Sea Watch 3. Chi ha sbagliato davvero?
27 Gennaio 2019
di Serena Ferraris
Guerra tra istituzioni per la ONG. Dov'è l'errore di partenza?
In queste prime settimane del 2019 si parla in continuazione della nave ong Sea Watch. Ma nessuno sembra avere interesse davvero a chiarire come sia sorta questa particolare vicenda e chi abbia realmente avuto una condotta poco onesta e chiara. Il nostro Ministro Matteo Salvini non sarà certo un politico simpaticissimo, le sue opinioni sono spesso pesanti ai limiti della polemica, le sue idee sull’immigrazione clandestina sono ferree ed intransigenti ma questa volta il suo pensiero su questa vicenda sembra ancora più duro del solito, come mai? Per capire la questione dobbiamo innanzitutto informare sul fatto accaduto. La nave umanitaria Sea Watch 3 il 22 Dicembre navigava al largo delle acque territoriali libiche e quello stesso giorno avvisava la Guardia costiera italiana, quella di Malta e quella olandese, ovvero la nazione di cui batte bandiera marittima, di aver avvistato un barcone con a bordo 33 migranti a circa 25 miglia dalla costa libica.
Il gommone precisamente si trovava nella cosiddetta area Sar di Tripoli (zona di soccorso di competenza libica) anche se fuori dalle acque territoriali. Quindi già qui si manifesta la prima grossa anomalia, ovvero il coordinamento delle operazioni di salvataggio, secondo le leggi del mare, spettava al governo libico, di conseguenza la Ong avrebbe dovuto contattare direttamente il centro di coordinamento marittimo di Tripoli, non certo Roma o Malta. Rispettando le leggi dei trattati internazionali infatti, sia Roma che Malta, appena ricevuta la comunicazione dalla Ong, avvisano la capitaneria di Tripoli della presenza di migranti in pericolo, chiedendo di intervenire per trarli in salvataggio. Qui allora si manifesta la seconda e ancora più grave anomalia da parte della Ong Sea Watch 3, ovvero appena saputo che la capitaneria di Tripoli era stata avvisata e stesse per giungere nell’area Sar per soccorrere i migranti, decide violando le leggi, di ignorare lo stop e di intervenire lo stesso per raccogliere le 33 persone in mare, come se si trattasse di un trofeo da poter esibire e a cui non poter rinunciare. La domanda allora ci sorge davvero spontanea: l'Ong non poteva attendere l’arrivo della guardia costiera libica, come da regolamento, e lasciare alla marina libica la gestione del barcone? Questo è quello che impone la legge.
Ma la parola legge dobbiamo ora pensare che sembra trattarsi di un concetto astratto: sembra davvero che in alcuni casi, quando è più comodo per certi interessi, si debba affermare che è la legge che lo impone; mentre in altri casi, quando cioè la realtà dei fatti è contraria ai desiderata, la legge è interpretabile e può essere agevolmente elusa, come in questo caso di specie. Questo è il motivo per cui è sorta, sulla questione Sea Watch 3, una battaglia istituzionale tra Roma, Malta e Amsterdam che ancora adesso, dopo varie settimane, sembra essere senza via d’uscita. Una sola cosa sembra chiara in questa vicenda, i sindaci delle zone marittime, che appartengono a forze politiche avverse alla Lega e ai M5S sono pronti a cavalcare l’onda del buonismo e del umanitarismo ipocrita, travestendosi da buon samaritani, quando in realtà non fanno altro che approfittare del dramma umanitario di 33 poveri cristi dispersi in mare per accaparrarsi qualche minuto in più nei TG nazionali o sulle colonne dei giornali, davvero una vicenda triste e nauseante.
In queste prime settimane del 2019 si parla in continuazione della nave ong Sea Watch. Ma nessuno sembra avere interesse davvero a chiarire come sia sorta questa particolare vicenda e chi abbia realmente avuto una condotta poco onesta e chiara. Il nostro Ministro Matteo Salvini non sarà certo un politico simpaticissimo, le sue opinioni sono spesso pesanti ai limiti della polemica, le sue idee sull’immigrazione clandestina sono ferree ed intransigenti ma questa volta il suo pensiero su questa vicenda sembra ancora più duro del solito, come mai? Per capire la questione dobbiamo innanzitutto informare sul fatto accaduto. La nave umanitaria Sea Watch 3 il 22 Dicembre navigava al largo delle acque territoriali libiche e quello stesso giorno avvisava la Guardia costiera italiana, quella di Malta e quella olandese, ovvero la nazione di cui batte bandiera marittima, di aver avvistato un barcone con a bordo 33 migranti a circa 25 miglia dalla costa libica.
Il gommone precisamente si trovava nella cosiddetta area Sar di Tripoli (zona di soccorso di competenza libica) anche se fuori dalle acque territoriali. Quindi già qui si manifesta la prima grossa anomalia, ovvero il coordinamento delle operazioni di salvataggio, secondo le leggi del mare, spettava al governo libico, di conseguenza la Ong avrebbe dovuto contattare direttamente il centro di coordinamento marittimo di Tripoli, non certo Roma o Malta. Rispettando le leggi dei trattati internazionali infatti, sia Roma che Malta, appena ricevuta la comunicazione dalla Ong, avvisano la capitaneria di Tripoli della presenza di migranti in pericolo, chiedendo di intervenire per trarli in salvataggio. Qui allora si manifesta la seconda e ancora più grave anomalia da parte della Ong Sea Watch 3, ovvero appena saputo che la capitaneria di Tripoli era stata avvisata e stesse per giungere nell’area Sar per soccorrere i migranti, decide violando le leggi, di ignorare lo stop e di intervenire lo stesso per raccogliere le 33 persone in mare, come se si trattasse di un trofeo da poter esibire e a cui non poter rinunciare. La domanda allora ci sorge davvero spontanea: l'Ong non poteva attendere l’arrivo della guardia costiera libica, come da regolamento, e lasciare alla marina libica la gestione del barcone? Questo è quello che impone la legge.
Ma la parola legge dobbiamo ora pensare che sembra trattarsi di un concetto astratto: sembra davvero che in alcuni casi, quando è più comodo per certi interessi, si debba affermare che è la legge che lo impone; mentre in altri casi, quando cioè la realtà dei fatti è contraria ai desiderata, la legge è interpretabile e può essere agevolmente elusa, come in questo caso di specie. Questo è il motivo per cui è sorta, sulla questione Sea Watch 3, una battaglia istituzionale tra Roma, Malta e Amsterdam che ancora adesso, dopo varie settimane, sembra essere senza via d’uscita. Una sola cosa sembra chiara in questa vicenda, i sindaci delle zone marittime, che appartengono a forze politiche avverse alla Lega e ai M5S sono pronti a cavalcare l’onda del buonismo e del umanitarismo ipocrita, travestendosi da buon samaritani, quando in realtà non fanno altro che approfittare del dramma umanitario di 33 poveri cristi dispersi in mare per accaparrarsi qualche minuto in più nei TG nazionali o sulle colonne dei giornali, davvero una vicenda triste e nauseante.
Pucciarelli.Sarò presidente equilibrata.
18 Novembre 2018
La senatrice leghista nominata a capo della Commissione Diritti Umani.
Per chi non la conosce Stefania Pucciarelli è una politica della Lega che ha sempre fatto parlare di sè. In passato è diventata celebre per le sue frasi a sostegno della legittima difesa e anche per i suoi discorsi anti-rom che hanno fatto insorgere varie volte le associazioni delle minoranze etniche definendola senza mezzi termini una politica razzista, e che le sono anche costate un procedimento penale per istigazione all'odio razziale. Tre giorni fa però il Parlamento a maggioranza giallo - verde l'ha scelta come Presidente della Commissione per i Diritti Umani e le polemiche hanno ripreso a galoppare sull'opportunità della sua nomina. In effetti stride molto con il suo modo di fare retorica la carica della Commissione che a breve comincerà a ricoprire ma la senatrice leghista in una recente intervista ha deciso di dire la sua e di mettere le cose in carico.
In primis ha sottolineato che le accuse che le vengono mosse sono strumentali e senza senso. Un conto sono i discorsi rivolti alle folle, con enfasi semplicistica utili a fare consenso ma un conto sono invece gli ideali politici veri e propri. Molti suoi discorsi sono stati manipolati e estratti in modo parziale da dialoghi molto più ampi. Sulla legittima difesa la Pucciarelli rimarca che è favorevole e soprattutto non deve farsi una colpa a chi aggredito a mano armata risponda a mano armata all'offesa. Insomma il concetto di proporzionalità tra offesa e reazione deve essere alla base, come il codice penale stesso conferma. Sulla questione rom il suo discorso di sei mesi fa era molto chiaro e solo chi vuole fare strumentalizzazioni può non capirlo. La Pucciarelli ribadisce di aver affermato che il nostro paese deve smetterla con l'accettazione scriteriata di qualsiasi forma di immigrazione e sul fronte rom è fondamentale un loro registro presso i Comuni, un elenco che permetta di capire chi sono, a quale clan familiare appartengono e dove sono stanziati con precisione perchè solo in tal modo si può poi reprimere la micro-criminalità che a volte coinvolge delinquenti di etnia rom.
Insomma sapere dove vivono e chi siano non vuol dire nè ledere i loro diritti nè non accettarli, significa solo non vivere nell'anarchia totale cui spesso molte città, Roma compresa, si auto costringono per paura di sembrare razziste. La sua nomina, dice la Pucciarelli, è un segnale forte. La maggioranza politica Lega-M5S ha voluto così affermare che le scelte politiche non vengono fatte in chiave mediatica e populista, come tutti accusano, ma sulla scia delle competenze specifiche. Sarò la Presidente di tutti, afferma la Pucciarelli, i Diritti Umani sono l'universo giuridico basilare di ogni cittadino, indipendentemente da etnia e religione e l'Italia sarà baluardo a tutela, sempre e comunque. Un primo passo sarà accendere i riflettori sulle persecuzioni che i cristiani subiscono all'estero in particolare nei paesi di origine musulmana, le stragi dinamitarde che accadono di frequente devono essere combattute con decisione. Deve iniziarsi a parlare di vero genocidio. Lottare per la pari dignità delle persone e combattere contro l'emarginazione sociale, questo sarà l'obiettivo della nuova Commissione e questo, afferma la Pucciarelli, sarà il mio scopo massimo in questi prossimi cinque anni.
Per chi non la conosce Stefania Pucciarelli è una politica della Lega che ha sempre fatto parlare di sè. In passato è diventata celebre per le sue frasi a sostegno della legittima difesa e anche per i suoi discorsi anti-rom che hanno fatto insorgere varie volte le associazioni delle minoranze etniche definendola senza mezzi termini una politica razzista, e che le sono anche costate un procedimento penale per istigazione all'odio razziale. Tre giorni fa però il Parlamento a maggioranza giallo - verde l'ha scelta come Presidente della Commissione per i Diritti Umani e le polemiche hanno ripreso a galoppare sull'opportunità della sua nomina. In effetti stride molto con il suo modo di fare retorica la carica della Commissione che a breve comincerà a ricoprire ma la senatrice leghista in una recente intervista ha deciso di dire la sua e di mettere le cose in carico.
In primis ha sottolineato che le accuse che le vengono mosse sono strumentali e senza senso. Un conto sono i discorsi rivolti alle folle, con enfasi semplicistica utili a fare consenso ma un conto sono invece gli ideali politici veri e propri. Molti suoi discorsi sono stati manipolati e estratti in modo parziale da dialoghi molto più ampi. Sulla legittima difesa la Pucciarelli rimarca che è favorevole e soprattutto non deve farsi una colpa a chi aggredito a mano armata risponda a mano armata all'offesa. Insomma il concetto di proporzionalità tra offesa e reazione deve essere alla base, come il codice penale stesso conferma. Sulla questione rom il suo discorso di sei mesi fa era molto chiaro e solo chi vuole fare strumentalizzazioni può non capirlo. La Pucciarelli ribadisce di aver affermato che il nostro paese deve smetterla con l'accettazione scriteriata di qualsiasi forma di immigrazione e sul fronte rom è fondamentale un loro registro presso i Comuni, un elenco che permetta di capire chi sono, a quale clan familiare appartengono e dove sono stanziati con precisione perchè solo in tal modo si può poi reprimere la micro-criminalità che a volte coinvolge delinquenti di etnia rom.
Insomma sapere dove vivono e chi siano non vuol dire nè ledere i loro diritti nè non accettarli, significa solo non vivere nell'anarchia totale cui spesso molte città, Roma compresa, si auto costringono per paura di sembrare razziste. La sua nomina, dice la Pucciarelli, è un segnale forte. La maggioranza politica Lega-M5S ha voluto così affermare che le scelte politiche non vengono fatte in chiave mediatica e populista, come tutti accusano, ma sulla scia delle competenze specifiche. Sarò la Presidente di tutti, afferma la Pucciarelli, i Diritti Umani sono l'universo giuridico basilare di ogni cittadino, indipendentemente da etnia e religione e l'Italia sarà baluardo a tutela, sempre e comunque. Un primo passo sarà accendere i riflettori sulle persecuzioni che i cristiani subiscono all'estero in particolare nei paesi di origine musulmana, le stragi dinamitarde che accadono di frequente devono essere combattute con decisione. Deve iniziarsi a parlare di vero genocidio. Lottare per la pari dignità delle persone e combattere contro l'emarginazione sociale, questo sarà l'obiettivo della nuova Commissione e questo, afferma la Pucciarelli, sarà il mio scopo massimo in questi prossimi cinque anni.
Carfagna.La manovra è davvero pessima.
di Serena Ferraris 10 Novembre 2018
La forzista campana critica con convinzione i passi del governo.
Mara Carfagna in un recentissimo intervento al Convegno Nazionale di Forza Italia dice la sua sulla manovra di Governo e la smonta completamente, sottolineando la pochezza del patto Lega-M5s. Tassello per tassello. Insomma non accenna a diminuire la critica nei confronti dell'ex alleato dei governi di centrodestra, il Carroccio. Afferma la Carfagba che il reddito di cittadinanza, pilastro per il ministro e vicepremier 5 stelle Luigi Di Maio, è una vera barzelletta. Per la deputata campana le "cifre non tornano, i miliardi di sforamento, attribuiti, sono nove, l'assegno da 780 euro al mese potrà andare "al massimo a un milione di persone". L'accusa dell’ex ministra di Forza Italia è di averlo invece "venduto come la fine della povertà".Ma non basta. Non si ferma la Carfagna e mette ai raggi x anche le anomalie del DEF.
Non ci sono misure per fare ripartire il Paese, ne' riduzione delle tasse, ribadisce. E per c’è la totale convinzione che non passerà molto tempo che gli imprenditori, in particolare quelli che lo hanno votato al nord, scopriranno che la Manovra è una concreta nemica del lavoro. Salvini insomma è accusato di fare il contrario di quello che aveva promesso. Ora la Carfagna palesa tutta la sua preoccupazione che la manovra produca un rigetto della Ue ed impatti gravemente sui mercati finanziari provocando un grande rialzo dello spread. Perché se l'Europa boccia il Def, con le agenzie di rating si perderà credibilità e il debito pubblico diventerà spazzatura, difficile da piazzare sui mercati in borsa. Così come anche il Cavaliere aveva dichiarato qualche giorno fa, la Carfagna compie una specie di chiamata alle armi per salvare democrazia e libertà, perché il Movimento 5 Stelle, afferma, ha una concezione di Stato etico che impone l'idea del bene e del male e trasforma i cittadini in sudditi.
Sempre di più i dubbi quindi verso il duo Lega, grillini. Ma dentro Forza Italia, l’utilità delle alleanze è evidente in chiave amministrative. Berlusconi recentemente si è incontrato con Matteo Salvini e Giorgia Meloni per fare il punto sul centrodestra alle amministrative. E nonostante le picconate sull'operato del governo Lega stellato che non possono non dare l'idea di qualche crepatura, assicura una coalizione "unita alle prossime regionali". La Carfagna plaude al pragmatismo berlusconiano ma comunque c’è la convinzione totale che alle europee un programma da discutere insieme sarà necessario.
Mara Carfagna in un recentissimo intervento al Convegno Nazionale di Forza Italia dice la sua sulla manovra di Governo e la smonta completamente, sottolineando la pochezza del patto Lega-M5s. Tassello per tassello. Insomma non accenna a diminuire la critica nei confronti dell'ex alleato dei governi di centrodestra, il Carroccio. Afferma la Carfagba che il reddito di cittadinanza, pilastro per il ministro e vicepremier 5 stelle Luigi Di Maio, è una vera barzelletta. Per la deputata campana le "cifre non tornano, i miliardi di sforamento, attribuiti, sono nove, l'assegno da 780 euro al mese potrà andare "al massimo a un milione di persone". L'accusa dell’ex ministra di Forza Italia è di averlo invece "venduto come la fine della povertà".Ma non basta. Non si ferma la Carfagna e mette ai raggi x anche le anomalie del DEF.
Non ci sono misure per fare ripartire il Paese, ne' riduzione delle tasse, ribadisce. E per c’è la totale convinzione che non passerà molto tempo che gli imprenditori, in particolare quelli che lo hanno votato al nord, scopriranno che la Manovra è una concreta nemica del lavoro. Salvini insomma è accusato di fare il contrario di quello che aveva promesso. Ora la Carfagna palesa tutta la sua preoccupazione che la manovra produca un rigetto della Ue ed impatti gravemente sui mercati finanziari provocando un grande rialzo dello spread. Perché se l'Europa boccia il Def, con le agenzie di rating si perderà credibilità e il debito pubblico diventerà spazzatura, difficile da piazzare sui mercati in borsa. Così come anche il Cavaliere aveva dichiarato qualche giorno fa, la Carfagna compie una specie di chiamata alle armi per salvare democrazia e libertà, perché il Movimento 5 Stelle, afferma, ha una concezione di Stato etico che impone l'idea del bene e del male e trasforma i cittadini in sudditi.
Sempre di più i dubbi quindi verso il duo Lega, grillini. Ma dentro Forza Italia, l’utilità delle alleanze è evidente in chiave amministrative. Berlusconi recentemente si è incontrato con Matteo Salvini e Giorgia Meloni per fare il punto sul centrodestra alle amministrative. E nonostante le picconate sull'operato del governo Lega stellato che non possono non dare l'idea di qualche crepatura, assicura una coalizione "unita alle prossime regionali". La Carfagna plaude al pragmatismo berlusconiano ma comunque c’è la convinzione totale che alle europee un programma da discutere insieme sarà necessario.
Serracchiani.Il congresso salverà il PD. 02 Novembre 2018
La deputata friulana ha la ricetta per risalire. Ma serve coraggio.
Debora Serracchiani è una delle politiche del PD che forse maggiormente spicca per sincerità e per costanza di idee. Che le sorti del PD vadano risollevate è opinione comune e opinione diffusa è anche che le soluzioni scarseggiano. La Serracchiani si mostra molto combattiva sul tema e sottolinea che serve del coraggio per cambiare, coraggio di fare le cose, e questa è un attitudine che spesso appartiene alle generazioni più giovani ma a prescindere dalla carta d’identità bisogna essere in grado di organizzare una struttura di partito più salda, coesa in grado di mettere al centro competenze, credibilità e capacità. La deputata rimarca un augurio basilare, ovvero che tutti comprendano e contribuiscano a rispondere a una richiesta diffusa tra la gente: bisogna ringiovanire la classe dirigente. Supere la convinzione di molti secondo cui i giovani sono sempre troppo giovani per assumersi responsabilità.
La paura diffusa è l'immobilismo, un immobilismo che ha caratterizzato anche le scelte e le decisioni importanti di questi ultimi esecutivi, frutto di una crisi interna agli stessi rappresentanti grillini.La debolezza grillina non rappresenta però, secondo la parlamentare democratica, lo strumento con cui rendere più forte il PD. Deve diventare un partito abituato a rimboccarsi le maniche e ad affrontare le crisi, in concomitanza con l’avvio dei processi di globalizzazione, con il cambiamento radicale dei modi di competere da parte delle aziende e con le scelte delle imprese industriali. Continua dicendo che serve dimostrare di essere in grado tenere insieme il tessuto sociale dei territori e essere in grado di farlo con continuità. I recenti risultati elettorali non rappresentano solo una batosta, ma un punto di arrivo di una malattia più profonda che ha investito in maniera silente tutto il centrosinistra italiano ed europeo, pensando anche alla Germania, alla Francia, alla Spagna. É una crisi che va affrontata senza troppi giri di parole e non solo a livello italiano.
Anche l’Europa, in questi ultimi anni, ha perso di vista l’esigenza di fare politica e si è invece limitata a darsi rigide regole economiche e di mercato. Oggi c’è bisogno di uno sforzo in più, di un’unità che deve necessariamente andare da Tsipras a Macron. Con nuove parole d’ordine e tornando alle nostre origini. Sembrano due strade discordanti, eppure non lo sono. Si deve ripartire dai valori che hanno sempre contraddistinto il PD e che non possono più essere messi da parte, così come le storie di identità. Non è sufficiente cambiare un nome a un partito o dichiararsi riformisti per ricominciare. E' importante ridare un’identità e farlo riappropriandosi di alcuni concetti chiave come lavoro e servizi ai più deboli, applicazione e certezza delle regole, antifascismo, no al razzismo, diritti delle minoranze. L'augurio della Serracchiani è che sia congresso che non si limiti a sostituire le facce o a proporre dei nomi. Un congresso fondativo, in cui a essere protagonisti siano i contenuti. Un’occasione in cui poter parlare di temi centrali e attorno ai quali ricostruire la comunità di sinistra, le ragioni per cui vale ancora la pena stare insieme. C'è urgenza di parlare di lavoro, di riformismo adattato alle nuove necessità dei cittadini, di politica estera, di economia e di nuove povertà.
Debora Serracchiani è una delle politiche del PD che forse maggiormente spicca per sincerità e per costanza di idee. Che le sorti del PD vadano risollevate è opinione comune e opinione diffusa è anche che le soluzioni scarseggiano. La Serracchiani si mostra molto combattiva sul tema e sottolinea che serve del coraggio per cambiare, coraggio di fare le cose, e questa è un attitudine che spesso appartiene alle generazioni più giovani ma a prescindere dalla carta d’identità bisogna essere in grado di organizzare una struttura di partito più salda, coesa in grado di mettere al centro competenze, credibilità e capacità. La deputata rimarca un augurio basilare, ovvero che tutti comprendano e contribuiscano a rispondere a una richiesta diffusa tra la gente: bisogna ringiovanire la classe dirigente. Supere la convinzione di molti secondo cui i giovani sono sempre troppo giovani per assumersi responsabilità.
La paura diffusa è l'immobilismo, un immobilismo che ha caratterizzato anche le scelte e le decisioni importanti di questi ultimi esecutivi, frutto di una crisi interna agli stessi rappresentanti grillini.La debolezza grillina non rappresenta però, secondo la parlamentare democratica, lo strumento con cui rendere più forte il PD. Deve diventare un partito abituato a rimboccarsi le maniche e ad affrontare le crisi, in concomitanza con l’avvio dei processi di globalizzazione, con il cambiamento radicale dei modi di competere da parte delle aziende e con le scelte delle imprese industriali. Continua dicendo che serve dimostrare di essere in grado tenere insieme il tessuto sociale dei territori e essere in grado di farlo con continuità. I recenti risultati elettorali non rappresentano solo una batosta, ma un punto di arrivo di una malattia più profonda che ha investito in maniera silente tutto il centrosinistra italiano ed europeo, pensando anche alla Germania, alla Francia, alla Spagna. É una crisi che va affrontata senza troppi giri di parole e non solo a livello italiano.
Anche l’Europa, in questi ultimi anni, ha perso di vista l’esigenza di fare politica e si è invece limitata a darsi rigide regole economiche e di mercato. Oggi c’è bisogno di uno sforzo in più, di un’unità che deve necessariamente andare da Tsipras a Macron. Con nuove parole d’ordine e tornando alle nostre origini. Sembrano due strade discordanti, eppure non lo sono. Si deve ripartire dai valori che hanno sempre contraddistinto il PD e che non possono più essere messi da parte, così come le storie di identità. Non è sufficiente cambiare un nome a un partito o dichiararsi riformisti per ricominciare. E' importante ridare un’identità e farlo riappropriandosi di alcuni concetti chiave come lavoro e servizi ai più deboli, applicazione e certezza delle regole, antifascismo, no al razzismo, diritti delle minoranze. L'augurio della Serracchiani è che sia congresso che non si limiti a sostituire le facce o a proporre dei nomi. Un congresso fondativo, in cui a essere protagonisti siano i contenuti. Un’occasione in cui poter parlare di temi centrali e attorno ai quali ricostruire la comunità di sinistra, le ragioni per cui vale ancora la pena stare insieme. C'è urgenza di parlare di lavoro, di riformismo adattato alle nuove necessità dei cittadini, di politica estera, di economia e di nuove povertà.
Meloni.Un DDL per gli interessi italiani. 27 Ottobre 2018
Fratelli d' Italia non ci sta alla sottomissione verso l'Unione Europea.
In questi giorni nelle aule del Parlamento sono giunte alcune proposte di legge davvero particolari ed interessanti; una di queste è senza dubbio il disegno di legge costituzionale presentato dal gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia e che si pone l’ambiziosissimo scopo di rimodellare i rapporti tra l’ordinamento costituzionale italiano e l’Unione Europea. La segretaria del partito, Giorgia Meloni, ha colto l’occasione di una conferenza a Roma sul tema dei nuovi diritti costituzionali, per meglio spiegare le caratteristiche della sua proposta normativa. Afferma la Meloni che si vuole sancire un principio generale: la sovranità appartiene al popolo, solo il popolo può decidere se cederla ad altri e questo può avvenire tramite un referendum consultivo sulla ratifica dei trattati internazionali o sulle norme sovranazionali.
E’ decisivo cancellare i vincoli europei contenuti negli articoli 97, 117 e 119 della Costituzione con cui lo Stato si è sottomesso all’ordinamento comunitario senza che nemmeno la stessa Ue lo chiedesse. Ribadisce la Meloni infatti che i nostri Padri costituenti mai avrebbero immaginato che l’art. 11 sulle “limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”, sarebbe stato un varco per quelle norme europee che impattano sui diritti e sull’economia nazionale, senza passare per la sovranità popolare. Oramai è decisivo introdurre la “clausola di salvaguardia dell’interesse nazionale” che, secondo l’analisi della recente giurisprudenza costituzionale, rappresenta una condizione irrinunciabile per l’accettabilità delle ultime riforme dell’ordinamento europeo: in parole povere per entrare nel nostro ordinamento, qualunque norma sovranazionale deve rispettare il principio della salvaguardia dell’interesse nazionale e questa valutazione generale deve essere affidata alla Corte Costituzionale.
D’altronde, è la stessa Unione che già nei propri Trattati istitutivi sancisce il proprio dovere di rispettare l’identità nazionale degli Stati membri. Infine, conclude la Meloni nel suo applauditissimo intervento, non è con i carri armati che l’indipendenza e la sovranità nazionale vengono compromessi ma attraverso vincoli subdoli imposti dalle disposizioni comunitarie che spogliano la Nazione di qualsivoglia capacità giuridica in materia politica ed economica. E se è vero il conflitto è tra chi difende le sovranità nazionali, la democrazia, i diritti sociali del lavoro e chi invece difende il globalismo apolide e sradicante di cui l’Unione Europea è portatrice, la scelta è facile e veloce: difendere gli interessi dell’Italia.
In questi giorni nelle aule del Parlamento sono giunte alcune proposte di legge davvero particolari ed interessanti; una di queste è senza dubbio il disegno di legge costituzionale presentato dal gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia e che si pone l’ambiziosissimo scopo di rimodellare i rapporti tra l’ordinamento costituzionale italiano e l’Unione Europea. La segretaria del partito, Giorgia Meloni, ha colto l’occasione di una conferenza a Roma sul tema dei nuovi diritti costituzionali, per meglio spiegare le caratteristiche della sua proposta normativa. Afferma la Meloni che si vuole sancire un principio generale: la sovranità appartiene al popolo, solo il popolo può decidere se cederla ad altri e questo può avvenire tramite un referendum consultivo sulla ratifica dei trattati internazionali o sulle norme sovranazionali.
E’ decisivo cancellare i vincoli europei contenuti negli articoli 97, 117 e 119 della Costituzione con cui lo Stato si è sottomesso all’ordinamento comunitario senza che nemmeno la stessa Ue lo chiedesse. Ribadisce la Meloni infatti che i nostri Padri costituenti mai avrebbero immaginato che l’art. 11 sulle “limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”, sarebbe stato un varco per quelle norme europee che impattano sui diritti e sull’economia nazionale, senza passare per la sovranità popolare. Oramai è decisivo introdurre la “clausola di salvaguardia dell’interesse nazionale” che, secondo l’analisi della recente giurisprudenza costituzionale, rappresenta una condizione irrinunciabile per l’accettabilità delle ultime riforme dell’ordinamento europeo: in parole povere per entrare nel nostro ordinamento, qualunque norma sovranazionale deve rispettare il principio della salvaguardia dell’interesse nazionale e questa valutazione generale deve essere affidata alla Corte Costituzionale.
D’altronde, è la stessa Unione che già nei propri Trattati istitutivi sancisce il proprio dovere di rispettare l’identità nazionale degli Stati membri. Infine, conclude la Meloni nel suo applauditissimo intervento, non è con i carri armati che l’indipendenza e la sovranità nazionale vengono compromessi ma attraverso vincoli subdoli imposti dalle disposizioni comunitarie che spogliano la Nazione di qualsivoglia capacità giuridica in materia politica ed economica. E se è vero il conflitto è tra chi difende le sovranità nazionali, la democrazia, i diritti sociali del lavoro e chi invece difende il globalismo apolide e sradicante di cui l’Unione Europea è portatrice, la scelta è facile e veloce: difendere gli interessi dell’Italia.
PD. C'è un'aria di grande confusione.
di Serena Ferraris 16 Settembre 2018
Proposte e progetti ma nel Partito Democratico vince il caos.
Molti ormai sono convinti che il Partito Democratico sia in uno stato di lenta ed inesorabile agonia politica, nulla, nemmeno i tragici eventi che accadono intorno riescono a dare linfa vitale all’interno del gruppo. Ecco allora che una provocazione detta diventa un proposito, una strategia politica a tutti gli effetti. Sciogliamo il PD, e rifondiamolo, parole e musica di Matteo Orfini. Ormai le correnti interne del partito sono così radicalizzate e contrapposte che l’unita politica è diventata vago ricordo, Martina, Renzi, Bersani e lo stesso Orfini sono tutti contrapposti ed ognuno segue proprie strade autonome, che senso ha far parte di un unico partito che di unico ha soltanto il nome?
Di questo appello non si apprezza il tasso di novità, dal momento che già da molti anni il Pd ha deciso di far scegliere il suo segretario non ai soli iscritti ma a tutti quelli che vogliono partecipare alle «primarie aperte». Orfini nel suo discorso fatto ieri dice anche altro: mettiamo insieme un pezzo di paese che non condivide le politiche di questo governo, bisogna costruire una risposta dopo la sconfitta che sia all’altezza della sfida. Il partito com’è oggi non funziona.La proposta, per ora, sembra essere caduta nel vuoto e anzi con tono polemico, il capo di un’altra corrente interna, Nicola Zingaretti, sottolinea che si tratta di un’idea sbagliata che anzi sembra essere stata lanciata proprio per ostacolare ulteriormente il prossimo Congresso PD, come a dire che pur di non rischiare che Zingaretti diventi segretario, meglio scioglierlo il partito.
Certamente l’uscita di Orfini deve inquadrarsi nella lenta marcia di avvicinamento al congresso, che rassegnatamente è stato collocato in qualche punto della prossima primavera. Comunque prima, garantisce due volte al giorno Martina, delle elezioni europee.Manca ancora, però, l’elemento fondamentale di un congresso, la sfida. E manca perché non c’è il candidato di Renzi. Delrio si dichiara ancora non disponibile; essendo un renziano decisamente sui generis potrebbe rimescolare le carte anche nel campo che adesso sostiene Zingaretti. Ma perché dalla maggioranza attuale del partito venga fuori un possibile erede, occorre che l’ex segretario e presidente del Consiglio decida di collocarsi sullo sfondo. Al momento sta facendo il contrario.
Molti ormai sono convinti che il Partito Democratico sia in uno stato di lenta ed inesorabile agonia politica, nulla, nemmeno i tragici eventi che accadono intorno riescono a dare linfa vitale all’interno del gruppo. Ecco allora che una provocazione detta diventa un proposito, una strategia politica a tutti gli effetti. Sciogliamo il PD, e rifondiamolo, parole e musica di Matteo Orfini. Ormai le correnti interne del partito sono così radicalizzate e contrapposte che l’unita politica è diventata vago ricordo, Martina, Renzi, Bersani e lo stesso Orfini sono tutti contrapposti ed ognuno segue proprie strade autonome, che senso ha far parte di un unico partito che di unico ha soltanto il nome?
Di questo appello non si apprezza il tasso di novità, dal momento che già da molti anni il Pd ha deciso di far scegliere il suo segretario non ai soli iscritti ma a tutti quelli che vogliono partecipare alle «primarie aperte». Orfini nel suo discorso fatto ieri dice anche altro: mettiamo insieme un pezzo di paese che non condivide le politiche di questo governo, bisogna costruire una risposta dopo la sconfitta che sia all’altezza della sfida. Il partito com’è oggi non funziona.La proposta, per ora, sembra essere caduta nel vuoto e anzi con tono polemico, il capo di un’altra corrente interna, Nicola Zingaretti, sottolinea che si tratta di un’idea sbagliata che anzi sembra essere stata lanciata proprio per ostacolare ulteriormente il prossimo Congresso PD, come a dire che pur di non rischiare che Zingaretti diventi segretario, meglio scioglierlo il partito.
Certamente l’uscita di Orfini deve inquadrarsi nella lenta marcia di avvicinamento al congresso, che rassegnatamente è stato collocato in qualche punto della prossima primavera. Comunque prima, garantisce due volte al giorno Martina, delle elezioni europee.Manca ancora, però, l’elemento fondamentale di un congresso, la sfida. E manca perché non c’è il candidato di Renzi. Delrio si dichiara ancora non disponibile; essendo un renziano decisamente sui generis potrebbe rimescolare le carte anche nel campo che adesso sostiene Zingaretti. Ma perché dalla maggioranza attuale del partito venga fuori un possibile erede, occorre che l’ex segretario e presidente del Consiglio decida di collocarsi sullo sfondo. Al momento sta facendo il contrario.
De Micheli.Al PD serve una sinistra sociale. 08 Luglio 2018
La parlamentare PD indica la strada per la difficile rinascita.
Paola De Micheli è stata da poco nominata membro della Commissione Bilancio della Camera, la deputata PD ha da sempre manifestato liberamente la sua opinione politica anche criticando le correnti interne al partito che da anni dividono e danneggiano il gruppo. In un recente intervento a Genova la parlamentare ha continuato il suo atteggiamento critico evidenziando anche spunti interessanti per una rinascita del Partito Democratico in brevi tempi. Martina, Renzi e Zingaretti sono tutte personalità importanti, dice la De Micheli, che possono risollevare il partito, il loro concetto è pressochè identico al suo, dinanzi al nazional-populismo che in Italia galoppa veloce e non solo in Italia, serve contrapporre la democrazia.
Purtroppo nel PD c’è un caos di posizioni imperante che ha portato a perdere il canale di comunicazione con la società e che ha creato un vero schermo di chiusura con gli elettori stessi. Non sarebbe male, dice la De Micheli, ribaltare interamente il PD e rimescolare umori e persone, facendo nascere una sorta di anno zero del partito, ricostruendo da dentro il movimento, facendo riemergere gli ideali di una vera sinistra sociale. Non mancano parole verso le operazioni dell’attuale governo Lega-M5S. Partendo dall’argomento migranti, la De Micheli ritiene che l’atteggiamento di Salvini, oltre a non rispettare i principi base di umanità verso le persone, può provocare a lungo andare un vero isolamento dell’Italia dal contesto europeo, spingendola verso il gruppo dei paesi con politiche malcelatamente razziste.
Fondamentalmente quello attuale è un governo di destra, dice la De Micheli, ad esso va contrapposta una sinistra nuova, che azzeri le beghe interne e si concentri sugli italiani. Il PD tenterà con tutte le forze di opporsi alle politiche dell’esecutivo che mirano a smembrare ciò che di buono ha fatto il governo Gentiloni, sia in ambito economico che in ambito pensionistico. Abbiamo ridato stabilità al paese, dice la parlamentare, non possiamo assistere al declino senza battere ciglio. L’equilibrio finanziario del paese va sempre tutelato, se il governo attuale vuole fare riforme costosissime e non comunica il modo in cui riuscirà a trovare coperture e soldi è un problema gravissimo, non solo lo spread si impennerà, come già sta accadendo, ma si rischia davvero la figuraccia verso l’Unione Europea e non solo. Rischiamo davvero grosso con questo esecutivo nato già male.
Paola De Micheli è stata da poco nominata membro della Commissione Bilancio della Camera, la deputata PD ha da sempre manifestato liberamente la sua opinione politica anche criticando le correnti interne al partito che da anni dividono e danneggiano il gruppo. In un recente intervento a Genova la parlamentare ha continuato il suo atteggiamento critico evidenziando anche spunti interessanti per una rinascita del Partito Democratico in brevi tempi. Martina, Renzi e Zingaretti sono tutte personalità importanti, dice la De Micheli, che possono risollevare il partito, il loro concetto è pressochè identico al suo, dinanzi al nazional-populismo che in Italia galoppa veloce e non solo in Italia, serve contrapporre la democrazia.
Purtroppo nel PD c’è un caos di posizioni imperante che ha portato a perdere il canale di comunicazione con la società e che ha creato un vero schermo di chiusura con gli elettori stessi. Non sarebbe male, dice la De Micheli, ribaltare interamente il PD e rimescolare umori e persone, facendo nascere una sorta di anno zero del partito, ricostruendo da dentro il movimento, facendo riemergere gli ideali di una vera sinistra sociale. Non mancano parole verso le operazioni dell’attuale governo Lega-M5S. Partendo dall’argomento migranti, la De Micheli ritiene che l’atteggiamento di Salvini, oltre a non rispettare i principi base di umanità verso le persone, può provocare a lungo andare un vero isolamento dell’Italia dal contesto europeo, spingendola verso il gruppo dei paesi con politiche malcelatamente razziste.
Fondamentalmente quello attuale è un governo di destra, dice la De Micheli, ad esso va contrapposta una sinistra nuova, che azzeri le beghe interne e si concentri sugli italiani. Il PD tenterà con tutte le forze di opporsi alle politiche dell’esecutivo che mirano a smembrare ciò che di buono ha fatto il governo Gentiloni, sia in ambito economico che in ambito pensionistico. Abbiamo ridato stabilità al paese, dice la parlamentare, non possiamo assistere al declino senza battere ciglio. L’equilibrio finanziario del paese va sempre tutelato, se il governo attuale vuole fare riforme costosissime e non comunica il modo in cui riuscirà a trovare coperture e soldi è un problema gravissimo, non solo lo spread si impennerà, come già sta accadendo, ma si rischia davvero la figuraccia verso l’Unione Europea e non solo. Rischiamo davvero grosso con questo esecutivo nato già male.
Meloni.Questo governo nasce già debole.
di Serena Ferraris 17 Giugno 2018
Tutti i dubbi e le perplessità della leader di Fratelli d'Italia.
Giorgia Meloni ed il suo giovane partito hanno dato il loro contributo al centro-destra alle recenti elezioni di marzo. L’asse con Berlusconi e Salvini ha retto bene, poi quando la Lega ha optato per l’alleanza coi grillini, Fratelli d’Italia ha giustamente fatto un passo indietro, rifiutandosi di far parte dell’unione di Governo ma comunque senza votare contro per permettere all’Esecutivo di raggiungere agevolmente i voti di maggioranza parlamentare. La Meloni, ad un recente convegno di partito nei pressi di Roma, ha espresso le sue recenti opinioni sui fatti politici nazionali e non. Si parte dalla nascita del Governo Conte e dai primi giorni non certo sereni: il nuovo esecutivo, dice la Meloni, è nato in modo forzato, già con grossi segni di debolezza, M5S e Lega hanno pochi punti in comune e tanti di differenza, la paura mia e di tutti gli italiani è che tale differenza di vedute a brevissimo tempo emerga nella sua incontenibile grandezza e possa portare ad ulteriori fatti di instabilità, nonostante l’ottimo atteggiamento del Presidente Mattarella.
Fratelli d’Italia sarà sempre coerente con la sua linea e in Parlamento voteremo a favore solo dei provvedimenti che soddisfino i nostri principi, in tutti gli altri casi sarà opposizione totale. Si passa poi ai primi giorni del premier Conte all’estero presso il G7.Per la Meloni Conte era partito molto bene, sottolineando come l’Italia non debba prendere lezioni di politica da nessuno, nemmeno dalla Francia; poi la paura di attriti istituzionali ha avuto la meglio e nelle ultime ore, sia Macron che Conte hanno smorzato i loro pareri e tutto sembra essersi ipocritamente riaccomodato. Un forte plauso la Meloni l’ha fatto ad Alessandra Mussolini che nell’ultimo intervento presso la Commissione Europea ha difeso a spada tratta il nostro paese dalle critiche europee sui migranti, parole quelle della Mussolini, dice la Meloni, che l’hanno inorgoglita e che nella loro sincerità hanno sbugiardato i vecchi burocrati di Bruxelles.
Come ha urlato la Mussolini, l’Italia da anni si fa carico del lato peggiore dell’immigrazione, è tempo di smettere con ciò, anni e anni di lavoro sporco possono ora bastare. La Meloni passa poi all’argomento Comune di Roma e definisce indegno e codardo l’atteggiamento della sindaca Raggi che l’altro ieri ha bloccato per ora l’intitolazione di una strada del quartiere Monte Mario a Giorgio Almirante (il padre della destra in Italia): una scelta senza coraggio e irrispettosa di un uomo che ha dato l’anima per la democrazia nel nostro paese, ha affermato la leader di Fratelli d’Italia. Infine un appello a Matteo Salvini: non cada nelle trappole grilline, non diventi futilmente populista ma faccia fatti concreti finalizzati a realizzare i punti del contratto di governo in chiave Lega che la Meloni ha da sempre condiviso fin dall’inizio dell’alleanza di centro destra.
Giorgia Meloni ed il suo giovane partito hanno dato il loro contributo al centro-destra alle recenti elezioni di marzo. L’asse con Berlusconi e Salvini ha retto bene, poi quando la Lega ha optato per l’alleanza coi grillini, Fratelli d’Italia ha giustamente fatto un passo indietro, rifiutandosi di far parte dell’unione di Governo ma comunque senza votare contro per permettere all’Esecutivo di raggiungere agevolmente i voti di maggioranza parlamentare. La Meloni, ad un recente convegno di partito nei pressi di Roma, ha espresso le sue recenti opinioni sui fatti politici nazionali e non. Si parte dalla nascita del Governo Conte e dai primi giorni non certo sereni: il nuovo esecutivo, dice la Meloni, è nato in modo forzato, già con grossi segni di debolezza, M5S e Lega hanno pochi punti in comune e tanti di differenza, la paura mia e di tutti gli italiani è che tale differenza di vedute a brevissimo tempo emerga nella sua incontenibile grandezza e possa portare ad ulteriori fatti di instabilità, nonostante l’ottimo atteggiamento del Presidente Mattarella.
Fratelli d’Italia sarà sempre coerente con la sua linea e in Parlamento voteremo a favore solo dei provvedimenti che soddisfino i nostri principi, in tutti gli altri casi sarà opposizione totale. Si passa poi ai primi giorni del premier Conte all’estero presso il G7.Per la Meloni Conte era partito molto bene, sottolineando come l’Italia non debba prendere lezioni di politica da nessuno, nemmeno dalla Francia; poi la paura di attriti istituzionali ha avuto la meglio e nelle ultime ore, sia Macron che Conte hanno smorzato i loro pareri e tutto sembra essersi ipocritamente riaccomodato. Un forte plauso la Meloni l’ha fatto ad Alessandra Mussolini che nell’ultimo intervento presso la Commissione Europea ha difeso a spada tratta il nostro paese dalle critiche europee sui migranti, parole quelle della Mussolini, dice la Meloni, che l’hanno inorgoglita e che nella loro sincerità hanno sbugiardato i vecchi burocrati di Bruxelles.
Come ha urlato la Mussolini, l’Italia da anni si fa carico del lato peggiore dell’immigrazione, è tempo di smettere con ciò, anni e anni di lavoro sporco possono ora bastare. La Meloni passa poi all’argomento Comune di Roma e definisce indegno e codardo l’atteggiamento della sindaca Raggi che l’altro ieri ha bloccato per ora l’intitolazione di una strada del quartiere Monte Mario a Giorgio Almirante (il padre della destra in Italia): una scelta senza coraggio e irrispettosa di un uomo che ha dato l’anima per la democrazia nel nostro paese, ha affermato la leader di Fratelli d’Italia. Infine un appello a Matteo Salvini: non cada nelle trappole grilline, non diventi futilmente populista ma faccia fatti concreti finalizzati a realizzare i punti del contratto di governo in chiave Lega che la Meloni ha da sempre condiviso fin dall’inizio dell’alleanza di centro destra.
PD.In politica serve la forza dei sogni.
di Serena Ferraris 10 Giugno 2018
Il Partito Democratico prova a ripartire dalle macerie intorno a se.
Il Governo dell’asse Lega-M5S ha visto la luce e tra mille promesse e utopistici contratti l’esecutivo si appresta ad iniziare la sua azione politica. Molte sono le preoccupazioni, soprattutto molti sono i dubbi sulla reale portata e stabilità dell’alleanza tra Salvini e i grillini; ma cosa accade in casa PD? Il segretario ad interim Martina cerca di dispensare calma generale e ostenta spruzzi di carisma con effetti però molto deludenti,si tratta infatti di una qualità, la leadership, che risulta innata nei politici, se non la si possiede è inutile provarci. Nonostante ciò Martina ci prova a mantenere la barra del partito dritta, dando un minimo di stabilità e continuità di segreteria nel dopo Renzi e soprattutto cercando di barcamenarsi tra le tante correnti e sotto correnti striscianti nel partito.
Renzi si mantiene lontano dalle polemiche e come detto anche in aula alla prima del Governo, sottolinea che la sua non sarà un’opposizione gridata e basata sull’odio politico, ma sarà solo suffragata da fatti e dalle promesse che, ne è certo lo stesso Renzi, il governo non potrà mantenere perché irreali. Nelle altre correnti la situazione è piuttosto stagnante. Orlando ad esempio dispensa consigli istituzionali e fa suo il motto della rinascita della sinistra, ridare voce alla vera gente di sinistra, questo è il sunto delle sue ultime dichiarazioni, un motto un po' trito e ritrito ma tant’è. Del Rio guarda al passato e ammonisce i governanti di non gettare al vento gli anni recenti, di rispettare le riforme del governo Gentiloni e di non cancellare i risultati positivi dell’esecutivo di sinistra della precedente legislatura e forse , a pensarci bene, non ha nemmeno tutti i torti.
Poi ci sono i vecchi Soloni, i Bersani e i D’Alema che sembrano godere del guado immobile in cui si è andato a cacciare il PD, quasi come a dire: avete visto, era molto meglio quando al potere c’eravamo noi vecchi draghi della poltrona. In realtà, tutti gli elettori del PD, o almeno quasi tutti, non rimpiangono affatto quegli anni, ad essere rimpianti sono sicuramente i primi anni del renzismo, gli anni dell’orgoglio e dei sogni, della voglia di cambiare il paese e fa niente se poi tutto si è dissolto nel giro di pochi anni. Sbagliando si impara, anche in politica, ma quell’atmosfera da “yes we can”, quell’aria frizzante di progetti e desideri di centro-sinistra è il vero buco attuale del PD. Chiunque come leader prenderà in mano questo partito dovrà restituire ai suoi elettori proprio questo, la voglia di ritorna a sognare.
Il Governo dell’asse Lega-M5S ha visto la luce e tra mille promesse e utopistici contratti l’esecutivo si appresta ad iniziare la sua azione politica. Molte sono le preoccupazioni, soprattutto molti sono i dubbi sulla reale portata e stabilità dell’alleanza tra Salvini e i grillini; ma cosa accade in casa PD? Il segretario ad interim Martina cerca di dispensare calma generale e ostenta spruzzi di carisma con effetti però molto deludenti,si tratta infatti di una qualità, la leadership, che risulta innata nei politici, se non la si possiede è inutile provarci. Nonostante ciò Martina ci prova a mantenere la barra del partito dritta, dando un minimo di stabilità e continuità di segreteria nel dopo Renzi e soprattutto cercando di barcamenarsi tra le tante correnti e sotto correnti striscianti nel partito.
Renzi si mantiene lontano dalle polemiche e come detto anche in aula alla prima del Governo, sottolinea che la sua non sarà un’opposizione gridata e basata sull’odio politico, ma sarà solo suffragata da fatti e dalle promesse che, ne è certo lo stesso Renzi, il governo non potrà mantenere perché irreali. Nelle altre correnti la situazione è piuttosto stagnante. Orlando ad esempio dispensa consigli istituzionali e fa suo il motto della rinascita della sinistra, ridare voce alla vera gente di sinistra, questo è il sunto delle sue ultime dichiarazioni, un motto un po' trito e ritrito ma tant’è. Del Rio guarda al passato e ammonisce i governanti di non gettare al vento gli anni recenti, di rispettare le riforme del governo Gentiloni e di non cancellare i risultati positivi dell’esecutivo di sinistra della precedente legislatura e forse , a pensarci bene, non ha nemmeno tutti i torti.
Poi ci sono i vecchi Soloni, i Bersani e i D’Alema che sembrano godere del guado immobile in cui si è andato a cacciare il PD, quasi come a dire: avete visto, era molto meglio quando al potere c’eravamo noi vecchi draghi della poltrona. In realtà, tutti gli elettori del PD, o almeno quasi tutti, non rimpiangono affatto quegli anni, ad essere rimpianti sono sicuramente i primi anni del renzismo, gli anni dell’orgoglio e dei sogni, della voglia di cambiare il paese e fa niente se poi tutto si è dissolto nel giro di pochi anni. Sbagliando si impara, anche in politica, ma quell’atmosfera da “yes we can”, quell’aria frizzante di progetti e desideri di centro-sinistra è il vero buco attuale del PD. Chiunque come leader prenderà in mano questo partito dovrà restituire ai suoi elettori proprio questo, la voglia di ritorna a sognare.
Governo Conte.Ancora tensione sui ministri.
di Serena Ferraris 27 Maggio 2018
Senza pace la nascita del nuovo Governo.Adesso il nodo sono i ministri.
Ora che finalmente c'è il capo dell'Esecutivo è il momento di creare la squadra di Governo nato dal patto tra Lega e M5S. Il Presidente Mattarella però sembra non voler essere accondiscendente su tutti i nomi della lista e ha già posto l'alt su alcuni ministri. Da questo atteggiamento è nata molta tensione tra le parti e lo stupore soprattutto di Salvini è stato tanto. Il leader della Lega non vuol sentire veti ed ha affermato che domani la lista dei ministri sarà consegnata a Conte per essere poi approvata da Mattarella. In caso di stop salta tutto e si creerà una vera frattura tra gli italiani. Parole che sembrano già l'annuncio di uno slogan da campagna elettorale: "la frattura tra palazzi e popolo". Un'intenzione resa più esplicita qualche ora dopo quando Salvini ha sottolineato che si sia perso troppo tempo e quindi giunti ad ora o parte il Governo o si torna al voto senza indugi. Anche Di Maio la pensi in tal modo e afferma che la partita dell'esecutivo si sta giocando da troppo tempo o la si chiude adesso oppure si decida di aprire la nuova campagna elettorale.
Il nodo più grosso resta il nome di Paolo Savona. Nell'incontro al Quirinale, Sergio Mattarella ha ribadito le perplessità sul professore noto per le sue critiche all'euro. Ma il forcing di M5S e Lega non si ferma. Anzi. Dopo il post su Facebook in cui si è definito "davvero arrabbiato" (ottenendo il like di Di Maio), oggi nuova bordata da Salvini: "Mai al Tesoro un amico di Berlino". Il leader leghista, da ieri a Milano, ha convocato i vertici del partito per ribadire la sua volontà di non cedere sul nome di Savona. Ed è pronto a ingaggiare un duro scontro con il Quirinale. Nel frattempo Conte, a Montecitorio da stamattina insieme ad alcuni collaboratori, ha incontrato Luca Giansanti, ambasciatore ed ex direttore generale degli Affari politici della Farnesina, da cui si è dimesso dal primo giugno. Sarebbe lui, più di Giampiero Massolo, in corsa per la carica di ministro degli Esteri.
L'impennata di ieri dello spread e l'avvertimento Moody's sul rating sposta inoltre la tensione anche sul piano economico e finanziario. Così, in mattinata, è arrivato l'affondo dell'ex segretario Pd, Matteo Renzi, proprio sul differenziale tra Btp e Bund tedeschi: "Se è ai massimi la colpa è di Di Maio e Salvini. Se i mutui aumenteranno la colpa è solo loro". Il segretario reggente Maurizio Martina, poi, ha criticato "la pressione senza precedenti" su Mattarella di Lega e Cinque Stelle: "Salvini si vergogni - ha aggiunto - continua a giocare la sua propaganda sulla pelle degli italiani. Attacca altri Paesi, ma in realtà sta attaccando la Costituzione su cui vorrebbe giurare tra qualche giorno come ministro".
Ora che finalmente c'è il capo dell'Esecutivo è il momento di creare la squadra di Governo nato dal patto tra Lega e M5S. Il Presidente Mattarella però sembra non voler essere accondiscendente su tutti i nomi della lista e ha già posto l'alt su alcuni ministri. Da questo atteggiamento è nata molta tensione tra le parti e lo stupore soprattutto di Salvini è stato tanto. Il leader della Lega non vuol sentire veti ed ha affermato che domani la lista dei ministri sarà consegnata a Conte per essere poi approvata da Mattarella. In caso di stop salta tutto e si creerà una vera frattura tra gli italiani. Parole che sembrano già l'annuncio di uno slogan da campagna elettorale: "la frattura tra palazzi e popolo". Un'intenzione resa più esplicita qualche ora dopo quando Salvini ha sottolineato che si sia perso troppo tempo e quindi giunti ad ora o parte il Governo o si torna al voto senza indugi. Anche Di Maio la pensi in tal modo e afferma che la partita dell'esecutivo si sta giocando da troppo tempo o la si chiude adesso oppure si decida di aprire la nuova campagna elettorale.
Il nodo più grosso resta il nome di Paolo Savona. Nell'incontro al Quirinale, Sergio Mattarella ha ribadito le perplessità sul professore noto per le sue critiche all'euro. Ma il forcing di M5S e Lega non si ferma. Anzi. Dopo il post su Facebook in cui si è definito "davvero arrabbiato" (ottenendo il like di Di Maio), oggi nuova bordata da Salvini: "Mai al Tesoro un amico di Berlino". Il leader leghista, da ieri a Milano, ha convocato i vertici del partito per ribadire la sua volontà di non cedere sul nome di Savona. Ed è pronto a ingaggiare un duro scontro con il Quirinale. Nel frattempo Conte, a Montecitorio da stamattina insieme ad alcuni collaboratori, ha incontrato Luca Giansanti, ambasciatore ed ex direttore generale degli Affari politici della Farnesina, da cui si è dimesso dal primo giugno. Sarebbe lui, più di Giampiero Massolo, in corsa per la carica di ministro degli Esteri.
L'impennata di ieri dello spread e l'avvertimento Moody's sul rating sposta inoltre la tensione anche sul piano economico e finanziario. Così, in mattinata, è arrivato l'affondo dell'ex segretario Pd, Matteo Renzi, proprio sul differenziale tra Btp e Bund tedeschi: "Se è ai massimi la colpa è di Di Maio e Salvini. Se i mutui aumenteranno la colpa è solo loro". Il segretario reggente Maurizio Martina, poi, ha criticato "la pressione senza precedenti" su Mattarella di Lega e Cinque Stelle: "Salvini si vergogni - ha aggiunto - continua a giocare la sua propaganda sulla pelle degli italiani. Attacca altri Paesi, ma in realtà sta attaccando la Costituzione su cui vorrebbe giurare tra qualche giorno come ministro".
C'è il contratto.Serve il capo del Governo. 20 Maggio 2018
Lega e M5S hanno l'accordo di Governo. Manca l'ultimo passo.
Ormai è ufficiale, il contratto di Governo tra Lega e M5S c'è e ieri c'è stato anche l'ok con il 95% di voti favorevoli, della base grillina tramite internet. La votazione si è tenuta per tutta la giornata sulla piattaforma Rousseau, con chiusura alle 20: su 44.796 votanti, 42.274 hanno approvato il governo giallo-verde e solo 2522 hanno detto no. Nel settembre scorso alle primarie online per scegliere il capo politico avevano votato in 37 mila.Luigi Di Maio manifesta la sua contentezza ed afferma che ci sarà un reddito di cittadinanza contro la povertà e la disoccupazione. Con la pensione di cittadinanza gli anziani avranno una pensione dignitosa. La Legge Fornero è destinata a diventare un brutto ricordo. E via le pensioni d’oro. Nessuno farà più affari sporchi sull’immigrazione. Le imprese avranno vita più semplice e tasse più basse.
Anche Salvini a più ripresa aveva rimarcato che con tale accordo di governo sono molte le novità che si possono realizzare e cercare davvero di dare un volto nuovo al Paese. Con questo governo l’Italia cambia davvero, dice. Rimane adesso un punto interrogativo enorme, ovvero chi sarà il capo del Governo. Nonostante lo stallo sul premier, adesso però in casa Lega si respira un certo ottimismo. Ieri il Consiglio federale -massimo organo del partito - ha dato via libera al contratto di governo, che sarà votato in oltre mille gazebo leghisti in tutta Italia. Potranno votare tutti i cittadini, non solo gli iscritti.
La Lega sottolinea che si attende dalla base la costituzione di un vero mandato pieno e unanime affinché si parta con il governo del cambiamento Lega-M5S. I leghisti si dicono soddisfatti perché nell’accordo «c’è il 90% delle nostre richieste», dal fisco all’immigrazione passando per la legittima difesa. Dieci i punti che verranno sottoposti al voto nelle piazze, tutti cari al mondo leghista. Non compare sulla scheda infatti il reddito di cittadinanza, bandiera del M5S e nessun altro cavallo di battaglia grillino, come il conflitto di interessi. Resta il macigno dell’inquilino di Palazzo Chigi. Intanto sull'argomento Di Maio cerca di minimizzare affermando che la base del governo c’è, il premier non sarà un problema, e profetizza 5 anni di durata per un governo forse inaspettato, malvotato, e che non si fonda sui cambi di casacca. Sia Salvini che Di Maio hanno inoltre dimostrato grande maturità affermando quasi in sincrono di essere disposti anche ad un passo di lato, per agevolare la scelta del nuovo capo del Governo ed iniziare il più presto possibile il lungo lavoro di rinnovamento del paese.
Ormai è ufficiale, il contratto di Governo tra Lega e M5S c'è e ieri c'è stato anche l'ok con il 95% di voti favorevoli, della base grillina tramite internet. La votazione si è tenuta per tutta la giornata sulla piattaforma Rousseau, con chiusura alle 20: su 44.796 votanti, 42.274 hanno approvato il governo giallo-verde e solo 2522 hanno detto no. Nel settembre scorso alle primarie online per scegliere il capo politico avevano votato in 37 mila.Luigi Di Maio manifesta la sua contentezza ed afferma che ci sarà un reddito di cittadinanza contro la povertà e la disoccupazione. Con la pensione di cittadinanza gli anziani avranno una pensione dignitosa. La Legge Fornero è destinata a diventare un brutto ricordo. E via le pensioni d’oro. Nessuno farà più affari sporchi sull’immigrazione. Le imprese avranno vita più semplice e tasse più basse.
Anche Salvini a più ripresa aveva rimarcato che con tale accordo di governo sono molte le novità che si possono realizzare e cercare davvero di dare un volto nuovo al Paese. Con questo governo l’Italia cambia davvero, dice. Rimane adesso un punto interrogativo enorme, ovvero chi sarà il capo del Governo. Nonostante lo stallo sul premier, adesso però in casa Lega si respira un certo ottimismo. Ieri il Consiglio federale -massimo organo del partito - ha dato via libera al contratto di governo, che sarà votato in oltre mille gazebo leghisti in tutta Italia. Potranno votare tutti i cittadini, non solo gli iscritti.
La Lega sottolinea che si attende dalla base la costituzione di un vero mandato pieno e unanime affinché si parta con il governo del cambiamento Lega-M5S. I leghisti si dicono soddisfatti perché nell’accordo «c’è il 90% delle nostre richieste», dal fisco all’immigrazione passando per la legittima difesa. Dieci i punti che verranno sottoposti al voto nelle piazze, tutti cari al mondo leghista. Non compare sulla scheda infatti il reddito di cittadinanza, bandiera del M5S e nessun altro cavallo di battaglia grillino, come il conflitto di interessi. Resta il macigno dell’inquilino di Palazzo Chigi. Intanto sull'argomento Di Maio cerca di minimizzare affermando che la base del governo c’è, il premier non sarà un problema, e profetizza 5 anni di durata per un governo forse inaspettato, malvotato, e che non si fonda sui cambi di casacca. Sia Salvini che Di Maio hanno inoltre dimostrato grande maturità affermando quasi in sincrono di essere disposti anche ad un passo di lato, per agevolare la scelta del nuovo capo del Governo ed iniziare il più presto possibile il lungo lavoro di rinnovamento del paese.
Nuovo Governo.Accordo ormai prossimo. 13 Maggio 2018
Salvini e Di Maio vicini alla firma del contratto di Governo.
La fumata non è ancora bianca ma quasi sicuramente a breve lo sarà. Lega e M5S si vedranno ad oltranza per continuare le trattative e giungere ad un accordo formale di alleanza, dando finalmente al Paese un nuovo Esecutivo. Ieri è stata una giornata davvero intensa, esplosa con la decisione del Tribunale di Milano di concedere la riabilitazione a Silvio Berlusconi, che adesso torna candidabile. Proseguita poi dalle dichiarazioni di Sergio Mattarella (che, parlando di Luigi Einaudi ha sottolineato le prerogative del capo dello Stato e parlato di «una presidenza tutt’altro che “notarile”»). Tornando alla trattativa tra Lega e grillini, Salvini afferma che sui punti fondamentali c’è accordo, l'importante è creare un governo che dia risposte agli italiani piuttosto che creare un governo neutrale ed istituzionale.
Entro qualche giorno, ha proseguito Salvini lasciando il Pirellone in cui si era tenuto il nuovo incontro fra le due delegazioni, si concluderà il patto. Oltre ai due leader al vertice erano presenti per il Movimento Stefano Buffagni, Alfonso Bonafede e Laura Castelli, Vincenzo Spadafora, mentre per la Lega Claudio Borghi, Roberto Calderoli, Armando Siri, Gian Marco Centinaio, Nicola Molteni e Giancarlo Giorgetti. Anche Di Maio — arrivato con un’ora di ritardo al summit rispetto al segretario della Lega —, dopo la riunione, ha espresso parole di evidente ottimismo sottolineando che la discussione va avanti e che ci sono ampi punti di convergenza. Senza parlare ancora di nomi veri e propri. Il segretario del Carroccio risponde indirettamente anche alle parole del capo dello Stato. Di Maio, ha invece dribblato sulla notizia inerente Berlusconi, affermando che si prende atto della sentenza ma che gli scopi di M5S non cambiano affatto.
I due leader hanno avuto modo di parlare tra loro, a margine del tavolo. E per la prima volta si è discusso di un nome terzo per la presidenza del Consiglio. A seconda del punto di caduta, verrà definito il resto dell’esecutivo. La strada, però, anche sul contratto non è ancora conclusa. Lega e Carroccio mostrano la volontà di andare al Colle al massimo lunedì. Si tratta di una corsa ad ostacoli fermo restando che entrambi i leader hanno dichiarato che con una convergenza di vedute almeno dell'80 % tutto si risolverà positivamente, altrimenti nessuno potrà criticare che non ci abbiano provato. Ed il PD? Tutti nel partito promettono che sarà un' opposizione «durissima» al nuovo governo (ancora in incubatrice), dando finalmente un segno politico di vitalità, mancato in queste settimane.
La fumata non è ancora bianca ma quasi sicuramente a breve lo sarà. Lega e M5S si vedranno ad oltranza per continuare le trattative e giungere ad un accordo formale di alleanza, dando finalmente al Paese un nuovo Esecutivo. Ieri è stata una giornata davvero intensa, esplosa con la decisione del Tribunale di Milano di concedere la riabilitazione a Silvio Berlusconi, che adesso torna candidabile. Proseguita poi dalle dichiarazioni di Sergio Mattarella (che, parlando di Luigi Einaudi ha sottolineato le prerogative del capo dello Stato e parlato di «una presidenza tutt’altro che “notarile”»). Tornando alla trattativa tra Lega e grillini, Salvini afferma che sui punti fondamentali c’è accordo, l'importante è creare un governo che dia risposte agli italiani piuttosto che creare un governo neutrale ed istituzionale.
Entro qualche giorno, ha proseguito Salvini lasciando il Pirellone in cui si era tenuto il nuovo incontro fra le due delegazioni, si concluderà il patto. Oltre ai due leader al vertice erano presenti per il Movimento Stefano Buffagni, Alfonso Bonafede e Laura Castelli, Vincenzo Spadafora, mentre per la Lega Claudio Borghi, Roberto Calderoli, Armando Siri, Gian Marco Centinaio, Nicola Molteni e Giancarlo Giorgetti. Anche Di Maio — arrivato con un’ora di ritardo al summit rispetto al segretario della Lega —, dopo la riunione, ha espresso parole di evidente ottimismo sottolineando che la discussione va avanti e che ci sono ampi punti di convergenza. Senza parlare ancora di nomi veri e propri. Il segretario del Carroccio risponde indirettamente anche alle parole del capo dello Stato. Di Maio, ha invece dribblato sulla notizia inerente Berlusconi, affermando che si prende atto della sentenza ma che gli scopi di M5S non cambiano affatto.
I due leader hanno avuto modo di parlare tra loro, a margine del tavolo. E per la prima volta si è discusso di un nome terzo per la presidenza del Consiglio. A seconda del punto di caduta, verrà definito il resto dell’esecutivo. La strada, però, anche sul contratto non è ancora conclusa. Lega e Carroccio mostrano la volontà di andare al Colle al massimo lunedì. Si tratta di una corsa ad ostacoli fermo restando che entrambi i leader hanno dichiarato che con una convergenza di vedute almeno dell'80 % tutto si risolverà positivamente, altrimenti nessuno potrà criticare che non ci abbiano provato. Ed il PD? Tutti nel partito promettono che sarà un' opposizione «durissima» al nuovo governo (ancora in incubatrice), dando finalmente un segno politico di vitalità, mancato in queste settimane.
Salvini - Di Maio. Lo scontro ora è totale. 05 Maggio 2018
Nulla cambia.Le varie consultazioni non portano risultati concreti.
La strada per formare il nuovo Governo è sempre più in salita, anzi dopo le seconde consultazioni e dopo i due mandati esplorativi della Casellati e di Fico le cose sembrano precipitare di ora in ora.Nessuno straccio di accordo tra M5S e Centrodestra, anzi ad oggi si può parlare di rottura totale.Il M5s si oppone infatti fermamente ad un governo di tregua definendo "traditori del popolo" i partiti disposti a sostenerlo e chiede il voto subito. Matteo Salvini invece è favorevole a "un governo fino a dicembre" insieme al Movimento con un premier "anche non leghista". Per il leader del Carroccio "l'incarico va dato partendo da chi ha vinto le elezioni, escludendo "qualsiasi tecnico alla Monti", o "una prorogatio al governo Gentiloni". E rifiuta qualsiasi ipotesi nella quale compaia l'ex segretario PD Renzi. In una conferenza stampa il segretario del Carroccio annuncia ed elenca le condizioni che proporrà lunedì al capo dello Stato: "Sì a un governo che si faccia carico di fare in fretta e bene poche cose.
No a governi guidati da dame di compagnia della Commissione europea: siamo nell'anticamera di una dittatura, bisogna avere coraggio di dire no a Bruxelles. Sì a legge elettorale che mandi al governo chi prende un voto in più, come le regionali". E poi "bloccare Iva e accise rispettando i parametri europei, e andare a Bruxelles a dire che prima viene l'interesse nazionale, iniziando a respingere il nuovo bilancio Ue". Salvini corteggia il M5s. Forte è il suo desiderio si sedersi con loro e concordare questo progetto di condurre il Paese a prossime elezioni ma con una legge elettorale diversa e maggioritaria, anche con la possibilità di un forte premio di coalizione a chi prende più voti. Ma da qualche giorni, dopo il no ricevuto da Renzi, i 5 Stelle sono già in campagna elettorale. Chiuso il capitolo 'formazione del Governo' con la porta in faccia dal Pd, si dicono contrari a un esecutivo di tregua. La prima risposta del Centro Destra è comunque chiara: i grilli sono troppo schizofrenici nelle loro idee e cambiano progetti politici ogni settimana, non è utile al paese.
l voto del 4 marzo ha dato un segnale di cambiamento enorme, ma i M5S incalzano e accusano Salvini di avere sprecato una grande occasione di cambiamento rifiutando l'alleanza singola Lega-Grillini e preferendo restare legato al patto di sangue con Berlusconi, che più passato non può essere. La partita sulla formazione del governo si sposta ora sul braccio di ferro tra i grillini, che invocano elezioni subito. E Mattarella che è intenzionato, dopo le consultazioni di lunedì prossimo, ad affidare un incarico per un governo, appunto, di tregua. Diviso sull'argomento il centrodestra, con Fi che da giorni conferma la disponibilità a un governo del Colle. E con Salvini che chiede di avere un pre-incarico (quindi non per un esecutivo del Presidente, ma politico).
La strada per formare il nuovo Governo è sempre più in salita, anzi dopo le seconde consultazioni e dopo i due mandati esplorativi della Casellati e di Fico le cose sembrano precipitare di ora in ora.Nessuno straccio di accordo tra M5S e Centrodestra, anzi ad oggi si può parlare di rottura totale.Il M5s si oppone infatti fermamente ad un governo di tregua definendo "traditori del popolo" i partiti disposti a sostenerlo e chiede il voto subito. Matteo Salvini invece è favorevole a "un governo fino a dicembre" insieme al Movimento con un premier "anche non leghista". Per il leader del Carroccio "l'incarico va dato partendo da chi ha vinto le elezioni, escludendo "qualsiasi tecnico alla Monti", o "una prorogatio al governo Gentiloni". E rifiuta qualsiasi ipotesi nella quale compaia l'ex segretario PD Renzi. In una conferenza stampa il segretario del Carroccio annuncia ed elenca le condizioni che proporrà lunedì al capo dello Stato: "Sì a un governo che si faccia carico di fare in fretta e bene poche cose.
No a governi guidati da dame di compagnia della Commissione europea: siamo nell'anticamera di una dittatura, bisogna avere coraggio di dire no a Bruxelles. Sì a legge elettorale che mandi al governo chi prende un voto in più, come le regionali". E poi "bloccare Iva e accise rispettando i parametri europei, e andare a Bruxelles a dire che prima viene l'interesse nazionale, iniziando a respingere il nuovo bilancio Ue". Salvini corteggia il M5s. Forte è il suo desiderio si sedersi con loro e concordare questo progetto di condurre il Paese a prossime elezioni ma con una legge elettorale diversa e maggioritaria, anche con la possibilità di un forte premio di coalizione a chi prende più voti. Ma da qualche giorni, dopo il no ricevuto da Renzi, i 5 Stelle sono già in campagna elettorale. Chiuso il capitolo 'formazione del Governo' con la porta in faccia dal Pd, si dicono contrari a un esecutivo di tregua. La prima risposta del Centro Destra è comunque chiara: i grilli sono troppo schizofrenici nelle loro idee e cambiano progetti politici ogni settimana, non è utile al paese.
l voto del 4 marzo ha dato un segnale di cambiamento enorme, ma i M5S incalzano e accusano Salvini di avere sprecato una grande occasione di cambiamento rifiutando l'alleanza singola Lega-Grillini e preferendo restare legato al patto di sangue con Berlusconi, che più passato non può essere. La partita sulla formazione del governo si sposta ora sul braccio di ferro tra i grillini, che invocano elezioni subito. E Mattarella che è intenzionato, dopo le consultazioni di lunedì prossimo, ad affidare un incarico per un governo, appunto, di tregua. Diviso sull'argomento il centrodestra, con Fi che da giorni conferma la disponibilità a un governo del Colle. E con Salvini che chiede di avere un pre-incarico (quindi non per un esecutivo del Presidente, ma politico).
Consulatazioni.Il PD sarà solo minoranza.
di Serena Ferraris 29 Aprile 2018
Ennesimo fallimento delle consultazioni. Si va verso un incarico esplorativo.
Il secondo giro di consultazioni del Governo 2018 finisce con un altro nulla di fatto. Situazione di stallo tra Lega e Movimento 5 Stelle: forse tutto a causa della presenza in coalizione di Silvio Berlusconi. Che posizione ha invece avuto il PD? Il segretario provvisorio Maurizio Martina, chiede di mettere da parte i tatticismi politici e dare all’Italia un Governo operativo. Il Partito Democratico però non ha alcuna intenzione di fare alleanze di governo con i grillini, soprattutto a causa delle tante accuse ricevute prima delle elezione dal M5S. Martina è rimasto molto duro nei confronti di Salvini e Di Maio: al primo ha attribuito il progetto di voler “ribaltare” il quadro delle alleanze internazionali del nostro Paese. Cosi come il “balletto di personalismi, tatticismi, polemiche” con Di Maio, “veti e tira e molla, tanto più insopportabili se sostengono di aver vinto”.
Forse le parole di Martina più pesanti sono quelle che accusano Salvini e Di Maio di litigare in pubblica ma poi di spartirsi nelle segrete stanze i vari ruoli istituzionali, come accaduto fin dall'inizio. In ogni caso, ha confermato il leader del Pd, tocca ai partiti che hanno vinto presentare una proposta. “Noi saremo responsabili e rispettosi delle indicazioni del presidente Mattarella”. Al Quirinale ha preso la parola anche l’ex presidente del Senato Piero Grasso per Leu: “Al presidente Mattarella abbiamo ribadito la nostra posizione: bisogna uscire dai personalismi e cominciare a trattare i temi più urgenti del Paese: la tutela del lavoro e la lotta alla povertà, il welfare e i diritti civili.
Quanto all’economia aspettiamo la presentazione del Def. Su questi punti siamo disponibili a ogni confronto e dialogo”. Il gruppo Autonomie, invece, spiega come “Non ci vuole molta fantasia per immaginare le preoccupazioni del capo dello Stato per l’escalation militare e le reazioni delle forze politiche italiane. Abbiamo detto al presidente della Repubblica che serve presto un governo nella pienezza delle sue funzioni. Ancorato all’Europa”.
Il secondo giro di consultazioni del Governo 2018 finisce con un altro nulla di fatto. Situazione di stallo tra Lega e Movimento 5 Stelle: forse tutto a causa della presenza in coalizione di Silvio Berlusconi. Che posizione ha invece avuto il PD? Il segretario provvisorio Maurizio Martina, chiede di mettere da parte i tatticismi politici e dare all’Italia un Governo operativo. Il Partito Democratico però non ha alcuna intenzione di fare alleanze di governo con i grillini, soprattutto a causa delle tante accuse ricevute prima delle elezione dal M5S. Martina è rimasto molto duro nei confronti di Salvini e Di Maio: al primo ha attribuito il progetto di voler “ribaltare” il quadro delle alleanze internazionali del nostro Paese. Cosi come il “balletto di personalismi, tatticismi, polemiche” con Di Maio, “veti e tira e molla, tanto più insopportabili se sostengono di aver vinto”.
Forse le parole di Martina più pesanti sono quelle che accusano Salvini e Di Maio di litigare in pubblica ma poi di spartirsi nelle segrete stanze i vari ruoli istituzionali, come accaduto fin dall'inizio. In ogni caso, ha confermato il leader del Pd, tocca ai partiti che hanno vinto presentare una proposta. “Noi saremo responsabili e rispettosi delle indicazioni del presidente Mattarella”. Al Quirinale ha preso la parola anche l’ex presidente del Senato Piero Grasso per Leu: “Al presidente Mattarella abbiamo ribadito la nostra posizione: bisogna uscire dai personalismi e cominciare a trattare i temi più urgenti del Paese: la tutela del lavoro e la lotta alla povertà, il welfare e i diritti civili.
Quanto all’economia aspettiamo la presentazione del Def. Su questi punti siamo disponibili a ogni confronto e dialogo”. Il gruppo Autonomie, invece, spiega come “Non ci vuole molta fantasia per immaginare le preoccupazioni del capo dello Stato per l’escalation militare e le reazioni delle forze politiche italiane. Abbiamo detto al presidente della Repubblica che serve presto un governo nella pienezza delle sue funzioni. Ancorato all’Europa”.
Nuovo Governo. Strategie e responsabilità.
di Serena Ferraris 22 Aprile 2018
Il tempo passa e l'ora della verità si avvicina.
La pausa delle festività ci permette di tirare un po’ le somme sulla situazione politica nazionale. Dopo la scelta dei presidenti di Camera e Senato, dove M5S e Centro destra sono riusciti a convergere su due nomi graditi ad entrambi gli schieramenti, adesso viene il difficile, ovvero trovare la maggioranza necessaria per presentarsi dinanzi al Presidente della Repubblica con una proposta valida di Governo nazionale. In questi ultimi giorni, come se fosse un vero gioco delle parti, Salvini e Di Maio hanno sottolineato i loro punti fermi, quasi a voler marcare il territorio. Salvini ritiene che avendo il centro-destra la maggioranza relativa delle camere, il nome del futuro capo del Governo debba essere scelto tra le sue fila; Di Maio invece sottolinea che essendo il M5S il partito singolo più votato, debba invece toccare ai grillini indicare il nome in questione. La partita sembra inconciliabile ma in realtà è solo un furbo e strategico gioco di posizioni. Come anche Berlusconi ha rimarcato, la situazione è molto particolare e labile quindi è intorno ai programmi e alle riforme che va trovata convergenza, senza alcun veto su nessuno. Salvini di recente ha aperto ad alcune questioni che sono parte centrale delle promesse elettorale del M5S, in primis il tanto famoso reddito di cittadinanza. Da par suo Di Maio, per non essere accusato di intransigenza, ha anch’egli aperto alla possibilità di trattare sulla cosiddetta flax tax, vessillo elettorale del centro-destra. Sono, innegabilmente, prove di dialogo imminente, la cosa davvero complicata sarà trovare un nome comune come Presidente del Consiglio, un nome che non sappia di sconfitta per nessuno. Forse, vista la difficoltà della scelta, potrà accadere che sarà proprio il Presidente Mattarella ad imporre il nome del futuro capo del Governo e ad obbligare in modo deciso M5S e centro-destra a trovare la convergenza parlamentare necessaria. Restiamo in attesa della prossima settimana, che sarà la settimana decisiva, ma una consapevolezza è ormai chiara: centro-destra e M5S hanno deciso di andare insieme al Governo, con buona pace degli estremisti e del PD, quest’ultimo sempre in balia delle sue correnti interne e delle invidie di segreteria che rendono impossibile la nascita di una solida leadership politica.
La pausa delle festività ci permette di tirare un po’ le somme sulla situazione politica nazionale. Dopo la scelta dei presidenti di Camera e Senato, dove M5S e Centro destra sono riusciti a convergere su due nomi graditi ad entrambi gli schieramenti, adesso viene il difficile, ovvero trovare la maggioranza necessaria per presentarsi dinanzi al Presidente della Repubblica con una proposta valida di Governo nazionale. In questi ultimi giorni, come se fosse un vero gioco delle parti, Salvini e Di Maio hanno sottolineato i loro punti fermi, quasi a voler marcare il territorio. Salvini ritiene che avendo il centro-destra la maggioranza relativa delle camere, il nome del futuro capo del Governo debba essere scelto tra le sue fila; Di Maio invece sottolinea che essendo il M5S il partito singolo più votato, debba invece toccare ai grillini indicare il nome in questione. La partita sembra inconciliabile ma in realtà è solo un furbo e strategico gioco di posizioni. Come anche Berlusconi ha rimarcato, la situazione è molto particolare e labile quindi è intorno ai programmi e alle riforme che va trovata convergenza, senza alcun veto su nessuno. Salvini di recente ha aperto ad alcune questioni che sono parte centrale delle promesse elettorale del M5S, in primis il tanto famoso reddito di cittadinanza. Da par suo Di Maio, per non essere accusato di intransigenza, ha anch’egli aperto alla possibilità di trattare sulla cosiddetta flax tax, vessillo elettorale del centro-destra. Sono, innegabilmente, prove di dialogo imminente, la cosa davvero complicata sarà trovare un nome comune come Presidente del Consiglio, un nome che non sappia di sconfitta per nessuno. Forse, vista la difficoltà della scelta, potrà accadere che sarà proprio il Presidente Mattarella ad imporre il nome del futuro capo del Governo e ad obbligare in modo deciso M5S e centro-destra a trovare la convergenza parlamentare necessaria. Restiamo in attesa della prossima settimana, che sarà la settimana decisiva, ma una consapevolezza è ormai chiara: centro-destra e M5S hanno deciso di andare insieme al Governo, con buona pace degli estremisti e del PD, quest’ultimo sempre in balia delle sue correnti interne e delle invidie di segreteria che rendono impossibile la nascita di una solida leadership politica.
Meloni.Sarà campagna elettorale intensa.
di Serena Ferraris 02 Marzo 2018
La leader di Fratelli d'Italia fa muro sulle polemiche e cerca unità.
Le elezioni si avvicinano veloci e gli schieramenti iniziano a concretizzarsi, così come le alleanze e le prime tensioni tra avversari ma anche tra gli amici di coalizione. Giorgia Meloni rappresenta il nuovo che avanza nel centro-destra, il suo partito aumenta consensi ma la leader si dice un pò spaventata. Afferma la Meloni che la colazione di destra è tendente alle perdite di tempo in queste ultime settimane, ed è una cosa che la inquieta molto. In una conferenza stampa alla Camera attacca gli alleati Silvio Berlusconi e Matteo Salvini e sul candidato del centrodestra per il Lazio dice, che non c'è ancora qualche novità definitiva ma ha ragione di credere che ci sarà a breve: siamo in dirittura d'arrivo. Questa querelle anche fastidiosa per i cittadini laziali si sta per concludere.
Fratelli d'Italia è fermamente consapevole di poter schierare un candidato che allarghi molto il perimetro della coalizione e che aiuterà a rispondere a dovere all'incompetenza grillina e all'immobilismo della sinistra.La leader di Fratelli d'Italia aggiunge anche che, in riferimento alle elezioni nazionali, Tajani premier non è il nostro candidato, che come si sa è Giorgia Meloni. Anche qui gli italiani scelgano quale è la proposta che li convince di più. Fratelli d’Italia sta facendo la campagna per poter portare la sua leader all’incarico di presidente del Consiglio dei ministri. Se vinceranno altri vedremo chi verrà proposto. La Meloni sottolinea ovviamente che a capo dell’Italia ci dovrà essere un movimento e una persona più capaci di puntare i piedi in Europa di quanto abbia visto fare in questi anni. Tornando al programma di coalizione, che poi è il vero nucleo della questione elettorale, uno dei primi passi del centro-destra sarà l'azzeramento legge Fornero: un punto che fino ad oggi divideva Berlusconi e il leader della Lega Nord. Berlusconi però sta puntando alto e come la stessa Meloni afferma il 45% è il traguardo minimo che ci siamo dati, perché si spera di superarlo e avere larga maggioranza, alla Camera e al Senato, per poter governare e realizzare questo programma fatto di concretezza e non solo di teorie.
