è cioè in che modo i dirigenti che le amministrazioni di sinistra hanno negli anni messo ai vertici di MpS abbiano condotto verso il crac la più antica banca italiana.Un colpo duro a Bersani arriva da chi meno te lo aspetti.L'ex pm Ingroia, che per anni la sinistra portava a modello morale e ad emblema comportamentale ora si rivolta contro.Il giudice palermitano evidenzia che i loschi intrecci Pd -MpS debbono ed urgono di essere smascherati e con essi l'intero sistema delle Fondazioni bancarie che ha fallito nel suo scopo di utilià sociale.
La Lega nelle parole del suo leader ritiene invece inopportuno che la banca toscana goda del finanziamento dei bond predisposto dal recente decreto del governo Monti.Una banca che si macchia di illeciti non può ottenere come premio denaro pubblico per sanare i propri errori di gestione afferma Maroni.Rincara la dose anche Casini secondo il quale la segreteria Pd è coinvolta enormemente in questa situazione catastrofica venutasi a creare in virtù di politiche locali dissennate.Le difese dall'interno del partito di Bersani non mancano.Letta e la Bindi sono concordi con il ritenere come quasi tutti gli avversari politici si siano coalizzati nel puntare il dito verso il Pd,qualcuno grida al complotto,altri ad una sorta di strana convergenza di scopi al fine di danneggiare politicamente il Pd.Ma in verità c'è davvero poco da complottare se emergono delle irregolarità palesi nella gestione dei rapporti fra politica (Pd) e banca. A breve in Parlamento ci sarà l'interrogazione sul caso Monte Paschi con la relazione dell'attuale ministro Grilli.Già si immagina la ferocia degli schiaramenti e lo stesso Bersani fa intuire che venderà cara la pelle.Egli infatti rimarca che accanto alle responsabilità Pd a Siena andrebbero sottolineate anche le facili elargizioni di bond da parte dell'esecutivo Monti alle Banche Popolari di Verona e di Milano,quasi una sorta di favore personale alla Lega,che lì possiede forti ramificazioni.Ma forse Bersani non nota che tali banche non sono state portate sull'orlo del fallimento da questi dirigenti , comunque,politicamente scelti.
Tutti poi urlano odio e sdegno per lo strumento dei titoli derivati,ma anche qui le parole restano solo nel vento,nessun ministro di sinistra infatti nei passati governi ha posto in essere limiti reali all'emissioni di questi particolari e rischiosi titoli spazzatura.Tutto un enorme scenario quindi che sicuramente tenderà ad inasprirsi con l'avvicinarsi della tornata elettorale,ci verrebbe da chiudere con la solita e abusata frase:è la politica,bellezza.
Ieri Bersani ha manifestato un altro atteggiamento di nervosismo e inopportuna aggressività verbale,questa volta per quanto attiene allo scandalo della banca Monte Paschi di Siena.Il segretario Pd ha rigettato le accuse che gli giungevano da vari esponenti politici non solo Pdl e Monti ma anche dall'ex super alleato Di Pietro che giustamente chiedevano di fare chiarezza sul rapporto che il Pd di Siena,sia a livello comunale che provinciale,abbia avuto negli ultimi anni con la banca ora in difficoltà.Bersani ha risposto alle accuse innervosito,affermando che avrebbe sbranato tutti coloro che avessero puntato il dito verso il suo partito.Questo suo comportamento inspiegabilmente aggressivo già ha fatto fantasticare sulle reali motivazioni;alcuni evidenziano che forse il candidato Pd teme ciò che la magistratura potrebbe scovare nei torbidi rapporti fra politica e banca senese,vera reale causa della gestione dissestata di questi ultimi anni.
Alfano critica tali parole,quasi come se le critiche abbiano sfiorato un punto debole del leader emiliano nei suoi rapporti con quella che non a caso viene definita la banca rossa.Di Pietro e La Russa restano sorpresi dalla reazione Pd,alcuni maliziosamente ritengono che le grida al complotto siano solo delle minacce preventive al lavoro dei magistrati,i quali come è noto,in caso di indagini verso i dirigenti Pd,mostrano sempre un comportamento molto garantista e morbido,tranne rare eccezioni come nel caso Penati.Tutti però vogliono sapere la verità è cioè in che modo i dirigenti che le amministrazioni di sinistra hanno negli anni messo ai vertici di MpS abbiano condotto verso il crac la più antica banca italiana.Un colpo duro a Bersani arriva da chi meno te lo aspetti.L'ex pm Ingroia, che per anni la sinistra portava a modello morale e ad emblema comportamentale ora si rivolta contro.Il giudice palermitano evidenzia che i loschi intrecci Pd -MpS debbono ed urgono di essere smascherati e con essi l'intero sistema delle Fondazioni bancarie che ha fallito nel suo scopo di utilià sociale.