Due giorni fa a Palazzo Grazioli inoltre si sono avute ben due riunioni per tentare di inserire nella coalizione di destra anche "Noi con l'Italia-Udc", ma gli incontri sono terminati con una inesorabile "fumata nera". Fitto ha definito l'esito dell'incontro "non positivo" e poi ha aggiunto che in questo momento le cose non vanno bene. Ci sono difficoltà abbastanza oggettive. I 13 collegi offerti non sono stati digeriti tanto meno il rialzo: intorno ai 20. Il polo, nato a sostegno della coalizione, non ha gradito "metodo e modi" viene spiegato che le proposte sono state unilaterali e alla fine èstato come una sorta di prendere o lasciare cui l'UDC ha detto no, almeno per il momento. Sarà "difficile", aggiungono fonti vicine ai vertici di "Noi con l'Italia-Udc", riuscire a trovare un'intesa "a queste condizioni". Non è però rottura, il dialogo è ancora aperto e possibilista. Berlusconi e la Meloni avrebbero assicurato a Cesa e Fitto che avrebbero portato agli alleati le loro istanze al vertice a palazzo Grazioli.
Le elezioni si avvicinano veloci e gli schieramenti iniziano a concretizzarsi, così come le alleanze e le prime tensioni tra avversari ma anche tra gli amici di coalizione. Giorgia Meloni rappresenta il nuovo che avanza nel centro-destra, il suo partito aumenta consensi ma la leader si dice un pò spaventata. Afferma la Meloni che la colazione di destra è tendente alle perdite di tempo in queste ultime settimane, ed è una cosa che la inquieta molto. In una conferenza stampa alla Camera attacca gli alleati Silvio Berlusconi e Matteo Salvini e sul candidato del centrodestra per il Lazio dice, che non c'è ancora qualche novità definitiva ma ha ragione di credere che ci sarà a breve: siamo in dirittura d'arrivo. Questa querelle anche fastidiosa per i cittadini laziali si sta per concludere.
Fratelli d'Italia è fermamente consapevole di poter schierare un candidato che allarghi molto il perimetro della coalizione e che aiuterà a rispondere a dovere all'incompetenza grillina e all'immobilismo della sinistra.La leader di Fratelli d'Italia aggiunge anche che, in riferimento alle elezioni nazionali, Tajani premier non è il nostro candidato, che come si sa è Giorgia Meloni. Anche qui gli italiani scelgano quale è la proposta che li convince di più. Fratelli d’Italia sta facendo la campagna per poter portare la sua leader all’incarico di presidente del Consiglio dei ministri. Se vinceranno altri vedremo chi verrà proposto. La Meloni sottolinea ovviamente che a capo dell’Italia ci dovrà essere un movimento e una persona più capaci di puntare i piedi in Europa di quanto abbia visto fare in questi anni. Tornando al programma di coalizione, che poi è il vero nucleo della questione elettorale, uno dei primi passi del centro-destra sarà l'azzeramento legge Fornero: un punto che fino ad oggi divideva Berlusconi e il leader della Lega Nord. Berlusconi però sta puntando alto e come la stessa Meloni afferma il 45% è il traguardo minimo che ci siamo dati, perché si spera di superarlo e avere larga maggioranza, alla Camera e al Senato, per poter governare e realizzare questo programma fatto di concretezza e non solo di teorie.
Due giorni fa a Palazzo Grazioli inoltre si sono avute ben due riunioni per tentare di inserire nella coalizione di destra anche "Noi con l'Italia-Udc", ma gli incontri sono terminati con una inesorabile "fumata nera". Fitto ha definito l'esito dell'incontro "non positivo" e poi ha aggiunto che in questo momento le cose non vanno bene. Ci sono difficoltà abbastanza oggettive. I 13 collegi offerti non sono stati digeriti tanto meno il rialzo: intorno ai 20. Il polo, nato a sostegno della coalizione, non ha gradito "metodo e modi" viene spiegato che le proposte sono state unilaterali e alla fine èstato come una sorta di prendere o lasciare cui l'UDC ha detto no, almeno per il momento. Sarà "difficile", aggiungono fonti vicine ai vertici di "Noi con l'Italia-Udc", riuscire a trovare un'intesa "a queste condizioni". Non è però rottura, il dialogo è ancora aperto e possibilista. Berlusconi e la Meloni avrebbero assicurato a Cesa e Fitto che avrebbero portato agli alleati le loro istanze al vertice a palazzo Grazioli.
Boschi.Sarò sempre accanto a Renzi.
di Serena Ferraris 23 Febbraio 2018
Si prepara la campagna elettorale.Sarà una sfida dura per il PD.
Ormai siamo in campagna elettorale e il PD renziano sembra non navigare in acqua tranquillissime. Polemiche ed errori hanno minato un pò la fiducia e la serenità interna al partito e di questo Maria Elena Boschi ne è pienamente consapevole. L'ex preferita di Renzi parla del futuro e non nasconde una certa voglia di rivalsa verso chi l'ha criticata spesso in maniera eccessiva. La grande nostra paura, dice, è che il populismo del M5S possa avere la meglio su programmi e idee, l'elettore se decide di pancia commette un errore madornale. A chi dice che il suo nome è impresentabile per via dello scandalo della Banca Etruria, la Boschi attacca agguerrita: la Commissione Bancaria appositamente nominata ha sviscerato tutte le carte e non c'è alcun legame tra me e la Banca Etruria, afferma, solo molta infamia gettata addosso a me e alla mia famiglia, lo scontro politico non dovrebbe mai raggiungere certi livelli. Si passa poi a parlare delle elezioni.
La Boschi si dice sorpresa dei sondaggi che vedono il PD in calo, soprattutto perchè il Governo ha fatto molte riforme e risolto problematiche complesse e in attesa di normazione da decenni. Il Paese si è ammodernizzato e molti dilemmi angosciosi sono stati risolti. In economia abbiamo avuto il più alto tasso di occupati degli ultimi 25 anni, il flusso migratorio è sotto controllo e in costante diminuzione, i diritti civili hanno avuto maggiore tutela anche se sempre tutto è migliorabile, il Paese ha avuto una maggiore stabilità anche a livello internazionale e gli italiani non possono non accorgersi di questi meriti. Il problema è sempre e comunque la leadership, ma Renzi resta la guida del partito ed è con Renzi che verranno lanciate nuove e ambiziose sfide politiche.
La Boschi ci tiene a rimarcare che se in politica entra l'incompetenza e la mancanza di carisma è pericolosissimo perchè il processo di riforme potrebbe bloccarsi e nascere poi quell'immobilismo che tanto male ha fatto nei decenni passati. Il PD deve di nuovo compattarsi ed allontanare le voci discordanti e le cellule ribelli che per qualche poltrona in più sono capaci di far crollare i Governi in modo irresponsabile; non c'è una chiusura a Berlusconi ma ovviamente ogni scelta va condivisa e ponderata perchè il grande inciucio non è gradito a nessuno. La Boschi inoltre afferma convinta una cosa: il PD riparte con nuove energie perchè il progetto di cambiare il paese con i giovani e con le idee non può essere naufragato, anzi è la sola speranza solida per il futuro.
Ormai siamo in campagna elettorale e il PD renziano sembra non navigare in acqua tranquillissime. Polemiche ed errori hanno minato un pò la fiducia e la serenità interna al partito e di questo Maria Elena Boschi ne è pienamente consapevole. L'ex preferita di Renzi parla del futuro e non nasconde una certa voglia di rivalsa verso chi l'ha criticata spesso in maniera eccessiva. La grande nostra paura, dice, è che il populismo del M5S possa avere la meglio su programmi e idee, l'elettore se decide di pancia commette un errore madornale. A chi dice che il suo nome è impresentabile per via dello scandalo della Banca Etruria, la Boschi attacca agguerrita: la Commissione Bancaria appositamente nominata ha sviscerato tutte le carte e non c'è alcun legame tra me e la Banca Etruria, afferma, solo molta infamia gettata addosso a me e alla mia famiglia, lo scontro politico non dovrebbe mai raggiungere certi livelli. Si passa poi a parlare delle elezioni.
La Boschi si dice sorpresa dei sondaggi che vedono il PD in calo, soprattutto perchè il Governo ha fatto molte riforme e risolto problematiche complesse e in attesa di normazione da decenni. Il Paese si è ammodernizzato e molti dilemmi angosciosi sono stati risolti. In economia abbiamo avuto il più alto tasso di occupati degli ultimi 25 anni, il flusso migratorio è sotto controllo e in costante diminuzione, i diritti civili hanno avuto maggiore tutela anche se sempre tutto è migliorabile, il Paese ha avuto una maggiore stabilità anche a livello internazionale e gli italiani non possono non accorgersi di questi meriti. Il problema è sempre e comunque la leadership, ma Renzi resta la guida del partito ed è con Renzi che verranno lanciate nuove e ambiziose sfide politiche.
La Boschi ci tiene a rimarcare che se in politica entra l'incompetenza e la mancanza di carisma è pericolosissimo perchè il processo di riforme potrebbe bloccarsi e nascere poi quell'immobilismo che tanto male ha fatto nei decenni passati. Il PD deve di nuovo compattarsi ed allontanare le voci discordanti e le cellule ribelli che per qualche poltrona in più sono capaci di far crollare i Governi in modo irresponsabile; non c'è una chiusura a Berlusconi ma ovviamente ogni scelta va condivisa e ponderata perchè il grande inciucio non è gradito a nessuno. La Boschi inoltre afferma convinta una cosa: il PD riparte con nuove energie perchè il progetto di cambiare il paese con i giovani e con le idee non può essere naufragato, anzi è la sola speranza solida per il futuro.
Serracchiani.Il PD ha cambiato il paese.
di Serena Ferraris 14 Febbraio 2018
Si tirano le somme dopo la fine della legislatura.
La legislatura è terminata e Debora Serracchiani tira le somme di quello che è stato e delle attività positive che il Governo guidato dal PD e dalla figura di Gentiloni, il sostituto di Matteo Renzi, hanno messo in atto in questi ultimi anni. Un legislatura storica per alcuni versi ma a tratti incompiuta a causa della mancata legiferazione sul tema dello Ius Soli. Afferma la segretaria PD che già riuscire a portare a termine la Legislatura è stato un primo successo perché dopo le dimissioni di Renzi non era certo un qualcosa di scontato, quindi si è riusciti a dare continuità politica ed istituzionale e soprattutto ad evitare ulteriori momenti di blocco davvero dannosi per la ripresa economica.
Un elogio particolare va fatto per l’introduzione del reddito d’inclusione e per il superamento di una delle peggiori crisi economiche del dopo guerra; senza dimenticare la grande di attività finanziaria che ha permesso di salvare molti istituti di credito dal fallimento. Chi guiderà la nuova Legislatura dovrà continuare il solco delle riforme economiche e alimentare la coesione sociale con provvedimenti aggreganti e di aiuto. Sono stati creati, dice la Serracchiani, un milione di nuovi posti di lavoro e quella è la strada da seguire, cercando sempre di combattere le disuguaglianze. Il PD ha dato forte sostegno a tutte le iniziative legislative di un certo spessore come le norme industria 4.0, la legge sul caporalato, gli sgravi per le assunzioni dei giovani al sud, le politiche sull'immigrazione, tutti passi importanti che hanno permesso una crescita globale del paese.
Un altro tema basilare cui si è contribuito in modo forte, dichiara la Serracchiani, è stato il tema dei diritti civili. Sono state fatte le unioni civili, il biotestamento, l'accompagnamento per i disabili, la legge sulla tortura, quelle contro la violenza sulle donne, in questo modo l’Italia è senza dubbio diventata una Nazione più moderna, il PD ha dato il suo forte sostegno a questo processo di cambiamento e l’Europa ha apprezzato questo nuovo atteggiamento italiano. Pensando alle nuove elezioni la Serracchiani spera che la prossima sia una campagna che limiti per quanto possibile la diffusione di paure, la promozione di illusioni, il dilettantismo. Sono rischi sempre dietro l’angolo ma la certezza è che se ci sarà una campagna elettorale lontana da paure, illusioni e dilettanti allo sbaraglio meglio sarà per l’Italia.
La legislatura è terminata e Debora Serracchiani tira le somme di quello che è stato e delle attività positive che il Governo guidato dal PD e dalla figura di Gentiloni, il sostituto di Matteo Renzi, hanno messo in atto in questi ultimi anni. Un legislatura storica per alcuni versi ma a tratti incompiuta a causa della mancata legiferazione sul tema dello Ius Soli. Afferma la segretaria PD che già riuscire a portare a termine la Legislatura è stato un primo successo perché dopo le dimissioni di Renzi non era certo un qualcosa di scontato, quindi si è riusciti a dare continuità politica ed istituzionale e soprattutto ad evitare ulteriori momenti di blocco davvero dannosi per la ripresa economica.
Un elogio particolare va fatto per l’introduzione del reddito d’inclusione e per il superamento di una delle peggiori crisi economiche del dopo guerra; senza dimenticare la grande di attività finanziaria che ha permesso di salvare molti istituti di credito dal fallimento. Chi guiderà la nuova Legislatura dovrà continuare il solco delle riforme economiche e alimentare la coesione sociale con provvedimenti aggreganti e di aiuto. Sono stati creati, dice la Serracchiani, un milione di nuovi posti di lavoro e quella è la strada da seguire, cercando sempre di combattere le disuguaglianze. Il PD ha dato forte sostegno a tutte le iniziative legislative di un certo spessore come le norme industria 4.0, la legge sul caporalato, gli sgravi per le assunzioni dei giovani al sud, le politiche sull'immigrazione, tutti passi importanti che hanno permesso una crescita globale del paese.
Un altro tema basilare cui si è contribuito in modo forte, dichiara la Serracchiani, è stato il tema dei diritti civili. Sono state fatte le unioni civili, il biotestamento, l'accompagnamento per i disabili, la legge sulla tortura, quelle contro la violenza sulle donne, in questo modo l’Italia è senza dubbio diventata una Nazione più moderna, il PD ha dato il suo forte sostegno a questo processo di cambiamento e l’Europa ha apprezzato questo nuovo atteggiamento italiano. Pensando alle nuove elezioni la Serracchiani spera che la prossima sia una campagna che limiti per quanto possibile la diffusione di paure, la promozione di illusioni, il dilettantismo. Sono rischi sempre dietro l’angolo ma la certezza è che se ci sarà una campagna elettorale lontana da paure, illusioni e dilettanti allo sbaraglio meglio sarà per l’Italia.
Carfagna.Patti molto chiari con gli alleati.
di Serena Ferraris
Fermezza e chiarezza le parole d'ordine della nuova Forza Italia.
Mara Carfagna è stata di recente ospite del Convegno Nazionale in tema di Stalking ed è stata per lei un’occasione per rimarcare non solo l’ottima normativa che fu approvata quando lei era ministro per le Pari Opportunità, ma anche per dire la sua su alcuni temi politici attuali tra cui l’asse Lega – Forza Italia.L’ ex ministra campana sottolinea che la politica dev’essere uno strumento per migliorare la qualità di vita delle persone, in quest’ottica, la prevenzione e la repressione dei reati contro le donne sono e devono essere una priorità assoluta. Quando FI è stata al Governo il tema della tutela delle donne è sempre stato al centro. La legge sullo stalking ha colmato un vuoto legislativo, è stato in questo modo dato a chi subisce questo reato uno strumento giuridico potente per difendersi, a dimostrazione del fatto che, quando c’è la volontà politica, le cose possono cambiare.
La Carfagna punta poi il dito su un argomento sempre poco trattato, ovvero quello dell’assistenza alle persone disabili e ci tiene ad evidenziare che poco prima dell’approdo in Parlamento della Legge di Bilancio si erano perse le tracce del Fondo per l’assistenza ai disabili. Allora Forza Italia ha deciso di presentare una modifica alla manovra che ne richiedeva il ripristino con uno stanziamento di 75 milioni di euro per tre anni. Il Governo ha preso l’emendamento e l’ha fatto proprio, limitando il finanziamento al solo 2018. FI, dice la Carfagna, ha fatto quello che ogni opposizione giusta dovrebbe fare, intervenire in caso di passi falsi o errori della maggioranza.
Infine, la Carfagna viene stuzzicata sullo scottante tema del patto di alleanza con la Lega di Salvini. La politica salernitana non le manda a dire e in prima persona si espone rimarcando che la fiducia è la base per ogni buona alleanza politica, ma non c’è certo bisogno di recarsi da un notaio per sancire il patto anti-inciucio che ha in mente Salvini. Il leader della Lega ci ha abituati a toni forti, in alcuni casi anche provocatori, ma questa non è una provocazione, ma semplicemente una proposta non in linea con la fiducia reciproca. Se Salvini è abituato a fare le cose per bene, allora è fondamentale presentare davanti agli elettori un programma chiaro e un accordo di alleanza basato sulla fiducia.
Mara Carfagna è stata di recente ospite del Convegno Nazionale in tema di Stalking ed è stata per lei un’occasione per rimarcare non solo l’ottima normativa che fu approvata quando lei era ministro per le Pari Opportunità, ma anche per dire la sua su alcuni temi politici attuali tra cui l’asse Lega – Forza Italia.L’ ex ministra campana sottolinea che la politica dev’essere uno strumento per migliorare la qualità di vita delle persone, in quest’ottica, la prevenzione e la repressione dei reati contro le donne sono e devono essere una priorità assoluta. Quando FI è stata al Governo il tema della tutela delle donne è sempre stato al centro. La legge sullo stalking ha colmato un vuoto legislativo, è stato in questo modo dato a chi subisce questo reato uno strumento giuridico potente per difendersi, a dimostrazione del fatto che, quando c’è la volontà politica, le cose possono cambiare.
La Carfagna punta poi il dito su un argomento sempre poco trattato, ovvero quello dell’assistenza alle persone disabili e ci tiene ad evidenziare che poco prima dell’approdo in Parlamento della Legge di Bilancio si erano perse le tracce del Fondo per l’assistenza ai disabili. Allora Forza Italia ha deciso di presentare una modifica alla manovra che ne richiedeva il ripristino con uno stanziamento di 75 milioni di euro per tre anni. Il Governo ha preso l’emendamento e l’ha fatto proprio, limitando il finanziamento al solo 2018. FI, dice la Carfagna, ha fatto quello che ogni opposizione giusta dovrebbe fare, intervenire in caso di passi falsi o errori della maggioranza.
Infine, la Carfagna viene stuzzicata sullo scottante tema del patto di alleanza con la Lega di Salvini. La politica salernitana non le manda a dire e in prima persona si espone rimarcando che la fiducia è la base per ogni buona alleanza politica, ma non c’è certo bisogno di recarsi da un notaio per sancire il patto anti-inciucio che ha in mente Salvini. Il leader della Lega ci ha abituati a toni forti, in alcuni casi anche provocatori, ma questa non è una provocazione, ma semplicemente una proposta non in linea con la fiducia reciproca. Se Salvini è abituato a fare le cose per bene, allora è fondamentale presentare davanti agli elettori un programma chiaro e un accordo di alleanza basato sulla fiducia.
Boldrini.Il problema ora è dove schierarsi.
di Serna Ferraris
La Presidente della Camera davanti a scelte politiche importanti.
Ormai il tempo vola, le prossime elezioni politiche si avvicinano e saranno forse le elezioni che maggiormente daranno un taglio col passato politico, in tutti i sensi. Dal risultato delle prossime urne si saprà che futuro ci sarà per il centro-sinistra, se sarà ancora renziano, di restaurazione o una sorta di tabula rasa con soggetti nuovi. La Presidente della Camera Laura Boldrini è ben cosciente di questo momento storico, lei che nasce come vendoliana della prima ora e che nel 2013 grazie a Renzi è stata scelta per guidare la Camera dei Deputati. La Presidente si trova nel mezzo di una scelta complicatissima, ovvero essere riconoscente a Renzi ed accettare una candidatura nelle file del PD oppure acconsentire all’invito del suo dirimpettaio, quel Pietro Grasso che ha deciso da qualche mese di staccarsi dal PD renziano e creare un nuovo soggetto politico con la benedizione di Massimo D’Alema.
Forse questa potrebbe essere la scelta più consona ed autonoma per la Boldrini, per staccarsi definitivamente dall’ ideale renziano con cui spesso e volentieri si è scontrata. Di recente la Presidente nella sua uscita pubblica a Como a sostegno dei movimenti anti-fascisiti ha espresso alcuni concetti interessanti. La Boldrini non ha voluto scendere nello specifico ma ha sottolineato che la sua riconoscenza a Renzi è totale ma questo non deve obbligarla a scelte avventate e soprattutto non in linea con i suoi credi politici. La proposta di Grasso la onora, dice, ma su molti punti le idee dell’ex Presidente del Senato sono differenti alle sue, in più se c’è la matrice dalemiana nascosta dietro al nuovo progetto politico, la Boldrini dice, di sicuro serviranno valutazioni approfondite.
Insomma la Presidente non si sbottona, da fine diplomatica quale è, ma sembra che l’invito di Grasso non la lasci indifferente e soprattutto, qualora come si ipotizza, potesse arrivare all’ 8/10 % di consensi, la sedia in Parlamento sarebbe garantita con sicurezza. Intanto il Governo Gentiloni tira avanti e la Boldrini si concentra sul programma immigrazione presentato alla Commissione Europea di recente e nel quale sono presenti idee nuove in tema di immigrazione, sia sul fronte limitativo, sia sul fronte della normazione di accoglienza, col la creazione di uno specifico dipartimento costiero adibito solo ed esclusivamente ad affrontare gli sbarchi in modo specifico e non solo emergenziale. E’ un progetto ambizioso cui la Boldrini tiene molto e sul quale la Commissione deciderà tra qualche mese dopo le sue valutazioni. Intanto la testa va al futuro immediato, le scelte di schiaramento politico sono davvero complicatissime.
Ormai il tempo vola, le prossime elezioni politiche si avvicinano e saranno forse le elezioni che maggiormente daranno un taglio col passato politico, in tutti i sensi. Dal risultato delle prossime urne si saprà che futuro ci sarà per il centro-sinistra, se sarà ancora renziano, di restaurazione o una sorta di tabula rasa con soggetti nuovi. La Presidente della Camera Laura Boldrini è ben cosciente di questo momento storico, lei che nasce come vendoliana della prima ora e che nel 2013 grazie a Renzi è stata scelta per guidare la Camera dei Deputati. La Presidente si trova nel mezzo di una scelta complicatissima, ovvero essere riconoscente a Renzi ed accettare una candidatura nelle file del PD oppure acconsentire all’invito del suo dirimpettaio, quel Pietro Grasso che ha deciso da qualche mese di staccarsi dal PD renziano e creare un nuovo soggetto politico con la benedizione di Massimo D’Alema.
Forse questa potrebbe essere la scelta più consona ed autonoma per la Boldrini, per staccarsi definitivamente dall’ ideale renziano con cui spesso e volentieri si è scontrata. Di recente la Presidente nella sua uscita pubblica a Como a sostegno dei movimenti anti-fascisiti ha espresso alcuni concetti interessanti. La Boldrini non ha voluto scendere nello specifico ma ha sottolineato che la sua riconoscenza a Renzi è totale ma questo non deve obbligarla a scelte avventate e soprattutto non in linea con i suoi credi politici. La proposta di Grasso la onora, dice, ma su molti punti le idee dell’ex Presidente del Senato sono differenti alle sue, in più se c’è la matrice dalemiana nascosta dietro al nuovo progetto politico, la Boldrini dice, di sicuro serviranno valutazioni approfondite.
Insomma la Presidente non si sbottona, da fine diplomatica quale è, ma sembra che l’invito di Grasso non la lasci indifferente e soprattutto, qualora come si ipotizza, potesse arrivare all’ 8/10 % di consensi, la sedia in Parlamento sarebbe garantita con sicurezza. Intanto il Governo Gentiloni tira avanti e la Boldrini si concentra sul programma immigrazione presentato alla Commissione Europea di recente e nel quale sono presenti idee nuove in tema di immigrazione, sia sul fronte limitativo, sia sul fronte della normazione di accoglienza, col la creazione di uno specifico dipartimento costiero adibito solo ed esclusivamente ad affrontare gli sbarchi in modo specifico e non solo emergenziale. E’ un progetto ambizioso cui la Boldrini tiene molto e sul quale la Commissione deciderà tra qualche mese dopo le sue valutazioni. Intanto la testa va al futuro immediato, le scelte di schiaramento politico sono davvero complicatissime.
Meloni. Le destre unite per la vittoria.
di Serena Ferraris
La leader di Fratelli d'Italia ha idee chiarissime.
Giorgia Meloni era presente all’Aquila per la convention annuale di Fratelli d’Italia ed è stata un’occasione per scambiare parole ed opinioni sul percorso politico e pre-elettorale dei prossimi mesi in Italia. La leader di FDL si è detta finalmente serena perché nel centro-destra si è formata la convinzione che solo accantonandole mire personali di ognuno si potrà creare un soggetto politico di destra unito e capace di fare da antagonista alle sinistre. Proprio ora che il PD è molto discontinuo ed ha perso l’appeal generale creato dal nome di Renzi, dice la Meloni, bisogna approfittare e dare idea di grande compattezza; dimostrate agli italiani che non sono le poltrone ma gli ideali a tenere uniti partiti come il suo, la Lega e Forza Italia.
Un pensiero va alla leadership del centro-destra che la Meloni ha accarezzato per qualche mese: adesso Berlusconi, se riuscirà ad ottenere la positiva sentenza della Corte UE, tornerà ad essere uomo immagine della coalizione ed è giusto così, perché il suo carisma continua a non avere alternative e ad essere garanzia di voti alle urne. Con Salvini la Meloni ha stipulato una sorta di patto di non belligeranza che le recenti elezioni siciliane ha dimostrato di tenere per solidità e convinzione; ecco proprio la solidità è la caratteristica che la nuova alleanza di destra dovrà assolutamente possedere. Il M5S spaventa e non poco, ma la Meloni ostenta sicurezza ma è ben cosciente che agli elettori bisogna dare certezze e regalare risposte sicure, quelle che anni di PD non hanno affatto garantito.
Battaglia contro lo ius soli e freni all’immigrazione senza criterio, questi sono solo alcuni dei punti programmatici di FDL, ma non solo. Maggiore attenzione sulla sicurezza nelle città, riforma fiscale che renda le tasse più eque e opprimenti e soprattutto creare un esecutivo stabile e di spessore che segua una linea retta e precisa di politica anche internazionale. Il cosiddetto Patto dell’Arancino stipulato a Catania alcune settimane fa è l’inizio di un percorso, dice la Meloni, che andrà perseguito in modo forte e senza tentennamenti, il momento è propizio, il PD perde colpi e il M5S è sempre inaffidabile e populista. Il centro-destra può tornare ad avere un ruolo decisivo nelle sorti della politica italiana.
Giorgia Meloni era presente all’Aquila per la convention annuale di Fratelli d’Italia ed è stata un’occasione per scambiare parole ed opinioni sul percorso politico e pre-elettorale dei prossimi mesi in Italia. La leader di FDL si è detta finalmente serena perché nel centro-destra si è formata la convinzione che solo accantonandole mire personali di ognuno si potrà creare un soggetto politico di destra unito e capace di fare da antagonista alle sinistre. Proprio ora che il PD è molto discontinuo ed ha perso l’appeal generale creato dal nome di Renzi, dice la Meloni, bisogna approfittare e dare idea di grande compattezza; dimostrate agli italiani che non sono le poltrone ma gli ideali a tenere uniti partiti come il suo, la Lega e Forza Italia.
Un pensiero va alla leadership del centro-destra che la Meloni ha accarezzato per qualche mese: adesso Berlusconi, se riuscirà ad ottenere la positiva sentenza della Corte UE, tornerà ad essere uomo immagine della coalizione ed è giusto così, perché il suo carisma continua a non avere alternative e ad essere garanzia di voti alle urne. Con Salvini la Meloni ha stipulato una sorta di patto di non belligeranza che le recenti elezioni siciliane ha dimostrato di tenere per solidità e convinzione; ecco proprio la solidità è la caratteristica che la nuova alleanza di destra dovrà assolutamente possedere. Il M5S spaventa e non poco, ma la Meloni ostenta sicurezza ma è ben cosciente che agli elettori bisogna dare certezze e regalare risposte sicure, quelle che anni di PD non hanno affatto garantito.
Battaglia contro lo ius soli e freni all’immigrazione senza criterio, questi sono solo alcuni dei punti programmatici di FDL, ma non solo. Maggiore attenzione sulla sicurezza nelle città, riforma fiscale che renda le tasse più eque e opprimenti e soprattutto creare un esecutivo stabile e di spessore che segua una linea retta e precisa di politica anche internazionale. Il cosiddetto Patto dell’Arancino stipulato a Catania alcune settimane fa è l’inizio di un percorso, dice la Meloni, che andrà perseguito in modo forte e senza tentennamenti, il momento è propizio, il PD perde colpi e il M5S è sempre inaffidabile e populista. Il centro-destra può tornare ad avere un ruolo decisivo nelle sorti della politica italiana.
Boschi. A dicembre l'Italia può cambiare.
di Serena Ferraris
La deputata PD elenca i pregi della sua Riforma.
Maria Elena Boschi sta passando un periodo molto complicato. Da una parte riceve gli attacchi del centro-destra che l’accusa di essere attaccata alla poltrona governativa ricevuta da Gentiloni, non senza sorpresa; dall’altra è accusata quotidianamente dai grillini, Di Maio in particolare che esige chiarezza sul rapporto della sua famiglia con la Banca Etruria diretta dal padre e salvata dal fallimento grazie ad un intervento del Governo. La Boschi ostenta sicurezza e oltre a respingere al mittente le varie accuse si concentra su un momento importante, ovvero il referendum costituzionale del 4 dicembre con cui si dovrebbe confermare la Riforma costituzionale che porta il suo nome. L’appuntamento si avvicina, dice la Boschi, un appuntamento molto importante per la storia delle istituzioni e per il futuro del Paese: il referendum confermativo della revisione costituzionale.
Tramite il voto popolare quindi si deciderà se confermare o meno la riforma costituzionale approvata dal Parlamento lo scorso 12 aprile, dopo due anni di lavoro. Nulla della Riforma andrà a toccare la prima parte – quella in cui sono sanciti i principi fondamentali, i valori della Repubblica – che resta immutata, ma la seconda, che riguarda l’organizzazione dello Stato. Per anni i cittadini hanno chiesto di ridurre i costi della politica, di diminuire le poltrone e di avere un apparato pubblico più efficiente, senza essere presi sul serio. Per la prima volta, il Parlamento ha ascoltato e ha votato una riforma che riduce il numero dei parlamentari e i costi della politica e che trasforma profondamente le istituzioni. La decisione spetta però adesso agli stessi italiani.
Andando ad analizzare i punti base delle novità costituzionali previste troviamo: abbassamento del quorum per i referendum abrogativi e l’introduzione di referendum propositivi e di indirizzo; novità organizzative e di funzionamento del Parlamento; più semplicità nel procedimento legislativo, superando il bicameralismo paritario; riduzione del numero dei parlamentari portando da 315 a 100 il numero dei senatori; riduzione degli stipendi dei consiglieri regionali; novità in tema di divisione dei poteri tra Stato e Regioni, che supera la confusione della competenza concorrente e che semplifica il rapporto tra i diversi livelli di governo nel territorio. La riforma inoltre abolisce il Cnel e supera definitivamente le Province. In poche parole, è una riforma che mira alla semplicità ed alla chiarezza procedimentale. Vedremo gli elettori cosa decideranno a dicembre, di sicuro è una riforma con molti aspetti positivi.
Maria Elena Boschi sta passando un periodo molto complicato. Da una parte riceve gli attacchi del centro-destra che l’accusa di essere attaccata alla poltrona governativa ricevuta da Gentiloni, non senza sorpresa; dall’altra è accusata quotidianamente dai grillini, Di Maio in particolare che esige chiarezza sul rapporto della sua famiglia con la Banca Etruria diretta dal padre e salvata dal fallimento grazie ad un intervento del Governo. La Boschi ostenta sicurezza e oltre a respingere al mittente le varie accuse si concentra su un momento importante, ovvero il referendum costituzionale del 4 dicembre con cui si dovrebbe confermare la Riforma costituzionale che porta il suo nome. L’appuntamento si avvicina, dice la Boschi, un appuntamento molto importante per la storia delle istituzioni e per il futuro del Paese: il referendum confermativo della revisione costituzionale.
Tramite il voto popolare quindi si deciderà se confermare o meno la riforma costituzionale approvata dal Parlamento lo scorso 12 aprile, dopo due anni di lavoro. Nulla della Riforma andrà a toccare la prima parte – quella in cui sono sanciti i principi fondamentali, i valori della Repubblica – che resta immutata, ma la seconda, che riguarda l’organizzazione dello Stato. Per anni i cittadini hanno chiesto di ridurre i costi della politica, di diminuire le poltrone e di avere un apparato pubblico più efficiente, senza essere presi sul serio. Per la prima volta, il Parlamento ha ascoltato e ha votato una riforma che riduce il numero dei parlamentari e i costi della politica e che trasforma profondamente le istituzioni. La decisione spetta però adesso agli stessi italiani.
Andando ad analizzare i punti base delle novità costituzionali previste troviamo: abbassamento del quorum per i referendum abrogativi e l’introduzione di referendum propositivi e di indirizzo; novità organizzative e di funzionamento del Parlamento; più semplicità nel procedimento legislativo, superando il bicameralismo paritario; riduzione del numero dei parlamentari portando da 315 a 100 il numero dei senatori; riduzione degli stipendi dei consiglieri regionali; novità in tema di divisione dei poteri tra Stato e Regioni, che supera la confusione della competenza concorrente e che semplifica il rapporto tra i diversi livelli di governo nel territorio. La riforma inoltre abolisce il Cnel e supera definitivamente le Province. In poche parole, è una riforma che mira alla semplicità ed alla chiarezza procedimentale. Vedremo gli elettori cosa decideranno a dicembre, di sicuro è una riforma con molti aspetti positivi.
Serracchiani.PD tra Ius Soli e compattezza.
di Serena Ferraris
La Segretaria Nazionale dice la sua sul momento del partito.
Il treno PD continua la sua corsa propagandistica e la segretaria Nazionale Debora Serracchiani elogia l’atteggiamento di Renzi e la grande serietà politica dello stesso Gentiloni che nonostante un periodo di tensioni e critiche anche personali, tiene la guida dell’esecutivo ben salda. Secondo la politica friulana adesso è tempo di dare concretezza allo ius soli: da qui serve prendere l'impegno solenne di approvarlo in questa legislatura, dice la Serracchiani. Ciò che viene sottolineato con grande dialettica è che non è una legge sull'immigrazione ma sull'integrazione, due cose radicalmente diverse. Un grande partito come il PD di fronte a una legge di principi si batte, decide, convince. L'unica cosa che un grande partito non fa è rinunciare: e, dichiara la Serracchiani, il PD non rinuncerà. Da Orlando e Franceschini, sono arrivati appelli all'unità del partito democratico, per costruire una grande alleanza e sconfiggere i populismi. A margine dei lavori presso l’Assemblea Nazionale del partito la segretaria ha assicurato che non c'è nessuna rottura tra il Pd e il governo: anzi, afferma che ci so avvia a chiudere la legislatura con un Paese che sta meglio di come stava due anni fa: questa è una cosa che nessuno può negare, dice la Serracchiani.
Quello che è stato fatto dal governo non è stato fatto da soli. La sfida è lavorare insieme oltre i confini del Pd, per costruire una grande alleanza, governare l'Italia, battere la destra e sconfiggere definitivamente i populismi. Serve una vocazione non minoritaria. Se ci si ritira o ci si mette di lato rispetto alla sfida di governo la sinistra perde se stessa. E questo il popolo della sinistra italiana non lo capirebbe e non lo perdonerebbe, tuona la deputata PD. Per fortuna il partito gode di grande credibilità, una merce rara che non va sciupata: la credibilità deriva da quello che è stato fatto in questi anni. Di la Serracchiani, sono i fatti a parlare.
E’ necessario tornare all'appuntamento con l'elettorato italiano riportando agli italiani un Paese migliore: è stata avviata una nuova fase di politiche dell'immigrazione ma senza sconfiggere l'illegalità non c’è la forza di parlare al popolo italiano e su questi temi l'ambizione deve essere anche arrivare al cuore di chi vota altri partiti. A chi sottolinea che le prossime elezioni in Sicilia saranno basilare per chiedere una svolta, la Serracchiani azzarda che la svolta deve esserci adesso senza aspettare le elezioni in Sicilia. Comunque vadano quelle elezioni, esse porranno sempre l'esigenza di ricostruire il centro sinistra, non basta chiedere compattezza ed unità, ma serve lottare per essa.
Il treno PD continua la sua corsa propagandistica e la segretaria Nazionale Debora Serracchiani elogia l’atteggiamento di Renzi e la grande serietà politica dello stesso Gentiloni che nonostante un periodo di tensioni e critiche anche personali, tiene la guida dell’esecutivo ben salda. Secondo la politica friulana adesso è tempo di dare concretezza allo ius soli: da qui serve prendere l'impegno solenne di approvarlo in questa legislatura, dice la Serracchiani. Ciò che viene sottolineato con grande dialettica è che non è una legge sull'immigrazione ma sull'integrazione, due cose radicalmente diverse. Un grande partito come il PD di fronte a una legge di principi si batte, decide, convince. L'unica cosa che un grande partito non fa è rinunciare: e, dichiara la Serracchiani, il PD non rinuncerà. Da Orlando e Franceschini, sono arrivati appelli all'unità del partito democratico, per costruire una grande alleanza e sconfiggere i populismi. A margine dei lavori presso l’Assemblea Nazionale del partito la segretaria ha assicurato che non c'è nessuna rottura tra il Pd e il governo: anzi, afferma che ci so avvia a chiudere la legislatura con un Paese che sta meglio di come stava due anni fa: questa è una cosa che nessuno può negare, dice la Serracchiani.
Quello che è stato fatto dal governo non è stato fatto da soli. La sfida è lavorare insieme oltre i confini del Pd, per costruire una grande alleanza, governare l'Italia, battere la destra e sconfiggere definitivamente i populismi. Serve una vocazione non minoritaria. Se ci si ritira o ci si mette di lato rispetto alla sfida di governo la sinistra perde se stessa. E questo il popolo della sinistra italiana non lo capirebbe e non lo perdonerebbe, tuona la deputata PD. Per fortuna il partito gode di grande credibilità, una merce rara che non va sciupata: la credibilità deriva da quello che è stato fatto in questi anni. Di la Serracchiani, sono i fatti a parlare.
E’ necessario tornare all'appuntamento con l'elettorato italiano riportando agli italiani un Paese migliore: è stata avviata una nuova fase di politiche dell'immigrazione ma senza sconfiggere l'illegalità non c’è la forza di parlare al popolo italiano e su questi temi l'ambizione deve essere anche arrivare al cuore di chi vota altri partiti. A chi sottolinea che le prossime elezioni in Sicilia saranno basilare per chiedere una svolta, la Serracchiani azzarda che la svolta deve esserci adesso senza aspettare le elezioni in Sicilia. Comunque vadano quelle elezioni, esse porranno sempre l'esigenza di ricostruire il centro sinistra, non basta chiedere compattezza ed unità, ma serve lottare per essa.
Carfagna.FI è pronta a riprendersi l’Italia.
di Serena Ferraris
Si avvicinano i mesi caldi a livello elettorale. FI sembra già pronta.
Sono stati giorni di grande attività politica questi di fine ottobre per Mara Carfagna. Dopo molti anni il Cavaliere è tornato in Campania per toccare con mano la potenza elettorale di FI. Sono stati anche giorni di innegabile polemica, in particolare quella sorta tra l'ala "nordista" e quella "sudista" di Forza Italia. La Carfagna, in quanto esponente di spicco del mezzogiorno azzurro, cerca di placare le polemiche e di annullare le divisioni. Afferma la politica campana che non è tempo di alimentare contrapposizioni tra Nord e Sud, è un errore atomizzare i partiti e il Paese in discussioni inutili. L'unica contrapposizione - sottolinea – è quella enorme tra reddito procapite, tra divario occupazionale, queste sono tematiche da affrontare non certo gli scontri personali. Insomma quelle della Carfagna sono state parole caute, di distensione. Eppure, quando si parla di leadership e alleanza, è evidente che come gli animi tornino ad accalorarsi e torna alto anche il livello di tensione, politica se così possiamo definirla.
Molti critici sottolineano che alcune posizioni di Salvini e della sua Lega siano difficilmente conciliabili con Forza Italia, ma la Carfagna non cade nel tranello mediatico e dichiara che non si governa con i toni ma con i fatti e FI insieme alla Lega ha governato il Paese e le grandi regioni del Nord. Dunque, quando poi qualcuno le ricorda che Giovanni Toti abbia rimarcato come al Sud il centrodestra così com'è strutturato ha perso tutte le ultime sfide, la Carfagna in modo agguerrito controbatte che Toti è un ottimo presidente di Regione e sta lavorando molto bene in Liguria. Evidentemente lì non sanno che Forza Italia nel Sud è in salute e in alcune zone è sopra il 20 per cento. Il messaggio a Toti e Salvini sicuramente è arrivato. Forte e chiaro.Affrontando poi il dibattito sul programma Mara Carfagna ha sottolineato come questo sia un argomento che lei ed il suo ufficio stanno trattando direttamente per ben sintetizzare i temi considerati più naturali per il centrodestra. Quindi no all'assistenzialismo, ma sì alla perequazione, ad esempio al fondo di solidarietà comunale che va in soccorso ai Comuni che hanno minore capacità fiscale e non coprono i loro fabbisogni, non riuscendo a coprire le spese per servizi come asili nido, mense e trasporti. Per quanto riguarda occupazione, sviluppo e crescita bisogna lavorare sulla leva fiscale per rendere il Meridione attrattivo per le aziende.
Su questo molto si può ancora fare considerato il «grande vuoto» di cinque anni di governi di centrosinistra che hanno sostanzialmente abbandonato il Sud al proprio destino. E’ importante ricordare, dice la Carfagna , che sono stati i governi di centrodestra a investire nel Meridione più di tutti gli altri, ad arrestare un numero record di ricercati per delitti di mafia e camorra, a bloccare gli sbarchi di immigrati clandestini, a realizzare grandi infrastrutture a risolvere l'emergenza rifiuti a Napoli e in tutta la Campania. Un «curriculum» importante per un candidato pronto a rimettere in campo entusiasmo, competenza e capacità di governo.Sul futuro dell’Italia c’è molto da fare. Tuona la Carfagna che c’è voglia di un’Italia più efficiente, meno costosa per il contribuente, ma soprattutto sicura. Le manifestazioni come gli Stati Generali di Forza Italia, tenutisi qualche settimana fa ad Ischia, servono proprio a definire ancora meglio il programma di governo. A chi chiede in modo sibillino se ci sarà sempre Silvio Berlusconi la Carfagna afferma certamente di si, perché dimostra ancora una volta una generosità immensa ed un grande attaccamento alla Campania e al Sud e fondamentalmente, dice, non si tratta di un ritorno perché il Cavaliere non se n’è mai realmente andato.
Sono stati giorni di grande attività politica questi di fine ottobre per Mara Carfagna. Dopo molti anni il Cavaliere è tornato in Campania per toccare con mano la potenza elettorale di FI. Sono stati anche giorni di innegabile polemica, in particolare quella sorta tra l'ala "nordista" e quella "sudista" di Forza Italia. La Carfagna, in quanto esponente di spicco del mezzogiorno azzurro, cerca di placare le polemiche e di annullare le divisioni. Afferma la politica campana che non è tempo di alimentare contrapposizioni tra Nord e Sud, è un errore atomizzare i partiti e il Paese in discussioni inutili. L'unica contrapposizione - sottolinea – è quella enorme tra reddito procapite, tra divario occupazionale, queste sono tematiche da affrontare non certo gli scontri personali. Insomma quelle della Carfagna sono state parole caute, di distensione. Eppure, quando si parla di leadership e alleanza, è evidente che come gli animi tornino ad accalorarsi e torna alto anche il livello di tensione, politica se così possiamo definirla.
Molti critici sottolineano che alcune posizioni di Salvini e della sua Lega siano difficilmente conciliabili con Forza Italia, ma la Carfagna non cade nel tranello mediatico e dichiara che non si governa con i toni ma con i fatti e FI insieme alla Lega ha governato il Paese e le grandi regioni del Nord. Dunque, quando poi qualcuno le ricorda che Giovanni Toti abbia rimarcato come al Sud il centrodestra così com'è strutturato ha perso tutte le ultime sfide, la Carfagna in modo agguerrito controbatte che Toti è un ottimo presidente di Regione e sta lavorando molto bene in Liguria. Evidentemente lì non sanno che Forza Italia nel Sud è in salute e in alcune zone è sopra il 20 per cento. Il messaggio a Toti e Salvini sicuramente è arrivato. Forte e chiaro.Affrontando poi il dibattito sul programma Mara Carfagna ha sottolineato come questo sia un argomento che lei ed il suo ufficio stanno trattando direttamente per ben sintetizzare i temi considerati più naturali per il centrodestra. Quindi no all'assistenzialismo, ma sì alla perequazione, ad esempio al fondo di solidarietà comunale che va in soccorso ai Comuni che hanno minore capacità fiscale e non coprono i loro fabbisogni, non riuscendo a coprire le spese per servizi come asili nido, mense e trasporti. Per quanto riguarda occupazione, sviluppo e crescita bisogna lavorare sulla leva fiscale per rendere il Meridione attrattivo per le aziende.
Su questo molto si può ancora fare considerato il «grande vuoto» di cinque anni di governi di centrosinistra che hanno sostanzialmente abbandonato il Sud al proprio destino. E’ importante ricordare, dice la Carfagna , che sono stati i governi di centrodestra a investire nel Meridione più di tutti gli altri, ad arrestare un numero record di ricercati per delitti di mafia e camorra, a bloccare gli sbarchi di immigrati clandestini, a realizzare grandi infrastrutture a risolvere l'emergenza rifiuti a Napoli e in tutta la Campania. Un «curriculum» importante per un candidato pronto a rimettere in campo entusiasmo, competenza e capacità di governo.Sul futuro dell’Italia c’è molto da fare. Tuona la Carfagna che c’è voglia di un’Italia più efficiente, meno costosa per il contribuente, ma soprattutto sicura. Le manifestazioni come gli Stati Generali di Forza Italia, tenutisi qualche settimana fa ad Ischia, servono proprio a definire ancora meglio il programma di governo. A chi chiede in modo sibillino se ci sarà sempre Silvio Berlusconi la Carfagna afferma certamente di si, perché dimostra ancora una volta una generosità immensa ed un grande attaccamento alla Campania e al Sud e fondamentalmente, dice, non si tratta di un ritorno perché il Cavaliere non se n’è mai realmente andato.
Boldrini. C'è ancora molto da fare.
di Serena Ferraris
Critiche e parole di elogio da parte della Presidente della Camera.
La Presidente della Camera Laura Boldrini è intervenuta in un recente convegno a Milano sulle attività di riforma politica e ha speso alcune parole sull’attualità politica non lesinando anche critiche all’attività parlamentare di cui essa stessa è Presidente. La Boldrini non le manda certo a dire e l’aria da fine legislatura che si respira permette con ancora più onestà di cogliere il tema delle sue parole. Si parte dal tema dello IUS SOLI a riguardo del quale la Presidente è stata netta, credere di non approvare la legge sullo ius soli perché si va in campagna elettorale è un grande errore politico, un errore di subalternità della politica, ha affermato. E’ necessario fare sul serio il provvedimento perché, dice, non siamo di fronte ad una legge che prevede che chi nasce qui è italiano, non è una legge per fare una sanatoria ma per includere chi di fatto è già in questo Paese. E' un testo di esigenze e sensibilità diverse. La legge potrebbe anche essere diversa alla fine ma per ora è un buon inizio.
Si passa poi all’argomento della legalità e della sicurezza cittadina. La Boldrini dichiara che la legalità è l'unica dimensione che da' certezza e futuro. E la scuola, se è presidio di legalità oltre che di cultura, in alcuni territori può fare la differenza ecco perché come istituzione la scuola va valorizzata e non depauperata anche attraverso tagli economici che spesso mortificano chi la scuola la fa, spesso in prima linea. La Boldrini viene stuzzicata sul tema delle tasse alle ricche aziende informatiche e la Presidente non le manda certo a dire. In Italia ogni anno, dice, i giganti del web sottraggono dalla base imponibile circa 30-32 miliardi, il che significa che tolgono al gettito fiscale 5-6 miliardi di euro. Questi sono soldi che lo Stato italiano potrebbe recuperare per investirli, ad esempio, in un piano per l'occupazione giovanile. A livello europeo la web tax dovrebbe trovare maggiore applicazione dice la Boldrini.
Infine un argomento a lei molto caro, la tutela delle donne e la lotta al femminicidio. La Presidente si accalora e sottolinea che è arrivato il momento di fare squadra tra le donne, ognuno lo puo' fare nel proprio ambito, nello spettacolo, come nella politica. Alla Camera ha infatti istituito il 'caucus delle donne', un gruppo di deputate interpartitico come si usa negli Stati Uniti. Le donne, insieme, possono mettere al centro dell'attenzione le questioni di genere, incluso il problema degli abusi. Per quanto riguarda le molestie e gli stupri, ha sottolineato la presidente della Camera, il problema sono gli uomini e il loro comportamento, lì è fondamentale intervenire.
La Presidente della Camera Laura Boldrini è intervenuta in un recente convegno a Milano sulle attività di riforma politica e ha speso alcune parole sull’attualità politica non lesinando anche critiche all’attività parlamentare di cui essa stessa è Presidente. La Boldrini non le manda certo a dire e l’aria da fine legislatura che si respira permette con ancora più onestà di cogliere il tema delle sue parole. Si parte dal tema dello IUS SOLI a riguardo del quale la Presidente è stata netta, credere di non approvare la legge sullo ius soli perché si va in campagna elettorale è un grande errore politico, un errore di subalternità della politica, ha affermato. E’ necessario fare sul serio il provvedimento perché, dice, non siamo di fronte ad una legge che prevede che chi nasce qui è italiano, non è una legge per fare una sanatoria ma per includere chi di fatto è già in questo Paese. E' un testo di esigenze e sensibilità diverse. La legge potrebbe anche essere diversa alla fine ma per ora è un buon inizio.
Si passa poi all’argomento della legalità e della sicurezza cittadina. La Boldrini dichiara che la legalità è l'unica dimensione che da' certezza e futuro. E la scuola, se è presidio di legalità oltre che di cultura, in alcuni territori può fare la differenza ecco perché come istituzione la scuola va valorizzata e non depauperata anche attraverso tagli economici che spesso mortificano chi la scuola la fa, spesso in prima linea. La Boldrini viene stuzzicata sul tema delle tasse alle ricche aziende informatiche e la Presidente non le manda certo a dire. In Italia ogni anno, dice, i giganti del web sottraggono dalla base imponibile circa 30-32 miliardi, il che significa che tolgono al gettito fiscale 5-6 miliardi di euro. Questi sono soldi che lo Stato italiano potrebbe recuperare per investirli, ad esempio, in un piano per l'occupazione giovanile. A livello europeo la web tax dovrebbe trovare maggiore applicazione dice la Boldrini.
Infine un argomento a lei molto caro, la tutela delle donne e la lotta al femminicidio. La Presidente si accalora e sottolinea che è arrivato il momento di fare squadra tra le donne, ognuno lo puo' fare nel proprio ambito, nello spettacolo, come nella politica. Alla Camera ha infatti istituito il 'caucus delle donne', un gruppo di deputate interpartitico come si usa negli Stati Uniti. Le donne, insieme, possono mettere al centro dell'attenzione le questioni di genere, incluso il problema degli abusi. Per quanto riguarda le molestie e gli stupri, ha sottolineato la presidente della Camera, il problema sono gli uomini e il loro comportamento, lì è fondamentale intervenire.
Meloni.La legge elettorale è pessima.
di Serena Ferraris
Si delineano le alleanze a destra, non senza tensioni forti.
La leader di Fratelli d’Italia in questi giorni è sembrata davvero furente ed ha attaccato senza mezzi termini la nuova leggere elettorale a marchio PD. Quella che ci propongono è una democrazia finta, ha sottolineato la Meloni e insieme a Salvini si sente il bisogno di creare un fronte comune contro i governi basati sull’inciucio e sulla burocrazia da palazzo. Detto ciò sembra che comunque sarà sempre il Cavaliere la garanzia per il futuro unito del centro-destra, il perno dell'alleanza, com'è sempre stato dal 1994. Metterà tutti d'accordo, una volta approvato il Rosatellum 2.0 e superata la prova autonomista in Lombardia e Veneto. Afferma la Meloni che l’unione di intenti c’è, sui valori e sul programma c'è condivisione. Insomma, attriti di breve durata che, semmai, dimostrano come l'asse tra leader del Carroccio e presidente di Fratelli d'Italia sia un assist non di poco conto per la leadership berlusconiana.
Una volta passata la bagarre per la legge elettorale e il referendum, il centrodestra dovrà per forza mostrare il suo volto unito, per favorire il successo alle regionali in Sicilia del 5 novembre. I sondaggi danno in vantaggio il candidato comune Nello Musumeci e questo non rende urgente una calata dei big nell'isola. Probabilmente, Berlusconi sarà accanto al candidato-governatore e alla sua squadra per chiudere la campagna elettorale, nei giorni più importanti alla vigilia del voto. Né si parla di comizi insieme a Salvini e Meloni. Il vertice fra i tre leader del centro-destra potrebbe esserci dopo il referendum del 22 ottobre.
La Meloni dichiara che non c’è fretta ma prima o poi, l'incontro ci sarà. Sul tavolo c'è la trattativa per la spartizione dei collegi maggioritari, si parla di un 42% a Fi, lo stesso alla Lega e un 16% a Fdi. Il punto è quali saranno e se Salvini pretenderà al Nord candidati graditi ai suoi elettori, non tra i più fidati del Cav. Il quale lavora per mitigare gli attriti tra azzurri del Nord e del Sud sulle future liste. Intanto, Meloni insiste a criticare chi ha dato il proprio appoggio alla legge elettorale giudicata un vero schifo anti democratico ma la sensazione è che in vista dell’alleanza unitaria per il bene del centro-destra ogni tipo di lamento isolato e soggettivo svanirà, per il bene della coalizione.
La leader di Fratelli d’Italia in questi giorni è sembrata davvero furente ed ha attaccato senza mezzi termini la nuova leggere elettorale a marchio PD. Quella che ci propongono è una democrazia finta, ha sottolineato la Meloni e insieme a Salvini si sente il bisogno di creare un fronte comune contro i governi basati sull’inciucio e sulla burocrazia da palazzo. Detto ciò sembra che comunque sarà sempre il Cavaliere la garanzia per il futuro unito del centro-destra, il perno dell'alleanza, com'è sempre stato dal 1994. Metterà tutti d'accordo, una volta approvato il Rosatellum 2.0 e superata la prova autonomista in Lombardia e Veneto. Afferma la Meloni che l’unione di intenti c’è, sui valori e sul programma c'è condivisione. Insomma, attriti di breve durata che, semmai, dimostrano come l'asse tra leader del Carroccio e presidente di Fratelli d'Italia sia un assist non di poco conto per la leadership berlusconiana.
Una volta passata la bagarre per la legge elettorale e il referendum, il centrodestra dovrà per forza mostrare il suo volto unito, per favorire il successo alle regionali in Sicilia del 5 novembre. I sondaggi danno in vantaggio il candidato comune Nello Musumeci e questo non rende urgente una calata dei big nell'isola. Probabilmente, Berlusconi sarà accanto al candidato-governatore e alla sua squadra per chiudere la campagna elettorale, nei giorni più importanti alla vigilia del voto. Né si parla di comizi insieme a Salvini e Meloni. Il vertice fra i tre leader del centro-destra potrebbe esserci dopo il referendum del 22 ottobre.
La Meloni dichiara che non c’è fretta ma prima o poi, l'incontro ci sarà. Sul tavolo c'è la trattativa per la spartizione dei collegi maggioritari, si parla di un 42% a Fi, lo stesso alla Lega e un 16% a Fdi. Il punto è quali saranno e se Salvini pretenderà al Nord candidati graditi ai suoi elettori, non tra i più fidati del Cav. Il quale lavora per mitigare gli attriti tra azzurri del Nord e del Sud sulle future liste. Intanto, Meloni insiste a criticare chi ha dato il proprio appoggio alla legge elettorale giudicata un vero schifo anti democratico ma la sensazione è che in vista dell’alleanza unitaria per il bene del centro-destra ogni tipo di lamento isolato e soggettivo svanirà, per il bene della coalizione.
Boschi.Pronta una manovra non depressiva.
di Serena Ferraris
Idee e progetti per l'economia del nostro paese.
Maria Elena Boschi è intervenuta alla recente conferenza governativa in tema di sviluppo economico affiancata dal ministro Padoan ed ha sottolineato gli obiettivi e le mete che l’esecutivo attuale si è prefissato per il futuro prossimo. Nella seconda metà di ottobre verranno discussi in Parlamento una serie di atti normativi in primis la legge di stabilità che certamente non sarà depressiva, non sarà un elemento di freno alla tendenza positiva dell'economia, ha affermato la ministra. Tutto questo lo si può anche evincere dal documento che ha dato il via libera al Def. L'aggiornamento del quadro economico-finanziario è positivo ed è sempre importante quando l'aggiornamento modifica la situazione in meglio. I numeri della crescita sono più alti e più solidi delle previsioni precedenti, ha aggiunto la ministra. E' il momento di prendere atto che questo percorso portato avanti in questi anni ha dato i suoi frutti e va proseguito.
Le risorse disponibili nella legge di bilancio 2018, si legge nella nota di aggiornamento al Def, 'verranno impiegate in scelte selettive privilegiando il sostegno: dell’occupazione giovanile; degli investimenti pubblici e privati; del potenziamento degli strumenti di lotta alla povertà. Le coperture della legge di bilancio 2018 saranno composte 'grosso modo in un terzo di tagli strutturali alla spesa pubblica e due terzi di misure sul versante delle entrate'. Le risorse disponibili nella legge di bilancio 2018, si legge nella nota di aggiornamento al Def, ''verranno impiegate in scelte selettive privilegiando il sostegno: dell’occupazione giovanile; degli investimenti pubblici e privati; del potenziamento degli strumenti di lotta alla povertà. Durante la conferenza stampa infine la Boschi, sempre insieme al ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha reso noto i valori di crescita. Per il 2017 è confermata all'1,5% e l'1,5% è, secondo tutti, anche per il 2018 e il 2019.
Questa è una previsione che forse qualcuno troverà troppo ottimista, ma il Governo ritiene che sia pienamente giustificata dalle politiche che si intendono mettere in atto e dal fatto che, nel passato, le previsioni hanno sorpreso all'insù piuttosto che all'ingiù, quindi c'è un discreto grado di ottimismo che è giustificato, ha aggiunto anche il ministro dell'Economia. Presentando i dati contenuti nella nota di aggiornamento al Def, la Boschi ha poi spiegato che la finanza pubblica si disegna attorno a un obiettivo di correzione strutturale del deficit per il 2018 di 0,3 punti percentuali, che rappresenta un allentamento molto importante rispetto alle cifre di aprile, che prevedevano un aggiustamento strutturale di 0,8 punti. Insomma forse l’economia italiana finalmente è in ripresa.
Maria Elena Boschi è intervenuta alla recente conferenza governativa in tema di sviluppo economico affiancata dal ministro Padoan ed ha sottolineato gli obiettivi e le mete che l’esecutivo attuale si è prefissato per il futuro prossimo. Nella seconda metà di ottobre verranno discussi in Parlamento una serie di atti normativi in primis la legge di stabilità che certamente non sarà depressiva, non sarà un elemento di freno alla tendenza positiva dell'economia, ha affermato la ministra. Tutto questo lo si può anche evincere dal documento che ha dato il via libera al Def. L'aggiornamento del quadro economico-finanziario è positivo ed è sempre importante quando l'aggiornamento modifica la situazione in meglio. I numeri della crescita sono più alti e più solidi delle previsioni precedenti, ha aggiunto la ministra. E' il momento di prendere atto che questo percorso portato avanti in questi anni ha dato i suoi frutti e va proseguito.
Le risorse disponibili nella legge di bilancio 2018, si legge nella nota di aggiornamento al Def, 'verranno impiegate in scelte selettive privilegiando il sostegno: dell’occupazione giovanile; degli investimenti pubblici e privati; del potenziamento degli strumenti di lotta alla povertà. Le coperture della legge di bilancio 2018 saranno composte 'grosso modo in un terzo di tagli strutturali alla spesa pubblica e due terzi di misure sul versante delle entrate'. Le risorse disponibili nella legge di bilancio 2018, si legge nella nota di aggiornamento al Def, ''verranno impiegate in scelte selettive privilegiando il sostegno: dell’occupazione giovanile; degli investimenti pubblici e privati; del potenziamento degli strumenti di lotta alla povertà. Durante la conferenza stampa infine la Boschi, sempre insieme al ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha reso noto i valori di crescita. Per il 2017 è confermata all'1,5% e l'1,5% è, secondo tutti, anche per il 2018 e il 2019.
Questa è una previsione che forse qualcuno troverà troppo ottimista, ma il Governo ritiene che sia pienamente giustificata dalle politiche che si intendono mettere in atto e dal fatto che, nel passato, le previsioni hanno sorpreso all'insù piuttosto che all'ingiù, quindi c'è un discreto grado di ottimismo che è giustificato, ha aggiunto anche il ministro dell'Economia. Presentando i dati contenuti nella nota di aggiornamento al Def, la Boschi ha poi spiegato che la finanza pubblica si disegna attorno a un obiettivo di correzione strutturale del deficit per il 2018 di 0,3 punti percentuali, che rappresenta un allentamento molto importante rispetto alle cifre di aprile, che prevedevano un aggiustamento strutturale di 0,8 punti. Insomma forse l’economia italiana finalmente è in ripresa.
Serracchiani.L'economia sta svoltando.
di Serena Ferraris
Un discorso pieno di ottimismo e coraggio quello della Presidente friulana.
Debora Serracchiani è intervenuta al recente al forum inter-regionale sullo sviluppo economico ed ha colto l’occasione per dire la sua sul momento politico e per difendere anche l’operato tanto criticato del Governo a matrice PD. Mai come adesso, dice la parlamentare friulana, le condizioni sono così favorevoli per lo sviluppo e per gli investimenti. Sono cifre positive quelle che il Ministro all’ Economia ha recentemente snocciolato nel suo dibattito alla Camera. Il numero di occupati in Italia è tornato ai livelli del 2008, che erano da record con 23 milioni di persone, e il lavoro degli ultimi anni ha quasi interamente recuperato i posti perduti negli anni durissimi della crisi più acuta.
Dal 2008 al 2013 si sono persi un milione 90mila posti di lavoro. E oltre 900mila sono stati recuperati negli ultimi tre anni. È un messaggio di fiducia quello lanciato dalla Serracchiani che a dire il vero sembra anche cercare una certa equidistanza con lo stesso Matteo Renzi. E' un momento cruciale per la nostra economia e per il percorso che il Paese sta affrontando, dice e ci sono indubbiamente notizie incoraggianti: la crescita è andata oltre tutte le previsioni fatte fino a un anno fa. Il Paese può vantare performance notevolissime soprattutto in alcuni settori come l'export e il turismo. Un risultato record, dunque, che mette l'Italia in condizione di affrontare con più serietà le crisi sociali, anche se, ribadisce la Serracchiani, sappiamo che le difficoltà non sono alle spalle.
Il messaggio che insomma cerca di far emergere dal suo discorso alla platea è che da diversi anni non ci sono mai state condizioni così favorevoli per investimenti e sviluppo nel Mezzogiorno e la prossima legge di bilancio le incoraggerà ulteriormente. Continua la Serracchiani che è giunto il momento di essere consapevoli che questa congiuntura economica favorevole può far fare il passo avanti necessario soprattutto a tutto il Sud. Quel che conta è che la percezione del contesto economico in cui lavoriamo sia migliorata, consapevoli e orgogliosi che dietro queste cifre c'è il lavoro di migliaia di persone che hanno attraversato questa crisi.
Debora Serracchiani è intervenuta al recente al forum inter-regionale sullo sviluppo economico ed ha colto l’occasione per dire la sua sul momento politico e per difendere anche l’operato tanto criticato del Governo a matrice PD. Mai come adesso, dice la parlamentare friulana, le condizioni sono così favorevoli per lo sviluppo e per gli investimenti. Sono cifre positive quelle che il Ministro all’ Economia ha recentemente snocciolato nel suo dibattito alla Camera. Il numero di occupati in Italia è tornato ai livelli del 2008, che erano da record con 23 milioni di persone, e il lavoro degli ultimi anni ha quasi interamente recuperato i posti perduti negli anni durissimi della crisi più acuta.
Dal 2008 al 2013 si sono persi un milione 90mila posti di lavoro. E oltre 900mila sono stati recuperati negli ultimi tre anni. È un messaggio di fiducia quello lanciato dalla Serracchiani che a dire il vero sembra anche cercare una certa equidistanza con lo stesso Matteo Renzi. E' un momento cruciale per la nostra economia e per il percorso che il Paese sta affrontando, dice e ci sono indubbiamente notizie incoraggianti: la crescita è andata oltre tutte le previsioni fatte fino a un anno fa. Il Paese può vantare performance notevolissime soprattutto in alcuni settori come l'export e il turismo. Un risultato record, dunque, che mette l'Italia in condizione di affrontare con più serietà le crisi sociali, anche se, ribadisce la Serracchiani, sappiamo che le difficoltà non sono alle spalle.
Il messaggio che insomma cerca di far emergere dal suo discorso alla platea è che da diversi anni non ci sono mai state condizioni così favorevoli per investimenti e sviluppo nel Mezzogiorno e la prossima legge di bilancio le incoraggerà ulteriormente. Continua la Serracchiani che è giunto il momento di essere consapevoli che questa congiuntura economica favorevole può far fare il passo avanti necessario soprattutto a tutto il Sud. Quel che conta è che la percezione del contesto economico in cui lavoriamo sia migliorata, consapevoli e orgogliosi che dietro queste cifre c'è il lavoro di migliaia di persone che hanno attraversato questa crisi.
Renzi.Presto per parlare di alleanze.
di Serena Ferraris
Il segretario PD traccia la strada per il futuro.
Matteo Renzi torna alla ribalta della scena politica anche se è sempre sembrato come se fosse al centro dell’attenzione, forse perché a parte lui ed il Cavaliere la politica nazionale è ancora oggi totalmente priva di leader carismatici. L’ex premier parla dell’attualità e soprattutto lancia parole di miele verso Berlusconi, facendo credere a molti che si tratti di un piano di riavvicinamento in vista di future alleanze. Renzi afferma a chiare cifre che Berlusconi non può permettersi un’alleanza con Salvini, il populismo è contro producente afferma, il suo posto è nelle fila dei popolari europei. Per Renzi Berlusconi è ancora molto amato nelle aree di centro-destra anche se adesso è un consenso diverso, il Cavaliere del resto ha dimostrato di essere incredibilmente longevo, di morire e di rinascere ogni volta.
Ma questo accade perché sono gli italiani che sono fatti così, difficilmente chiudono in maniera netta col passato, anche politico. Detto ciò Renzi si concentra poi sul centro-sinistra sottolineando come resta enorme il tema dei dissidi interni, sempre troppi e sempre sterili. La diga al populismo spesso prende il sopravvento anche nelle correnti PD. Nel panorama politico attuale, attaccare il Pd non aiuta l’affermazione della sinistra ma l’affermazione dei populismi, quelli del M5S e quelli del Carroccio, afferma consapevole Renzi. Qualcuno gli chiede delle alleanze politiche ma lui afferma che non serve adesso fare disegni e strategie, serve affrontare i problemi concreti della gente. Le alleanze comunque dipendono dalla legge elettorale, bisogna evitare di fare come l’Unione nel 2006, che ha vinto contro Berlusconi ma poi si sono create mille crepe all’interno nel giro di pochi mesi. Con le prossime elezioni, nel momento in cui viene eletto un nuovo Parlamento ci sarà una maggioranza; non non ci sono grandi rischi di instabilità.
Si passa poi agli aspetti della riprese economica: il segretario del Pd è soddisfatto per i primi dati che danno il Paese in “ripartenza”, finalmente si riparte, finalmente ci sono i primi dati di ripartenza, la crescita è superiore al previsto, le parole e le promesse sono state seguite da fatti reali. Non si può infine non accennare alla scissione del PD. Renzi si dice molto dispiaciuto delle scelte e delle fughe fatte dai suoi colleghi di partito, ma è meglio che chi non credesse nel nuovo corso si sia fermato subito, ora però non è tempo di discutere nei prossimi sei mesi di posti in parlamento, serve parlare di vere proposte politiche.
Matteo Renzi torna alla ribalta della scena politica anche se è sempre sembrato come se fosse al centro dell’attenzione, forse perché a parte lui ed il Cavaliere la politica nazionale è ancora oggi totalmente priva di leader carismatici. L’ex premier parla dell’attualità e soprattutto lancia parole di miele verso Berlusconi, facendo credere a molti che si tratti di un piano di riavvicinamento in vista di future alleanze. Renzi afferma a chiare cifre che Berlusconi non può permettersi un’alleanza con Salvini, il populismo è contro producente afferma, il suo posto è nelle fila dei popolari europei. Per Renzi Berlusconi è ancora molto amato nelle aree di centro-destra anche se adesso è un consenso diverso, il Cavaliere del resto ha dimostrato di essere incredibilmente longevo, di morire e di rinascere ogni volta.
Ma questo accade perché sono gli italiani che sono fatti così, difficilmente chiudono in maniera netta col passato, anche politico. Detto ciò Renzi si concentra poi sul centro-sinistra sottolineando come resta enorme il tema dei dissidi interni, sempre troppi e sempre sterili. La diga al populismo spesso prende il sopravvento anche nelle correnti PD. Nel panorama politico attuale, attaccare il Pd non aiuta l’affermazione della sinistra ma l’affermazione dei populismi, quelli del M5S e quelli del Carroccio, afferma consapevole Renzi. Qualcuno gli chiede delle alleanze politiche ma lui afferma che non serve adesso fare disegni e strategie, serve affrontare i problemi concreti della gente. Le alleanze comunque dipendono dalla legge elettorale, bisogna evitare di fare come l’Unione nel 2006, che ha vinto contro Berlusconi ma poi si sono create mille crepe all’interno nel giro di pochi mesi. Con le prossime elezioni, nel momento in cui viene eletto un nuovo Parlamento ci sarà una maggioranza; non non ci sono grandi rischi di instabilità.
Si passa poi agli aspetti della riprese economica: il segretario del Pd è soddisfatto per i primi dati che danno il Paese in “ripartenza”, finalmente si riparte, finalmente ci sono i primi dati di ripartenza, la crescita è superiore al previsto, le parole e le promesse sono state seguite da fatti reali. Non si può infine non accennare alla scissione del PD. Renzi si dice molto dispiaciuto delle scelte e delle fughe fatte dai suoi colleghi di partito, ma è meglio che chi non credesse nel nuovo corso si sia fermato subito, ora però non è tempo di discutere nei prossimi sei mesi di posti in parlamento, serve parlare di vere proposte politiche.
Carfagna.Diventare adesso l'alternativa.
di Serena Ferraris
La deputata campana è pronta a dare battaglia.
Mara Carfagna sarà il volto per il Sud di Forza Italia perché non solo il Cavaliere intende fare di lei la sfidante di De Luca alle prossime elezioni in Campania ma una sorta di suo alter ego nel percorso del nuovo centro destra targato FI. La deputata campana è intervenuta al recente convegno sugli Stati Generali della Destra e ha sottolineato come sia possibile costruire un'alternativa seria al populismo iniziando da Napoli e dalla Campania. Il centrodestra deve evolversi a vero punto di riferimento per cittadini e i territori, avendo il dovere di essere forza di progetto anche quando è all'opposizione, riannodando il filo del dialogo con le persone laddove si è spezzato. La Carfagna dichiara che serve seguire l’indicazione del presidente Berlusconi data negli ultimi anni: ovvero unire i punti di convergenza e ammorbidire quelli di divergenza.
Nella destra esistono mille concetti che uniscono e poche per rimanere ostaggio delle divisioni. Spesso è mancata da parte di tutti la volontà di dialogare per costruire dei ponti. È arrivato il momento di mettere a fattore comune le esperienze e iniziare a costruire. L' iniziativa degli Stati Generali è quella di costruire un percorso a livello cittadino, regionale e nazionale. Diventare alternativa di governo in grado di dare risposte ai tanti drammi e sofferenze con cui si confrontano i concittadini. La Carfagna evidenzia che serve cogliere l'invito all'unità del centrodestra che viene da larghi strati della popolazione. Se si condividono le stesse idee, gli stessi principi, valori e obiettivi, diventa importante parlarsi. E’ basilare intercettare questa domanda così come della richiesta dei territori a proseguire nel percorso politico indipendentemente da scadenze elettorali imminenti. Oggi Forza Italia parte da Napoli per uscire tra la gente e rispondere ai bisogni e al disagio dovuto a povertà, disoccupazione, disuguaglianze.
Guardando gli ultimi dati Istat con una sottile speranza, il Sud resiste e la Campania è avanti rispetto ad altre regioni d'Italia ma ci sono dati che fanno paura. Perché per avere una dimensione d' insieme non possiamo guardare solo al prodotto interno lordo ma anche ad altre dimensioni del vivere sociale. I dati della CIGL indicano che il divario tra Nord e Sud è aumentato in modo spaventoso per reddito pro capite dove quello del Nord è il doppio di quello del Sud, per la disoccupazione che al Sud (con punte del 20,4%) è oltre il doppio rispetto al Nord (al di sotto del 10%) mentre in tema di occupazione c' é un divario di oltre 20 punti percentuali, per non parlare della povertà: le persone a rischio nel Mezzogiorno sono una su due mentre al Nord due su dieci. Rispetto a queste questioni, conclude la Carfagna, esiste il sacrosanto dovere di dare delle risposte e di costruire pensiero politico che possa trasformarsi in progetti, programmi e soluzioni credibili, concrete, affidabili. L'alternativa esiste.
Mara Carfagna sarà il volto per il Sud di Forza Italia perché non solo il Cavaliere intende fare di lei la sfidante di De Luca alle prossime elezioni in Campania ma una sorta di suo alter ego nel percorso del nuovo centro destra targato FI. La deputata campana è intervenuta al recente convegno sugli Stati Generali della Destra e ha sottolineato come sia possibile costruire un'alternativa seria al populismo iniziando da Napoli e dalla Campania. Il centrodestra deve evolversi a vero punto di riferimento per cittadini e i territori, avendo il dovere di essere forza di progetto anche quando è all'opposizione, riannodando il filo del dialogo con le persone laddove si è spezzato. La Carfagna dichiara che serve seguire l’indicazione del presidente Berlusconi data negli ultimi anni: ovvero unire i punti di convergenza e ammorbidire quelli di divergenza.
Nella destra esistono mille concetti che uniscono e poche per rimanere ostaggio delle divisioni. Spesso è mancata da parte di tutti la volontà di dialogare per costruire dei ponti. È arrivato il momento di mettere a fattore comune le esperienze e iniziare a costruire. L' iniziativa degli Stati Generali è quella di costruire un percorso a livello cittadino, regionale e nazionale. Diventare alternativa di governo in grado di dare risposte ai tanti drammi e sofferenze con cui si confrontano i concittadini. La Carfagna evidenzia che serve cogliere l'invito all'unità del centrodestra che viene da larghi strati della popolazione. Se si condividono le stesse idee, gli stessi principi, valori e obiettivi, diventa importante parlarsi. E’ basilare intercettare questa domanda così come della richiesta dei territori a proseguire nel percorso politico indipendentemente da scadenze elettorali imminenti. Oggi Forza Italia parte da Napoli per uscire tra la gente e rispondere ai bisogni e al disagio dovuto a povertà, disoccupazione, disuguaglianze.
Guardando gli ultimi dati Istat con una sottile speranza, il Sud resiste e la Campania è avanti rispetto ad altre regioni d'Italia ma ci sono dati che fanno paura. Perché per avere una dimensione d' insieme non possiamo guardare solo al prodotto interno lordo ma anche ad altre dimensioni del vivere sociale. I dati della CIGL indicano che il divario tra Nord e Sud è aumentato in modo spaventoso per reddito pro capite dove quello del Nord è il doppio di quello del Sud, per la disoccupazione che al Sud (con punte del 20,4%) è oltre il doppio rispetto al Nord (al di sotto del 10%) mentre in tema di occupazione c' é un divario di oltre 20 punti percentuali, per non parlare della povertà: le persone a rischio nel Mezzogiorno sono una su due mentre al Nord due su dieci. Rispetto a queste questioni, conclude la Carfagna, esiste il sacrosanto dovere di dare delle risposte e di costruire pensiero politico che possa trasformarsi in progetti, programmi e soluzioni credibili, concrete, affidabili. L'alternativa esiste.
Bonafè.Proporre un'agenda politica chiara.
di Serena Ferraris
Programmi e futuro tutti da delineare per il PD.
Simona Bonafè è una delle più attive e seguite europarlamentari italiane a Bruxelles, molte sono state negli ultimi mesi le sue attività e interventi anche legislativi soprattutto sul tema economico e sull’immigrazione, da sempre un argomento caldissimo soprattutto per i paesi mediterranei dell’Unione. Di recente in un convegno a Roma sul tema dello ius soli è intervenuta trattando anche svariati altri argomenti anche di politica nazionale. La Bonafè ha ribadito da subito che è poco utile parlare sempre di alleanze e coalizioni perché alla gente non interessa. Bisogna proiettarsi come partito sul futuro, che vuol dire innanzitutto elezioni politiche nel 2018. Molti alti dirigenti del PD hanno comunque posto il tema delle alleanze nella recente direzione del PD, ciò non vuol dire mettere in discussione Matteo Renzi, ma dirsi che il Pd da solo non può vincere.
La Bonafè ci tiene a sottolineare che bisogna ripartire dal centrosinistra e dal campo che ha sostenuto i governi Letta, Renzi e Gentiloni. Se il Pd vuole lavorare alla costruzione del centrosinistra, non può non "lavorare in coesione ascoltando le voci dei dissidenti compreso lo stesso Pisapia. Ha fatto bene, dice la Bonafè, Renzi a rimarcare che non passerà i prossimi mesi a parlare di coalizioni. Per cambiare il Paese bisogna avere un'agenda chiara. Alla fine, la direzione tenutasi la settimana scorsa ha comunque approvato all'unanimità la relazione di Renzi, ma al voto non hanno partecipano le minoranze, sia la componente orlandiana sia Frontedem che fa capo a Michele Emiliano. L’europarlamentare è consapevole che parlare di scontri tra correnti è deleterio perché poi distrae da quelle che sono le reali azioni del Governo, ad esempio sulla scuola sono stati investiti 4,7 miliardi ma se si parla solo di alleanze i cittadini non se ne accorgono. Parlando poi del tema sviluppo economico la Bonafè è consapevole che i segnali di timida ripresa si sono evidenziati: l'Italia vede segnali di ripresa ancora però non omogenei sul territorio: ancora 'prudenti' sul Sud anche se tanto è stato fatto in regioni complicate come la Campania.
Sui migranti: "L'immigrazione sarà il tema della prossima campagna elettorale e di quelle dei prossimi 20 anni. L'immigrazione è al quarto posto tra le preoccupazioni degli italiani. Servono politiche di cooperazione, spesso in Europa su questi temi c’è grande divisione. Nella prossima legislatura, l'Italia dovrà chiarirsi con i partner europei: serve un approccio diverso sul deficit e va posto il veto sul fiscal compact nei Trattati. Afferma la Bonafè che è stata vinta la battaglia sulla flessibilità perché in Europa, dopo le europee, è stato imposto un un diktat. Applauso inoltre della Bonafè sempre a Renzi che ieri ha esortato Berlusconi a decidere se vuole stare con i populisti o con i popolari europei. Il Pd in questa fase è in attesa ma a settembre si ricomincia, in vista della campagna elettorale per le politiche, è urgente stare sui problemi concreti. Si dovrà fare una campagna porta a porta. Il Pd deve fare squadra, il partito va utilizzato come una finestra, sul mondo non come uno specchio in cui riflettere sui propri interessi personali.
Simona Bonafè è una delle più attive e seguite europarlamentari italiane a Bruxelles, molte sono state negli ultimi mesi le sue attività e interventi anche legislativi soprattutto sul tema economico e sull’immigrazione, da sempre un argomento caldissimo soprattutto per i paesi mediterranei dell’Unione. Di recente in un convegno a Roma sul tema dello ius soli è intervenuta trattando anche svariati altri argomenti anche di politica nazionale. La Bonafè ha ribadito da subito che è poco utile parlare sempre di alleanze e coalizioni perché alla gente non interessa. Bisogna proiettarsi come partito sul futuro, che vuol dire innanzitutto elezioni politiche nel 2018. Molti alti dirigenti del PD hanno comunque posto il tema delle alleanze nella recente direzione del PD, ciò non vuol dire mettere in discussione Matteo Renzi, ma dirsi che il Pd da solo non può vincere.
La Bonafè ci tiene a sottolineare che bisogna ripartire dal centrosinistra e dal campo che ha sostenuto i governi Letta, Renzi e Gentiloni. Se il Pd vuole lavorare alla costruzione del centrosinistra, non può non "lavorare in coesione ascoltando le voci dei dissidenti compreso lo stesso Pisapia. Ha fatto bene, dice la Bonafè, Renzi a rimarcare che non passerà i prossimi mesi a parlare di coalizioni. Per cambiare il Paese bisogna avere un'agenda chiara. Alla fine, la direzione tenutasi la settimana scorsa ha comunque approvato all'unanimità la relazione di Renzi, ma al voto non hanno partecipano le minoranze, sia la componente orlandiana sia Frontedem che fa capo a Michele Emiliano. L’europarlamentare è consapevole che parlare di scontri tra correnti è deleterio perché poi distrae da quelle che sono le reali azioni del Governo, ad esempio sulla scuola sono stati investiti 4,7 miliardi ma se si parla solo di alleanze i cittadini non se ne accorgono. Parlando poi del tema sviluppo economico la Bonafè è consapevole che i segnali di timida ripresa si sono evidenziati: l'Italia vede segnali di ripresa ancora però non omogenei sul territorio: ancora 'prudenti' sul Sud anche se tanto è stato fatto in regioni complicate come la Campania.
Sui migranti: "L'immigrazione sarà il tema della prossima campagna elettorale e di quelle dei prossimi 20 anni. L'immigrazione è al quarto posto tra le preoccupazioni degli italiani. Servono politiche di cooperazione, spesso in Europa su questi temi c’è grande divisione. Nella prossima legislatura, l'Italia dovrà chiarirsi con i partner europei: serve un approccio diverso sul deficit e va posto il veto sul fiscal compact nei Trattati. Afferma la Bonafè che è stata vinta la battaglia sulla flessibilità perché in Europa, dopo le europee, è stato imposto un un diktat. Applauso inoltre della Bonafè sempre a Renzi che ieri ha esortato Berlusconi a decidere se vuole stare con i populisti o con i popolari europei. Il Pd in questa fase è in attesa ma a settembre si ricomincia, in vista della campagna elettorale per le politiche, è urgente stare sui problemi concreti. Si dovrà fare una campagna porta a porta. Il Pd deve fare squadra, il partito va utilizzato come una finestra, sul mondo non come uno specchio in cui riflettere sui propri interessi personali.
Meloni. Costruiamo insieme la terza via.
di Serena Ferraris
Tanto coraggio e voglia di affermarsi, le doti della Meloni.
In questo periodo pre-elettorale gli animi sono agitati e combattivi, una politica che ha fatto della combattività un suo cavallo di battaglia è senza dubbio Giorgia Meloni che in questi giorni ha fatto sentire la sua voce su svariati temi, non solo a carattere elettorale. La leader di Fratelli d’Italia ha criticato da subito l’approccio sciolto e superficiale dei grillini nell’ amministrazione della città di Roma.Se la Raggi si da un voto positivo, dice la Meloni, vuol dire che non ha contatto con la realtà; lei e il M5S dicono alla gente quello che vuole sentirsi dire ma all’atto pratico incompetenza e incoerenza hanno caratterizzato il loro operato a Roma, un vero peccato e soprattutto un vero dramma per i romani che vedono la loro città bloccata e amministrata male. La Meloni ha detto la sua anche su Matteo Salvini con cui da mesi si vocifera di un vero patto elettorale per unirsi in vista della sfida al PD renziano.