La Lega nelle parole del suo leader ritiene invece inopportuno che la banca toscana goda del finanziamento dei bond predisposto dal recente decreto del governo Monti.Una banca che si macchia di illeciti non può ottenere come premio denaro pubblico per sanare i propri errori di gestione afferma Maroni.Rincara la dose anche Casini secondo il quale la segreteria Pd è coinvolta enormemente in questa situazione catastrofica venutasi a creare in virtù di politiche locali dissennate.Le difese dall'interno del partito di Bersani non mancano.Letta e la Bindi sono concordi con il ritenere come quasi tutti gli avversari politici si siano coalizzati nel puntare il dito verso il Pd,qualcuno grida al complotto,altri ad una sorta di strana convergenza di scopi al fine di danneggiare politicamente il Pd.Ma in verità c'è davvero poco da complottare se emergono delle irregolarità palesi nella gestione dei rapporti fra politica (Pd) e banca. A breve in Parlamento ci sarà l'interrogazione sul caso Monte Paschi con la relazione dell'attuale ministro Grilli.Già si immagina la ferocia degli schiaramenti e lo stesso Bersani fa intuire che venderà cara la pelle.Egli infatti rimarca che accanto alle responsabilità Pd a Siena andrebbero sottolineate anche le facili elargizioni di bond da parte dell'esecutivo Monti alle Banche Popolari di Verona e di Milano,quasi una sorta di favore personale alla Lega,che lì possiede forti ramificazioni.Ma forse Bersani non nota che tali banche non sono state portate sull'orlo del fallimento da questi dirigenti , comunque,politicamente scelti.
Tutti poi urlano odio e sdegno per lo strumento dei titoli derivati,ma anche qui le parole restano solo nel vento,nessun ministro di sinistra infatti nei passati governi ha posto in essere limiti reali all'emissioni di questi particolari e rischiosi titoli spazzatura.Tutto un enorme scenario quindi che sicuramente tenderà ad inasprirsi con l'avvicinarsi della tornata elettorale,ci verrebbe da chiudere con la solita e abusata frase:è la politica,bellezza.
La crisi annunciata del Monte Paschi Siena.
di Nicola Giordano
Un sistema corrotto che si autoalimenta e trascina verso il baratro.
In questi giorni sta esplodendo nella sua gravità il problema del Monte Paschi Siena,una delle banche più antiche della civiltà occidentale.Il problema attuale non è altro che la conseguenza di un particolare e pericoloso sistema originatosi fin dai primi anni novanta.Il 1991 è per la precisione l'anno da cui far iniziare tutto.Siamo in piena epoca pre-Tangentopoli,gli istituti bancari italiani avevano per tutto il decennio precedente alimentato un sistema di corruzione politica avido e famelico.Alcune delle più importanti Banche di Interesse Nazionale come il Credito Italiano e BNL avevano avuto a guida della loro dirigenza personaggi politici ed esse stesse erano nel loro capitale interno ricche di azioni pubbliche.Le loro scelte di finanziamento avvenivamo quindi più allo scopo di alimentare l'economia nazionale che su rigide ed oggettive oppotunità di profitto privato,sempre al centro di pressioni generalizzate dai vari orientamenti politici.Ma il sistema era davvero stato spinto allo stremo ed era arrivato il momento di apportare cambiamenti,almeno per garantire la sopravvivenza delle banche stesse nel mercato europeo.Per tale scopo fu emanata la Legge n°218,definita da molti anche Legge Amato.Lo strumento normativo aveva un oggetto chiaro,ridisciplinare l'attività di ristrutturazione e organizzazione delle aziende nel settore bancario e di diritto pubblico,soprattutto sotto l'aspetto patrimoniale.Questa legge innestò un periodo di radicali rivoluzioni nel mondo bancario italiano.
Secondo il Provvedimento dell'allora ministro dell'Economia Amato gli isituti bancari andavano suddivisi in due gruppi:da un lato quelli che svolgevano un'attività bancaria pura e dall'altra le cosiddette Fondazioni,enti di diritto pubblico con un grosso capitale fatto di partecipazioni pubbliche,partecipazioi che nel corso degli anni avrebbero dovuto dismettere e in tal guisa ottenere ricavo e capitale liquido.Capitale che per legge avrebbe dovuto poi essere investito con attività di finanziamento sul territorio con scopi di utilità sociale. Questa norma aveva una sua ratio evidente.Distinguere le banche pure che muovono la loro attività solo sulla base esclusiva del profitto e del metodo economico e le fondazioni che invece avrebberero dovuto finalizzare le somme ingenti ricavate dalle compartecipazioni pubbliche in attività utili allo sviluppo dell'economia collettiva.Insomma veicolare l'azione bancaria dandole in modo indiretto anche scopi di natura pubblica.Questa rivoluzione totale ha effettivamente modificato il modo di svolgere azione bancaria e creditizia in Italia.Ma la ratio legislativa è stata stravolta e patologicamente deviata dal suo obiettivo primario.Anche il Monte dei Paschi di Siena fu coinvolto in questo nuovo quadro generale e per legge,nel 1995 fu creata da un lato la Paschi di Siena S.p.a. vera e propria società per azioni che si muoveva nel settore privato e la Fondazione Monte Paschi,un istituto di diritto pubblico a tutti gli effetti.Un'altra data decisiva però è il 2000,quando il Consiglio di amministrazione della Fondazione con delibera votata all'unanimità dai consiglieri varò il proprio nuovo statuto nel quale fu operaro un evidente colpo di mano rispetto all'originaria impostazione.Lo statuto tramutava l'ente da pubblico in privato.Ma nonostante questo cambiamento,la politica con le sue infiltrazioni territoriali e corruttive è rimasta dentro all'istituto bancario,seppur privatizzato.Un esempio evidente è il fatto che comunque la maggioranza dei consigliere della Fondazione veniva e viene ancora scelto dalla politica e dagli enti regionali e comunali del territorio toscano.
La Fondazione,non possedendo per sua natura azioni da collocare sul mercato e con le quali essere autosufficiente e sopravvivere in caso di avversità generali,è rimasta un ente il cui organo amministrativo è a totale connotazione politica e quindi incline più ai propri scopi anche di matrice elettorale,che agli scopi prettamete economici e di profitto.Questa è stata la causa per la qualein questi ultimi lustri la Monte Paschi Siena è stata gestita più come uno strumento di liquidità politica ed opportunistica che come un mezzo per fare utili e guadagni.Il risultato è la crisi avutasi dal 2008 che ha prodotto numerosi cassi integrati e lo scoppio del recente scandalo in tema di bilancio.La soluzione è piuttosto evidente:le solide basi su cui muoversi ci sono,si tratta solo di eliminare i nuclei di contaminazione politica dell'ente e munire la Fondazione di una vera struttura finalizzata non a raccattare voti ma a rifare profitti e business,insomma a vivere e a comportarsi da semplice banca.Solo così si può evitare il crac.Crac dove questo atteggiamento ,fra alcuni anni, porterà sicuramente con le drammatiche conseguenze che la crisi delle grandi banche americane ha già dimostrato solo pochi anni fa.
In questi giorni sta esplodendo nella sua gravità il problema del Monte Paschi Siena,una delle banche più antiche della civiltà occidentale.Il problema attuale non è altro che la conseguenza di un particolare e pericoloso sistema originatosi fin dai primi anni novanta.Il 1991 è per la precisione l'anno da cui far iniziare tutto.Siamo in piena epoca pre-Tangentopoli,gli istituti bancari italiani avevano per tutto il decennio precedente alimentato un sistema di corruzione politica avido e famelico.Alcune delle più importanti Banche di Interesse Nazionale come il Credito Italiano e BNL avevano avuto a guida della loro dirigenza personaggi politici ed esse stesse erano nel loro capitale interno ricche di azioni pubbliche.Le loro scelte di finanziamento avvenivamo quindi più allo scopo di alimentare l'economia nazionale che su rigide ed oggettive oppotunità di profitto privato,sempre al centro di pressioni generalizzate dai vari orientamenti politici.Ma il sistema era davvero stato spinto allo stremo ed era arrivato il momento di apportare cambiamenti,almeno per garantire la sopravvivenza delle banche stesse nel mercato europeo.Per tale scopo fu emanata la Legge n°218,definita da molti anche Legge Amato.Lo strumento normativo aveva un oggetto chiaro,ridisciplinare l'attività di ristrutturazione e organizzazione delle aziende nel settore bancario e di diritto pubblico,soprattutto sotto l'aspetto patrimoniale.Questa legge innestò un periodo di radicali rivoluzioni nel mondo bancario italiano.