Il capo della Lega, secondo la Meloni, in questi tempi è meno aggressivo verso i grillini e sbaglia perché gli elettori potrebbero vedere questo come un tentativo di inciucio politico o peggio ancora di collaborazione verso una politica votata al fallimento. Forse è colpa della lontananza, visto che Salvini vive a Milano e quindi non vive sulla sua pelle lo scempio romano ma sappia, dice la Meloni, che Renzi e Grillo sono la medesima faccia di una politica errata e populista, mentre Fratelli d’Italia vuole creare con i suoi alleati la terza via. Infine non poteva mancare un pensiero sul nuovo leader del centro-destra: la Meloni si è detta onorata delle parole di Berlusconi che vede in lei una delle più positive scelte come guida del futuro centro-destra, ma la Meloni è consapevole che solo la via delle primarie può certificare in toto la leadership di una coalizione, solo in questo modo chi viene scelto lo fa con la certezza e la consapevolezza di avere l’appoggio elettorale alle spalle, una sorta di vera investitura che rafforzerà la leadership stessa dandole maggiore peso anche verso gli alleati stessi. Insomma un riconoscimento ufficiale necessario.
La Meloni infine muove critiche alle ultime operazione del governo PD-Gentiloni e rimarca come un modello alternativo a quello del centro-sinistra sia davvero necessario. Chi vuole più tasse, più insicurezza, più degrado, più clandestini e più moschee può tranquillamente votare il Pd, dichiara la leader di FdI, chi invece vuole buon governo, sicurezza, tutela della famiglia e sviluppo economico voti senza pensarci due volte per il centro-destra. Concetti semplici e diretti, infondo è sempre stato questo lo stile di Giorgia Meloni.
In questo periodo pre-elettorale gli animi sono agitati e combattivi, una politica che ha fatto della combattività un suo cavallo di battaglia è senza dubbio Giorgia Meloni che in questi giorni ha fatto sentire la sua voce su svariati temi, non solo a carattere elettorale. La leader di Fratelli d’Italia ha criticato da subito l’approccio sciolto e superficiale dei grillini nell’ amministrazione della città di Roma.Se la Raggi si da un voto positivo, dice la Meloni, vuol dire che non ha contatto con la realtà; lei e il M5S dicono alla gente quello che vuole sentirsi dire ma all’atto pratico incompetenza e incoerenza hanno caratterizzato il loro operato a Roma, un vero peccato e soprattutto un vero dramma per i romani che vedono la loro città bloccata e amministrata male. La Meloni ha detto la sua anche su Matteo Salvini con cui da mesi si vocifera di un vero patto elettorale per unirsi in vista della sfida al PD renziano.
Il capo della Lega, secondo la Meloni, in questi tempi è meno aggressivo verso i grillini e sbaglia perché gli elettori potrebbero vedere questo come un tentativo di inciucio politico o peggio ancora di collaborazione verso una politica votata al fallimento. Forse è colpa della lontananza, visto che Salvini vive a Milano e quindi non vive sulla sua pelle lo scempio romano ma sappia, dice la Meloni, che Renzi e Grillo sono la medesima faccia di una politica errata e populista, mentre Fratelli d’Italia vuole creare con i suoi alleati la terza via. Infine non poteva mancare un pensiero sul nuovo leader del centro-destra: la Meloni si è detta onorata delle parole di Berlusconi che vede in lei una delle più positive scelte come guida del futuro centro-destra, ma la Meloni è consapevole che solo la via delle primarie può certificare in toto la leadership di una coalizione, solo in questo modo chi viene scelto lo fa con la certezza e la consapevolezza di avere l’appoggio elettorale alle spalle, una sorta di vera investitura che rafforzerà la leadership stessa dandole maggiore peso anche verso gli alleati stessi. Insomma un riconoscimento ufficiale necessario.
La Meloni infine muove critiche alle ultime operazione del governo PD-Gentiloni e rimarca come un modello alternativo a quello del centro-sinistra sia davvero necessario. Chi vuole più tasse, più insicurezza, più degrado, più clandestini e più moschee può tranquillamente votare il Pd, dichiara la leader di FdI, chi invece vuole buon governo, sicurezza, tutela della famiglia e sviluppo economico voti senza pensarci due volte per il centro-destra. Concetti semplici e diretti, infondo è sempre stato questo lo stile di Giorgia Meloni.
Boschi. Nessun accordo con il Cavaliere.
di Serena Ferraris
Gli orizzonti per il PD si fanno sempre più complicati.
Maria Elena Boschi continua il suo percorso nel governo Gentiloni e nonostante il trionfo di Renzi alle primarie cerca di mantenere un profilo istituzionale equidistante nonostante lei sia una delle renziane della prima ora. Di recente ha espresso i suoi pensieri sul momento politico e sulle grandi manovre che i varie partiti politici stanno effettuando mirando ad ottenere il voto anticipato in autunno. In questi giorni infatti è arrivata la notizia che il Cavaliere abbia proposto uno scambio tra legge elettorale, di tipo proporzionale e voto anticipato. Insomma Forza Italia darebbe appoggio in Parlamento sulla legge ma in cambio vorrebbe un patto finalizzato alle urne. Afferma la Boschi che tra legge e elezioni non deve esserci alcun collegamento utilitaristico perché la legge elettorale serve a prescindere da quando si andrà poi effettivamente a votare.
Potrebbe essere pericoloso schiacciarsi troppo sul proporzionale: magari servirebbe lavorare sul testo, in modo da consentire davvero le coalizioni. Ed è poi fondamentale comunque cercare il massimo consenso possibile. Qualcuno le chiede cosa pensi lei delle urne anticipate e la Boschi dichiara netta che solo quando c’è una nuova legge elettorale poi si può andare a votare, ma non deve passare l’idea che si faccia una qualunque legge solo per andare alle urne. La legge dovrebbe scongiurare la prospettiva di larghe intese e per questo sarebbe opportuno avere un sistema con una correzione maggioritaria. La Boschi ci parla poi della situazione inerente le correnti interne al PD; spiega che se ritornasse il concetto di coalizione nel sistema di voto sarebbero tutti spinti a più miti consigli: oggi i toni sono diversi perché immaginano tutti di andare in ordine sparso. Comunque, in tantissimi comuni dove si vota a giugno, il Pd fare alleanze anche con le correnti avverse. La speranza è sempre quella di costruire un nuovo centrosinistra civico, sociale, che mobiliti energie del volontariato, dell’associazionismo.
Si passa poi a parlare del piano programmatico per il futuro. La nascita delle correnti interne, sottolinea la Boschi, non è sorta per ragioni di programma, ma essenzialmente sulle modalità stesse di intendere la guida di un partito, di sicuro se servirà trovare comunanza di idee politiche sarà di certo più semplice farlo con le correnti anti-Renzi che con il partito di Berlusconi. La Boschi ci tiene a rimarcare che il PD non intende accettare nessun patto con il Cavaliere, la nuova legge elettorale dovrà avere un’impostazione maggioritaria e si potrà aprire sul tema della coalizione come chiedono sia i Bersaniani che la corrente di Pisapia. Con Berlusconi e le altre forze politiche si può ragionare e confrontarsi ma no a patti ed inciuci segreti. Bisogna dunque provare a cercare un punto di equilibrio, un premio maggioritario magari non così forte. Un forte timore che attanaglia tutti è la paralisi in Parlamento. Ad esempio la riforma penale rischia di arenarsi se alle Camere cominciasse una guerra di tutti contro tutti. La Boschi ne è cosciente ma afferma anche che la legge sul nuovo processo penale è stata incardinata alla Camera e si spera che si approvi con un voto di fiducia, non è una minaccia ma uno strumento necessario da usare per far passare una riforma diventata davvero urgente.
Maria Elena Boschi continua il suo percorso nel governo Gentiloni e nonostante il trionfo di Renzi alle primarie cerca di mantenere un profilo istituzionale equidistante nonostante lei sia una delle renziane della prima ora. Di recente ha espresso i suoi pensieri sul momento politico e sulle grandi manovre che i varie partiti politici stanno effettuando mirando ad ottenere il voto anticipato in autunno. In questi giorni infatti è arrivata la notizia che il Cavaliere abbia proposto uno scambio tra legge elettorale, di tipo proporzionale e voto anticipato. Insomma Forza Italia darebbe appoggio in Parlamento sulla legge ma in cambio vorrebbe un patto finalizzato alle urne. Afferma la Boschi che tra legge e elezioni non deve esserci alcun collegamento utilitaristico perché la legge elettorale serve a prescindere da quando si andrà poi effettivamente a votare.
Potrebbe essere pericoloso schiacciarsi troppo sul proporzionale: magari servirebbe lavorare sul testo, in modo da consentire davvero le coalizioni. Ed è poi fondamentale comunque cercare il massimo consenso possibile. Qualcuno le chiede cosa pensi lei delle urne anticipate e la Boschi dichiara netta che solo quando c’è una nuova legge elettorale poi si può andare a votare, ma non deve passare l’idea che si faccia una qualunque legge solo per andare alle urne. La legge dovrebbe scongiurare la prospettiva di larghe intese e per questo sarebbe opportuno avere un sistema con una correzione maggioritaria. La Boschi ci parla poi della situazione inerente le correnti interne al PD; spiega che se ritornasse il concetto di coalizione nel sistema di voto sarebbero tutti spinti a più miti consigli: oggi i toni sono diversi perché immaginano tutti di andare in ordine sparso. Comunque, in tantissimi comuni dove si vota a giugno, il Pd fare alleanze anche con le correnti avverse. La speranza è sempre quella di costruire un nuovo centrosinistra civico, sociale, che mobiliti energie del volontariato, dell’associazionismo.
Si passa poi a parlare del piano programmatico per il futuro. La nascita delle correnti interne, sottolinea la Boschi, non è sorta per ragioni di programma, ma essenzialmente sulle modalità stesse di intendere la guida di un partito, di sicuro se servirà trovare comunanza di idee politiche sarà di certo più semplice farlo con le correnti anti-Renzi che con il partito di Berlusconi. La Boschi ci tiene a rimarcare che il PD non intende accettare nessun patto con il Cavaliere, la nuova legge elettorale dovrà avere un’impostazione maggioritaria e si potrà aprire sul tema della coalizione come chiedono sia i Bersaniani che la corrente di Pisapia. Con Berlusconi e le altre forze politiche si può ragionare e confrontarsi ma no a patti ed inciuci segreti. Bisogna dunque provare a cercare un punto di equilibrio, un premio maggioritario magari non così forte. Un forte timore che attanaglia tutti è la paralisi in Parlamento. Ad esempio la riforma penale rischia di arenarsi se alle Camere cominciasse una guerra di tutti contro tutti. La Boschi ne è cosciente ma afferma anche che la legge sul nuovo processo penale è stata incardinata alla Camera e si spera che si approvi con un voto di fiducia, non è una minaccia ma uno strumento necessario da usare per far passare una riforma diventata davvero urgente.
Serracchiani.Sono parte integrante del PD.
di Serena Ferraris
Cambiamenti in seno al partito ma la Serracchiani accetta senza critiche.
La nuova fase di Renzi come leader del PD porterà a dei cambiamenti, il primo dei quali riguarda l’organigramma dello stesso partito.Si vocifera infatti che Debora Serracchiani non sarà più vice-segretario del PD,incarico che verrà dato ad un qualche fedelissimo dello stesso Renzi. La Serracchiani ha parlato di questa possibilità ed ha espresso il suo punto di vista anche sulla scena politica di oggi, sottolineando che resterà sempre parte integrante del PD. Partendo dalla decisione di Renzi, è una scelta che spetta al capo del partito,dice in tutta serenità la Serracchiani, affermando che il suo compito di Presidente della Regione spesso e volentieri le ha impedito di dedicarsi in maniera completa alle vicende del partito, non garantendo quindi quella vicinanza amministrativa alla segreteria che il suo compito le imponeva, una cosa di cui lei stessa aveva già accennato in passato.
Insomma in totale tranquillità la friulana sembra accettare i cambiamenti del Renzi bis.Si passa poi a parlare di fatti di attualità. Qualcuno ipotizzava un progetto di alleanza tra PD e M5S ma l’opinione della Serracchiani è netta: altro che l’alleanza con i 5stelle che propone Bersani, è impossibile. Il Pd deve puntare al 40%. Nel frattempo, aiuti piuttosto il governo a tracciare la rotta giusta in politica economica poiché è quello l’unico obiettivo concreto ed importante. Il Pd ha una responsabilità. Con Renzi, premier e segretario coincidevano in un’unica persona, con un automatismo che adesso non c’è: in questa fase, allora, non possiamo perdere la spinta politica nell’azione del governo. Su questo il Pd deve dare una mano a Gentiloni.
E un bene che nei ruoli chiave per le politiche economiche ci sono due ministri tecnici, Padoan e Calenda. Hanno svolto un ottimo lavoro, ma in una fase così delicata le loro competenze vanno integrate con una visione politica, diciamo. Su questo il Pd ha molto da dire. Si passa poi a parlare della legge elettorale e al premio alla coalizione. La Serracchiani si dice favorevole al premio per la lista, in ogni caso le proposte PD sono note: Mattarellum su cui non sembra che ci sia grande accordo o Italicum, che si potrebbe estendere al Senato.Il tempo c’è, ormai: il voto sarà quasi sicuramente nel 2018. Il governo andrà avanti finché Mattarella e Gentiloni lo riterranno opportuno. Fino ad allora, il Pd ci sarà, dice la Serracchiani.
La nuova fase di Renzi come leader del PD porterà a dei cambiamenti, il primo dei quali riguarda l’organigramma dello stesso partito.Si vocifera infatti che Debora Serracchiani non sarà più vice-segretario del PD,incarico che verrà dato ad un qualche fedelissimo dello stesso Renzi. La Serracchiani ha parlato di questa possibilità ed ha espresso il suo punto di vista anche sulla scena politica di oggi, sottolineando che resterà sempre parte integrante del PD. Partendo dalla decisione di Renzi, è una scelta che spetta al capo del partito,dice in tutta serenità la Serracchiani, affermando che il suo compito di Presidente della Regione spesso e volentieri le ha impedito di dedicarsi in maniera completa alle vicende del partito, non garantendo quindi quella vicinanza amministrativa alla segreteria che il suo compito le imponeva, una cosa di cui lei stessa aveva già accennato in passato.
Insomma in totale tranquillità la friulana sembra accettare i cambiamenti del Renzi bis.Si passa poi a parlare di fatti di attualità. Qualcuno ipotizzava un progetto di alleanza tra PD e M5S ma l’opinione della Serracchiani è netta: altro che l’alleanza con i 5stelle che propone Bersani, è impossibile. Il Pd deve puntare al 40%. Nel frattempo, aiuti piuttosto il governo a tracciare la rotta giusta in politica economica poiché è quello l’unico obiettivo concreto ed importante. Il Pd ha una responsabilità. Con Renzi, premier e segretario coincidevano in un’unica persona, con un automatismo che adesso non c’è: in questa fase, allora, non possiamo perdere la spinta politica nell’azione del governo. Su questo il Pd deve dare una mano a Gentiloni.
E un bene che nei ruoli chiave per le politiche economiche ci sono due ministri tecnici, Padoan e Calenda. Hanno svolto un ottimo lavoro, ma in una fase così delicata le loro competenze vanno integrate con una visione politica, diciamo. Su questo il Pd ha molto da dire. Si passa poi a parlare della legge elettorale e al premio alla coalizione. La Serracchiani si dice favorevole al premio per la lista, in ogni caso le proposte PD sono note: Mattarellum su cui non sembra che ci sia grande accordo o Italicum, che si potrebbe estendere al Senato.Il tempo c’è, ormai: il voto sarà quasi sicuramente nel 2018. Il governo andrà avanti finché Mattarella e Gentiloni lo riterranno opportuno. Fino ad allora, il Pd ci sarà, dice la Serracchiani.
De Girolamo.Renzi ora è più debole.
di Serena Ferraris
Il PD ora si può battere. Basta solo realmente volerlo.
Nunzia De Girolamo in un recente convegno sulle politiche comunitarie in tema di migranti ha espresso la sua opinione anche sull'attualità politica di casa nostra. La senatrice di Forza Italia parla in primis delle recenti primarie PD che si sono tramutate in un piccolo plebiscito per Renzi. In particolare nella sua Campania Renzi ha toccato quote dell' 80% e molti hanno azzardato che l'ex premier abbia letteralmente "rottamato" la Benevento del centrodestra. La De Girolamo non ci sta al trionfalismo del PD e sottolinea come abbiano votato nella sua città solo 2.287 persone su 60mila abitanti circa, effettivamente una quota davvero bassissima. Inoltre va tenuto presente che sono elettori del Pd che sono andati a votare per Renzi,quindi la valenza politica a tali risultati è davvero minima.
La deputata forzista passa poi a parlare dell'universo del centro-destra. Dopo aver sottolineato l'esiguità dei votanti, la De Girolamo si schiera con Silvio Berlusconi e mostra tutti i suoi dubbi sulle primarie. Proprio come il leader da cui è tornata dopo la parentesi alfaniana in Ncd. In particolare la politica campana ha affermato come sia adesso necessaria una forte riflessione sulle primarie come strumento di partecipazione senza regole nazionali. Visto l'esito del voto di quelle del Pd, sottolinea la De Girolamo, è davvero una fortuna che Forza Italia non le abbia ancora fatte.Si torna poi a quelle del Pd, di primarie, e la De Girolamo spiega quello che è sembrato anche a molti, ovvero come fossero simili ad un vero regolamento di conti interno al partito che come una partecipazione vera, reale.
C'è e ci sarà sempre rispetto per chi è andato a votare ma viste le condizioni in cui si sono tenute le primarie del Pd, come strumento si siano piano piano esaurite. Su Renzi, infine l'azzurra afferma che adesso rispetto a due anni fa è molto meno forte e per il centrodestra questo momento è una chance da cogliere, magari evitando le nomination da Grande Fratello per scegliere il leader e concentrarsi sui programmi che accomunino le varie anime interne e soddisfino le reali esigenze degli italiani, del resto questo è il normale scopo che dovrebbe avere la politica.
Nunzia De Girolamo in un recente convegno sulle politiche comunitarie in tema di migranti ha espresso la sua opinione anche sull'attualità politica di casa nostra. La senatrice di Forza Italia parla in primis delle recenti primarie PD che si sono tramutate in un piccolo plebiscito per Renzi. In particolare nella sua Campania Renzi ha toccato quote dell' 80% e molti hanno azzardato che l'ex premier abbia letteralmente "rottamato" la Benevento del centrodestra. La De Girolamo non ci sta al trionfalismo del PD e sottolinea come abbiano votato nella sua città solo 2.287 persone su 60mila abitanti circa, effettivamente una quota davvero bassissima. Inoltre va tenuto presente che sono elettori del Pd che sono andati a votare per Renzi,quindi la valenza politica a tali risultati è davvero minima.
La deputata forzista passa poi a parlare dell'universo del centro-destra. Dopo aver sottolineato l'esiguità dei votanti, la De Girolamo si schiera con Silvio Berlusconi e mostra tutti i suoi dubbi sulle primarie. Proprio come il leader da cui è tornata dopo la parentesi alfaniana in Ncd. In particolare la politica campana ha affermato come sia adesso necessaria una forte riflessione sulle primarie come strumento di partecipazione senza regole nazionali. Visto l'esito del voto di quelle del Pd, sottolinea la De Girolamo, è davvero una fortuna che Forza Italia non le abbia ancora fatte.Si torna poi a quelle del Pd, di primarie, e la De Girolamo spiega quello che è sembrato anche a molti, ovvero come fossero simili ad un vero regolamento di conti interno al partito che come una partecipazione vera, reale.
C'è e ci sarà sempre rispetto per chi è andato a votare ma viste le condizioni in cui si sono tenute le primarie del Pd, come strumento si siano piano piano esaurite. Su Renzi, infine l'azzurra afferma che adesso rispetto a due anni fa è molto meno forte e per il centrodestra questo momento è una chance da cogliere, magari evitando le nomination da Grande Fratello per scegliere il leader e concentrarsi sui programmi che accomunino le varie anime interne e soddisfino le reali esigenze degli italiani, del resto questo è il normale scopo che dovrebbe avere la politica.
Carfagna.Niente patto con i grillini.
di Serena Ferraris
Si iniziano a delineare strategie e programmi anche in FI.
L'onorevole Mara Carfagna a breve inizierà il suo tour elettorale in vista delle prossime elezioni. Molte però sono ancore le questioni sul tavolo del dibattito. A partire dalla strategica alleanza con Matteo Salvini e Giorgia Meloni: la Carfagna afferma che è a un passo, mentre è stata "bocciata" la possibilità di un fronte unico con il Pd per impedire un governo M5s. Questa è la sintesi del recente intervento della deputata campana, ma un occhio di riguardo è stato dato anche ai punti basilari del programma nel centrodestra, sui quali dice, c'è una comunanza di vedute vicina al 99%. Il programma si strutturerà in sei punti: meno tasse, meno Stato, meno Europa, più aiuto a chi ha bisogno, più sicurezza per tutti e più garanzie per ciascuno.
Tornando sull'ipotesi di alleanza con i grillini, la Carfagna ci tiene a sottolineare che sarebbe davvero una mossa errata, un modo masochistico per consegnare il paese al M5S. L'obiettivo invece è creare una grande casa dei liberali, un fronte comune anti PD, che non sia però composto da chi ha programmi e idee opposte a quelle del centro-destra, altrimenti significherebbe soltanto una cosa: che il solo scopo sarebbe raggiungere il potere. Sono le farneticanti teorie dei grillini. La Carfagna ci tiene a ribadire che Forza Italia vuole vincere le elezioni con una proposta politica di qualità coerente con i propri valori e affidata a persone credibili, per gran parte non politici di professione ma protagonisti stimati e apprezzati del mondo dell`impresa, delle professioni, della cultura.
La deputata di Forza Italia ha poi ribadito che la premiership del nuovo centrodestra è un problema marginale: al momento giusto si troverà insieme la figura meglio in grado di coniugare credibilità, autorevolezza, esperienza, capacita' di includere e di aggregare.Infine non poteva mancare un parere sul tema euro: la soluzione di Forza Italia, sostenuta da molti validi economisti, prevede il suo mantenimento soprattutto per le esportazioni e le importazioni e il recupero parziale della sovranità monetaria con l'emissione di una seconda moneta nazionale, con tutti i vantaggi che questo comporterebbe.Un' idea particolare e nuova da non bollare come populista ma con valide basi teoriche a fondamento.
L'onorevole Mara Carfagna a breve inizierà il suo tour elettorale in vista delle prossime elezioni. Molte però sono ancore le questioni sul tavolo del dibattito. A partire dalla strategica alleanza con Matteo Salvini e Giorgia Meloni: la Carfagna afferma che è a un passo, mentre è stata "bocciata" la possibilità di un fronte unico con il Pd per impedire un governo M5s. Questa è la sintesi del recente intervento della deputata campana, ma un occhio di riguardo è stato dato anche ai punti basilari del programma nel centrodestra, sui quali dice, c'è una comunanza di vedute vicina al 99%. Il programma si strutturerà in sei punti: meno tasse, meno Stato, meno Europa, più aiuto a chi ha bisogno, più sicurezza per tutti e più garanzie per ciascuno.
Tornando sull'ipotesi di alleanza con i grillini, la Carfagna ci tiene a sottolineare che sarebbe davvero una mossa errata, un modo masochistico per consegnare il paese al M5S. L'obiettivo invece è creare una grande casa dei liberali, un fronte comune anti PD, che non sia però composto da chi ha programmi e idee opposte a quelle del centro-destra, altrimenti significherebbe soltanto una cosa: che il solo scopo sarebbe raggiungere il potere. Sono le farneticanti teorie dei grillini. La Carfagna ci tiene a ribadire che Forza Italia vuole vincere le elezioni con una proposta politica di qualità coerente con i propri valori e affidata a persone credibili, per gran parte non politici di professione ma protagonisti stimati e apprezzati del mondo dell`impresa, delle professioni, della cultura.
La deputata di Forza Italia ha poi ribadito che la premiership del nuovo centrodestra è un problema marginale: al momento giusto si troverà insieme la figura meglio in grado di coniugare credibilità, autorevolezza, esperienza, capacita' di includere e di aggregare.Infine non poteva mancare un parere sul tema euro: la soluzione di Forza Italia, sostenuta da molti validi economisti, prevede il suo mantenimento soprattutto per le esportazioni e le importazioni e il recupero parziale della sovranità monetaria con l'emissione di una seconda moneta nazionale, con tutti i vantaggi che questo comporterebbe.Un' idea particolare e nuova da non bollare come populista ma con valide basi teoriche a fondamento.
Boldrini.Dico basta all'euro-scetticismo.
di Serena Ferraris
La Presidente della Camera indica il futuro dell'Unione.
La Presidente della Camera Laura Boldrini è stata ospite al Congresso Europeo sull’ Immigrazione, un tema per il quale ha fatto tante battaglie in passato e tuttora la anima fortemente soprattutto quando poi si assistono alle tante tragedie che tra profughi e migranti si verificano periodicamente in Italia e non solo. La Boldrini incalzata dalle domande dei cronisti ha deciso di esporre alcuni suoi pensieri partendo dallo scottante tema dell’europeismo. Dice la Presidente che spesso la gente addita all’Europa, intesa come istituzioni, tutte quelle colpe per le quali non c’è un colpevole certo e chiaro. Il lavoro che non c’è, i profughi che arrivano, la sicurezza che manca. I mercanti di odio e rabbia. O anche solo di indifferenza. Per ripartire l’Europa ha solo bisogno di più Europa. Di credere in se stessa. Farsi valere. Per la Boldrini serve un grande atto di fiducia e coraggio da parte di noi cittadini del vecchio continente. I sacri ideali di libertà, uguaglianza e fraternità non possono essere traditi o abbandonati nel dimenticatoio.
Bisogna tutti fare uno sforzo in più affinchè l’Unione si rialzi. Quella che abbiamo davanti è la Ue del liberismo, ad essa va affiancata l’Europa basata sui valori sociali. Tra le proposte concrete della Boldrini vi è senza dubbio un governo europeo che coinvolga i cittadini, una Costituzione europea, delle Elezioni davvero transnazionali con liste e simboli uguali in tutti i Paesi dell’Unione. Solo cedendo fette di sovranità si potrà far crescere il concetto di Europa. Un’unità di intenti che, spesso, si scontra con la conflittualità tra Stati, La Boldrini abbandona poi il tema europeo per passare a quello nazionale sulla legge elettorale. Raccogliendo l’invito del Presidente Mattarella serve che il Parlamento arrivi rapidamente ad una nuova legge elettorale. Per tale ragione è stato imposto ai Presidenti di gruppo di non prorogare la naturale scadenza già fissata.
Si tratta di rispettare le attese dell'opinione pubblica e il ruolo stesso dell'istituzione parlamentare. Infine il tema della solidarietà. La settimana scorsa la procura di Catania ha gettato un'inquietante ombra sulle relazioni tra le ong che salvano i migranti e i trafficanti di uomini che le finanzierebbero. La Boldrini si schiera dalla parte delle organizzazioni non governative. Salvare le vite in mare è un dovere, dice, chi non lo fa commette un reato, andare a buttare questa ombra su chi salva vite umane, senza avere evidenze, è una gravissima forma di irresponsabilità, a maggior ragione se arriva da una Procura della Repubblica.
La Presidente della Camera Laura Boldrini è stata ospite al Congresso Europeo sull’ Immigrazione, un tema per il quale ha fatto tante battaglie in passato e tuttora la anima fortemente soprattutto quando poi si assistono alle tante tragedie che tra profughi e migranti si verificano periodicamente in Italia e non solo. La Boldrini incalzata dalle domande dei cronisti ha deciso di esporre alcuni suoi pensieri partendo dallo scottante tema dell’europeismo. Dice la Presidente che spesso la gente addita all’Europa, intesa come istituzioni, tutte quelle colpe per le quali non c’è un colpevole certo e chiaro. Il lavoro che non c’è, i profughi che arrivano, la sicurezza che manca. I mercanti di odio e rabbia. O anche solo di indifferenza. Per ripartire l’Europa ha solo bisogno di più Europa. Di credere in se stessa. Farsi valere. Per la Boldrini serve un grande atto di fiducia e coraggio da parte di noi cittadini del vecchio continente. I sacri ideali di libertà, uguaglianza e fraternità non possono essere traditi o abbandonati nel dimenticatoio.
Bisogna tutti fare uno sforzo in più affinchè l’Unione si rialzi. Quella che abbiamo davanti è la Ue del liberismo, ad essa va affiancata l’Europa basata sui valori sociali. Tra le proposte concrete della Boldrini vi è senza dubbio un governo europeo che coinvolga i cittadini, una Costituzione europea, delle Elezioni davvero transnazionali con liste e simboli uguali in tutti i Paesi dell’Unione. Solo cedendo fette di sovranità si potrà far crescere il concetto di Europa. Un’unità di intenti che, spesso, si scontra con la conflittualità tra Stati, La Boldrini abbandona poi il tema europeo per passare a quello nazionale sulla legge elettorale. Raccogliendo l’invito del Presidente Mattarella serve che il Parlamento arrivi rapidamente ad una nuova legge elettorale. Per tale ragione è stato imposto ai Presidenti di gruppo di non prorogare la naturale scadenza già fissata.
Si tratta di rispettare le attese dell'opinione pubblica e il ruolo stesso dell'istituzione parlamentare. Infine il tema della solidarietà. La settimana scorsa la procura di Catania ha gettato un'inquietante ombra sulle relazioni tra le ong che salvano i migranti e i trafficanti di uomini che le finanzierebbero. La Boldrini si schiera dalla parte delle organizzazioni non governative. Salvare le vite in mare è un dovere, dice, chi non lo fa commette un reato, andare a buttare questa ombra su chi salva vite umane, senza avere evidenze, è una gravissima forma di irresponsabilità, a maggior ragione se arriva da una Procura della Repubblica.
Meloni.Sono pronta ad unire il centro-destra.
di Serena Ferraris
La leader di Fratelli d'Italia è consapevole delle sue possibilità.
Giorgia Meloni intervenuta in un comizio elettorale a Genova a sostegno del candidato di Fratelli d’Italia alle prossime amministrative non ha mancato occasione per esprimere la sua opinione sui fatti di queste ultime settimane. Fra poco ci saranno le elezioni in Francia e la Le Pen ha occasione di conquistare un posto da prima attrice nelle politica francese. Una eventuale vittoria del Front National in Francia sarebbe «lo shock» che serve all' Europa per salvarsi dal baratro, dice la Meloni. Ed avrebbe effetti in tutto il continente, Italia compresa. Dove sono davvero molti quelli che ambiscono alla leadership del centrodestra, tradizionalmente espressa dall' area moderata. Presto si andrà al voto anche da noi, il prima possibile spera Giorgia Meloni. La pasionaria del centro destra nel frattempo condurrà il suo partito, Fratelli d' Italia, verso il congresso.
Fratelli d' Italia, Lega e Forza Italia hanno trovato facilmente una sintesi sui territori e le candidature sono emerse quasi tutte naturalmente, senza aver bisogno di particolari trattative e senza che ci fossero frizioni. C' è stata grande condivisione e, dichiara la Meloni, c’è fiducia sulla riuscita elettorale. È doveroso che le forze alternative alle due facce della sinistra, il Pd e il M5S, cerchino una sintesi per presentare una proposta unitaria di governo. Ma ovviamente questa intesa non può essere fatta a qualunque costo. Sono essenzialmente tre i concetti da tenere sempre in primo piano: chiarezza sui contenuti a partire dal tema del rapporto con l' Ue che è forse il più spinoso da dirimere; coinvolgimento dei cittadini nella scelta del portabandiera della coalizione e una "clausola anti-inciucio", ovvero l' impegno a non fare mai accordi col Pd dopo le elezioni. Che il centrodestra sia in partita per giocare e vincere è la sua speranza. La scelta del candidato deve partire dal basso e non può essere calata dall' alto o valutata sulla base dei sondaggi, di cui spesso ci si fida poco. Non c' è oggi una figura indiscutibile capace di sintetizzare le aspettative di tutti e l' unico metodo che non viene accettato da nessuno è l’imposizione dei ruoli. Se qualcuno conosce un sistema migliore delle primarie, dichiara la Meloni, lo proponga. Tornando alla legge elettorale, se il nuovo sistema dovesse prevedere, com' è ora, il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione, diventerebbe necessario ragionare di una lista unica per poter ambire ad arrivare al 40% e battere il Pd e il M5S. In questo momento il centro-destra ha più possibilità di altri di avere il premio di maggioranza.
La priorità di Fratelli d’Italia è vincere e ben governare con un programma chiaro e coraggioso. La Meloni pare molto fiducia e sostiene che nei prossimi mesi tutti si concentreranno sui punti che uniscono, invece che sulle differenze. L' obiettivo è coinvolgere tutti quegli italiani che, di fronte ad una proposta forte e credibile, tornerebbero a votare. Per il 28 aprile è stata convocata l' assemblea nazionale per discutere tempi e modi. Lo scopo è chiaro, ovvero ricostruire un' unica casa per chi è di destra in Italia, questa è la grande ambizione. Ma ricostruire Alleanza nazionale con le stesse facce, per ridare un ruolo qualche ex colonnello che fa gli appelli strumentali all' unità, questo sarebbe inutile e incomprensibile. Tornando all’ambito internazione, dice la Meloni che se Marine Le Pen dovesse vincere in Francia, le conseguenze sarebbero enormi a livello europeo e mondiale. La sua vittoria metterebbe in discussione l' esistenza dell' euro, il modello attuale della Ue, i rapporti internazionali e in particolare il ruolo della Nato e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Giorgia Meloni intervenuta in un comizio elettorale a Genova a sostegno del candidato di Fratelli d’Italia alle prossime amministrative non ha mancato occasione per esprimere la sua opinione sui fatti di queste ultime settimane. Fra poco ci saranno le elezioni in Francia e la Le Pen ha occasione di conquistare un posto da prima attrice nelle politica francese. Una eventuale vittoria del Front National in Francia sarebbe «lo shock» che serve all' Europa per salvarsi dal baratro, dice la Meloni. Ed avrebbe effetti in tutto il continente, Italia compresa. Dove sono davvero molti quelli che ambiscono alla leadership del centrodestra, tradizionalmente espressa dall' area moderata. Presto si andrà al voto anche da noi, il prima possibile spera Giorgia Meloni. La pasionaria del centro destra nel frattempo condurrà il suo partito, Fratelli d' Italia, verso il congresso.
Fratelli d' Italia, Lega e Forza Italia hanno trovato facilmente una sintesi sui territori e le candidature sono emerse quasi tutte naturalmente, senza aver bisogno di particolari trattative e senza che ci fossero frizioni. C' è stata grande condivisione e, dichiara la Meloni, c’è fiducia sulla riuscita elettorale. È doveroso che le forze alternative alle due facce della sinistra, il Pd e il M5S, cerchino una sintesi per presentare una proposta unitaria di governo. Ma ovviamente questa intesa non può essere fatta a qualunque costo. Sono essenzialmente tre i concetti da tenere sempre in primo piano: chiarezza sui contenuti a partire dal tema del rapporto con l' Ue che è forse il più spinoso da dirimere; coinvolgimento dei cittadini nella scelta del portabandiera della coalizione e una "clausola anti-inciucio", ovvero l' impegno a non fare mai accordi col Pd dopo le elezioni. Che il centrodestra sia in partita per giocare e vincere è la sua speranza. La scelta del candidato deve partire dal basso e non può essere calata dall' alto o valutata sulla base dei sondaggi, di cui spesso ci si fida poco. Non c' è oggi una figura indiscutibile capace di sintetizzare le aspettative di tutti e l' unico metodo che non viene accettato da nessuno è l’imposizione dei ruoli. Se qualcuno conosce un sistema migliore delle primarie, dichiara la Meloni, lo proponga. Tornando alla legge elettorale, se il nuovo sistema dovesse prevedere, com' è ora, il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione, diventerebbe necessario ragionare di una lista unica per poter ambire ad arrivare al 40% e battere il Pd e il M5S. In questo momento il centro-destra ha più possibilità di altri di avere il premio di maggioranza.
La priorità di Fratelli d’Italia è vincere e ben governare con un programma chiaro e coraggioso. La Meloni pare molto fiducia e sostiene che nei prossimi mesi tutti si concentreranno sui punti che uniscono, invece che sulle differenze. L' obiettivo è coinvolgere tutti quegli italiani che, di fronte ad una proposta forte e credibile, tornerebbero a votare. Per il 28 aprile è stata convocata l' assemblea nazionale per discutere tempi e modi. Lo scopo è chiaro, ovvero ricostruire un' unica casa per chi è di destra in Italia, questa è la grande ambizione. Ma ricostruire Alleanza nazionale con le stesse facce, per ridare un ruolo qualche ex colonnello che fa gli appelli strumentali all' unità, questo sarebbe inutile e incomprensibile. Tornando all’ambito internazione, dice la Meloni che se Marine Le Pen dovesse vincere in Francia, le conseguenze sarebbero enormi a livello europeo e mondiale. La sua vittoria metterebbe in discussione l' esistenza dell' euro, il modello attuale della Ue, i rapporti internazionali e in particolare il ruolo della Nato e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Boschi.Pronte misure per la competitività.
di Serena Ferraris
Riflessioni sull'attualità politica per l'esponente PD.
La Sottosegretaria alla Presidenza due giorni fa ha detto la sua sulle politiche di Governo sottolineando come la spinta propulsiva dell'Esecutivo sia perfettamente incentrata sullo sviluppo per l'economia interna. La Boschi infatti afferma che il governo Gentiloni ha deciso di non aumentare le tasse, di non toccare l'Iva nè le accise sulla benzina. Il governo deve cercare di far ripartire il Paese puntando su misure per la competitività, per gli investimenti, in primis per le infrastrutture. La sensazione per la Boschi è che si sia sulla strada giusta.Ci tiene a sottolineare la sua immensa stima per la figura di Fanfani, per quello che ha fatto per il Paese, ma anche che Matteo Renzi più che per il 'rieccolo' è, nel Pd, l'unica persona in grado di portare avanti un progetto di riforme vere e di cambiamento, è l'unica persona forte in grado di battere il M5S, Salvini e il centrodestra. Qualche riflessione la Boschi la fa anche sul congresso del Pd che sta andando bene, meglio delle aspettative, l'affluenza è maggiore degli ultimi anni. Vedremo come andrà il 30 aprile. Renzi sta vincendo in maniera netta, i numeri danno una vittoria netta. Poi ovviamente bisogna attendere l'esito finale delle primarie.
La sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio risponde a una domanda sui sospetti di brogli nella corsa alle primarie del PD, rimarcando che esiste una commissione nazionale che verifica. Le cifre sono corrette, ci sono persone molto serie che le stanno verificando. Se poi ci sono singoli casi, si devono fare nomi e cognomi, non si possono fare condanne generiche, sottolinea. La Boschi ci tiene a ricordare che in questi 15 giorni tantissime donne e uomini del Pd dibattono e partecipano e questo è bellissimo, è una cosa che abbiamo solo noi: persone che partecipano non con un solo clic.L'augurio, chissà quanto sincero, è che Emiliano superi il 5% e possa partecipare alla fase ulteriore, anche se, per ora, credo che il risultato sia molto deludente per lui. Emiliano "ha alzato molto il livello dello scontro" mentre "Renzi non ha mai parlato male di nessuno. Bisogna evitare scontri e polemiche,questo è lo spirito delle primarie PD.
I sostenitori dello sfidante Renzi ovvero Orlando ha ricordato che da Maria Elena Boschi era legittimo attendersi un atteggiamento di maggiore sensibilità rispetto alla questione delle irregolarità emerse in una serie di circoli e riguardanti l'anagrafe degli iscritti e il tesseramento, invece, secondo loro, l'impressione è che voglia quasi puntare l'indice su chi ha contribuito a far salire a galla queste irregolarità. I pro Orlando affermano che, a differenza di quanto afferma Boschi, non stiamo parlando di accuse generiche bensì di casi ben precisi che, in circoli di varie parti del Paese, ci hanno indotto come mozione a non partecipare alle convenzioni. La Boschi non ci sta a queste accuse e le rigetta al mittente dichiarando che per il PD il rispetto delle regole è un principio irrinunciabile e ogni iscritto, deputato o meno che sia si attiene a questo comandamento.
La Sottosegretaria alla Presidenza due giorni fa ha detto la sua sulle politiche di Governo sottolineando come la spinta propulsiva dell'Esecutivo sia perfettamente incentrata sullo sviluppo per l'economia interna. La Boschi infatti afferma che il governo Gentiloni ha deciso di non aumentare le tasse, di non toccare l'Iva nè le accise sulla benzina. Il governo deve cercare di far ripartire il Paese puntando su misure per la competitività, per gli investimenti, in primis per le infrastrutture. La sensazione per la Boschi è che si sia sulla strada giusta.Ci tiene a sottolineare la sua immensa stima per la figura di Fanfani, per quello che ha fatto per il Paese, ma anche che Matteo Renzi più che per il 'rieccolo' è, nel Pd, l'unica persona in grado di portare avanti un progetto di riforme vere e di cambiamento, è l'unica persona forte in grado di battere il M5S, Salvini e il centrodestra. Qualche riflessione la Boschi la fa anche sul congresso del Pd che sta andando bene, meglio delle aspettative, l'affluenza è maggiore degli ultimi anni. Vedremo come andrà il 30 aprile. Renzi sta vincendo in maniera netta, i numeri danno una vittoria netta. Poi ovviamente bisogna attendere l'esito finale delle primarie.
La sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio risponde a una domanda sui sospetti di brogli nella corsa alle primarie del PD, rimarcando che esiste una commissione nazionale che verifica. Le cifre sono corrette, ci sono persone molto serie che le stanno verificando. Se poi ci sono singoli casi, si devono fare nomi e cognomi, non si possono fare condanne generiche, sottolinea. La Boschi ci tiene a ricordare che in questi 15 giorni tantissime donne e uomini del Pd dibattono e partecipano e questo è bellissimo, è una cosa che abbiamo solo noi: persone che partecipano non con un solo clic.L'augurio, chissà quanto sincero, è che Emiliano superi il 5% e possa partecipare alla fase ulteriore, anche se, per ora, credo che il risultato sia molto deludente per lui. Emiliano "ha alzato molto il livello dello scontro" mentre "Renzi non ha mai parlato male di nessuno. Bisogna evitare scontri e polemiche,questo è lo spirito delle primarie PD.
I sostenitori dello sfidante Renzi ovvero Orlando ha ricordato che da Maria Elena Boschi era legittimo attendersi un atteggiamento di maggiore sensibilità rispetto alla questione delle irregolarità emerse in una serie di circoli e riguardanti l'anagrafe degli iscritti e il tesseramento, invece, secondo loro, l'impressione è che voglia quasi puntare l'indice su chi ha contribuito a far salire a galla queste irregolarità. I pro Orlando affermano che, a differenza di quanto afferma Boschi, non stiamo parlando di accuse generiche bensì di casi ben precisi che, in circoli di varie parti del Paese, ci hanno indotto come mozione a non partecipare alle convenzioni. La Boschi non ci sta a queste accuse e le rigetta al mittente dichiarando che per il PD il rispetto delle regole è un principio irrinunciabile e ogni iscritto, deputato o meno che sia si attiene a questo comandamento.
Serracchiani.Renzi resta il leader del PD.
di Serena Ferraris
La vice-segretaria PD si toglie qualche sassolino dopo le primarie.
La deputata friulano Debora Serracchiani, n.2 del PD, torna a parlare dell’attualità politica dopo alcune settimane di silenzio apparente e non a caso sceglie un momento preciso, ovvero il giorno dopo il risultato della prima fase delle primarie che ha visto il trionfo di Matteo Renzi. Le primarie presso i circoli, dice la Serracchiani, hanno dimostrato una cosa che già si conosceva: Renzi è l’anima e il leader incontrastato del PD, le scissioni e le tensioni interne hanno creato malumori ma non hanno scalfito minimamente il concetto che l’elettore PD si identifica in Renzi e solo lui puoi essere il leader alle prossime elezioni nazionali. Si tratta di un dato di fatto che può essere interpretato, analizzato e discusso ma è un dato di fatto, negarlo non serve a nessuno nemmeno alla stessa minoranza PD.
La Serracchiani parla poi dell’attualità parlamentare e sottolinea come nonostante alcuni intoppi in Parlamento il Governo Gentiloni sia stabile, la parola crisi è una parola da prima Repubblica, una parola profondamente contro producente. Il lavoro del governo va difeso e incoraggiato. La parlamentare PD infatti rimarca che in questi giorni ci sarà un importante Cdm sui decreti attuativi della Buona scuola, un progetto normativo che va spiegato e sostenuto. Un po’ di tensione in casa PD resta dopo il caso Torrisi al Senato.
La Serracchiani dichiara con fermezza che dal 4 dicembre c’è il forte rischio che questo Parlamento si impantani in sede di votazioni, un rischio continuo e temuto ecco perché la vicenda Torrisi non deve avere strascichi anche se peserà sulla situazione politica. Il vulnus resta ed è grave. È una pietra di inciampo sulla legge elettorale. Il PD nella sua compattezza ha dimostrato tutto il suo senso di responsabilità, ora tocca agli altri. Le forze politiche che sono contrarie alla nuova leggere elettorale se davvero una legge proporzionale con soglie di sbarramento basse o praticamente inesistenti non sono da condannare ma che almeno facciano una proposta. Una proposta che, naturalmente, il Partito democratico non potrà appoggiare. E che infatti non appoggerà, ma almeno servirà ad uscire dall’immobilismo parlamentare in cui si sta precipitando.
La deputata friulano Debora Serracchiani, n.2 del PD, torna a parlare dell’attualità politica dopo alcune settimane di silenzio apparente e non a caso sceglie un momento preciso, ovvero il giorno dopo il risultato della prima fase delle primarie che ha visto il trionfo di Matteo Renzi. Le primarie presso i circoli, dice la Serracchiani, hanno dimostrato una cosa che già si conosceva: Renzi è l’anima e il leader incontrastato del PD, le scissioni e le tensioni interne hanno creato malumori ma non hanno scalfito minimamente il concetto che l’elettore PD si identifica in Renzi e solo lui puoi essere il leader alle prossime elezioni nazionali. Si tratta di un dato di fatto che può essere interpretato, analizzato e discusso ma è un dato di fatto, negarlo non serve a nessuno nemmeno alla stessa minoranza PD.
La Serracchiani parla poi dell’attualità parlamentare e sottolinea come nonostante alcuni intoppi in Parlamento il Governo Gentiloni sia stabile, la parola crisi è una parola da prima Repubblica, una parola profondamente contro producente. Il lavoro del governo va difeso e incoraggiato. La parlamentare PD infatti rimarca che in questi giorni ci sarà un importante Cdm sui decreti attuativi della Buona scuola, un progetto normativo che va spiegato e sostenuto. Un po’ di tensione in casa PD resta dopo il caso Torrisi al Senato.
La Serracchiani dichiara con fermezza che dal 4 dicembre c’è il forte rischio che questo Parlamento si impantani in sede di votazioni, un rischio continuo e temuto ecco perché la vicenda Torrisi non deve avere strascichi anche se peserà sulla situazione politica. Il vulnus resta ed è grave. È una pietra di inciampo sulla legge elettorale. Il PD nella sua compattezza ha dimostrato tutto il suo senso di responsabilità, ora tocca agli altri. Le forze politiche che sono contrarie alla nuova leggere elettorale se davvero una legge proporzionale con soglie di sbarramento basse o praticamente inesistenti non sono da condannare ma che almeno facciano una proposta. Una proposta che, naturalmente, il Partito democratico non potrà appoggiare. E che infatti non appoggerà, ma almeno servirà ad uscire dall’immobilismo parlamentare in cui si sta precipitando.
Carfagna.Forza Italia è viva e presente.
di Serena Ferraris
La Carfagna esorta alla compattezza e al coraggio delle idee.
In queste settimane Forza Italia compatta le file soprattutto in attesa dei nuovi appuntamenti elettorali. E i vertici nazionali stanno seguendo con attenzione l’evolversi degli scenari delle varie regioni come dimostrato dal messaggio di Silvio Berlusconi ai giovani del partito a sostegno di una politica che sia più territoriale e vicina alla gente. La deputata Mara Carfagna è una delle più attive sul territorio e al recente convegno "Giovani e Lavoro” tenutosi nella sede di Confindustria, al quale hanno preso parte il presidente degli industriali, il presidente emerito della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre, e molti esperti della materia lavoristica. La Carfagna dal palco sottolinea con veemenza che bisogna riprendere a fare le cose che Forza Italia aveva smesso di fare ed occuparsi soprattutto del tema del lavoro che è fondamentale specialmente per le Regioni del mezzogiorno d'Italia. Al Sud i problemi sono tanti, le autorità locali hanno difficoltà enormi ma grandi sono anche le incapacità organizzative e la totale assenza di competenza come dimostra la sempre più cattiva gestione della sanità o le questioni inerenti alle opere pubbliche che diventano spesso culla per malaffare e corruzione.
La deputata campana afferma che FI al suo interno deve confrontarsi su problemi come questi, di così grande impatto dimostrando di non essere un partito di plastica, come da sempre additato, ma invece fatto da persone capaci che sia fortemente radicato sul territorio.Non sfugge, tuttavia, che ci si trovi in un momento davvero delicato per il partito ma forse questa è l'occasione per fare chiarezza, per capire chi veramente crede negli ideali di Forza Italia e perchè no anche dare un nuovo asset strutturale al partito che gli permetta maggiore stabilità ed indipendenza dalla figura del suo fondatore. La Carfagna tocca poi il delicatissimo nodo delle alleanze a livello nazionale, ma che poi produce riverberi locali molto importanti. Ora il problema stanno diventando le forze di centro come UDC che insieme a NCD possono sottrarre poi al centro-destra e diventare un vero fastidioso ostacolo.
Il partito poi è animato da continue tensioni come dimostrano le diverse fuoriuscite che si sono registrate nell’ ultimo periodo ma si tratta di temi che vanno discussi in Assemblea Nazionale e gestiti con ferma autorevolezza,tuona dal palco la Carfagna. Una cosa è certa e palese, Forza Italia possiede ancora un fuoco politico acceso, i membri del partito devono difendere e custodire questo fuoco alimentandolo sul territorio e dimostrando come vi sia conoscenza dei problemi reali del paese e, per risolverli, pronti anche ad un patto di alleanza con Lega e Fratelli d'Italia.Le alleanze sono un passo successivo, il primo e rinsaldarsi all'interno e garantirsi l'auto-consapevolezza di se.
In queste settimane Forza Italia compatta le file soprattutto in attesa dei nuovi appuntamenti elettorali. E i vertici nazionali stanno seguendo con attenzione l’evolversi degli scenari delle varie regioni come dimostrato dal messaggio di Silvio Berlusconi ai giovani del partito a sostegno di una politica che sia più territoriale e vicina alla gente. La deputata Mara Carfagna è una delle più attive sul territorio e al recente convegno "Giovani e Lavoro” tenutosi nella sede di Confindustria, al quale hanno preso parte il presidente degli industriali, il presidente emerito della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre, e molti esperti della materia lavoristica. La Carfagna dal palco sottolinea con veemenza che bisogna riprendere a fare le cose che Forza Italia aveva smesso di fare ed occuparsi soprattutto del tema del lavoro che è fondamentale specialmente per le Regioni del mezzogiorno d'Italia. Al Sud i problemi sono tanti, le autorità locali hanno difficoltà enormi ma grandi sono anche le incapacità organizzative e la totale assenza di competenza come dimostra la sempre più cattiva gestione della sanità o le questioni inerenti alle opere pubbliche che diventano spesso culla per malaffare e corruzione.
La deputata campana afferma che FI al suo interno deve confrontarsi su problemi come questi, di così grande impatto dimostrando di non essere un partito di plastica, come da sempre additato, ma invece fatto da persone capaci che sia fortemente radicato sul territorio.Non sfugge, tuttavia, che ci si trovi in un momento davvero delicato per il partito ma forse questa è l'occasione per fare chiarezza, per capire chi veramente crede negli ideali di Forza Italia e perchè no anche dare un nuovo asset strutturale al partito che gli permetta maggiore stabilità ed indipendenza dalla figura del suo fondatore. La Carfagna tocca poi il delicatissimo nodo delle alleanze a livello nazionale, ma che poi produce riverberi locali molto importanti. Ora il problema stanno diventando le forze di centro come UDC che insieme a NCD possono sottrarre poi al centro-destra e diventare un vero fastidioso ostacolo.
Il partito poi è animato da continue tensioni come dimostrano le diverse fuoriuscite che si sono registrate nell’ ultimo periodo ma si tratta di temi che vanno discussi in Assemblea Nazionale e gestiti con ferma autorevolezza,tuona dal palco la Carfagna. Una cosa è certa e palese, Forza Italia possiede ancora un fuoco politico acceso, i membri del partito devono difendere e custodire questo fuoco alimentandolo sul territorio e dimostrando come vi sia conoscenza dei problemi reali del paese e, per risolverli, pronti anche ad un patto di alleanza con Lega e Fratelli d'Italia.Le alleanze sono un passo successivo, il primo e rinsaldarsi all'interno e garantirsi l'auto-consapevolezza di se.
Boldrini.Una sinistra europeista e sociale.
di Serena Ferraris
Riflessioni sul tema europeo.E' tempo di cambiare.
Sono giorni importanti per le istituzioni europee, a Roma si tiene il congresso celebrativo per i sessant’anni del Trattato in cui fu fondata la UE. La Presidente Laura Boldrini interviene sul tema ed esprime la sua opinione sull’ argomento comunitario. In primis afferma, che non si può scindere il destino della sinistra dall’ Europa. Il manifesto di Ventotene, da cui tutto nacque, parlava di pace e di giustizia sociale, i valori tipici della sinistra. L’obiettivo di tutti i politici di sinistra deve essere quello di tendere ad una politica più europeista, laburista, ambientalista, sociale e solidale. Questi sono i veri valori della sinistra. In Europa è un momento molto complesso. Per la sinistra europea c’è la difficile contesa elettorale in Olanda, Francia e Germania. E per quella italiana è la stagione di primarie, scissioni e ricomposizioni. È in questo momento che la Boldrini rivendica alcune sue battaglie, da sempre portate avanti, come quella per l’Europa accanto ad altre questioni: la parità di genere, l’impegno contro la disuguaglianza sociale e per il riscatto delle periferie, la lotta politica e culturale contro l’odio e le fake news, per un web libero e sicuro.
L’Europa, dice la Boldrini, è la culla dei diritti, un patrimonio da presentare al mondo. È la reputazione di cui dovremmo essere fieri, orgogliosi di essere europei. Ma questa Europa va cambiata con una profonda azione politica che non può restare affidata al livello inter-governativo. Di fronte alla più profonda crisi che l’Unione abbia attraversato dalla sua nascita, serve il dovere e la responsabilità di fare qualcosa. Per fare fronte alla crisi serve più Europa. Non va ignorato più l’impatto sociale della crisi. Servono crescita e lavoro. Va condivisa la sovranità in tutti gli ambiti in cui l’azione dei singoli Stati non è più adeguata. E l’obiettivo finale è l’Unione federale degli Stati. Se vogliamo che l’Europa sia in grado di dare risposte adeguate alle crisi, dichiara la Boldrini, è essenziale che l’Unione abbia a disposizione un bilancio realistico e non solo, come è oggi, l’uno per cento del Pil. Va messo in atto un sistema elettorale transnazionale con partiti realmente europei e simboli uguali per tutti i paesi, nella convinzione che se l’Europa è più forte tutti gli Stati-membri lo sono. E ancora: reddito di dignità europeo per i poveri, sussidio di disoccupazione europeo. Un fondo europeo destinato alle urgenze, come il terremoto del Centro Italia, e in grado di fare fronte alla crisi. L’Europa deve tornare a essere un’istituzione di protezione sociale. Puntare sull’Europa in questo momento di euro-distruzione è temerario per chi fa politica.
In Italia, prosegue la presidente della Camera, non c’è abbastanza forza nel promuovere il cambiamento dell’Europa. Non bisogna essere timidi, non bisogna avere paura. Bisogna essere assertivi, credo nella forza della ragione e delle argomentazioni. Disgregare l’Unione europea è un atto di autolesionismo che porterebbe alla decadenza finale rispetto ai giganti globali. In tutta Europa, però, gli europeisti sono sulla difensiva. E più in difficoltà di tutti la sinistra che va al voto nei prossimi mesi, con l’importante eccezione del socialdemocratico Martin Schulz in Germania, ex presidente del Parlamento europeo. La sinistra europea dovrebbe fare sua la battaglia della Grecia che riassume tutti gli elementi della crisi: una politica economica sbagliata, l’assottigliamento della classe media, la povertà diffusa. Sul tema interno della scissione PD la Boldrini afferma che in questo momento vorrebbe essere una figura di ponte, di dialogo, non tanto sugli schieramenti, su chi sta con chi, ma sui contenuti. Si augura che alla fine di questo travagliato percorso si possa arrivare a una sintesi. Bisogna far prevalere la responsabilità sui personalismi e sulle divisioni. In Europa nessuno Stato può farcela da solo, in Italia nessun partito a sinistra può farcela da solo.
Sono giorni importanti per le istituzioni europee, a Roma si tiene il congresso celebrativo per i sessant’anni del Trattato in cui fu fondata la UE. La Presidente Laura Boldrini interviene sul tema ed esprime la sua opinione sull’ argomento comunitario. In primis afferma, che non si può scindere il destino della sinistra dall’ Europa. Il manifesto di Ventotene, da cui tutto nacque, parlava di pace e di giustizia sociale, i valori tipici della sinistra. L’obiettivo di tutti i politici di sinistra deve essere quello di tendere ad una politica più europeista, laburista, ambientalista, sociale e solidale. Questi sono i veri valori della sinistra. In Europa è un momento molto complesso. Per la sinistra europea c’è la difficile contesa elettorale in Olanda, Francia e Germania. E per quella italiana è la stagione di primarie, scissioni e ricomposizioni. È in questo momento che la Boldrini rivendica alcune sue battaglie, da sempre portate avanti, come quella per l’Europa accanto ad altre questioni: la parità di genere, l’impegno contro la disuguaglianza sociale e per il riscatto delle periferie, la lotta politica e culturale contro l’odio e le fake news, per un web libero e sicuro.
L’Europa, dice la Boldrini, è la culla dei diritti, un patrimonio da presentare al mondo. È la reputazione di cui dovremmo essere fieri, orgogliosi di essere europei. Ma questa Europa va cambiata con una profonda azione politica che non può restare affidata al livello inter-governativo. Di fronte alla più profonda crisi che l’Unione abbia attraversato dalla sua nascita, serve il dovere e la responsabilità di fare qualcosa. Per fare fronte alla crisi serve più Europa. Non va ignorato più l’impatto sociale della crisi. Servono crescita e lavoro. Va condivisa la sovranità in tutti gli ambiti in cui l’azione dei singoli Stati non è più adeguata. E l’obiettivo finale è l’Unione federale degli Stati. Se vogliamo che l’Europa sia in grado di dare risposte adeguate alle crisi, dichiara la Boldrini, è essenziale che l’Unione abbia a disposizione un bilancio realistico e non solo, come è oggi, l’uno per cento del Pil. Va messo in atto un sistema elettorale transnazionale con partiti realmente europei e simboli uguali per tutti i paesi, nella convinzione che se l’Europa è più forte tutti gli Stati-membri lo sono. E ancora: reddito di dignità europeo per i poveri, sussidio di disoccupazione europeo. Un fondo europeo destinato alle urgenze, come il terremoto del Centro Italia, e in grado di fare fronte alla crisi. L’Europa deve tornare a essere un’istituzione di protezione sociale. Puntare sull’Europa in questo momento di euro-distruzione è temerario per chi fa politica.
In Italia, prosegue la presidente della Camera, non c’è abbastanza forza nel promuovere il cambiamento dell’Europa. Non bisogna essere timidi, non bisogna avere paura. Bisogna essere assertivi, credo nella forza della ragione e delle argomentazioni. Disgregare l’Unione europea è un atto di autolesionismo che porterebbe alla decadenza finale rispetto ai giganti globali. In tutta Europa, però, gli europeisti sono sulla difensiva. E più in difficoltà di tutti la sinistra che va al voto nei prossimi mesi, con l’importante eccezione del socialdemocratico Martin Schulz in Germania, ex presidente del Parlamento europeo. La sinistra europea dovrebbe fare sua la battaglia della Grecia che riassume tutti gli elementi della crisi: una politica economica sbagliata, l’assottigliamento della classe media, la povertà diffusa. Sul tema interno della scissione PD la Boldrini afferma che in questo momento vorrebbe essere una figura di ponte, di dialogo, non tanto sugli schieramenti, su chi sta con chi, ma sui contenuti. Si augura che alla fine di questo travagliato percorso si possa arrivare a una sintesi. Bisogna far prevalere la responsabilità sui personalismi e sulle divisioni. In Europa nessuno Stato può farcela da solo, in Italia nessun partito a sinistra può farcela da solo.
Meloni.Voglio un accordo sui contenuti.
di Serena Ferraris
Unire la destra intorno ad un programma condiviso da tutti.
In questi giorni Giorgia Meloni è attiva sul fronte primarie per il centro-destra.La passionale politica romana sta cercando di catalizzare gli umori del popolo della destra provando soprattutto ad approfittare del momento di sbandamento in casa PD dopo l'episodio della scissione che ha comunque lasciato scorie nel mondo di sinistra. La leader di Fratelli d’Italia a Roma di recente,ha spiegato, tornando sul tema delle primarie che Berlusconi non le vuole perché non sono regolate da norme precise ma adesso è stato depositato il testo regolatorio sarebbe giusto capire se Forza Italia intende fare o non fare questa battaglia.
Sulla leadership, la parlamentare ha ribadito che non dovrà essere calata dall’ alto o decisa a tavolino ma scelta dai cittadini. Ad oggi non c’è una figura condivisa da tutti e per questo bisogna avere l’umiltà di chiedere agli italiani attraverso le primarie o con un sistema che faccia decidere al popolo.La seconda questione, ha proseguito Giorgia Meloni, riguarda ovviamente i contenuti: la corsa elettorale non deve essere una corsa per partecipare all'agone ma per vincere le elezioni con una compagine e con un programma che consentano di governare l’Italia nell’ interesse degli italiani.
E la terza – ha concluso Meloni – potrebbe essere chiamata la clausola anti-inciucio: l’impegno di tutti i partiti che fanno parte della coalizione a non fare mai accordi, in qualunque caso, col Pd. La laeder di Fratelli d’Italia ha poi annunciato che per il 25 marzo, in occasione dei 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma verrà organizzata una manifestazione per raccontare l’Europa che vorremmo e che è molto diversa da questa. Non sarà una mobilitazione di piazza e neanche di sola contestazione: ma una vera occasione per ribadire che i veri anti europeisti sono i freddi burocrati che governano l’Ue.
In questi giorni Giorgia Meloni è attiva sul fronte primarie per il centro-destra.La passionale politica romana sta cercando di catalizzare gli umori del popolo della destra provando soprattutto ad approfittare del momento di sbandamento in casa PD dopo l'episodio della scissione che ha comunque lasciato scorie nel mondo di sinistra. La leader di Fratelli d’Italia a Roma di recente,ha spiegato, tornando sul tema delle primarie che Berlusconi non le vuole perché non sono regolate da norme precise ma adesso è stato depositato il testo regolatorio sarebbe giusto capire se Forza Italia intende fare o non fare questa battaglia.
Sulla leadership, la parlamentare ha ribadito che non dovrà essere calata dall’ alto o decisa a tavolino ma scelta dai cittadini. Ad oggi non c’è una figura condivisa da tutti e per questo bisogna avere l’umiltà di chiedere agli italiani attraverso le primarie o con un sistema che faccia decidere al popolo.La seconda questione, ha proseguito Giorgia Meloni, riguarda ovviamente i contenuti: la corsa elettorale non deve essere una corsa per partecipare all'agone ma per vincere le elezioni con una compagine e con un programma che consentano di governare l’Italia nell’ interesse degli italiani.
E la terza – ha concluso Meloni – potrebbe essere chiamata la clausola anti-inciucio: l’impegno di tutti i partiti che fanno parte della coalizione a non fare mai accordi, in qualunque caso, col Pd. La laeder di Fratelli d’Italia ha poi annunciato che per il 25 marzo, in occasione dei 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma verrà organizzata una manifestazione per raccontare l’Europa che vorremmo e che è molto diversa da questa. Non sarà una mobilitazione di piazza e neanche di sola contestazione: ma una vera occasione per ribadire che i veri anti europeisti sono i freddi burocrati che governano l’Ue.
Boschi.Al Lingotto è rinato il vero PD.
di Serena Ferraris
L'ex ministro è fiduciosa.Basta paure per il futuro.
L'assemblea del Lingotto è stata un'occasione di fondamentale importanza per il popolo PD.Non solo ha permesso al partito di contarsi ma è stata una nuova opportunità per l'apparato di esporre la nuova visione del segretario Renzi. Una specie di nuova investitura. Maria Elena Boschi era anche essa presente ed è anche intervenuta subito dopo Renzi con parole di grinta e soprattutto rivolte al futuro politico, con un solo obiettivo concreto, riprendere il potere e ridare speranze ai cittadini. Il processo di riforme è stato bruscamente interrotto col referendum, ma il paese ne ha bisogno, dice la Boschi, perché non sono semplici leggi, sono ossigeno per un paese fermo e senza spinta in qualsiasi settore. La scissione in casa PD ha lasciato ferite ma la Boschi tenta di glissare e soprattutto sottolinea come la vera anima progressista è rappresentata da chi nel PD è rimasto, pronto a portare aria nuova nelle stanze antiche della politica nazionale.
Una critica velata è stata però fatta, in particolare la Boschi sottolinea che aiutare chi non arriva a fine mese è un dovere ma il Governo dovrebbe virare sulle politiche di incentivo al lavoro e alle assunzione piuttosto che verso il reddito da cittadinanza o le politiche assistenzialiste che alla fine lasceranno solo enormi buchi di bilancio da sanare in futuro. Insomma il PD deve ripartire da dove era rimasto, senza trascurare gli errori commessi, una maggiore attenzione per le componenti critiche del partito dovrà esserci, afferma la Boschi, ma queste non dovranno creare tensione e soprattutto bloccare i venti di riforma che si preannunciano rivoluzionari perchè è il paese che ne necessita. Si dice che la Boschi sarà una delle punte di diamante nella nuova squadra di Renzi per le prossime primarie, l' ex ministra si dice fiera della fiducia e rimarca la sua convinzione nel programma renziano di riforma, l'unico dispiacere resta una legge elettorale monca che la Consulta ha mezzo rivoluzionata e che qualche preoccupazione la desterà sicuramente in futuro.
La Boschi ci tiene però a sottolineare come dal Lingotto esce un PD rinato, che mira alla vocazione maggioritaria e all'auto-sufficienza completa, un PD che cerca il 40%, come focus verso cui spingersi, indipendentemente dalle alleanze che lasciano sempre un punto interrogativo pericoloso; 11 milioni di elettori da riconquistare con convinzione. Un PD libero e senza confini, dove i cittadini possano partecipare e sentirsi coinvolti anche senza la tessera in tasca, una specie di partito-comunità, dice la Boschi, che non sia egoista e auto-referenziale ma aperto al paese, e che col paese sia in comunicazione diretta.Solo in tal modo, dichiara la Boschi, la gente potrà sentirsi realmente rappresentata in Parlamento e solo così i bisogni dei cittadini potranno essere affrontati in maniera concreta e realistica. Diventi il PD il partito del Paese.
L'assemblea del Lingotto è stata un'occasione di fondamentale importanza per il popolo PD.Non solo ha permesso al partito di contarsi ma è stata una nuova opportunità per l'apparato di esporre la nuova visione del segretario Renzi. Una specie di nuova investitura. Maria Elena Boschi era anche essa presente ed è anche intervenuta subito dopo Renzi con parole di grinta e soprattutto rivolte al futuro politico, con un solo obiettivo concreto, riprendere il potere e ridare speranze ai cittadini. Il processo di riforme è stato bruscamente interrotto col referendum, ma il paese ne ha bisogno, dice la Boschi, perché non sono semplici leggi, sono ossigeno per un paese fermo e senza spinta in qualsiasi settore. La scissione in casa PD ha lasciato ferite ma la Boschi tenta di glissare e soprattutto sottolinea come la vera anima progressista è rappresentata da chi nel PD è rimasto, pronto a portare aria nuova nelle stanze antiche della politica nazionale.
Una critica velata è stata però fatta, in particolare la Boschi sottolinea che aiutare chi non arriva a fine mese è un dovere ma il Governo dovrebbe virare sulle politiche di incentivo al lavoro e alle assunzione piuttosto che verso il reddito da cittadinanza o le politiche assistenzialiste che alla fine lasceranno solo enormi buchi di bilancio da sanare in futuro. Insomma il PD deve ripartire da dove era rimasto, senza trascurare gli errori commessi, una maggiore attenzione per le componenti critiche del partito dovrà esserci, afferma la Boschi, ma queste non dovranno creare tensione e soprattutto bloccare i venti di riforma che si preannunciano rivoluzionari perchè è il paese che ne necessita. Si dice che la Boschi sarà una delle punte di diamante nella nuova squadra di Renzi per le prossime primarie, l' ex ministra si dice fiera della fiducia e rimarca la sua convinzione nel programma renziano di riforma, l'unico dispiacere resta una legge elettorale monca che la Consulta ha mezzo rivoluzionata e che qualche preoccupazione la desterà sicuramente in futuro.
La Boschi ci tiene però a sottolineare come dal Lingotto esce un PD rinato, che mira alla vocazione maggioritaria e all'auto-sufficienza completa, un PD che cerca il 40%, come focus verso cui spingersi, indipendentemente dalle alleanze che lasciano sempre un punto interrogativo pericoloso; 11 milioni di elettori da riconquistare con convinzione. Un PD libero e senza confini, dove i cittadini possano partecipare e sentirsi coinvolti anche senza la tessera in tasca, una specie di partito-comunità, dice la Boschi, che non sia egoista e auto-referenziale ma aperto al paese, e che col paese sia in comunicazione diretta.Solo in tal modo, dichiara la Boschi, la gente potrà sentirsi realmente rappresentata in Parlamento e solo così i bisogni dei cittadini potranno essere affrontati in maniera concreta e realistica. Diventi il PD il partito del Paese.
Serracchiani.Il PD adesso volti pagina.
di Serena Ferraris
Dopo la scissione può nascere un PD con una nuova anima.
Sono stati giorni di fortissima tensione nella segreteria PD.La scissione che si paventava è avvenuta e un gruppo nutrito di iscritti al partito ha deciso di fuoriuscire non senza polemiche ed accuse verso Renzi e i renziani tutti. Nel gruppo dei renziani è presente fin dalla prima ora la vicepresidente Debora Serracchiani, che nell' immediato post scissione ha deciso di dire la sua sull'accaduto. Il Partito Democratico ora vive il suo passaggio più difficile, ma questa storia non è affatto conclusa e non è stata né un miraggio né un’utopia. La Serracchiani afferma che dall'avvento di Renzi il PD si è tramutato in un partito che produce sogni e speranze di cambiamento, in tanti, dice, abbiamo creduto e continuiamo a credere in questa sfida. Oggi, nonostante i limiti e gli errori che vanno riconosciuti, c’è un’intera generazione che non intende accettare chi spinge per un ritorno alle antiche case madri. Quello di cui abbiamo bisogno è esattamente il contrario: portare a compimento ciò che è rimasto incompiuto.
La Serracchiani sottolinea che la scissione è un fatto grave ma politicamente può produrre conseguenze anche positive perchè chi era portatore di visioni novecentesche della sinistra si è da solo messo da parte ed adesso si può costruire finalmente una nuova cultura politica, una nuova identità. Un soggetto autenticamente popolare, alternativo al populismo.Una cosa è però sicura, ovvero che non c’è sinistra senza il Pd in questo paese. La vice presidente PD continua affermando che è stato dato vita al partito nuovo per uscire dal novecento e non c'è intenzione di riavvolgere il nastro della storia. Bisogna dare più forza alle ragioni che mossero quella scelta perché se ne sente ancora la necessità storica. Costruire l’unità nella pluralità. Non vivere la diversità a compartimenti stagni ma mescolare, arricchire, aprire. Perché diversi ma uniti è possibile. Anzi. Diversi ma uniti è necessario.Le sfide per Matteo Renzi per il nuovo PD sono ancora tante ed ardue. Sono temi che devono trovare risposta nel prossimo congresso se si vuole che sia un congresso utile e vero.
Non ancora proposte e programmi, ma questioni prioritarie dentro le quali avanzare azioni e scelte.Occorre una svolta radicale nelle forme e nella sostanza. I problemi che abbiamo ereditato sono figli della fragilità dei primi anni di vita del PD e non sono stati affrontati. Ora serve farlo. Senza rifugiarsi in nessuna rassicurante formula del passato. Nessuno può davvero immaginare che si possa tornare al partito di massa del secolo scorso. Ma nemmeno si può credere che si possa rimanere, come siamo, in mezzo a un guado, spesso una sommatoria di filiere personali distinte e distanti. Chi viene investito dell’onere della leadership deve guidare, ma non da solo. E chi è minoranza deve far vivere la pluralità senza scadere nella delegittimazione di chi guida.La forma è sostanza, soprattutto in politica. Serve allora un lavoro profondo per fare del PD un luogo stabile di elaborazione e confronto, di selezione delle classi dirigenti per merito e non per fedeltà, di partecipazione costante. Dopo la scissione, che resta una ferita importante e dolorosa, occorre necessariamente voltare pagina.
Sono stati giorni di fortissima tensione nella segreteria PD.La scissione che si paventava è avvenuta e un gruppo nutrito di iscritti al partito ha deciso di fuoriuscire non senza polemiche ed accuse verso Renzi e i renziani tutti. Nel gruppo dei renziani è presente fin dalla prima ora la vicepresidente Debora Serracchiani, che nell' immediato post scissione ha deciso di dire la sua sull'accaduto. Il Partito Democratico ora vive il suo passaggio più difficile, ma questa storia non è affatto conclusa e non è stata né un miraggio né un’utopia. La Serracchiani afferma che dall'avvento di Renzi il PD si è tramutato in un partito che produce sogni e speranze di cambiamento, in tanti, dice, abbiamo creduto e continuiamo a credere in questa sfida. Oggi, nonostante i limiti e gli errori che vanno riconosciuti, c’è un’intera generazione che non intende accettare chi spinge per un ritorno alle antiche case madri. Quello di cui abbiamo bisogno è esattamente il contrario: portare a compimento ciò che è rimasto incompiuto.
La Serracchiani sottolinea che la scissione è un fatto grave ma politicamente può produrre conseguenze anche positive perchè chi era portatore di visioni novecentesche della sinistra si è da solo messo da parte ed adesso si può costruire finalmente una nuova cultura politica, una nuova identità. Un soggetto autenticamente popolare, alternativo al populismo.Una cosa è però sicura, ovvero che non c’è sinistra senza il Pd in questo paese. La vice presidente PD continua affermando che è stato dato vita al partito nuovo per uscire dal novecento e non c'è intenzione di riavvolgere il nastro della storia. Bisogna dare più forza alle ragioni che mossero quella scelta perché se ne sente ancora la necessità storica. Costruire l’unità nella pluralità. Non vivere la diversità a compartimenti stagni ma mescolare, arricchire, aprire. Perché diversi ma uniti è possibile. Anzi. Diversi ma uniti è necessario.Le sfide per Matteo Renzi per il nuovo PD sono ancora tante ed ardue. Sono temi che devono trovare risposta nel prossimo congresso se si vuole che sia un congresso utile e vero.
Non ancora proposte e programmi, ma questioni prioritarie dentro le quali avanzare azioni e scelte.Occorre una svolta radicale nelle forme e nella sostanza. I problemi che abbiamo ereditato sono figli della fragilità dei primi anni di vita del PD e non sono stati affrontati. Ora serve farlo. Senza rifugiarsi in nessuna rassicurante formula del passato. Nessuno può davvero immaginare che si possa tornare al partito di massa del secolo scorso. Ma nemmeno si può credere che si possa rimanere, come siamo, in mezzo a un guado, spesso una sommatoria di filiere personali distinte e distanti. Chi viene investito dell’onere della leadership deve guidare, ma non da solo. E chi è minoranza deve far vivere la pluralità senza scadere nella delegittimazione di chi guida.La forma è sostanza, soprattutto in politica. Serve allora un lavoro profondo per fare del PD un luogo stabile di elaborazione e confronto, di selezione delle classi dirigenti per merito e non per fedeltà, di partecipazione costante. Dopo la scissione, che resta una ferita importante e dolorosa, occorre necessariamente voltare pagina.
Boldrini.L'Europa deve dare più risposte.
di Serena Ferraris
Pensieri per un' Unione europea davvero più solida.
Intervenuta di recente ad un congresso presso la Scuola Normale di Pisa la Presidente della Camera dei Deputati ha detto la sua su molti argomenti in particolare sull'evoluzione del rapporto dei cittadini verso la politica.La Boldrini ha sottolineato chiaramente che o il mondo politico, anche comunitario, inizierà a dare riposte ai problemi dei cittadini o la crescita delle forze populiste sarà inarrestabile.Ormai il livello di saturazione è giunto a misure tali che se l’Europa non darà risposte adeguate alla crescita delle disuguaglianze e alla mancanza di lavoro, i nostri cittadini saranno più disposti ad ascoltare chi vuole distruggere l’Unione, sostiene la Boldrini che rimarca il concetto con molto trasporto.
Secondo la presidente della Camera occorre dunque rilanciare la costruzione europea su basi nuove, senza farci paralizzare dalle preoccupazioni legate alle prossime scadenze elettorali di vari Paesi Ue. A fine marzo a Roma ci sarà un fondamentale incontro tra i leader dell’Unione che si riuniranno per celebrate i 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma e per approvare una Dichiarazione sul futuro dell’Europa. Secondo la Boldrini quella è la prima occasione da cogliere per chiedere più Europa: un’Europa sociale, che punti alla crescita e all’ occupazione e abbia il coraggio di condividere sovranità nei settori in cui ormai l’azione dei singoli Stati è palesemente inadeguata.
La Boldrini inoltre afferma che qualche passo importante è stato già accennato, a settembre infatti lei stessa insieme al presidente del Bundestag tedesco Norbert Lambert, al presidente dell’Assemblée nazionale francese Claude Bartolone, al presidente della Chambers des Députés lussemburghese Mars Di Bartolomeo hanno redatto la dichiarazione congiunta a cui hanno già aderito 15 paesi dell’Unione. Nel documento si afferma che l’Europa dovrebbe essere “una unione federale di Stati”, per garantire al nostro continente più forza nell’ affrontare problemi globali quali i flussi migratori, il cambiamento climatico, il diffondersi di conflitti e terrorismo, l’instabilità dei mercati. Il processo di integrazione attualmente in corso non dovrebbe essere limitato alla sfera della politica economica e finanziaria al mercato interno e alla politica agricola. Al contrario dovrebbe includere tutte le materie attinenti all’ ideale europeo, la dimensione sociale e culturale, nonché la politica estera, di sicurezza e di difesa.
Intervenuta di recente ad un congresso presso la Scuola Normale di Pisa la Presidente della Camera dei Deputati ha detto la sua su molti argomenti in particolare sull'evoluzione del rapporto dei cittadini verso la politica.La Boldrini ha sottolineato chiaramente che o il mondo politico, anche comunitario, inizierà a dare riposte ai problemi dei cittadini o la crescita delle forze populiste sarà inarrestabile.Ormai il livello di saturazione è giunto a misure tali che se l’Europa non darà risposte adeguate alla crescita delle disuguaglianze e alla mancanza di lavoro, i nostri cittadini saranno più disposti ad ascoltare chi vuole distruggere l’Unione, sostiene la Boldrini che rimarca il concetto con molto trasporto.
Secondo la presidente della Camera occorre dunque rilanciare la costruzione europea su basi nuove, senza farci paralizzare dalle preoccupazioni legate alle prossime scadenze elettorali di vari Paesi Ue. A fine marzo a Roma ci sarà un fondamentale incontro tra i leader dell’Unione che si riuniranno per celebrate i 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma e per approvare una Dichiarazione sul futuro dell’Europa. Secondo la Boldrini quella è la prima occasione da cogliere per chiedere più Europa: un’Europa sociale, che punti alla crescita e all’ occupazione e abbia il coraggio di condividere sovranità nei settori in cui ormai l’azione dei singoli Stati è palesemente inadeguata.
La Boldrini inoltre afferma che qualche passo importante è stato già accennato, a settembre infatti lei stessa insieme al presidente del Bundestag tedesco Norbert Lambert, al presidente dell’Assemblée nazionale francese Claude Bartolone, al presidente della Chambers des Députés lussemburghese Mars Di Bartolomeo hanno redatto la dichiarazione congiunta a cui hanno già aderito 15 paesi dell’Unione. Nel documento si afferma che l’Europa dovrebbe essere “una unione federale di Stati”, per garantire al nostro continente più forza nell’ affrontare problemi globali quali i flussi migratori, il cambiamento climatico, il diffondersi di conflitti e terrorismo, l’instabilità dei mercati. Il processo di integrazione attualmente in corso non dovrebbe essere limitato alla sfera della politica economica e finanziaria al mercato interno e alla politica agricola. Al contrario dovrebbe includere tutte le materie attinenti all’ ideale europeo, la dimensione sociale e culturale, nonché la politica estera, di sicurezza e di difesa.
Carfagna.Il centro-destra può rinascere.
di Serena Ferraris
Approfittare del vuoto interno al PD.Questa la strada da seguire.
La forzista Mara Carfagna era ospite al forum Giovane Italia a Bari ed ha espresso le sue idee e i suoi pensieri sulle dinamiche politiche delle ultime settimane. La deputata di FI ha sottolineato che nel caso in cui Berlusconi possa tornare nella pienezza della sua agibilità politica, le cose potrebbero cambiare, perchè il peso della personalità del Cavaliere resta enorme anche col passare del tempo. Restando sull'attualità politica la Carfagna afferma che non c'è nessuna fretta di tornare alle urne: elezioni subito no, una volta tanto si può restare alle parole di Renzi che ha detto che si sarebbe votato nel 2018.La missione di Forza Italia sarà quella di creare un centrodestra unito per vincere, puntare a vincere e se non si riescere, sempre insieme fare una dura opposizione. Nel caso in cui nessuno raggiunga una solida maggioranza, come hanno fatto in Belgio,tutti i partiti perdenti trovino una formula per dare un governo provvisorio al Paese per governare. Le grosse coalizioni sono sempre il prodotto di una necessità, non di una strategia.
Alla guida del fronte di centrodestra, la Carfagna vede sempre Silvio Berlusconi. Solo chi ha l'intelligenza, la forza, la capacità, il programma per unire il centrodestra, vince, ha affermato, sostenendo che oggi Berlusconi ha ancora questa capacità. E' un grosso errore credere che oggi il Cavaliere non sia adeguatamente presente sulla scena politica. Un argomento importante toccato dalla Carfagna rimane quello della legge elettorale.Una legge a base proporzionale, no al ballottaggio e provare ad armonizzare le norme per Camera e Senato, questi i temi centrali del sistema elettorale da perseguire con coraggio. L'idea insomma è avere un sistema a base proporzionale, che viene già fuori dalle due sentenzedella Consulta; un grande no al ballottaggio e infine cercare di dare una forte armonizzazione alle due norme su Camera e Senato.
Molti in Transatlantico vociferavano della possibilità di dare vita ad un nuovo patto del Nazareno, ma la Carfagna non ha dubbi: mai più con Renzi, personalmente afferma. E' un personaggio politico divisivo e inaffidabile. Chi mai farebbe un accordo con una persona divisiva e inaffidabile affetta da azzardo morale. L'azzardo morale produce il fallimento di tutti i patti e di tutte le alleanze politiche. Con i possibili futuri alleati del centrodestra, la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, ci sono tanti temi di cui discutere. Anche sul futuro dell'Unione europea. I punti in comune sono il no all'asse franco-tedesco, egoista e miope, il no all'Europa a trazione tedesca che favorisce i Paesi del Nord, ad esempio la rigida regola del deficit, applicata in modo meccanico all'Italia e alla Spagna ed in modo molto più flessibile alla stessa Germania. Guardare ai punti di contatto non certo a quelli di divisione è il modo migliore per creare un' unione forte a destra.