Secondo il Provvedimento dell'allora ministro dell'Economia Amato gli isituti bancari andavano suddivisi in due gruppi:da un lato quelli che svolgevano un'attività bancaria pura e dall'altra le cosiddette Fondazioni,enti di diritto pubblico con un grosso capitale fatto di partecipazioni pubbliche,partecipazioi che nel corso degli anni avrebbero dovuto dismettere e in tal guisa ottenere ricavo e capitale liquido.Capitale che per legge avrebbe dovuto poi essere investito con attività di finanziamento sul territorio con scopi di utilità sociale. Questa norma aveva una sua ratio evidente.Distinguere le banche pure che muovono la loro attività solo sulla base esclusiva del profitto e del metodo economico e le fondazioni che invece avrebberero dovuto finalizzare le somme ingenti ricavate dalle compartecipazioni pubbliche in attività utili allo sviluppo dell'economia collettiva.Insomma veicolare l'azione bancaria dandole in modo indiretto anche scopi di natura pubblica.Questa rivoluzione totale ha effettivamente modificato il modo di svolgere azione bancaria e creditizia in Italia.Ma la ratio legislativa è stata stravolta e patologicamente deviata dal suo obiettivo primario.Anche il Monte dei Paschi di Siena fu coinvolto in questo nuovo quadro generale e per legge,nel 1995 fu creata da un lato la Paschi di Siena S.p.a. vera e propria società per azioni che si muoveva nel settore privato e la Fondazione Monte Paschi,un istituto di diritto pubblico a tutti gli effetti.Un'altra data decisiva però è il 2000,quando il Consiglio di amministrazione della Fondazione con delibera votata all'unanimità dai consiglieri varò il proprio nuovo statuto nel quale fu operaro un evidente colpo di mano rispetto all'originaria impostazione.Lo statuto tramutava l'ente da pubblico in privato.Ma nonostante questo cambiamento,la politica con le sue infiltrazioni territoriali e corruttive è rimasta dentro all'istituto bancario,seppur privatizzato.Un esempio evidente è il fatto che comunque la maggioranza dei consigliere della Fondazione veniva e viene ancora scelto dalla politica e dagli enti regionali e comunali del territorio toscano.
La Fondazione,non possedendo per sua natura azioni da collocare sul mercato e con le quali essere autosufficiente e sopravvivere in caso di avversità generali,è rimasta un ente il cui organo amministrativo è a totale connotazione politica e quindi incline più ai propri scopi anche di matrice elettorale,che agli scopi prettamete economici e di profitto.Questa è stata la causa per la qualein questi ultimi lustri la Monte Paschi Siena è stata gestita più come uno strumento di liquidità politica ed opportunistica che come un mezzo per fare utili e guadagni.Il risultato è la crisi avutasi dal 2008 che ha prodotto numerosi cassi integrati e lo scoppio del recente scandalo in tema di bilancio.La soluzione è piuttosto evidente:le solide basi su cui muoversi ci sono,si tratta solo di eliminare i nuclei di contaminazione politica dell'ente e munire la Fondazione di una vera struttura finalizzata non a raccattare voti ma a rifare profitti e business,insomma a vivere e a comportarsi da semplice banca.Solo così si può evitare il crac.Crac dove questo atteggiamento ,fra alcuni anni, porterà sicuramente con le drammatiche conseguenze che la crisi delle grandi banche americane ha già dimostrato solo pochi anni fa.
Madagascar: la Maledizione dell’oro nero. di Nicola Giordano
In un punto incontaminato dell’isola africana c’è il petrolio. Un bene o un male per il paese?
Spesso in Africa,nei territori più nascosti e sconosciuti ai più,in nazioni martoriate dall’Aids,dalla guerra civile condotta in modo barbaro dalle varie etnie interne e flagellate dal susseguirsi di despoti sanguinari e avide e folli oligarchie al potere,la natura nasconde tesori di immane valore e ricchezza.Le riserve di materie prime abbondano in questo continente poverissimo e popolato in maniera enorme.Ma la ricchezza di tali materie e la loro conseguente importanza anche a livello strategico e politico non va di pari passo con l’accortezza e l’efficacia riguardo al loro utilizzo e al loro sfruttamento. Il timore di grandi disastri naturali o impatti violenti con gli incontaminati ambienti circostanti sull’isola del Madagascar , (la cui immacolata bellezza ha anche ispirato una serie cinematografica) stanno iniziando a configurarsi nel governo centrale ,per quanto riguarda una recente scoperta.
A 400 chilometri dalla capitale Antananarivo,in una zona molto settentrionale dll’isola è stato rinvenuto un mastodontico e profondissimo giacimento di petrolio.L’oro nero.In quella fetta dell’isola africana c’è però la regione di Melaky,un paradiso in terra che ospita parchi e riserve lussureggianti,incastonati nelle colline tanto che è anche difficoltoso raggiungerli divenendo necessario ricorrere a piccoli aeroplani privati.Il Centro Nazionale Studi Minerari,istituito dal governo del Madagascar stima che sotto la regione,nelle cui pieghe territoriali spesso si evidenziano veri e propri sbuffi di petrolio,si cela un giacimento gigantesco e ricco ,con circa 2 miliardi di barili di greggio puro.La società locale,Madagascar Oil,con sede a Houston -Texas,e che è la reale proprietaria del giacimento,fino ad oggi estrae solo poche decine al giorno di barili,ma spera di raggiungere i mille barili già solo l’anno prossimo trasformando l’attività fino ad oggi razionale e rispettosa dell’ambiente in un lavoro avido e rischioso.Ulteriore difficoltà è data dalla posizione del giacimento,che necessità di una tecnica di estrazione particolarissima.Tale tecnica prevede di iniettare nel sottosuolo grandi quantità di vapore acqueo,per sollecitare la risalita naturale del greggio.Così facendo però si rischia un impatto e conseguenze violentissime sull’ambiente.
Si rischia una vera e propria erosione del territorio,una contaminazione delle falde acquifere sottostanti e un totale squilibrio degli aspetti attinenti la flora e la fauna.Il WWF e varie organizzazioni locali sono già pronte sul piede di guerra a dare battaglia.La società con sede in Texas ha respinto le accuse tentando di abbozzare difese a dire il vero poco convincenti. Restando in attesa del cosiddetto certificato di commerciabilità del petrolio.Per gli abitanti del bellissimo Madagascar l’oro nero scoperto è quindi una benedizione o una maledizione?Cio che è certo è che il paese dal 2008 non ha un governo eletto,l’instabilità è totale in ogni aspetto della vita politica ed istituzionale e le elezioni si dovrebbero tenere nel 2013.Tale instabilità ha fomentato la crisi economica,riducendo il Pil pro capite a due euro al giorno per ogni abitante e obbligando per necessità economiche ben 500 mila ragazzi ad abbandonare le scuole.La scoperta di un giacimento gigantesco da poter sfruttare in modo da rimettere in moto economia e ricchezza nel paese sembra una sorta di manna scesa dal cielo per questa povera e paradisiaca terra africana,ma così facendo le conseguenze ambientali potrebbero essere disastrose. La scelta è complicatissima da fare. Povertà o ripresa? Morte o vita? Come spesso accade in Africa è l’oro nero a decidere le sorti e le vite di milioni di persone.
di Nicola Giordano
Lo scempio indegno di CastelVolturno e del Villaggio Coppola.di Nicola Giordano
L'oltraggio edilizio che ha sfreggiato un' intera fetta di costa campana.
Esiste in Campania una zona che un tempo era meravigliosa,una sorta di Eden in terra,che però oggi risulta assassinata nel silenzio di tutti,della gente che ci passa o ci vive e soprattutto nel silenzio dello Stato e della Regione che di tale zona dovrebbero esserne i difensori.Come detto la zona è situata in Campania,precisamente nella cittadina di Castel Volturno,un comune in provincia di Caserta con 25 mila abitanti,non tanti nemmeno pochi e soprattutto circa 30 km di costa un tempo splendida e rigogliosa dotata di una immensa pineta verso il mare,difficile da trovare in altri luoghi d'Italia.La cittadina deve il suo nome al fiume Volturno che bagna le sue terre nel suo percorso placido e lento,ma qui iniziano le note dolenti e tristi.Tutti fiumi per loro natura hanno bisogno di sfociare in mare,ma per il Volturno ciò non vale,non è il fiume bensì il mare ad andare incontro al corso erodendo e consumando circa tre kilometri del letto del fiume a causa del saccheggiamento di sabbia subito in questi decenni.Scempio ulteriore riguarda poi la meravigliosa pineta sulla costa,pineta che circa trentanni fa è stata letteralmente mangiata dalle scelte edilizie,abusive ovviamente,della famiglia Coppola.
La storia che raccontiamo inizia sul finire degli anni 60 ,l'impresa edile della famiglia Coppola riversa su questa costa circa un milione di metri cubi di cemento per circa 45 kilometri. e da vita al più grande villaggio residenziale abusivo d'Italia,grande ben 800 km quadrati.Il villaggio viene creato distruggendo la metà di quella splendida pineta che prima decantavamo.Il miraggio dei fratelli Coppola era di dar vita ad una vera cittadina privata,avvolta da tranquillità e con uno dei panorami marittimi più belli della costa,una specie di oasi lontana dalle tensioni della vità metropolitana.L'idea è quella di fare di suddetto villaggio residenziale non un posto per vip o milionari ma adatto alla borghesia,dove tutti possano realizzare il sogno di possedere una casa e un'esistenza serena a due passi dal mare,nel mezzo della macchia mediterranea.Il “Villaggio Pinetamare” nacque in breve tempo,era un agglomerato con circa 14 mila abitanti,possedeva alberghi,residence,ristoranti,locali notturni,cinema,chiesa,farmacia,uffici postali e addirittura un porto interno per circa 500 imbarcazioni,tra le quali ormeggiata vi era pure quella del capo dei casalesi,Sandokan Schiavone.La cosa assurda era che tutto ciò era abusivo,senza un permesso specifico.Con questo tipo di vllaggio abusivo nacque il termine di ecomostro,cioè una costruzione enormemente non compatibile con il contesto ambientale circostanze,mai definizione fu più adatta.