La forzista Mara Carfagna era ospite al forum Giovane Italia a Bari ed ha espresso le sue idee e i suoi pensieri sulle dinamiche politiche delle ultime settimane. La deputata di FI ha sottolineato che nel caso in cui Berlusconi possa tornare nella pienezza della sua agibilità politica, le cose potrebbero cambiare, perchè il peso della personalità del Cavaliere resta enorme anche col passare del tempo. Restando sull'attualità politica la Carfagna afferma che non c'è nessuna fretta di tornare alle urne: elezioni subito no, una volta tanto si può restare alle parole di Renzi che ha detto che si sarebbe votato nel 2018.La missione di Forza Italia sarà quella di creare un centrodestra unito per vincere, puntare a vincere e se non si riescere, sempre insieme fare una dura opposizione. Nel caso in cui nessuno raggiunga una solida maggioranza, come hanno fatto in Belgio,tutti i partiti perdenti trovino una formula per dare un governo provvisorio al Paese per governare. Le grosse coalizioni sono sempre il prodotto di una necessità, non di una strategia.
Alla guida del fronte di centrodestra, la Carfagna vede sempre Silvio Berlusconi. Solo chi ha l'intelligenza, la forza, la capacità, il programma per unire il centrodestra, vince, ha affermato, sostenendo che oggi Berlusconi ha ancora questa capacità. E' un grosso errore credere che oggi il Cavaliere non sia adeguatamente presente sulla scena politica. Un argomento importante toccato dalla Carfagna rimane quello della legge elettorale.Una legge a base proporzionale, no al ballottaggio e provare ad armonizzare le norme per Camera e Senato, questi i temi centrali del sistema elettorale da perseguire con coraggio. L'idea insomma è avere un sistema a base proporzionale, che viene già fuori dalle due sentenzedella Consulta; un grande no al ballottaggio e infine cercare di dare una forte armonizzazione alle due norme su Camera e Senato.
Molti in Transatlantico vociferavano della possibilità di dare vita ad un nuovo patto del Nazareno, ma la Carfagna non ha dubbi: mai più con Renzi, personalmente afferma. E' un personaggio politico divisivo e inaffidabile. Chi mai farebbe un accordo con una persona divisiva e inaffidabile affetta da azzardo morale. L'azzardo morale produce il fallimento di tutti i patti e di tutte le alleanze politiche. Con i possibili futuri alleati del centrodestra, la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, ci sono tanti temi di cui discutere. Anche sul futuro dell'Unione europea. I punti in comune sono il no all'asse franco-tedesco, egoista e miope, il no all'Europa a trazione tedesca che favorisce i Paesi del Nord, ad esempio la rigida regola del deficit, applicata in modo meccanico all'Italia e alla Spagna ed in modo molto più flessibile alla stessa Germania. Guardare ai punti di contatto non certo a quelli di divisione è il modo migliore per creare un' unione forte a destra.
Bonafè.Nel PD c'è il rischio di scissione.
di Serena Ferraris
Tutto resta in bilico nel Partito Democratico.
La direzione nazionale del PD si avvicina e la situazione interna al partito resta molto fluida e dinamica.Simona Bonafè, una renziana che però ha sempre mantenuto un'anima anche critica, sottolinea che la paura maggiore, sempre più concreta è quella di una scissione.La deputata afferma che il PD passo passo sembra allontanarsi dalla gente e una politica che si stacca dal popolo e non ne coglie esigenze e problemi è una politica inutile, solo rappresentativa di se stessa ma non della società. Renzi deve capire e senza dubbio lo farà, che sono gli interessi del Paese e poi quelli del partito ad avere la precedenza, tuona la Bonafè.Molti si chiedono quale sia l'opinione del PD su eventuali elezioni anticipate.
Forse, dice la Bonafè, non è utilie andare ad elezioni tra quattro mesi, ma sarebbe molto più utile, usare la maggioranza parlamentare che possiede il PD per concludere due, tre riforme urgenti e poi pensare ad eventuali orizzonti elettorali. Il Congresso Nazionale si farà in questo 2017 ma la cosa importante sarà affrontare temi concreti, senza trasformare tutto nel solito referendum pro o contro Renzi, i gazebi nelle piazze sono inutili se servono a creare solo consenso personale e non ad attrarre le necessità degli elettori del PD. Il Congresso deve essere un'occasione di confronto, anche duro, ma sui temi, non sulle facce da presentare al voto, mutare il tutto in una corsa personalistica è davvero depauperante per la politica stessa, sia essa di sinistra o di destra.La Paura che la Bonafè sottolinea è che in Direzione questo aspetto personale del partito possa prevalere e allora il rischio scissione diventerebbe concretissimo, anche perchè colleghi come Speranza, Cuperlo e Bersani hanno già espresso il loro parere contrario ad un Congresso lampo con elezioni a giugno. Infine qualche parola sulla nuova legge elettorale che è stata modificata anche dalla Consulta.
La Bonafè afferma che tutto pare seguire un percorso schizzoide dove si passa dalla legge più maggioritaria possibile ad una nuova riforma che sia solo su base proporzionale, una specie di follia politica che gli elettori non comprendono e che li spingono ad allontanarsi dal PD. Di sicuro il fatto che personaggi come D'Alema e Pisapia si schierino contro il segretario è una ferita brutta. Il PD in tal modo perde unità, un conto è il pluralismo di vedute, anche critiche, un conto l'attacco personale a chi ha dato al PD una maggioranza notevolissima che non si vedeva da decenni.Un minimo di ringraziamento al metodo Renzi andrebbe fatto da tutti.
La direzione nazionale del PD si avvicina e la situazione interna al partito resta molto fluida e dinamica.Simona Bonafè, una renziana che però ha sempre mantenuto un'anima anche critica, sottolinea che la paura maggiore, sempre più concreta è quella di una scissione.La deputata afferma che il PD passo passo sembra allontanarsi dalla gente e una politica che si stacca dal popolo e non ne coglie esigenze e problemi è una politica inutile, solo rappresentativa di se stessa ma non della società. Renzi deve capire e senza dubbio lo farà, che sono gli interessi del Paese e poi quelli del partito ad avere la precedenza, tuona la Bonafè.Molti si chiedono quale sia l'opinione del PD su eventuali elezioni anticipate.
Forse, dice la Bonafè, non è utilie andare ad elezioni tra quattro mesi, ma sarebbe molto più utile, usare la maggioranza parlamentare che possiede il PD per concludere due, tre riforme urgenti e poi pensare ad eventuali orizzonti elettorali. Il Congresso Nazionale si farà in questo 2017 ma la cosa importante sarà affrontare temi concreti, senza trasformare tutto nel solito referendum pro o contro Renzi, i gazebi nelle piazze sono inutili se servono a creare solo consenso personale e non ad attrarre le necessità degli elettori del PD. Il Congresso deve essere un'occasione di confronto, anche duro, ma sui temi, non sulle facce da presentare al voto, mutare il tutto in una corsa personalistica è davvero depauperante per la politica stessa, sia essa di sinistra o di destra.La Paura che la Bonafè sottolinea è che in Direzione questo aspetto personale del partito possa prevalere e allora il rischio scissione diventerebbe concretissimo, anche perchè colleghi come Speranza, Cuperlo e Bersani hanno già espresso il loro parere contrario ad un Congresso lampo con elezioni a giugno. Infine qualche parola sulla nuova legge elettorale che è stata modificata anche dalla Consulta.
La Bonafè afferma che tutto pare seguire un percorso schizzoide dove si passa dalla legge più maggioritaria possibile ad una nuova riforma che sia solo su base proporzionale, una specie di follia politica che gli elettori non comprendono e che li spingono ad allontanarsi dal PD. Di sicuro il fatto che personaggi come D'Alema e Pisapia si schierino contro il segretario è una ferita brutta. Il PD in tal modo perde unità, un conto è il pluralismo di vedute, anche critiche, un conto l'attacco personale a chi ha dato al PD una maggioranza notevolissima che non si vedeva da decenni.Un minimo di ringraziamento al metodo Renzi andrebbe fatto da tutti.
Boschi.Il PD deve risvegliarsi dal torpore.
di Serena Ferraris
C'è bisogno di una mini rivoluzione nelle file del PD.
Dopo lo shock del referendum Maria Elena Boschi è stata una delle poche superstiti del gruppo renziano a Palazzo Chigi. La deputata PD è consapevole della sua fortuna e in un recente intervento a Pisa ha esposto la sua opinione sulla situazione politica attuale. La Boschi sottolinea che c’è un urgente bisogno di forme di contendibilità perché è impossibile andare a elezioni politiche senza un confronto vero anche e soprattutto all’interno del Pd. La via maestra resta il congresso ma attenzione a fare corse al voto anteponendo gli interessi del partito agli interessi del Paese. La Boschi senza remore né timori dichiara apertamente che il PD necessita di una forte sveglia, sollevarsi dal suo torpore, poiché essendo la “principale forza di governo” e con “una solida maggioranza in Parlamento”, ha l’obbligo politico di affrontare i temi sul tavolo: il terremoto, una misura universale di contrasto alla povertà, revisione della Buona scuola e del Jobs Act a partire dai voucher.
Il referendum ha definitivamente chiuso la stagione dell’ultra-maggioritario. Una certa interpretazione del Pd che risolve tutto da solo contro tutti non convince più. Bisogna invece sviluppare l’idea di un partito inclusivo, capace di costruire un tessuto che tenga insieme il cattolicesimo democratico e la sinistra e le positive esperienze del civismo. Il tempo degli amoreggiamenti con le forze di centro-destra deve finire. Partendo da un programma chiaro e riformista va costruito un modello che perimetri il campo del centrosinistra, e tenga fuori residui del berlusconismo. Non è una formula magica, è la formula che ha permesso al PD stesso di trionfare in moltissime città e in tante Regioni. Sulla legge elettorale, la Boschi afferma che sarà una scelta del Parlamento che però dovrà contenere due principi fondanti. Il primo: mai più nominati, che rispondono al capo di turno e non ai territori. I parlamentari devono essere scelti dai cittadini. Il secondo: equilibrio tra rappresentanza e governabilità.
Purtroppo si scontano gli effetti negativi della bocciatura del referendum che insieme ad un più moderno assetto istituzionale avrebbe garantito governabilità ed una maggiore efficienza nel funzionamento del Paese. Purtroppo il NO al referendum ha fatto piombare il Paese indietro nel passato ed ora si ha il dovere politico di trovare una legge omogenea tra Camera e Senato che permetta al Parlamento di offrire ai cittadini risposte rapide e puntuali. Il Pd resta l`unica forza organizzata sul territorio, l`unica formazione autenticamente di governo. La Lega ambisce a rappresentare un voto di protesta a volte rabbioso e i pochi casi in cui governa lo fa male. Le difficoltà del Movimento Cinque Stelle sono evidenti, basti pensare a Roma. Ma tuttavia, dichiara la Boschi, l`assenza di alternative non può essere l`unica ragione di vita del Pd.
Dopo lo shock del referendum Maria Elena Boschi è stata una delle poche superstiti del gruppo renziano a Palazzo Chigi. La deputata PD è consapevole della sua fortuna e in un recente intervento a Pisa ha esposto la sua opinione sulla situazione politica attuale. La Boschi sottolinea che c’è un urgente bisogno di forme di contendibilità perché è impossibile andare a elezioni politiche senza un confronto vero anche e soprattutto all’interno del Pd. La via maestra resta il congresso ma attenzione a fare corse al voto anteponendo gli interessi del partito agli interessi del Paese. La Boschi senza remore né timori dichiara apertamente che il PD necessita di una forte sveglia, sollevarsi dal suo torpore, poiché essendo la “principale forza di governo” e con “una solida maggioranza in Parlamento”, ha l’obbligo politico di affrontare i temi sul tavolo: il terremoto, una misura universale di contrasto alla povertà, revisione della Buona scuola e del Jobs Act a partire dai voucher.
Il referendum ha definitivamente chiuso la stagione dell’ultra-maggioritario. Una certa interpretazione del Pd che risolve tutto da solo contro tutti non convince più. Bisogna invece sviluppare l’idea di un partito inclusivo, capace di costruire un tessuto che tenga insieme il cattolicesimo democratico e la sinistra e le positive esperienze del civismo. Il tempo degli amoreggiamenti con le forze di centro-destra deve finire. Partendo da un programma chiaro e riformista va costruito un modello che perimetri il campo del centrosinistra, e tenga fuori residui del berlusconismo. Non è una formula magica, è la formula che ha permesso al PD stesso di trionfare in moltissime città e in tante Regioni. Sulla legge elettorale, la Boschi afferma che sarà una scelta del Parlamento che però dovrà contenere due principi fondanti. Il primo: mai più nominati, che rispondono al capo di turno e non ai territori. I parlamentari devono essere scelti dai cittadini. Il secondo: equilibrio tra rappresentanza e governabilità.
Purtroppo si scontano gli effetti negativi della bocciatura del referendum che insieme ad un più moderno assetto istituzionale avrebbe garantito governabilità ed una maggiore efficienza nel funzionamento del Paese. Purtroppo il NO al referendum ha fatto piombare il Paese indietro nel passato ed ora si ha il dovere politico di trovare una legge omogenea tra Camera e Senato che permetta al Parlamento di offrire ai cittadini risposte rapide e puntuali. Il Pd resta l`unica forza organizzata sul territorio, l`unica formazione autenticamente di governo. La Lega ambisce a rappresentare un voto di protesta a volte rabbioso e i pochi casi in cui governa lo fa male. Le difficoltà del Movimento Cinque Stelle sono evidenti, basti pensare a Roma. Ma tuttavia, dichiara la Boschi, l`assenza di alternative non può essere l`unica ragione di vita del Pd.
Meloni.Andiamo dritti verso le elezioni.
di Serena Ferraris
La Meloni mira decisa verso le elezioni anticipate.
Giorgia Meloni vive con grinta l'attuale momento politico italiano, dopo le dimissioni di Renzi e la nascita del grigio esecutivo Gentiloni si è aperto un margine di manovra per il centro-destra, un margine che va sfruttato. Dopo la sentenza della Consulta che ci ha consegnato una legge elettorale che permette di andare alle elezioni, la politica romana sottolinea che non ci sono più alibi. Chi nega questa evidenza, in realtà, lo fa solo per rimanere abbarbicato sulla poltrona. Fratelli d'Italia come partito scenderà in piazza per chiedere subito le urne. La leader di Fratelli d' Italia Giorgia preme sull' acceleratore. Il problema della disomogeneità è stato posto dalla Meloni quando nessuno ne parlava.La domanda di tutti è perché Renzi non si è accorto che, se avesse vinto il no al referendum, avremmo avuto due sistemi diversi per Camera e Senato? L' ha fatto forse per ricattare gli italiani inducendoli a votare sì al referendum? La Meloni si chiede come mai Mattarella scopra oggi il problema.
E non quando controfirmava l' Italicum, una legge elettorale che valeva soltanto per una Camera, dando per scontato che il Senato sarebbe diventato non elettivo, come prevedeva la riforma renziana. Dunque, dritti al voto?Esatto. Utilizzare queste motivazioni per continuare a tenere gli italiani lontani dalle urne è inaccettabile tuona la Meloni .Andiamo al voto con la legge che c' è.Punto.L' armonizzazione potrebbe essere attuata in tempi rapidi.La curiosità è vedere se il Governo sia in grado di fare una nuova legge elettorale in una settimana: il quel caso avranno il voto di Fratelli d'Italia. Ma l' idea di utilizzare questo tema per mandare avanti la legislatura e dare il vitalizio ai parlamentari, finendo magari per tornare alle urne a scadenza naturale con questi due sistemi perché non si è neanche trovato un accordo per armonizzarli è una cosa da scartare. Salvini propone come data per il voto il 23 aprile. Alla Meloni va bene qualsiasi data utile .Il centrodestra come ci arriva?Unito o a pezzi? E' stata organizzata una manifestazione per questo sabato che si chiama "Italia sovrana in piazza". Partirà alle 14 da Piazza della Repubblica per arrivare a Piazza San Silvestro, sotto Palazzo Chigi. Hanno aderito praticamente tutti i movimenti dell' area di centrodestra.
Ma soprattutto tanta Italia arrabbiata e scontenta dalle politiche degli ultimi governi. E oltre alla Meloni ci saranno, Salvini e Toti. Da tempo stanno collaborando per presentare una proposta politica nuova fondata sul principio di sovranità. Il che significa difendere i nostri confini, i nostri prodotti, la nostra economia, la nostra identità, le nostre tradizioni. Intorno a un manifesto e a un comun denominatore (l' Italia sovrana) si organizzeranno elezioni primarie per la scelta del portabandiera. Cioè colui che risulterà più idoneo per rappresentare tutti come candidato premier».Il 40% è un obiettivo ambizioso e la Meloni afferma che va ancora verificato se tutte le anime della destra vorranno partecipare tutte alla coalizione; serve puntare su chi sceglie questa metà campo. E lo fa con coerenza. Perché non si può fare la campagna elettorale con un fronte ammiccando all' altro. Forza Italia resta in stand-by aspettando la sentenza che renda Berlusconi di nuovo candidabile.La Meloni dichiara che la figura del Cavaliere è importante ma che la politica va avanti. Non può essere legata ai singoli. Se si vota adesso, non si può attendere la sentenza e la speranza è che Berlusconi permetta a Forza Italia di esistere indipendentemente dal suo nome sulla scheda elettorale.
Giorgia Meloni vive con grinta l'attuale momento politico italiano, dopo le dimissioni di Renzi e la nascita del grigio esecutivo Gentiloni si è aperto un margine di manovra per il centro-destra, un margine che va sfruttato. Dopo la sentenza della Consulta che ci ha consegnato una legge elettorale che permette di andare alle elezioni, la politica romana sottolinea che non ci sono più alibi. Chi nega questa evidenza, in realtà, lo fa solo per rimanere abbarbicato sulla poltrona. Fratelli d'Italia come partito scenderà in piazza per chiedere subito le urne. La leader di Fratelli d' Italia Giorgia preme sull' acceleratore. Il problema della disomogeneità è stato posto dalla Meloni quando nessuno ne parlava.La domanda di tutti è perché Renzi non si è accorto che, se avesse vinto il no al referendum, avremmo avuto due sistemi diversi per Camera e Senato? L' ha fatto forse per ricattare gli italiani inducendoli a votare sì al referendum? La Meloni si chiede come mai Mattarella scopra oggi il problema.
E non quando controfirmava l' Italicum, una legge elettorale che valeva soltanto per una Camera, dando per scontato che il Senato sarebbe diventato non elettivo, come prevedeva la riforma renziana. Dunque, dritti al voto?Esatto. Utilizzare queste motivazioni per continuare a tenere gli italiani lontani dalle urne è inaccettabile tuona la Meloni .Andiamo al voto con la legge che c' è.Punto.L' armonizzazione potrebbe essere attuata in tempi rapidi.La curiosità è vedere se il Governo sia in grado di fare una nuova legge elettorale in una settimana: il quel caso avranno il voto di Fratelli d'Italia. Ma l' idea di utilizzare questo tema per mandare avanti la legislatura e dare il vitalizio ai parlamentari, finendo magari per tornare alle urne a scadenza naturale con questi due sistemi perché non si è neanche trovato un accordo per armonizzarli è una cosa da scartare. Salvini propone come data per il voto il 23 aprile. Alla Meloni va bene qualsiasi data utile .Il centrodestra come ci arriva?Unito o a pezzi? E' stata organizzata una manifestazione per questo sabato che si chiama "Italia sovrana in piazza". Partirà alle 14 da Piazza della Repubblica per arrivare a Piazza San Silvestro, sotto Palazzo Chigi. Hanno aderito praticamente tutti i movimenti dell' area di centrodestra.
Ma soprattutto tanta Italia arrabbiata e scontenta dalle politiche degli ultimi governi. E oltre alla Meloni ci saranno, Salvini e Toti. Da tempo stanno collaborando per presentare una proposta politica nuova fondata sul principio di sovranità. Il che significa difendere i nostri confini, i nostri prodotti, la nostra economia, la nostra identità, le nostre tradizioni. Intorno a un manifesto e a un comun denominatore (l' Italia sovrana) si organizzeranno elezioni primarie per la scelta del portabandiera. Cioè colui che risulterà più idoneo per rappresentare tutti come candidato premier».Il 40% è un obiettivo ambizioso e la Meloni afferma che va ancora verificato se tutte le anime della destra vorranno partecipare tutte alla coalizione; serve puntare su chi sceglie questa metà campo. E lo fa con coerenza. Perché non si può fare la campagna elettorale con un fronte ammiccando all' altro. Forza Italia resta in stand-by aspettando la sentenza che renda Berlusconi di nuovo candidabile.La Meloni dichiara che la figura del Cavaliere è importante ma che la politica va avanti. Non può essere legata ai singoli. Se si vota adesso, non si può attendere la sentenza e la speranza è che Berlusconi permetta a Forza Italia di esistere indipendentemente dal suo nome sulla scheda elettorale.
Serracchiani.Collaborazione e stabilità.
di Serena Ferraris
La deputata friulana segna la via per il nuovo PD.
Debora Serracchiani torna a parlare dopo il cambio di Governo e le dimissioni di Matteo Renzi. Lo fa nel corso di un convegno a Roma sulle politiche migratorie, dove coglie l’occasione per porre alcuni puntini sulle i su temi sempre e comunque all’ordine del giorno sia politico che giornalistico. Il primo argomento affrontato riguarda la famigerata riforma del Job Act, da tutti additato come il grande male del nostro paese, la legge che ha messo in ginocchio il mercato del lavoro. La Serracchiani ci tiene a ribadire che lo Job Act non ha eliminato la tutela dei lavoratori ma l’ha piuttosto adattata ai giorni nostri, dove il mercato del lavoro è cambiato radicalmente. Detto questo però non c’è dubbio che il voucher sia uno strumento utilizzato male, e quindi bisogna intervenire non tanto per il referendum quanto per correggerne l’uso improprio. Si passa poi alla situazione interna del PD e qui la Serracchiani si fa seria e decisa.
Afferma di aver avuto la fortuna di lavorare in una segreteria guidata da un premier di 40 anni che ha fatto delle cose che il Paese stava aspettando da moltissimo tempo. La nostra, dice la parlamentare friulana, è una generazione politica che si è presa il proprio spazio e sta imparando dai propri errori. Dagli errori bisogna sempre ripartire e usarli come una spinta, anche facendo passi indietro, come ha fatto Matteo Renzi pur avendo ricevuto la fiducia sulla legge di Stabilità. Detto ciò, sottolinea la Serracchiani, adesso serve urgentemente tornare al voto il prima possibile ma cercando di garantire agli italiani quanto meno un po’ di certezza su chi andranno a votare. Un altro tema che sta molto a cuore alla vice-segretaria PD è poi l’incontro previsto per giovedì prossimo al Viminale dove spiegherà ai governatori il piano studiato per cambiare volto alle politiche sull’immigrazione del nostro Paese e che il ministro Marco Minniti trasmetterà al Parlamento per la discussione e l’approvazione.
Al di là degli aspetti normativi sui flussi, la Serracchiani si è concentrata sui due disegni di legge allo studio di Minniti, a partire dalla reintroduzione dei Centro di identificazione ed espulsione (Cie). Anche il ministro è contrario ai Centri così come sono già stati sperimentati finora, ha continuato la Serracchiani, e sta lavorando a un pacchetto complessivo di proposte, tra cui i Centri per i rimpatri degli irregolari: piccole strutture che smistano piccoli numeri. Urge inoltre, un aumento del personale delle Commissioni per abbattere i tempi di accertamento, ma anche la riduzione dei tempi dei ricorsi, per i quali potrebbe rimanere un solo grado di appello. Insieme è basilare condividere l’importanza della collaborazione istituzionale a tutti i livelli, dall’accordo tra Anci e ministero dell’Interno, all’incontro del Governo con le Regioni previsto per il 19 gennaio.
Debora Serracchiani torna a parlare dopo il cambio di Governo e le dimissioni di Matteo Renzi. Lo fa nel corso di un convegno a Roma sulle politiche migratorie, dove coglie l’occasione per porre alcuni puntini sulle i su temi sempre e comunque all’ordine del giorno sia politico che giornalistico. Il primo argomento affrontato riguarda la famigerata riforma del Job Act, da tutti additato come il grande male del nostro paese, la legge che ha messo in ginocchio il mercato del lavoro. La Serracchiani ci tiene a ribadire che lo Job Act non ha eliminato la tutela dei lavoratori ma l’ha piuttosto adattata ai giorni nostri, dove il mercato del lavoro è cambiato radicalmente. Detto questo però non c’è dubbio che il voucher sia uno strumento utilizzato male, e quindi bisogna intervenire non tanto per il referendum quanto per correggerne l’uso improprio. Si passa poi alla situazione interna del PD e qui la Serracchiani si fa seria e decisa.
Afferma di aver avuto la fortuna di lavorare in una segreteria guidata da un premier di 40 anni che ha fatto delle cose che il Paese stava aspettando da moltissimo tempo. La nostra, dice la parlamentare friulana, è una generazione politica che si è presa il proprio spazio e sta imparando dai propri errori. Dagli errori bisogna sempre ripartire e usarli come una spinta, anche facendo passi indietro, come ha fatto Matteo Renzi pur avendo ricevuto la fiducia sulla legge di Stabilità. Detto ciò, sottolinea la Serracchiani, adesso serve urgentemente tornare al voto il prima possibile ma cercando di garantire agli italiani quanto meno un po’ di certezza su chi andranno a votare. Un altro tema che sta molto a cuore alla vice-segretaria PD è poi l’incontro previsto per giovedì prossimo al Viminale dove spiegherà ai governatori il piano studiato per cambiare volto alle politiche sull’immigrazione del nostro Paese e che il ministro Marco Minniti trasmetterà al Parlamento per la discussione e l’approvazione.
Al di là degli aspetti normativi sui flussi, la Serracchiani si è concentrata sui due disegni di legge allo studio di Minniti, a partire dalla reintroduzione dei Centro di identificazione ed espulsione (Cie). Anche il ministro è contrario ai Centri così come sono già stati sperimentati finora, ha continuato la Serracchiani, e sta lavorando a un pacchetto complessivo di proposte, tra cui i Centri per i rimpatri degli irregolari: piccole strutture che smistano piccoli numeri. Urge inoltre, un aumento del personale delle Commissioni per abbattere i tempi di accertamento, ma anche la riduzione dei tempi dei ricorsi, per i quali potrebbe rimanere un solo grado di appello. Insieme è basilare condividere l’importanza della collaborazione istituzionale a tutti i livelli, dall’accordo tra Anci e ministero dell’Interno, all’incontro del Governo con le Regioni previsto per il 19 gennaio.
De Girolamo.Idee e progetti per la destra.
di Serena Ferraris
La campana è sempre pronta a lottare per gli ideali di destra.
In questi giorni, Nunzia De Girolamo, la pasionaria tanto cara al Cavaliere, sta esprimendo la sua opinione sui fatti attuali di politica nazionale, dopo il successo del NO al referendum è tempo di progetti ed idee per il futuro politico della destra, anche i vista di una nuova leadership che stenta a prendere concrete forme. La politica campana è ben cosciente che gli elettori vanno conquistati non con le solite lotte di potere e poltrone, vedi Alfano, ma trascinando in piazza i cittadini stufi di un governo a matrice PD che non sa dare solide risposte ai bisogni e ai problemi. Di recente la De Girolamo ha espresso il suo pensiero partendo dalle proposte di natura sociale. Introdurre il famoso “reddito di cittadinanza” sarebbe unì idea ottima, ma un reddito che non si realizzi in semplice versamento di denaro a ogni individuo che rispetti certi requisiti minimi ma con obbligo da assolvere per non perdere il beneficio. In realtà l'idea è più quella di un reddito minimo selettivo e condizionato, un beneficio pronto a decadere qualora non si accetti una proposta di lavoro.
La De Girolamo ci parla poi anche della massima attenzione da concretizzare verso le zone terremotate. C’è sempre la necessità di inviare al più presto a Norcia una delegazione dei coordinatori regionali delle quattro regioni più colpite - Umbria, Lazio, Abruzzo e Marche – pronta a raccogliere le istanze locali e ad intervenire. Ottima sarebbe l’idea di contribuire alla realizzazione della nuova struttura antisismica adibita a scuola per l'infanzia e per una mensa-cucina capace di servire duecento pasti ogni due ore. Inoltre non possono mancare spunti su altri argomenti scottanti come le primarie, la legge elettorale e le idea di alleanza con la Lega. Afferma la De Girolamo che Forza Italia a marzo sarà pronta per scegliere il candidato premier. L'ex Cavaliere è invitato, ma anche libero di tirarsi fuori, gli interessi degli italiani la sola cosa che conta poiché il centrodestra ha bisogno di programmi e strategie per unire e vincere, non di personalismi per dividere e perdere. È legittimo che Salvini aspiri a ruolo di leader ma deve chiedersi di che cosa vuole essere leader: di una destra perdente?
Forse questo potrebbe anche stargli bene, ma non sta bene agli italiani che non meritano altri cinque anni di renzismo o l'arrivo di Grillo al potere, questo in sintesi il pensiero della campana sul tema. La sensazione diffusa a livello parlamentare è che qualche spiraglio per un dialogo tra Forza Italia e il Pd su un compromesso su un sistema elettorale che metta insieme proporzionale e maggioritario si stia aprendo. La strada per tornare alle urne in tempi brevi resta stretta e questa consapevolezza esiste anche tra gli esponenti leghisti tra i quali si mette in conto che i voto possa svolgersi nella primavera del 2018 quando si andrà a votare per alcune regioni fondamentali come Friuli e soprattutto Lombardia.
In questi giorni, Nunzia De Girolamo, la pasionaria tanto cara al Cavaliere, sta esprimendo la sua opinione sui fatti attuali di politica nazionale, dopo il successo del NO al referendum è tempo di progetti ed idee per il futuro politico della destra, anche i vista di una nuova leadership che stenta a prendere concrete forme. La politica campana è ben cosciente che gli elettori vanno conquistati non con le solite lotte di potere e poltrone, vedi Alfano, ma trascinando in piazza i cittadini stufi di un governo a matrice PD che non sa dare solide risposte ai bisogni e ai problemi. Di recente la De Girolamo ha espresso il suo pensiero partendo dalle proposte di natura sociale. Introdurre il famoso “reddito di cittadinanza” sarebbe unì idea ottima, ma un reddito che non si realizzi in semplice versamento di denaro a ogni individuo che rispetti certi requisiti minimi ma con obbligo da assolvere per non perdere il beneficio. In realtà l'idea è più quella di un reddito minimo selettivo e condizionato, un beneficio pronto a decadere qualora non si accetti una proposta di lavoro.
La De Girolamo ci parla poi anche della massima attenzione da concretizzare verso le zone terremotate. C’è sempre la necessità di inviare al più presto a Norcia una delegazione dei coordinatori regionali delle quattro regioni più colpite - Umbria, Lazio, Abruzzo e Marche – pronta a raccogliere le istanze locali e ad intervenire. Ottima sarebbe l’idea di contribuire alla realizzazione della nuova struttura antisismica adibita a scuola per l'infanzia e per una mensa-cucina capace di servire duecento pasti ogni due ore. Inoltre non possono mancare spunti su altri argomenti scottanti come le primarie, la legge elettorale e le idea di alleanza con la Lega. Afferma la De Girolamo che Forza Italia a marzo sarà pronta per scegliere il candidato premier. L'ex Cavaliere è invitato, ma anche libero di tirarsi fuori, gli interessi degli italiani la sola cosa che conta poiché il centrodestra ha bisogno di programmi e strategie per unire e vincere, non di personalismi per dividere e perdere. È legittimo che Salvini aspiri a ruolo di leader ma deve chiedersi di che cosa vuole essere leader: di una destra perdente?
Forse questo potrebbe anche stargli bene, ma non sta bene agli italiani che non meritano altri cinque anni di renzismo o l'arrivo di Grillo al potere, questo in sintesi il pensiero della campana sul tema. La sensazione diffusa a livello parlamentare è che qualche spiraglio per un dialogo tra Forza Italia e il Pd su un compromesso su un sistema elettorale che metta insieme proporzionale e maggioritario si stia aprendo. La strada per tornare alle urne in tempi brevi resta stretta e questa consapevolezza esiste anche tra gli esponenti leghisti tra i quali si mette in conto che i voto possa svolgersi nella primavera del 2018 quando si andrà a votare per alcune regioni fondamentali come Friuli e soprattutto Lombardia.
Carfagna.Serve discontinuità col passato.
di Serena Ferraris
La forzista mantiene una linea politica netta e senza compromessi.
Mara Carfagna fa sentire la sua voce dopo la nascita del governo Gentiloni, un governo che si suppone farà da semplice traghettatore verso prossime e decisive elezioni.L'ex ministra ci tiene a sottolineare che i rapporti con gli amici di Lega e Fratelli d’Italia affondano le radici in una condivisione di ideali e valori che hanno ispirato l’azione del centrodestra, al governo per almeno dieci anni. Secondo la forzista il loro stare insieme ha prodotto provvedimenti buoni per gli italiani; e non slide e slogan. La preghiera della Carfagna è che si vada il più presto possibile alle elezioni soprattutto perchè con il voto del 4 dicembre gli italiani hanno chiesto discontinuita politica. Ma prima bisogna fare una legge elettorale omogenea per Camera e Senato. Sono convinta, dice la Carfagna, che pure la Lega sa che e’ importante garantire governabilita’ ma anche rappresentatività. Il Mattarellum non funziona in un sistema tripolare e frastagliato. Meglio un proporzionale con un premio di maggioranza. Si da’ per scontato che il centrodestra non ce la faccia. Confida invece la Carfagna che Forza Italia e i gruppi di destra riusciranno a rappresentare bene le istanze, i sogni e le aspettative della stragrande maggioranza degli italiani che ci richiederanno, attraverso il voto, di governare l’Italia.
Elemento comune per il centrodesra resta la posizione sull'Europa, assolutamente da riformare. L'opinione forte della Carfagna è che in tal modo non si va da nessuna parte.Purtroppo Berlusconi ha pagato sulla sua pelle il tentativo di cambiare un'Europa attenta più ai vincoli di bilancio che al disagio dei suoi popoli. La fiducia che Gentiloni possa riuscire a far la voce grossa a Bruxelles è bassa.Dubito che ne abbia il tempo - ha aggiunto l'ex ministro - Presto lo faremo noi. La Carfagna ha poi un ultimo pensiero per la questione femminile. In un Paese come il nostro, in cui il tasso di occupazione femminile è al 48,2% (dati Istat relativi al III trimestre 2016), dovremmo impiegare tempo e risorse per garantire una adeguata partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
In un Paese come il nostro in cui una donna su due non rientra a lavoro dopo la maternità si dovrebbero magari sviluppare politiche efficaci per la conciliazione. In un Paese come il nostro in cui il gap salariale tra uomo e donna è ancora molto accentuato, nonostante le donne siano a volte più brave e lavorino di più degli uomini, si dovrebbe lottare per ottenere la parità di stipendio.Non è facendoci chiamare ministra o deputata che diventiamo paladine dei diritti femminili.Parole sagge davvero.
Mara Carfagna fa sentire la sua voce dopo la nascita del governo Gentiloni, un governo che si suppone farà da semplice traghettatore verso prossime e decisive elezioni.L'ex ministra ci tiene a sottolineare che i rapporti con gli amici di Lega e Fratelli d’Italia affondano le radici in una condivisione di ideali e valori che hanno ispirato l’azione del centrodestra, al governo per almeno dieci anni. Secondo la forzista il loro stare insieme ha prodotto provvedimenti buoni per gli italiani; e non slide e slogan. La preghiera della Carfagna è che si vada il più presto possibile alle elezioni soprattutto perchè con il voto del 4 dicembre gli italiani hanno chiesto discontinuita politica. Ma prima bisogna fare una legge elettorale omogenea per Camera e Senato. Sono convinta, dice la Carfagna, che pure la Lega sa che e’ importante garantire governabilita’ ma anche rappresentatività. Il Mattarellum non funziona in un sistema tripolare e frastagliato. Meglio un proporzionale con un premio di maggioranza. Si da’ per scontato che il centrodestra non ce la faccia. Confida invece la Carfagna che Forza Italia e i gruppi di destra riusciranno a rappresentare bene le istanze, i sogni e le aspettative della stragrande maggioranza degli italiani che ci richiederanno, attraverso il voto, di governare l’Italia.
Elemento comune per il centrodesra resta la posizione sull'Europa, assolutamente da riformare. L'opinione forte della Carfagna è che in tal modo non si va da nessuna parte.Purtroppo Berlusconi ha pagato sulla sua pelle il tentativo di cambiare un'Europa attenta più ai vincoli di bilancio che al disagio dei suoi popoli. La fiducia che Gentiloni possa riuscire a far la voce grossa a Bruxelles è bassa.Dubito che ne abbia il tempo - ha aggiunto l'ex ministro - Presto lo faremo noi. La Carfagna ha poi un ultimo pensiero per la questione femminile. In un Paese come il nostro, in cui il tasso di occupazione femminile è al 48,2% (dati Istat relativi al III trimestre 2016), dovremmo impiegare tempo e risorse per garantire una adeguata partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
In un Paese come il nostro in cui una donna su due non rientra a lavoro dopo la maternità si dovrebbero magari sviluppare politiche efficaci per la conciliazione. In un Paese come il nostro in cui il gap salariale tra uomo e donna è ancora molto accentuato, nonostante le donne siano a volte più brave e lavorino di più degli uomini, si dovrebbe lottare per ottenere la parità di stipendio.Non è facendoci chiamare ministra o deputata che diventiamo paladine dei diritti femminili.Parole sagge davvero.
Boschi.Anche nel nuovo Governo lei c'è.
di Serena Ferraris
La fedelissima di Renzi conquista il ruolo di Sottosegretaria alla Presidenza.
Doveva essere la grande sconfitta del post referendum, lei la madre della riforma costituzionale bocciata dagli italiani alle urne.Nonostante questa batosta che avrebbe messo a tappeto anche il politico più resistente, lei, Maria Elena, si è scrollata di dosso la delusione e anche grazie alla pressione di Renzi stesso, è stata scelta dal neo premier come Sottosegretaria alla Presidenza.La Boschi nei giorni dopo il guiramentodel nuovo governo delinea le sue idee sia sul passato che sui nuovi orizzonti dell'esecutivo.Nonostante Renzi non sia piùal vertice dell'esecutivo non va rinnegato ciò che di buono è stato fatto nel suo periodo.Innanzitutto, dice la Boschi, è importante e doveroso valorizzare i risultati ottenuti e troppo spesso dati per scontati: dai nuovi diritti, all’occupazione che riprende, all’economia che migliora. Certo, tutto questo non basta, sono stati segnali forse un pò timidi e cancellare i postumi della crisi del 2008 non è affatto semplice.
Detto ciò, è giusto mettersi in discussione, ragionare degli errori e delle cose che non hanno funzionato.Il referendum ha chiuso una stagione che si era aperta nel ’91 con i referendum di Segni. Ora il Pd deve mettere in campo un’iniziativa come soggetto federatore di un centrosinistra nuovo, che aggreghi forze, energie e intelligenze, e che vada oltre la vocazione maggioritaria.Molti dicono che il Pd debba guardare di più a sinistra, ma la Boschi evidenzia non solo ciò.Il Pd deve mettersi al servizio di un progetto in grado di unire esperienze diverse. Dove si possano riconoscere anche tanti moderati che rifiutano le logiche di Salvini e Meloni.Affrontando poi il tanto sentito tema dello Jobs act, la Boschi afferma che la sinistra pd chiede, più che il voto, cambiamenti radicali. La riforma del lavoro ha prodotto innovazioni che meritano un’analisi profonda.
Molte cose devono essere ancora fatte,in particolare alle politiche attive.Molti hanno scritto che quello di Gentiloni è un governo fotocopia. Ed è vero, ma è anche falso. Perché del governo Renzi, questo non ha l’ambizione e neppure l’età. La Boschi lo dice chiaramente, ovvero che di sicuro quellod i Renzi non era di certo un Governo fatto di gente grigia, di politici di lungo corso. Era fatto di gente vere che ha portato la freschezza della prima volta, i colori e le tinte forti di una generazione che non sarebbe esistita se non si fosse imposta; una generazione che il suo spazio se l’è preso, non l’ha elemosinato. E certo non se l’è guadagnato con il servilismo. Il sogno non è infranto, ha avuto un intoppo ma la voglia di cambiare il paese, svecchiandolo e dandogli le riforme di cui ha bisogno esiste ancora.
Doveva essere la grande sconfitta del post referendum, lei la madre della riforma costituzionale bocciata dagli italiani alle urne.Nonostante questa batosta che avrebbe messo a tappeto anche il politico più resistente, lei, Maria Elena, si è scrollata di dosso la delusione e anche grazie alla pressione di Renzi stesso, è stata scelta dal neo premier come Sottosegretaria alla Presidenza.La Boschi nei giorni dopo il guiramentodel nuovo governo delinea le sue idee sia sul passato che sui nuovi orizzonti dell'esecutivo.Nonostante Renzi non sia piùal vertice dell'esecutivo non va rinnegato ciò che di buono è stato fatto nel suo periodo.Innanzitutto, dice la Boschi, è importante e doveroso valorizzare i risultati ottenuti e troppo spesso dati per scontati: dai nuovi diritti, all’occupazione che riprende, all’economia che migliora. Certo, tutto questo non basta, sono stati segnali forse un pò timidi e cancellare i postumi della crisi del 2008 non è affatto semplice.
Detto ciò, è giusto mettersi in discussione, ragionare degli errori e delle cose che non hanno funzionato.Il referendum ha chiuso una stagione che si era aperta nel ’91 con i referendum di Segni. Ora il Pd deve mettere in campo un’iniziativa come soggetto federatore di un centrosinistra nuovo, che aggreghi forze, energie e intelligenze, e che vada oltre la vocazione maggioritaria.Molti dicono che il Pd debba guardare di più a sinistra, ma la Boschi evidenzia non solo ciò.Il Pd deve mettersi al servizio di un progetto in grado di unire esperienze diverse. Dove si possano riconoscere anche tanti moderati che rifiutano le logiche di Salvini e Meloni.Affrontando poi il tanto sentito tema dello Jobs act, la Boschi afferma che la sinistra pd chiede, più che il voto, cambiamenti radicali. La riforma del lavoro ha prodotto innovazioni che meritano un’analisi profonda.
Molte cose devono essere ancora fatte,in particolare alle politiche attive.Molti hanno scritto che quello di Gentiloni è un governo fotocopia. Ed è vero, ma è anche falso. Perché del governo Renzi, questo non ha l’ambizione e neppure l’età. La Boschi lo dice chiaramente, ovvero che di sicuro quellod i Renzi non era di certo un Governo fatto di gente grigia, di politici di lungo corso. Era fatto di gente vere che ha portato la freschezza della prima volta, i colori e le tinte forti di una generazione che non sarebbe esistita se non si fosse imposta; una generazione che il suo spazio se l’è preso, non l’ha elemosinato. E certo non se l’è guadagnato con il servilismo. Il sogno non è infranto, ha avuto un intoppo ma la voglia di cambiare il paese, svecchiandolo e dandogli le riforme di cui ha bisogno esiste ancora.
Meloni.Unica strada il cambiamento.
di Serena Ferraris
Fratelli d'Italia respinge il Renzi bis e punta alle elezioni.
Il dopo referendum ha dato il via alle consultazioni per il dopo Renzi. Il premier ha rassegnato le sue dimissioni e adesso si va alla ricerca della situazione meno pericolosa e più stabile per dare continuità politica minima al paese, fermo restando che il processo di riforma subirà per forza di cose un notevole rallentamento. Anche Giorgia Meloni si è recata dal Presidente Sergio Mattarella per esporre le intenzioni del suo partito di destra in questa delicata fase parlamentare. Per Meloni la sola ipotesi di un Renzi bis è da scartare poiché sarebbe dannosa per il paese. Fratelli d’Italia non presta il fianco ad operazioni di calcolo politico finalizzate solo a portare a scadenza l’attuale legislazione. Sarebbe un atto finalizzato solo al freddo dato politico senza badare alla reale volontà dei cittadini.
Per la politica romana chiunque ci sia a palazzo Chigi da lunedì ci deve stare con data di scadenza certa: in caso contrario Fratelli d’Italia è pronto a scendere in piazza il 22 gennaio. La Meloni sottolinea che l'unico modo per rispettare quanto raccontato con il voto di domenica è mettere gli italiani nella condizione di avere il prima possibile un governo scelto e non frutto di giochi di palazzo. Non è disponibile il suo partito a sostenere il quarto governo di fila non scelto. Poi infine un forte attacco al premier dimissionario. Secondo la Meloni tutta la situazione venutasi a creare è frutto della responsabilità diretta del premier Matteo Renzi, soprattutto perché l’intero Parlamento aveva chiesto di non ricattare l’Italia con una legge elettorale che obbligava a votare solo per il SI.
Tutte parole inascoltate poiché Renzi ha voluto preferire l’interesse del suo PD a quelli dei cittadini italiani. Il nostro paese, afferma la Meloni, necessità di stabilità ma soprattutto discontinuità. Tutto questo non la può dare un nuovo esecutivo che durerà in carica al massimo un anno e mezzo né tantomeno la può dare un Renzi bis o un governo figlio del PD che porti avanti riforme simili a quelle renziane perché l’Italia con il NO al referendum ha detto palesemente NO alle riforme del PD.
Il dopo referendum ha dato il via alle consultazioni per il dopo Renzi. Il premier ha rassegnato le sue dimissioni e adesso si va alla ricerca della situazione meno pericolosa e più stabile per dare continuità politica minima al paese, fermo restando che il processo di riforma subirà per forza di cose un notevole rallentamento. Anche Giorgia Meloni si è recata dal Presidente Sergio Mattarella per esporre le intenzioni del suo partito di destra in questa delicata fase parlamentare. Per Meloni la sola ipotesi di un Renzi bis è da scartare poiché sarebbe dannosa per il paese. Fratelli d’Italia non presta il fianco ad operazioni di calcolo politico finalizzate solo a portare a scadenza l’attuale legislazione. Sarebbe un atto finalizzato solo al freddo dato politico senza badare alla reale volontà dei cittadini.
Per la politica romana chiunque ci sia a palazzo Chigi da lunedì ci deve stare con data di scadenza certa: in caso contrario Fratelli d’Italia è pronto a scendere in piazza il 22 gennaio. La Meloni sottolinea che l'unico modo per rispettare quanto raccontato con il voto di domenica è mettere gli italiani nella condizione di avere il prima possibile un governo scelto e non frutto di giochi di palazzo. Non è disponibile il suo partito a sostenere il quarto governo di fila non scelto. Poi infine un forte attacco al premier dimissionario. Secondo la Meloni tutta la situazione venutasi a creare è frutto della responsabilità diretta del premier Matteo Renzi, soprattutto perché l’intero Parlamento aveva chiesto di non ricattare l’Italia con una legge elettorale che obbligava a votare solo per il SI.
Tutte parole inascoltate poiché Renzi ha voluto preferire l’interesse del suo PD a quelli dei cittadini italiani. Il nostro paese, afferma la Meloni, necessità di stabilità ma soprattutto discontinuità. Tutto questo non la può dare un nuovo esecutivo che durerà in carica al massimo un anno e mezzo né tantomeno la può dare un Renzi bis o un governo figlio del PD che porti avanti riforme simili a quelle renziane perché l’Italia con il NO al referendum ha detto palesemente NO alle riforme del PD.
Bonafè.Se vince il SI vince tutta l'italia.
di Serena Ferraris
La renziana Bonafè espone la sua idea sulle previsioni del referendum.
Simona Bonafè è senza dubbio uno dei volti più noti e giovani della squadra renziana nel PD.In un recente convegno a Siena su tematiche ambientali e di politica comunitaria ha espresso anche la sua opinione sull'attualità politica in vista dell'imminente voto referendario. Se vince il SI il governo andrà avanti, avendo più forza e autorevolezza in Europa. Se vince invece il NO il PD sarà responsabile e il bene comune sarà sempre messo davanti a tutto. La Bonafè però è molto convinta che il SI possa farcela, perché,dice, la gente si sta informando e gli italiani vogliono votare con la testa a dispetto di quello che dice Grillo. Una cosa davvero nuova viene però affermata ovvero che in caso di sconfitta il governo metterà il mandato nelle mani del Presidente Mattarella.
Un errore madornale dichiara la Bonafè è stato personalizzare il voto come un qualcosa pro o contro Renzi, in realtà deve sempre valere la pena informarsi sulla riforma e capire su cosa si sta votando. Il voto contro non è mai utile, negli ad esempio è proprio il voto contro che ha permesso a Trump di diventare Presidente. Recentemente un personaggio mai troppo simpatico con Renzi, ovvero Romano Prodi, ha reso pubblico che voterà SI al referendum.La Bonafè applaude all'ex capo del centro-sinistra sottolineando che anche lei come lui ha sempre creduto, fin dalla nascita dell’Ulivo, alla democrazia dell’alternanza e della capacità di decidere.Certo la compagnia del proporzionale avrebbe più slancio, sarebbe sempre più difficile dunque far nascere i governi. C’è un vasto fronte che ricomincia a parlarne, dimenticando che gli italiani hanno archiviato il proporzionale a suo tempo e sarebbe un ritorno indietro.
Non crediamo che il proporzionale sia un bene e lo abbiamo detto con chiarezza. Si possono fare correzioni all’Italicum, ma un passaggio al proporzionale non ci vedrebbe d’accordo, dice la deputata PD. La cosa utile da sottolineare è che gli elettori di vario credo politico devono sapere che scelgono tra un paese più efficiente oppure lasciare la situazione di fatto. Tornando sul merito della riforma si tratta di riforma che viene da lontano, che non aumenta i poteri del premier, non è pro Renzi. Ma mira a semplificare e correggere gli errori della riforma del 2001 che sono sotto gli occhi di tutti. E garantisce di più l’esigibilità dei diritti della prima parte della Costituzione che non viene toccata. Per tutto il resto, le questioni politiche saranno decise nel prossimo congresso del Pd.In caso di vittoria del SI, ci tiene a sottolinearela Bonafè, non sarà un trionfo personale del Premier ma una vittoria del paese, che muoverà un passo decisino verso la modernitàe la stabilità istituzionale.Questà sarà la vera vittoria referendaria.
Simona Bonafè è senza dubbio uno dei volti più noti e giovani della squadra renziana nel PD.In un recente convegno a Siena su tematiche ambientali e di politica comunitaria ha espresso anche la sua opinione sull'attualità politica in vista dell'imminente voto referendario. Se vince il SI il governo andrà avanti, avendo più forza e autorevolezza in Europa. Se vince invece il NO il PD sarà responsabile e il bene comune sarà sempre messo davanti a tutto. La Bonafè però è molto convinta che il SI possa farcela, perché,dice, la gente si sta informando e gli italiani vogliono votare con la testa a dispetto di quello che dice Grillo. Una cosa davvero nuova viene però affermata ovvero che in caso di sconfitta il governo metterà il mandato nelle mani del Presidente Mattarella.
Un errore madornale dichiara la Bonafè è stato personalizzare il voto come un qualcosa pro o contro Renzi, in realtà deve sempre valere la pena informarsi sulla riforma e capire su cosa si sta votando. Il voto contro non è mai utile, negli ad esempio è proprio il voto contro che ha permesso a Trump di diventare Presidente. Recentemente un personaggio mai troppo simpatico con Renzi, ovvero Romano Prodi, ha reso pubblico che voterà SI al referendum.La Bonafè applaude all'ex capo del centro-sinistra sottolineando che anche lei come lui ha sempre creduto, fin dalla nascita dell’Ulivo, alla democrazia dell’alternanza e della capacità di decidere.Certo la compagnia del proporzionale avrebbe più slancio, sarebbe sempre più difficile dunque far nascere i governi. C’è un vasto fronte che ricomincia a parlarne, dimenticando che gli italiani hanno archiviato il proporzionale a suo tempo e sarebbe un ritorno indietro.
Non crediamo che il proporzionale sia un bene e lo abbiamo detto con chiarezza. Si possono fare correzioni all’Italicum, ma un passaggio al proporzionale non ci vedrebbe d’accordo, dice la deputata PD. La cosa utile da sottolineare è che gli elettori di vario credo politico devono sapere che scelgono tra un paese più efficiente oppure lasciare la situazione di fatto. Tornando sul merito della riforma si tratta di riforma che viene da lontano, che non aumenta i poteri del premier, non è pro Renzi. Ma mira a semplificare e correggere gli errori della riforma del 2001 che sono sotto gli occhi di tutti. E garantisce di più l’esigibilità dei diritti della prima parte della Costituzione che non viene toccata. Per tutto il resto, le questioni politiche saranno decise nel prossimo congresso del Pd.In caso di vittoria del SI, ci tiene a sottolinearela Bonafè, non sarà un trionfo personale del Premier ma una vittoria del paese, che muoverà un passo decisino verso la modernitàe la stabilità istituzionale.Questà sarà la vera vittoria referendaria.
Madia.La Corte boccia la sua riforma.
di Serena Ferraris
La Consulta dice NO alla rivoluzione nella pubblica amministrazione.
La Corte Costituzionale si è espressa e il suo parere non è stato positivo per la Riforma Madia che rivoluzionava il settore del pubblico impiego.Una delle riforme più rappresentative del Governo Renzi è stata fermata.La legge Madia, ha affermato la Consulta, è parzialmente illegittima poiché va a toccare il settore delle competenze regionali senza averne il potere.Materie come competenze dei dirigenti, organizzazione degli uffici e servizi locali sono prerogative regionali e quindi non possono essere modificare da una legge statale. Se il Governo vuole emanare su suddette materie dei decreti attuativi deve necessariamente chiedere il placet delle Regioni o della Conferenza delle Regioni, un placet che, vista la già palesata contrarietà alla Riforma stessa,mai potrebbe essere raggiunto.
Tutto era partito dal ricorso della Regione Veneto che aveva proprio sollevato dei dubbi su quegli aspetti della legge, ricorso che è stato quasi completamente accettato dalla Corte. La Madia è apparsa molto colpita dalla bocciatura della Riforma, soprattutto perchè va a cancellare proprio la parte maggiormente rivoluzionaria della legge, sia in ostaggio della burocrazia ha tuonato la Ministro spalleggiata dallo stesso Renzi che sottolinea come in tal modo il paese non potrà mai essere cambiato. Intanto l'effetto immediato della sentenza è il blocco di due dei cinque decreti attuativi della Riforma, proprio quelli su dirigenti e spesa pubblica.Il Presidente della Repubblica firmerà solo tre dei decreti, quelli in effetti meno utili al cambiamento viscerale che la Madia voleva imporre alla Pubblica Amministrazione.
La Consulta ha suggerito delle azione correttive alla Legge e quindi anche l'impostazione della stessa legge delega potrebbe subire sensibili modifiche strutturali snaturando la vera ratio del provvedimento normativo.La Madia è apparsa come detto provata dalla decisione della Corte ma ha anche affermato che una situazione del genere è un altro motivo per votare SI al referendum e cambiare in tal modo la distribuzione dei poteri tra Stato e Regioni.Così come sono strutturate oggi le Regioni sono enormi carrozzoni di burocrati che non hanno affatto a cuore il benessere e lo sviluppo del territorio ma solo il mantenimento dello status quo normativo, fonte per loro di privilegi e poteri enormi tali da bloccare anche le direttive nazionali o comunitarie sull'ammodernamento del paese. Davvero incredibile che un ente periferico abbia il potere di tenere in ostaggio il cambiamento intero di una Nazione.
La Corte Costituzionale si è espressa e il suo parere non è stato positivo per la Riforma Madia che rivoluzionava il settore del pubblico impiego.Una delle riforme più rappresentative del Governo Renzi è stata fermata.La legge Madia, ha affermato la Consulta, è parzialmente illegittima poiché va a toccare il settore delle competenze regionali senza averne il potere.Materie come competenze dei dirigenti, organizzazione degli uffici e servizi locali sono prerogative regionali e quindi non possono essere modificare da una legge statale. Se il Governo vuole emanare su suddette materie dei decreti attuativi deve necessariamente chiedere il placet delle Regioni o della Conferenza delle Regioni, un placet che, vista la già palesata contrarietà alla Riforma stessa,mai potrebbe essere raggiunto.
Tutto era partito dal ricorso della Regione Veneto che aveva proprio sollevato dei dubbi su quegli aspetti della legge, ricorso che è stato quasi completamente accettato dalla Corte. La Madia è apparsa molto colpita dalla bocciatura della Riforma, soprattutto perchè va a cancellare proprio la parte maggiormente rivoluzionaria della legge, sia in ostaggio della burocrazia ha tuonato la Ministro spalleggiata dallo stesso Renzi che sottolinea come in tal modo il paese non potrà mai essere cambiato. Intanto l'effetto immediato della sentenza è il blocco di due dei cinque decreti attuativi della Riforma, proprio quelli su dirigenti e spesa pubblica.Il Presidente della Repubblica firmerà solo tre dei decreti, quelli in effetti meno utili al cambiamento viscerale che la Madia voleva imporre alla Pubblica Amministrazione.
La Consulta ha suggerito delle azione correttive alla Legge e quindi anche l'impostazione della stessa legge delega potrebbe subire sensibili modifiche strutturali snaturando la vera ratio del provvedimento normativo.La Madia è apparsa come detto provata dalla decisione della Corte ma ha anche affermato che una situazione del genere è un altro motivo per votare SI al referendum e cambiare in tal modo la distribuzione dei poteri tra Stato e Regioni.Così come sono strutturate oggi le Regioni sono enormi carrozzoni di burocrati che non hanno affatto a cuore il benessere e lo sviluppo del territorio ma solo il mantenimento dello status quo normativo, fonte per loro di privilegi e poteri enormi tali da bloccare anche le direttive nazionali o comunitarie sull'ammodernamento del paese. Davvero incredibile che un ente periferico abbia il potere di tenere in ostaggio il cambiamento intero di una Nazione.
Serracchiani.Minoranza PD desolante.
di Serena Ferraris
La politica friulana rimarca l'importanza del SI al referendum.
Il Governo Renzi è da mille giorni in carica e ne ha passate davvero molte, come capita a tutti gli esecutivi nati un po’ per caso e per necessità, Debora Serracchiani ci racconta le sue opinioni e soprattutto il suo pensiero politico sull’ attualità anche in vista della scelta referendaria. I sondaggi non sono favorevolissimi al SI ma la Serracchiani ci spiega come la pensa. I sondaggi non vanno inseguiti ma ci si impegna affinché cambino a proprio vantaggio mediante azioni e fatti politici, questo dovrebbe essere lo scopo di tutti noi; la partita sul referendum rimane molto aperta. Per la deputata PD lo scopo massimo sarà riuscire a portare alle urne almeno il 60% degli italiani, in tal caso la vittoria del SI sarebbe molto probabile perché la maggioranza del paese è propenso per il cambiamento. Per la Serracchiani le riforme sono basilari soprattutto dopo che recenti studi di BankItalia hanno esplicitamente sottolineato la forte connessione tra economia, soprattutto finanza e riforme strutturali.
Cambiare il paese quindi non è una mania o un capriccio del PD ma un progetto fondamentale per la crescita del paese. Secondo la Serracchiani i fautori del NO sono tutti coloro che desiderano nel profondo che la casta della politica rimanga come è adesso, chiusa e con i mani le sorti del paese. Portare il cambiamento è un vero atto di coraggio e serve davvero molto per scoperchiare vecchi interessi e strutture politico-amministrative immobili e farraginose da decenni. Ma si tratta di una scelta urgente e necessaria.
Secondo la Serracchiani la minoranza PD è stata davvero strategicamente pessima; non si può votare in Parlamento a favore della riforma e poi nelle settimane imminenti al referendum schierarsi a sostegno del NO, significa che l’unico scopo di tali soggetti è la tutela dello status quo e del mero calcolo politico di tipo personale. Il riferimento non tanto implicito ai bersaniani e all’ex segretario del PD è lampante, alla fine, dice la Serracchiani e come lo stesso Renzi giorni fa ha sottolineato, l’elettorato PD è compatto sul SI ma il volta gabbana fatto dalla minoranza del partito rimane una pugnalata alle spalle che pochi nel partito si aspettavano.
Il Governo Renzi è da mille giorni in carica e ne ha passate davvero molte, come capita a tutti gli esecutivi nati un po’ per caso e per necessità, Debora Serracchiani ci racconta le sue opinioni e soprattutto il suo pensiero politico sull’ attualità anche in vista della scelta referendaria. I sondaggi non sono favorevolissimi al SI ma la Serracchiani ci spiega come la pensa. I sondaggi non vanno inseguiti ma ci si impegna affinché cambino a proprio vantaggio mediante azioni e fatti politici, questo dovrebbe essere lo scopo di tutti noi; la partita sul referendum rimane molto aperta. Per la deputata PD lo scopo massimo sarà riuscire a portare alle urne almeno il 60% degli italiani, in tal caso la vittoria del SI sarebbe molto probabile perché la maggioranza del paese è propenso per il cambiamento. Per la Serracchiani le riforme sono basilari soprattutto dopo che recenti studi di BankItalia hanno esplicitamente sottolineato la forte connessione tra economia, soprattutto finanza e riforme strutturali.
Cambiare il paese quindi non è una mania o un capriccio del PD ma un progetto fondamentale per la crescita del paese. Secondo la Serracchiani i fautori del NO sono tutti coloro che desiderano nel profondo che la casta della politica rimanga come è adesso, chiusa e con i mani le sorti del paese. Portare il cambiamento è un vero atto di coraggio e serve davvero molto per scoperchiare vecchi interessi e strutture politico-amministrative immobili e farraginose da decenni. Ma si tratta di una scelta urgente e necessaria.
Secondo la Serracchiani la minoranza PD è stata davvero strategicamente pessima; non si può votare in Parlamento a favore della riforma e poi nelle settimane imminenti al referendum schierarsi a sostegno del NO, significa che l’unico scopo di tali soggetti è la tutela dello status quo e del mero calcolo politico di tipo personale. Il riferimento non tanto implicito ai bersaniani e all’ex segretario del PD è lampante, alla fine, dice la Serracchiani e come lo stesso Renzi giorni fa ha sottolineato, l’elettorato PD è compatto sul SI ma il volta gabbana fatto dalla minoranza del partito rimane una pugnalata alle spalle che pochi nel partito si aspettavano.
Carfagna.Una nuova strategia di destra.
di Serena Ferraris
Il cambio generazionale nel centro-destra sembra imminente.
Mara Carfagna è tra le più longeve, nonostante la giovane età, politiche del centro-destra, da sempre forzista e fedele alla figura berlusconiana, ma i fatti degli ultimi anni hanno di gran lunga sconvolto i piani e adesso molte sono le novità cui far fronte dentro e fuori al partito. La Carfagna non solo ha sempre creduto nelle primarie per la scelta della leadership nel centrodestra, ma ha anche avuto il coraggio di dirlo apertamente, e in perfetta solitudine, pure nella fase politica in cui il leader azzurro, Silvio Berlusconi, era ancora saldamente in sella. A maggior ragione lo ribadisce adesso, che la situazione interna è in grande agitazione. Non senza, però, incalzare le forze di centrodestra a fare un passo in avanti. Per la Carfagna sono molto lodevoli le dichiarazioni che vengono fatte da personalità come Fitto e Meloni ma al punto in cui siamo è necessario che queste idee vengano portate avanti con maggiore forza. Bisogna passare dalle parole ai fatti. Magari già immaginando regole chiare per le primarie e, poi, convocandole davvero. Anche perché la scadenza di febbraio 2018 non è lontana.
Il voto sarà sostanzialmente tra un anno e 4 mesi. E dopo il referendum, di fatto, mancherà solo un anno e due mesi. Ribadisce che serve essere concreti per evitare logiche da braccio di ferro che non portano a nulla di buono. Di certo il centro-destra vive una fase embrionale ma si può già adesso lanciare un appello per una sfida. Pure per misurarsi con gli elettori e capire cosa ne pensano. Il progetto concreto della Carfagna è quello a breve di invitare tutti gli esponenti del centrodestra che hanno la volontà, a partire anche da Salvini, di essere alternativi a Renzi e che desiderino condividere un percorso democratico sul futuro del centrodestra. E quindi una legittimazione dei ruoli non più calata dall’alto. La parola chiave è partecipazione: bisogna ridare voce anche ad amministratori e dirigenti, una marea, che hanno dato tanto e che oggi sono delusi. Molti si chiedono cosa possa accadere se la nuova sfida venisse davvero accolta anche Salvini e Meloni.
La Carfagna sottolinea che si tratta di due interlocutori importantissimi. Sarebbe un segnale quindi utilissimo per iniziare il percorso. Servirebbe per avviare il lavoro e, quindi, anche per aggregare poi tutti gli altri soggetti, sia nazionali che locali. Intanto, non si tratta affatto di una questione generazionale. E, poi, nel centrodestra non serve prendere in prestito dal centrosinistra termini come rottamazione. Oggi però è innegabile che non si può parlare di centrodestra solo in termini di ciò che è stato né ci si può accontentare di una politica contro Renzi. Serve costruire una proposta concreta, alternativa e di governo sia gli alleati e sia gli esponenti di Forza Italia. Prendere atto che il centrodestra così com’è non va da nessuna parte non significa, infatti, essere contro qualcuno, semplicemente occorre sostituire la tattica con un grande disegno strategico.
Mara Carfagna è tra le più longeve, nonostante la giovane età, politiche del centro-destra, da sempre forzista e fedele alla figura berlusconiana, ma i fatti degli ultimi anni hanno di gran lunga sconvolto i piani e adesso molte sono le novità cui far fronte dentro e fuori al partito. La Carfagna non solo ha sempre creduto nelle primarie per la scelta della leadership nel centrodestra, ma ha anche avuto il coraggio di dirlo apertamente, e in perfetta solitudine, pure nella fase politica in cui il leader azzurro, Silvio Berlusconi, era ancora saldamente in sella. A maggior ragione lo ribadisce adesso, che la situazione interna è in grande agitazione. Non senza, però, incalzare le forze di centrodestra a fare un passo in avanti. Per la Carfagna sono molto lodevoli le dichiarazioni che vengono fatte da personalità come Fitto e Meloni ma al punto in cui siamo è necessario che queste idee vengano portate avanti con maggiore forza. Bisogna passare dalle parole ai fatti. Magari già immaginando regole chiare per le primarie e, poi, convocandole davvero. Anche perché la scadenza di febbraio 2018 non è lontana.
Il voto sarà sostanzialmente tra un anno e 4 mesi. E dopo il referendum, di fatto, mancherà solo un anno e due mesi. Ribadisce che serve essere concreti per evitare logiche da braccio di ferro che non portano a nulla di buono. Di certo il centro-destra vive una fase embrionale ma si può già adesso lanciare un appello per una sfida. Pure per misurarsi con gli elettori e capire cosa ne pensano. Il progetto concreto della Carfagna è quello a breve di invitare tutti gli esponenti del centrodestra che hanno la volontà, a partire anche da Salvini, di essere alternativi a Renzi e che desiderino condividere un percorso democratico sul futuro del centrodestra. E quindi una legittimazione dei ruoli non più calata dall’alto. La parola chiave è partecipazione: bisogna ridare voce anche ad amministratori e dirigenti, una marea, che hanno dato tanto e che oggi sono delusi. Molti si chiedono cosa possa accadere se la nuova sfida venisse davvero accolta anche Salvini e Meloni.
La Carfagna sottolinea che si tratta di due interlocutori importantissimi. Sarebbe un segnale quindi utilissimo per iniziare il percorso. Servirebbe per avviare il lavoro e, quindi, anche per aggregare poi tutti gli altri soggetti, sia nazionali che locali. Intanto, non si tratta affatto di una questione generazionale. E, poi, nel centrodestra non serve prendere in prestito dal centrosinistra termini come rottamazione. Oggi però è innegabile che non si può parlare di centrodestra solo in termini di ciò che è stato né ci si può accontentare di una politica contro Renzi. Serve costruire una proposta concreta, alternativa e di governo sia gli alleati e sia gli esponenti di Forza Italia. Prendere atto che il centrodestra così com’è non va da nessuna parte non significa, infatti, essere contro qualcuno, semplicemente occorre sostituire la tattica con un grande disegno strategico.
Boschi grida forte il suo SI al referendum.
di Serena Ferraris
La Ministro si batte attivamente per la sua riforma.
Il Ministro per le Riforme Maria Elena Boschi è nel vivo di un periodo intenso e ricco di appuntamenti. La campagna referendaria la vede impegnata in prima linea e numerosi sono i suoi interventi e le sue partecipazioni a convegni e manifestazioni di piazza, ultima quella di due giorni fa a Bologna. La Boschi sventola il suo SI al referendum ed espone in modo molto sentito le ragioni per cui i cittadini dovrebbero optare per il si alla riforma costituzionale. Innanzitutto perché la nostra Costituzione è davvero bloccata e vecchia, è ricca di principi e costrutti giuridici eccellenti ma molti suoi aspetti devono essere migliorati: il bicameralismo perfetto ad esempio era una necessità nel dopo guerra per evitare altre derive autoritarie da parte del Governo di turno, ma oggi come oggi, dove un’esperienza politica come il fascismo sarebbe impossibile riaccadesse, il bicameralismo è semplicemente un freno, un ostacolo burocratico ai processi di creazione normativa.
Il nostro paese ha bisogno di leggi ordinarie non di decreti di emergenza o di regolamenti governativi che hanno poca rappresentanza rispetto alle Camere; per fare ciò serve agevolare il processo normativo e solo dando ad una Camera tale potere specifico si può ottenere ciò. La Boschi si scalda molto quando le chiedono della minoranza PD che ha scelto di seguire il NO alla Riforma: è davvero assurdo, dice la Boschi, che politici navigati ed esperti che fino a qualche mese fa votavano in Parlamento appoggiando la Riforma adesso invece si schierino per il NO alla Riforma da loro stessi votata. Il cittadino non è stupido e intuisce facilmente come un comportamento del genere sia mosso solo da calcoli di segreteria e di natura personale, non certo per il bene del Paese.
Tornando al Referendum la Boschi sottolinea che inoltre ridurre le spese dello Stato eliminando enti inutili, abbassando il numero dei parlamentari e ridistribuendo in maniera più dinamica e razionale le competenze tra Stato e Regioni è già di per se il motivo giusto e sacrosanto per cui serve votare SI a questa riforma. Molti accusano il PD governativo di essere così agguerrito sul tema referendario perché lo stesso Renzi ha giocato la credibilità del suo nome sull’argomento, anzi ha anche minacciato dimissioni in caso di eclatante fallimento del referendum. La Boschi sbotta sulla domanda e afferma come il suo impegno è solo ed esclusivamente a vantaggio della riforma e non a difesa del premier; chi voterà NO dovrà giustificarlo ed assumersi la responsabilità di tenere bloccato il Paese su questioni basilari e strutturali come quelle costituzionali. Il PD anche se tra mille difficoltà e critiche ci sta provando a cambiare il paese, molti altri preferisco l’immobilismo e lo status quo.
Il Ministro per le Riforme Maria Elena Boschi è nel vivo di un periodo intenso e ricco di appuntamenti. La campagna referendaria la vede impegnata in prima linea e numerosi sono i suoi interventi e le sue partecipazioni a convegni e manifestazioni di piazza, ultima quella di due giorni fa a Bologna. La Boschi sventola il suo SI al referendum ed espone in modo molto sentito le ragioni per cui i cittadini dovrebbero optare per il si alla riforma costituzionale. Innanzitutto perché la nostra Costituzione è davvero bloccata e vecchia, è ricca di principi e costrutti giuridici eccellenti ma molti suoi aspetti devono essere migliorati: il bicameralismo perfetto ad esempio era una necessità nel dopo guerra per evitare altre derive autoritarie da parte del Governo di turno, ma oggi come oggi, dove un’esperienza politica come il fascismo sarebbe impossibile riaccadesse, il bicameralismo è semplicemente un freno, un ostacolo burocratico ai processi di creazione normativa.
Il nostro paese ha bisogno di leggi ordinarie non di decreti di emergenza o di regolamenti governativi che hanno poca rappresentanza rispetto alle Camere; per fare ciò serve agevolare il processo normativo e solo dando ad una Camera tale potere specifico si può ottenere ciò. La Boschi si scalda molto quando le chiedono della minoranza PD che ha scelto di seguire il NO alla Riforma: è davvero assurdo, dice la Boschi, che politici navigati ed esperti che fino a qualche mese fa votavano in Parlamento appoggiando la Riforma adesso invece si schierino per il NO alla Riforma da loro stessi votata. Il cittadino non è stupido e intuisce facilmente come un comportamento del genere sia mosso solo da calcoli di segreteria e di natura personale, non certo per il bene del Paese.
Tornando al Referendum la Boschi sottolinea che inoltre ridurre le spese dello Stato eliminando enti inutili, abbassando il numero dei parlamentari e ridistribuendo in maniera più dinamica e razionale le competenze tra Stato e Regioni è già di per se il motivo giusto e sacrosanto per cui serve votare SI a questa riforma. Molti accusano il PD governativo di essere così agguerrito sul tema referendario perché lo stesso Renzi ha giocato la credibilità del suo nome sull’argomento, anzi ha anche minacciato dimissioni in caso di eclatante fallimento del referendum. La Boschi sbotta sulla domanda e afferma come il suo impegno è solo ed esclusivamente a vantaggio della riforma e non a difesa del premier; chi voterà NO dovrà giustificarlo ed assumersi la responsabilità di tenere bloccato il Paese su questioni basilari e strutturali come quelle costituzionali. Il PD anche se tra mille difficoltà e critiche ci sta provando a cambiare il paese, molti altri preferisco l’immobilismo e lo status quo.
Meloni.Alle primarie della destra io ci sarò.
di Serena Ferraris
Una futura leader per la destra, pronta e sicura.
Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, ad un recente convegno del suo partito si è mostrata davvero agguerrita sulle sfide politiche che arrivano a breve. A dicembre, dice, bisogna votare NO al referendum perché così facendo si dà un colpo durissimo alla credibilità di Renzi. Nel giorno in cui Berlusconi si è recato per la prima volta da Mattarella (con Gianni Letta) la Meloni ha parlato delle future alleanze. Quasi sicuramente, dice la parlamentare di destra, vincerà il no, perché si tratta di una riforma pessima, proposta da un governo incapace. Sia che si voti per la riforma stessa oppure su chi la propone, gli italiani potranno solo rispondere "No grazie" che è anche il nome del comitato referendario creato dal centro-destra.
Renzi in caso di fallimento del referendum dovrebbe andare a casa come lui stesso affermò in tempi non sospetti. La Meloni allora si appella al presidente Mattarella, certa che gli italiani non si possano permettere il quarto governo scelto non dagli elettori, ma nelle segrete stanze. Il rischio è elevatissimo, perché in caso restasse in carica, il Governo farebbe un’altra legge di bilancio, nuove politiche sull’immigrazione e altre cose tranne la legge elettorale che invece se c’è volontà può veramente essere votata in due o tre settimane.
La Meloni inoltre sottolinea che la campagna referendaria, dirà molto anche a livello politico perché c’è stato il posizionamento chiaro e alternativo nei confronti del governo Renzi. Perché il governo e le riforme sono due facce della stessa medaglia: entrambi nati per sottrarre potere alle persone e concentrarlo nelle mani di pochi. Parlando poi del futuro della destra in Italia la politica romana afferma che gli italiani non credono nelle ammucchiate e non vogliono fare favori a Renzi, ma alle prossime primarie la Meloni vuole esserci e dati alla mano, ha davvero molte chances per fare bene.
Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, ad un recente convegno del suo partito si è mostrata davvero agguerrita sulle sfide politiche che arrivano a breve. A dicembre, dice, bisogna votare NO al referendum perché così facendo si dà un colpo durissimo alla credibilità di Renzi. Nel giorno in cui Berlusconi si è recato per la prima volta da Mattarella (con Gianni Letta) la Meloni ha parlato delle future alleanze. Quasi sicuramente, dice la parlamentare di destra, vincerà il no, perché si tratta di una riforma pessima, proposta da un governo incapace. Sia che si voti per la riforma stessa oppure su chi la propone, gli italiani potranno solo rispondere "No grazie" che è anche il nome del comitato referendario creato dal centro-destra.
Renzi in caso di fallimento del referendum dovrebbe andare a casa come lui stesso affermò in tempi non sospetti. La Meloni allora si appella al presidente Mattarella, certa che gli italiani non si possano permettere il quarto governo scelto non dagli elettori, ma nelle segrete stanze. Il rischio è elevatissimo, perché in caso restasse in carica, il Governo farebbe un’altra legge di bilancio, nuove politiche sull’immigrazione e altre cose tranne la legge elettorale che invece se c’è volontà può veramente essere votata in due o tre settimane.
La Meloni inoltre sottolinea che la campagna referendaria, dirà molto anche a livello politico perché c’è stato il posizionamento chiaro e alternativo nei confronti del governo Renzi. Perché il governo e le riforme sono due facce della stessa medaglia: entrambi nati per sottrarre potere alle persone e concentrarlo nelle mani di pochi. Parlando poi del futuro della destra in Italia la politica romana afferma che gli italiani non credono nelle ammucchiate e non vogliono fare favori a Renzi, ma alle prossime primarie la Meloni vuole esserci e dati alla mano, ha davvero molte chances per fare bene.
Pinotti.L'Italia ha un ruolo nella NATO.
di Serena Ferraris
Il nostro paese finalmente ha posizione nella Nato.
Per il Ministro della Difesa Roberta Pinotti sono state settimane di grande importanza e peso politico per il nostro paese.Prima il summit estivo della Nato in cui sono state fissate le direttive sulla sicurezza internazionale in settori strategici come il Baltico ed il Medio-oriente, poi il vertice a due con il suo omologo della Serbia ed infine il suo dossier presso l'Unione Europea in cui è stato esposto il piano italiano per la sicurezza militare nei confini comunitari, ma andiamo con ordine. A Luglio la NATO ha deciso di iniziare a contrastare con i fatti l'atteggiamento da eterni conquistatori della Russia di Putin, si è diciso nello specifico di inviare truppe Nato lungo i confini baltici in particolare nei pressi della Lettonia.Anche l'Italia darà il suo contributo con circa 150 soldati messi a disposizione della Nato.
La cosa ha creato alcuni imbarazzi nei rapporti con Putin che ha definito aggressivo il piano strategico Nato e si è riservato il compito di controbbattere in modo analogo. Poi la Pinotti ha incontrato il ministro della Difesa serbo, occasione in cui l'Italia ha ribadito la sua disponibilità a rimanere nel Kosovo e a continuare la sua azione di aiuto ed addestramento dell'esercito regolare allo scopo di favorire la stabilità nelle zone serbe.La Pinotti ha inoltre ha sottolineato la possibilità di aiuti lungo il confine serbo per aiutare a disciplinare il flusso dei migranti clandestini che nell'ultimo anno hanno letteralmente invaso la Serbia e gli altri paesi slavi. Nell'incontro infine si è toccato anche il tema della lotta al terrorismo soprattutto in alcune zone della Serbia dove la componente musulmana è in maggioranza e dove negli ultimi mesi sono aumentati gli arresti per atti riconducibili a politiche integraliste.
La Pinotti infine ha rimarcato una serie di concetti per ripristinare ordine nella politica estera italiana.Innanzittutto il tema libico.L'Italia non invierà contingenti in Libia come si era vociferato alcuni mesi fa.La coalizione franco-americana sta facendo un ottimo lavoro e la stabilità anche se lentamente viene garantita almeno da alcuni mesi. In Libia l'Italia si limiterà ad addestrare la guardia costiera locale e anche con l'invio di mezzi e motoscafi sarà garantito un maggiore controllo delle coste per evitare che il flusso migratorio verso l'Europa continui in maniera indisciplinato. La lotta all'Isis sarà quindi una prerogativa dell'esercito libico e della coalizione con l'Italia pronta ad aiutare con ausili medici e di assistenza ai profughi, ma l'esercito non sarà chiamato ad interventi militari.
Per il Ministro della Difesa Roberta Pinotti sono state settimane di grande importanza e peso politico per il nostro paese.Prima il summit estivo della Nato in cui sono state fissate le direttive sulla sicurezza internazionale in settori strategici come il Baltico ed il Medio-oriente, poi il vertice a due con il suo omologo della Serbia ed infine il suo dossier presso l'Unione Europea in cui è stato esposto il piano italiano per la sicurezza militare nei confini comunitari, ma andiamo con ordine. A Luglio la NATO ha deciso di iniziare a contrastare con i fatti l'atteggiamento da eterni conquistatori della Russia di Putin, si è diciso nello specifico di inviare truppe Nato lungo i confini baltici in particolare nei pressi della Lettonia.Anche l'Italia darà il suo contributo con circa 150 soldati messi a disposizione della Nato.
La cosa ha creato alcuni imbarazzi nei rapporti con Putin che ha definito aggressivo il piano strategico Nato e si è riservato il compito di controbbattere in modo analogo. Poi la Pinotti ha incontrato il ministro della Difesa serbo, occasione in cui l'Italia ha ribadito la sua disponibilità a rimanere nel Kosovo e a continuare la sua azione di aiuto ed addestramento dell'esercito regolare allo scopo di favorire la stabilità nelle zone serbe.La Pinotti ha inoltre ha sottolineato la possibilità di aiuti lungo il confine serbo per aiutare a disciplinare il flusso dei migranti clandestini che nell'ultimo anno hanno letteralmente invaso la Serbia e gli altri paesi slavi. Nell'incontro infine si è toccato anche il tema della lotta al terrorismo soprattutto in alcune zone della Serbia dove la componente musulmana è in maggioranza e dove negli ultimi mesi sono aumentati gli arresti per atti riconducibili a politiche integraliste.
La Pinotti infine ha rimarcato una serie di concetti per ripristinare ordine nella politica estera italiana.Innanzittutto il tema libico.L'Italia non invierà contingenti in Libia come si era vociferato alcuni mesi fa.La coalizione franco-americana sta facendo un ottimo lavoro e la stabilità anche se lentamente viene garantita almeno da alcuni mesi. In Libia l'Italia si limiterà ad addestrare la guardia costiera locale e anche con l'invio di mezzi e motoscafi sarà garantito un maggiore controllo delle coste per evitare che il flusso migratorio verso l'Europa continui in maniera indisciplinato. La lotta all'Isis sarà quindi una prerogativa dell'esercito libico e della coalizione con l'Italia pronta ad aiutare con ausili medici e di assistenza ai profughi, ma l'esercito non sarà chiamato ad interventi militari.
De Girolamo.Il Governo sta facendo danni.
di Serena Ferraris
L'opposizione alza la voce.Critiche dure al Governo
Due giorni fa a Roma Nunzia De Girolamo, deputato di Forza Italia, ha partecipato ad un convegno sul tema delle riforme e come elemento di spicco dell’opposizione al Governo ha espresso i suoi pareri partendo anche dalla confusione dell’attività amministrativa presso il Comune di Roma. Tre mesi dopo la Roma a 5 Stelle è nel più completo caos amministrativo, assenza di gestione, gente che nasconde le verità, queste sono le prime parole della De Girolamo, parole come macigni. Un conto è fare scioperi e proteste e un conto è governare. La forzista continua sottolineando che per governare occorre non solo essere capaci, ma essere capaci di fare anche delle scelte che possono subire delle critiche. Opinione comune è però che alle amministrative di Roma il centrodestra ha perso l’occasione d’oro. È stato fatto un grande pasticcio, si è tentato di fare politica nazionale sulle spalle di Roma.
La deputa azzurra si augura che avendo toccato il fondo si possa ripartire tenendo insieme vecchie risorse ma rinnovando assieme alle persone che hanno fatto bene nei territori. Il problema, però, non riguarda solo Roma. Se Renzi, il parolaio inefficiente, è una stella cadente e i 5 Stelle stanno venendo fuori per quello che sono, il centrodestra deve fare uno sforzo enorme di sintesi sulle cose che uniscono, non sulle persone. Lo deve fare con una squadra rinnovata, fatto salvo che il leader carismatico è solo Berlusconi. È altrettanto chiaro, continua la De Girolamo, esiste il fortissimo bisogno di rinnovare, di coniugare al meglio la nostra classe dirigente con quella società civile che sta cercando di mettere assieme Stefano Parisi. Una cosa non esclude l’altra. Infine alcune veloci battute sull’imminente referendum costituzionale.