Del complesso abusivo erano parte integrante anche 8 torri con circa 90 appartamenti ognuno che affacciavano sul mare.Originariamente l'impresa aveva premessi edilizi per 600 edifici,beh,i Coppola costruirono ben 12.000 edifici abusivi.Una gran parte del villaggio fu come detto costruita erodendo la vicina pineta.La pineta apparteneva alla coniuge di C.Coppola,parente di Tiberio Cecere parlamentare democristiano.Un vecchio decreto del 1912 aveva infatti affidato la pineta sulla costa,come proprietà,alla famiglia Cecere.I Coppola la ricoprirono quasi interamente di cemento e poichè la zona non bastava,si spostarono sui territori vicini,visto che la proprietà non aveva dei confini ben precisi.Il risultato era che occuparono zone del Demanio pubblico,erigendo centinaia di immobili abusivi.La zona in cui sorse l'ecomostro era come detto,una delle più splendide della costa meridionale dell'Italia,tanto che nell'antichità l'imperatore Domiziano volle costruire l'antica via Domitia,che collegava Napoli a Roma e permetteva di godere del meraviglioso paesaggio marino.Durante la realizzazione del villaggio numerose furono le opere archeologiche rinvenute,andate tutte o distrutte o trafugate.Emblematica è la sorte di un antico ponte medievale sul fiume Volturno,che fu abbattuto per consentire il passaggio del mezzi per la costruzione del nuovo villaggio residenziale.Solo la Capitaneria si accorse delle violazioni e dei danni che si stavano causando all'ambiente ma nessuno volle intervenire.
Solo nel 1994 iniziarono le prime indagini sul caso,nonostante vi fosse una sentenza della Cassazione del 1985 che riconosceva al Demanio i territori su cui il villaggio era sorto.Non solo la pineta fu sfreggiata,non solo il corso del fiume Volturno fu irrimediabilmente modificato ma scomparvero circa 100 specie fra animali e piante autoctone.Il WWF sottolinea che serviranno circa 100 anni per ricostruire l'habitat della zona.Oggi andando in questi luoghi la situazione è ben diversa.Il villaggio Pinetamare non esiste più,è una zona fantasma abbandonata da tutti.L'abusivismo una volta scoperto ha costretto la famiglia Coppola ad abbattere le otto torri.Le macerie hanno reso la zona desertica e triste,un panorama quasi post-apocalittico.Subito dopo i primi anni dalla costruzione tutti si accorsero che si trattava di edifici illegali e infatti vi fu la fuga.Chi aveva acquisto gli immobili li cedette nell'immediatezza anche perdendo somme di denaro,gli edifici furono locati prima all'esercito americano poi usati per alloggiare gli abitanti dell'Irpinia afflitta dal terremoto.Oggi l'incuria e l'abbandono è totale.Pinetamare rappresenta il simbolo di tutto ciò che in questi anni si è verificato su tutta la costa domiziana.Cementificazione abusiva e forzata,presenza camorristica,lesione permanente dell'habitat naturale.Il litorale che era uno dei più frequentati dalla metà degli anni novanta ha visto crollare le presenze turistiche,l'idea di fare di questa zona il paradiso in terra tra Caserta e Napoli è stato abbandonato.
Nella zona orientale,interi residence e alberghi sono stati abbandonati,anche le spese per il loro abbattimento vengono ritenute eccessive.Così sono diventate le abitazioni dell'enorme massa di immigrati irregolari che giungono ogni anno in queste terre.Interi quartieri popolati solo da immigrati,una sorta di provincia africana in terra campana,ove inquinamento e incuria dominano incontrastati.Con la connivenza criminosa della politica locale.La cosa più assurda della vicenda è che forse si intravede un piano progettuale per riqualificare la zona,forse sono stati anche trovati i fondi necessari tra regione e Unione Europea per circa 5 milioni di euro ma la cosa assurda ed incredibile è che tale progetto di ristrutturazione sarà affidato alla famiglia Coppola,proprio loro gli artefici del più grande e indegno scempio edilizio che la storia d'Italia ricordi.Come è stato possibile tutto ciò?
La Primavera Araba sembra davvero finita.
di Nicola Giordano
Errori di valutazione hanno strozzato il grido di libertà.
Bisogna accettarlo.L'effetto benefico della cosidetta Primavera Araba è quasi completamente dissolto.Come una magra illusione il sogno evapora,quel sogno che aveva fatto sperare l'Europa in un mondo araba riformato e moderno in chiave occidentale.Nulla di tutto questo.
Ricordiamo molto bene i larghi entusiasmi che le prime sommosse tunisine ed egiziane sollevarono in Occidente.Quasi tutta l'Europa intera guardò con gioia a quegli avvenimenti.Finalmente il popolo arabo apriva gli occhi e si accorgeva di essere retto da despoti violenti e anti-democratici.Ma lo sguardo europeo su quei fatti era troppo,inesorabilmente europeo.Si interpretavano come atti di rivoluzione in chiave democratica.Quasi a ricordare un ottocento oramai passato.
Questa interpretazione degli accadimenti però ,anche se sostenuta da giornali,televisioni,esperti e politici di turno era fortemente viziata.Non teneva in alcun modo conto delle tradizioni e della reale esigenza sociale di quei luoghi.
A maggior ragione lasciava di sasso il modo in cui senza scuproli i leaders europei facevano a gara ad accusare e ad abbandonare quei tiranni arabi alle cui corti , fino a poche settimane prima , erano stati invitati a banchettare e a spartirsi la fetta delle risorse petrolifere o naturali , con Francia e Usa in testa.Indicavano nella rivoluzione araba l'unico modo per ridare una pacificazione all'universo arabo.Purtroppo quei leaders hanno ben presto dovuto aprire gli occhi e capire che la sudetta primavera era solo una illusione.
La verità dei fatti era davvero diversa da come essi immaginavano o da come veniva raccontata dagli esperti nel fresco accogliente dei loro uffici.Il motore di quelle rivolte era rappresentato dai giovani e dagli universitari,ormai stanchi di una società islamocentrica e fuori dalla realtà moderna.Volevano più diritti e libertà.Ma ben presto si è capito che questi giovani erano una piccola parte,spinti alla testa della rivolta dalle maggioranze popolari,queste si numerose e ben organizzate attraverso i partiti politici a contenuto islamico o fautori dell'integralismo religioso.
Velocemente infatti è accaduto in alcuni di quei territori tipo Egitto o Libia che le milizie dell'esercito hanno agevolmente instaurato il loro potere e tagliato di netto ogni speranza di cambiamenti democratici per timore che tutto potesse realmente poi sfociare in un'ondata incontrollabile di tipo talebana. Ciò che sembra sicuro ora come ora è che il cambiamento democratico di quei paesi è davvero distante dal realizzarsi.Il processo ,come ogni stato,sarà lento e duro fatto di conquiste e sconfitte,di riforme e penosi passi indietro.Solo con la fatica e il dolore si potrà conquistare la tanto agognata democrazia..Del resto questo è il percorso che ogni nazione occidentale ha dovuto seguire per secoli e secoli per poter definitivamente scacciare il mostro dell'assolutismo.
L'Europa dovrà dare attenzioni maggiori a questi avvenimenti senza diminuire il controllo sul rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo.Solo così potrà essere una valido aiuto alla ricerca dell' assetto democratico per quelle zone.Non rappresentare il solito e opportunista alleato.
di Nicola Giordano
E' davvero finito il Berlusconismo? di Nicola Giordano
Qual è l'esatta interpretazione delle dimissioni del Cavaliere?
Con le dimissioni del Presidente Silvio Berlusconi,dimissioni tra l’altro non obbligatorie per legge in quanto il Governo non era stato sfiduciato apertamente come Prodi qualche anno prima, termina il cosiddetto Berlusconi IV. A giudicare dal giubilo e dai festeggiamenti di parte inscenati davanti la residenza di Palazzo Grazioli e poi davanti al Quirinale, sembrano tutti convinti che Venerdi 12 Novembre sia stata sancita non solo la caduta del Governo, ma la fine di una intera epoca: il Berlusconismo e la fine politica di un uomo. I più insigni portatori delle effigi della faziosità (dall’alto di Scalfari fino al livello più basso come Santoro e Travaglio) già incensano l’aria e inondano le pagine di siti e giornali con parole che gridano alla libertà dal tiranno, al ritorno alla normalità, alla fine del periodo fatto di crisi, povertà e corruzione.
Ma andiamole a verificare tutte queste situazioni tanto pontificate.