Cambiare non è un valore in sé: si può cambiare in peggio e si può cambiare in meglio. In questo caso, ha affermato la deputata di centro-destra, si rischia di cambiare in peggio, sia per come ci si è arrivati in modo non condiviso, a suon di strappi, con votazioni notturne in un Parlamento quasi bulgaro, sia per il significato di questa riforma, sia per i contenuti e le funzionalità che ne deriveranno. Quindi credo ci siano tutte le ragioni per votare no e per costruire un futuro diverso e migliore per la nostra Costituzione e per le nostre istituzioni.
Due giorni fa a Roma Nunzia De Girolamo, deputato di Forza Italia, ha partecipato ad un convegno sul tema delle riforme e come elemento di spicco dell’opposizione al Governo ha espresso i suoi pareri partendo anche dalla confusione dell’attività amministrativa presso il Comune di Roma. Tre mesi dopo la Roma a 5 Stelle è nel più completo caos amministrativo, assenza di gestione, gente che nasconde le verità, queste sono le prime parole della De Girolamo, parole come macigni. Un conto è fare scioperi e proteste e un conto è governare. La forzista continua sottolineando che per governare occorre non solo essere capaci, ma essere capaci di fare anche delle scelte che possono subire delle critiche. Opinione comune è però che alle amministrative di Roma il centrodestra ha perso l’occasione d’oro. È stato fatto un grande pasticcio, si è tentato di fare politica nazionale sulle spalle di Roma.
La deputa azzurra si augura che avendo toccato il fondo si possa ripartire tenendo insieme vecchie risorse ma rinnovando assieme alle persone che hanno fatto bene nei territori. Il problema, però, non riguarda solo Roma. Se Renzi, il parolaio inefficiente, è una stella cadente e i 5 Stelle stanno venendo fuori per quello che sono, il centrodestra deve fare uno sforzo enorme di sintesi sulle cose che uniscono, non sulle persone. Lo deve fare con una squadra rinnovata, fatto salvo che il leader carismatico è solo Berlusconi. È altrettanto chiaro, continua la De Girolamo, esiste il fortissimo bisogno di rinnovare, di coniugare al meglio la nostra classe dirigente con quella società civile che sta cercando di mettere assieme Stefano Parisi. Una cosa non esclude l’altra. Infine alcune veloci battute sull’imminente referendum costituzionale.
Cambiare non è un valore in sé: si può cambiare in peggio e si può cambiare in meglio. In questo caso, ha affermato la deputata di centro-destra, si rischia di cambiare in peggio, sia per come ci si è arrivati in modo non condiviso, a suon di strappi, con votazioni notturne in un Parlamento quasi bulgaro, sia per il significato di questa riforma, sia per i contenuti e le funzionalità che ne deriveranno. Quindi credo ci siano tutte le ragioni per votare no e per costruire un futuro diverso e migliore per la nostra Costituzione e per le nostre istituzioni.
Boschi.Adesso è il tempo di cambiare.
di Serena Ferraris
Il referendum non sarà un quesito politico ma normativo.
La settimana scorsa la Ministra Maria Elena Boschi ha incontrato nell'ambito dei sui numerosi convegni sul tema referendum, la stampa, politici e cittadini in occasione di una specifica conferenza a favore del sì al referendum costituzionale che si svolgerà tra qualche mese, anche se la data precisa non è stata ancora fissata.L’incontro che nel caso specifico era organizzato dal Centro studi Aldo Moro, ha visto la partecipazione di una vasto pubblico: circa 800 persone affollavano la platea. La Boschi con dovizia di particolari ha illustrato i punti cardine della riforma che secondo il suo pensiero verterà in primo luogo sulla riduzione del numero dei parlamentari al Senato (da 315 a 100) per alleggerire l’iter di approvazione delle leggi; in secondo luogo sull' abolizione del Cnel; infine sulle modifiche al titolo V della Costituzione, togliendo alcuni poteri alle Regioni.
Tutte queste novità normativo che la Boschi spera avranno il placet popolare, sono chiara rappresentanza di come il Governo intenda abbracciare la tanto auspicata semplificazione e rendere i processi di legificazione più snelli e veloci.La Boschi ha inoltre illustrato anche cosa non sarà la riforma costituzionale. In particolare non necessariamente il sì al referendum deve essere un sì al Governo Renzi, assumendo così un valore politico. Votare sì non significa cambiare la forma di governo, né aumentare il potere del Presidente del Consiglio, assolutamente no. La Boschi ci tiene a smentire anche che la riforma vada a toccare la legge elettorale Italicum.
Eliminando ogni desiderio di protagonismo che spesso le veniva mosso come accusa, sottolinea che non è la sua riforma ma si tratta del risultato di due anni di lavoro del Parlamento. Votare sì significa andare incontro al cambiamento. Con il no si accetta la situazione odierna per chissà quanto altro tempo ancora. Votando "Sì" al referendum si supera il bicameralismo paritario, si riduce il numero dei parlamentari, si contengono i costi di funzionamento delle istituzioni, si abolisce il Cnel e si rivede il titolo V. Questa è infatti la domanda che troveranno gli italiani. Il quesito referendario si limita a riprodurre il titolo della legge costituzionale. Insomma il referendum sarà una chiara domanda: gli italiani desiderano o no il cambiamento strutturale del paese?
La settimana scorsa la Ministra Maria Elena Boschi ha incontrato nell'ambito dei sui numerosi convegni sul tema referendum, la stampa, politici e cittadini in occasione di una specifica conferenza a favore del sì al referendum costituzionale che si svolgerà tra qualche mese, anche se la data precisa non è stata ancora fissata.L’incontro che nel caso specifico era organizzato dal Centro studi Aldo Moro, ha visto la partecipazione di una vasto pubblico: circa 800 persone affollavano la platea. La Boschi con dovizia di particolari ha illustrato i punti cardine della riforma che secondo il suo pensiero verterà in primo luogo sulla riduzione del numero dei parlamentari al Senato (da 315 a 100) per alleggerire l’iter di approvazione delle leggi; in secondo luogo sull' abolizione del Cnel; infine sulle modifiche al titolo V della Costituzione, togliendo alcuni poteri alle Regioni.
Tutte queste novità normativo che la Boschi spera avranno il placet popolare, sono chiara rappresentanza di come il Governo intenda abbracciare la tanto auspicata semplificazione e rendere i processi di legificazione più snelli e veloci.La Boschi ha inoltre illustrato anche cosa non sarà la riforma costituzionale. In particolare non necessariamente il sì al referendum deve essere un sì al Governo Renzi, assumendo così un valore politico. Votare sì non significa cambiare la forma di governo, né aumentare il potere del Presidente del Consiglio, assolutamente no. La Boschi ci tiene a smentire anche che la riforma vada a toccare la legge elettorale Italicum.
Eliminando ogni desiderio di protagonismo che spesso le veniva mosso come accusa, sottolinea che non è la sua riforma ma si tratta del risultato di due anni di lavoro del Parlamento. Votare sì significa andare incontro al cambiamento. Con il no si accetta la situazione odierna per chissà quanto altro tempo ancora. Votando "Sì" al referendum si supera il bicameralismo paritario, si riduce il numero dei parlamentari, si contengono i costi di funzionamento delle istituzioni, si abolisce il Cnel e si rivede il titolo V. Questa è infatti la domanda che troveranno gli italiani. Il quesito referendario si limita a riprodurre il titolo della legge costituzionale. Insomma il referendum sarà una chiara domanda: gli italiani desiderano o no il cambiamento strutturale del paese?
Madia.A breve aumenti per gli statali.
di Serena Ferraris
Finalmente un nuovo orizzonte positivo per gli statali.
La Ministro Marianna Madia si è distinta in questi mesi per un atteggiamento intransigente e sicuro. Lo scopo della sua politica, così come imposto da Renzi, è ridurre i costi della Pubblica Amministrazione e lei, anche in modo severo e anche aizzando spesso e volentieri le proteste dei vari sindacati pubblici ha deciso di portare a compimento questo suo obiettivo. Ultima sua azione riguarda il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici con relativo aumento degli stipendi ma, come la Madia ha sottolineato, solo per chi ha effettivamente un reddito basso; è inammissibile infatti, dice la ministro, che un dirigente da 200.000 euro all’anno pretenda un aumento del suo stipendio. Le casse statali non risultano certo floride e quindi solo a chi ne ha effettivo bisogno, l’aumento di stipendio verrà concesso senza problemi né intoppi. Quali sono le reali risorse a disposizione della Pubblica Amministrazione ce lo spiega la stessa Madia: non è possibile fare un calcolo, ma saranno certamente liberate molte risorse per servizi ai cittadini.
E’ un testo complesso, che ha resistito alle pressioni che si sapeva ci sarebbero state: imporrà sanzioni per le amministrazioni che non procedono alla chiusura, e poteri sostitutivi al ministero dell’Economia. Verrà data una forte stretta anche alle tantissime società partecipate, circa 5 mila, in cui lo Stato ha azioni e quote. Quelle che hanno meno dipendenti che membri nel Cda, quelle con fatturato sotto il milione di euro, quelle che duplicano funzioni, o inattive, o mal gestite o che si occupano di oggetti chiaramente fuori dall’interesse pubblico. Ci saranno sei mesi di tempo per la ricognizione e sei per la chiusura. Questa norma arriverà a breve intanto il Governo ha annunciato più soldi dei 300 milioni previsti per i contratti del pubblico impiego. Afferma la Madia che il mese prossimo vedrà i sindacati e in quell’occasione si discuteranno le priorità, e poi si deciderà sui fondi aggiuntivi. Insieme al ministro dell’Economia, a seconda delle priorità del governo, tutto verrà dibattuto in sede di Legge si Stabilità.
Come ogni legge di stabilità ci sarà l’assalto dei ministri al collega dell’Economia per ottenere risorse per il proprio dicastero. Dice la Madia che tale comportamento è stato sempre evitato dal suo ministero, perché era una prassi della vecchia politica. La riapertura di contratti fermi da sette anni è una priorità non solo del suo ufficio, ma di tutto il governo, si deciderà insieme. Resta fermo il principio di un aiuto prima ai dipendenti con redditi più bassi perché si esce da sette anni di crisi pesante: come in una famiglia, ha diritto prima chi ha sofferto di più. Come ho già detto, se non ci sono risorse sufficienti per tutti, chi guadagna molto non avrà alcun aumento salariale. Le male lingue affermano che tutto questo potrebbe essere una mossa elettorale per recuperare i voti degli statali persi a migliaia negli ultimi due anni. La Ministro però controbatte che se si prendono le dichiarazioni sue e di Renzi da quando sono al governo, sono sempre state dette le medesime cose ovvero che il blocco dei contratti è patologico, saranno sbloccati non appena si vedrà un percorso di uscita dalla crisi. Ora il Pil va meglio, l’occupazione pure: quindi si stanno solo mantenendo gli impegni».
La Ministro Marianna Madia si è distinta in questi mesi per un atteggiamento intransigente e sicuro. Lo scopo della sua politica, così come imposto da Renzi, è ridurre i costi della Pubblica Amministrazione e lei, anche in modo severo e anche aizzando spesso e volentieri le proteste dei vari sindacati pubblici ha deciso di portare a compimento questo suo obiettivo. Ultima sua azione riguarda il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici con relativo aumento degli stipendi ma, come la Madia ha sottolineato, solo per chi ha effettivamente un reddito basso; è inammissibile infatti, dice la ministro, che un dirigente da 200.000 euro all’anno pretenda un aumento del suo stipendio. Le casse statali non risultano certo floride e quindi solo a chi ne ha effettivo bisogno, l’aumento di stipendio verrà concesso senza problemi né intoppi. Quali sono le reali risorse a disposizione della Pubblica Amministrazione ce lo spiega la stessa Madia: non è possibile fare un calcolo, ma saranno certamente liberate molte risorse per servizi ai cittadini.
E’ un testo complesso, che ha resistito alle pressioni che si sapeva ci sarebbero state: imporrà sanzioni per le amministrazioni che non procedono alla chiusura, e poteri sostitutivi al ministero dell’Economia. Verrà data una forte stretta anche alle tantissime società partecipate, circa 5 mila, in cui lo Stato ha azioni e quote. Quelle che hanno meno dipendenti che membri nel Cda, quelle con fatturato sotto il milione di euro, quelle che duplicano funzioni, o inattive, o mal gestite o che si occupano di oggetti chiaramente fuori dall’interesse pubblico. Ci saranno sei mesi di tempo per la ricognizione e sei per la chiusura. Questa norma arriverà a breve intanto il Governo ha annunciato più soldi dei 300 milioni previsti per i contratti del pubblico impiego. Afferma la Madia che il mese prossimo vedrà i sindacati e in quell’occasione si discuteranno le priorità, e poi si deciderà sui fondi aggiuntivi. Insieme al ministro dell’Economia, a seconda delle priorità del governo, tutto verrà dibattuto in sede di Legge si Stabilità.
Come ogni legge di stabilità ci sarà l’assalto dei ministri al collega dell’Economia per ottenere risorse per il proprio dicastero. Dice la Madia che tale comportamento è stato sempre evitato dal suo ministero, perché era una prassi della vecchia politica. La riapertura di contratti fermi da sette anni è una priorità non solo del suo ufficio, ma di tutto il governo, si deciderà insieme. Resta fermo il principio di un aiuto prima ai dipendenti con redditi più bassi perché si esce da sette anni di crisi pesante: come in una famiglia, ha diritto prima chi ha sofferto di più. Come ho già detto, se non ci sono risorse sufficienti per tutti, chi guadagna molto non avrà alcun aumento salariale. Le male lingue affermano che tutto questo potrebbe essere una mossa elettorale per recuperare i voti degli statali persi a migliaia negli ultimi due anni. La Ministro però controbatte che se si prendono le dichiarazioni sue e di Renzi da quando sono al governo, sono sempre state dette le medesime cose ovvero che il blocco dei contratti è patologico, saranno sbloccati non appena si vedrà un percorso di uscita dalla crisi. Ora il Pil va meglio, l’occupazione pure: quindi si stanno solo mantenendo gli impegni».
Raggi.Tra caos e bugie dov'è la verità?
di Serena Ferraris
Facciamo chiarezza su una vicenda davvero strana.
Dal giorno dopo la sua nomina a Sindaco di Roma, Virginia Raggi è stata oggetto di polemiche e critiche. Anche i suoi stessi colleghi del Movimento 5 Stelle a Roma non sono stati immuni da parole al vetriolo spesso fuori luogo. Negli ultimi giorni la vicenda che la riguarda è sembrata ancor più ingarbugliarsi ricca di intrecci complicati e di difficile comprensione.Dopo le cinque dimissioni in un giorno della settimana scorsa, tra assessori e importanti dirigenti del comune, che il Movimento 5 Stelle non ha spiegato ma su cui ha molto litigato, lunedì 5 settembre Virginia Raggi e l’assessore di Roma all’Ambiente, Paola Muraro, sono state ascoltate dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle Ecomafie.Le principali novità venute fuori dal colloquio riguardano la gestione delle comunicazioni sull’indagine in cui è coinvolta la stessa Muraro per traffico illecito di rifiuti, abuso d’ufficio e truffa. Muraro e Raggi hanno detto che sapevano dell’indagine – o comunque che in procura c’era un fascicolo che riguardava Muraro – dallo scorso luglio.
L’iscrizione di Muraro nel registro degli indagati era invece avvenuta il 21 aprile, quando Muraro era consulente di AMA, l’azienda che gestisce i rifiuti di Roma. Muraro è stata nominata assessore il 7 luglio, tra molte polemiche proprio per via del suo precedente ruolo in AMA. Virginia Raggi quindi ha sottolineato che del fatto era stato informato il cosiddetto “direttorio” del Movimento 5 Stelle – composto da Luigi De Maio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Carlo Sibilia e Roberto Fico – quando ha saputo che Muraro era indagata. Il direttorio però se ne è lavato le mani e anzi intervistato De Maio ieri ha affermato di non sapere nulla della vicenda ma tutte queste situazioni stanno creando diverse polemiche dentro il Movimento 5 Stelle, per la gestione caotica dell’amministrazione di Roma in questi primi mesi. Raggi ha anche rimarcato di aver informato della questione i vertici del M5S («Appena l’avvocato della Muraro ci ha informati ho avvertito il mio capo di gabinetto Raineri e i vertici del Movimento, assieme abbiamo valutato che senza contestazioni specifiche non c’erano provvedimenti da prendere»).
Nel frattempo il direttorio del partito continua nella sua versione dicendo di essere totalmente all'oscuro della vicenda e di non sapere nemmeno che la Muraro avesse chiesto la certificazione dell’avvenuta iscrizione nel registro degli indagati. Per fortuna almeno uno dei membri del direttorio, Carlo Sibilia, ha comunque difeso la linea di Raggi specificando che quello di Muraro non era un avviso di garanzia ma soltanto un’iscrizione nel registro degli indagati.La vicenda nei prossimi giorni dovrebbe rientrare nella normalità salvo colpi di scena.
Dal giorno dopo la sua nomina a Sindaco di Roma, Virginia Raggi è stata oggetto di polemiche e critiche. Anche i suoi stessi colleghi del Movimento 5 Stelle a Roma non sono stati immuni da parole al vetriolo spesso fuori luogo. Negli ultimi giorni la vicenda che la riguarda è sembrata ancor più ingarbugliarsi ricca di intrecci complicati e di difficile comprensione.Dopo le cinque dimissioni in un giorno della settimana scorsa, tra assessori e importanti dirigenti del comune, che il Movimento 5 Stelle non ha spiegato ma su cui ha molto litigato, lunedì 5 settembre Virginia Raggi e l’assessore di Roma all’Ambiente, Paola Muraro, sono state ascoltate dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle Ecomafie.Le principali novità venute fuori dal colloquio riguardano la gestione delle comunicazioni sull’indagine in cui è coinvolta la stessa Muraro per traffico illecito di rifiuti, abuso d’ufficio e truffa. Muraro e Raggi hanno detto che sapevano dell’indagine – o comunque che in procura c’era un fascicolo che riguardava Muraro – dallo scorso luglio.
L’iscrizione di Muraro nel registro degli indagati era invece avvenuta il 21 aprile, quando Muraro era consulente di AMA, l’azienda che gestisce i rifiuti di Roma. Muraro è stata nominata assessore il 7 luglio, tra molte polemiche proprio per via del suo precedente ruolo in AMA. Virginia Raggi quindi ha sottolineato che del fatto era stato informato il cosiddetto “direttorio” del Movimento 5 Stelle – composto da Luigi De Maio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Carlo Sibilia e Roberto Fico – quando ha saputo che Muraro era indagata. Il direttorio però se ne è lavato le mani e anzi intervistato De Maio ieri ha affermato di non sapere nulla della vicenda ma tutte queste situazioni stanno creando diverse polemiche dentro il Movimento 5 Stelle, per la gestione caotica dell’amministrazione di Roma in questi primi mesi. Raggi ha anche rimarcato di aver informato della questione i vertici del M5S («Appena l’avvocato della Muraro ci ha informati ho avvertito il mio capo di gabinetto Raineri e i vertici del Movimento, assieme abbiamo valutato che senza contestazioni specifiche non c’erano provvedimenti da prendere»).
Nel frattempo il direttorio del partito continua nella sua versione dicendo di essere totalmente all'oscuro della vicenda e di non sapere nemmeno che la Muraro avesse chiesto la certificazione dell’avvenuta iscrizione nel registro degli indagati. Per fortuna almeno uno dei membri del direttorio, Carlo Sibilia, ha comunque difeso la linea di Raggi specificando che quello di Muraro non era un avviso di garanzia ma soltanto un’iscrizione nel registro degli indagati.La vicenda nei prossimi giorni dovrebbe rientrare nella normalità salvo colpi di scena.
Boldrini.Aiutiamo le donne a rinascere.
di Serena Ferraris
Difesa e tutela della donna sono delle vere priorità normative.
La Presidente della Camera Lura Boldrini riprende l’argomento della difesa delle donne e dice la sua sul punto della situazione oggi nel nostro paese. La società moderna, dice, sta cambiando, noi tutti stiamo cercando di cambiarla per evitare che continui la sopraffazione verso noi donne. Alcuni uomini desiderano la donna sottomessa e per fare ciò sono anche pronti ad uccidere come accaduto nei fatti di cronaca. Alle migliaia di lettere che io stessa ricevo da donne che cercano aiuto, bisogna dare risposta coi fatti, le leggi devono essere la nostra risposta. La Boldrini critica molto la politica che spesso impiega il tempo in litigi e in risse solleticando gli istinti più bassi, come quando alcuni mesi fa, mentre lei come Presidente della Camera faceva approvare il bilancio annuale, veniva invece derisa e insultata da colleghi uomini per motivi extra politici, una vero passo indietro delle nostre istituzioni. Chi fa politica non è pagato per offendere, ma per risolvere i problemi delle persone.
Peraltro la Costituzione dice, all'articolo 54, che chi svolge funzioni pubbliche deve farlo "con disciplina e onore". La nostra stessa società nasce dalla Costituzione, ispirata a valori di solidarietà, inclusione, apertura, rimozione delle disuguaglianze. Quei valori ai quali, dice la Boldrini, ho dedicato una vita. Per quegli stessi valori credo di essere stata eletta alla Presidenza della Camera. Non faccio politica di partito, ma ho un pensiero politico progressista che si sviluppa da una cultura cattolica, perciò amo trattare temi delicati come la parità di genere, articolo 51 della Costituzione, o il diritto di asilo, articolo 10; le periferie e le disuguaglianze, articolo 3.
I valori che difendo sono quelli della Carta. E nella Carta non c'è l'odio. Spesso la donna è l’oggetto di tale odio. Nel 2013 abbiamo tenuto aperto il Parlamento in agosto per far passare il decreto sul femminicidio. Il primo provvedimento della Camera in questa legislatura è stata la ratifica della Convenzione di Istanbul. Ma ci vuole molto lavoro anche nelle scuole, un'educazione nella mente delle persone. È bene anche non togliere i fondi ai centri antiviolenza mentre centinaia di donne italiane cercano di sfuggire ai loro padri padroni. Quei fondi devono essere sbloccati. La ministra Boschi sta lavorando proprio su questo.
La Presidente della Camera Lura Boldrini riprende l’argomento della difesa delle donne e dice la sua sul punto della situazione oggi nel nostro paese. La società moderna, dice, sta cambiando, noi tutti stiamo cercando di cambiarla per evitare che continui la sopraffazione verso noi donne. Alcuni uomini desiderano la donna sottomessa e per fare ciò sono anche pronti ad uccidere come accaduto nei fatti di cronaca. Alle migliaia di lettere che io stessa ricevo da donne che cercano aiuto, bisogna dare risposta coi fatti, le leggi devono essere la nostra risposta. La Boldrini critica molto la politica che spesso impiega il tempo in litigi e in risse solleticando gli istinti più bassi, come quando alcuni mesi fa, mentre lei come Presidente della Camera faceva approvare il bilancio annuale, veniva invece derisa e insultata da colleghi uomini per motivi extra politici, una vero passo indietro delle nostre istituzioni. Chi fa politica non è pagato per offendere, ma per risolvere i problemi delle persone.
Peraltro la Costituzione dice, all'articolo 54, che chi svolge funzioni pubbliche deve farlo "con disciplina e onore". La nostra stessa società nasce dalla Costituzione, ispirata a valori di solidarietà, inclusione, apertura, rimozione delle disuguaglianze. Quei valori ai quali, dice la Boldrini, ho dedicato una vita. Per quegli stessi valori credo di essere stata eletta alla Presidenza della Camera. Non faccio politica di partito, ma ho un pensiero politico progressista che si sviluppa da una cultura cattolica, perciò amo trattare temi delicati come la parità di genere, articolo 51 della Costituzione, o il diritto di asilo, articolo 10; le periferie e le disuguaglianze, articolo 3.
I valori che difendo sono quelli della Carta. E nella Carta non c'è l'odio. Spesso la donna è l’oggetto di tale odio. Nel 2013 abbiamo tenuto aperto il Parlamento in agosto per far passare il decreto sul femminicidio. Il primo provvedimento della Camera in questa legislatura è stata la ratifica della Convenzione di Istanbul. Ma ci vuole molto lavoro anche nelle scuole, un'educazione nella mente delle persone. È bene anche non togliere i fondi ai centri antiviolenza mentre centinaia di donne italiane cercano di sfuggire ai loro padri padroni. Quei fondi devono essere sbloccati. La ministra Boschi sta lavorando proprio su questo.
Carfagna.I problemi da risolvere sono tanti.
di Serena Ferraris
Nel centro-destra le idee ci sono ma serve compattezza.
La deputata Mara Carfagna, come i suoi colleghi, sta per tornare nelle aule di Montecitorio per riprendere le attività politico istituzionali. I problemi da affrontare sono sempre molti e complicati e la forzista ci espone le sue impressioni e i suoi pensieri su varie tematiche di grande attualità. Partiamo dall’annoso problema dell’immigrazione clandestina che in estate spesso raggiunge il suo picco in termini di quantità. Quando il clandestino viene preso anche in caso di commissione di reati, dice la Carfagna, dovrebbe subito essere espatriato con divieto di tornare in Italia. Se concediamo la possibilità di scontare la pena nelle nostre carceri, il rischio di radicalizzazione anche terroristica è elevatissimo, a limite la pena alternativa del lavoro in comunità dovrebbe essere la soluzione giusta, ma in ambo i casi non sempre viene seguita dai giudici.
La Carfagna si riallaccia alle parole del ministro Alfano sull’effettiva diminuzione dei reati compiuti. E’ vero, c’è un calo notevole e questo è fonte di gioia per la politica tutta, ma il famoso ddl sulla sicurezza che tanto avevamo contribuito a modificare non è stato ancora approvato. Speriamo che il Governo decida una volta per tutte che il momento è maturo, perché molte città, soprattutto le metropoli, sono terra di nessuno, senza tutela né difesa. Poi c’è il tema referendum sul quale la Carfagna però obietta che il PD renziano stia cavalcando troppo l’onda, usando le riforme fatte come un mezzo per minacciare gli elettori. La scelta referendaria va fatta liberamente dal cittadino e i risvolti politici non andrebbero sventolati a mo di minaccia per condizionare l’elettore. Chi vuole modificare la Costituzione scelga SI in tutta serenità, altrimenti neghi il suo consenso, in caso di NO non accadrà alcuna rivoluzione, questo va detto ai cittadini. Infine qualche parola su Parisi, scelto da Berlusconi come suo continuatore politico.
La Carfagna afferma che si tratta di un uomo dall’indubbia competenza politica e dalla fermezza morale indiscussa, ma l’appeal del Cavaliere è altra cosa. Parisi sarà utile per ridare ordine alle fila di Forza Italia, per tornare ad indicare una soluzione di destra ai problemi del paese, ma il vero problema è il consenso. Il consenso si conquista nelle piazze e purtroppo solo il Cavaliere era capace di calamitarlo. In ultima analisi la situazione economica del paese che ha visto il PIL bloccarsi nella crescita. Purtroppo, dice la Carfagna, l’economia ha interrotto la sua crescita dal alcuni mesi. Le aziende vogliono novità in tema di super-ammortamento, le norme in vigore vanno prorogate anche forzando politicamente la mano e arrivando ad allungarle per più di 12 mesi. Il credito di imposta va agevolato subito, le aziende non possono attendere lo Stato nelle sue decisioni farraginose; se ciò non bastasse anche lo sforamento del rapporto deficit-PIL non deve spaventare, meglio qualche sanzione comunitaria che far chiudere intere aziende e danneggiare migliaia di cittadini.
La deputata Mara Carfagna, come i suoi colleghi, sta per tornare nelle aule di Montecitorio per riprendere le attività politico istituzionali. I problemi da affrontare sono sempre molti e complicati e la forzista ci espone le sue impressioni e i suoi pensieri su varie tematiche di grande attualità. Partiamo dall’annoso problema dell’immigrazione clandestina che in estate spesso raggiunge il suo picco in termini di quantità. Quando il clandestino viene preso anche in caso di commissione di reati, dice la Carfagna, dovrebbe subito essere espatriato con divieto di tornare in Italia. Se concediamo la possibilità di scontare la pena nelle nostre carceri, il rischio di radicalizzazione anche terroristica è elevatissimo, a limite la pena alternativa del lavoro in comunità dovrebbe essere la soluzione giusta, ma in ambo i casi non sempre viene seguita dai giudici.
La Carfagna si riallaccia alle parole del ministro Alfano sull’effettiva diminuzione dei reati compiuti. E’ vero, c’è un calo notevole e questo è fonte di gioia per la politica tutta, ma il famoso ddl sulla sicurezza che tanto avevamo contribuito a modificare non è stato ancora approvato. Speriamo che il Governo decida una volta per tutte che il momento è maturo, perché molte città, soprattutto le metropoli, sono terra di nessuno, senza tutela né difesa. Poi c’è il tema referendum sul quale la Carfagna però obietta che il PD renziano stia cavalcando troppo l’onda, usando le riforme fatte come un mezzo per minacciare gli elettori. La scelta referendaria va fatta liberamente dal cittadino e i risvolti politici non andrebbero sventolati a mo di minaccia per condizionare l’elettore. Chi vuole modificare la Costituzione scelga SI in tutta serenità, altrimenti neghi il suo consenso, in caso di NO non accadrà alcuna rivoluzione, questo va detto ai cittadini. Infine qualche parola su Parisi, scelto da Berlusconi come suo continuatore politico.
La Carfagna afferma che si tratta di un uomo dall’indubbia competenza politica e dalla fermezza morale indiscussa, ma l’appeal del Cavaliere è altra cosa. Parisi sarà utile per ridare ordine alle fila di Forza Italia, per tornare ad indicare una soluzione di destra ai problemi del paese, ma il vero problema è il consenso. Il consenso si conquista nelle piazze e purtroppo solo il Cavaliere era capace di calamitarlo. In ultima analisi la situazione economica del paese che ha visto il PIL bloccarsi nella crescita. Purtroppo, dice la Carfagna, l’economia ha interrotto la sua crescita dal alcuni mesi. Le aziende vogliono novità in tema di super-ammortamento, le norme in vigore vanno prorogate anche forzando politicamente la mano e arrivando ad allungarle per più di 12 mesi. Il credito di imposta va agevolato subito, le aziende non possono attendere lo Stato nelle sue decisioni farraginose; se ciò non bastasse anche lo sforamento del rapporto deficit-PIL non deve spaventare, meglio qualche sanzione comunitaria che far chiudere intere aziende e danneggiare migliaia di cittadini.
Lara Comi.Una carriera senza soste.
di Serena Ferraris
Pensieri e nuovi progetti per la giovane politica di Forza Italia.
Lara Comi è ormai lanciata nell’orbita della politica comunitaria. La forzista nonché vicepresidente del PPE è stata anche invitata alla recente Convention del partito democratico americano direttamente da Hillary Clinton per esporre il punto di vista europeo su molte tematiche tanto a cuore agli stessi americani. La Comi insomma in questi anni si è data molto da fare e recentemente sue sono state alcune proposte di legge comunitaria sul tema dello sviluppo industriale e sul dare una risposta concreta ai bisogni delle nostre imprese, come la tutela del made in Italy. L’europarlamentare afferma che il Parlamento europeo ha dato ascolto soprattutto alle realtà di piccole dimensioni, e ai nostri consumatori. Il mercato interno è il vero strumento per far crescere il concetto di Europa, non solo come potenza economica ma anche per sprigionare tutto il potenziale a beneficio di tutti, in modo da aumentare i posti di lavoro, far crescere le Pmi, le Piccole e medie industrie, conseguire risultati tangibili e tempestivi a livello di competitività, crescita sostenibile, ricerca, innovazione e ampia possibilità di scelta per i consumatori. Ma tutto questo non basta mai, il sostegno all’economia deve essere continuo ed ininterrotto.
La Comi inoltre ha detto la sua anche sul tema della lotta al terrorismo e ha sottolineato l’impegno dell’Europa per contrastare il terrorismo, ed anche la preoccupazione della gente, anche alla luce dei recenti attentati. Riguardo l’Italia, il nostro Paese negli ultimi vent’anni ha ricoperto un ruolo particolarmente importante per il mantenimento della pace nel mondo, anche con operazioni di peacekeeping. L’Italia è impegnata in pieno nel mantenimento della pace, svolgendo un ruolo primario e collaborando con molte organizzazioni internazionali. L’europarlamentare saronnese di Forza Italia, infine, è stata anche a Philadelphia per la “Convention Dem”, confermando la vicinanza al partito americano ed alla sua leadership.
Nei mesi scorsi era stata anche ospite del presidente uscente, Barack Obama per partecipare al progetto “Insights On America” nell’ambito del “International visitor leadership program”. E’ stata scelta come giovane leader europeo dopo essere stata, tra l’altro, a settembre 2013, premiata a Bruxelles quale migliore deputata europea per il Mercato interno e protezione dei consumatori, unica italiana ad aver conseguito un riconoscimento per una delle 18 categorie individuate. Non male per una giovane donna.
Lara Comi è ormai lanciata nell’orbita della politica comunitaria. La forzista nonché vicepresidente del PPE è stata anche invitata alla recente Convention del partito democratico americano direttamente da Hillary Clinton per esporre il punto di vista europeo su molte tematiche tanto a cuore agli stessi americani. La Comi insomma in questi anni si è data molto da fare e recentemente sue sono state alcune proposte di legge comunitaria sul tema dello sviluppo industriale e sul dare una risposta concreta ai bisogni delle nostre imprese, come la tutela del made in Italy. L’europarlamentare afferma che il Parlamento europeo ha dato ascolto soprattutto alle realtà di piccole dimensioni, e ai nostri consumatori. Il mercato interno è il vero strumento per far crescere il concetto di Europa, non solo come potenza economica ma anche per sprigionare tutto il potenziale a beneficio di tutti, in modo da aumentare i posti di lavoro, far crescere le Pmi, le Piccole e medie industrie, conseguire risultati tangibili e tempestivi a livello di competitività, crescita sostenibile, ricerca, innovazione e ampia possibilità di scelta per i consumatori. Ma tutto questo non basta mai, il sostegno all’economia deve essere continuo ed ininterrotto.
La Comi inoltre ha detto la sua anche sul tema della lotta al terrorismo e ha sottolineato l’impegno dell’Europa per contrastare il terrorismo, ed anche la preoccupazione della gente, anche alla luce dei recenti attentati. Riguardo l’Italia, il nostro Paese negli ultimi vent’anni ha ricoperto un ruolo particolarmente importante per il mantenimento della pace nel mondo, anche con operazioni di peacekeeping. L’Italia è impegnata in pieno nel mantenimento della pace, svolgendo un ruolo primario e collaborando con molte organizzazioni internazionali. L’europarlamentare saronnese di Forza Italia, infine, è stata anche a Philadelphia per la “Convention Dem”, confermando la vicinanza al partito americano ed alla sua leadership.
Nei mesi scorsi era stata anche ospite del presidente uscente, Barack Obama per partecipare al progetto “Insights On America” nell’ambito del “International visitor leadership program”. E’ stata scelta come giovane leader europeo dopo essere stata, tra l’altro, a settembre 2013, premiata a Bruxelles quale migliore deputata europea per il Mercato interno e protezione dei consumatori, unica italiana ad aver conseguito un riconoscimento per una delle 18 categorie individuate. Non male per una giovane donna.
Boschi.Meglio sbagliare che stare immobili.
di Serena Ferraris
Discorsi forti ed ideologici per la Boschi.
La giovane ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha di recente preso parte alla Festa dell'Unità, dove, davanti a circa 300 persone, ha risposto anche ad alcune domande dei Giovani democratici riguardo alcuni temi di attualità, in primis il referendum che porta il suo nome e che sta infiammando il dibattito politico in vista del voto di autunno. Boschi ha ricordato che il percorso per arrivare alla riforma costituzionale è iniziato già più di due anni fa, quando Matteo Renzi è diventato presidente del consiglio. Queste riforme sono basilari perché ci serve uno Stato che funziona meglio - ha detto il ministro. Non tocca la prima parte della Costituzione, non tocca i valori, ma la seconda parte, perché quei principi siano effettivi. Abbiamo bisogno di un Parlamento che sia in grado di prendere le decisioni in tempi più rapidi, in tempi certi. Non si può rispondere alle esigenze dei cittadini dopo tre anni, dopo cinque anni. Ora la scelta è nelle mani dei cittadini come è giusto che sia, se vince il no, si riparte da capo.
Il ministro ci tiene a sottolineare che è in gioco il futuro dell'Italia non dei prossimi sei mesi ma dei prossimi venti anni. Se dovesse passare il si il governo (quello attuale e quelli futuri) sarà più forte e potrà portare a termine i programmi coi quali la coalizione vincente si presenta alle elezioni. Un governo più forte è più affidabile anche a livello internazionale. La ministra ha poi spiegato che la riforma metterà mano anche ai rapporti tra lo Stato e le Regioni. Spesso in molte materie le Regioni hanno regole diverse, e invece c’è il forte bisogno di regole certe e semplici. La Boschi ha puntato il dito verso quelli che per anni hanno detto che volevano ridurre il numero dei parlamentari e ora invece si schierano per il no. Siamo a un bivio decisivo: è un sì o un no rispetto al futuro del paese, ha aggiunto, chiamando a raccolta tutti i favorevoli alla riforma. Tra le cose positive della riforma la Boschi ha citato l'obbligo per il Parlamento di esaminare le proposte di legge di iniziativa popolare e un quorum più basso al referendum abrogativo se si riuscirà a raccogliere un adeguato numero di firme.
La ministra si è presa un applauso quando ha rivendicato il valore di fare qualcosa di imperfetto, ma di farlo, ricordando che l'iter parlamentare della legge di riforma è stato costellato da 83 milioni di emendamenti. Rispondendo a una domanda della responsabile immigrazione dei Giovani democratici sull'integrazione degli stranieri, Maria Elena Boschi ha detto che non basta tollerare o sopportare gli immigrati servono atti concreti e per tale fine il governo ha approvato alla Camera una legge sul diritto di cittadinanza che lega la cittadinanza alla permanenza dei genitori in Italia o a un ciclo di studi, anche se ci sono resistenze. Il percorso passa anche dal rispetto reciproco e dal rispetto delle regole che valgono per tutti. Sulle unioni civili la Boschi ha detto che forse il Pd perderà qualche voto, ma le leggi giuste vanno fatte, a prescindere dai voti che si prendono o si perdono. Infine un appello ai giovani: Fare politica è bellissimo. Impegnarsi per qualcosa che va oltre le ambizioni personali è appassionante ma tutto deve essere finalizzato al bene della comunità non certo allo sviluppo della propria carriera, altrimenti si perde una cosa fondamentale: l’indipendenza politica.
La giovane ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha di recente preso parte alla Festa dell'Unità, dove, davanti a circa 300 persone, ha risposto anche ad alcune domande dei Giovani democratici riguardo alcuni temi di attualità, in primis il referendum che porta il suo nome e che sta infiammando il dibattito politico in vista del voto di autunno. Boschi ha ricordato che il percorso per arrivare alla riforma costituzionale è iniziato già più di due anni fa, quando Matteo Renzi è diventato presidente del consiglio. Queste riforme sono basilari perché ci serve uno Stato che funziona meglio - ha detto il ministro. Non tocca la prima parte della Costituzione, non tocca i valori, ma la seconda parte, perché quei principi siano effettivi. Abbiamo bisogno di un Parlamento che sia in grado di prendere le decisioni in tempi più rapidi, in tempi certi. Non si può rispondere alle esigenze dei cittadini dopo tre anni, dopo cinque anni. Ora la scelta è nelle mani dei cittadini come è giusto che sia, se vince il no, si riparte da capo.
Il ministro ci tiene a sottolineare che è in gioco il futuro dell'Italia non dei prossimi sei mesi ma dei prossimi venti anni. Se dovesse passare il si il governo (quello attuale e quelli futuri) sarà più forte e potrà portare a termine i programmi coi quali la coalizione vincente si presenta alle elezioni. Un governo più forte è più affidabile anche a livello internazionale. La ministra ha poi spiegato che la riforma metterà mano anche ai rapporti tra lo Stato e le Regioni. Spesso in molte materie le Regioni hanno regole diverse, e invece c’è il forte bisogno di regole certe e semplici. La Boschi ha puntato il dito verso quelli che per anni hanno detto che volevano ridurre il numero dei parlamentari e ora invece si schierano per il no. Siamo a un bivio decisivo: è un sì o un no rispetto al futuro del paese, ha aggiunto, chiamando a raccolta tutti i favorevoli alla riforma. Tra le cose positive della riforma la Boschi ha citato l'obbligo per il Parlamento di esaminare le proposte di legge di iniziativa popolare e un quorum più basso al referendum abrogativo se si riuscirà a raccogliere un adeguato numero di firme.
La ministra si è presa un applauso quando ha rivendicato il valore di fare qualcosa di imperfetto, ma di farlo, ricordando che l'iter parlamentare della legge di riforma è stato costellato da 83 milioni di emendamenti. Rispondendo a una domanda della responsabile immigrazione dei Giovani democratici sull'integrazione degli stranieri, Maria Elena Boschi ha detto che non basta tollerare o sopportare gli immigrati servono atti concreti e per tale fine il governo ha approvato alla Camera una legge sul diritto di cittadinanza che lega la cittadinanza alla permanenza dei genitori in Italia o a un ciclo di studi, anche se ci sono resistenze. Il percorso passa anche dal rispetto reciproco e dal rispetto delle regole che valgono per tutti. Sulle unioni civili la Boschi ha detto che forse il Pd perderà qualche voto, ma le leggi giuste vanno fatte, a prescindere dai voti che si prendono o si perdono. Infine un appello ai giovani: Fare politica è bellissimo. Impegnarsi per qualcosa che va oltre le ambizioni personali è appassionante ma tutto deve essere finalizzato al bene della comunità non certo allo sviluppo della propria carriera, altrimenti si perde una cosa fondamentale: l’indipendenza politica.
Serracchiani.Si alza il vento delle critiche.
di Serena Ferraris
Necessità di cambiamenti in seno al Partito Democratico.
Non è un periodo tranquillo per i vertici PD in queste settimane. Dopo re Matteo, che molti vorrebbero veder dimesso dopo il non positivo esito delle elezioni amministrative è la volta della vice re nonché presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani passare sotto le forche caudine della direzione regionale del partito. A dire il vero, a differenza del Premier, la Serracchiani ha fatto nel post elezioni una tiepida autocritica sulla campagna elettorale ma anche con fermezza respinto gli attacchi della minoranza dem. Tutto questo quindi fa intuire che la Serracchiani non sarà disposta a affatto farsi crocifiggere dall’ala del dissenso interno. Molti esponenti della linea dem del PD stanno inoltre valutando la possibilità di elaborare un documento di critica Comunque vada, la prima richiesta che faranno sarà un esplicito invito alla Serracchiani a rinunciare al doppio incarico e quindi a dare le dimissioni da vice segretaria nazionale del partito. Nessuna rappresaglia nei suoi confronti ma soltanto la consapevolezza che il palazzo sta bruciando e che dunque lei non può continuare a permettersi il lusso di fare la pendolare tra Trieste e Roma.
La minoranza aggiunge che si tratta di una richiesta squisitamente politica e non di un capriccio. Il dato vero da cui partire è la gravissima sconfitta elettorale del PD acuita proprio sul territorio del Friuli nelle città di Trieste e Pordenone.La Serracchiani intanto cerca di isolarsi da queste critiche e far quadrato insieme allo stesso Premier Renzi. E’ vero che come tutti affermano bisogna dare un’ inversione di rotta politica al PD ma non si possono usare le amministrative come mezzo di vendetta privata per questioni interne al partito.La minoranza dem è però convinta che o il Pd cambia immediatamente rotta o alle regionali del 2018 sarà un bagno di sangue. Previsione tutt’altro che remota visto appunto che dal voto delle amministrative tutto tace e nessuno della maggioranza del partito ha invocato quella che dovrebbe essere una scelta tanto inevitabile, quanto scontata: una proposta di deciso cambiamento.
Queste di idee di rivoluzione politica interna è stata auspicata sia dalla minoranza bersaniana, ma anche da una base mortificata da un gruppo dirigente e dirigistico ma che sta pensando di farsi sentire per infrangere quella sorta di tabù di un vertice del Pd autoreferenziale e poco disposto al confronto. La Serracchiani è convinta però che alla prossima direzione generale non ci saranno rivolte ma sicuramente non potrà non percepire che il malumore che attraversa il Pd non riguarda soltanto quel 20 per cento circa di bersaniani, ma è molto, molto più diffuso. Comunque vadano le cose non si può fare finta che nulla sia successo né tanto meno basta un semplice lifting alle rughe interne del partito. L’accusa pesante è che i renziani stiano lentamente smarrendo l’anima dem del PD e con esso ogni buon legame con la gente e con l’elettorato.
Non è un periodo tranquillo per i vertici PD in queste settimane. Dopo re Matteo, che molti vorrebbero veder dimesso dopo il non positivo esito delle elezioni amministrative è la volta della vice re nonché presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani passare sotto le forche caudine della direzione regionale del partito. A dire il vero, a differenza del Premier, la Serracchiani ha fatto nel post elezioni una tiepida autocritica sulla campagna elettorale ma anche con fermezza respinto gli attacchi della minoranza dem. Tutto questo quindi fa intuire che la Serracchiani non sarà disposta a affatto farsi crocifiggere dall’ala del dissenso interno. Molti esponenti della linea dem del PD stanno inoltre valutando la possibilità di elaborare un documento di critica Comunque vada, la prima richiesta che faranno sarà un esplicito invito alla Serracchiani a rinunciare al doppio incarico e quindi a dare le dimissioni da vice segretaria nazionale del partito. Nessuna rappresaglia nei suoi confronti ma soltanto la consapevolezza che il palazzo sta bruciando e che dunque lei non può continuare a permettersi il lusso di fare la pendolare tra Trieste e Roma.
La minoranza aggiunge che si tratta di una richiesta squisitamente politica e non di un capriccio. Il dato vero da cui partire è la gravissima sconfitta elettorale del PD acuita proprio sul territorio del Friuli nelle città di Trieste e Pordenone.La Serracchiani intanto cerca di isolarsi da queste critiche e far quadrato insieme allo stesso Premier Renzi. E’ vero che come tutti affermano bisogna dare un’ inversione di rotta politica al PD ma non si possono usare le amministrative come mezzo di vendetta privata per questioni interne al partito.La minoranza dem è però convinta che o il Pd cambia immediatamente rotta o alle regionali del 2018 sarà un bagno di sangue. Previsione tutt’altro che remota visto appunto che dal voto delle amministrative tutto tace e nessuno della maggioranza del partito ha invocato quella che dovrebbe essere una scelta tanto inevitabile, quanto scontata: una proposta di deciso cambiamento.
Queste di idee di rivoluzione politica interna è stata auspicata sia dalla minoranza bersaniana, ma anche da una base mortificata da un gruppo dirigente e dirigistico ma che sta pensando di farsi sentire per infrangere quella sorta di tabù di un vertice del Pd autoreferenziale e poco disposto al confronto. La Serracchiani è convinta però che alla prossima direzione generale non ci saranno rivolte ma sicuramente non potrà non percepire che il malumore che attraversa il Pd non riguarda soltanto quel 20 per cento circa di bersaniani, ma è molto, molto più diffuso. Comunque vadano le cose non si può fare finta che nulla sia successo né tanto meno basta un semplice lifting alle rughe interne del partito. L’accusa pesante è che i renziani stiano lentamente smarrendo l’anima dem del PD e con esso ogni buon legame con la gente e con l’elettorato.
Moretti.Il PD ora farà proposte nuove.
di Anna De Vitis
Ipotesi e progetti riguardo il nuovo orizzonte PD.
La parlamentare PD Alessandra Moretti in un recente intervento a Roma sui temi di politica nazionale ha in primis elogiato la compattezza e la praticità del governo Renzi, sottolineando come riforme impensabili fino a pochi anni fa siano diventate realtà, ma si è anche soffermata sulla situazione politico-strategica che sta coinvolgendo l’intero mondo della sinistra e che rischia di disperdere voti alle prossime elezioni politiche. Secondo la Moretti a sinistra c’è adesso grande caos ideologico, infatti chi vorrebbe una sorta di nuovo Ulivo, chi sogna una Rifondazione Comunista 2 chi invece si ispira ancora al sogno socialista e vorrebbe ricreare un grande calderone con tutte le anime più disparate messe insieme. La paura vera è che gli elettori, dice la Moretti, non capiscono questi dibattiti che non toccano i problemi reali del paesi, sono parole sterili che non portano voti anzi allontanano la gente dalla politica.
Sempre pronta è l’accusa di ‘passatismo’ da parte degli avversari, quindi molto più utile è scegliere quale sia stato il ‘passato migliore’ e impegnarsi a rianimarlo. La brutta figura è sempre dietro l’angolo, sottolinea la Moretti, perché gli elettori hanno dato fiducia al PD e non si può tradire questo legame anzi è un qualcosa da tutelare e difendere. Prendere atto della difficoltà nel parlare di progettualità e aspirazioni, parlando il linguaggio della concretezza delle vite e dei provvedimenti presi dal Governo, questa è la cosa seria da fare a breve. Esiste una larga fascia di persone, tra i 20 e i 30 anni che hanno perso fiducia e coraggio. Per la Moretti, si tratta di elettori da conquistare, che si sento abbandonati, che vedono minato il loro futuro. La nuova sinistra deve puntare a loro. Far capire che dopo la crisi, dopo il deperimento della democrazia e dopo il terrorismo, c’è ancora speranza. La politica deve alimentare le loro speranze. A Salvini e allo stesso Grillo non bisogna dare il monopolio della protesta e della lotta contro il passato.
La Moretti afferma che anche il PD deve cavalcare il malcontento ma a differenza degli avversari capire realmente i disagi e intervenire nelle stanze del potere, lì dove le cose si possono cambiare. Ecco perché non serve nessun progetto 2.0, nessuna rivitalizzazione di nessuno degli schemi di quel che fu. Per far tornare il futuro dalle nostre parti serve grande originalità e innovazione. L’unico solido riparo per la parte migliore della nostra cultura politica, quella costruita negli anni delle nostre sperimentazioni di buon governo e buona politica, è guadagnare il porto della novità e della discontinuità. Serve un progetto politico che sia originale, attuale, diverso da tutti gli altri del passato. Non è una questione di anagrafica o di nuova rottamazione. Bisognerà darsi un obiettivo autonomo, a partire dall’Europa, una politica fondata su proposte chiare ed efficaci su fisco, lavoro, immigrazione, innovazione, impresa, ambiente, cittadinanza.
La parlamentare PD Alessandra Moretti in un recente intervento a Roma sui temi di politica nazionale ha in primis elogiato la compattezza e la praticità del governo Renzi, sottolineando come riforme impensabili fino a pochi anni fa siano diventate realtà, ma si è anche soffermata sulla situazione politico-strategica che sta coinvolgendo l’intero mondo della sinistra e che rischia di disperdere voti alle prossime elezioni politiche. Secondo la Moretti a sinistra c’è adesso grande caos ideologico, infatti chi vorrebbe una sorta di nuovo Ulivo, chi sogna una Rifondazione Comunista 2 chi invece si ispira ancora al sogno socialista e vorrebbe ricreare un grande calderone con tutte le anime più disparate messe insieme. La paura vera è che gli elettori, dice la Moretti, non capiscono questi dibattiti che non toccano i problemi reali del paesi, sono parole sterili che non portano voti anzi allontanano la gente dalla politica.
Sempre pronta è l’accusa di ‘passatismo’ da parte degli avversari, quindi molto più utile è scegliere quale sia stato il ‘passato migliore’ e impegnarsi a rianimarlo. La brutta figura è sempre dietro l’angolo, sottolinea la Moretti, perché gli elettori hanno dato fiducia al PD e non si può tradire questo legame anzi è un qualcosa da tutelare e difendere. Prendere atto della difficoltà nel parlare di progettualità e aspirazioni, parlando il linguaggio della concretezza delle vite e dei provvedimenti presi dal Governo, questa è la cosa seria da fare a breve. Esiste una larga fascia di persone, tra i 20 e i 30 anni che hanno perso fiducia e coraggio. Per la Moretti, si tratta di elettori da conquistare, che si sento abbandonati, che vedono minato il loro futuro. La nuova sinistra deve puntare a loro. Far capire che dopo la crisi, dopo il deperimento della democrazia e dopo il terrorismo, c’è ancora speranza. La politica deve alimentare le loro speranze. A Salvini e allo stesso Grillo non bisogna dare il monopolio della protesta e della lotta contro il passato.
La Moretti afferma che anche il PD deve cavalcare il malcontento ma a differenza degli avversari capire realmente i disagi e intervenire nelle stanze del potere, lì dove le cose si possono cambiare. Ecco perché non serve nessun progetto 2.0, nessuna rivitalizzazione di nessuno degli schemi di quel che fu. Per far tornare il futuro dalle nostre parti serve grande originalità e innovazione. L’unico solido riparo per la parte migliore della nostra cultura politica, quella costruita negli anni delle nostre sperimentazioni di buon governo e buona politica, è guadagnare il porto della novità e della discontinuità. Serve un progetto politico che sia originale, attuale, diverso da tutti gli altri del passato. Non è una questione di anagrafica o di nuova rottamazione. Bisognerà darsi un obiettivo autonomo, a partire dall’Europa, una politica fondata su proposte chiare ed efficaci su fisco, lavoro, immigrazione, innovazione, impresa, ambiente, cittadinanza.
Boldrini.Europa e referendum le sfide.
di Anna De Vitis
La Boldrini contro l'odio politico e gli agguati istituzionali.
Il Presidente della Camera Laura Boldrini è stata in questi giorni a Berlino, visita istituzionale con annessa passeggiata sul muro della città che divideva occidente ed oriente. Nella conferenza finale della due giorni la Boldrini ha espresso i suoi pensieri su svariati temi di attualità politica non solo italiana. Da subito una critica a molti avversari politici che fanno dell’odio nel dibattito politico il loro mezzo principale. L’odio, dice la Boldrini, spesso sfugge di mano a chi lo usa e innesca corto circuiti pesanti e complicati da controllare. Peggio ancora chi ha responsabilità politiche e istituzionali ha l’obbligo politico ed etico di prendere le distanze da messaggi d'odio e non alimentarli. La Politica deve fare fronte comune perché quest’ odio che avvelena la nostra società va riconosciuto e non sottovalutato. Il dibattito poi si sposta sugli effetti della Brexit, la scelta britannica di abbandonare l’Ue, che secondo la Boldrini non deve essere considerata la pietra tombale sul processo di integrazione europeo, ma una ragione in più per portarlo avanti.
Proprio nella due giorni berlinese la presidente della Camera rinnova il proprio appello a rafforzare la costruzione europea ma riconosce che l’Europa di oggi non è la sola possibile e va cambiata, ma l’esito del referendum nel Regno unito, sostiene, stride con la realtà di oggi, in cui è sempre più evidente che le risposte alle sfide globali non possono essere date sul piano nazionale. Allora bisogna rilanciare il progetto comunitario, secondo Boldrini. A tal fine sottolinea con ardore che l’Europa a due velocità non può più essere un tabù, e chi non intende compiere un salto di qualità verso una maggiore integrazione non può agire da zavorra per chi vorrebbe farlo. Senza una più forte “condivisione” di sovranità nazionale, avverte, si assisterà sempre più impotenti al lento cedimento delle fondamenta dell’Europa. Gli Stati membri che lo hanno capito devono essere liberi di perseguire questo disegno. Mentre chi non lo condivide potrà godere di alcuni benefici, ma non potrà pretendere eguali diritti, ammonisce, senza rispettarne i conseguenti doveri.
Infine la Boldrini si sposta sulla scena italiana in particolare sulla campagna referendaria per cambiare la costituzione. La Presidente ritiene assurdo e sbagliato il dibattito sulle possibili conseguenze della vittoria del sì o del no al referendum costituzionale bypassando invece il dibattito sui contenuti della riforma. Essa quindi invita a entrambe le componenti a spiegare bene, a informare sul merito della riforma invece che sulle conseguenze politiche. Il referendum è stato caricato di un significato politico che esula dal referendum stesso. Questa dimensione extra referendaria del risultato elettorale a suo parere è sbagliata e mina la serenità politica del Parlamento.
Il Presidente della Camera Laura Boldrini è stata in questi giorni a Berlino, visita istituzionale con annessa passeggiata sul muro della città che divideva occidente ed oriente. Nella conferenza finale della due giorni la Boldrini ha espresso i suoi pensieri su svariati temi di attualità politica non solo italiana. Da subito una critica a molti avversari politici che fanno dell’odio nel dibattito politico il loro mezzo principale. L’odio, dice la Boldrini, spesso sfugge di mano a chi lo usa e innesca corto circuiti pesanti e complicati da controllare. Peggio ancora chi ha responsabilità politiche e istituzionali ha l’obbligo politico ed etico di prendere le distanze da messaggi d'odio e non alimentarli. La Politica deve fare fronte comune perché quest’ odio che avvelena la nostra società va riconosciuto e non sottovalutato. Il dibattito poi si sposta sugli effetti della Brexit, la scelta britannica di abbandonare l’Ue, che secondo la Boldrini non deve essere considerata la pietra tombale sul processo di integrazione europeo, ma una ragione in più per portarlo avanti.
Proprio nella due giorni berlinese la presidente della Camera rinnova il proprio appello a rafforzare la costruzione europea ma riconosce che l’Europa di oggi non è la sola possibile e va cambiata, ma l’esito del referendum nel Regno unito, sostiene, stride con la realtà di oggi, in cui è sempre più evidente che le risposte alle sfide globali non possono essere date sul piano nazionale. Allora bisogna rilanciare il progetto comunitario, secondo Boldrini. A tal fine sottolinea con ardore che l’Europa a due velocità non può più essere un tabù, e chi non intende compiere un salto di qualità verso una maggiore integrazione non può agire da zavorra per chi vorrebbe farlo. Senza una più forte “condivisione” di sovranità nazionale, avverte, si assisterà sempre più impotenti al lento cedimento delle fondamenta dell’Europa. Gli Stati membri che lo hanno capito devono essere liberi di perseguire questo disegno. Mentre chi non lo condivide potrà godere di alcuni benefici, ma non potrà pretendere eguali diritti, ammonisce, senza rispettarne i conseguenti doveri.
Infine la Boldrini si sposta sulla scena italiana in particolare sulla campagna referendaria per cambiare la costituzione. La Presidente ritiene assurdo e sbagliato il dibattito sulle possibili conseguenze della vittoria del sì o del no al referendum costituzionale bypassando invece il dibattito sui contenuti della riforma. Essa quindi invita a entrambe le componenti a spiegare bene, a informare sul merito della riforma invece che sulle conseguenze politiche. Il referendum è stato caricato di un significato politico che esula dal referendum stesso. Questa dimensione extra referendaria del risultato elettorale a suo parere è sbagliata e mina la serenità politica del Parlamento.
De Girolamo.La gente cerca solo coerenza.
di Anna De Vitis
La tenace forzista esprime la sua sul momento politico
Le elezioni amministrative sono passate e la pasionaria di Forza Italia nonchè commissario di FI alla Regione Molise parla e dice la sua su svariati temi di attualità politica.Intervenuta a Reggio C. in un convegno sulla gestione amministrativa degli enti la De Girolamo parte dai risultati elettorali; si dice contenta della riabilitazione pubblica di Clemente Mastella diventato sindaco della città di Benevento, suo fortino di voti e su questo tema sottolinea come gli elettori cerchino sempre coerenza.Infatti Mastella ha vinto perchè, secondo la De Girolamo, è stato coerente con la sua linea senza accettare alleanze di comodo con gruppi ideologicamente lontani dal suo mondo.Questo lo ha senza dubbio premiato.
Sugli altri risultati c'è stata la grande sorpresa di Virginia Raggi.La De Girolamo si dice anche lei sorpresa ma alla fine ha pesato molto l'istinto divisorio del PD che ha disorientato i suoi stessi elettori.La destra poteva fare molto meglio ma anche in questo caso, le spinte centrifughe tra FI e Fratelli d'Italia sono state decisive e la dispersione delle preferenze enorme.Si passa poi al tema della Brexit.La De Girolamo afferma che di questo passo molti altri paesi potrebbero intraprendere la strada degli inglesi,ad esempio Portogallo e Spagna già vociferano da mesi un'operazione del genere.Del resto se l'Europa resta un gigante burocratico al servizio dei soli interessi di Germania e Francia è ovvio che gli altri paesi, sentendosi poco rappresentati e anzi vessati dai criteri finanziari imposti dalla UE, potrebbe optare per l'uscita dalla Comunità.Uscire dall'UE non deve essere visto come un dramma poichè se una decisione del genere serve a riaccendere il processo di sviluppo economico e a risanare l'economia in modo più particolareggiato,allora ben venga.Far parte dell'Unione senza effettivi guadagni in termini politici ed economici è davvero un suicidio. Qualche parola di dolore va poi al terribile atttentato di Dacca dove nove italiani hanno perso la vita.
La De Girolamo si dice affranta e sconvolta, ma episodi del genere devono servire a capire che l'attenzione sul terrorismo non va mai calata, serve una presenza costante nei punti critici del mondo, i paesi occidentali devono essere più uniti e intraprendere politiche estere coese ed omogenee affrontando in modo netto e duro i terroristi sul loro campo.Solo così le cellule possono essere debellate direttamente nei paesi d'origine, un pò come accaduto in Iraq ed Afghanistan.Infine la De Girolamo ribadisce la sua idea sulle prossime elezioni politiche.Renzi ha un peso elettorale pesante, il M5S ha recuperato tantissimo e i suoi elettori sembrano aver assorbito la dipartita di Grillo e gli scandali recenti.Quindi FI deve assolutamente fare fronte comune con Salvini e con la Meloni e ricreare la grande coalizione di destra.Dare vita ad un progetto condiviso con Lega e Fratelli d'Italia è una vera priorità politica e la De Girolamo cercherà in tutti i modi e in tutte le sedi di convincere il suo gruppo, partendo in primis dallo stesso Berlusconi.
Le elezioni amministrative sono passate e la pasionaria di Forza Italia nonchè commissario di FI alla Regione Molise parla e dice la sua su svariati temi di attualità politica.Intervenuta a Reggio C. in un convegno sulla gestione amministrativa degli enti la De Girolamo parte dai risultati elettorali; si dice contenta della riabilitazione pubblica di Clemente Mastella diventato sindaco della città di Benevento, suo fortino di voti e su questo tema sottolinea come gli elettori cerchino sempre coerenza.Infatti Mastella ha vinto perchè, secondo la De Girolamo, è stato coerente con la sua linea senza accettare alleanze di comodo con gruppi ideologicamente lontani dal suo mondo.Questo lo ha senza dubbio premiato.
Sugli altri risultati c'è stata la grande sorpresa di Virginia Raggi.La De Girolamo si dice anche lei sorpresa ma alla fine ha pesato molto l'istinto divisorio del PD che ha disorientato i suoi stessi elettori.La destra poteva fare molto meglio ma anche in questo caso, le spinte centrifughe tra FI e Fratelli d'Italia sono state decisive e la dispersione delle preferenze enorme.Si passa poi al tema della Brexit.La De Girolamo afferma che di questo passo molti altri paesi potrebbero intraprendere la strada degli inglesi,ad esempio Portogallo e Spagna già vociferano da mesi un'operazione del genere.Del resto se l'Europa resta un gigante burocratico al servizio dei soli interessi di Germania e Francia è ovvio che gli altri paesi, sentendosi poco rappresentati e anzi vessati dai criteri finanziari imposti dalla UE, potrebbe optare per l'uscita dalla Comunità.Uscire dall'UE non deve essere visto come un dramma poichè se una decisione del genere serve a riaccendere il processo di sviluppo economico e a risanare l'economia in modo più particolareggiato,allora ben venga.Far parte dell'Unione senza effettivi guadagni in termini politici ed economici è davvero un suicidio. Qualche parola di dolore va poi al terribile atttentato di Dacca dove nove italiani hanno perso la vita.
La De Girolamo si dice affranta e sconvolta, ma episodi del genere devono servire a capire che l'attenzione sul terrorismo non va mai calata, serve una presenza costante nei punti critici del mondo, i paesi occidentali devono essere più uniti e intraprendere politiche estere coese ed omogenee affrontando in modo netto e duro i terroristi sul loro campo.Solo così le cellule possono essere debellate direttamente nei paesi d'origine, un pò come accaduto in Iraq ed Afghanistan.Infine la De Girolamo ribadisce la sua idea sulle prossime elezioni politiche.Renzi ha un peso elettorale pesante, il M5S ha recuperato tantissimo e i suoi elettori sembrano aver assorbito la dipartita di Grillo e gli scandali recenti.Quindi FI deve assolutamente fare fronte comune con Salvini e con la Meloni e ricreare la grande coalizione di destra.Dare vita ad un progetto condiviso con Lega e Fratelli d'Italia è una vera priorità politica e la De Girolamo cercherà in tutti i modi e in tutte le sedi di convincere il suo gruppo, partendo in primis dallo stesso Berlusconi.
Pinotti.Il mondo cambia e anche la politica.
di Anna De Vitis
Opinioni e verità del ministro della difesa.
Il ministro della Difesa Roberta Pinotti invitata in un recente convegno a Milano ha esposto la sua opinione su molti temi di attualità politica e non solo. Il Ministro parte con un suo parere sui risultati elettorali delle amministrative, anche se lei non è una politica a tutti gli effetti non può non sottolineare come un partito come M5S abbia riportato risultati ottimi ma sempre e comunque cavalcando il malcontento e con politiche anti-sistema. Quando poi si esercita il potere diventa complicatissimo mettere in pratica ciò che in campagna si è promesso alla gente. Un in bocca al lupo grande comunque la Pinotti lo da a Virginia Raggi perché il suo compito nella Capitale è davvero complicatissimo e arduo. A precisa domanda poi la Pinotti affronta il tema della questione libica.
La situazione anche dopo la formazione del nuovo esecutivo sembra lentamente migliorare anche se esistono ancora molte zone del paese in mano ai ribelli e completamente in preda all’anarchia militare e politica ma la grande paura del ministro è la presenza in Libia di eventuali armi di tipo chimico dislocate in alcuni vecchi arsenali del periodo Gheddafi. Ecco il timore, se alcuni ribelli dovessero scoprire questi luoghi ed entrarne in possesso la situazione libica cambierebbe rapidamente e allora sarebbe urgente un nuovo intervento massiccio delle forze dell’Alleanza. La Pinotti si dice poi davvero felice della risoluzione della vicenda dei Marò, è davvero passato molto tempo dal fatto, i due soldati hanno patito e sofferto ma il Paese è sempre stato al loro fianco e nonostante le resistenze e la lentissima burocrazia del paese indiano alla fine la vicenda ha avuto un esito positivo. Il suo ministero è sempre stato attivo e pronto ad intervenire, purtroppo erano in mano all’apparato giustizia di un paese a cui in molte questioni, l’Italia ha davvero molto da insegnare.
Non manca inoltre una veloce opinione sul recente referendum inglese che ha sancito l’uscita del paese anglosassone dall’ UE. Secondo la Pinotti c’era da aspettarselo. Gli inglesi hanno detto no ad un unione troppo burocrate e lentissima nelle scelte economiche e politiche, hanno detto no ad un’unione dove sono pochissimi paesi a dettare la linea guida della Comunità, insomma hanno scelto di non sottostare al giogo tedesco dei vincoli e dei falsi obblighi finanziari che legano le mani ed impediscono una politica interna libera e volta allo sviluppo del paese. Il loro voto insomma va capito e vanno colti i messaggi nascosti dietro all’esito della Brexit. Il mondo sembra cambiare di continuo e la politica interna, comunitaria ed internazionale non può essere lenta e sempre poco focalizzata sui reali bisogni delle persone.
Il ministro della Difesa Roberta Pinotti invitata in un recente convegno a Milano ha esposto la sua opinione su molti temi di attualità politica e non solo. Il Ministro parte con un suo parere sui risultati elettorali delle amministrative, anche se lei non è una politica a tutti gli effetti non può non sottolineare come un partito come M5S abbia riportato risultati ottimi ma sempre e comunque cavalcando il malcontento e con politiche anti-sistema. Quando poi si esercita il potere diventa complicatissimo mettere in pratica ciò che in campagna si è promesso alla gente. Un in bocca al lupo grande comunque la Pinotti lo da a Virginia Raggi perché il suo compito nella Capitale è davvero complicatissimo e arduo. A precisa domanda poi la Pinotti affronta il tema della questione libica.
La situazione anche dopo la formazione del nuovo esecutivo sembra lentamente migliorare anche se esistono ancora molte zone del paese in mano ai ribelli e completamente in preda all’anarchia militare e politica ma la grande paura del ministro è la presenza in Libia di eventuali armi di tipo chimico dislocate in alcuni vecchi arsenali del periodo Gheddafi. Ecco il timore, se alcuni ribelli dovessero scoprire questi luoghi ed entrarne in possesso la situazione libica cambierebbe rapidamente e allora sarebbe urgente un nuovo intervento massiccio delle forze dell’Alleanza. La Pinotti si dice poi davvero felice della risoluzione della vicenda dei Marò, è davvero passato molto tempo dal fatto, i due soldati hanno patito e sofferto ma il Paese è sempre stato al loro fianco e nonostante le resistenze e la lentissima burocrazia del paese indiano alla fine la vicenda ha avuto un esito positivo. Il suo ministero è sempre stato attivo e pronto ad intervenire, purtroppo erano in mano all’apparato giustizia di un paese a cui in molte questioni, l’Italia ha davvero molto da insegnare.
Non manca inoltre una veloce opinione sul recente referendum inglese che ha sancito l’uscita del paese anglosassone dall’ UE. Secondo la Pinotti c’era da aspettarselo. Gli inglesi hanno detto no ad un unione troppo burocrate e lentissima nelle scelte economiche e politiche, hanno detto no ad un’unione dove sono pochissimi paesi a dettare la linea guida della Comunità, insomma hanno scelto di non sottostare al giogo tedesco dei vincoli e dei falsi obblighi finanziari che legano le mani ed impediscono una politica interna libera e volta allo sviluppo del paese. Il loro voto insomma va capito e vanno colti i messaggi nascosti dietro all’esito della Brexit. Il mondo sembra cambiare di continuo e la politica interna, comunitaria ed internazionale non può essere lenta e sempre poco focalizzata sui reali bisogni delle persone.
Boschi.Viva la democrazia e l'alternanza.
di Anna De Vitis
E' un momento decisivo per il bene del Paese.La Boschi lo sa.
Il Ministro per le Riforme esprime i suoi concetti in un recente convengno a Bologna sulle tecniche di gestione del consenso.La Boschi inizia affermando che la riforma costituzionale sarà decisiva per l'Italia, le darà cioè un cambiamento profondo e radicale. Un degli obiettivi prossimi però del governo Renzi è l'equilibrio economico su tutto il territorio in particolare nel Mezzogiorno, che si dovrà salvare seguendo una ricetta strategica molto semplice, finire ciò che è stato lasciato incompiuto e abbandonato per decenni. Il Sud può ripartire, ci sono i primi segnali di ripartenza ma il vero problema è la mancanza infrastrutturale, bisogna quindi rimarcare che il Mezzogiorno non dipende dai decreti legge, ma dalla serietà con cui poi si applicano nel concreto le norme.
La Boschi dice la sua anche della probabile uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea che potrebbe essere sancita dal referendum in programma il prossimo 23 giugno. La cosidetta Brexit per il Ministro sarebbe una grosso problema per gli inglesi stessi, ma nel breve periodo una turbolenza finanziaria causerebbe problemi anche per noi. Spero,dice la Boschi, che vincano quelli che vogliono mantenere l'Uk in Europa. Uscire sarebbe un errore per l'Europa e il Regno Unito, chi pagherebbe per primo il prezzo più alto sarà il cittadino inglese.Toccando poi il tema dei risultati elettorali delle amministrative, la Boschi si dice contenta del consenso ottenuto nelle grandi città anche se si poteva fare molto meglio, ma i venti di quelli che remano contro e tramano intrighi dietro le quinte sono stanti intensi. Nel ballottaggio tutto può accadere, che vinca il PD, che prevalgano i grillini o che la stessa destra riesca a riorganizzarsi miracolasamente, tutto ciò non è un rischio ma è solo la democrazia.
E non bisogna quindi avere paura della democrazia né tanto meno di un eventuale alternanza politica.La Boschi ci tiene però a sottolineare una cosa,le riforme del Governo non creeranno poi agli altri governo problemi o conti da sistemare,come accaduto in passato, ma serviranno alle future generazioni, questo sarà il lascito del PD.
Il Ministro per le Riforme esprime i suoi concetti in un recente convengno a Bologna sulle tecniche di gestione del consenso.La Boschi inizia affermando che la riforma costituzionale sarà decisiva per l'Italia, le darà cioè un cambiamento profondo e radicale. Un degli obiettivi prossimi però del governo Renzi è l'equilibrio economico su tutto il territorio in particolare nel Mezzogiorno, che si dovrà salvare seguendo una ricetta strategica molto semplice, finire ciò che è stato lasciato incompiuto e abbandonato per decenni. Il Sud può ripartire, ci sono i primi segnali di ripartenza ma il vero problema è la mancanza infrastrutturale, bisogna quindi rimarcare che il Mezzogiorno non dipende dai decreti legge, ma dalla serietà con cui poi si applicano nel concreto le norme.
La Boschi dice la sua anche della probabile uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea che potrebbe essere sancita dal referendum in programma il prossimo 23 giugno. La cosidetta Brexit per il Ministro sarebbe una grosso problema per gli inglesi stessi, ma nel breve periodo una turbolenza finanziaria causerebbe problemi anche per noi. Spero,dice la Boschi, che vincano quelli che vogliono mantenere l'Uk in Europa. Uscire sarebbe un errore per l'Europa e il Regno Unito, chi pagherebbe per primo il prezzo più alto sarà il cittadino inglese.Toccando poi il tema dei risultati elettorali delle amministrative, la Boschi si dice contenta del consenso ottenuto nelle grandi città anche se si poteva fare molto meglio, ma i venti di quelli che remano contro e tramano intrighi dietro le quinte sono stanti intensi. Nel ballottaggio tutto può accadere, che vinca il PD, che prevalgano i grillini o che la stessa destra riesca a riorganizzarsi miracolasamente, tutto ciò non è un rischio ma è solo la democrazia.
E non bisogna quindi avere paura della democrazia né tanto meno di un eventuale alternanza politica.La Boschi ci tiene però a sottolineare una cosa,le riforme del Governo non creeranno poi agli altri governo problemi o conti da sistemare,come accaduto in passato, ma serviranno alle future generazioni, questo sarà il lascito del PD.
Virginia Raggi.Un volto nuovo per Roma.
di Anna De Vitis
Scopriamo uno dei candidati alla poltrona di sindaco.
Tra pochi giorni Roma sceglierà il suo nuovo sindaco e mai come questa volta la partita sembra davvero aperta ad ogni risultato.Invece dei solito nomi chiacchierati e discussi da mesi vogliamo concentrare l'attenzione sul nome di Virginia Raggi del M5S.La giovane politica grillina è stata scelta dal popolo della rete, nella consultazione on line dello scorso 23 febbraio. La Raggi viene descritta come una donna che ama essere concreta e parlare chiaro, una pragmatica tanto che alcuni la accusavano di essere una berlusconiana redenta.Avvocato romano, è stata eletta consigliere comunale in Campidoglio nel 2013, seguendo, da opposizione, i temi della scuola e dell’ambiente, ma ha iniziato a far politica con il Movimento 5 stelle sin dal 2011. Nel suo discorso di presentazione della candidatura la Raggi aveva definito Roma una città meravigliosa che merita di essere amata e sostenuta.Una città che vuole rinascere ed essere più vivibile a partire dalla mobilità e dalla cura del suo territorio.
Con queste parole ha proposto il suo programma politico per Roma, focalizzando l’attenzione sui temi sociali. Questo però non è l’unico punto su cui si concentrerà la Raggi nel caso in cui riuscisse a diventare il nuovo sindaco di Roma. Infatti, la candidata del Movimento 5 Stelle ha un programma molto ricco, strutturato su diversi aspetti: in primis la casa che deve tornare ad essere un vero diritto (l’obiettivo è di censire tutto il patrimonio immobiliare romano, così da recuperare tutte le case disponibili); sul tema rifiuti la candidata grillina ritiene molto importante ridurre i rifiuti, perché il riciclaggio e il riuso sono sinonimi di “risparmio”; sulla scuola la Raggi si concentra sulla messa in sicurezza degli edifici. Inoltre, sarebbe utile rendere più semplici le iscrizioni e dotare ogni scuola di mense e orti sostenibili; in campo sicurezza punterà su un riordino di tutto il Corpo di Polizia Locale e una rivoluzione sulla gestione dell' emergenza rom attraverso un censimento patrimoniale approfondito per ogni insediamento; sul tema delle politiche sociali: la Raggi intende creare un nuovo Piano Regolatore Sociale garantendo servizi h.24 per gli anziani; infine per quello che attiene al recupero delle periferie la Raggi sottolinea che non saranno abbandonate ma si creerà un mosaico di microcittà, collegate tra loro, fornite di tutti i servizi, con livelli di sicurezza più elevati, prevenendo e combattendo l’emarginazione sociale.
Insomma un bel programma, intenso e ricco di sfide ma la giovane candidata sindaco sembra convinta e sostenuta, la speranza per lei è che gli elettori romani si facciano conquistare dalle sue novità e dalla sua freschezza e la scelgano come loro primo cittadino.
Tra pochi giorni Roma sceglierà il suo nuovo sindaco e mai come questa volta la partita sembra davvero aperta ad ogni risultato.Invece dei solito nomi chiacchierati e discussi da mesi vogliamo concentrare l'attenzione sul nome di Virginia Raggi del M5S.La giovane politica grillina è stata scelta dal popolo della rete, nella consultazione on line dello scorso 23 febbraio. La Raggi viene descritta come una donna che ama essere concreta e parlare chiaro, una pragmatica tanto che alcuni la accusavano di essere una berlusconiana redenta.Avvocato romano, è stata eletta consigliere comunale in Campidoglio nel 2013, seguendo, da opposizione, i temi della scuola e dell’ambiente, ma ha iniziato a far politica con il Movimento 5 stelle sin dal 2011. Nel suo discorso di presentazione della candidatura la Raggi aveva definito Roma una città meravigliosa che merita di essere amata e sostenuta.Una città che vuole rinascere ed essere più vivibile a partire dalla mobilità e dalla cura del suo territorio.
Con queste parole ha proposto il suo programma politico per Roma, focalizzando l’attenzione sui temi sociali. Questo però non è l’unico punto su cui si concentrerà la Raggi nel caso in cui riuscisse a diventare il nuovo sindaco di Roma. Infatti, la candidata del Movimento 5 Stelle ha un programma molto ricco, strutturato su diversi aspetti: in primis la casa che deve tornare ad essere un vero diritto (l’obiettivo è di censire tutto il patrimonio immobiliare romano, così da recuperare tutte le case disponibili); sul tema rifiuti la candidata grillina ritiene molto importante ridurre i rifiuti, perché il riciclaggio e il riuso sono sinonimi di “risparmio”; sulla scuola la Raggi si concentra sulla messa in sicurezza degli edifici. Inoltre, sarebbe utile rendere più semplici le iscrizioni e dotare ogni scuola di mense e orti sostenibili; in campo sicurezza punterà su un riordino di tutto il Corpo di Polizia Locale e una rivoluzione sulla gestione dell' emergenza rom attraverso un censimento patrimoniale approfondito per ogni insediamento; sul tema delle politiche sociali: la Raggi intende creare un nuovo Piano Regolatore Sociale garantendo servizi h.24 per gli anziani; infine per quello che attiene al recupero delle periferie la Raggi sottolinea che non saranno abbandonate ma si creerà un mosaico di microcittà, collegate tra loro, fornite di tutti i servizi, con livelli di sicurezza più elevati, prevenendo e combattendo l’emarginazione sociale.
Insomma un bel programma, intenso e ricco di sfide ma la giovane candidata sindaco sembra convinta e sostenuta, la speranza per lei è che gli elettori romani si facciano conquistare dalle sue novità e dalla sua freschezza e la scelgano come loro primo cittadino.
Serrachiani.Via alla riforma processuale.
di Anna De Vitis
Pronto il percorso per la nuova riforma sul processo penale.
Debora Serracchiani sa bene che un governo che si dica riformatore e salvatore del paese non può arrivare a conclusione senza aver toccato il tema giustizia.In questi giorni in Parlamento infatti si sta per affrontare il delicatissimo tema del processo penale,un argomento di grande impatto sociale.Da alcuni giorni però già pare siano iniziate le lotte di posizione in aula soprattutto sull'argomento della prescrizione. La Serracchiani sottolinea che il PD come sempre del resto è pronto al patto con le forze politiche anche avverse ed infatti c'era stato una iniziale alleanza con M5S sull'emendamento Casson che prevedeva lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado.La settimana scorsa però il caos è riesploso quando il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda ha rassicurato Ncd e i Verdiniani dicendo che gli emendamenti in realtà sono solo ipotesi di lavoro e che il loro contenuto sarà quindi oggetto di analisi e confronto nei prossimi giorni nel gruppo del Pd e con la maggioranza e in Commissione.
Serracchiani ha provato a calmare gli animi dichiarando che al PD interessa solo l'approvazione della riforma sul processo e non fare un patto di Governo con M5S, cosa che sarebbe poi ovviamente pericolosa,vista la non sempre affidabile posizione politica degli stessi grillini.Non servono quindi le minacce di Cicchitto di NCD di abbandonare l'alleanza in Parlamento ha affermato la Serracchiani, sono parole inutili in un contesto teso solo a preparare una buona legge per il paese e non certo a fare la conta della maggioranza.La vice segretaria PD ha anche ribadito che l'emendamento Casson sulla prescrizione è solo una iniziativa presa a titolo personale per aprire un dibattito. Le conseguenze nel merito di quell'improvvido emendamento sarebbero che in sostanza, tenendo già conto dei tempi lunghissimi di una serie di prescrizioni, i procedimenti potrebbero essere eterni e tenere in sospeso una persona per circa 30 anni.
Dicerto, sottolinea la Serracchiani, la riforma del Processo non deve essere fatta necessariamente con Verdini o NCD ma questo non vuol dire che per puro giustizialismo, il PD debba scegliere solo i grillini come interlocutore parlamentare.Ciò che è imporante è lo snellimento delle procedure penali e la tutela dei diritti dei cittadini.La strada per la riforma è lunga e tortuosissima.
Debora Serracchiani sa bene che un governo che si dica riformatore e salvatore del paese non può arrivare a conclusione senza aver toccato il tema giustizia.In questi giorni in Parlamento infatti si sta per affrontare il delicatissimo tema del processo penale,un argomento di grande impatto sociale.Da alcuni giorni però già pare siano iniziate le lotte di posizione in aula soprattutto sull'argomento della prescrizione. La Serracchiani sottolinea che il PD come sempre del resto è pronto al patto con le forze politiche anche avverse ed infatti c'era stato una iniziale alleanza con M5S sull'emendamento Casson che prevedeva lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado.La settimana scorsa però il caos è riesploso quando il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda ha rassicurato Ncd e i Verdiniani dicendo che gli emendamenti in realtà sono solo ipotesi di lavoro e che il loro contenuto sarà quindi oggetto di analisi e confronto nei prossimi giorni nel gruppo del Pd e con la maggioranza e in Commissione.