Innanzitutto dalle parole dello stesso ex-Premier si può facilmente evincere che il Berlusconismo, inteso come periodo di Berlusconi in politica è ben lungi dall’arrivare alla fine. Il Cavaliere ha sottolineato che intende rimanere sulla scena, gestire il partito di cui è fondatore e fare ciò che gli riesce meglio, cioè essere quel catalizzatore di voti e trascinatore delle campagne elettorali che il centro-destra non ha mai avuto fino alla venuta del Cavaliere di Arcore. Una figura, quella di catalizzatore, che si fonda sul carisma e sulla complicità con gli elettori, vero punto di forza del Pdl. Poi la direzione vera e propria del Governo può ben essere affidata a figure nuove e decise come quell’Angelino Alfano che dimostra una certa affidabilità. Ma veniamo alla fine del regime come i cantori di sinistra recitano da giorni. Il Premier si è dimesso senza essere mai stato esplicitamente sfiduciato, anzi ancora in possesso della maggioranza relativa compresa la maggioranza in Senato; la crisi economica viene spesso e volentieri descritta come un fenomeno legato solo alla figura di Berlusconi, non come un complesso e unico problema finanziario che riguarda le speculazioni a livello planetario e non tanto l’economia reale. Ovvio che poi una volta deflagrata finisca con produrre effetti anche su di essa, ma è una crisi che nasce nelle borse e nelle banche non nell’industria vera e propria. La figura del Cavaliere su queste complesse situazioni ha una valenza minima, non a caso dopo le sue dimissioni il tanto amato Spread è rimasto sostanzialmente immutato. Questo perché il problema è a monte, nel modo stesso in cui è nata e viene gestita la moneta unica europea. Vero e principale fattore di crisi dei paesi dell’Eurozona.
Il ritorno alla democrazia come viene urlato dai faziosi di ferro coincide con la creazione di un governo tecnico in cui non viene in alcun modo richiesto il parere proprio di quel popolo che della democrazia dovrebbe esserne il dominus. Mario Monti, un accademico bocconiano, di indubbia intelligenza e credibilità questo è vero, viene collocato, da uno dei presidenti della repubblica meno imparziali e terzi della storia, a capo di un esecutivo che, da quanto sembra, per nulla prenderà in considerazione l’unico vero parere uscito dalle urne nel 2008, cioè la maggioranza di centro-destra. Anzi permetterà ad alcuni personaggi politici, da anni alla ricerca di ruoli di governo, ma sempre bocciati dalle tornate elettorali, di esercitare ruoli di potere, in barba a qualsiasi principio di democrazia e sovranità popolare. Un Golpe in guanti bianchi, come ha sottolineato qualcuno, questa è la Democrazia urlata da Scalfari, Santoro e compagnia, beh se è questa ne facciamo agevolmente a meno.Berlusconi si è dimesso dal suo ruolo di Presidente del Consiglio. Questa è l’unica verità di questi giorni; lo ha fatto per dare un segnale generale, ma anche per far intuire che il problema non era lui, ma il modo stesso in cui è stata concepita l’Unione Europea, che a causa dell’Euro, impedisce ai singoli stati di poter liberaramente intervenire, anche da un punto di vista monetario, in caso di recessioni o problemi di valuta. Creare una moneta unica e poi non creare un potere centrale politicamente unitario in grado di gestirla è ciò da cui è nata la crisi finanziaria di questi anni, altrochè Berlusconi e il suo Governo.
Il Berlusconismo non finisce, ma si evolve, anche perché esso, come celebri politologi spesso sottolineano, non è un movimento politico ma è un certo modo di intendere la politica. Alcuni lo declinano come nucleo degli istinti più popolani dell’italiano medio. Invece esso rappresenta una maniera di intendere il mondo politico non più come un universo vecchio, gestito da caste autoreferenziali e allergico alla presenza invadente del popolo. Un mondo chiuso, bloccato su se stesso, antilibertario, principale causa del freno alla crescita economica del paese. La figura di Berlusconi per le sue ricchezze private e per il modo rapido e spregiudicato di produrle ha sempre obbligato a guardarlo con diffidenza e paura. Piegare la politica ai suoi interessi è stato il mantra che le Sinistre hanno spesso sbandierato. Ma Berlusconi ha rappresentato e rappresenta col suo partito e coi suoi eredi la ventata di nuovo, che si impone di cambiare il sistema da dentro e che guarda al popolo non come una bestia da domare (come invece accade ai tanti accademici che compongono le fila del centro-sinistra) ma come una dinamo da cui assorbire legittimità e forza per il cambiamento. Il Berlusconismo, inteso come vento di cambiamento, non è svanito, anzi sembra impossessarsi proprio delle future generazioni politiche, basta volgere gli occhi verso Renzi e i suoi, per intuire che il loro modo di fare politica si avvicina al Berlusconi degli albori, tutto promesse e speranze da accendere nei cuori degli elettori. Ecco, un futuro politico con Alfano da una parte e Renzi dall’altra, senza le ottusità di parte, spinte da interessi castali e di posizione, tipiche del vecchio centro-sinistra, sarebbe il futuro politico ideale. Anzi, diciamo apertamente che, è quello verso cui guardiamo speranzosi, con buona pace dei finti governi del Presidente, tecnici, vuoti, frutto degli inciuci di palazzo ma tanto privi della volontà popolare. Questo Scalfari forse non lo sa.
di Nicola Giordano