Serracchiani ha provato a calmare gli animi dichiarando che al PD interessa solo l'approvazione della riforma sul processo e non fare un patto di Governo con M5S, cosa che sarebbe poi ovviamente pericolosa,vista la non sempre affidabile posizione politica degli stessi grillini.Non servono quindi le minacce di Cicchitto di NCD di abbandonare l'alleanza in Parlamento ha affermato la Serracchiani, sono parole inutili in un contesto teso solo a preparare una buona legge per il paese e non certo a fare la conta della maggioranza.La vice segretaria PD ha anche ribadito che l'emendamento Casson sulla prescrizione è solo una iniziativa presa a titolo personale per aprire un dibattito. Le conseguenze nel merito di quell'improvvido emendamento sarebbero che in sostanza, tenendo già conto dei tempi lunghissimi di una serie di prescrizioni, i procedimenti potrebbero essere eterni e tenere in sospeso una persona per circa 30 anni.
Dicerto, sottolinea la Serracchiani, la riforma del Processo non deve essere fatta necessariamente con Verdini o NCD ma questo non vuol dire che per puro giustizialismo, il PD debba scegliere solo i grillini come interlocutore parlamentare.Ciò che è imporante è lo snellimento delle procedure penali e la tutela dei diritti dei cittadini.La strada per la riforma è lunga e tortuosissima.
Finocchiaro.Il si al referendum è vitale.
di Anna De Vitis
Parte la campagna referendaria per cambiare la Costituzione.
Anna Finocchiaro ha poche settimane fa affermato che questa è l'ultima legislatura alla quale prenderà parte.Il magistrato siciliano,da ben 27 anni è una politica attiva e di alto rango,ha ricoperto ruoli di prestigio ed importanza a livello istituzionale e come ultimo lascito della sua lunga esperienza politica vuole lasciare la riforma costituzionale alla quale lei,come presidente della Commissione Affari Costituzionali, ha dato impulso e forte spinta.In questi giorni la Finocchiaro sta partecipando a vari convegni di sostegno al si al referendum, sottolineando che darà sostegno e massimo impegno ad una riforma che, ne è convinta, rafforzerà la nostra Democrazia, in piena coerenza con i valori della prima parte della Costituzione. Può solo dare benefici alle nostre istituzioni infatti una Costituzione che tende a rafforzare la qualità e l’efficacia dell’iniziativa legislativa, superando il bicameralismo paritario.Tutto questo di certo renderà più forti e credibili le istituzioni.
La Finocchiaro ha poi sottolineato che tutti i suoi sforzi saranno tesi a dare massima unità al PD anche nel corso del confronto referendario e per dialogare con apertura e disponibilità con chi legittimamente a sinistra sosterrà altre posizioni, lavorando per convincere, anche chi già oggi non lo è, delle buone ragioni del sì al Referendum Costituzionale.Se però dovesse vincere il no, l'Italia resterà ostaggio degli inciuci di palazzo, come anche Renzi ha già rimarcato, e il processo legislativo rimarrà lento e farragginoso, senza dimenticate che gli enti locali, basilari per la cittadinanza, resteranno emarginati,senza luoghi di potere in cui far valere i propri interessi.
Una Riforma che se dovesse passare contribuirà anche ad abbattere i costi della politica,dimezzando il numero dei parlamentari, una battaglia che da decenni tutti sostengono ma per la quale nessuno ha mai fatto scelte concrete.Alla fine la Finocchiaro precisa una cosa,ovvero che la campaga per il si dovrà essere capillare e continua ma dovrà essere fatta con toni morbidi senza acuire eventuli dissidi interni allo stesso PD, altrimenti sarebbe controproducente e rischierebbe di tramutarsi in boomerang pericoloso per lo stesso Governo.
Anna Finocchiaro ha poche settimane fa affermato che questa è l'ultima legislatura alla quale prenderà parte.Il magistrato siciliano,da ben 27 anni è una politica attiva e di alto rango,ha ricoperto ruoli di prestigio ed importanza a livello istituzionale e come ultimo lascito della sua lunga esperienza politica vuole lasciare la riforma costituzionale alla quale lei,come presidente della Commissione Affari Costituzionali, ha dato impulso e forte spinta.In questi giorni la Finocchiaro sta partecipando a vari convegni di sostegno al si al referendum, sottolineando che darà sostegno e massimo impegno ad una riforma che, ne è convinta, rafforzerà la nostra Democrazia, in piena coerenza con i valori della prima parte della Costituzione. Può solo dare benefici alle nostre istituzioni infatti una Costituzione che tende a rafforzare la qualità e l’efficacia dell’iniziativa legislativa, superando il bicameralismo paritario.Tutto questo di certo renderà più forti e credibili le istituzioni.
La Finocchiaro ha poi sottolineato che tutti i suoi sforzi saranno tesi a dare massima unità al PD anche nel corso del confronto referendario e per dialogare con apertura e disponibilità con chi legittimamente a sinistra sosterrà altre posizioni, lavorando per convincere, anche chi già oggi non lo è, delle buone ragioni del sì al Referendum Costituzionale.Se però dovesse vincere il no, l'Italia resterà ostaggio degli inciuci di palazzo, come anche Renzi ha già rimarcato, e il processo legislativo rimarrà lento e farragginoso, senza dimenticate che gli enti locali, basilari per la cittadinanza, resteranno emarginati,senza luoghi di potere in cui far valere i propri interessi.
Una Riforma che se dovesse passare contribuirà anche ad abbattere i costi della politica,dimezzando il numero dei parlamentari, una battaglia che da decenni tutti sostengono ma per la quale nessuno ha mai fatto scelte concrete.Alla fine la Finocchiaro precisa una cosa,ovvero che la campaga per il si dovrà essere capillare e continua ma dovrà essere fatta con toni morbidi senza acuire eventuli dissidi interni allo stesso PD, altrimenti sarebbe controproducente e rischierebbe di tramutarsi in boomerang pericoloso per lo stesso Governo.
Boldrini.Cambiamento e legalità.
di Anna De Vitis
Novità importanti e nuove leggi per dare fiducia agli italiani.
Laura Boldrini in questi giorni ha molto intensificato la sua funzione di rappresentanza,complici forse i vari appuntamenti elettorali che si accavalano in questi mesi, la Presidente della Camera è stata in varie città italiane,come Napoli,Palermo e Roma,visitando i quartieri popolari di queste metropoli.La Boldrini ha visitato Scampia,Lo Zen e il Corviale a Roma,zone periferiche di grande degrado e criminalità.Le sue parole sono state parole di coraggio ed elogio per le istituzioni che in queste zone combattono e spingono il vento di cambiamento per garantire alla gente un futuro sicuro e migliore.Nella conferenza che ha chiuso gli incontri del suo programma di visite la Boldrini ha anche toccato temi nazionali in primis l'impegno alla trasparenza e alla legalità che il governo sta tentando di imporre in ogni aspetto del paese.
Ad esempio la creazione del registro per i lobbisti che entrano a Montecitorio e un codice deontologico per i deputati. In due settimane,afferma la Boldrini, la Giunta per il regolamento della Camera ha fatto quello che non era mai stato fatto prima approvando atti concreti capaci di rispondere alle giuste richieste di trasparenza dei cittadini.I rappresentanti di interessi che entrano nella nostra istituzione si dovranno iscrivere al registro dei lobbisti istituito pochi giorni fa e dovranno specificare per conto di chi agiscono. Coloro che non si iscriveranno saranno sanzionati.I deputati, invece, secondo quanto stabilito dal codice varato la scorsa settimana, dovranno dichiarare gli incarichi avuti sia prima che dopo l’elezione e dovranno rimuovere ogni conflitto di interesse, rifiutando i doni che eccedono il valore di 250 euro.Segnali chiari di una politica pulita in grado di riguadagnare la fiducia dei cittadini.
La Boldrini è poi passata ad un tema a lei molto caro ovvero le politiche ambientali.Il 2016 può essere un anno strategico per l’attività legislativa in campo ambientale ha affermato. C’è infatti finalmente la possibilità di approvare nuovi provvedimenti a tutela e valorizzazione dell’ambiente con i quali dare concretezza alle idee di sviluppo sostenibile ed economia legale. Come Istituzione parlamentare c'è grande attenzione per l'approvazione definitiva del ddl sulla riforma delle agenzie regionali di protezione ambientale, poiché darebbe un contributo importante al miglioramento dei controlli pubblici sul territorio nazionale, un tema attualissimo ed urgente, e alla piena applicazione della legge sugli ecoreati.Solo garantendo ai nostri figli un mondo migliore,con un ambiente protetto,si potrà guardare con ottimismo e speranza al loro futuro.
Laura Boldrini in questi giorni ha molto intensificato la sua funzione di rappresentanza,complici forse i vari appuntamenti elettorali che si accavalano in questi mesi, la Presidente della Camera è stata in varie città italiane,come Napoli,Palermo e Roma,visitando i quartieri popolari di queste metropoli.La Boldrini ha visitato Scampia,Lo Zen e il Corviale a Roma,zone periferiche di grande degrado e criminalità.Le sue parole sono state parole di coraggio ed elogio per le istituzioni che in queste zone combattono e spingono il vento di cambiamento per garantire alla gente un futuro sicuro e migliore.Nella conferenza che ha chiuso gli incontri del suo programma di visite la Boldrini ha anche toccato temi nazionali in primis l'impegno alla trasparenza e alla legalità che il governo sta tentando di imporre in ogni aspetto del paese.
Ad esempio la creazione del registro per i lobbisti che entrano a Montecitorio e un codice deontologico per i deputati. In due settimane,afferma la Boldrini, la Giunta per il regolamento della Camera ha fatto quello che non era mai stato fatto prima approvando atti concreti capaci di rispondere alle giuste richieste di trasparenza dei cittadini.I rappresentanti di interessi che entrano nella nostra istituzione si dovranno iscrivere al registro dei lobbisti istituito pochi giorni fa e dovranno specificare per conto di chi agiscono. Coloro che non si iscriveranno saranno sanzionati.I deputati, invece, secondo quanto stabilito dal codice varato la scorsa settimana, dovranno dichiarare gli incarichi avuti sia prima che dopo l’elezione e dovranno rimuovere ogni conflitto di interesse, rifiutando i doni che eccedono il valore di 250 euro.Segnali chiari di una politica pulita in grado di riguadagnare la fiducia dei cittadini.
La Boldrini è poi passata ad un tema a lei molto caro ovvero le politiche ambientali.Il 2016 può essere un anno strategico per l’attività legislativa in campo ambientale ha affermato. C’è infatti finalmente la possibilità di approvare nuovi provvedimenti a tutela e valorizzazione dell’ambiente con i quali dare concretezza alle idee di sviluppo sostenibile ed economia legale. Come Istituzione parlamentare c'è grande attenzione per l'approvazione definitiva del ddl sulla riforma delle agenzie regionali di protezione ambientale, poiché darebbe un contributo importante al miglioramento dei controlli pubblici sul territorio nazionale, un tema attualissimo ed urgente, e alla piena applicazione della legge sugli ecoreati.Solo garantendo ai nostri figli un mondo migliore,con un ambiente protetto,si potrà guardare con ottimismo e speranza al loro futuro.
Carfagna.L'Italia ha bisogno della destra.
di Anna De Vitis
Al centro-destra serve coesione e un progetto comune.
Mara Carfagna ospite a Salerno in un convegno sulle Unioni Civili, tema a lei carissimo da almeno due anni, coglie l'occasione per fare un quadro della situazione politica del centro-destra alla luce delle prossime elezioni amministrative in grandi comuni italiani come Roma,Napoli e Milano.Per la Carfagna non serve anzi è pericolosissimo un nuovo patto del Nazareno,così come lo stesso Berlusconi aveva rimarcato nei giorni addietro. Serve porsi in alternativa al Governo Renzi che risulta essere un esecutivo illeggittimo perchè non regolarmente eletto dal popolo.Ma le polemiche non si placano. Le settimane scorse il pensiero del leader della Lega Matteo Salvini, che escludeva la possibilità di nuove alleanze coi partiti di destra, sono state duramente criticate.
Salvini continua ad accusare Forza Italia di essere un partito troppo moderato e che Berlusconi sia ormai lontano dai bisogni reali del popolo della destra.La Carfagna non crede a questa realtà anzi ritiene che il Cavaliere risulti essere l'elemento che ancora catalizza e attira voti anche se va supportato da una struttura sul territorio che sia presente e ben delineata,che riesca a captare i sentori del popolo della destra.La Meloni che corre verso il Campidoglio ha bisogno dell'appoggio di FI e solo i voti forzisti possono darle una marcia in più fermo restando che Bertolaso resta il candidato principe.Il centro destra deve allontanarsi dagli inciuci e dalla moderazione che sfocia nei patti occulti per il potere,deve andare nelle piazze,radunare e guidare i suoi elettori.L'unità della destra è l'unica strada percorribile,bisogna fare tutti i tentativi possibili senza fermarsi alle prime difficoltà.
L'alternativa a Renzi deve essere seria e totale, senza sostenere leggi o riforme che di destra non hanno nulla.Il Governo si nasconde dietro a slogan datati ma la realtàdel paese resta dura e complicata,soprattutto a livello socio-economico.Nonostante i proclami la pressione fiscale è elevatissima e il PIL non sale come dovrebbe,indice che le politiche economiche risultano bloccate e deficitarie.Abbassare le tasse,soprattutto alle aziende per favorire gli investimenti vincolati a nuove assunzioni, questo è lo schema che la destra deve proporre e la Carfagna è convinta che in modo unito e con proposte serie e concrete nel paese il centro-destra possa riprendere a dire la sua e ad avere quel peso politico che ormai da anni a causa di patti,inciuci e sotterfugi di palazzo ha smetto di avere.
Mara Carfagna ospite a Salerno in un convegno sulle Unioni Civili, tema a lei carissimo da almeno due anni, coglie l'occasione per fare un quadro della situazione politica del centro-destra alla luce delle prossime elezioni amministrative in grandi comuni italiani come Roma,Napoli e Milano.Per la Carfagna non serve anzi è pericolosissimo un nuovo patto del Nazareno,così come lo stesso Berlusconi aveva rimarcato nei giorni addietro. Serve porsi in alternativa al Governo Renzi che risulta essere un esecutivo illeggittimo perchè non regolarmente eletto dal popolo.Ma le polemiche non si placano. Le settimane scorse il pensiero del leader della Lega Matteo Salvini, che escludeva la possibilità di nuove alleanze coi partiti di destra, sono state duramente criticate.
Salvini continua ad accusare Forza Italia di essere un partito troppo moderato e che Berlusconi sia ormai lontano dai bisogni reali del popolo della destra.La Carfagna non crede a questa realtà anzi ritiene che il Cavaliere risulti essere l'elemento che ancora catalizza e attira voti anche se va supportato da una struttura sul territorio che sia presente e ben delineata,che riesca a captare i sentori del popolo della destra.La Meloni che corre verso il Campidoglio ha bisogno dell'appoggio di FI e solo i voti forzisti possono darle una marcia in più fermo restando che Bertolaso resta il candidato principe.Il centro destra deve allontanarsi dagli inciuci e dalla moderazione che sfocia nei patti occulti per il potere,deve andare nelle piazze,radunare e guidare i suoi elettori.L'unità della destra è l'unica strada percorribile,bisogna fare tutti i tentativi possibili senza fermarsi alle prime difficoltà.
L'alternativa a Renzi deve essere seria e totale, senza sostenere leggi o riforme che di destra non hanno nulla.Il Governo si nasconde dietro a slogan datati ma la realtàdel paese resta dura e complicata,soprattutto a livello socio-economico.Nonostante i proclami la pressione fiscale è elevatissima e il PIL non sale come dovrebbe,indice che le politiche economiche risultano bloccate e deficitarie.Abbassare le tasse,soprattutto alle aziende per favorire gli investimenti vincolati a nuove assunzioni, questo è lo schema che la destra deve proporre e la Carfagna è convinta che in modo unito e con proposte serie e concrete nel paese il centro-destra possa riprendere a dire la sua e ad avere quel peso politico che ormai da anni a causa di patti,inciuci e sotterfugi di palazzo ha smetto di avere.
Boschi.Il nuovo Senato che cambia l'Italia.
di Anna De Vitis
La riforma del Senato vede la luce.Ora spetta agli italiani.
Alla fine l'ultima ad avere la meglio è proprio lei,la Ministra Maria Elena Boschi.Da anni la accusano di essere solo una politica immagine, di essere inesperta e di ricoprire ruoli solo per assecondare Renzi.Di recente le accuse giudiziarie sulla Banca Etruria sembravano averla scossa ma è riuscita a riprendersi e il suo DDL sulla riforma del Senato sarà ricordato volenti o nolenti.La Costituzione italiana sta per cambiare e il referendum confermativo di ottobre potrebbe mettere fine al bicameralismo perfetto dall’ordinamento dello Stato italiano.L'articolo 138 della Costituzione impone che sia il popolo a confermare o meno il cambiamento costituzionale perchè alcune leggi sono effettivamente più importanti di altre e, per poterci metter mano, non basta il voto del Parlamento, serve il parere del popolo.Il prossimo ottobre gli italiani saranno chiamati a votare un referendum dove finalmente si può votare sì se si è d’accordo e no se si è contrari.
Lascorsa settimana finalmente, con 361 sì, sette no, due astenuti e le opposizioni sull’Aventino, la Camera ha approvato una volta per tutte la riforma costituzionale, appunto il cosiddetto Ddl Boschi, che dopo settant’anni di onorato servizio manda in soffitta il bicameralismo paritario (Camera e Senato si equivalgono e lavorano parallelamente), riduce a un terzo il Senato (che non sarà più eletto a suffragio universale ma sarà una specie di assemblea dei rappresentanti regionali e dei sindaci) e riserva solo ai deputati il compito di votare la fiducia al governo.La Boschi alla fine del voto è apparsa raggiante e fiera del percorso parlamentare portato a termine.Un sentiero faticosissimo e irto di pericoli cominciato il 18 gennaio 2014, e che è stato accompagnato da una serie di improbabili alleanze.La Boschi ha rimarcato che un testo normativo del genere si incanala nel progetto di cambiamento ed ammodernamento del paese che il governo Renzi ha iniziato con dedizione fin dai primi giorni di mandato.
Andando nello specifico del ddl Boschi elezione e composizione della nuova Camera sono previsti dall'articolo 2, giustamente definito da molti il nucleo della riforma: 95 sono i rappresentanti che spettano alle istituzioni territoriali, 5 i senatori di nomina presidenziale. I primi restano in carica per un periodo coincidente con il loro mandato 'di provenienza', gli altri per sette anni. La ripartizione dei 95 senatori 'territoriali' è così articolata: 74 sono eletti tra i componenti dei Consigli regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano, gli altri 21 tra i sindaci. In tutti i due casi l'elezione spetta comunque al Consiglio. l ddl Boschi fissa solo alcuni paletti numerici: nessuna regione infatti potrà avere un numero inferiore a due membri, così come le province autonome di Trento e Bolzano. Un altro criterio riguarda poi la popolazione: il numero di senatori sarà proporzionale al numero degli abitanti.Insomma sarà un nuovo Senato che fotograferà fedelmente la situazione regionale italiana e rappresenterà meglio le istanze del territorio,vero organo di collegamento e mediazione col potere centrale.
Alla fine l'ultima ad avere la meglio è proprio lei,la Ministra Maria Elena Boschi.Da anni la accusano di essere solo una politica immagine, di essere inesperta e di ricoprire ruoli solo per assecondare Renzi.Di recente le accuse giudiziarie sulla Banca Etruria sembravano averla scossa ma è riuscita a riprendersi e il suo DDL sulla riforma del Senato sarà ricordato volenti o nolenti.La Costituzione italiana sta per cambiare e il referendum confermativo di ottobre potrebbe mettere fine al bicameralismo perfetto dall’ordinamento dello Stato italiano.L'articolo 138 della Costituzione impone che sia il popolo a confermare o meno il cambiamento costituzionale perchè alcune leggi sono effettivamente più importanti di altre e, per poterci metter mano, non basta il voto del Parlamento, serve il parere del popolo.Il prossimo ottobre gli italiani saranno chiamati a votare un referendum dove finalmente si può votare sì se si è d’accordo e no se si è contrari.
Lascorsa settimana finalmente, con 361 sì, sette no, due astenuti e le opposizioni sull’Aventino, la Camera ha approvato una volta per tutte la riforma costituzionale, appunto il cosiddetto Ddl Boschi, che dopo settant’anni di onorato servizio manda in soffitta il bicameralismo paritario (Camera e Senato si equivalgono e lavorano parallelamente), riduce a un terzo il Senato (che non sarà più eletto a suffragio universale ma sarà una specie di assemblea dei rappresentanti regionali e dei sindaci) e riserva solo ai deputati il compito di votare la fiducia al governo.La Boschi alla fine del voto è apparsa raggiante e fiera del percorso parlamentare portato a termine.Un sentiero faticosissimo e irto di pericoli cominciato il 18 gennaio 2014, e che è stato accompagnato da una serie di improbabili alleanze.La Boschi ha rimarcato che un testo normativo del genere si incanala nel progetto di cambiamento ed ammodernamento del paese che il governo Renzi ha iniziato con dedizione fin dai primi giorni di mandato.
Andando nello specifico del ddl Boschi elezione e composizione della nuova Camera sono previsti dall'articolo 2, giustamente definito da molti il nucleo della riforma: 95 sono i rappresentanti che spettano alle istituzioni territoriali, 5 i senatori di nomina presidenziale. I primi restano in carica per un periodo coincidente con il loro mandato 'di provenienza', gli altri per sette anni. La ripartizione dei 95 senatori 'territoriali' è così articolata: 74 sono eletti tra i componenti dei Consigli regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano, gli altri 21 tra i sindaci. In tutti i due casi l'elezione spetta comunque al Consiglio. l ddl Boschi fissa solo alcuni paletti numerici: nessuna regione infatti potrà avere un numero inferiore a due membri, così come le province autonome di Trento e Bolzano. Un altro criterio riguarda poi la popolazione: il numero di senatori sarà proporzionale al numero degli abitanti.Insomma sarà un nuovo Senato che fotograferà fedelmente la situazione regionale italiana e rappresenterà meglio le istanze del territorio,vero organo di collegamento e mediazione col potere centrale.
Bonafè.Il PD resisterà alle polemiche.
di Anna De Vitis
Giorni di tensione in casa PD.Ma la Bonafè non ci sta.
Il PD ha trascorso una settimana davvero intensa e impegnativa soprattutto a causa degli attacchi mediatici su più fronti. Ogni giorno usciva un nome di un ministro diverso, coinvolto in qualche scandalo o ipotesi di indagine. La deputata Simona Bonafè parlando alla scuola di formazione politica del Pd e riferendosi all'inchiesta di Potenza sull'industria petrolifera, ha ripercorso gli eventi degli ultimi giorni, dallo scandalo del petrolio alle polemiche con i magistrati, fino alle intercettazioni. Ma non solo: ha pure sottolineato come il nostro paese abbia passato giorni complicati anche a livello internazionale soprattutto in seguito alla pessima collaborazione ricevuta dalle istituzioni egiziane sul caso Regeni. Ma il PD riuscirà a resistere a questo vortice di polemiche dice la Bonafè che sempre presso la Scuola di Formazione PD si è rivolto ai giudici, ribadendo che i giudici avranno sempre tutto il sostegno, ma le sentenze si fanno nei tribunali, non con un giornale che pesca in un anno e mezzo di intercettazioni la frase più a effetto, molto spesso con un linguaggio gergale e un po' volgare che evoca chissà che cosa.La giustizia va fatta nei tribunali non sui media, riferendosi chiaramente alla pubblicazione delle intercettazioni nell'ambito dell'inchiesta su Tempa Rossa e soprattutto alle polemiche esplose dopo le parole rivolte ai pm di Potenza sui ritardi nelle sentenze.La deputata PD fa il tifo, sprona, incoraggia i pm di Potenza,la magistratura non si accusa, non si segue, si rispetta chiedendo di fare ciò che da secoli deve fare e su cui non si mette bocca.Sarebbe clamorosa invasione di campo se accadesse.
La Bonafè inoltre non ha lesinato critiche ai precedenti governi e ai tempi troppo lunghi della giustizia.In passato si faceva ricorso al legittimo impedimento, poi c'era il lodo...il PD invece accetta le indagini e invita sempre i giudici a fare chiarezza. Ma,dice la deputata, vi chiediamo di fare veloci perché le sentenze non arrivano. E se arriva la prescrizione vuol dire che qualcosa non ha funzionato.La Bonafè ha rivendicato, ancora una volta, l'impegno del governo per portare a termine le riforme, dopo decenni di chiacchere, una classe politica è finalmente pronta a fare le riforme e poi le affida al voto dei cittadini. Le opposizioni, però, rispondono decidendo di non votare.Lunedì inizia la discussione finale sulle riforme, siamo solo alla sesta lettura. Il Premier farà il suo discorso alla Camera, poi si voterà. Le opposizioni non propongono un'alternativa, ma la democrazia richiede la decisione, non è che chi decide è anti-democratico. È dove il processo della decisione si blocca che smette di esistere la democrazia.
Infine, riferendosi alla mozione di sfiducia del Movimento 5 stelle, ha proseguito sottolineando che le opposizioni hanno mandato una richiesta a Mattarella per non votare perché hanno presentato richiesta sfiducia. Ne presentano una ogni 15 giorni.Vorrebbero frenare il processo democratico.Alla fine, sempre rivolgendosi ai giovani del suo partito, la Bonafè ha concluso che chi appartiene al PD lo fa perchè si sente parte di una comunità, perché si crede nelle riforme e perché si pensa che l'Italia è troppo bella per lasciarla in mano a qualcuno che sa solo urlare. Grazie al PD il paese non vive di ricordi ma mira al futuro guardandovi con maggiore fiducia e coraggio.Cambiare le cose è possibile e le riforme recenti ne sono una concreta prova.
Il PD ha trascorso una settimana davvero intensa e impegnativa soprattutto a causa degli attacchi mediatici su più fronti. Ogni giorno usciva un nome di un ministro diverso, coinvolto in qualche scandalo o ipotesi di indagine. La deputata Simona Bonafè parlando alla scuola di formazione politica del Pd e riferendosi all'inchiesta di Potenza sull'industria petrolifera, ha ripercorso gli eventi degli ultimi giorni, dallo scandalo del petrolio alle polemiche con i magistrati, fino alle intercettazioni. Ma non solo: ha pure sottolineato come il nostro paese abbia passato giorni complicati anche a livello internazionale soprattutto in seguito alla pessima collaborazione ricevuta dalle istituzioni egiziane sul caso Regeni. Ma il PD riuscirà a resistere a questo vortice di polemiche dice la Bonafè che sempre presso la Scuola di Formazione PD si è rivolto ai giudici, ribadendo che i giudici avranno sempre tutto il sostegno, ma le sentenze si fanno nei tribunali, non con un giornale che pesca in un anno e mezzo di intercettazioni la frase più a effetto, molto spesso con un linguaggio gergale e un po' volgare che evoca chissà che cosa.La giustizia va fatta nei tribunali non sui media, riferendosi chiaramente alla pubblicazione delle intercettazioni nell'ambito dell'inchiesta su Tempa Rossa e soprattutto alle polemiche esplose dopo le parole rivolte ai pm di Potenza sui ritardi nelle sentenze.La deputata PD fa il tifo, sprona, incoraggia i pm di Potenza,la magistratura non si accusa, non si segue, si rispetta chiedendo di fare ciò che da secoli deve fare e su cui non si mette bocca.Sarebbe clamorosa invasione di campo se accadesse.
La Bonafè inoltre non ha lesinato critiche ai precedenti governi e ai tempi troppo lunghi della giustizia.In passato si faceva ricorso al legittimo impedimento, poi c'era il lodo...il PD invece accetta le indagini e invita sempre i giudici a fare chiarezza. Ma,dice la deputata, vi chiediamo di fare veloci perché le sentenze non arrivano. E se arriva la prescrizione vuol dire che qualcosa non ha funzionato.La Bonafè ha rivendicato, ancora una volta, l'impegno del governo per portare a termine le riforme, dopo decenni di chiacchere, una classe politica è finalmente pronta a fare le riforme e poi le affida al voto dei cittadini. Le opposizioni, però, rispondono decidendo di non votare.Lunedì inizia la discussione finale sulle riforme, siamo solo alla sesta lettura. Il Premier farà il suo discorso alla Camera, poi si voterà. Le opposizioni non propongono un'alternativa, ma la democrazia richiede la decisione, non è che chi decide è anti-democratico. È dove il processo della decisione si blocca che smette di esistere la democrazia.
Infine, riferendosi alla mozione di sfiducia del Movimento 5 stelle, ha proseguito sottolineando che le opposizioni hanno mandato una richiesta a Mattarella per non votare perché hanno presentato richiesta sfiducia. Ne presentano una ogni 15 giorni.Vorrebbero frenare il processo democratico.Alla fine, sempre rivolgendosi ai giovani del suo partito, la Bonafè ha concluso che chi appartiene al PD lo fa perchè si sente parte di una comunità, perché si crede nelle riforme e perché si pensa che l'Italia è troppo bella per lasciarla in mano a qualcuno che sa solo urlare. Grazie al PD il paese non vive di ricordi ma mira al futuro guardandovi con maggiore fiducia e coraggio.Cambiare le cose è possibile e le riforme recenti ne sono una concreta prova.
Serracchiani.Nuove sfide aspettano il PD.
di Anna De Vitis
Un'occhiata interna nelle vicende del Partito Democratico.
La vice-segretaria PD Debora Serracchiani in un recente convegno in Friuli dice la sua sull'attuale momento politico del PD e del Governo in generale.E' indubbio che negli ultimi mesi ne sono successe di cose che hanno messo in difficoltà le dorate stanze del partico:all'estero con le stragi terroristiche e in Italia con il caso Regini,le primarie per le poltrone a sindaco di Napoli,Roma e Milano e in ultimo l'inchiesta sui giacimenti petroliferi in Basilicata che sembra sfiorare la ministro Elena Boschi.Insomma in mezzo a questo temporale la Serracchiani tenta di spiegare e di porre le linee guida e le nuove sfide dello stesso PD.Un appluaso lo fa al Governo che dopo gli attacchi in Belgio ha mostrato coerenza e fermezza.Renzi e la stessa Mogherini hanno ben interpretato il bisogno di cooperazione e di sicurezza che l'Italia e la stessa Europa hanno bisogno per ben lottare contro l'islamismo estremo.
Sul caso Regini la Serracchiani ritiene ottimo il comportamento della Farnesina e della magistratura italiana che rivendicano chiarezza e notizie certe sui fatti tradici capitati allo studente italiano in Egitto,catturato e morto torturato non si sa ancora da chi e per quali ragioni.Il dolore della famiglia Regini,dice la Serracchiani, merita rispetto e soprattutto merita la verità.L'Egitto non pare aver fatto una bella figura di efficienza istituzionale in questa situazione.Sulle attività di Governo la segretaria PD elogia la compatezza dell'Esecutivo e il coraggio di aver portato avanti riforme basilari ma molto discusse in primis quella sulle unioni civili.In campo economico un elogio va fatto allo stesso Ministro Del Rio per la sua attività di sviluppo e per il prossimo ddl che a breve sarà presentato alle Camere.Le elezioni amministrative si avvicinano e la Serracchiani è felice della perfetta macchina di democrazia che le primarie PD garantiscono ogni volta.
Un buon esempio di politica giusta e libera cui molti partiti,dice la presidente friulana, dovrebbero mirare,riferendosi ovviamente ai modi non sempre cristallini con cui partiti come FI e Cinque Stelle, scelgono i propri rappresentanti.Infine la Serracchiani spende alcune parole verso la collega M.Elena Boschi in queste ore investita indirettamente dalle inchieste sulle industrie petrolifere in Basilicata e che rigurdano invece il suo compagno.La Boschi è estranea ai fatti e lo ha ampiamente dimostrato,la probabile mozione di sfiducia nei suoi confroni che le opposizioni presenteranno in aula,verrà letta e dibattutta come in ogni moderna democrazia, tutte le domande saranno ascoltate e avranno risposte, ma i fatti sono talmente chiari che la maggioranza proteggerà il suo ministro e la respingerà sicuramente in modo netto.
La vice-segretaria PD Debora Serracchiani in un recente convegno in Friuli dice la sua sull'attuale momento politico del PD e del Governo in generale.E' indubbio che negli ultimi mesi ne sono successe di cose che hanno messo in difficoltà le dorate stanze del partico:all'estero con le stragi terroristiche e in Italia con il caso Regini,le primarie per le poltrone a sindaco di Napoli,Roma e Milano e in ultimo l'inchiesta sui giacimenti petroliferi in Basilicata che sembra sfiorare la ministro Elena Boschi.Insomma in mezzo a questo temporale la Serracchiani tenta di spiegare e di porre le linee guida e le nuove sfide dello stesso PD.Un appluaso lo fa al Governo che dopo gli attacchi in Belgio ha mostrato coerenza e fermezza.Renzi e la stessa Mogherini hanno ben interpretato il bisogno di cooperazione e di sicurezza che l'Italia e la stessa Europa hanno bisogno per ben lottare contro l'islamismo estremo.
Sul caso Regini la Serracchiani ritiene ottimo il comportamento della Farnesina e della magistratura italiana che rivendicano chiarezza e notizie certe sui fatti tradici capitati allo studente italiano in Egitto,catturato e morto torturato non si sa ancora da chi e per quali ragioni.Il dolore della famiglia Regini,dice la Serracchiani, merita rispetto e soprattutto merita la verità.L'Egitto non pare aver fatto una bella figura di efficienza istituzionale in questa situazione.Sulle attività di Governo la segretaria PD elogia la compatezza dell'Esecutivo e il coraggio di aver portato avanti riforme basilari ma molto discusse in primis quella sulle unioni civili.In campo economico un elogio va fatto allo stesso Ministro Del Rio per la sua attività di sviluppo e per il prossimo ddl che a breve sarà presentato alle Camere.Le elezioni amministrative si avvicinano e la Serracchiani è felice della perfetta macchina di democrazia che le primarie PD garantiscono ogni volta.
Un buon esempio di politica giusta e libera cui molti partiti,dice la presidente friulana, dovrebbero mirare,riferendosi ovviamente ai modi non sempre cristallini con cui partiti come FI e Cinque Stelle, scelgono i propri rappresentanti.Infine la Serracchiani spende alcune parole verso la collega M.Elena Boschi in queste ore investita indirettamente dalle inchieste sulle industrie petrolifere in Basilicata e che rigurdano invece il suo compagno.La Boschi è estranea ai fatti e lo ha ampiamente dimostrato,la probabile mozione di sfiducia nei suoi confroni che le opposizioni presenteranno in aula,verrà letta e dibattutta come in ogni moderna democrazia, tutte le domande saranno ascoltate e avranno risposte, ma i fatti sono talmente chiari che la maggioranza proteggerà il suo ministro e la respingerà sicuramente in modo netto.
Mogherini.La cooperazione è fondamentale.
di Anna De Vitis
La Mogherini fa il punto sulle politiche anti-terrorismo.
In questi giorni la sua foto col viso solcato di lacrime per le vittime dell'attentato belga ha fatto il giro del mondo suscitando anche molte critiche soprattutto in Italia dove gli avversari del PD le hanno ritenute eccessive e fuori luogo non consone al ruolo istituzionale che essa ricopre.Federica Mogherini però difende il suo modo di essere e ritiene il suo pianto uno sfogo legato allasua sensibilità di donna. Non è sua abitudine, dice, mostrare emozioni in pubblico ma quel dramma l'ha davvero colpita molto.Nei comunicati le istituzioni esprimono il loro cordoglio ma a volte può succedere che questo si esprima in modo meno ufficiale. La Mogherini come rappresentante dell'UE per gli esteri si trova in Giordania dove continua la sua visita ufficiale,pur restando in costante contatto con Bruxelles, con il premier belga Michel, con il presidente Juncker, con il personale delle istituzioni la cui sicurezza ho il dovere di garantire.
Tra qualche giorno ci sarà poi la riunione di sicurezza della Commissione UE dove il tema della lotta al terrorismo sarà affrontato in modo diretto e concreto.La Mogherini sottolinea che in tutti i fascicoli del Consiglio europeo straordinario del 21 settembre 2001, all'indomani dell'attentato delle Torri gemelle era evidenziato in modo netto che serve migliorare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra i servizi di intelligence dell'Unione. A questo scopo quindi è fondamentale creare squadre di investigazione comuni. Gli Stati membri devono condividere tutte le informazioni utili riguardanti il terrorismo con Europol, sistematicamente e senza indugi.Nonostante siano trascorsi 15 anni da quei fatti non tutto è stato fatto in modo completo.
Per questo ad Amman la Mogherini dice di aver concordato con il re Abdullah II di rafforzare la nostra cooperazione anti terrorismo e per la prevenzione della radicalizzazione. Per questo si è deciso di lavorare con ancora più energia e determinazione per una soluzione politica in Siria.Serve divulgare messaggi di speranza nei luoghi in cui l'ISIS è forte e radicalizzato per ribadire che il terrorismo va combattuto ovunque, a partire dalla Siria.
In questi giorni la sua foto col viso solcato di lacrime per le vittime dell'attentato belga ha fatto il giro del mondo suscitando anche molte critiche soprattutto in Italia dove gli avversari del PD le hanno ritenute eccessive e fuori luogo non consone al ruolo istituzionale che essa ricopre.Federica Mogherini però difende il suo modo di essere e ritiene il suo pianto uno sfogo legato allasua sensibilità di donna. Non è sua abitudine, dice, mostrare emozioni in pubblico ma quel dramma l'ha davvero colpita molto.Nei comunicati le istituzioni esprimono il loro cordoglio ma a volte può succedere che questo si esprima in modo meno ufficiale. La Mogherini come rappresentante dell'UE per gli esteri si trova in Giordania dove continua la sua visita ufficiale,pur restando in costante contatto con Bruxelles, con il premier belga Michel, con il presidente Juncker, con il personale delle istituzioni la cui sicurezza ho il dovere di garantire.
Tra qualche giorno ci sarà poi la riunione di sicurezza della Commissione UE dove il tema della lotta al terrorismo sarà affrontato in modo diretto e concreto.La Mogherini sottolinea che in tutti i fascicoli del Consiglio europeo straordinario del 21 settembre 2001, all'indomani dell'attentato delle Torri gemelle era evidenziato in modo netto che serve migliorare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra i servizi di intelligence dell'Unione. A questo scopo quindi è fondamentale creare squadre di investigazione comuni. Gli Stati membri devono condividere tutte le informazioni utili riguardanti il terrorismo con Europol, sistematicamente e senza indugi.Nonostante siano trascorsi 15 anni da quei fatti non tutto è stato fatto in modo completo.
Per questo ad Amman la Mogherini dice di aver concordato con il re Abdullah II di rafforzare la nostra cooperazione anti terrorismo e per la prevenzione della radicalizzazione. Per questo si è deciso di lavorare con ancora più energia e determinazione per una soluzione politica in Siria.Serve divulgare messaggi di speranza nei luoghi in cui l'ISIS è forte e radicalizzato per ribadire che il terrorismo va combattuto ovunque, a partire dalla Siria.
De Girolamo.Riflessioni su Italia e Roma.
di Anna De Vitis
Un pensiero diverso sulla situazione politica italiana.
La deputata del NCD Nunzia De Girolamo viene da alcuni mesi molto tesi e duri.Il caso sull'ASL di Benevento,sua città natale, è ancora galoppante e si vocifera di un suo rinvio a giudizio per la vicenda inerente le nomine dei dirigenti pubblici che, secondo i pm, sarebbero stati da lei imposti durante la reggenza del ministero.Comunque sia la battagliera ex forzista, ora tra le file di NCD, getta acqua sul fuoco e vira sull'attuale situazione politica,spazziando dal tema delle unioni civili, alla traballante situazione libica.Per la deputata campana, grazie alla mediazione di Alfano e ai suoi aut aut si è riusciti a far approvare in aula un testo sulle unioni civili accettabile e giusto.
Un testo che garantisce un passo avanti e moderno per tutelare le coppie di fatto,senza però snaturare il tema della famiglia tradizionale e soprattutto evitando che le coppie omosessuali possano adottare liberamente figli, cosa a suo dire inaccettabile.Alla fine la diplomatica scelta del testo Cirinnà ha soddisfatto tutti, PD compreso.La De Girolamo parla poi della questione libica.L'Italia deve essere presente sullo scacchiere internazionale e se Renzi ha scelto un ruolo importante per il nostro paese con la guida di una specifica missione militare non può che essere un vanto.
NCD darà il suo appoggio parlamentare perchè la zona libica è di grande importanza strategica e vederla nel caos e nelle mani dell'Isis è davvero pericolosissimo.Infine poche ma ferme parole sulla corsa alla poltrona di sindaco di Roma.L'amico Storace è uno degli out-sider ma sicuramente la corsa sarà principalmente tra Giachetti del PD e Bertolaso di Forza Italia.La De Girolamo afferma che il suo appoggio sarà ovviamente per il candidato di FI ma la cosa utile per la Capitale sarà quella di avere un sindaco scollegato dai centri di potere occulto e che abbia come scopo il risanamento morale e strutturale di Roma.Non servono miracoli a Roma ma solo una politica forte e pratica,che non si perda in convegni e ipotetiche riforme aleatorie,ma che dia ai romani i servizi di cui hanno bisogno.
La deputata del NCD Nunzia De Girolamo viene da alcuni mesi molto tesi e duri.Il caso sull'ASL di Benevento,sua città natale, è ancora galoppante e si vocifera di un suo rinvio a giudizio per la vicenda inerente le nomine dei dirigenti pubblici che, secondo i pm, sarebbero stati da lei imposti durante la reggenza del ministero.Comunque sia la battagliera ex forzista, ora tra le file di NCD, getta acqua sul fuoco e vira sull'attuale situazione politica,spazziando dal tema delle unioni civili, alla traballante situazione libica.Per la deputata campana, grazie alla mediazione di Alfano e ai suoi aut aut si è riusciti a far approvare in aula un testo sulle unioni civili accettabile e giusto.
Un testo che garantisce un passo avanti e moderno per tutelare le coppie di fatto,senza però snaturare il tema della famiglia tradizionale e soprattutto evitando che le coppie omosessuali possano adottare liberamente figli, cosa a suo dire inaccettabile.Alla fine la diplomatica scelta del testo Cirinnà ha soddisfatto tutti, PD compreso.La De Girolamo parla poi della questione libica.L'Italia deve essere presente sullo scacchiere internazionale e se Renzi ha scelto un ruolo importante per il nostro paese con la guida di una specifica missione militare non può che essere un vanto.
NCD darà il suo appoggio parlamentare perchè la zona libica è di grande importanza strategica e vederla nel caos e nelle mani dell'Isis è davvero pericolosissimo.Infine poche ma ferme parole sulla corsa alla poltrona di sindaco di Roma.L'amico Storace è uno degli out-sider ma sicuramente la corsa sarà principalmente tra Giachetti del PD e Bertolaso di Forza Italia.La De Girolamo afferma che il suo appoggio sarà ovviamente per il candidato di FI ma la cosa utile per la Capitale sarà quella di avere un sindaco scollegato dai centri di potere occulto e che abbia come scopo il risanamento morale e strutturale di Roma.Non servono miracoli a Roma ma solo una politica forte e pratica,che non si perda in convegni e ipotetiche riforme aleatorie,ma che dia ai romani i servizi di cui hanno bisogno.
Pinotti.In Libia l'Italia farà la sua parte.
di Anna De Vitis
Maturità e assennatezza nell'intervento in Libia.
Ormai è una certezza da alcuni giorni.L'Italia sarà impegnata in Libia in modo serio ed importante e il Ministro Pinotti è consapevole della serietà della missione italiana.L'impegno italiano in Libia, però avverrà solo "sulla base della richiesta di un governo legittimato" della Libia, e comunque restano fondamentali tutti i passaggi parlamentari e istituzionali necessari. Le parole della Pinotti sono decise e ferme oramai dice il ministro non è il tempo delle forzature, ma del buon senso e dell'equilibrio: queste le nostre parole d'ordine, ben diverse da chi immagina di intervenire in modo superficiale e poco assennato.
Molte inoltre le critiche verso i media che dipingono e si affannano a immaginare scenari di guerra italiana che non corrispondono alla realtà. La situazione in Libia infatti è sempre molto delicata. Il lavoro delle Nazioni Unite per raggiungere un accordo solido e stabile sul governo è ancora in pieno svolgimento.C'è la vera necessità di una soluzione equilibrata e duratura. Solo a quel punto potrà valutare, sulla base della richiesta di un governo legittimato, un impegno italiano, che comunque avrebbe necessità di tutti i passaggi parlamentari e istituzionali necessari.
Infine il ministro ha fatto riferimento alla "tragica vicenda" dei due italiani uccisi in Libia. I loro due colleghi sopravvissuti stanno rientrando in Italia in queste ore - prosegue - ma anche questa tragica vicenda, per la quale ci stringiamo insieme a tutti gli italiani alle famiglie delle vittime, dimostra una volta di più che la guerra è una parola drammaticamente seria per essere evocata con la facilità con cui viene utilizzata in queste ore da alcune forze politiche e da alcuni commentatori. Prudenza, equilibrio, buon senso: queste le nostre parole d'ordine, ben diverse da chi immagina di intervenire in modo superficiale e poco assennato.
Ormai è una certezza da alcuni giorni.L'Italia sarà impegnata in Libia in modo serio ed importante e il Ministro Pinotti è consapevole della serietà della missione italiana.L'impegno italiano in Libia, però avverrà solo "sulla base della richiesta di un governo legittimato" della Libia, e comunque restano fondamentali tutti i passaggi parlamentari e istituzionali necessari. Le parole della Pinotti sono decise e ferme oramai dice il ministro non è il tempo delle forzature, ma del buon senso e dell'equilibrio: queste le nostre parole d'ordine, ben diverse da chi immagina di intervenire in modo superficiale e poco assennato.
Molte inoltre le critiche verso i media che dipingono e si affannano a immaginare scenari di guerra italiana che non corrispondono alla realtà. La situazione in Libia infatti è sempre molto delicata. Il lavoro delle Nazioni Unite per raggiungere un accordo solido e stabile sul governo è ancora in pieno svolgimento.C'è la vera necessità di una soluzione equilibrata e duratura. Solo a quel punto potrà valutare, sulla base della richiesta di un governo legittimato, un impegno italiano, che comunque avrebbe necessità di tutti i passaggi parlamentari e istituzionali necessari.
Infine il ministro ha fatto riferimento alla "tragica vicenda" dei due italiani uccisi in Libia. I loro due colleghi sopravvissuti stanno rientrando in Italia in queste ore - prosegue - ma anche questa tragica vicenda, per la quale ci stringiamo insieme a tutti gli italiani alle famiglie delle vittime, dimostra una volta di più che la guerra è una parola drammaticamente seria per essere evocata con la facilità con cui viene utilizzata in queste ore da alcune forze politiche e da alcuni commentatori. Prudenza, equilibrio, buon senso: queste le nostre parole d'ordine, ben diverse da chi immagina di intervenire in modo superficiale e poco assennato.
Boschi.Le Unioni Civili sono solo l'inizio.
di Anna De Vitis
La Ministro rivendica i cambiamenti epocali del Governo.
La questione delle unioni civili sta davvero molto a cuore al PD e il ministro Maria Elena Boschi si compiace della strada positiva che si sta intraprendendo e anzi auspica una vera legge ordinaria anche sule tema delle adozioni.Dice la ministro che parlare di adozioni significa parlare di tanti bambini che crescono negli orfanotrofi, senza il calore di una famiglia, pensare al loro bene dovrebbe essere lo scopo della politica; dopodichè poi si può anche trattare lo scabroso tema delle adozioni per i gay, per i single, per le coppie di fatto, però partendo sempre dai soggetti più deboli, che sono i bambini.
Il recento testo sulle unioni civili approvato dal Senato significa un'Italia più giusta, avere più diritti per gli omosessuali senza penalizzare nessuno. Dice la Boschi che solo in questo modo e con questa legge si avranno meno persone sole, meno discriminazioni. Quanto al futuro il ministro Boschi si è detta convinta che i cittadini sappiano scegliere e sapranno anche capire che in questi due anni le riforme sono state fatte, da noi, nonostante chi è bravo soltanto a fare polemica. Il Pd avrà il congresso nel 2017 e lì si vedrà se vincerà Renzi o chi è bravo soltanto a lamentarsi.
Molti del PD e della stessa sinistra progressista avevano ritenuto il testo sulle unioni civili una sorta di passo indietro ma la Boschi sottolinea che non deve essere vista come una sconfitta ma è una grande vittoria. Per il Paese aver riconosciuto alle persone diritti come coppia, da parte dello Stato, è una grande conquista.Il ministro ha inoltre evidenziato come questi due anni di Renzi abbiamo abbattuto il concetto del non è possibile, del 'si è sempre fatto così'; concetti non ammissibili.Adesso il Paese ha intrapreso la strada del rinnovamento e il testo sulle Unioni Civili ne è un esempio eclatante,il vecchio modo conservatore di fare politica non ci ostacolerà, dice la Boschi, l'Italia va cambiata e i cittadini stessi lo hanno ben capito.
La questione delle unioni civili sta davvero molto a cuore al PD e il ministro Maria Elena Boschi si compiace della strada positiva che si sta intraprendendo e anzi auspica una vera legge ordinaria anche sule tema delle adozioni.Dice la ministro che parlare di adozioni significa parlare di tanti bambini che crescono negli orfanotrofi, senza il calore di una famiglia, pensare al loro bene dovrebbe essere lo scopo della politica; dopodichè poi si può anche trattare lo scabroso tema delle adozioni per i gay, per i single, per le coppie di fatto, però partendo sempre dai soggetti più deboli, che sono i bambini.
Il recento testo sulle unioni civili approvato dal Senato significa un'Italia più giusta, avere più diritti per gli omosessuali senza penalizzare nessuno. Dice la Boschi che solo in questo modo e con questa legge si avranno meno persone sole, meno discriminazioni. Quanto al futuro il ministro Boschi si è detta convinta che i cittadini sappiano scegliere e sapranno anche capire che in questi due anni le riforme sono state fatte, da noi, nonostante chi è bravo soltanto a fare polemica. Il Pd avrà il congresso nel 2017 e lì si vedrà se vincerà Renzi o chi è bravo soltanto a lamentarsi.
Molti del PD e della stessa sinistra progressista avevano ritenuto il testo sulle unioni civili una sorta di passo indietro ma la Boschi sottolinea che non deve essere vista come una sconfitta ma è una grande vittoria. Per il Paese aver riconosciuto alle persone diritti come coppia, da parte dello Stato, è una grande conquista.Il ministro ha inoltre evidenziato come questi due anni di Renzi abbiamo abbattuto il concetto del non è possibile, del 'si è sempre fatto così'; concetti non ammissibili.Adesso il Paese ha intrapreso la strada del rinnovamento e il testo sulle Unioni Civili ne è un esempio eclatante,il vecchio modo conservatore di fare politica non ci ostacolerà, dice la Boschi, l'Italia va cambiata e i cittadini stessi lo hanno ben capito.
Carfagna.In politica serve coraggio.
di Anna De Vitis
La politica campana crede ancora in Forza Italia.
Sono giorni molto intensi questi per Forza Italia e i suoi deputati.Si decide sui nomi dei candidati a sindaco di Roma e Mara Carfagna dice la sua,in particolare sull'opportunità del nome che alla fine è stato scelto dal Cavaliere in persona,GuidoBertolaso,l'ex capo della Protezione Civile.Bertolaso è un pratico,un uomo deciso che con piglio affronta problemi e criticità, perquesto, dice la Carfagna è davvero l'uomo giusto,indipendentemente dalla volontà o meno di Berlusconi.Forza Italia sta vivendo un momento delicato,il consenso non aumenta e le varie scissioni non aiutano la raccolta di voti;Mara Carfagna ha la sua ricetta che le deriva da anni e anni di campagna elettorale ul territorio della sua amata Campania.Il politico di destra deve avere coraggio da vendere,sostenere tesi e valori di destra,l'elettore è intelligente e sa chi è il politico in grado di difendere i suoi ideali.
Gli accordi di palazzo o i compromessi che mirano solo a raccattare poltrone sono la morte del voto;per questo NCD non aumenta il suo consenso.L'elettore di destra ha fiutato che si tratta di un partitino nato solo per accaparrare incarichi,per questo FI deve accellerare e porsi nello spazio politico vuoto,i voti del centro-destra attendono solo di essere canalizzati in un progetto,una idea politica nuova.Questo Governo, dice la Carfagna, sta deludendo,sotto la voce di riforme importanto, stanno invece passando provvedimenti che modificano il peggio il volto dell'Italia,non risolvono criticità evidenti ma servono soloa publicizzare l'icona di un Renzi salvatore del Paese.In realtà il paese resta fermo.L'economia sale solo sulle carte ma l'indice di occupazione resta precario e il rischio di licenziamenti facili e agevolati è davvero preoccupante.Nella politica estera il muro contro muro con Bruxelles serve a poco,quando serve Renzi si è accodato alle decisioni altrui,Francia e Germania in primis.Manca polso e coraggio nella poltica comunitaria.
La riforma della Costituzione era partita benissimo,basandosi anche su proposte già teorizzate anni fa dallo stesso centro-destra,ma la paura di cadere in aula e quella di subire scissioni interne ha spinto il PD e Renzi a passi indietro allucinanti e a subire emendamenti che snaturano la base stessa della riforma.Sulle Unioni Civili si fa un gran parlare di rivoluzioni; i punti del ddl sono condivisibili ma mai si potrà accettare l'idea che il concetto di famiglia venga associato a persone dello stesso sesso.Mai FI e lo stesso NCD potrà appoggiare una scelta del genere.Infine la Carfagna si sofferma sulla crisi in Siria e sull'imminente cessate il fuoco conquistato a Monaco: la diplomazia è decisiva in situazioni del genere ma non serve opporsi alle idea della Russia di Putin,anzi solo concordando con loro il da farsi si potrò donare pace al territorio siriano;Putin ha grossi interessi nella zona di Damasco e qundi la scelta diplomatica deve essere coordinata con la Russia per essere una scelta davvero stabile.
Sono giorni molto intensi questi per Forza Italia e i suoi deputati.Si decide sui nomi dei candidati a sindaco di Roma e Mara Carfagna dice la sua,in particolare sull'opportunità del nome che alla fine è stato scelto dal Cavaliere in persona,GuidoBertolaso,l'ex capo della Protezione Civile.Bertolaso è un pratico,un uomo deciso che con piglio affronta problemi e criticità, perquesto, dice la Carfagna è davvero l'uomo giusto,indipendentemente dalla volontà o meno di Berlusconi.Forza Italia sta vivendo un momento delicato,il consenso non aumenta e le varie scissioni non aiutano la raccolta di voti;Mara Carfagna ha la sua ricetta che le deriva da anni e anni di campagna elettorale ul territorio della sua amata Campania.Il politico di destra deve avere coraggio da vendere,sostenere tesi e valori di destra,l'elettore è intelligente e sa chi è il politico in grado di difendere i suoi ideali.
Gli accordi di palazzo o i compromessi che mirano solo a raccattare poltrone sono la morte del voto;per questo NCD non aumenta il suo consenso.L'elettore di destra ha fiutato che si tratta di un partitino nato solo per accaparrare incarichi,per questo FI deve accellerare e porsi nello spazio politico vuoto,i voti del centro-destra attendono solo di essere canalizzati in un progetto,una idea politica nuova.Questo Governo, dice la Carfagna, sta deludendo,sotto la voce di riforme importanto, stanno invece passando provvedimenti che modificano il peggio il volto dell'Italia,non risolvono criticità evidenti ma servono soloa publicizzare l'icona di un Renzi salvatore del Paese.In realtà il paese resta fermo.L'economia sale solo sulle carte ma l'indice di occupazione resta precario e il rischio di licenziamenti facili e agevolati è davvero preoccupante.Nella politica estera il muro contro muro con Bruxelles serve a poco,quando serve Renzi si è accodato alle decisioni altrui,Francia e Germania in primis.Manca polso e coraggio nella poltica comunitaria.
La riforma della Costituzione era partita benissimo,basandosi anche su proposte già teorizzate anni fa dallo stesso centro-destra,ma la paura di cadere in aula e quella di subire scissioni interne ha spinto il PD e Renzi a passi indietro allucinanti e a subire emendamenti che snaturano la base stessa della riforma.Sulle Unioni Civili si fa un gran parlare di rivoluzioni; i punti del ddl sono condivisibili ma mai si potrà accettare l'idea che il concetto di famiglia venga associato a persone dello stesso sesso.Mai FI e lo stesso NCD potrà appoggiare una scelta del genere.Infine la Carfagna si sofferma sulla crisi in Siria e sull'imminente cessate il fuoco conquistato a Monaco: la diplomazia è decisiva in situazioni del genere ma non serve opporsi alle idea della Russia di Putin,anzi solo concordando con loro il da farsi si potrò donare pace al territorio siriano;Putin ha grossi interessi nella zona di Damasco e qundi la scelta diplomatica deve essere coordinata con la Russia per essere una scelta davvero stabile.
Serracchiani.Basta polemiche.Serve unità.
di Anna De Vitis
Nel PD non c'è spazio nè tempo per gli scontri interni.
Ci troviamo in un momento molto intenso per la politica italiana.Sono alle porte le elezioni amministrative per alcune grosse metropoli come Roma,Milano e Napoli e in Parlamento si discute di alcune epocali riforme in primis quella sulle unioni civili.Debora Serracchiani cerca di dare una guida solida alla segreteria del PD,un partito che rimane comunque coinvolto in faide e correnti interne che non giovano certo alla stabilità.La politica friulana sottolinea che senza unità il Pd rischia una crisi irreversibile, rischia cioè di tornare agli anni dell'anonima opposizione al partito berlusconiano.
E non è tutto,la Serracchiani ci tiene ad affermare che se il suo partito prende la strada delle ripicche e delle accuse sono a rischio riforme importanti come appunto le unioni civili, il Pd e la stessa legislatura. Le differenze interne devono essere il cemento per unire il Paese. Dopo il rinvio del ddl alla prossima settimana, la madrina del provvedimento, Monica Cirinnà ha minacciato di lasciare la politica, ma per la Serracchia si è trattato solo di un comprensibile attimo di sconforto, poi si è resa conto che non si abbandona il campo di battaglia. Assieme al coraggio e alla passione, serve sempre e comunque in politica una forte capacità di dialogo.
Per portare a casa “una buona legge”, però, la Seracchiani è certa che se non ci sono i numeri certi la stepchild va tolta dal testo e affrontata in un altro provvedimento. Il problema grande è la revisione delle norme sulle adozioni che riguarda gli omosessuali e, di più, le coppie eterosessuali sterili.Infine qualche parola anche sul tema pensioni sul quale viene evidenziato come il Governo e lo stesso ministro Poletti sanno benissimo che prima o poi bisognerà affrontare il tema della flessibilità in uscita.In ogni caso i fondi devono rimanere lì e sarebbe certamente opportuno cancellare dalla legge delega ogni riferimento alla previdenza e dibbatterne in Parlamento riga per riga.La Serracchiani ribadisce di essere contraria a finanziare la lotta alla povertà con i soldi delle pensioni.
Ci troviamo in un momento molto intenso per la politica italiana.Sono alle porte le elezioni amministrative per alcune grosse metropoli come Roma,Milano e Napoli e in Parlamento si discute di alcune epocali riforme in primis quella sulle unioni civili.Debora Serracchiani cerca di dare una guida solida alla segreteria del PD,un partito che rimane comunque coinvolto in faide e correnti interne che non giovano certo alla stabilità.La politica friulana sottolinea che senza unità il Pd rischia una crisi irreversibile, rischia cioè di tornare agli anni dell'anonima opposizione al partito berlusconiano.
E non è tutto,la Serracchiani ci tiene ad affermare che se il suo partito prende la strada delle ripicche e delle accuse sono a rischio riforme importanti come appunto le unioni civili, il Pd e la stessa legislatura. Le differenze interne devono essere il cemento per unire il Paese. Dopo il rinvio del ddl alla prossima settimana, la madrina del provvedimento, Monica Cirinnà ha minacciato di lasciare la politica, ma per la Serracchia si è trattato solo di un comprensibile attimo di sconforto, poi si è resa conto che non si abbandona il campo di battaglia. Assieme al coraggio e alla passione, serve sempre e comunque in politica una forte capacità di dialogo.
Per portare a casa “una buona legge”, però, la Seracchiani è certa che se non ci sono i numeri certi la stepchild va tolta dal testo e affrontata in un altro provvedimento. Il problema grande è la revisione delle norme sulle adozioni che riguarda gli omosessuali e, di più, le coppie eterosessuali sterili.Infine qualche parola anche sul tema pensioni sul quale viene evidenziato come il Governo e lo stesso ministro Poletti sanno benissimo che prima o poi bisognerà affrontare il tema della flessibilità in uscita.In ogni caso i fondi devono rimanere lì e sarebbe certamente opportuno cancellare dalla legge delega ogni riferimento alla previdenza e dibbatterne in Parlamento riga per riga.La Serracchiani ribadisce di essere contraria a finanziare la lotta alla povertà con i soldi delle pensioni.
Bonafè.Ora bisogna aiutare il Mezzogiorno.
di Anna De Vitis
Le parole chiare e decise della giovane PD.
Intervenuta ad un convegno sul tema dell'economia nel Sud Italia la deputata PD Simona Bonafè esprime la sua opinione sui nuovi obiettivi di riforma economica ed amministrativa da parte del Governo Renzi.Ora il Governo deve aprire il capitolo Mezzogiorno. Questo è il sunto del suo pensiero.E il problema deve essere affrontato senza alibi, recuperando l’etica della buona politica, combattendo mafie e illegalità che spesso inquinano l’azione dei partiti e degli amministratori locali. Afferma la Bonafè che le fondamenta del ragionamento affondano nella necessità di aggredire la disoccupazione: creare nel paese il lavoro che manca è la prima delle priorità. Dare un futuro ai giovani è condizione per la tenuta stessa della nazione. Sottolieando inoltre la stretta connessione tra crescita del Paese e sviluppo del Mezzogiorno; perchè l’Italia ha bisogno dello sviluppo del Sud. Molti economisti approvano il pensiero della deputata PD poichè non ci sarà crescita piena, neppure nelle Regioni più forti, senza la crescita del Meridione.
La Bonafè ritiene che spesso il Paese appare come divaricato, spezzato da insostenibile disuguaglianze sociali e stando così non aggancerà mai un ritmo sostenuto di sviluppo.Gli amministratori locali sono chiamati ad uno scatto di reni senza adagiarsi sull’ancestrale attesa di «interventi esterni» in stile Cassa del Mezzogiorno. Soprattutto, per la Bonafè, bisogna ripristinare la legalità nell’amministrazione pubblica: una piena dignità della cosa pubblica è la premessa per il risanamento delle piaghe e per la ripresa. Conferire dignità alla cosa pubblica, e alla politica, è oggi essenziale per mettere in moto uno sviluppo innovativo. Questo perché - e la Bonafè non lo ha nascosto - «la politica spesso non riesce a sottrarsi alla logica degli interessi particolari, quando si appiattisce su una mera e conservatrice riproduzione del consenso - toccando talvolta quella zona grigia che non distingue legalità da illegalità nell’illusione di preservare se stessa mentre la comunità circostante non riesce a trarre concreti benefici.Alcune parole poi sull'importanza di politiche chiare e trasparenti.
Esempi recenti di dimensione mondiale rammentano che i valori di onestà, trasparenza, lealtà e responsabilità sociale sono essenziali sempre, e ancora di più per fare impresa. Le imprese italiane hanno buon vento alle loro spalle e ora bisogna fare in modo che migliorino le condizioni - sul piano amministrativo, fiscale, ordinamentale - perché possano esprimersi in modo virtuoso. «Se non si tiene alta la reputazione e la credibilità - ha affermato ancora la deputata - si perde la fiducia dei consumatori e della collettività.
Intervenuta ad un convegno sul tema dell'economia nel Sud Italia la deputata PD Simona Bonafè esprime la sua opinione sui nuovi obiettivi di riforma economica ed amministrativa da parte del Governo Renzi.Ora il Governo deve aprire il capitolo Mezzogiorno. Questo è il sunto del suo pensiero.E il problema deve essere affrontato senza alibi, recuperando l’etica della buona politica, combattendo mafie e illegalità che spesso inquinano l’azione dei partiti e degli amministratori locali. Afferma la Bonafè che le fondamenta del ragionamento affondano nella necessità di aggredire la disoccupazione: creare nel paese il lavoro che manca è la prima delle priorità. Dare un futuro ai giovani è condizione per la tenuta stessa della nazione. Sottolieando inoltre la stretta connessione tra crescita del Paese e sviluppo del Mezzogiorno; perchè l’Italia ha bisogno dello sviluppo del Sud. Molti economisti approvano il pensiero della deputata PD poichè non ci sarà crescita piena, neppure nelle Regioni più forti, senza la crescita del Meridione.
La Bonafè ritiene che spesso il Paese appare come divaricato, spezzato da insostenibile disuguaglianze sociali e stando così non aggancerà mai un ritmo sostenuto di sviluppo.Gli amministratori locali sono chiamati ad uno scatto di reni senza adagiarsi sull’ancestrale attesa di «interventi esterni» in stile Cassa del Mezzogiorno. Soprattutto, per la Bonafè, bisogna ripristinare la legalità nell’amministrazione pubblica: una piena dignità della cosa pubblica è la premessa per il risanamento delle piaghe e per la ripresa. Conferire dignità alla cosa pubblica, e alla politica, è oggi essenziale per mettere in moto uno sviluppo innovativo. Questo perché - e la Bonafè non lo ha nascosto - «la politica spesso non riesce a sottrarsi alla logica degli interessi particolari, quando si appiattisce su una mera e conservatrice riproduzione del consenso - toccando talvolta quella zona grigia che non distingue legalità da illegalità nell’illusione di preservare se stessa mentre la comunità circostante non riesce a trarre concreti benefici.Alcune parole poi sull'importanza di politiche chiare e trasparenti.
Esempi recenti di dimensione mondiale rammentano che i valori di onestà, trasparenza, lealtà e responsabilità sociale sono essenziali sempre, e ancora di più per fare impresa. Le imprese italiane hanno buon vento alle loro spalle e ora bisogna fare in modo che migliorino le condizioni - sul piano amministrativo, fiscale, ordinamentale - perché possano esprimersi in modo virtuoso. «Se non si tiene alta la reputazione e la credibilità - ha affermato ancora la deputata - si perde la fiducia dei consumatori e della collettività.
Madia.La rivoluzione è appena cominciata.
di Anna De Vitis
Importanti passi per ammodernare la nostra PA.
E' stata una lunga notte quella che ha riguardato la riforma della PA scritta dal Ministro Madia.A mezzanotte il governo ha dato il via ai primi undici decreti attuativi della riforma della Pubblica amministrazione. I decreti attuativi, che passeranno ora al vaglio del Parlamento, prevedono interventi che vanno dal taglio delle partecipate, alla riforma dei porti all'accorpamento del corpo Forestale ai Carabinieri. Come la stessa Madia aveva ribadito, il piatto forte è la stretta sui licenziamenti per i furbetti del cartellino. Con norme più severe rispetto alle previsioni della vigilia. Oltre al licenziamento anche multe salate: sei mesi di stipendio in caso di danno d'immagine all'amministrazione. Il Cdm ha inoltre approvato la riforma delle classi di concorso, attesa dagli insegnanti.Ma se lanciamo uno sgurado alla riforma ci accorgiamo dellagrande rivoluzione imposta dalla Madia.
Il dipendente pubblico che viene colto in flagranza a falsificare la sua presenza in servizio, come chi striscia il badge e poi esce, verrà punito entro 48 ore con la sospensione dall'incarico e dalla retribuzione. Se l'illecito non verrà denunciato il dirigente rischia pesanti sanzioni, fino al licenziamento (oggi al massimo c'è la sospensione). Tornando ai 'furbetti' il decreto prevede un iter accelerato per l'espulsione: entro un mese il procedimento per il licenziamento dovrà chiudersi (ora può durare anche 120 giorni). Il lavoratore licenziato rischia anche di dover pagare i danni di immagine: in caso di condanna da parte della Corte dei conti, dovrà versare non meno di 6 mesi di stipendio. Arriva anche una disciplina completa sulla crisi d'impresa. Sui tagli c'è stato però un braccio di ferro tra governo e ministero dell'Economia. Il governo non potrà decidere da solo chi escludere e chi includere nelle nuove norme. Con una soluzione di compromesso, lo decideranno il Mef o l'organo di vertice della partecipata stessa. Gli esuberi finiranno in una lista unica da cui dovranno attingere le aziende che vogliono assumere. Le preoccupazioni dei sindacati però sono forti. Non solo, nelle società partecipate da enti locali potrebbe addirittura essere possibile la revoca. Regole più rigide anche per le nomine dei dirigenti delle Asl, con una riduzione del potere delle Regioni.
Quanto ai dipendenti delle partecipate, se la scure dovesse comportare esuberi è prevista la stampella della mobilità.All'ultimo nel decreto sulla forestale è stata inserita anche la razionalizzazione delle funzioni di tutte le forze di polizia, con l'assegnazione a ciascuna di aree di specializzazione. Anche dal punto di vista territoriale, c'è una divisione delle competenze: per cui la polizia vigilerà sulle grandi aree mentre ai carabinieri è affidato il resto del territorio. Un articolo è poi riservato al numero unico per le emergenze, il 112. Il pacchetto Madia include un decreto sul riordino delle autorità portuali (scenderanno da 24 a 15).Arriva il restyling della Conferenza dei servizi: le riunioni diventano telematiche, scatta il silenzio-assenso, massimo 60 giorni per le decisioni, ci sarà un rappresentante unico per ogni livello di governo. Contro la burocrazia c'è anche il regolamento che taglia i tempi delle procedure amministrative: 50% in meno per opere pubbliche, insediamenti produttivi e attività imprenditoriali rilevanti. Il dimezzamento diverse pratiche che oggi hanno termini fissati tra i 30 e i 180 Giorni.I siti istituzionali le amministrazioni, a seconda del loro core-business, dovranno pubblicare il tempo medio di attesa delle prestazioni sanitarie o i debiti accumulati. Ci sarà una semplificazione degli oneri burocratici, ad esempio il piano anticorruzione sarà più snello. Soprattutto sarà 'liberalizzato' il diritto di accesso agli archivi pubblici (il Freedom of information act), con il cittadino che avrà diritto a ricevere i dati richiesti senza obbligo di motivazione entro 30 giorni, altrimenti per l'amministrazione scattano le sanzioni dell'Anac.
E' stata una lunga notte quella che ha riguardato la riforma della PA scritta dal Ministro Madia.A mezzanotte il governo ha dato il via ai primi undici decreti attuativi della riforma della Pubblica amministrazione. I decreti attuativi, che passeranno ora al vaglio del Parlamento, prevedono interventi che vanno dal taglio delle partecipate, alla riforma dei porti all'accorpamento del corpo Forestale ai Carabinieri. Come la stessa Madia aveva ribadito, il piatto forte è la stretta sui licenziamenti per i furbetti del cartellino. Con norme più severe rispetto alle previsioni della vigilia. Oltre al licenziamento anche multe salate: sei mesi di stipendio in caso di danno d'immagine all'amministrazione. Il Cdm ha inoltre approvato la riforma delle classi di concorso, attesa dagli insegnanti.Ma se lanciamo uno sgurado alla riforma ci accorgiamo dellagrande rivoluzione imposta dalla Madia.
Il dipendente pubblico che viene colto in flagranza a falsificare la sua presenza in servizio, come chi striscia il badge e poi esce, verrà punito entro 48 ore con la sospensione dall'incarico e dalla retribuzione. Se l'illecito non verrà denunciato il dirigente rischia pesanti sanzioni, fino al licenziamento (oggi al massimo c'è la sospensione). Tornando ai 'furbetti' il decreto prevede un iter accelerato per l'espulsione: entro un mese il procedimento per il licenziamento dovrà chiudersi (ora può durare anche 120 giorni). Il lavoratore licenziato rischia anche di dover pagare i danni di immagine: in caso di condanna da parte della Corte dei conti, dovrà versare non meno di 6 mesi di stipendio. Arriva anche una disciplina completa sulla crisi d'impresa. Sui tagli c'è stato però un braccio di ferro tra governo e ministero dell'Economia. Il governo non potrà decidere da solo chi escludere e chi includere nelle nuove norme. Con una soluzione di compromesso, lo decideranno il Mef o l'organo di vertice della partecipata stessa. Gli esuberi finiranno in una lista unica da cui dovranno attingere le aziende che vogliono assumere. Le preoccupazioni dei sindacati però sono forti. Non solo, nelle società partecipate da enti locali potrebbe addirittura essere possibile la revoca. Regole più rigide anche per le nomine dei dirigenti delle Asl, con una riduzione del potere delle Regioni.
Quanto ai dipendenti delle partecipate, se la scure dovesse comportare esuberi è prevista la stampella della mobilità.All'ultimo nel decreto sulla forestale è stata inserita anche la razionalizzazione delle funzioni di tutte le forze di polizia, con l'assegnazione a ciascuna di aree di specializzazione. Anche dal punto di vista territoriale, c'è una divisione delle competenze: per cui la polizia vigilerà sulle grandi aree mentre ai carabinieri è affidato il resto del territorio. Un articolo è poi riservato al numero unico per le emergenze, il 112. Il pacchetto Madia include un decreto sul riordino delle autorità portuali (scenderanno da 24 a 15).Arriva il restyling della Conferenza dei servizi: le riunioni diventano telematiche, scatta il silenzio-assenso, massimo 60 giorni per le decisioni, ci sarà un rappresentante unico per ogni livello di governo. Contro la burocrazia c'è anche il regolamento che taglia i tempi delle procedure amministrative: 50% in meno per opere pubbliche, insediamenti produttivi e attività imprenditoriali rilevanti. Il dimezzamento diverse pratiche che oggi hanno termini fissati tra i 30 e i 180 Giorni.I siti istituzionali le amministrazioni, a seconda del loro core-business, dovranno pubblicare il tempo medio di attesa delle prestazioni sanitarie o i debiti accumulati. Ci sarà una semplificazione degli oneri burocratici, ad esempio il piano anticorruzione sarà più snello. Soprattutto sarà 'liberalizzato' il diritto di accesso agli archivi pubblici (il Freedom of information act), con il cittadino che avrà diritto a ricevere i dati richiesti senza obbligo di motivazione entro 30 giorni, altrimenti per l'amministrazione scattano le sanzioni dell'Anac.
Boldrini.L'UE non sia solo tecnocrazia.
di Anna De Vitis
Anche la Presidente della Camera critica le parole di Junger.
Dopo le parole del Premier Renzi affermate in questi giorni secondo cui l'Italia non deve farsi telecomandare dall'UE anche la Presidente della Camera, intervenuta in un convegno a Roma sulle politiche inerenti l'immigrazione non ammorbidisce i toni e ha deciso di intervenire anche ella molto duramente sullo scontro con il presidente della Commissione Ue. Jean-Claude Juncker nei giorni scorsi aveva attaccato personalmente il nostro paese accusando il Governo di offendere le istituzioni europee. La Boldrini sottolinea che in un momento in cui il mondo è attraversato da tensioni è inopportuno fare polemiche inutili.
Come lo stesso Renzi aveva sostenuto, l'Europa non può essere solo un pacchetto di regole, ma deve essere un grande ideale oppure perde la sua essenza stessa. E' il tentativo di fare questa parte del mondo un faro di civiltà e bellezza - ha proseguito la presidente della Camera dei Deputati, per poi contrattaccare su un tema già sollevato in passato.L'UE non nasce semplicemente come unione normativa e regolamentare ma deve essere cooperazione e collaborazione su tutti i campi,politici,economici e monetari.Le procedure di infrazione sono un grosso problema ma l'Italia si impegna e si impegnerà nell'intervenire tempestivamente.L'Europa deve essere identità, cultura e idealità. E' finito il tempo in cui qualcuno immaginava di imporre sempre e solo i propri interessi davanti a quelli comunitari.
La Boldrini è convinta che debbano poi essere rinvigoriti gli investimenti sulla cultura: così si salva l'Europa, non con i discorsi freddi sulle percentualidi PIL.L'Europa si salva mettendo in piedi il principio per cui non bisogna scontrarsi su ogni tema ma cercare ciò che ci accomuna, non certo ciò che ci differenzia gli uni dagli altri.
Dopo le parole del Premier Renzi affermate in questi giorni secondo cui l'Italia non deve farsi telecomandare dall'UE anche la Presidente della Camera, intervenuta in un convegno a Roma sulle politiche inerenti l'immigrazione non ammorbidisce i toni e ha deciso di intervenire anche ella molto duramente sullo scontro con il presidente della Commissione Ue. Jean-Claude Juncker nei giorni scorsi aveva attaccato personalmente il nostro paese accusando il Governo di offendere le istituzioni europee. La Boldrini sottolinea che in un momento in cui il mondo è attraversato da tensioni è inopportuno fare polemiche inutili.
Come lo stesso Renzi aveva sostenuto, l'Europa non può essere solo un pacchetto di regole, ma deve essere un grande ideale oppure perde la sua essenza stessa. E' il tentativo di fare questa parte del mondo un faro di civiltà e bellezza - ha proseguito la presidente della Camera dei Deputati, per poi contrattaccare su un tema già sollevato in passato.L'UE non nasce semplicemente come unione normativa e regolamentare ma deve essere cooperazione e collaborazione su tutti i campi,politici,economici e monetari.Le procedure di infrazione sono un grosso problema ma l'Italia si impegna e si impegnerà nell'intervenire tempestivamente.L'Europa deve essere identità, cultura e idealità. E' finito il tempo in cui qualcuno immaginava di imporre sempre e solo i propri interessi davanti a quelli comunitari.
La Boldrini è convinta che debbano poi essere rinvigoriti gli investimenti sulla cultura: così si salva l'Europa, non con i discorsi freddi sulle percentualidi PIL.L'Europa si salva mettendo in piedi il principio per cui non bisogna scontrarsi su ogni tema ma cercare ciò che ci accomuna, non certo ciò che ci differenzia gli uni dagli altri.
Boschi.Sarà un 2016 decisivo per l'Italia.
di Anna De Vitis
Parole e bilanci che chiudono un anno intenso e ricco di riforme.
La Boschi torna a farsi sentire.Dopo le tensioni legate allo scandalo Banca Etruria il ministro alza la voce e fa una sorta di bilancio di fine anno, in attesa della conferenza stampa prevista per martedì 29. La Boschi sottolineache: "Quest'anno abbiamo messo mano a tantissimi dossier che erano impantanati da anni. Questo non significa che abbiamo fatto tutto bene o che non c'è altro da fare. Ma la verità è che l'Italia non è più incagliata nelle secche, che la svolta in questo 2015 c'è stata".Si torna poi a parlare del ruolo del nostro Paese nel mondo. "C'è tanta fame di Italia nel mondo. Dovremo rendere sempre più semplice questo nostro bellissimo Paese. E vedrete che a quel punto non ce ne sarà per nessuno".Ma il 2016 sarà un anno importante sotto molti punti di vista. Sono infatti diversi i dossier-chiave ai quali il Parlamento, con la ripresa in gennaio, dovrà metter mano. Su tutti, spicca il ddl unioni civili sul quale, dopo settimane di scontri, Pd e Ap sono ben lontani dal trovare un punto di caduta, divisi da quella stepchild adoption che semina dubbi anche tra i Dem. Non a caso, il Pd ha istituito un gruppo di lavoro ad hoc, costituito da parlamentari di diverse sensibilità, per mettere nero su bianco alcuni emendamenti condivisi.
Il termine per la loro presentazione è il 22 gennaio: dopo 4 giorni comincerà la discussione nell'Aula del Senato, con l'ipotesi di un ok con una maggioranza inedita Pd-M5S-Sinistra Italiana.A Palazzo Madama, nel 2016, riemergerà poi la riforma dello ius soli 'temperato', approvata alla Camera il 13 ottobre. Legge che permetterà ai minori nati in Italia e figli di genitori stranieri di richiedere (con rigidi requisiti) la cittadinanza italiana ma sulla quale pende, oltre alla violenta protesta della Lega, un contesto internazionale segnato dall'allerta terrorismo. E sempre al Senato attende da mesi un ok il ddl per l'istituzione (attesa da 30 anni) del reato di tortura, approvato in aprile alla Camera ma sul quale la commissione Giustizia ha già inserito modifiche: il testo, quindi, è destinato ad un nuovo rimpallo con Montecitorio.Le distanze tra Pd e Ap pesano, invece, sul ddl sulla prescrizione (con il nodo del raddoppio dei tempi per i reati di corruzione) approvata in marzo alla Camera e in attesa di vedere la luce al Senato che, il 12 gennaio, riaprirà invece i battenti sulla riforma del codice degli appalti.
Il giorno prima, alla Camera, sarà quello del sì alle riforme costituzionali: il ddl Boschi tornerà quindi al Senato per i suoi passaggi finali prima del referendum, previsto per ottobre e sul quale Renzi ha in mente una campagna capillare. Se le opposizioni hanno limitato le critiche in questi giorni festivi, Italia Unica, il partito guidato da Corrado Passera, ha approfittato del Santo Stefano per riepilogare cinque errori che avrebbe fatto il governo Renzi, non riuscendo a sfruttare la congiuntura positiva. "Il 2015 - scrive Massimo Brambilla, responsabile economico del partito - è stato un anno di straordinarie condizioni esogene positive. Condizioni che il Governo Renzi non ha saputo sfruttare e che difficilmente si ripeteranno. E che il Paese rischia di rimpiangere a lungo".
La Boschi torna a farsi sentire.Dopo le tensioni legate allo scandalo Banca Etruria il ministro alza la voce e fa una sorta di bilancio di fine anno, in attesa della conferenza stampa prevista per martedì 29. La Boschi sottolineache: "Quest'anno abbiamo messo mano a tantissimi dossier che erano impantanati da anni. Questo non significa che abbiamo fatto tutto bene o che non c'è altro da fare. Ma la verità è che l'Italia non è più incagliata nelle secche, che la svolta in questo 2015 c'è stata".Si torna poi a parlare del ruolo del nostro Paese nel mondo. "C'è tanta fame di Italia nel mondo. Dovremo rendere sempre più semplice questo nostro bellissimo Paese. E vedrete che a quel punto non ce ne sarà per nessuno".Ma il 2016 sarà un anno importante sotto molti punti di vista. Sono infatti diversi i dossier-chiave ai quali il Parlamento, con la ripresa in gennaio, dovrà metter mano. Su tutti, spicca il ddl unioni civili sul quale, dopo settimane di scontri, Pd e Ap sono ben lontani dal trovare un punto di caduta, divisi da quella stepchild adoption che semina dubbi anche tra i Dem. Non a caso, il Pd ha istituito un gruppo di lavoro ad hoc, costituito da parlamentari di diverse sensibilità, per mettere nero su bianco alcuni emendamenti condivisi.
Il termine per la loro presentazione è il 22 gennaio: dopo 4 giorni comincerà la discussione nell'Aula del Senato, con l'ipotesi di un ok con una maggioranza inedita Pd-M5S-Sinistra Italiana.A Palazzo Madama, nel 2016, riemergerà poi la riforma dello ius soli 'temperato', approvata alla Camera il 13 ottobre. Legge che permetterà ai minori nati in Italia e figli di genitori stranieri di richiedere (con rigidi requisiti) la cittadinanza italiana ma sulla quale pende, oltre alla violenta protesta della Lega, un contesto internazionale segnato dall'allerta terrorismo. E sempre al Senato attende da mesi un ok il ddl per l'istituzione (attesa da 30 anni) del reato di tortura, approvato in aprile alla Camera ma sul quale la commissione Giustizia ha già inserito modifiche: il testo, quindi, è destinato ad un nuovo rimpallo con Montecitorio.Le distanze tra Pd e Ap pesano, invece, sul ddl sulla prescrizione (con il nodo del raddoppio dei tempi per i reati di corruzione) approvata in marzo alla Camera e in attesa di vedere la luce al Senato che, il 12 gennaio, riaprirà invece i battenti sulla riforma del codice degli appalti.
Il giorno prima, alla Camera, sarà quello del sì alle riforme costituzionali: il ddl Boschi tornerà quindi al Senato per i suoi passaggi finali prima del referendum, previsto per ottobre e sul quale Renzi ha in mente una campagna capillare. Se le opposizioni hanno limitato le critiche in questi giorni festivi, Italia Unica, il partito guidato da Corrado Passera, ha approfittato del Santo Stefano per riepilogare cinque errori che avrebbe fatto il governo Renzi, non riuscendo a sfruttare la congiuntura positiva. "Il 2015 - scrive Massimo Brambilla, responsabile economico del partito - è stato un anno di straordinarie condizioni esogene positive. Condizioni che il Governo Renzi non ha saputo sfruttare e che difficilmente si ripeteranno. E che il Paese rischia di rimpiangere a lungo".
Serracchiani.Il PD lotta per le unioni civili.
di Anna De Vitis
La deputata PD fa chiarezza su un tema scottante.
In questi giorni in casa PD si discute molto sul disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili che arriverà al Senato il 26 gennaio e, nonostante la paura diffusa, quasi la totalità del partito condivide il suo contenuto. Di questo sirallegra enormemente la vicesegretaria del PD Debora Serracchiani. Con i centristi del leader Ncd Angelino Alfano, aggiunge la parlamentare, non c'è grande distanza di vedute e quindi il voto non dovrebbe essere un rischio.Quanto alla prevista convergenza del M5S sul testo, è opinione comune che le grandi riforme vanno fatte con la più larga condivisione possibile in certi casi partecipano alcuni partiti e non altri. Dovrebbe essere un fatto normale.Il governo sulle unioni civili comunque non arretra.
Nessuno scrupolo su maggioranze trasversali, ciò che conta è arrivare al risultato. Bisogna dare una solida normativaal Paese lo ha fatto capire anche l`Europa. Alla recente conferenza di fine anno del PD Renzi ha detto chiaramente che l’adozione del figlio del partner è la linea del Governo. Chi è contrario farà voto di coscienza, sapendo di spostarsi dalla posizione ufficiale.Accodandosi anche alle parole di Monica Cirinnà, relatrice del ddl sulle unioni civili, la Serracchiani definisce “strumentale” l’uso dell’utero in affitto per fermare la legge sulle unioni civili.In Italia l’utero in affitto è vietato. Bisogna comunque ricordare a tutti che ci sarà sempre un magistrato del tribunale dei minori che deciderà sulla richiesta di una coppia di uomini o di donne di estendere la responsabilità di genitore sul proprio figlio al partner. Sulla possibilità che una coppia gay possa adottare un bambino nato fuori d’Italia da una mamma surrogata, il tema è molto più delicato ma la Serracchiani sottolinea che questo avviene regolarmente per le coppie sterili, che utilizzano la gestazione per altri all’estero.
Tirare fuori questo argomento per fermare le unioni civili è quanto meno strumentale e molto disonesto. Se qualche italiano vuole andare all’estero, rispettando la legge straniera, non deve essere condannato o discriminato quando torna in Italia.Quanto all’eventualità che i grillini possano sostituire i voti dei cattolici centristi o del Pd, niente di nuovo sotto il sole: c’è una maggioranza alternativa che esiste dal 26 marzo, quando otto parlamentari del Pd assieme a Sel e a M5S hanno votato l’assunzione del testo della Cirinnà. Del resto, tutte le leggi di riforma del diritto di famiglia in questo Paese si sono fatte con maggioranze ampie, anzi,dice la Serracchiani,è un fatto aggiuntivo che rafforza la riforma stessa.
In questi giorni in casa PD si discute molto sul disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili che arriverà al Senato il 26 gennaio e, nonostante la paura diffusa, quasi la totalità del partito condivide il suo contenuto. Di questo sirallegra enormemente la vicesegretaria del PD Debora Serracchiani. Con i centristi del leader Ncd Angelino Alfano, aggiunge la parlamentare, non c'è grande distanza di vedute e quindi il voto non dovrebbe essere un rischio.Quanto alla prevista convergenza del M5S sul testo, è opinione comune che le grandi riforme vanno fatte con la più larga condivisione possibile in certi casi partecipano alcuni partiti e non altri. Dovrebbe essere un fatto normale.Il governo sulle unioni civili comunque non arretra.
Nessuno scrupolo su maggioranze trasversali, ciò che conta è arrivare al risultato. Bisogna dare una solida normativaal Paese lo ha fatto capire anche l`Europa. Alla recente conferenza di fine anno del PD Renzi ha detto chiaramente che l’adozione del figlio del partner è la linea del Governo. Chi è contrario farà voto di coscienza, sapendo di spostarsi dalla posizione ufficiale.Accodandosi anche alle parole di Monica Cirinnà, relatrice del ddl sulle unioni civili, la Serracchiani definisce “strumentale” l’uso dell’utero in affitto per fermare la legge sulle unioni civili.In Italia l’utero in affitto è vietato. Bisogna comunque ricordare a tutti che ci sarà sempre un magistrato del tribunale dei minori che deciderà sulla richiesta di una coppia di uomini o di donne di estendere la responsabilità di genitore sul proprio figlio al partner. Sulla possibilità che una coppia gay possa adottare un bambino nato fuori d’Italia da una mamma surrogata, il tema è molto più delicato ma la Serracchiani sottolinea che questo avviene regolarmente per le coppie sterili, che utilizzano la gestazione per altri all’estero.
Tirare fuori questo argomento per fermare le unioni civili è quanto meno strumentale e molto disonesto. Se qualche italiano vuole andare all’estero, rispettando la legge straniera, non deve essere condannato o discriminato quando torna in Italia.Quanto all’eventualità che i grillini possano sostituire i voti dei cattolici centristi o del Pd, niente di nuovo sotto il sole: c’è una maggioranza alternativa che esiste dal 26 marzo, quando otto parlamentari del Pd assieme a Sel e a M5S hanno votato l’assunzione del testo della Cirinnà. Del resto, tutte le leggi di riforma del diritto di famiglia in questo Paese si sono fatte con maggioranze ampie, anzi,dice la Serracchiani,è un fatto aggiuntivo che rafforza la riforma stessa.
Ravetto.Uniti con la Lega si può vincere.
di Anna De Vitis
I nuovi orizzonti del centro-destra fanno ben sperare.
Laura Ravetto è fermamente convinta che il Centro-Destra riunito possa sconfiggere il Partito Democratico di Renzi alle prossime elezioni ed essere quindi la valida alternativa al renzismo galoppante.L'opinione solida è che l’alleanza ipotizzata Lega-FI possa dare una spinta in più al Centro-Destra contro il governo Renzi.Sicuramente questa è la dimostrazione per far vedere che il Centro-Destra è insieme, e insieme si batte la Sinistra, e insieme si batte Renzi. Come dei veri fratelli dice la Ravetto si desidera battere il Centro-Sinistra e aiutare il paese ad uscire da questa specie di presenza fantasma caratterizzata dal governo.Fermo no invece ad un' eventuale ipotesi di nuovo patto del Nazareno tra FI e PD soprattutto perché c’è stato un tradimento da parte di Renzi, non da parte di Berlusconi. Quando si tradisce non si potrà sicuramente tornare indietro. Sicuramente si starà insieme a Salvini e alla Meloni, e le ultime manifestazioni in piazza danno la dimostrazione che si è tutti qui proprio per dimostrarlo non solo al popolo di destra ma a tutta l’Italia.
Evviva la libertà!L' Esecutivo Renzi sta eccedendo nell'uso autoritario del regolamento parlamentare e ha letteralmente imposto tutte le sue volontà senza dare spazio a dialogo e democrazia che tanto decanta.Sulla riforma del Senato del governo Renzi la Ravetto si definisce davvero perplessa anche perché non decidono i cittadini: molto meglio l'idea di un Senato elettivo. Riduciamolo, ma devono essere i cittadini a eleggerlo, se no i cittadini pagano solo le tasse e non decidono niente.L'approvazione prossima della Legge di Stabilità è il nuovo passo da compiere.FI,Lega e Fratelli d'Italia presenteranno un insieme di emendamenti forti e di destra per cambiare questa brutta manovra basata su dati falsi e miranti solo a prendere in giro i cittadini.
La cosa che bella è che dal 2011 ad oggi per la prima volta il centro-destra si presenterà unito in sede parlamentare.Sul programma futuro presentato da Salvini di recente la Ravetto si dice contenta.Si tratta di una piattaforma politica comune che sintetizza in sei punti tutti i principi che ci accomunano e ci differenziano dal PD.Idee chiare e nette anche dal punto di vista economico e fiscale.L'idea di fondo è che per sviluppare un progetto comune sia necessario partire da temi concreti. Quindi avanti con una linea più risoluta anche su sicurezza e immigrazione.
Laura Ravetto è fermamente convinta che il Centro-Destra riunito possa sconfiggere il Partito Democratico di Renzi alle prossime elezioni ed essere quindi la valida alternativa al renzismo galoppante.L'opinione solida è che l’alleanza ipotizzata Lega-FI possa dare una spinta in più al Centro-Destra contro il governo Renzi.Sicuramente questa è la dimostrazione per far vedere che il Centro-Destra è insieme, e insieme si batte la Sinistra, e insieme si batte Renzi. Come dei veri fratelli dice la Ravetto si desidera battere il Centro-Sinistra e aiutare il paese ad uscire da questa specie di presenza fantasma caratterizzata dal governo.Fermo no invece ad un' eventuale ipotesi di nuovo patto del Nazareno tra FI e PD soprattutto perché c’è stato un tradimento da parte di Renzi, non da parte di Berlusconi. Quando si tradisce non si potrà sicuramente tornare indietro. Sicuramente si starà insieme a Salvini e alla Meloni, e le ultime manifestazioni in piazza danno la dimostrazione che si è tutti qui proprio per dimostrarlo non solo al popolo di destra ma a tutta l’Italia.
Evviva la libertà!L' Esecutivo Renzi sta eccedendo nell'uso autoritario del regolamento parlamentare e ha letteralmente imposto tutte le sue volontà senza dare spazio a dialogo e democrazia che tanto decanta.Sulla riforma del Senato del governo Renzi la Ravetto si definisce davvero perplessa anche perché non decidono i cittadini: molto meglio l'idea di un Senato elettivo. Riduciamolo, ma devono essere i cittadini a eleggerlo, se no i cittadini pagano solo le tasse e non decidono niente.L'approvazione prossima della Legge di Stabilità è il nuovo passo da compiere.FI,Lega e Fratelli d'Italia presenteranno un insieme di emendamenti forti e di destra per cambiare questa brutta manovra basata su dati falsi e miranti solo a prendere in giro i cittadini.
La cosa che bella è che dal 2011 ad oggi per la prima volta il centro-destra si presenterà unito in sede parlamentare.Sul programma futuro presentato da Salvini di recente la Ravetto si dice contenta.Si tratta di una piattaforma politica comune che sintetizza in sei punti tutti i principi che ci accomunano e ci differenziano dal PD.Idee chiare e nette anche dal punto di vista economico e fiscale.L'idea di fondo è che per sviluppare un progetto comune sia necessario partire da temi concreti. Quindi avanti con una linea più risoluta anche su sicurezza e immigrazione.
Meloni.L'anima di una destra nuova.
di Anna De Vitis
La politica di destra verso una nuova era.
Alla fine dopo un lungo tira e molla la destra italiana sembra aver trovato pace e Fratelli d'Italia guidato dalla tenace Giorgia Meloni riceve l'eredità di An nonostante i pareri non prettamente favorevoli di Alemanno e dello stesso Fini.Una cosa però è evidente.La destra italiana risulta ancora molto frammentata e non è certo un bene, afferma la stessa Meloni, le stesse mozioni presentate all'ultima assemblea della Fondazione An ne sono un chiaro esempio.La Meloni si dice orgogliosa di essere riuscita a conquistare lo storico simbolo di An, che i quarantenni guidati da Alemanno volevano invece 'restituire' alla Fondazione.
Era invece già stato blindato in mattinata con gli ex colonelli Maurizio Gasparri, Ignazio La Russa e Altero Matteoli in prima fila il patrimonio della Fondazione: 180 milioni in immobili e 60 milioni in conti correnti che più di un esponente dei quarantenni avrebbe voluto utilizzare, sia pure in piccola parte, per la promozione della nuova associazione che avrebbe fatto da 'cappello' alla destra unita. Ma alla fine anche i 'quarantenni' hanno fatto dietrofront, prevedendo che qualsiasi iniziativa fosse fatta "a spese degli iscritti.Ma è il dato politico che forse rattrista in parte la Meloni. La destra esce ancora divisa, lasciando immutate le distanze tra il gruppo dei quarantenni (e i tanti finiani presenti).La politica romana sbotta sottolineando che i vari Fini e Alemanno portano spinte divisorie che danneggiano la destra e non aiutano ad alimentare il bacino di voti.
Se molti mirano ad una Nuova Alleanza Nazionale il tema si fa delicato e la Meloni ci tiene a rimarcare che FDI non arretrerà di un passo e difenderà le sue idee e i suoi programmi senza subire un'ennesima rivoluzione,pericolosa e complicata da capire per gli stessi elettori. La Meloni infine si dice fiera che il suo nome venga accostato alla corsa per la poltrona a nuovo sindaco di Roma per il dopo Marino.Lei viene vista come la destra moderna,aperta al dialogo e non estremizzata ed è quindi proprio questo che può spingere la sua figura verso una carica politica così importante.Il peso della Meloni cresce e il suo partito può davvero rappresentare la faccia nuova della destra in Italia.
Alla fine dopo un lungo tira e molla la destra italiana sembra aver trovato pace e Fratelli d'Italia guidato dalla tenace Giorgia Meloni riceve l'eredità di An nonostante i pareri non prettamente favorevoli di Alemanno e dello stesso Fini.Una cosa però è evidente.La destra italiana risulta ancora molto frammentata e non è certo un bene, afferma la stessa Meloni, le stesse mozioni presentate all'ultima assemblea della Fondazione An ne sono un chiaro esempio.La Meloni si dice orgogliosa di essere riuscita a conquistare lo storico simbolo di An, che i quarantenni guidati da Alemanno volevano invece 'restituire' alla Fondazione.
Era invece già stato blindato in mattinata con gli ex colonelli Maurizio Gasparri, Ignazio La Russa e Altero Matteoli in prima fila il patrimonio della Fondazione: 180 milioni in immobili e 60 milioni in conti correnti che più di un esponente dei quarantenni avrebbe voluto utilizzare, sia pure in piccola parte, per la promozione della nuova associazione che avrebbe fatto da 'cappello' alla destra unita. Ma alla fine anche i 'quarantenni' hanno fatto dietrofront, prevedendo che qualsiasi iniziativa fosse fatta "a spese degli iscritti.Ma è il dato politico che forse rattrista in parte la Meloni. La destra esce ancora divisa, lasciando immutate le distanze tra il gruppo dei quarantenni (e i tanti finiani presenti).La politica romana sbotta sottolineando che i vari Fini e Alemanno portano spinte divisorie che danneggiano la destra e non aiutano ad alimentare il bacino di voti.
Se molti mirano ad una Nuova Alleanza Nazionale il tema si fa delicato e la Meloni ci tiene a rimarcare che FDI non arretrerà di un passo e difenderà le sue idee e i suoi programmi senza subire un'ennesima rivoluzione,pericolosa e complicata da capire per gli stessi elettori. La Meloni infine si dice fiera che il suo nome venga accostato alla corsa per la poltrona a nuovo sindaco di Roma per il dopo Marino.Lei viene vista come la destra moderna,aperta al dialogo e non estremizzata ed è quindi proprio questo che può spingere la sua figura verso una carica politica così importante.Il peso della Meloni cresce e il suo partito può davvero rappresentare la faccia nuova della destra in Italia.
Carfagna.La riforma dei Comuni delude.
di Anna De Vitis
Una riforma che non cambia nulla nel panorama italiano.
Mara Carfagna è da sempre molto impegnata nella politica locale e sul territorio,ha da sempre avuto un notevole peso nella sua zona campana dove il bacino delle sue preferenze è sempre stato di spessore.Il ddl Del Rio che affronta il tema della riforma degli enti locali è quindi un testo di basilare importanza e la Carfagna esprime le sue opinioni su un tema delicatissimo. Un degli aspetti particolari del ddl è il cosiddetto obbligo per tutti i Comuni di associarsi nelle convenzioni. Non ne ha fatto mai mistero la politica campana del suo essere favorevole alla fusione dei comuni più piccoli. In questa riforma,però, in molte regioni cambia davvero poco. La Carfagna sottolinea che la riforma era partita bene,con un bel vento di cambiamento ma come accade a molte delle riforme del Governo Renzi, alla fine il coraggio è mancato e sicuramente si poteva andare a incidere maggiormente sugli enti locali,come al solito in politica bisogna trovare delle mediazioni.
Piuttosto che non fare nulla.Forse si ha l’impressione che in questa riforma venga data più importanza alla funzione del sindaco e meno alla giunta e al consiglio comunale,è sicuramente un errore grosso.Si rischia di depauperare il ruolo stesso dell' Ente Locale sintetizzando troppo la mediazione istituzionale.Tornado sull'obbligo della fusione tra Comuni, è necessario che il Comune come ente diventi più forte e quindi per diventarlo deve essere più grande. Si doveva quindi creare un rapporto più sano in modo da avere un controllo diretto del Consiglio Comunale. Invece, delegando ad altri enti, si perde un po’ il controllo della situazione.Un tema complicatissimo è poi senza dubbio la ripartizione dei soldi, perché quando si parlerà di come distribuire le risorse economiche, gli scontri saranno più accesi.
Comunque alla fine la Carfagna afferma che ogni riforma non peggiorativa è da ritenere positiva; non c’erano punti chiari sulle linee , quindi spesso prima molti sindaci restavano fermi in attesa di capire, quale sarebbe stata la riforma approvata dal Consiglio Regionale. D’altronde fino a qualche mese fa in aula c'erano due testi di legge che avevano impostazioni differenti.Alla fine è passato quello meno coraggioso ma con lo scopo di accellerare l'iter decisionale nell'Ente dando poteri maggiori al sindaco.Questo forse l'unico aspetto da tenere davvero in considerazione.
Mara Carfagna è da sempre molto impegnata nella politica locale e sul territorio,ha da sempre avuto un notevole peso nella sua zona campana dove il bacino delle sue preferenze è sempre stato di spessore.Il ddl Del Rio che affronta il tema della riforma degli enti locali è quindi un testo di basilare importanza e la Carfagna esprime le sue opinioni su un tema delicatissimo. Un degli aspetti particolari del ddl è il cosiddetto obbligo per tutti i Comuni di associarsi nelle convenzioni. Non ne ha fatto mai mistero la politica campana del suo essere favorevole alla fusione dei comuni più piccoli. In questa riforma,però, in molte regioni cambia davvero poco. La Carfagna sottolinea che la riforma era partita bene,con un bel vento di cambiamento ma come accade a molte delle riforme del Governo Renzi, alla fine il coraggio è mancato e sicuramente si poteva andare a incidere maggiormente sugli enti locali,come al solito in politica bisogna trovare delle mediazioni.
Piuttosto che non fare nulla.Forse si ha l’impressione che in questa riforma venga data più importanza alla funzione del sindaco e meno alla giunta e al consiglio comunale,è sicuramente un errore grosso.Si rischia di depauperare il ruolo stesso dell' Ente Locale sintetizzando troppo la mediazione istituzionale.Tornado sull'obbligo della fusione tra Comuni, è necessario che il Comune come ente diventi più forte e quindi per diventarlo deve essere più grande. Si doveva quindi creare un rapporto più sano in modo da avere un controllo diretto del Consiglio Comunale. Invece, delegando ad altri enti, si perde un po’ il controllo della situazione.Un tema complicatissimo è poi senza dubbio la ripartizione dei soldi, perché quando si parlerà di come distribuire le risorse economiche, gli scontri saranno più accesi.
Comunque alla fine la Carfagna afferma che ogni riforma non peggiorativa è da ritenere positiva; non c’erano punti chiari sulle linee , quindi spesso prima molti sindaci restavano fermi in attesa di capire, quale sarebbe stata la riforma approvata dal Consiglio Regionale. D’altronde fino a qualche mese fa in aula c'erano due testi di legge che avevano impostazioni differenti.Alla fine è passato quello meno coraggioso ma con lo scopo di accellerare l'iter decisionale nell'Ente dando poteri maggiori al sindaco.Questo forse l'unico aspetto da tenere davvero in considerazione.
Serracchiani.Siamo la nuova generazione.
di Anna De Vitis
La vice-segretaria PD applaude le riforme del Governo.
Debora Serracchiani ad un recente convegno PD tenutosi a Verona tira le somme dell'esperienza governativa e mette l'accento sull'attuale piano di riforme del governo Renzi,dispensando applausi e complimenti all'Esecutivo nel suo insieme.La Serracchiani sottolinea che con Renzi è stato un anno e mezzo fertile di grandi cambiamenti importanti dopo anni in cui il Paese sembrava impantanato. Finalmente la politica italiana è cambiata con una nuovo generazione che si è posta la sfida di cambiare il Paese che per anni è stato fermo.Sono parole dette con orgoglio da parte della politica PD che applaude il lavoro sulle riforme fatte in tutti i settori della vita pubblica italiana.
Le riforme sono necessarie per arrivare alla stabilità politica,ha aggiunto la Serracchiani, stabilità che è il presupposto per fare le altre riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno per farlo crescere nella credibilità all'estero e poter attrarre investimenti.Solo in tal modo la politica diventa utile alla Nazione. Ed ecco perché è stata cambiata la legge elettorale, dopo dieci anni di discussioni che non avevano portato alcun risultato. Con la nuova legge elettorale si riuscirà ad avere un governo per cinque anni che potrà decidere così come avviene nella maggior parte dei paesi europei. Nella nostra riforma con il 40% di voti si avrà il 55% dei seggi consentendo così la stabilità e decisioni in tempi rapida, ha concluso la politica friulana.
Ottimo quanto fatto finora ma c’è ancora del lavoro da fare. Questa la sintesi del pensiero della presidente della Regione su quanto finora fatto dal governo Renzi.Infine un invito a sostenere nelle aule la prossima riforma tributaria mirante alla lotta all’evasione fiscale.Sulla lotta alla corruzione il governo lavora da mesi anche e innanzitutto su un'operazione di tipo culturale. Richiederà del tempo, ma richiederà anche regole semplici e chiare da poter applicare. Intanto, quest'anno c'è stato un picco delle entrate di recupero dell'evasione molto importante sintomo che il nuovo sistema di repressione funziona alla grande.Non resta che migliorare l'intero impianto dei tributi nazionali.
Debora Serracchiani ad un recente convegno PD tenutosi a Verona tira le somme dell'esperienza governativa e mette l'accento sull'attuale piano di riforme del governo Renzi,dispensando applausi e complimenti all'Esecutivo nel suo insieme.La Serracchiani sottolinea che con Renzi è stato un anno e mezzo fertile di grandi cambiamenti importanti dopo anni in cui il Paese sembrava impantanato. Finalmente la politica italiana è cambiata con una nuovo generazione che si è posta la sfida di cambiare il Paese che per anni è stato fermo.Sono parole dette con orgoglio da parte della politica PD che applaude il lavoro sulle riforme fatte in tutti i settori della vita pubblica italiana.
Le riforme sono necessarie per arrivare alla stabilità politica,ha aggiunto la Serracchiani, stabilità che è il presupposto per fare le altre riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno per farlo crescere nella credibilità all'estero e poter attrarre investimenti.Solo in tal modo la politica diventa utile alla Nazione. Ed ecco perché è stata cambiata la legge elettorale, dopo dieci anni di discussioni che non avevano portato alcun risultato. Con la nuova legge elettorale si riuscirà ad avere un governo per cinque anni che potrà decidere così come avviene nella maggior parte dei paesi europei. Nella nostra riforma con il 40% di voti si avrà il 55% dei seggi consentendo così la stabilità e decisioni in tempi rapida, ha concluso la politica friulana.
Ottimo quanto fatto finora ma c’è ancora del lavoro da fare. Questa la sintesi del pensiero della presidente della Regione su quanto finora fatto dal governo Renzi.Infine un invito a sostenere nelle aule la prossima riforma tributaria mirante alla lotta all’evasione fiscale.Sulla lotta alla corruzione il governo lavora da mesi anche e innanzitutto su un'operazione di tipo culturale. Richiederà del tempo, ma richiederà anche regole semplici e chiare da poter applicare. Intanto, quest'anno c'è stato un picco delle entrate di recupero dell'evasione molto importante sintomo che il nuovo sistema di repressione funziona alla grande.Non resta che migliorare l'intero impianto dei tributi nazionali.
Bonafè.Ora il PD ha un orizzonte politico.
di Anna De Vitis
Finalmente il PD svolge un ruolo politico decisivo
Simona Bonafè esponente giovane e ben seguito del PD renziano espone le sue idee sull'attuale situazione politica parlamentare.Nessuno in estate ad esempio scommetteva sull'approvazione in tempi così rapidi delle riforme del Governo.Invece temi delicati come lavoro,scuola e Costituzione sono stati affrontati in modo concreto e pochi sono stati i momenti di vera difficoltà.La Bonafè sottolineache oggi il PD ha dato un orizzonte stabile al paese e il Governo ha avuto senza fallo il merito di tracciare una linea col passato e indicare la rotta politica giusta da seguire.Solo così si spiegano i successi parlamentari,ultima la riforma della Carta Costituzionale. L'unico dubbio resta il referundum di approvazione della riforma ma la Bonafè,come gran parte dei ministri dell'esecutivo, si dicono fiduciosi sulla scelta degli italiani.
Gli italiani sapranno scegliere tra un sistema più semplice e la posizione di chi è ancorato al passato,dice la giovane PD. E a Pier Luigi Bersani che lamenta il mancato riconoscimento dei meriti della minoranza, la Bonafè risponde che le polemiche interne, almeno in questo momento, vanno evitate,tutto il Pd ha fatto un grande lavoro e dev'esserne orgoglioso.I vari dinosauri PD da sempre contrari alla politica renziana vengono aspramente giudicati.Hanno perso una gigantesca occasione. L'occasione di dare un contributo alla riforma che l'Italia aspetta da 30 anni, che da tutti è stata scritta insieme, e che essi stessi avevano già votato in precedenza. Il PD ha deciso di andare avanti nell'interesse del Paese, non si poteva aspettare Berlusconi e le sue scelte di appoggio, perchè un conto è la condivisione un conto è il ricatto politico.La Bonafè chiarisce che col referundum costituzionale i cittadini potranno scegliere un nuovo assetto che garantisce un Paese più semplice, con meno poteri alle regioni, la cancellazione del Cnel e delle province, un processo legislativo con tempi certi, zero rimborsi ai gruppi regionali.
L'alternativa è rimanere ancorati al passato che avrà come portavoce Lega, 5stelle e Forza Italia compatti contro lo scatto avanti del Paese. Infine uno duro stop alle polemiche interne del dopo Marino.Bisogna volere il bene delle Istituzioni e non ridurle a gossip o stanze di spreco e raggiri.L'idea è sempre quella di arrivare alla fine uniti, insieme. Un applauso infine la Bonafè lo fa per la coalizione di governo, per Ncd e per le autonomie e per quelli che hanno fatto una scelta di coerenza rispetto al voto di un anno fa.Il Paese andava cambiato e il PD sta facendo la sua parte passo dopo passo,gli italiani approveranno alla fine col referendum e decideranno se certificare o meno il merito dell'Esecutivo Renzi.
Simona Bonafè esponente giovane e ben seguito del PD renziano espone le sue idee sull'attuale situazione politica parlamentare.Nessuno in estate ad esempio scommetteva sull'approvazione in tempi così rapidi delle riforme del Governo.Invece temi delicati come lavoro,scuola e Costituzione sono stati affrontati in modo concreto e pochi sono stati i momenti di vera difficoltà.La Bonafè sottolineache oggi il PD ha dato un orizzonte stabile al paese e il Governo ha avuto senza fallo il merito di tracciare una linea col passato e indicare la rotta politica giusta da seguire.Solo così si spiegano i successi parlamentari,ultima la riforma della Carta Costituzionale. L'unico dubbio resta il referundum di approvazione della riforma ma la Bonafè,come gran parte dei ministri dell'esecutivo, si dicono fiduciosi sulla scelta degli italiani.
Gli italiani sapranno scegliere tra un sistema più semplice e la posizione di chi è ancorato al passato,dice la giovane PD. E a Pier Luigi Bersani che lamenta il mancato riconoscimento dei meriti della minoranza, la Bonafè risponde che le polemiche interne, almeno in questo momento, vanno evitate,tutto il Pd ha fatto un grande lavoro e dev'esserne orgoglioso.I vari dinosauri PD da sempre contrari alla politica renziana vengono aspramente giudicati.Hanno perso una gigantesca occasione. L'occasione di dare un contributo alla riforma che l'Italia aspetta da 30 anni, che da tutti è stata scritta insieme, e che essi stessi avevano già votato in precedenza. Il PD ha deciso di andare avanti nell'interesse del Paese, non si poteva aspettare Berlusconi e le sue scelte di appoggio, perchè un conto è la condivisione un conto è il ricatto politico.La Bonafè chiarisce che col referundum costituzionale i cittadini potranno scegliere un nuovo assetto che garantisce un Paese più semplice, con meno poteri alle regioni, la cancellazione del Cnel e delle province, un processo legislativo con tempi certi, zero rimborsi ai gruppi regionali.
L'alternativa è rimanere ancorati al passato che avrà come portavoce Lega, 5stelle e Forza Italia compatti contro lo scatto avanti del Paese. Infine uno duro stop alle polemiche interne del dopo Marino.Bisogna volere il bene delle Istituzioni e non ridurle a gossip o stanze di spreco e raggiri.L'idea è sempre quella di arrivare alla fine uniti, insieme. Un applauso infine la Bonafè lo fa per la coalizione di governo, per Ncd e per le autonomie e per quelli che hanno fatto una scelta di coerenza rispetto al voto di un anno fa.Il Paese andava cambiato e il PD sta facendo la sua parte passo dopo passo,gli italiani approveranno alla fine col referendum e decideranno se certificare o meno il merito dell'Esecutivo Renzi.
Pinotti.Ecco le nuove strategie italiane.
di Anna De Vitis
Isis e immigrazione sono le principali tematiche da affrontare.
La Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha ieri espresso il suo punto di vista su alcuni aspetti principali della politica estera italiana,in particolare nei confronti di quello che lei definisce il maggiore cancro mondiale,ovvero il Califfato dell'Isis. La lotta all'Isis deve diventare la vera priorità del mondo, e l'Italia fornirà il suo contributo, senza tentennamenti nè tentativi di mettersi da parte. A chi le contestava il fatto che il nostro Paese fino ad ora è stato molto debole nella lotta contro l'autoproclamato Califfato Islamico, Pinotti ha replicato che il Governo non è stato timido, anzi il contingente d'Europa più numeroso nella lotta all'Isis è quello italiano e ora verrà anche aumentato nelle unità. La Pinotti inoltre ha anticipato che a ottobre, quando sarà in Italia il segretario Usa alla Difesa, l'Italia esprimerà le proprie preoccupazioni per come sta funzionando la coalizione anti Isis, anche se il Ministro ha escluso che al momento ci siano forze speciali italiane che operano sul campo in Iraq.
Il Ministro della Difesa poi ha confermato i numeri dei cosiddetti foreign fighters italiani, cioè le persone nate e cresciute nel nostro paese o con nazionalità italiana che hanno deciso di combattere con l'Isis. Sono ben 83 i foreign fighters italiani ha dichiarato infatti la Pinotti attestando i dati già diffusi dal Viminale in proposito. È una cosa davvero terribile ed è difficile anche capire il perché lo facciano.
Sull'emergenza migranti invece c'è stata una dura critica del Ministro contro gli alleati europei, colpevoli di non assumersi le dovute responsabilità e di scaricare il problema sui paesi che vengono in prima persona invasi dai migranti in cerca di fortuna.Mobilitarsi solo in caso di tragedie del mare è deleterio,ha sottolineato la Pinotti.Serve una politica seria e decisa,altrimenti l'immigrazione sarà sempre trattata in modo emergenziale e non come un normale fenomeno umano dal quale trarre anche gli aspetti positivi.
La Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha ieri espresso il suo punto di vista su alcuni aspetti principali della politica estera italiana,in particolare nei confronti di quello che lei definisce il maggiore cancro mondiale,ovvero il Califfato dell'Isis. La lotta all'Isis deve diventare la vera priorità del mondo, e l'Italia fornirà il suo contributo, senza tentennamenti nè tentativi di mettersi da parte. A chi le contestava il fatto che il nostro Paese fino ad ora è stato molto debole nella lotta contro l'autoproclamato Califfato Islamico, Pinotti ha replicato che il Governo non è stato timido, anzi il contingente d'Europa più numeroso nella lotta all'Isis è quello italiano e ora verrà anche aumentato nelle unità. La Pinotti inoltre ha anticipato che a ottobre, quando sarà in Italia il segretario Usa alla Difesa, l'Italia esprimerà le proprie preoccupazioni per come sta funzionando la coalizione anti Isis, anche se il Ministro ha escluso che al momento ci siano forze speciali italiane che operano sul campo in Iraq.
Il Ministro della Difesa poi ha confermato i numeri dei cosiddetti foreign fighters italiani, cioè le persone nate e cresciute nel nostro paese o con nazionalità italiana che hanno deciso di combattere con l'Isis. Sono ben 83 i foreign fighters italiani ha dichiarato infatti la Pinotti attestando i dati già diffusi dal Viminale in proposito. È una cosa davvero terribile ed è difficile anche capire il perché lo facciano.
Sull'emergenza migranti invece c'è stata una dura critica del Ministro contro gli alleati europei, colpevoli di non assumersi le dovute responsabilità e di scaricare il problema sui paesi che vengono in prima persona invasi dai migranti in cerca di fortuna.Mobilitarsi solo in caso di tragedie del mare è deleterio,ha sottolineato la Pinotti.Serve una politica seria e decisa,altrimenti l'immigrazione sarà sempre trattata in modo emergenziale e non come un normale fenomeno umano dal quale trarre anche gli aspetti positivi.
Boschi.Cambieremo nel profondo il Paese.
di Anna De Vitis
Partono le grandi opere per riaccendere il Paese.
Recentemente il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha detto la sua sul momento politico e sugli obiettivi prossimi venturi dell'esecutivo Renzi.Il piano del premier è quello di tagliare le tasse sfruttando anche la crescita legata al rilancio delle infrastrutture. La Boschi è insomma certa che tale traguardo si può conseguire in tempi rapidi, in particolare riuscire fin dai prossimi mesi ad avere meno tasse sulla casa e più gettito fiscale. Solo così il Paese può ripartire e si può creare nuova occupazione.Una delle strade che il Governo seguirà sarà la riapertura di molti cantieri il che significa proprio aumentare il gettito fiscale, dare nuove risorse per consentire l’abbassamento delle tasse. Fare manutenzione del territorio, far ripartire grandi e piccole opere consente quindi di diminuire le tasse. Inoltre porti, strade, autostrade consentono di connettere il sistema, di far muovere merci e passeggeri facendo crescere il Pil.
La Boschi afferma che la mancata modernizzazione del nostro sistema logistico ci è costata cinquanta miliardi di euro ed uno stallo economico che ha bloccato il paese intero. L'intenzione è spendere tutti i 20 miliardi destinati alle infrastrutture per costruire nuove scuole, frenare il dissesto idrogeologico, realizzare le opere strategiche. Il ministro vuole concentrarsi su pochi e precisi obiettivi, ma soprattutto cercare di abbattere i tempi lunghissimi per la realizzazione delle opere pubbliche.Esistono infatti dei meccanismi regolatori barocchi che vanno superati.Ma oltre alle difficoltà normative, ci sono anche ostacoli di tipo esecutivo.Le pubbliche amministrazioni – spiega il ministro – sono spesso ostaggio di vari vincoli, ad esempio gli infiniti ricorsi al Tar che fanno allungare i tempi.
Riguardo alla riforma istituzionale, la Boschi mostra entusiasmo ma afferma che bisogna evitare di creare un ibrido con un Senato che resta in mezzo al guado, che non è nè Camera delle garanzie né delle autonomie.Infine un altro cambiamento che il paese deve raggiungere riguarda le unioni civili: su tale tema la Boschi sottolinea che è arrivato il momento di inserire il turbo e di garantire i diritti di tutti.L'argomento spinoso è poi quello della modifica dello statuto del Pd, sul quale l’esponente DEM ribadisce la volontà di rispettare i diritti e i doveri della maggioranza. La Ministro ritiene che le opinioni di tutti vadano accetate non solo quando sono affini alle proprie ma sempre e comunque,le riunioni di partito devono essere confronto e dibattito non solo un modo per contare i propri voti e certificare alleanze e doppi giochi.
Recentemente il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha detto la sua sul momento politico e sugli obiettivi prossimi venturi dell'esecutivo Renzi.Il piano del premier è quello di tagliare le tasse sfruttando anche la crescita legata al rilancio delle infrastrutture. La Boschi è insomma certa che tale traguardo si può conseguire in tempi rapidi, in particolare riuscire fin dai prossimi mesi ad avere meno tasse sulla casa e più gettito fiscale. Solo così il Paese può ripartire e si può creare nuova occupazione.Una delle strade che il Governo seguirà sarà la riapertura di molti cantieri il che significa proprio aumentare il gettito fiscale, dare nuove risorse per consentire l’abbassamento delle tasse. Fare manutenzione del territorio, far ripartire grandi e piccole opere consente quindi di diminuire le tasse. Inoltre porti, strade, autostrade consentono di connettere il sistema, di far muovere merci e passeggeri facendo crescere il Pil.
La Boschi afferma che la mancata modernizzazione del nostro sistema logistico ci è costata cinquanta miliardi di euro ed uno stallo economico che ha bloccato il paese intero. L'intenzione è spendere tutti i 20 miliardi destinati alle infrastrutture per costruire nuove scuole, frenare il dissesto idrogeologico, realizzare le opere strategiche. Il ministro vuole concentrarsi su pochi e precisi obiettivi, ma soprattutto cercare di abbattere i tempi lunghissimi per la realizzazione delle opere pubbliche.Esistono infatti dei meccanismi regolatori barocchi che vanno superati.Ma oltre alle difficoltà normative, ci sono anche ostacoli di tipo esecutivo.Le pubbliche amministrazioni – spiega il ministro – sono spesso ostaggio di vari vincoli, ad esempio gli infiniti ricorsi al Tar che fanno allungare i tempi.
Riguardo alla riforma istituzionale, la Boschi mostra entusiasmo ma afferma che bisogna evitare di creare un ibrido con un Senato che resta in mezzo al guado, che non è nè Camera delle garanzie né delle autonomie.Infine un altro cambiamento che il paese deve raggiungere riguarda le unioni civili: su tale tema la Boschi sottolinea che è arrivato il momento di inserire il turbo e di garantire i diritti di tutti.L'argomento spinoso è poi quello della modifica dello statuto del Pd, sul quale l’esponente DEM ribadisce la volontà di rispettare i diritti e i doveri della maggioranza. La Ministro ritiene che le opinioni di tutti vadano accetate non solo quando sono affini alle proprie ma sempre e comunque,le riunioni di partito devono essere confronto e dibattito non solo un modo per contare i propri voti e certificare alleanze e doppi giochi.
Comi.Grande vuoto politico in Europa.
di Anna De Vitis
La giovane forzista critica l'atteggiamento europeo.
L'euro deputata a Bruxelles nelle file di Forza Italia Lara Comi è intervenuta di recente sulle questione politiche europee ed ha espresso la sua critica opinione sull'operato delle istituzioni.La Commissione guidata da Juncker è in perenne stallo, una situazione di paralisi, e mancanza di visione e di tatticismo.Ad esempio sul caos greco,non sono arrivate decisioni forti ma la commissione di è limitata ad affermare di essere in attesa di proposte.Il vuoto politico di questa gestione europea è sempre più evidente.Da un lato, la furbizia di Tsipras, che vuole continuare su una linea economica insostenibile; dall'altra, il fantasma di un'Europa senz'anima. La triste realtà è che nè Tsipras nè la Merkel hanno ricette convincenti.
La sinistra europea ha in mente la solita soluzione assistenzialista e statalista di sinistra; la Merkel, la grande sconfitta del referendum di domenica, non ha compreso che, a questo punto, i popoli europei usano e useranno qualunque occasione per dire no alla linea Berlino-Bruxelles. A questo punto, occorrono nervi saldi per decidere cosa fare. La paura maggiore è che i burocrati europei non sapranno immaginare altro se non il proseguirsi della politica del rigore, con altri prestiti, altre tasse, altro debito: nient'altro se non bombole di ossigeno a tempo, ma i problemi tra qualche mese si ripresenteranno ancora più gravi.
Quindi, o c'è un buon accordo, un serio accordo,afferma la Comi, oppure il futuro è rischioso con un intero continente appeso e sospeso, con i mercati in subbuglio, e la ripresa delle speculazioni.Dopo la Grecia, c'è la Spagna e fra qualche anno anche la Francia ad essere a rischio. Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole, un’altra è pensare di essere al di sopra delle norme e dei trattati.
L'euro deputata a Bruxelles nelle file di Forza Italia Lara Comi è intervenuta di recente sulle questione politiche europee ed ha espresso la sua critica opinione sull'operato delle istituzioni.La Commissione guidata da Juncker è in perenne stallo, una situazione di paralisi, e mancanza di visione e di tatticismo.Ad esempio sul caos greco,non sono arrivate decisioni forti ma la commissione di è limitata ad affermare di essere in attesa di proposte.Il vuoto politico di questa gestione europea è sempre più evidente.Da un lato, la furbizia di Tsipras, che vuole continuare su una linea economica insostenibile; dall'altra, il fantasma di un'Europa senz'anima. La triste realtà è che nè Tsipras nè la Merkel hanno ricette convincenti.
La sinistra europea ha in mente la solita soluzione assistenzialista e statalista di sinistra; la Merkel, la grande sconfitta del referendum di domenica, non ha compreso che, a questo punto, i popoli europei usano e useranno qualunque occasione per dire no alla linea Berlino-Bruxelles. A questo punto, occorrono nervi saldi per decidere cosa fare. La paura maggiore è che i burocrati europei non sapranno immaginare altro se non il proseguirsi della politica del rigore, con altri prestiti, altre tasse, altro debito: nient'altro se non bombole di ossigeno a tempo, ma i problemi tra qualche mese si ripresenteranno ancora più gravi.
Quindi, o c'è un buon accordo, un serio accordo,afferma la Comi, oppure il futuro è rischioso con un intero continente appeso e sospeso, con i mercati in subbuglio, e la ripresa delle speculazioni.Dopo la Grecia, c'è la Spagna e fra qualche anno anche la Francia ad essere a rischio. Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole, un’altra è pensare di essere al di sopra delle norme e dei trattati.
Moretti.Il Governo è forte e andrà avanti.
di Anna De Vitis
Elogio del governo Renzi tra verità e propaganda.
Alessandra Moretti è da sempre una delle parlamentari PD più fedeli a Renzi.Fin dagli inizi è stata parte integrante del gruppo renziano e la sua opinione sull'operato dell'esecutivo è quindi competente ma anche fortemente partigiano.La Moretti sottolinea che in Italia adesso il PD gode della maggioranza più ampia degli ultimi anni, anche a livello di governo. Lo scopo realistico è allora quello di durare fino al 2018.E aggiunge che certamente le elezioni non sono prossime. ma spesso e volentieri viene la tentazione di dire si per vedere cosa accadrà alle urne e spazzare via così critiche e contestazioni. La Moretti è davvero certa che se andassimo al voto oggi, quello vero, politico, Renzi batterebbe tranquillamente Grillo, Salvini, Vendola ed il PD avrebbe il 40% al primo turno. Però il PD è un partito responsabile e il suo fine è fare il bene dell'Italia non certo organizzare campagne elettorali: serve governare.
La fine prematura delle legislature è una brutta abitudine italiana che va superata; serve stabilità per fare le riforme ed essere più credibili in Europa e all’estero. Le elezioni saranno nel 2018 e solo allora si vedrà quel che succederà. Nella sua analisi sull'operato dell'esecutivo la Moretti evidenzia che Matteo Renzi ha rilanciato il piano della riforma fiscale, con la riduzione delle tasse di 50 miliardi. Fra tre anni, se saranno portate a termine le riforme costituzionali, tagliato la tassa sulla prima casa, rivisto l’Irpef e l’Ires, se la riforma della pubblica amministrazione avrà reso più agile il Paese, con una riduzione delle partecipate e meno burocrazia, gli italiani si ritroveranno in un paese competitivo e pienamente uscito dalla crisi.La politica PD rivendica le conquiste,come gli 80 euro che non sono stati sempliciANNUNCI ma sono nelle buste paga degli italiani; coma la legge elettorale che adesso è in Gazzetta Ufficiale.
Magari le riforme delgoverno non piacciono a tutti, ma tutto si può dire tranne che sono stati semplici annunci,afferma la Moretti.Insomma una serie di insperati risultati sono stati portati a termine e c'è ancora tempo per lavorare.Una cosa la Moretti afferma,ovvero che i governi precedenti hanno operato male e adesso l'esecutivo Renzi si trova il peso di circa 700 decreti legge da attuare, la media del livello di attuazione del programma del governo precedente era infatti del solo 38%. In un anno e mezzo il governo è passato al 75% riducendo a soli 300 i decreti sospesi dei governi Monti e Letta. Il vanto della Moretti è dato dai recenti pareri della Commissione europea e dell'Ocse, che nell’ultimo rapporto, hanno certificato il miglioramento. Ma si può fare di più. Per esempio, alcune migliorie potrebbero essere apportate all'ultima legge di Stabilità ed è per questo che in Consiglio dei ministri ogni Ministero renderà conto mensilmente delle sue risorse e dei suoi programmi.
Alessandra Moretti è da sempre una delle parlamentari PD più fedeli a Renzi.Fin dagli inizi è stata parte integrante del gruppo renziano e la sua opinione sull'operato dell'esecutivo è quindi competente ma anche fortemente partigiano.La Moretti sottolinea che in Italia adesso il PD gode della maggioranza più ampia degli ultimi anni, anche a livello di governo. Lo scopo realistico è allora quello di durare fino al 2018.E aggiunge che certamente le elezioni non sono prossime. ma spesso e volentieri viene la tentazione di dire si per vedere cosa accadrà alle urne e spazzare via così critiche e contestazioni. La Moretti è davvero certa che se andassimo al voto oggi, quello vero, politico, Renzi batterebbe tranquillamente Grillo, Salvini, Vendola ed il PD avrebbe il 40% al primo turno. Però il PD è un partito responsabile e il suo fine è fare il bene dell'Italia non certo organizzare campagne elettorali: serve governare.
La fine prematura delle legislature è una brutta abitudine italiana che va superata; serve stabilità per fare le riforme ed essere più credibili in Europa e all’estero. Le elezioni saranno nel 2018 e solo allora si vedrà quel che succederà. Nella sua analisi sull'operato dell'esecutivo la Moretti evidenzia che Matteo Renzi ha rilanciato il piano della riforma fiscale, con la riduzione delle tasse di 50 miliardi. Fra tre anni, se saranno portate a termine le riforme costituzionali, tagliato la tassa sulla prima casa, rivisto l’Irpef e l’Ires, se la riforma della pubblica amministrazione avrà reso più agile il Paese, con una riduzione delle partecipate e meno burocrazia, gli italiani si ritroveranno in un paese competitivo e pienamente uscito dalla crisi.La politica PD rivendica le conquiste,come gli 80 euro che non sono stati sempliciANNUNCI ma sono nelle buste paga degli italiani; coma la legge elettorale che adesso è in Gazzetta Ufficiale.
Magari le riforme delgoverno non piacciono a tutti, ma tutto si può dire tranne che sono stati semplici annunci,afferma la Moretti.Insomma una serie di insperati risultati sono stati portati a termine e c'è ancora tempo per lavorare.Una cosa la Moretti afferma,ovvero che i governi precedenti hanno operato male e adesso l'esecutivo Renzi si trova il peso di circa 700 decreti legge da attuare, la media del livello di attuazione del programma del governo precedente era infatti del solo 38%. In un anno e mezzo il governo è passato al 75% riducendo a soli 300 i decreti sospesi dei governi Monti e Letta. Il vanto della Moretti è dato dai recenti pareri della Commissione europea e dell'Ocse, che nell’ultimo rapporto, hanno certificato il miglioramento. Ma si può fare di più. Per esempio, alcune migliorie potrebbero essere apportate all'ultima legge di Stabilità ed è per questo che in Consiglio dei ministri ogni Ministero renderà conto mensilmente delle sue risorse e dei suoi programmi.
De Girolamo.Si ad un asse con la Lega.
di Anne De Vitis
Idee nuove e ferme per ridare agli italiani una destra vera.
Nunzia De Girolamo la conosciamo tutti,il suo carattere tenace e le sue idee schiette e concrete sono senza dubbio il suo punto di forza.Di recente ha espresso parole ferme sulla situazione politica attuale e sono parole simili a pietre lanciate verso Alfano ed il NCD.La politica campana afferma che nessuno vuole fare la fine politica di Fini, la destra deve essere destra fino alla fine anche se questo significa accodarsi ad alcune idee o proposte giunte anche dalla Lega di Salvini. Anzi la De Girolamo lo scandisce a chiare lettere,un' eventuale accostamento politico con la Lega non sarebbe nulla di immorale o folle,più folle è che NCD si avvicini ad esempio alle idee renziane di cambiamento progressista.La nuova proposta che la De Girolamo vorrebbe portare avanti è quella di un soggetto politico nuovissimo impostato sulla rinascita del Mezzogiorno, in particolare, diretto alla stragrande maggioranza degli italiani che non sono di sinistra e che si sentono politicamente orfani.
E che di fatto avrà maggior appeal di quella lista Noi con Salvini che alle recenti Regionali e Amministrative non ha certo brillato per le percentuali. D'altro canto, spiega De Girolamo con il piglio che la contraddistingue, il Sud va vissuto e respirato per poterlo capire anche politicamente.In questa cornice si inserisce la prima tappa di una serie di incontri in tutto il Sud. De Girolamo si recherà nella sua Campania ma anche in Sicilia, dove con la crisi del governo Crocetta la temperatura è già alta. L'operazione vede mobilitate tutte una serie di associazioni politiche di destra che hanno in questa situazione deciso di agire unite e coese.
La parlamentare campana spiega in modo netto che così come nel lontanissimo '94, nella coalizione di centrodestra, Berlusconi federava il Nord con la Lega e il Sud con la destra, oggi il laboratorio è aperto. Al Nord ci sono le percentuali in ascesa della Lega. Al Sud, sostiene De Girolamo, la realtà è l'unica a fare opposizione alla suggestione di Matteo Renzi.Insomma destra e Lega possono riprendere un cammino parallelo per abbattere il PD renziano.
Nunzia De Girolamo la conosciamo tutti,il suo carattere tenace e le sue idee schiette e concrete sono senza dubbio il suo punto di forza.Di recente ha espresso parole ferme sulla situazione politica attuale e sono parole simili a pietre lanciate verso Alfano ed il NCD.La politica campana afferma che nessuno vuole fare la fine politica di Fini, la destra deve essere destra fino alla fine anche se questo significa accodarsi ad alcune idee o proposte giunte anche dalla Lega di Salvini. Anzi la De Girolamo lo scandisce a chiare lettere,un' eventuale accostamento politico con la Lega non sarebbe nulla di immorale o folle,più folle è che NCD si avvicini ad esempio alle idee renziane di cambiamento progressista.La nuova proposta che la De Girolamo vorrebbe portare avanti è quella di un soggetto politico nuovissimo impostato sulla rinascita del Mezzogiorno, in particolare, diretto alla stragrande maggioranza degli italiani che non sono di sinistra e che si sentono politicamente orfani.
E che di fatto avrà maggior appeal di quella lista Noi con Salvini che alle recenti Regionali e Amministrative non ha certo brillato per le percentuali. D'altro canto, spiega De Girolamo con il piglio che la contraddistingue, il Sud va vissuto e respirato per poterlo capire anche politicamente.In questa cornice si inserisce la prima tappa di una serie di incontri in tutto il Sud. De Girolamo si recherà nella sua Campania ma anche in Sicilia, dove con la crisi del governo Crocetta la temperatura è già alta. L'operazione vede mobilitate tutte una serie di associazioni politiche di destra che hanno in questa situazione deciso di agire unite e coese.
La parlamentare campana spiega in modo netto che così come nel lontanissimo '94, nella coalizione di centrodestra, Berlusconi federava il Nord con la Lega e il Sud con la destra, oggi il laboratorio è aperto. Al Nord ci sono le percentuali in ascesa della Lega. Al Sud, sostiene De Girolamo, la realtà è l'unica a fare opposizione alla suggestione di Matteo Renzi.Insomma destra e Lega possono riprendere un cammino parallelo per abbattere il PD renziano.
Boldrini.A rischio la democrazia in Europa.
di Anna De Vitis
Il pensiero chiaro e lungimirante della Presidente della Camera.
Di recente la Presidente della Camera Laura Boldrini ha espresso le sue opinioni sulla situazione politica italiana nell'immediatezza della vicenda e del paradosso greco con Tsipras che prima ha indetto un referendum anti Europa e poi ha chinato la testa dinanzi alle condizioni imposte dall'EuroParlamento. La Boldrini tornando sulla vicenda ha definito Tsipras un politico coraggioso e con forte personalità.Una sorta di lungimirante, per la precisione. Secondo la presidente della Camera l'accordo Grecia-Europa ha evitato il contagio, e soprattutto ha offerto alla Grecia una prospettiva: perché l'alternativa sarebbe stata la Grexit (in ogni caso non ancora definitivamente scongiurata) e un'interruzione immediata di servizi primari e di fornitura dei beni. Sul reale significato del referendum Laura Boldrini ha una spiegazione.E' stato basilare per i principi democratici ascoltare la voce del popolo greco.Non per liberarsi dall’Europa e dall’euro, ma per liberarsi di certi vincoli che avevano fatto soffrire il Paese e chiedere alla Grecia se voleva accettare le condizioni della Troika. Ma di fronte al rischio di uscire dall’euro, Tsipras ha scelto il danno minore per il suo popolo e per l’Europa stessa: non avviare una traumatica rottura.
E quindi l'altrettanto fatidica conclusione: il roboante "no" partorito dal referendum, per la Boldrini, avrebbe messo i bastoni in mezzo alle ruote all'Europa intera.E il ruolo di Renzi? Si è molto discusso sulla sua assenza al tavolo delle trattative europee, una sorta di vero smacco. Laura Boldrini però non è d'accordo e sostiene che opponendosi all’uscita della Grecia Renzi abbia giocato anche la partita dell’Italia. Nelle ore drammatiche del vertice, Tsipras ha combattuto col sostegno di Hollande e Renzi, finché hanno potuto. Dunque Renzi ha dovuto mediare anche rispetto alle posizioni degli alleati. La Boldrini sottolinea anche il discorso di Romano Prodi dei giorni scorsi, quando affermava che la Grecia avesse perso la partita, e l'Europa avesse invece perso l'anima. La Presidente della camera ammette che su determinati temi l'Europa si stia perdendo: immigrazione e mancata solidarietà tra stati la starebbero lacerando.L’Europa non si può reggere solo sull’unione monetaria, serve l’unione politica e l’occasione non va sprecata.
Infatti è opinione comune che per arrivare agli Stati uniti d’Europa bisogna andare tutti nella stessa direzione ma evidentemente ci sarà chi arriverà prima e in forze, e chi arriverà (se arriverà) a stento e senza energie. Ogni riferimento a Germania e Grecia (o Italia o Francia o Spagna) è casuale. Quale sarebbe la scelta più giusta per Laura Boldrini? Inserire come vincolante l’impatto sociale delle misure economiche. Se si impongono misure ignorandone gli effetti sulle vite delle persone,i popoli si rivolteranno e la tenuta democratica sarà a rischio. Il rigore senza se e senza ma rischia di disgregare l’Europa. E' giunto il momento di valutare l'effetto dell'onda d'urto delle riforme economiche sui popoli. Perché alla fine l'Europa è fatta di persone,non semplicemente da numeri e conti.
Di recente la Presidente della Camera Laura Boldrini ha espresso le sue opinioni sulla situazione politica italiana nell'immediatezza della vicenda e del paradosso greco con Tsipras che prima ha indetto un referendum anti Europa e poi ha chinato la testa dinanzi alle condizioni imposte dall'EuroParlamento. La Boldrini tornando sulla vicenda ha definito Tsipras un politico coraggioso e con forte personalità.Una sorta di lungimirante, per la precisione. Secondo la presidente della Camera l'accordo Grecia-Europa ha evitato il contagio, e soprattutto ha offerto alla Grecia una prospettiva: perché l'alternativa sarebbe stata la Grexit (in ogni caso non ancora definitivamente scongiurata) e un'interruzione immediata di servizi primari e di fornitura dei beni. Sul reale significato del referendum Laura Boldrini ha una spiegazione.E' stato basilare per i principi democratici ascoltare la voce del popolo greco.Non per liberarsi dall’Europa e dall’euro, ma per liberarsi di certi vincoli che avevano fatto soffrire il Paese e chiedere alla Grecia se voleva accettare le condizioni della Troika. Ma di fronte al rischio di uscire dall’euro, Tsipras ha scelto il danno minore per il suo popolo e per l’Europa stessa: non avviare una traumatica rottura.
E quindi l'altrettanto fatidica conclusione: il roboante "no" partorito dal referendum, per la Boldrini, avrebbe messo i bastoni in mezzo alle ruote all'Europa intera.E il ruolo di Renzi? Si è molto discusso sulla sua assenza al tavolo delle trattative europee, una sorta di vero smacco. Laura Boldrini però non è d'accordo e sostiene che opponendosi all’uscita della Grecia Renzi abbia giocato anche la partita dell’Italia. Nelle ore drammatiche del vertice, Tsipras ha combattuto col sostegno di Hollande e Renzi, finché hanno potuto. Dunque Renzi ha dovuto mediare anche rispetto alle posizioni degli alleati. La Boldrini sottolinea anche il discorso di Romano Prodi dei giorni scorsi, quando affermava che la Grecia avesse perso la partita, e l'Europa avesse invece perso l'anima. La Presidente della camera ammette che su determinati temi l'Europa si stia perdendo: immigrazione e mancata solidarietà tra stati la starebbero lacerando.L’Europa non si può reggere solo sull’unione monetaria, serve l’unione politica e l’occasione non va sprecata.
Infatti è opinione comune che per arrivare agli Stati uniti d’Europa bisogna andare tutti nella stessa direzione ma evidentemente ci sarà chi arriverà prima e in forze, e chi arriverà (se arriverà) a stento e senza energie. Ogni riferimento a Germania e Grecia (o Italia o Francia o Spagna) è casuale. Quale sarebbe la scelta più giusta per Laura Boldrini? Inserire come vincolante l’impatto sociale delle misure economiche. Se si impongono misure ignorandone gli effetti sulle vite delle persone,i popoli si rivolteranno e la tenuta democratica sarà a rischio. Il rigore senza se e senza ma rischia di disgregare l’Europa. E' giunto il momento di valutare l'effetto dell'onda d'urto delle riforme economiche sui popoli. Perché alla fine l'Europa è fatta di persone,non semplicemente da numeri e conti.
Serracchiani.Il PD non è affatto nel caos.
di Anna De Vitis
La politica PD smorza la tensione scoppiata nel suo partito.
Il Pd si trova certamente in una situazione di forte tensione ma la segretaria del partito Debora Serracchiani cerca di dare calma e serenità all'ambiente.In queste settimane ci sono state le dimissioni dei vicesindaci di Milano e Roma, l'autosospensione del governatore Crocetta,insomma fatti notevoli che hanno portato confusione nel PD.Il caso Crocetta è solo l'ultimo,dopo la pubblicazione da parte dell’Espresso dell’intercettazione compromettente che ha portato il governatore siciliano ad autososospendersi, la Serracchiani ha usato parole dal tono tutt’altro che concilianti per il governatore.Non proprio una frase degna di chi vuole svolgere il ruolo di mediatore.Ma in generale la Serracchiani ha minimizzato i problemi che il Pd sta attraversando da Milano fino alla Sicilia, passando per Roma, parlando di semplici criticità diverse tra loro e di natura locale. Per il vicesegretario, le dimissioni del vicesindaco di Milano dipendono solo da un’incrinatura del rapporto di fiducia con il sindaco.
E non è un problema neppure il fatto che la mancata ricandidatura di Pisapia possa portare a una faida interna dentro il Pd anche perché non è nemmeno detto che il suo successore sia scelto con le primarie. Una scelta che farebbe cadere una volta per tutte il mito che ha portato Renzi al governo del partito e del Paese. Le primarie, infatti, come dimostra la vittoria di Vincenzo De Luca in Campania, non hanno portato la rottamazione anche a livello locale ma la Serracchiani è ottimista.Infatti afferma che il PD ha portato rinnovamento sul territorio,apprezzato da elettori e cittadini.Peccato solo che la minoranza faccia di tutto per fermare il rinnovamento proprio in casa del premier facendo fuori il sindaco di Sesto Fiorentino, la fedelissima renziana della prima ora Sara Biagiotti.Ma il caso più scottante è ovviamente quello di Roma. Con le dimissioni del vicesindaco Luigi Nieri sono 7 (su 12) i membri della giunta che hanno abbandonato Marino nell’arco degli ultimi due anni. Dall’inizio dell’inchiesta di Mafia Capitale alla pubblicazione della relazione del prefetto Franco Gabrielli c’è stata un’ecatombe di esponenti locali del Pd romano.
Il partito è stato commissariato e dato in gestione a Matteo Orfini. Mosse rivendicate con orgoglio dalla Serracchiani secondo cui il Pd a Roma è riuscito a combattere la corruzione prendendo la situazione di petto e usando mezzi radicali,garantendo un controllo capillare delle tessere e dei circoli ma ora serve una risposta rapida da dare ai romani, a tutti gli italiani e ai tanti che vengono a visitare la città. Un discorso che non farebbe una piega, visto con l’ottica dei democratici, se non fosse per l’aggettivo “rapida”. Orfini, infatti, aveva rassicurato che la fase 2 della giunta Marino sarebbe iniziata subito dopo che Gabrielli avesse tratto conclusioni, mentre ora tutto viene rimandato a dopo la decisione definitiva del ministro Alfano che dovrebbe arrivare entro fine mese. Nel frattempo si rincorrono le voci che vedono Nichi Vendola come prossimo vicesindaco e contemporaneamente anche quelle di un sempre più probabile appoggio esterno di Sel. Voci discordanti e contradditorie che aggravano il caos e la paralisi amministrativa della città in attesa che parli Matteo Renzi. Afine luglio alla Festa dell'Unità dovrebbe esserci come invitato d'onore proprio il Premier Renzi,in quell'occasione capiremo le intenzioni del PD verso il sindaco Marino.
Il Pd si trova certamente in una situazione di forte tensione ma la segretaria del partito Debora Serracchiani cerca di dare calma e serenità all'ambiente.In queste settimane ci sono state le dimissioni dei vicesindaci di Milano e Roma, l'autosospensione del governatore Crocetta,insomma fatti notevoli che hanno portato confusione nel PD.Il caso Crocetta è solo l'ultimo,dopo la pubblicazione da parte dell’Espresso dell’intercettazione compromettente che ha portato il governatore siciliano ad autososospendersi, la Serracchiani ha usato parole dal tono tutt’altro che concilianti per il governatore.Non proprio una frase degna di chi vuole svolgere il ruolo di mediatore.Ma in generale la Serracchiani ha minimizzato i problemi che il Pd sta attraversando da Milano fino alla Sicilia, passando per Roma, parlando di semplici criticità diverse tra loro e di natura locale. Per il vicesegretario, le dimissioni del vicesindaco di Milano dipendono solo da un’incrinatura del rapporto di fiducia con il sindaco.
E non è un problema neppure il fatto che la mancata ricandidatura di Pisapia possa portare a una faida interna dentro il Pd anche perché non è nemmeno detto che il suo successore sia scelto con le primarie. Una scelta che farebbe cadere una volta per tutte il mito che ha portato Renzi al governo del partito e del Paese. Le primarie, infatti, come dimostra la vittoria di Vincenzo De Luca in Campania, non hanno portato la rottamazione anche a livello locale ma la Serracchiani è ottimista.Infatti afferma che il PD ha portato rinnovamento sul territorio,apprezzato da elettori e cittadini.Peccato solo che la minoranza faccia di tutto per fermare il rinnovamento proprio in casa del premier facendo fuori il sindaco di Sesto Fiorentino, la fedelissima renziana della prima ora Sara Biagiotti.Ma il caso più scottante è ovviamente quello di Roma. Con le dimissioni del vicesindaco Luigi Nieri sono 7 (su 12) i membri della giunta che hanno abbandonato Marino nell’arco degli ultimi due anni. Dall’inizio dell’inchiesta di Mafia Capitale alla pubblicazione della relazione del prefetto Franco Gabrielli c’è stata un’ecatombe di esponenti locali del Pd romano.
Il partito è stato commissariato e dato in gestione a Matteo Orfini. Mosse rivendicate con orgoglio dalla Serracchiani secondo cui il Pd a Roma è riuscito a combattere la corruzione prendendo la situazione di petto e usando mezzi radicali,garantendo un controllo capillare delle tessere e dei circoli ma ora serve una risposta rapida da dare ai romani, a tutti gli italiani e ai tanti che vengono a visitare la città. Un discorso che non farebbe una piega, visto con l’ottica dei democratici, se non fosse per l’aggettivo “rapida”. Orfini, infatti, aveva rassicurato che la fase 2 della giunta Marino sarebbe iniziata subito dopo che Gabrielli avesse tratto conclusioni, mentre ora tutto viene rimandato a dopo la decisione definitiva del ministro Alfano che dovrebbe arrivare entro fine mese. Nel frattempo si rincorrono le voci che vedono Nichi Vendola come prossimo vicesindaco e contemporaneamente anche quelle di un sempre più probabile appoggio esterno di Sel. Voci discordanti e contradditorie che aggravano il caos e la paralisi amministrativa della città in attesa che parli Matteo Renzi. Afine luglio alla Festa dell'Unità dovrebbe esserci come invitato d'onore proprio il Premier Renzi,in quell'occasione capiremo le intenzioni del PD verso il sindaco Marino.
Madia.I cambiamenti servono al paese.
di Anna De Vitis
Tra polemiche e passi indietro continua la rivoluzione della PA.
Il ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, cerca di superare le recenti polemiche sindacali riguardanti la sua riforma della PA e adesso sembra disponibile anche a fare qualche marcia indietro rispetto all'emendamento approvato alla Camera sulla riforma della Pubblica amministrazione che introduceva ad esempio un 'punteggio' diverso, ai fini dei concorsi pubblici, a seconda degli atenei dove si è conseguita la laurea.La ministro afferma che il suo entourage è pronto alla massima apertura anche per fare modifiche, in modo condiviso, o anche a cancellare l'emendamento al ddl Pa.Una vera novità insomma rispetto a pochi mesi fama si tratta di necessari cambiamenti per il benessere del paese, ha rimarcato la Madia.
L'emendamento in questione in effetti aveva davvero provocato un acceso dibattito e il sospetto che, con la norma, si volesse introdurre l'abolizione del valore legale del titolo di studio. L'obiettivo, ha sottolineato Madia, è comunque quello di evitare discriminazioni. Non resta che attendere il parere vincolante della commissione parlamentare che si dovrà esprimere sulla novità. La norma aveva incontrato la netta opposizione dei rettori delle Università italiane, anche perché inevitabilmente avrebbe comportato una sorta di 'graduatoria' per legge tra gli atenei italiani e un diverso 'peso' tra le lauree.Intanto, dopo la norma sulla licenziabilità dei dirigenti pubblici approvata la settimana scorsa, prosegue l'esame del ddl sulla pubblica amministrazione: oggi è stato depositato un emendamento del relatore Ernesto Carbone (Pd) che 'sposta' il Pra (Pubblico registro automobilistico) dall'Aci al ministero dei Trasporti a cui fa già capo la motorizzazione.
L'obiettivo è quello di costituire un'unica banca dati per la circolazione e la proprietà dei veicoli con un libretto soltanto. In prospettiva, spiegano fonti di governo, l'obiettivo è la nascita di un'agenzia unica sotto la vigilanza del ministero dei trasporti nella quale in futuro far confluire anche la stessa Aci.Altre novità in arrivo sulla razionalizzazione del Corpo Forestale dello Stato. Un emendamento, depositato ancora da Ernesto Carboni, prevede che il corpo verrà assorbito "in un'unica forza di polizia" tranne per chi svolge la funzione anti-incendio.che potrà confluire nei Vigili del Fuoco. In generale, ha spiegato il ministro Marianna Madia, "l'obiettivo è la razionalizzazione: evitare sprechi e inefficienze" perchè "tutti i corpi dovranno cancellare le duplicazioni" ottenendo dei risparmi.
Il ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, cerca di superare le recenti polemiche sindacali riguardanti la sua riforma della PA e adesso sembra disponibile anche a fare qualche marcia indietro rispetto all'emendamento approvato alla Camera sulla riforma della Pubblica amministrazione che introduceva ad esempio un 'punteggio' diverso, ai fini dei concorsi pubblici, a seconda degli atenei dove si è conseguita la laurea.La ministro afferma che il suo entourage è pronto alla massima apertura anche per fare modifiche, in modo condiviso, o anche a cancellare l'emendamento al ddl Pa.Una vera novità insomma rispetto a pochi mesi fama si tratta di necessari cambiamenti per il benessere del paese, ha rimarcato la Madia.
L'emendamento in questione in effetti aveva davvero provocato un acceso dibattito e il sospetto che, con la norma, si volesse introdurre l'abolizione del valore legale del titolo di studio. L'obiettivo, ha sottolineato Madia, è comunque quello di evitare discriminazioni. Non resta che attendere il parere vincolante della commissione parlamentare che si dovrà esprimere sulla novità. La norma aveva incontrato la netta opposizione dei rettori delle Università italiane, anche perché inevitabilmente avrebbe comportato una sorta di 'graduatoria' per legge tra gli atenei italiani e un diverso 'peso' tra le lauree.Intanto, dopo la norma sulla licenziabilità dei dirigenti pubblici approvata la settimana scorsa, prosegue l'esame del ddl sulla pubblica amministrazione: oggi è stato depositato un emendamento del relatore Ernesto Carbone (Pd) che 'sposta' il Pra (Pubblico registro automobilistico) dall'Aci al ministero dei Trasporti a cui fa già capo la motorizzazione.
L'obiettivo è quello di costituire un'unica banca dati per la circolazione e la proprietà dei veicoli con un libretto soltanto. In prospettiva, spiegano fonti di governo, l'obiettivo è la nascita di un'agenzia unica sotto la vigilanza del ministero dei trasporti nella quale in futuro far confluire anche la stessa Aci.Altre novità in arrivo sulla razionalizzazione del Corpo Forestale dello Stato. Un emendamento, depositato ancora da Ernesto Carboni, prevede che il corpo verrà assorbito "in un'unica forza di polizia" tranne per chi svolge la funzione anti-incendio.che potrà confluire nei Vigili del Fuoco. In generale, ha spiegato il ministro Marianna Madia, "l'obiettivo è la razionalizzazione: evitare sprechi e inefficienze" perchè "tutti i corpi dovranno cancellare le duplicazioni" ottenendo dei risparmi.
Carfagna. Nuovi leader per la destra.
di Anna De Vitis
C'è bisogno di nuove e giovani leadership nel centro-destra.
Anche i ballottaggi alle amministrative sono passati e nel centro-destra si fanno bilanci e nuove strategie future.Forza Italia e i suoi alleati si pongo lo scopo di rottamare il rottamatore, Matteo Renzi. Ma come le urne hanno dimostrato freddamente, per farlo servirebbe davvero una forte e larga coalizione ampia e coesa, ed è proprio quello che si augura la forzista Mara Carfagna. La direttrice della Commissione sulle Pari Opportunità ed ex ministro dell'era Berlusconi, ha dato la sua ricetta per battere il Partito Democratico: unirsi mettendo da parte gli interessi dei singoli partiti, trovare un’alternativa totale alla sinistra e dimenticare l’idea del patto del Nazareno. L' ex ministro sembra contraria all'idea di un riavvicinamento verso Angelino Alfano quindi, che almeno per ora continua ad appoggiare Renzi, mentre sia Giorgia Meloni che Matteo Salvini potrebbero benissimo essere i futuri premier.
C'è necessità di andare oltre ha detto la Carfagna e soprattutto ci vuole volontà politica da parte di tutti. La risposta più importante deve essere quella di mettere come priorità battere la sinistra e non aumentare i voti del proprio partito e basta. Questo è il segreto. Nessuno quindi può essere alleato con sinistra al momento della costituzione della coalizione, o dentro o fuori. E, in questo contesto, oggi Alfano è sicuramente fuori. Passando ad un discorso sulla concretezza i tempi non sono infiniti per costruire questa coalizione, ma è chiaro che deve essere fatta di soggetti che, credibilmente, nel momento in cui nasce la coalizione ma anche per il futuro, diano garanzia di essere realmente alternativi alla sinistra. Garanzia che forse il partito di Alfano non da ancora in modo chiaro.La Carfagna ci tiene a sottolineare che servono nuovi leader per la destra italiana ma un partito che appoggia il governo Renzi fino all'ultimo non può dare questa garanzia. E un partito che non mettesse nel dimenticatoio per sempre il Patto del Nazareno non potrebbe dare questa garanzia. Tale strada virtuosa è stata intrapresa già da Forza Italia questo ma non ancora da NCD.
Tornando ai nomi dei futuri leader politici del centro-destra oltre a Fitto che ha già mostrato la sua affidabilità elettorale,il nome della Meloni è uno dei primi.Ha le potenzialità per essere leader: ha meno di 40 anni ed è molto in alto nel gradimento degli italiani come attestano i sondaggi. Il suo limite è che appartiene a una storia politica che non ha mai espresso un presidente del Consiglio, ma la storia è fatta per essere cambiata. Stesso ragionamento anche per Salvini, a maggior ragione che al momento è il segretario del maggior partito di centrodestra.Detto ciò un conto è indicare chi ha le potenzialità ed un conto è affermare che effettivamente saranno i leader della destra.La leadership va conquistata nelle piazze e al voto ma guai ad avere preclusioni e guai ad avere investiture precostituite.
Anche i ballottaggi alle amministrative sono passati e nel centro-destra si fanno bilanci e nuove strategie future.Forza Italia e i suoi alleati si pongo lo scopo di rottamare il rottamatore, Matteo Renzi. Ma come le urne hanno dimostrato freddamente, per farlo servirebbe davvero una forte e larga coalizione ampia e coesa, ed è proprio quello che si augura la forzista Mara Carfagna. La direttrice della Commissione sulle Pari Opportunità ed ex ministro dell'era Berlusconi, ha dato la sua ricetta per battere il Partito Democratico: unirsi mettendo da parte gli interessi dei singoli partiti, trovare un’alternativa totale alla sinistra e dimenticare l’idea del patto del Nazareno. L' ex ministro sembra contraria all'idea di un riavvicinamento verso Angelino Alfano quindi, che almeno per ora continua ad appoggiare Renzi, mentre sia Giorgia Meloni che Matteo Salvini potrebbero benissimo essere i futuri premier.
C'è necessità di andare oltre ha detto la Carfagna e soprattutto ci vuole volontà politica da parte di tutti. La risposta più importante deve essere quella di mettere come priorità battere la sinistra e non aumentare i voti del proprio partito e basta. Questo è il segreto. Nessuno quindi può essere alleato con sinistra al momento della costituzione della coalizione, o dentro o fuori. E, in questo contesto, oggi Alfano è sicuramente fuori. Passando ad un discorso sulla concretezza i tempi non sono infiniti per costruire questa coalizione, ma è chiaro che deve essere fatta di soggetti che, credibilmente, nel momento in cui nasce la coalizione ma anche per il futuro, diano garanzia di essere realmente alternativi alla sinistra. Garanzia che forse il partito di Alfano non da ancora in modo chiaro.La Carfagna ci tiene a sottolineare che servono nuovi leader per la destra italiana ma un partito che appoggia il governo Renzi fino all'ultimo non può dare questa garanzia. E un partito che non mettesse nel dimenticatoio per sempre il Patto del Nazareno non potrebbe dare questa garanzia. Tale strada virtuosa è stata intrapresa già da Forza Italia questo ma non ancora da NCD.
Tornando ai nomi dei futuri leader politici del centro-destra oltre a Fitto che ha già mostrato la sua affidabilità elettorale,il nome della Meloni è uno dei primi.Ha le potenzialità per essere leader: ha meno di 40 anni ed è molto in alto nel gradimento degli italiani come attestano i sondaggi. Il suo limite è che appartiene a una storia politica che non ha mai espresso un presidente del Consiglio, ma la storia è fatta per essere cambiata. Stesso ragionamento anche per Salvini, a maggior ragione che al momento è il segretario del maggior partito di centrodestra.Detto ciò un conto è indicare chi ha le potenzialità ed un conto è affermare che effettivamente saranno i leader della destra.La leadership va conquistata nelle piazze e al voto ma guai ad avere preclusioni e guai ad avere investiture precostituite.
Pinotti.Novità importanti per la Difesa.
di Anna De Vitis
Il Ministro PD detta le sue idee sull'argomento difesa.
La ministro Pinotti intervenuta ad un convegno sul ruolo degli eserciti nel mantenimento della pace nel mondo ha esposto la sua opinione su svariati temi anche su quelli strettamente legati alla sua competenza ministeriale.Le forze armate sono un patrimonio di questo Paese, di capacità, di competenze, di organizzazione e per questo è fondamentale che si sentano al servizio sempre, non solo quando sono impegnati nelle missioni internazionali, quando vigilano sulla nostra sicurezza come stanno facendo nel Mar Mediterraneo,questo è uno dei suoi concetti resi noti.Nei momenti in cui ci sono calamità naturali, le competenze organizzative delle forze armate possono servire.Di recente il suo ministero ha reso noto Il Libro Bianco che al paragrafo 35 parla della riduzione degli investimenti dedicati alla difesa in tutto il mondo occidentale, quindi una questione che non riguarda solo l’Italia.
La Pinotti afferma che è assolutamente vero che in tutto il mondo occidentale c'è stata una riduzione degli investimenti per la difesa, in Italia più che in qualsiasi altro paese. Bisogna però prendere atto che i rischi nel mondo stanno aumentando, vi sono infatti il terrorismo internazionale, l’Isis, i conflitti che stanno nascendo, quindi la necessità di difendersi e di proteggere la patria c’è. Tenendo conto che le risorse sono necessarie e che in questo momento il Paese deve investire anche in altri settori, come la scuola e le esigenze della crescita, il Libro Bianco è un mezzo per spiegare alla pubblica opinione le modalità di spesa dell'Esecutivo. Per ridurre i costi si possono percorrere due strade: evitare situazioni che possono essere troppo dispendiose e una che riguarda l’età. È chiaro che il lavoro nelle forze armate si può fare a pieno in un determinato arco di anni, cioè bisogna essere giovani e allo stesso tempo non possiamo creare delle persone che ad un certo momento non hanno più un lavoro.
Nelle altre nazioni, tra le forze militari, hanno una parte di personale fisso e una parte di personale che fa alcuni anni da militare e poi viene accompagnato in altri lavori. Serve quindi mettere a punto un sistema molto credibile, non lasciando le persone da sole a cercarsi un lavoro.Passando poi al famoso progettp F35,una nota diramata in mattinata dal ministero della Difesa spiega che saranno 38 gli F35 acquistati dall’Italia fino al 2020, quelli strettamente necessari a sostituire le capacità che saranno perse nei prossimi anni. La Pinotti sottolinea che sul tema è stata fatta tanta demagogia,mentre le azioni e le comunicazioni del ministro della Difesa sono sempre state improntate alla massima trasparenza, correttezza d’informazione e onestà d’intenti. Il governo accrescerà gli sforzi per ampliare il ritorno industriale ed occupazionale correlato al programma così da ridurre ulteriormente il costo complessivo per il Paese. Gliesperti del governo affermano che a fronte di un investimento totale pari a circa 3,5 miliardi di dollari, i ritorni industriali in termini di contratti acquisiti sono pari a circa 1,6 miliardi di dollari.
La ministro Pinotti intervenuta ad un convegno sul ruolo degli eserciti nel mantenimento della pace nel mondo ha esposto la sua opinione su svariati temi anche su quelli strettamente legati alla sua competenza ministeriale.Le forze armate sono un patrimonio di questo Paese, di capacità, di competenze, di organizzazione e per questo è fondamentale che si sentano al servizio sempre, non solo quando sono impegnati nelle missioni internazionali, quando vigilano sulla nostra sicurezza come stanno facendo nel Mar Mediterraneo,questo è uno dei suoi concetti resi noti.Nei momenti in cui ci sono calamità naturali, le competenze organizzative delle forze armate possono servire.Di recente il suo ministero ha reso noto Il Libro Bianco che al paragrafo 35 parla della riduzione degli investimenti dedicati alla difesa in tutto il mondo occidentale, quindi una questione che non riguarda solo l’Italia.
La Pinotti afferma che è assolutamente vero che in tutto il mondo occidentale c'è stata una riduzione degli investimenti per la difesa, in Italia più che in qualsiasi altro paese. Bisogna però prendere atto che i rischi nel mondo stanno aumentando, vi sono infatti il terrorismo internazionale, l’Isis, i conflitti che stanno nascendo, quindi la necessità di difendersi e di proteggere la patria c’è. Tenendo conto che le risorse sono necessarie e che in questo momento il Paese deve investire anche in altri settori, come la scuola e le esigenze della crescita, il Libro Bianco è un mezzo per spiegare alla pubblica opinione le modalità di spesa dell'Esecutivo. Per ridurre i costi si possono percorrere due strade: evitare situazioni che possono essere troppo dispendiose e una che riguarda l’età. È chiaro che il lavoro nelle forze armate si può fare a pieno in un determinato arco di anni, cioè bisogna essere giovani e allo stesso tempo non possiamo creare delle persone che ad un certo momento non hanno più un lavoro.
Nelle altre nazioni, tra le forze militari, hanno una parte di personale fisso e una parte di personale che fa alcuni anni da militare e poi viene accompagnato in altri lavori. Serve quindi mettere a punto un sistema molto credibile, non lasciando le persone da sole a cercarsi un lavoro.Passando poi al famoso progettp F35,una nota diramata in mattinata dal ministero della Difesa spiega che saranno 38 gli F35 acquistati dall’Italia fino al 2020, quelli strettamente necessari a sostituire le capacità che saranno perse nei prossimi anni. La Pinotti sottolinea che sul tema è stata fatta tanta demagogia,mentre le azioni e le comunicazioni del ministro della Difesa sono sempre state improntate alla massima trasparenza, correttezza d’informazione e onestà d’intenti. Il governo accrescerà gli sforzi per ampliare il ritorno industriale ed occupazionale correlato al programma così da ridurre ulteriormente il costo complessivo per il Paese. Gliesperti del governo affermano che a fronte di un investimento totale pari a circa 3,5 miliardi di dollari, i ritorni industriali in termini di contratti acquisiti sono pari a circa 1,6 miliardi di dollari.
Boschi.Serve rivoluzionare il Terzo settore.
di Anna De Vitis
Una nuova importante riforma in arrivo al Senato.
La Camera ha finalmente approvato il ddl che rivoluzionerà il terzo settore e il ministro per le Riforme M.E.Boschi non cela certo il suo entusiasmo.Nonostante qualche acceso diverbio con i suoi colleghi la spinta del ministro è servita e adesso la questione passa al Senato. Entro luglio il ddl dovrebbe diventare legge. È quindi giunto il momento di un primo bilancio con la Boschi che ci tiene a sottolineare i meriti dell'operato del governo.E' stato fatto un durissimo lavoro di squadra. Il Governo,afferma la ministro, ritiene che questa sia una riforma centrale per la propria agenda politica. Del resto è una delle prime riforme che ha presentato.Grande è stata insomma la sensibilità verso l'argomento e infatti la riforma costituzionale, insieme a quella del lavoro e della pubblica amministrazione l'esecutivo ha presentato anche la riforma del Terzo Settore. Non viene il Terzo Settore ritenuto un elemento residuale o secondario.
Si tratta piuttosto di un asse portante per il paese.Renzi stesso aveva dichiarato che il Terzo Settore è in realtà il primo. L'azione di governo è stata mirata proprio in tal senso.Ci troviamo dinanzi ad un vero progetto culturale e di prospettiva del nostro paese. Non si tratta solo di un riordino o di una puntualizzazione giuridica. La riforma del Terzo Settore è un progetto per l’Italia da curare per i prossimi anni.Un progetto ambizioso con la possibilità di ridare forza al fenomeno del volontariato.La Boschi ci tiene a sottolineare che il Terzo Settore ha resistito alla crisi e negli ultimi anni è addirittura cresciuto.Anche di questo si parla nella riforma che come detto a luglio potrebbe avere la sua definitiva approvazione superando anche una fase di ostruzionismo in commissione.
La speranza è che il percorso in Senato non sia troppo accidentato.Una novità grande sarà presente anche nella legge di stabilità dove il governo ha portato il fondo a 500 milioni e sono state anche stabilizzate le associazioni che potranno così programmare le proprie attività. Questo è già un risultato importante.La Boschi rimarca il tema affermando che l'impegno del governo sarà sempre quello di attribuire maggiori risorse. Il rilancio dell’impresa sociale parte dalla costituzione di un fondo da 50 milioni e dal connubio tra pubblico e privato,donando al paese una nuova opportunità di crescita economica.
La Camera ha finalmente approvato il ddl che rivoluzionerà il terzo settore e il ministro per le Riforme M.E.Boschi non cela certo il suo entusiasmo.Nonostante qualche acceso diverbio con i suoi colleghi la spinta del ministro è servita e adesso la questione passa al Senato. Entro luglio il ddl dovrebbe diventare legge. È quindi giunto il momento di un primo bilancio con la Boschi che ci tiene a sottolineare i meriti dell'operato del governo.E' stato fatto un durissimo lavoro di squadra. Il Governo,afferma la ministro, ritiene che questa sia una riforma centrale per la propria agenda politica. Del resto è una delle prime riforme che ha presentato.Grande è stata insomma la sensibilità verso l'argomento e infatti la riforma costituzionale, insieme a quella del lavoro e della pubblica amministrazione l'esecutivo ha presentato anche la riforma del Terzo Settore. Non viene il Terzo Settore ritenuto un elemento residuale o secondario.
Si tratta piuttosto di un asse portante per il paese.Renzi stesso aveva dichiarato che il Terzo Settore è in realtà il primo. L'azione di governo è stata mirata proprio in tal senso.Ci troviamo dinanzi ad un vero progetto culturale e di prospettiva del nostro paese. Non si tratta solo di un riordino o di una puntualizzazione giuridica. La riforma del Terzo Settore è un progetto per l’Italia da curare per i prossimi anni.Un progetto ambizioso con la possibilità di ridare forza al fenomeno del volontariato.La Boschi ci tiene a sottolineare che il Terzo Settore ha resistito alla crisi e negli ultimi anni è addirittura cresciuto.Anche di questo si parla nella riforma che come detto a luglio potrebbe avere la sua definitiva approvazione superando anche una fase di ostruzionismo in commissione.
La speranza è che il percorso in Senato non sia troppo accidentato.Una novità grande sarà presente anche nella legge di stabilità dove il governo ha portato il fondo a 500 milioni e sono state anche stabilizzate le associazioni che potranno così programmare le proprie attività. Questo è già un risultato importante.La Boschi rimarca il tema affermando che l'impegno del governo sarà sempre quello di attribuire maggiori risorse. Il rilancio dell’impresa sociale parte dalla costituzione di un fondo da 50 milioni e dal connubio tra pubblico e privato,donando al paese una nuova opportunità di crescita economica.
Regionali.Ecco cosa dicono le urne.
di Anna De Vitis
Le elezioni producono i primi segnali politici in Parlamento.
Le elezioni regionali ed amministrative sono trascorse e in questi giorni successivi alcune considerazioni vanno comunque fatte.In primis c'è stato un calo dell'affluenza che arriva solo alla soglia del 53% tanto da obbligare lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,a criticare il clima di tensione e litigiosità causa principale della disaffezione del cittadino verso la politica. I risultati elettorali comunque producono effetti di natura politica anche a livello nazionale. Matteo Renzi tornato dalla sua visita al contingente italiano in Afghanistan, afferma che il risultato delle regionali è complessivamente positivo, sopratutto perchè mentre solo alcuni anni fa si era sul 6 a 6 contro il centro-destra adesso si parla di un netto 10 a 2 a favore del centrosinistra. Per Renzi quindi il voto non boccia l'azione di governo ma dà ancora maggiore determinazione all'esecutivo e all'azione di rinnovamento del partito e del Paese.
La bellezza della politica è però che non tutti la pensano nella stessa maniera. Infatti le amministrative consegnano un nuovo panorama alla politica italiana, con la figura di Matteo Salvini che diventa il volto nuovo del centro destra italiano e gli stessi grillini che raggiungo percentuali mai toccate alle amministrative.Il leader della Lega afferma che i cittadini vedono nel suo partito la vera alternativa a Renzi e quindi da domani ci sarà un confronto duro sui fatti,soprattutto sulla legge Fornero e sulla immigrazione. Anche Forza Italia - nonostante il risultato molto meno esaltante - prova a celebrare il voto e sottolinea come non sia stato il PD renziano ma quello dei suoi nemici interni ad aver avuto la meglio,quindi per il Premier la fiducia nel suo stesso partito è ridotta ai minimi termini.
Insomma nelle file del PD si preannuncia tensione e battaglia nelle aule parlamentari. Nonostante questo però i vice-segretari Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini, tentano di fare quadrato intorno al premier e affermano che cinque regioni conquistate sono un ottimo risultato.Gli effetti del voto regionale sono comunque variegati e gli alleati di governo reagiscono in maniera scomposta. Ad esempio i centristi, con Angelino Alfano e Gaetano Quagliariello, chiedono di ridiscutere la legge elettorale sostituendo il premio alla lista con quello alla coalizione. Proprio la pesante minoranza PD potrebbe offrire una sponda utilissima a livello poltico.
Le elezioni regionali ed amministrative sono trascorse e in questi giorni successivi alcune considerazioni vanno comunque fatte.In primis c'è stato un calo dell'affluenza che arriva solo alla soglia del 53% tanto da obbligare lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,a criticare il clima di tensione e litigiosità causa principale della disaffezione del cittadino verso la politica. I risultati elettorali comunque producono effetti di natura politica anche a livello nazionale. Matteo Renzi tornato dalla sua visita al contingente italiano in Afghanistan, afferma che il risultato delle regionali è complessivamente positivo, sopratutto perchè mentre solo alcuni anni fa si era sul 6 a 6 contro il centro-destra adesso si parla di un netto 10 a 2 a favore del centrosinistra. Per Renzi quindi il voto non boccia l'azione di governo ma dà ancora maggiore determinazione all'esecutivo e all'azione di rinnovamento del partito e del Paese.
La bellezza della politica è però che non tutti la pensano nella stessa maniera. Infatti le amministrative consegnano un nuovo panorama alla politica italiana, con la figura di Matteo Salvini che diventa il volto nuovo del centro destra italiano e gli stessi grillini che raggiungo percentuali mai toccate alle amministrative.Il leader della Lega afferma che i cittadini vedono nel suo partito la vera alternativa a Renzi e quindi da domani ci sarà un confronto duro sui fatti,soprattutto sulla legge Fornero e sulla immigrazione. Anche Forza Italia - nonostante il risultato molto meno esaltante - prova a celebrare il voto e sottolinea come non sia stato il PD renziano ma quello dei suoi nemici interni ad aver avuto la meglio,quindi per il Premier la fiducia nel suo stesso partito è ridotta ai minimi termini.
Insomma nelle file del PD si preannuncia tensione e battaglia nelle aule parlamentari. Nonostante questo però i vice-segretari Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini, tentano di fare quadrato intorno al premier e affermano che cinque regioni conquistate sono un ottimo risultato.Gli effetti del voto regionale sono comunque variegati e gli alleati di governo reagiscono in maniera scomposta. Ad esempio i centristi, con Angelino Alfano e Gaetano Quagliariello, chiedono di ridiscutere la legge elettorale sostituendo il premio alla lista con quello alla coalizione. Proprio la pesante minoranza PD potrebbe offrire una sponda utilissima a livello poltico.
Finocchiaro.Elezioni regionali non decisive.
di Anna De Vitis
Una voce che pesa dice la sua sul PD attuale.
Anna Finocchiaro, la senatrice PD membro importante della Commissione per gli Affari Costituzionale dice la sua sul momento politico e sulle elezioni regionali e amministrative di questo Week-end. La Finocchiaro è ben consapevole che i risultati delle urne anche se non collegati direttamente al Governo potranno produrre effetti comunque evidenti ma ci tiene a sottolineare che tutto sommato il Governo Renzi è stabile e la sua coesione non può che far bene al paese. Il discorso scivola sull'attualità e sulle riforme in cantiere. La scuola è uno dei punti cruciali ma la riforma è delicata e l'esecutivo non può muoversi in modo arrogante come fatto fino ad oggi.
Serve rispetto e dialogo anche con la parte sindacale che comunque ha il suo peso di rappresentanza. Il muro contro muro non serve a nessuno e ha utilità pari a zero. Sull'Italicum la Finocchiaro si dice fiducioza anche se si tratta di una legge che non andrà imposta alle componenti politiche ma dovrà essere frutto di accordi e ricerche di approvazioni. La legge elettorale è la base di una sistema politico e non va inserita a forza nel nostro ordinamento ma con raziocinio.
La Finocchiaro giudica poi strumentali le critiche ai nomi degli impresentabili che tanto scalpore hanno fatto in questi giorni. La politica deve essere dominata dal principio etico ma non si può certamente bollare per impresentabile chi è stato solamente sfiorato da inchieste o addirittura è solo in attesa di archiviazione. Insomma la senatrice PD è con De Luca alla regione Campania ma sottolinea la sua fermezza nella lotta ai pregiudicati in politica. Infine il sempre accorato tema della lotta all'immigrazione clandestina. Il piano europeo esiste e va applicato in maniera rigida ma i flussi migratori sono una realtà contro cui cozza il freddo dato normativo,perciò la Finocchiaro chiede coinvolgimento maggiore delle istituzioni comunitarie e soprattutto aiuti concreti direttamente nelle zone soggette a situazioni di crisi alimentari ed economiche. L'egoismo di pochi può essere pericoloso ed arrecare drammi immani come le tragedie del mare hanno dimostrato in questi ultimi mesi.
Anna Finocchiaro, la senatrice PD membro importante della Commissione per gli Affari Costituzionale dice la sua sul momento politico e sulle elezioni regionali e amministrative di questo Week-end. La Finocchiaro è ben consapevole che i risultati delle urne anche se non collegati direttamente al Governo potranno produrre effetti comunque evidenti ma ci tiene a sottolineare che tutto sommato il Governo Renzi è stabile e la sua coesione non può che far bene al paese. Il discorso scivola sull'attualità e sulle riforme in cantiere. La scuola è uno dei punti cruciali ma la riforma è delicata e l'esecutivo non può muoversi in modo arrogante come fatto fino ad oggi.
Serve rispetto e dialogo anche con la parte sindacale che comunque ha il suo peso di rappresentanza. Il muro contro muro non serve a nessuno e ha utilità pari a zero. Sull'Italicum la Finocchiaro si dice fiducioza anche se si tratta di una legge che non andrà imposta alle componenti politiche ma dovrà essere frutto di accordi e ricerche di approvazioni. La legge elettorale è la base di una sistema politico e non va inserita a forza nel nostro ordinamento ma con raziocinio.
La Finocchiaro giudica poi strumentali le critiche ai nomi degli impresentabili che tanto scalpore hanno fatto in questi giorni. La politica deve essere dominata dal principio etico ma non si può certamente bollare per impresentabile chi è stato solamente sfiorato da inchieste o addirittura è solo in attesa di archiviazione. Insomma la senatrice PD è con De Luca alla regione Campania ma sottolinea la sua fermezza nella lotta ai pregiudicati in politica. Infine il sempre accorato tema della lotta all'immigrazione clandestina. Il piano europeo esiste e va applicato in maniera rigida ma i flussi migratori sono una realtà contro cui cozza il freddo dato normativo,perciò la Finocchiaro chiede coinvolgimento maggiore delle istituzioni comunitarie e soprattutto aiuti concreti direttamente nelle zone soggette a situazioni di crisi alimentari ed economiche. L'egoismo di pochi può essere pericoloso ed arrecare drammi immani come le tragedie del mare hanno dimostrato in questi ultimi mesi.
Prestigiacomo.FI vuole solo le riforme.
di Anna De Vitis
L'ex ministro berlusconiano espone la sua linea politica.
Stefania Prestigiacomo è una delle voci più ascoltate di Forza Italia,una parlamentare di grande esperienza con forte senso di appartenenza,sempre fedele al credo berlusconiano ma che non disdegna critiche qualora necessarie. Di recente ha detto la sua sulla situazione attuale e sui rapporti tra lo stesso FI e il PD Renziano. Il patto del Nazareno è stato un passo importante,un contributo dato al bene del paese per agevolare le riforme e la vita stessa del governo. Questo però non significa aver creato un'alleanza con Renzi. La Prestigiacomo sottolinea che FI resta e sarà sempre un gruppo antagonista alla sinistra. La retorica dietrologica sull’intesa Berlusconi-Renzi è puro gossip grottesco. Da sempre si è rimarcata la necessità di fare riforme condivise con il contributo di tutti,adesso che ciò è accaduto è davvero paradossale che la stessa sinistra si indigni a riguardo.
In verità, su questa vicenda sta andando in scena la faida interna al Pd, in cui si usano argomenti strumentali per fini strumentali. E' stata inscenata,dice la Prestigiacomo, una vera battaglia sul Parlamento di “nominati”,una questione profondamente sbagliata se non ridicola. Anche il Mattarellum prevedeva un 25 per cento di eletti con i listini bloccati. E le preferenze non si sono certo rivelate un grande strumento di selezione dei migliori. L'ex ministro forzista torna sui fatti del passato e evidenzia come Berlusconi, cacciato dal Parlamento con una protervia senza precedenti, ha adesso ripreso in mano il pallino della politica italiana rendendo Forza Italia decisiva nella partita delle riforme. Insomma le riforme del governo,almeno alcune, vengono sostenute non per convenienza politica ma solo perché l’Italia ne ha bisogno. L’abolizione del bicameralismo perfetto, un sistema elettorale che favorisca governabilità e bipartitismo sono da sempre i veri cavalli di battaglia. Il fatto che a proporli sia Renzi non significa che siano concetti errati da non appoggiare.
La Prestigiacomo afferma che nelle aule del Parlamento in questi mesi sta verificandosi lo scontro fra cambiamento e conservazione. Forza Italia è sempre stata per cambiare questo Paese. La Lega gioca la sua partita populista. Ma poi dovrà scegliere se aggregarsi ad uno schieramento che può essere vincente o continuare a gridare in un recinto minoritario. Non nega, la politica siciliana, che la riforma sull'Italicum ha fatto emergere una sorta di frattura tra una piccola minoranza interna che ha inteso distinguersi sul voto, essendo e rimanendo ininfluente nella partita politica. Ma è fisiologico nella vita democratica dei partiti,la cosa importante è l'unione sui grandi temi. Sulla riforma della scuola di questi ultimi giorni la Prestigiacomo sottolinea il suo dissenso trattandosi di una riforma troppo superficiale che non apporta cambiamenti reali sulla questione. Una riforma scritta male e realizzata peggio e gli scioperi generali del settore ne sono una diretta conseguenza. Forse Renzi capirà che si tratta di una tema delicato da trattare in maniera molto diversa. Almeno questa è la speranza di FI e delle migliaia di docenti coinvolti.
Stefania Prestigiacomo è una delle voci più ascoltate di Forza Italia,una parlamentare di grande esperienza con forte senso di appartenenza,sempre fedele al credo berlusconiano ma che non disdegna critiche qualora necessarie. Di recente ha detto la sua sulla situazione attuale e sui rapporti tra lo stesso FI e il PD Renziano. Il patto del Nazareno è stato un passo importante,un contributo dato al bene del paese per agevolare le riforme e la vita stessa del governo. Questo però non significa aver creato un'alleanza con Renzi. La Prestigiacomo sottolinea che FI resta e sarà sempre un gruppo antagonista alla sinistra. La retorica dietrologica sull’intesa Berlusconi-Renzi è puro gossip grottesco. Da sempre si è rimarcata la necessità di fare riforme condivise con il contributo di tutti,adesso che ciò è accaduto è davvero paradossale che la stessa sinistra si indigni a riguardo.
In verità, su questa vicenda sta andando in scena la faida interna al Pd, in cui si usano argomenti strumentali per fini strumentali. E' stata inscenata,dice la Prestigiacomo, una vera battaglia sul Parlamento di “nominati”,una questione profondamente sbagliata se non ridicola. Anche il Mattarellum prevedeva un 25 per cento di eletti con i listini bloccati. E le preferenze non si sono certo rivelate un grande strumento di selezione dei migliori. L'ex ministro forzista torna sui fatti del passato e evidenzia come Berlusconi, cacciato dal Parlamento con una protervia senza precedenti, ha adesso ripreso in mano il pallino della politica italiana rendendo Forza Italia decisiva nella partita delle riforme. Insomma le riforme del governo,almeno alcune, vengono sostenute non per convenienza politica ma solo perché l’Italia ne ha bisogno. L’abolizione del bicameralismo perfetto, un sistema elettorale che favorisca governabilità e bipartitismo sono da sempre i veri cavalli di battaglia. Il fatto che a proporli sia Renzi non significa che siano concetti errati da non appoggiare.
La Prestigiacomo afferma che nelle aule del Parlamento in questi mesi sta verificandosi lo scontro fra cambiamento e conservazione. Forza Italia è sempre stata per cambiare questo Paese. La Lega gioca la sua partita populista. Ma poi dovrà scegliere se aggregarsi ad uno schieramento che può essere vincente o continuare a gridare in un recinto minoritario. Non nega, la politica siciliana, che la riforma sull'Italicum ha fatto emergere una sorta di frattura tra una piccola minoranza interna che ha inteso distinguersi sul voto, essendo e rimanendo ininfluente nella partita politica. Ma è fisiologico nella vita democratica dei partiti,la cosa importante è l'unione sui grandi temi. Sulla riforma della scuola di questi ultimi giorni la Prestigiacomo sottolinea il suo dissenso trattandosi di una riforma troppo superficiale che non apporta cambiamenti reali sulla questione. Una riforma scritta male e realizzata peggio e gli scioperi generali del settore ne sono una diretta conseguenza. Forse Renzi capirà che si tratta di una tema delicato da trattare in maniera molto diversa. Almeno questa è la speranza di FI e delle migliaia di docenti coinvolti.
Moretti.C'è aria nuova nel paese.
di Anna De Vitis
Il punto sulla situazione politica italiana.
Alessandra Moretti è uno dei volti nuovi e più in voga del PD renziano.Il suo sostegno al premier è sempre stato importante e fedele e alle prossime elezione sfiderà il leghista Zaia per la poltrona di Presidente della Regione Piemonte.Di recente ha detto la sua sulla situazione attuale della politica italiana soprattutto sul lavoro dell'esecutivo svolto negli ultimi mesi. Iniziando il resoconto la Moretti rivela tutta la sua soddisfazione per i molti obiettivi raggiunti in primis l'Italia ha chiuso il semestre europeo con il plauso di molti stati membri, è stata approvata in seconda lettura la legge elettorale, un grandioso passo in avanti per la politica italiana. Inoltre il governo ha posto le basi per iniziative internazionali in un momento di grande rilievo. Senza dimenticare poi finalmente la chiusura dell'accordo con la Svizzera e il Vaticano sul rientro dei capitali dall'estero che porterà diversi soldi nelle casse della finanza italiana. La Madia sottolinea che tutti questi erano punti e impegni della campagna elettorale 2012, impegni mantenuti.
Una cosa basilare per il paese è l'aria nuova che si respira.Non a caso i recenti dati parlano di segnali inequivocabili di ripresa economica.L'Italia sta ripartendo, finalmente.E' importante restare sempre vigili e prudenti ma i segnali sono davvero interessanti. I mutui, i macchinari, le aziende, gli 80 euro su cui nessuno ha più dubbi, il costo delle bollette che nel 2015 sarà più basso di quasi tre miliardi di euro, gli sgravi per chi assume a tempo indeterminato, l'eliminazione del costo del lavoro dall'Irap,queste sono solo alcune delle prossime novità normative in procinto di essere lanciate dal governo,un vero balsamo per l'economia italiana. Tutti lo sanno,evidenzia la Moretti, che oramai diventa fondamentale eliminare i vari ostacoli burocratici che impediscono miliardi di investimenti soprattutto in ambito regionale.
Il commissariamento ad esempio è uno strumento estremo ma necessario se l'ente autonomo non ottempera agli obiettivi dello stato centrale o peggio ancora a causa di lassismo e incompetenza blocca la crescita economica e sociale della popolazione. Comunque termina la Moretti serve sempre fiducia, serenità, ottimismo. In particolare l'ottimismo non è un semplice sforzo del carattere, ma la forza di chi cerca un futuro sempre migliore del presente. Questo è il concetto che gli italiani dovrebbero sempre portare con se. Tutte le particolari condizioni affinchè il paese esca dalla crisi sono presenti. Vanno solo garantite e protette.Infine la Moretti riprende un tema molto caro allo stesso Renzi: oramai è terminato il tempo in cui i politici chiedevano i sacrifici ai cittadini. I cittadini adesso sanno che da questo governo non verranno richieste nuove tasse né nuovi sacrifici.
Alessandra Moretti è uno dei volti nuovi e più in voga del PD renziano.Il suo sostegno al premier è sempre stato importante e fedele e alle prossime elezione sfiderà il leghista Zaia per la poltrona di Presidente della Regione Piemonte.Di recente ha detto la sua sulla situazione attuale della politica italiana soprattutto sul lavoro dell'esecutivo svolto negli ultimi mesi. Iniziando il resoconto la Moretti rivela tutta la sua soddisfazione per i molti obiettivi raggiunti in primis l'Italia ha chiuso il semestre europeo con il plauso di molti stati membri, è stata approvata in seconda lettura la legge elettorale, un grandioso passo in avanti per la politica italiana. Inoltre il governo ha posto le basi per iniziative internazionali in un momento di grande rilievo. Senza dimenticare poi finalmente la chiusura dell'accordo con la Svizzera e il Vaticano sul rientro dei capitali dall'estero che porterà diversi soldi nelle casse della finanza italiana. La Madia sottolinea che tutti questi erano punti e impegni della campagna elettorale 2012, impegni mantenuti.
Una cosa basilare per il paese è l'aria nuova che si respira.Non a caso i recenti dati parlano di segnali inequivocabili di ripresa economica.L'Italia sta ripartendo, finalmente.E' importante restare sempre vigili e prudenti ma i segnali sono davvero interessanti. I mutui, i macchinari, le aziende, gli 80 euro su cui nessuno ha più dubbi, il costo delle bollette che nel 2015 sarà più basso di quasi tre miliardi di euro, gli sgravi per chi assume a tempo indeterminato, l'eliminazione del costo del lavoro dall'Irap,queste sono solo alcune delle prossime novità normative in procinto di essere lanciate dal governo,un vero balsamo per l'economia italiana. Tutti lo sanno,evidenzia la Moretti, che oramai diventa fondamentale eliminare i vari ostacoli burocratici che impediscono miliardi di investimenti soprattutto in ambito regionale.
Il commissariamento ad esempio è uno strumento estremo ma necessario se l'ente autonomo non ottempera agli obiettivi dello stato centrale o peggio ancora a causa di lassismo e incompetenza blocca la crescita economica e sociale della popolazione. Comunque termina la Moretti serve sempre fiducia, serenità, ottimismo. In particolare l'ottimismo non è un semplice sforzo del carattere, ma la forza di chi cerca un futuro sempre migliore del presente. Questo è il concetto che gli italiani dovrebbero sempre portare con se. Tutte le particolari condizioni affinchè il paese esca dalla crisi sono presenti. Vanno solo garantite e protette.Infine la Moretti riprende un tema molto caro allo stesso Renzi: oramai è terminato il tempo in cui i politici chiedevano i sacrifici ai cittadini. I cittadini adesso sanno che da questo governo non verranno richieste nuove tasse né nuovi sacrifici.
Ravetto.FI farà sempre il bene dell'Italia.
di Anna De Vitis
Idee chiare e nette per una delle anime di Forza Italia.
Laura Ravetto la conosciamo tutti.E' una delle pasdaran di Forza Italia,una delle deputate che da sempre si è battuta per la difesa di Berlusconi,difesa sia politica che giudiziaria.Di recente ha fatto sentire la sua voce sia sul tema Cavaliere,sia sulle recenti riforme imbastite dal governo renziano.Dopo l'assoluzione di Berlusconi la Ravetto sottolinea che adesso il Cavaliere potrà riprendersi il suo naturale ruolo di leader di un centrodestra moderato e riformista.Sulla posizione attuale di FI nello scacchiere politico italiano la Ravetto evidenzia che è ora di cambiamenti poichè FI non deve rimane subalterna alla Lega ma assurgere a guida della destra riformista e moderata e soprattutto liberale,il sogno liberale che rimane lo scopo principe dell'azione politica berlusconiana.
Salvini può certamente essere un compagno di squadra utile ed importante per il fine elettorale ma il ruolo di guida è un'altra cosa e lo stesso discorso vale anche per Alfano.Insomma la Ravetto sottolinea che bisogna riportare Forza Italia alla centralità che merita di avere e sopratutto permettere allo stesso Berlusconi di ricollocarsi al vertice carismatico del partito.Chi obietta che FI sembra essere un partito allo sbando lacerato da dissidi interni la Ravetto ribatte che la situazione è dura ma in tutti i partiti si vivono periodi di crisi,di sicuro il concetto novecentesco di partito non è più attuale.
Servono gruppi dinamici e veloci,pronti a cambiare con la realtà. In FI c’è Berlusconi e sotto di lui è bene che resti il “casino virtuoso” che c’è stato finora. Le varie figure dei coordinatori generali possono essere utili ma forse il loro ruolo è più un contentino del Cavaliere che una reale utilità.Tornando sull'attualità politica la Ravetto afferma che molti in FI voteranno la nuova riforma del Senato perchè è cambiata molto dall'originale e ha assorbito le osservazioni fatte in Commissione.Lo stesso procedimento legislativo è stato completamente stravolto. Insomma un mini applauso ai renziani perchè la riforma è un deciso passo avanti. Infine argomento Brunetta.La Ravetto aveva di recente criticato il protagonismo dell'ex ministro e lo ribadisce.A FI serve maggiore democrazia e maggiori vedute,restringersi sulle proprie idee o rivendicare rispetto gerarchico è un concetto politico di partito che non le appartiene.
Laura Ravetto la conosciamo tutti.E' una delle pasdaran di Forza Italia,una delle deputate che da sempre si è battuta per la difesa di Berlusconi,difesa sia politica che giudiziaria.Di recente ha fatto sentire la sua voce sia sul tema Cavaliere,sia sulle recenti riforme imbastite dal governo renziano.Dopo l'assoluzione di Berlusconi la Ravetto sottolinea che adesso il Cavaliere potrà riprendersi il suo naturale ruolo di leader di un centrodestra moderato e riformista.Sulla posizione attuale di FI nello scacchiere politico italiano la Ravetto evidenzia che è ora di cambiamenti poichè FI non deve rimane subalterna alla Lega ma assurgere a guida della destra riformista e moderata e soprattutto liberale,il sogno liberale che rimane lo scopo principe dell'azione politica berlusconiana.
Salvini può certamente essere un compagno di squadra utile ed importante per il fine elettorale ma il ruolo di guida è un'altra cosa e lo stesso discorso vale anche per Alfano.Insomma la Ravetto sottolinea che bisogna riportare Forza Italia alla centralità che merita di avere e sopratutto permettere allo stesso Berlusconi di ricollocarsi al vertice carismatico del partito.Chi obietta che FI sembra essere un partito allo sbando lacerato da dissidi interni la Ravetto ribatte che la situazione è dura ma in tutti i partiti si vivono periodi di crisi,di sicuro il concetto novecentesco di partito non è più attuale.
Servono gruppi dinamici e veloci,pronti a cambiare con la realtà. In FI c’è Berlusconi e sotto di lui è bene che resti il “casino virtuoso” che c’è stato finora. Le varie figure dei coordinatori generali possono essere utili ma forse il loro ruolo è più un contentino del Cavaliere che una reale utilità.Tornando sull'attualità politica la Ravetto afferma che molti in FI voteranno la nuova riforma del Senato perchè è cambiata molto dall'originale e ha assorbito le osservazioni fatte in Commissione.Lo stesso procedimento legislativo è stato completamente stravolto. Insomma un mini applauso ai renziani perchè la riforma è un deciso passo avanti. Infine argomento Brunetta.La Ravetto aveva di recente criticato il protagonismo dell'ex ministro e lo ribadisce.A FI serve maggiore democrazia e maggiori vedute,restringersi sulle proprie idee o rivendicare rispetto gerarchico è un concetto politico di partito che non le appartiene.
Boschi.Il PD ha i numeri per le riforme.
di Anna De Vitis
L'esponente PD sottolinea la solidità della maggioranza.
Il Ministro delle Riforme Boschi dice la sua sulle prossime riforme impostate dal Governo Renzi.Il Ministro afferma convinta che l'Esecutivo possiede tutti i numeri alla Camera per andare avanti nell'approvazione dei testi legge.Una maggioranza solida, come si è visto anche di recente per la riforma sulla scuola. In più esiste il mezzo della fiducia,uno strumento di minaccia che comunque non è da escludere.Maria Elena Boschi la definisce una extrema ratio che potrebbe però servire nel caso in cui gli avversari politici eccedano con il loro ostruzionismo. Una cosa è certa: un grande partito come il Pd, con 420 parlamentari, tra deputati e senatori, è ovvio che abbia al suo interno correnti o almeno gruppi pensanti diversi che portano avanti interessi vari su tematiche importanti.Non c'è nulla di cui sconvolgersi.
Alla fine però nell'atto del decidere il Governo detta la linea e la sintesi degli interessi va trovata all'interno.Ieri infatti c'è stato un nuovo stop alla richiesta di diaologo di Area riformista, la Boschi sottolinea che la minoranza interna debba essere leale e rispettare le scelte della maggioranza del PD.Chi pensa di rinviare la legge elettorale a un nuovo passaggio al Senato si assume una grave responsabilità politica perché la scelta non è solo dare una buona legge elettorale al paese ma dargliene una in un momento in cui si vede la ripresa economica. Chi vuole rinviare non da certo una bella immagine del Parlamento.
Altro tema scottante sono poi le nuove riforme costituzionali.La Boschi promette che la strada procedurale è ad un ottimo punto e per la fine dell'anno saranno realtà normativa. Un eventuale referendum non spaventa la bella ministro,anzi sarà sicuramente fonte di un dialogo interessante poichè le riforme saranno esaminate dalla commissione affari costituzionali del Senato non appena ultimato il lavoro sul ddl sulla pubblica amministrazione.Alla Boschi comunque ha risposto stizzito il capogruppo alla Camera di FI Renato Brunetta, che definisce "inaccettabile" l'atteggiamento del governo nei confronti del Parlamento sulla legge elettorale,promettendo di rivolgersi al capo dello Stato come garante delle istituzioni democratiche.La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha colto l'occasione per rimarcare che la calendarizzazione dei provvedimenti non cambia, ma che la vicenda verrà seguita con adeguata flessibilità.
Il Ministro delle Riforme Boschi dice la sua sulle prossime riforme impostate dal Governo Renzi.Il Ministro afferma convinta che l'Esecutivo possiede tutti i numeri alla Camera per andare avanti nell'approvazione dei testi legge.Una maggioranza solida, come si è visto anche di recente per la riforma sulla scuola. In più esiste il mezzo della fiducia,uno strumento di minaccia che comunque non è da escludere.Maria Elena Boschi la definisce una extrema ratio che potrebbe però servire nel caso in cui gli avversari politici eccedano con il loro ostruzionismo. Una cosa è certa: un grande partito come il Pd, con 420 parlamentari, tra deputati e senatori, è ovvio che abbia al suo interno correnti o almeno gruppi pensanti diversi che portano avanti interessi vari su tematiche importanti.Non c'è nulla di cui sconvolgersi.
Alla fine però nell'atto del decidere il Governo detta la linea e la sintesi degli interessi va trovata all'interno.Ieri infatti c'è stato un nuovo stop alla richiesta di diaologo di Area riformista, la Boschi sottolinea che la minoranza interna debba essere leale e rispettare le scelte della maggioranza del PD.Chi pensa di rinviare la legge elettorale a un nuovo passaggio al Senato si assume una grave responsabilità politica perché la scelta non è solo dare una buona legge elettorale al paese ma dargliene una in un momento in cui si vede la ripresa economica. Chi vuole rinviare non da certo una bella immagine del Parlamento.
Altro tema scottante sono poi le nuove riforme costituzionali.La Boschi promette che la strada procedurale è ad un ottimo punto e per la fine dell'anno saranno realtà normativa. Un eventuale referendum non spaventa la bella ministro,anzi sarà sicuramente fonte di un dialogo interessante poichè le riforme saranno esaminate dalla commissione affari costituzionali del Senato non appena ultimato il lavoro sul ddl sulla pubblica amministrazione.Alla Boschi comunque ha risposto stizzito il capogruppo alla Camera di FI Renato Brunetta, che definisce "inaccettabile" l'atteggiamento del governo nei confronti del Parlamento sulla legge elettorale,promettendo di rivolgersi al capo dello Stato come garante delle istituzioni democratiche.La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha colto l'occasione per rimarcare che la calendarizzazione dei provvedimenti non cambia, ma che la vicenda verrà seguita con adeguata flessibilità.
Renzi rivoluziona anche la RAI.
di Anna De Vitis
Grosse novità in vista per la Tv pubblica.
La rivoluzione renziana continua,dopo lavoro,scuola e legge elettorale ecco il momento della Rai,la tv pubblica emblema del potere forte.Molte le novità che il gruppo di Renzi ha in mente.Limitazione dei poteri dell'Ad,conferma della “licenziabilità” degli amministratori messa nero su bianco,revisione del canone entro un anno. Sono solo alcune delle piccole cose che a breve cambieranno la RAI. Tutto sarà presente nel ddl di riforma approvato dal Consiglio dei ministri una settimana fa e diffuso oggi sul sito di Palazzo Chigi. Sarà un provvedimento normativo molto leggero e sintetico, ma che ristrutturerà totalmente le stanze di Viale Mazzini.
Molti cambiamenti ci saranno anche sulle tecniche di nomina dei dirigenti ai vertici; sui poteri di firma di atti e contratti (fino a 10 milioni); sulla gestione del personale dell’azienda; sulla proposta al consiglio degli atti e contratti di valore strategico, come i piani di trasmissione e produzione; sull’attuazione del piano di investimenti, del piano finanziario, del preventivo di spesa annuale, delle politiche del personale e dei piani di ristrutturazione. Il nuovo Ad di Viale Mazzini sarà scelto dal cda su proposta dell’assemblea dei soci, non andrà considerato un vero dipendente ma un soggetto indipendente,in carica solo tre anni, salvo la revoca delle deleghe in ogni momento da parte dello stesso consiglio.
Una disposizione questa unica eredità della vecchia normativa che permetteva al cda di sfiduciare il direttore generale. In caso di revoca, spiega ancora il disegno di legge, l’ad dovrà accontentarsi di un’indennità pari a 3/12 del suo compenso annuo.Anche i componenti del cda - sette al posto degli attuali nove - possono essere `revocati´ dall’assemblea: un “licenziamento” che diventa efficace dopo la «valutazione favorevole» della Vigilanza. Anche oggi il Testo unico della radiotelevisione (che ha “assorbito” la legge Gasparri) prevede che la Vigilanza possa formulare una delibera con cui chiede all’assemblea dei soci di revocare la nomina di un consigliere.Il provvedimento avrà un iter che partirà dalla commissione Lavori pubblici del Senato:Debora Serracchiani,segretaria PD si dice soddisfatta poichè tutti i presupposti per realizzare l'ennesima rivoluzione Renzi ci sono,compreso un iter legislativo dai tempi ridotti.Sarà vero?
La rivoluzione renziana continua,dopo lavoro,scuola e legge elettorale ecco il momento della Rai,la tv pubblica emblema del potere forte.Molte le novità che il gruppo di Renzi ha in mente.Limitazione dei poteri dell'Ad,conferma della “licenziabilità” degli amministratori messa nero su bianco,revisione del canone entro un anno. Sono solo alcune delle piccole cose che a breve cambieranno la RAI. Tutto sarà presente nel ddl di riforma approvato dal Consiglio dei ministri una settimana fa e diffuso oggi sul sito di Palazzo Chigi. Sarà un provvedimento normativo molto leggero e sintetico, ma che ristrutturerà totalmente le stanze di Viale Mazzini.
Molti cambiamenti ci saranno anche sulle tecniche di nomina dei dirigenti ai vertici; sui poteri di firma di atti e contratti (fino a 10 milioni); sulla gestione del personale dell’azienda; sulla proposta al consiglio degli atti e contratti di valore strategico, come i piani di trasmissione e produzione; sull’attuazione del piano di investimenti, del piano finanziario, del preventivo di spesa annuale, delle politiche del personale e dei piani di ristrutturazione. Il nuovo Ad di Viale Mazzini sarà scelto dal cda su proposta dell’assemblea dei soci, non andrà considerato un vero dipendente ma un soggetto indipendente,in carica solo tre anni, salvo la revoca delle deleghe in ogni momento da parte dello stesso consiglio.
Una disposizione questa unica eredità della vecchia normativa che permetteva al cda di sfiduciare il direttore generale. In caso di revoca, spiega ancora il disegno di legge, l’ad dovrà accontentarsi di un’indennità pari a 3/12 del suo compenso annuo.Anche i componenti del cda - sette al posto degli attuali nove - possono essere `revocati´ dall’assemblea: un “licenziamento” che diventa efficace dopo la «valutazione favorevole» della Vigilanza. Anche oggi il Testo unico della radiotelevisione (che ha “assorbito” la legge Gasparri) prevede che la Vigilanza possa formulare una delibera con cui chiede all’assemblea dei soci di revocare la nomina di un consigliere.Il provvedimento avrà un iter che partirà dalla commissione Lavori pubblici del Senato:Debora Serracchiani,segretaria PD si dice soddisfatta poichè tutti i presupposti per realizzare l'ennesima rivoluzione Renzi ci sono,compreso un iter legislativo dai tempi ridotti.Sarà vero?
Carfagna.Ecco il DDL sulle pari opportunità.
di Anna De Vitis
La forzista presenta il suo disegno legge sulle unioni civili.
In questa settimana appena terminata in Parlamento è giunto il nuovo disegno di legge firmato dall'esponente di FI Mara Carfagna, responsabile del Dipartimento Libertà Civili e Diritti Umani del partito berlusconiano.Lo scopo del progetto normativo è esplicitamente quello di regolamentare i diritti e i doveri delle coppie di fatto omosessuali senza però equipararle al matrimonio. Il testo depositato ha già avuto il placet di 30 deputati (Carfagna, Prestigiacomo, Centemero, Vaccaro, Fitzgerald Nissoli, Abrignani, Bergamini, Bianconi, Calabria, Castiello, D'Alessandro, Faenzi, Gallo Riccardo, Giammanco, Marotta, Martino Antonio, Marti, Milanato, Mottola, Nizzi Palese, Palmizio, Parisi, Picchi, Polverini, Rotondi, Santelli, Sarro, Savino Elvira).
Intanto proprio al Senato è iniziata la discussione sul tema delle unioni civili,la Carfagna afferma che con grande attenzione e rispetto si sta guardando a quello che sta accadendo al Senato così come si è ovviamente rispettosi di tutte le diverse sensibilità sul tema che sono presenti all'interno del partito così come all'esterno. Detto ciò però è forte la convinzione che tutti coloro che hanno aderito al ddl sulle pari oppurtinità sentano molto il bisogno di superare un paludoso ordinamento in stallo da troppo tempo, richiamato anche da recenti sentenze della Corte Costituzionale.Ovviamente serve come sempre trovare una precisa sintesi quanto più ampia ed equilibrata possibile. E' tempo di abbandonare lo scontro ideologico su temi che toccano la carne viva di molti cittadini e iniziare una fase di apertura tra le varie forze politiche.
Secondo la stessa Carfagna questa proposta di legge vuole essere un punto di partenza e di dialogo per tutti coloro i quali abbiano il coraggio e l'ambizione di superare i pregiudizi, di contrastare le discriminazioni, anche valicando i confini degli schieramenti così da raggiungere quello che è un obiettivo di civiltà giuridica e politica. La deputata forzista ammette candidamente che i politici di altri schieramenti dovrebbero prendere in seria considerazione questa proposta di legge come una vera piattaforma da cui iniziare un lavoro di dialogo e cooperazione su cui concentrarsi nei prossimi mesi.
In questa settimana appena terminata in Parlamento è giunto il nuovo disegno di legge firmato dall'esponente di FI Mara Carfagna, responsabile del Dipartimento Libertà Civili e Diritti Umani del partito berlusconiano.Lo scopo del progetto normativo è esplicitamente quello di regolamentare i diritti e i doveri delle coppie di fatto omosessuali senza però equipararle al matrimonio. Il testo depositato ha già avuto il placet di 30 deputati (Carfagna, Prestigiacomo, Centemero, Vaccaro, Fitzgerald Nissoli, Abrignani, Bergamini, Bianconi, Calabria, Castiello, D'Alessandro, Faenzi, Gallo Riccardo, Giammanco, Marotta, Martino Antonio, Marti, Milanato, Mottola, Nizzi Palese, Palmizio, Parisi, Picchi, Polverini, Rotondi, Santelli, Sarro, Savino Elvira).
Intanto proprio al Senato è iniziata la discussione sul tema delle unioni civili,la Carfagna afferma che con grande attenzione e rispetto si sta guardando a quello che sta accadendo al Senato così come si è ovviamente rispettosi di tutte le diverse sensibilità sul tema che sono presenti all'interno del partito così come all'esterno. Detto ciò però è forte la convinzione che tutti coloro che hanno aderito al ddl sulle pari oppurtinità sentano molto il bisogno di superare un paludoso ordinamento in stallo da troppo tempo, richiamato anche da recenti sentenze della Corte Costituzionale.Ovviamente serve come sempre trovare una precisa sintesi quanto più ampia ed equilibrata possibile. E' tempo di abbandonare lo scontro ideologico su temi che toccano la carne viva di molti cittadini e iniziare una fase di apertura tra le varie forze politiche.
Secondo la stessa Carfagna questa proposta di legge vuole essere un punto di partenza e di dialogo per tutti coloro i quali abbiano il coraggio e l'ambizione di superare i pregiudizi, di contrastare le discriminazioni, anche valicando i confini degli schieramenti così da raggiungere quello che è un obiettivo di civiltà giuridica e politica. La deputata forzista ammette candidamente che i politici di altri schieramenti dovrebbero prendere in seria considerazione questa proposta di legge come una vera piattaforma da cui iniziare un lavoro di dialogo e cooperazione su cui concentrarsi nei prossimi mesi.
De Girolamo.Il patto col PD si indebolisce.
di Anna De Vitis
Fosche nebbie si presentano all'orizzonte del governo Renzi.
Nunzia De Girolamo esprime la sua opinione sui fatti politici di questi giorni comprese le dimissioni del suo collega di partito Maurizio Lupi. La De Girolamo si dice fiera di avere in NCD un collega ricco di valori che anche se non coinvolto direttamente nell'inchiesta decide di farsi da parte in attesa di chiarezza.La politica campana afferma di non avere nessun attaccamento ai ruoli di potere e a quella poltrona istituzionale che è vista da molti come l'obiettivo da raggiungere.La questione importante è capire la reale portata del partito.Questi mesi hanno effettivamente indebolito il patto col PD di Renzi,NCD non deve diventare il bastone di appoggio del governo ed essere usato solo per salvare l'esecutivo.Servono programmi e idee chiare per il bene del paese e degli stessi elettori. Non è stata apprezzata dalla De Girolamo l'ipocrisia di Renzi sulla questione Lupi,il premier,dice la battagliera politica,avrebbe dovuto consigliare le dimissioni al ministro.Renzi sembra solo interessato ad usare come usa e getta i numeri di NCD.
Maurizio Lupi ha fatto una grande scelta di dignità e moralità rispetto al doppiopesismo e alla doppia morale del Pd, nel quale comunque ci sono indagati che continuano tranquillamente a ricoprire i loro incarichi senza problemi.L'opportunità politica è un valore che andrebbe applicato a tutti e non solo ad alcuni.La De Girolamo critica apertamente Alfano accusandolo di non dare chiarezza al partito e secondo la sua opinione,la comunione di intenti politici col PD si è fortemente incrinata, non escludendo una sua fuoriuscita verso FI.Il Pd dimostra sempre più arroganza e non bada alle idee dei suoi alleati politici ma rivendica da questi solo l'appoggio in aula quando serve.Insomma la De Girolamo chiede un'assemblea prossima in cui mettere i puntini sulle i.
Anche lei in passato si dimise per delle inchieste che la riguardavano e per di più basate su intercettazioni illegali fatte dagli inquirenti ma non rinnega il suo gesto anzi lo puntualizza evidenziando di non essere stata difesa all'epoca dal suo governo ma lasciata sola ed isolata.Alla domanda su un suo possibile ritorno in FI la De Girolamo afferma che la sua volontà è solo far parte di un centro-destra realmente alternativo al PD,il renzismo è un modo di fare politica che non le interessa e continuando di questo passo NCD perderà il suo stesso senso di nascita e allora la scelta di tornare dal Cavaliere forse diverrà obbligata.
Nunzia De Girolamo esprime la sua opinione sui fatti politici di questi giorni comprese le dimissioni del suo collega di partito Maurizio Lupi. La De Girolamo si dice fiera di avere in NCD un collega ricco di valori che anche se non coinvolto direttamente nell'inchiesta decide di farsi da parte in attesa di chiarezza.La politica campana afferma di non avere nessun attaccamento ai ruoli di potere e a quella poltrona istituzionale che è vista da molti come l'obiettivo da raggiungere.La questione importante è capire la reale portata del partito.Questi mesi hanno effettivamente indebolito il patto col PD di Renzi,NCD non deve diventare il bastone di appoggio del governo ed essere usato solo per salvare l'esecutivo.Servono programmi e idee chiare per il bene del paese e degli stessi elettori. Non è stata apprezzata dalla De Girolamo l'ipocrisia di Renzi sulla questione Lupi,il premier,dice la battagliera politica,avrebbe dovuto consigliare le dimissioni al ministro.Renzi sembra solo interessato ad usare come usa e getta i numeri di NCD.
Maurizio Lupi ha fatto una grande scelta di dignità e moralità rispetto al doppiopesismo e alla doppia morale del Pd, nel quale comunque ci sono indagati che continuano tranquillamente a ricoprire i loro incarichi senza problemi.L'opportunità politica è un valore che andrebbe applicato a tutti e non solo ad alcuni.La De Girolamo critica apertamente Alfano accusandolo di non dare chiarezza al partito e secondo la sua opinione,la comunione di intenti politici col PD si è fortemente incrinata, non escludendo una sua fuoriuscita verso FI.Il Pd dimostra sempre più arroganza e non bada alle idee dei suoi alleati politici ma rivendica da questi solo l'appoggio in aula quando serve.Insomma la De Girolamo chiede un'assemblea prossima in cui mettere i puntini sulle i.
Anche lei in passato si dimise per delle inchieste che la riguardavano e per di più basate su intercettazioni illegali fatte dagli inquirenti ma non rinnega il suo gesto anzi lo puntualizza evidenziando di non essere stata difesa all'epoca dal suo governo ma lasciata sola ed isolata.Alla domanda su un suo possibile ritorno in FI la De Girolamo afferma che la sua volontà è solo far parte di un centro-destra realmente alternativo al PD,il renzismo è un modo di fare politica che non le interessa e continuando di questo passo NCD perderà il suo stesso senso di nascita e allora la scelta di tornare dal Cavaliere forse diverrà obbligata.
Giannini.Ecco a voi la nuova scuola italiana.
di Anna De Vitis
La Ministro presenta la nuova riforma scolastica del Governo.
Il CDM ha finalmente approvato la riforma della scuola italiana che il ministro Giannini aveva anticipato da qualche mese e per la quale si era in attesa di approvazione.Il ddl della legge è stato approvato e sia Renzi che la Giannini si sono detti orgogliosi e pronti a farne un vanto per il paese. Renzi con accanto la Giannini ha esposto i punti chiave sottolineando come alla fine siano riusciti dopo una lunga discussione, a trovare un buon clima in consiglio dei ministri. Ora la palla passa al Parlamento.Le proposte sulla scuola sono realizzabili abbastanza rapidamente, con grande intensità, se il Parlamento vorrà lavorare con senso d'urgenza.Ma c'è grande ottimismo.Spulciando le peculiarità della legge a proposito della progressione di carriera dei docenti, restano gli scatti fondati sull’anzianità, ma viene inserita anche una cifra aggiuntiva 200 milioni di euro a partire dal 2016.
Insomma il merito lo valuterà il preside, sentito il consiglio dei docenti, secondo modalità che sceglieranno.Perchè "Il primo punto" della riforma della scuola "è l'autonomia,ogni scuola vive la propria autonomia. E' come se la scuola debba essere il cuore e il motore di un territorio, ma ogni scuola è sempre diversa.La grande novità è la card per l'aggiornamento culturale. Una specie di Carta del prof", un bonus annuale in denaro ai professori da spendere per finalità culturali che ammonterà a 500 euro (innalzato, dunque, rispetto alle bozze del ddl che prevedevano 400 euro l'anno). Un rimborso spese per andare a teatro, a sentire un concerto, a vedere l'opera.Anche questo è cultura.Ulteriorenovità è poi la cosidetta "chiamata diretta" dei docenti.Gli insegnanti verranno scelti direttamente dai presidi, che potranno scegliere gli insegnanti direttamente da un Albo nel quale sono pubblicati anche i curricula dei docenti "in assoluta trasparenza", ha garantito il premier.
Grazie all'organico funzionale non ci saranno mai più classi pollaio né supplenti.Gli stessi presidi saranno poi valutati, ha precisato il ministro Giannini.Resta la detrazione fiscale per coloro che manderanno i figli nelle scuole paritarie, accanto ad altri strumenti fiscali come il cinque per mille che ora potrà essere destinato anche alle scuole e lo "school bonus": chi farà donazioni a favore delle scuole per la costruzione di nuovi edifici, per la manutenzione, per la promozione di progetti dedicati all’occupabilità degli studenti, avrà un beneficio fiscale (credito di imposta al 65%) in sede di dichiarazione dei redditi.Assunzione di 100mila precari. Quanto al Piano assunzioni, il vero nodo della riforma, il premier ha chiarito che il ddl prevede "l'assunzione di 100mila precari, che viene alla fine di questo percorso. C'è l'intenzione di sanare una ferita di 20 anni di promesse verso il corpo docente. Ma la Giannini ha precisato che tutti coloro che sono nelle gae (graduatorie a esaurimento) e i vincitori di concorso 2012 saranno assunti e dunque inseriti nell'organico funzionale ma gli idonei che stanno dentro le graduatorie di istituto no: loro dovranno fare un concorso specifico.
Il CDM ha finalmente approvato la riforma della scuola italiana che il ministro Giannini aveva anticipato da qualche mese e per la quale si era in attesa di approvazione.Il ddl della legge è stato approvato e sia Renzi che la Giannini si sono detti orgogliosi e pronti a farne un vanto per il paese. Renzi con accanto la Giannini ha esposto i punti chiave sottolineando come alla fine siano riusciti dopo una lunga discussione, a trovare un buon clima in consiglio dei ministri. Ora la palla passa al Parlamento.Le proposte sulla scuola sono realizzabili abbastanza rapidamente, con grande intensità, se il Parlamento vorrà lavorare con senso d'urgenza.Ma c'è grande ottimismo.Spulciando le peculiarità della legge a proposito della progressione di carriera dei docenti, restano gli scatti fondati sull’anzianità, ma viene inserita anche una cifra aggiuntiva 200 milioni di euro a partire dal 2016.
Insomma il merito lo valuterà il preside, sentito il consiglio dei docenti, secondo modalità che sceglieranno.Perchè "Il primo punto" della riforma della scuola "è l'autonomia,ogni scuola vive la propria autonomia. E' come se la scuola debba essere il cuore e il motore di un territorio, ma ogni scuola è sempre diversa.La grande novità è la card per l'aggiornamento culturale. Una specie di Carta del prof", un bonus annuale in denaro ai professori da spendere per finalità culturali che ammonterà a 500 euro (innalzato, dunque, rispetto alle bozze del ddl che prevedevano 400 euro l'anno). Un rimborso spese per andare a teatro, a sentire un concerto, a vedere l'opera.Anche questo è cultura.Ulteriorenovità è poi la cosidetta "chiamata diretta" dei docenti.Gli insegnanti verranno scelti direttamente dai presidi, che potranno scegliere gli insegnanti direttamente da un Albo nel quale sono pubblicati anche i curricula dei docenti "in assoluta trasparenza", ha garantito il premier.
Grazie all'organico funzionale non ci saranno mai più classi pollaio né supplenti.Gli stessi presidi saranno poi valutati, ha precisato il ministro Giannini.Resta la detrazione fiscale per coloro che manderanno i figli nelle scuole paritarie, accanto ad altri strumenti fiscali come il cinque per mille che ora potrà essere destinato anche alle scuole e lo "school bonus": chi farà donazioni a favore delle scuole per la costruzione di nuovi edifici, per la manutenzione, per la promozione di progetti dedicati all’occupabilità degli studenti, avrà un beneficio fiscale (credito di imposta al 65%) in sede di dichiarazione dei redditi.Assunzione di 100mila precari. Quanto al Piano assunzioni, il vero nodo della riforma, il premier ha chiarito che il ddl prevede "l'assunzione di 100mila precari, che viene alla fine di questo percorso. C'è l'intenzione di sanare una ferita di 20 anni di promesse verso il corpo docente. Ma la Giannini ha precisato che tutti coloro che sono nelle gae (graduatorie a esaurimento) e i vincitori di concorso 2012 saranno assunti e dunque inseriti nell'organico funzionale ma gli idonei che stanno dentro le graduatorie di istituto no: loro dovranno fare un concorso specifico.
Pinotti.Serve una politica decisionista.
di Anna De Vitis
Parole decise e forti della Ministro della Difesa.
La crisi libica continua col suo inquietante carico di angoscia e problematiche geo politiche il nostro ministro della difesa Roberta Pinotti espone le sue opinioni sulle questioni di attualità di questi giorni.Oggi,afferma la ministro,serve una piglio più decisionista e mirare ad una soluzione politica della vicenda libica è la strada migliore.L'Italia spinge per questo tipo di scelta e da mesi sottolinea la gravità del problema Libia per tutto l'Occidente.
Bisogna anche ridimensionare alcune notizie esagerate giunte nelle settimane scorse.L'Isis non ha affatto invaso la Libia ma più corretto dire che alcune cellule si siano infiltrate nel paese,in città come Derna, dove il fondamentalismo islamico era più forte già ai tempi di Gheddafi. Anche nella città di Sirte ci sono infiltrazioni significative. A Tripoli la presenza integralista è recente e ha raggiunto l'apice con l'attentato al Hotel Corinthia che è stato un vero spartiacque: dal quel momento i libici sono diventati più consapevoli rispetto alla reale minaccia rappresentata dallo Stato islamico.
L'Italia ha cercato diplomaticamente di resistere infatti è stato l'ultimo Paese a chiudere la propria ambasciata in Libia. E lo ha fatto per motivi di sicurezza, i rischi si sono elevati al punto che la nostra presenza non era più utile, anzi l'ambasciata poteva diventare un bersaglio.Intato il Consiglio Onu è stato convocato d'urgenza anche grazie alle pressioni di paesi come Francia,Egitto e la stessa Italia questo perchè solo un documento legittimo a livello internazionale potrebbe giustificare l'intervento in Libia. La diplomazia lavora da mesi ma ci sono lentezze, mentre dinanzi la situazione si fa sempre più grave ed urgono interventi immediati.Senza dimenticare poi il problema degli sbarchi.Premesso che il progetto "Mare Nostrum" è stata un' idea utile e efficace,dice la Ministro, l'Italia non può accollarsi da sola i costi del controllo dei flussi. Il vero problema rimane come fermare le partenze clandestine. In Libia la situazione è fuori controllo e si è formata una vera associazione di scafisti, che causano l'aumento dei barconi diretti verso l'Italia. Serve una specie di patto simile a quello fatto anni fa da Massimo D'Alema con l'Albania o come abbiamo fatto in Tunisia, dove il pattugliamento delle coste funziona, evidenzia la Pinotti.Ma finché in Libia non si ha un interlocutore preciso è pur vero che trattare rimane un vero sogno.Infine alcune parole spese dalla Ministro sulla vicenda degli aerei caccia F35.Ad oggi il programma è sospeso dice la Pinotti ma gli 80 caccia sono già stati acquistati resta da approvare la decisione in Parlamento anche se i costi vanno comunque abbassati.
La crisi libica continua col suo inquietante carico di angoscia e problematiche geo politiche il nostro ministro della difesa Roberta Pinotti espone le sue opinioni sulle questioni di attualità di questi giorni.Oggi,afferma la ministro,serve una piglio più decisionista e mirare ad una soluzione politica della vicenda libica è la strada migliore.L'Italia spinge per questo tipo di scelta e da mesi sottolinea la gravità del problema Libia per tutto l'Occidente.
Bisogna anche ridimensionare alcune notizie esagerate giunte nelle settimane scorse.L'Isis non ha affatto invaso la Libia ma più corretto dire che alcune cellule si siano infiltrate nel paese,in città come Derna, dove il fondamentalismo islamico era più forte già ai tempi di Gheddafi. Anche nella città di Sirte ci sono infiltrazioni significative. A Tripoli la presenza integralista è recente e ha raggiunto l'apice con l'attentato al Hotel Corinthia che è stato un vero spartiacque: dal quel momento i libici sono diventati più consapevoli rispetto alla reale minaccia rappresentata dallo Stato islamico.
L'Italia ha cercato diplomaticamente di resistere infatti è stato l'ultimo Paese a chiudere la propria ambasciata in Libia. E lo ha fatto per motivi di sicurezza, i rischi si sono elevati al punto che la nostra presenza non era più utile, anzi l'ambasciata poteva diventare un bersaglio.Intato il Consiglio Onu è stato convocato d'urgenza anche grazie alle pressioni di paesi come Francia,Egitto e la stessa Italia questo perchè solo un documento legittimo a livello internazionale potrebbe giustificare l'intervento in Libia. La diplomazia lavora da mesi ma ci sono lentezze, mentre dinanzi la situazione si fa sempre più grave ed urgono interventi immediati.Senza dimenticare poi il problema degli sbarchi.Premesso che il progetto "Mare Nostrum" è stata un' idea utile e efficace,dice la Ministro, l'Italia non può accollarsi da sola i costi del controllo dei flussi. Il vero problema rimane come fermare le partenze clandestine. In Libia la situazione è fuori controllo e si è formata una vera associazione di scafisti, che causano l'aumento dei barconi diretti verso l'Italia. Serve una specie di patto simile a quello fatto anni fa da Massimo D'Alema con l'Albania o come abbiamo fatto in Tunisia, dove il pattugliamento delle coste funziona, evidenzia la Pinotti.Ma finché in Libia non si ha un interlocutore preciso è pur vero che trattare rimane un vero sogno.Infine alcune parole spese dalla Ministro sulla vicenda degli aerei caccia F35.Ad oggi il programma è sospeso dice la Pinotti ma gli 80 caccia sono già stati acquistati resta da approvare la decisione in Parlamento anche se i costi vanno comunque abbassati.
Boschi.Italicum e Presidente le vere priorità.
di Anna De Vitis
Il Ministro delle Riforme elenca gli obiettivi prossimi.
L'elezione per il nuovo Presidente della Repubblica si avvicina e le varie forze politiche del Parlamento cominciano la loro guerra di posizione.La Ministro per le Riforme M.Elena Boschi fa il punto della situazione e cerca di contrassegnare quelli che dovranno essere le linee guida da seguire a livello di accordi politici.In primis la Boschi ha rimproverato le opposizioni a non fermare l'iter dell'Italicum.La pioggia di emendamenti non deve essere una scusa per far arenare la discussione sulla legge elettorale. Il pregio dell'Italicum è che è una legge che stoppa l'inciucio, rottama il consociativismo e può dare un senso concreto al fare politica.Tra le opposizioni si è alzata la voce della capogruppo FI Mara Carfagna, la quale giustamente evidenzia come non sia la Boschi a dover imporre il suo volere alle Camere.
Sul tema scottante del Presidente della Repubblica il discorso si fa ancora più pericoloso.L'equilibrio è sottilissimo e la Boschi afferma come il paese necessiti della guida presidenziale e quindi ogni forma di accordo parlamentare sarà utile ed importante,compreso un patto con gli stessi grillini,lontani anni luce dal fare politica in stile PD.Tornando alla legge elettorale il tema scottante resta quello dei capilista bloccati, condizione definita irrinunciabile da Silvio Berlusconi ma su cui si continua a mediare. Servono accordi molto ampi rimarca la Boschi,solo in tal modo non si perderà altro tempo nelle scelte precise da fare.
Elementi come il premio di maggioranza alla coalizione e non alla lista sono basilari per alcune forze politiche tra cui quella guidata dalla stesso Cavaliere che prova a serrare i ranghi nella sua segreteria e smussare le tensioni interne al partito. Il pericolo concreto che tutti temono è che la minoranza di Forza Italia guidata da Fitto decida di unirsi alla minoranza PD anti-Renzi e in sede di votazione per il Capo dello Stato blocchi l'elezione su qualsiasi nome proposto.La Boschi sottolinea che da FI sarebbero garantiti almeno 150 voti sicuri ma anche da M5S si attendono adesioni e accordi in aula allo scopo di affrontare il voto per il Presidente in modo sereno senza la paura di salti nel buio.
L'elezione per il nuovo Presidente della Repubblica si avvicina e le varie forze politiche del Parlamento cominciano la loro guerra di posizione.La Ministro per le Riforme M.Elena Boschi fa il punto della situazione e cerca di contrassegnare quelli che dovranno essere le linee guida da seguire a livello di accordi politici.In primis la Boschi ha rimproverato le opposizioni a non fermare l'iter dell'Italicum.La pioggia di emendamenti non deve essere una scusa per far arenare la discussione sulla legge elettorale. Il pregio dell'Italicum è che è una legge che stoppa l'inciucio, rottama il consociativismo e può dare un senso concreto al fare politica.Tra le opposizioni si è alzata la voce della capogruppo FI Mara Carfagna, la quale giustamente evidenzia come non sia la Boschi a dover imporre il suo volere alle Camere.
Sul tema scottante del Presidente della Repubblica il discorso si fa ancora più pericoloso.L'equilibrio è sottilissimo e la Boschi afferma come il paese necessiti della guida presidenziale e quindi ogni forma di accordo parlamentare sarà utile ed importante,compreso un patto con gli stessi grillini,lontani anni luce dal fare politica in stile PD.Tornando alla legge elettorale il tema scottante resta quello dei capilista bloccati, condizione definita irrinunciabile da Silvio Berlusconi ma su cui si continua a mediare. Servono accordi molto ampi rimarca la Boschi,solo in tal modo non si perderà altro tempo nelle scelte precise da fare.
Elementi come il premio di maggioranza alla coalizione e non alla lista sono basilari per alcune forze politiche tra cui quella guidata dalla stesso Cavaliere che prova a serrare i ranghi nella sua segreteria e smussare le tensioni interne al partito. Il pericolo concreto che tutti temono è che la minoranza di Forza Italia guidata da Fitto decida di unirsi alla minoranza PD anti-Renzi e in sede di votazione per il Capo dello Stato blocchi l'elezione su qualsiasi nome proposto.La Boschi sottolinea che da FI sarebbero garantiti almeno 150 voti sicuri ma anche da M5S si attendono adesioni e accordi in aula allo scopo di affrontare il voto per il Presidente in modo sereno senza la paura di salti nel buio.
Pinotti.Presto nuove norme antiterrorismo.
di Anna De Vitis
La Ministro espone le sue linee sulla lotta al terrorismo.
L'attacco terroristico avutosi a Parigi ha innalzato l'allerta anche in Italia.La Ministro Pinotti ha di recente detto la sua sulla situazione in essere sottolineando che non solo Parigi ma anche Roma e Milano sono obiettivi sensibili su cui fare attenzione massima.Da mesi il Viminale conosce le identità di ben 50 foreign fighter, potenziali attentatori che potrebbero trovarsi in Italia. Sono quei "lupi solitari" addestrati da al Qaeda o dall'Isis e armati di odio profondo verso l'Occidente.Roberta Pinotti afferma che proprio in vista di un maggiore controllo sul territorio la precedente decisione di ridurre di circa 4200 unità il numero di soldati che presidiano gli obiettivi sensibili. Dopo il sanguinario massacro di Parigi la Pinotti ha convocato d'urgenza il comitato nazionale al Viminale, ha chiesto la prosecuzione dei servizi di vigilanza e il potenziamento delle misure per la sicurezza navale.
Inoltre su sua proposta il governo avrebbe pronta una legge per contrastare i foreign fighter. La ministro evidenzia che si conoscono le loro identità questo significa che sa dove abitano e dove trovarli in caso di arresto.Insieme al premier Matteo Renzi, le nuove norme antiterrorismo verranno presentate al prossimo Consiglio dei ministri. Nella relazione illustrativa la Pinotti sottolinea che di recente le organizzazioni terroristiche hanno palesato sia una necessità di attrazione e di reclutamento di soggetti, al di fuori dei contesti di origine, sia un'inusitata ferocia nel portare attacchi ad obiettivi dei Paesi stranieri che si oppongono ai loro disegni e alla loro visione radicale. Il governo italiano, afferma la Pinotti, chiederà formalmente all'Europarlamento di sbloccare la direttiva che dispone l'accesso alle liste dei passeggeri aerei, il ritiro del passaporto per chi manifesta l'intenzione di lasciare il Paese "per arruolarsi" e l'obbligo di segnalazione per i commercianti che vendono miscele che possono essere utilizzate per la fabbricazione degli esplosivi.
Difesa e ministero degli Interni inoltre applicheranno congiuntamente le norme di prevenzione personale per operare un controllo maggiore di polizia e al tempo stesso intervenire in modo rigido sul web perché coloro che si radicalizzano, coloro che hanno una volontà di indottrinamento, spesso usano quel grande luogo di libertà e di democrazia che è la rete come veicolo di proselitismo. A tale fine la Pinotti intende chiedere esplicitamente una variazione della legge sulla privacy in modo da consentire alle forze di polizia di accedere più agilmente ai dati sensibili e alla registrazione dei siti a rischio.
L'attacco terroristico avutosi a Parigi ha innalzato l'allerta anche in Italia.La Ministro Pinotti ha di recente detto la sua sulla situazione in essere sottolineando che non solo Parigi ma anche Roma e Milano sono obiettivi sensibili su cui fare attenzione massima.Da mesi il Viminale conosce le identità di ben 50 foreign fighter, potenziali attentatori che potrebbero trovarsi in Italia. Sono quei "lupi solitari" addestrati da al Qaeda o dall'Isis e armati di odio profondo verso l'Occidente.Roberta Pinotti afferma che proprio in vista di un maggiore controllo sul territorio la precedente decisione di ridurre di circa 4200 unità il numero di soldati che presidiano gli obiettivi sensibili. Dopo il sanguinario massacro di Parigi la Pinotti ha convocato d'urgenza il comitato nazionale al Viminale, ha chiesto la prosecuzione dei servizi di vigilanza e il potenziamento delle misure per la sicurezza navale.
Inoltre su sua proposta il governo avrebbe pronta una legge per contrastare i foreign fighter. La ministro evidenzia che si conoscono le loro identità questo significa che sa dove abitano e dove trovarli in caso di arresto.Insieme al premier Matteo Renzi, le nuove norme antiterrorismo verranno presentate al prossimo Consiglio dei ministri. Nella relazione illustrativa la Pinotti sottolinea che di recente le organizzazioni terroristiche hanno palesato sia una necessità di attrazione e di reclutamento di soggetti, al di fuori dei contesti di origine, sia un'inusitata ferocia nel portare attacchi ad obiettivi dei Paesi stranieri che si oppongono ai loro disegni e alla loro visione radicale. Il governo italiano, afferma la Pinotti, chiederà formalmente all'Europarlamento di sbloccare la direttiva che dispone l'accesso alle liste dei passeggeri aerei, il ritiro del passaporto per chi manifesta l'intenzione di lasciare il Paese "per arruolarsi" e l'obbligo di segnalazione per i commercianti che vendono miscele che possono essere utilizzate per la fabbricazione degli esplosivi.
Difesa e ministero degli Interni inoltre applicheranno congiuntamente le norme di prevenzione personale per operare un controllo maggiore di polizia e al tempo stesso intervenire in modo rigido sul web perché coloro che si radicalizzano, coloro che hanno una volontà di indottrinamento, spesso usano quel grande luogo di libertà e di democrazia che è la rete come veicolo di proselitismo. A tale fine la Pinotti intende chiedere esplicitamente una variazione della legge sulla privacy in modo da consentire alle forze di polizia di accedere più agilmente ai dati sensibili e alla registrazione dei siti a rischio.
Meloni.Uscire dall'euro potrebbe servire.
di Anna De Vitis
Il pensiero di una donna di destra che non si arrende.
Molti la definiscono la vera mente della destra italiana,una sorta di Almirante in gonna,con le dovute differenze.Altri la criticano per quell'aria perennemente imbronciata.Ma Giorgia Meloni è molto altro.Innanzittutto ci tiene a sottolineare che non è sempre arrabbiata ma è il suo modo di difendersi dagli attacchi che riceve.Sul paragone con Almirante essa stessa sa che forse è troppo ma è comunque vero che nei partiti di destra vera,i suoi Fratelli d'Italia sono forse il gruppo più stabile e coeso che ci sia adesso. Molti inoltre l'hanno definita la LePen italiana ma lei respinge la somiglianza.E' vero che entrambe lottano contro l'euro e la finanza che ingoia i piccoli risparmiatori,ma la Francia è diversa dall'Italia e fare paragoni del genere è solo puro provincialismo.
Si alza netta la sua accusa verso Renzi e Grillo.Il primo è accusato di ipocrisia politica,di ricorrere all'inciucio pur di tirare avanti in Parlamento,il secondo è ritenuto un vero dittatore,chi espelle da un partito solo per parere contrario non è degno del mondo democratico.A chi chiede cosa accadrebbe in caso di ritorno in campo del Cavaliere,la Meloni risponde che ormai Berlusconi ha fatto il suo tempo,può essere un simbolo carismatico per unire i gruppi liberali di destra,ma la politica concreta deve essere fatta da volti e menti nuove,altrimenti il PD avrà davvero vita facile.La Meloni sottolinea la sua contrarietà al recente decreto sul lavoro che mortifica i lavoratori e non apre le porte alle nuove assunzioni perchè agevola solo i licenziamenti senza vere garanzie per i giovani.
L'Italia,afferma la Meloni,dovrebbe seguire strade diverse,staccarsi dal gioco tedesco imposto in Europa e mirare solo ad un recupero del proprio PIL, indipendentemente dai vincoli comunitari che frenano la crescita e bloccano il recupero dal deficit.Una politica che sia veramente italiana,che guardi agli interessi del paese non a quelli degli altri stati membri dell'UE.Per fare questo la Meloni è pronta anche a sostenere un referendum per uscire dall'Euro.Un' idea coraggiosa e pericolosa.La Meloni lo sa benissimo.
Molti la definiscono la vera mente della destra italiana,una sorta di Almirante in gonna,con le dovute differenze.Altri la criticano per quell'aria perennemente imbronciata.Ma Giorgia Meloni è molto altro.Innanzittutto ci tiene a sottolineare che non è sempre arrabbiata ma è il suo modo di difendersi dagli attacchi che riceve.Sul paragone con Almirante essa stessa sa che forse è troppo ma è comunque vero che nei partiti di destra vera,i suoi Fratelli d'Italia sono forse il gruppo più stabile e coeso che ci sia adesso. Molti inoltre l'hanno definita la LePen italiana ma lei respinge la somiglianza.E' vero che entrambe lottano contro l'euro e la finanza che ingoia i piccoli risparmiatori,ma la Francia è diversa dall'Italia e fare paragoni del genere è solo puro provincialismo.
Si alza netta la sua accusa verso Renzi e Grillo.Il primo è accusato di ipocrisia politica,di ricorrere all'inciucio pur di tirare avanti in Parlamento,il secondo è ritenuto un vero dittatore,chi espelle da un partito solo per parere contrario non è degno del mondo democratico.A chi chiede cosa accadrebbe in caso di ritorno in campo del Cavaliere,la Meloni risponde che ormai Berlusconi ha fatto il suo tempo,può essere un simbolo carismatico per unire i gruppi liberali di destra,ma la politica concreta deve essere fatta da volti e menti nuove,altrimenti il PD avrà davvero vita facile.La Meloni sottolinea la sua contrarietà al recente decreto sul lavoro che mortifica i lavoratori e non apre le porte alle nuove assunzioni perchè agevola solo i licenziamenti senza vere garanzie per i giovani.
L'Italia,afferma la Meloni,dovrebbe seguire strade diverse,staccarsi dal gioco tedesco imposto in Europa e mirare solo ad un recupero del proprio PIL, indipendentemente dai vincoli comunitari che frenano la crescita e bloccano il recupero dal deficit.Una politica che sia veramente italiana,che guardi agli interessi del paese non a quelli degli altri stati membri dell'UE.Per fare questo la Meloni è pronta anche a sostenere un referendum per uscire dall'Euro.Un' idea coraggiosa e pericolosa.La Meloni lo sa benissimo.
Carfagna.Idee per un nuovo centro-destra.
di Anna De Vitis
Pensieri e parole per una destra che deve cambiare.
Mara Carfagna è una delle personalità giovani e forti del centro destra berlusconiano e negli ultimi anni il suo peso politico è aumentato anche grazie al forte consenso elettorale che è riuscita ad accumulare nelle varie tornate elettorali,soprattutto nella provincia della sua Salerno.Di recente ha espresso la sua opinione su temi caldi della scena poltica e sulla deriva che FI sta subendo nell'ultimo non felicissimo periodo.La Carfagna parte dalla recente approvazione della legge elettorale.Vanto della politica campana è l'essere riusciti ad inserire nel testo di legge ben due emendamenti presentati dal gruppo forzista tra cui la richiesta di adeguare l'imposta Irap nella regione Campania alla media fiscale nazionale.Era questa una richiesta esplicita del Presidente Caldoro che la stessa Carfagna ha pubblicizzato fin da subito.Un vero successo politico dice.L'attenzione si sposta poi sul Job Act.
La Carfagna sottolinea che si tratta di un testo perfettibile ma l'articolo 18 era un feticcio che bloccava le nuove assunzioni cristallizzando il mercato del lavoro.Una battaglia di FI da anni che Renzi è riuscito a concretizzare e per questo va applaudito.Ovviamente il resto della norma non incontra il placet del gruppo berlusconiano ma questo è normalità politica.La Carfagna evidenzia che FI intende seguire la sua linea parlamentare facendo guerra su tutti i temi,soprattutto economici,non in linea con lo schema governativo.Sulle riforme istituzionali c'è un patto da rispettare e lei come i suoi colleghi si allinieranno al volere del Cavaliere;al paese serve stabilità.
Inoltre la giovane parlamentare si dice felice dei successi che il Comitato a tutela dei diritti civili che lei presiede sta conquistando in questi mesi riuscendo a dare attenzione sul tema sempre delicato delle libertà civili dei cittadini e alimentando studi e proposte che servono molto a migliorare la situazione di particolari aspetti giuridici poco tutelati e protetti,in primis i diritti dei padri single e delle coppie di fatto.Infine la Carfagna si dice preoccupata dei sondaggi elettorali che vedono FI in calo.La colpa forse è legata ai recenti eventi che hanno visto interi pezzi del centro destra sfaldarsi e allontanarsi dal nucleo berlusconiano.Per la Carfagna bisogna ridare unità alla destra italiana e creare un soggetto politico in grado di unire intorno alla carismatica figura del Cavaliere,insomma la porta di FI è sempre aperta,anche per Alfano e la stessa Meloni.
Mara Carfagna è una delle personalità giovani e forti del centro destra berlusconiano e negli ultimi anni il suo peso politico è aumentato anche grazie al forte consenso elettorale che è riuscita ad accumulare nelle varie tornate elettorali,soprattutto nella provincia della sua Salerno.Di recente ha espresso la sua opinione su temi caldi della scena poltica e sulla deriva che FI sta subendo nell'ultimo non felicissimo periodo.La Carfagna parte dalla recente approvazione della legge elettorale.Vanto della politica campana è l'essere riusciti ad inserire nel testo di legge ben due emendamenti presentati dal gruppo forzista tra cui la richiesta di adeguare l'imposta Irap nella regione Campania alla media fiscale nazionale.Era questa una richiesta esplicita del Presidente Caldoro che la stessa Carfagna ha pubblicizzato fin da subito.Un vero successo politico dice.L'attenzione si sposta poi sul Job Act.
La Carfagna sottolinea che si tratta di un testo perfettibile ma l'articolo 18 era un feticcio che bloccava le nuove assunzioni cristallizzando il mercato del lavoro.Una battaglia di FI da anni che Renzi è riuscito a concretizzare e per questo va applaudito.Ovviamente il resto della norma non incontra il placet del gruppo berlusconiano ma questo è normalità politica.La Carfagna evidenzia che FI intende seguire la sua linea parlamentare facendo guerra su tutti i temi,soprattutto economici,non in linea con lo schema governativo.Sulle riforme istituzionali c'è un patto da rispettare e lei come i suoi colleghi si allinieranno al volere del Cavaliere;al paese serve stabilità.
Inoltre la giovane parlamentare si dice felice dei successi che il Comitato a tutela dei diritti civili che lei presiede sta conquistando in questi mesi riuscendo a dare attenzione sul tema sempre delicato delle libertà civili dei cittadini e alimentando studi e proposte che servono molto a migliorare la situazione di particolari aspetti giuridici poco tutelati e protetti,in primis i diritti dei padri single e delle coppie di fatto.Infine la Carfagna si dice preoccupata dei sondaggi elettorali che vedono FI in calo.La colpa forse è legata ai recenti eventi che hanno visto interi pezzi del centro destra sfaldarsi e allontanarsi dal nucleo berlusconiano.Per la Carfagna bisogna ridare unità alla destra italiana e creare un soggetto politico in grado di unire intorno alla carismatica figura del Cavaliere,insomma la porta di FI è sempre aperta,anche per Alfano e la stessa Meloni.
Bernini.FI sosterrà con lealtà Renzi.
di Anna De Vitis
Appoggio al governo ma patti chiari sul futuro.
Anna Maria Bernini è una delle più longeve senatrici di Forza Italia e la sua indole pacata ma ferma è stata spesso utilissima nelle battaglie politiche del centro-destra berlusconiano.Le sue ultime parole sull'attualità politica sono piuttosto decise.Matteo Renzi deve avere coraggio e coscienza per chiedere all’Europa e in particolare alla Germania un’applicazione elastica dei vincoli di Maastricht e del Patto di Stabilità. Un occhio di riguardo,dice la Bernini,va poi tenuto per la riforma della giustizia che va inserita tra le priorità del governo, a maggior ragione dopo il rapporto annuale della Commissione Europea sui sistemi giudiziari dei Paesi UE che vede l’Italia ultima per numero di cause civili pendenti e penultima, prima di Malta, per lunghezza dei processi civili con 500 giorni di media nel 2013 rispetto ai 400 del 2012. Insoma è davvero una situazione scandalosa e inaccettabile per un Paese che aspira a restare nel gruppo di testa della UE.Altrimenti si finisce per respingere gli investitori stranieri che chiedono certezza del diritto ed efficacia del processo.
La Bernini inoltre nel recente vertice di Dublino del Ppe era presente con i colleghi di Forza Italia e in quella sede ha ribadito l'utilità di considerare la riforma della giustizia in tutta Europa una priorità per l’Europarlamento. Su questo si gioca una battaglia di civiltà, ma anche di competitività e crescita economica.Parole nette sono state poi elargite sul complicato rapporto tra Forza Italia e Ncd, è infatti difficile ragionare in termini di alleanze, perchè molte sono le perplessità anche dello stesso presidente Berlusconi,ma la destra non va divisa,bensì unita su temi comuni.
La gente di destra è ancora fortemente scossa per quello che è successo un anno fa, quando una parte del Pdl si è staccata e ha fondato Ncd, decidendo di continuare a sostenere il governo Letta nonostante si trattasse di un governo palesemente di sinistra.Nonostante Letta e nonostante Renzi, il paese,sottolinea la Bernini è ancora in fase di crisi ma FI è pronta a sostenere lealmente il governo per aiutare l'approvazione delle riforme basilari,utili al paese.Fatto questo però FI seguirà la sua strada,ben lontana dai piani renziani.
Anna Maria Bernini è una delle più longeve senatrici di Forza Italia e la sua indole pacata ma ferma è stata spesso utilissima nelle battaglie politiche del centro-destra berlusconiano.Le sue ultime parole sull'attualità politica sono piuttosto decise.Matteo Renzi deve avere coraggio e coscienza per chiedere all’Europa e in particolare alla Germania un’applicazione elastica dei vincoli di Maastricht e del Patto di Stabilità. Un occhio di riguardo,dice la Bernini,va poi tenuto per la riforma della giustizia che va inserita tra le priorità del governo, a maggior ragione dopo il rapporto annuale della Commissione Europea sui sistemi giudiziari dei Paesi UE che vede l’Italia ultima per numero di cause civili pendenti e penultima, prima di Malta, per lunghezza dei processi civili con 500 giorni di media nel 2013 rispetto ai 400 del 2012. Insoma è davvero una situazione scandalosa e inaccettabile per un Paese che aspira a restare nel gruppo di testa della UE.Altrimenti si finisce per respingere gli investitori stranieri che chiedono certezza del diritto ed efficacia del processo.
La Bernini inoltre nel recente vertice di Dublino del Ppe era presente con i colleghi di Forza Italia e in quella sede ha ribadito l'utilità di considerare la riforma della giustizia in tutta Europa una priorità per l’Europarlamento. Su questo si gioca una battaglia di civiltà, ma anche di competitività e crescita economica.Parole nette sono state poi elargite sul complicato rapporto tra Forza Italia e Ncd, è infatti difficile ragionare in termini di alleanze, perchè molte sono le perplessità anche dello stesso presidente Berlusconi,ma la destra non va divisa,bensì unita su temi comuni.
La gente di destra è ancora fortemente scossa per quello che è successo un anno fa, quando una parte del Pdl si è staccata e ha fondato Ncd, decidendo di continuare a sostenere il governo Letta nonostante si trattasse di un governo palesemente di sinistra.Nonostante Letta e nonostante Renzi, il paese,sottolinea la Bernini è ancora in fase di crisi ma FI è pronta a sostenere lealmente il governo per aiutare l'approvazione delle riforme basilari,utili al paese.Fatto questo però FI seguirà la sua strada,ben lontana dai piani renziani.
PD.Caos senza fine sulle riforme.
di Anna De Vitis
Sfiorata la scissione tra maggioranza e minoranza PD.
Alta tensione nel PD in sede di Commissione per le riforme costituzionali.Netta frattura tra la maggioranza e la minoranza del partito costituita da sette parlamentari che per protesta hanno abbandonato l'aula al momento della votazione.Nonostante tutto arriva però il primo sì della Camera alla riforma del bicameralismo e del Titolo V della Costituzione. La commissione Affari costituzionali di Montecitorio,con la Finocchiaro e la Boschi come simboli istituzionali,ha approvato il testo che la settimana prossima giungerà in Aula. Un risultato importante per il governo, ottenuto poco prima della mezzanotte dopo una giornata tesissima, soprattutto a causa del suddetto scontro interno al Pd.
La giornata è stata caotica ed infatti anche i rappresentanti di Lega e M5s in serata hanno deciso di lasciare i loro posti e affidare interamente alla maggioranza la responsabilità del nuovo impianto costituzionale.Lì sono nati i problemi per l'esecutivo perchè sette deputati dem per protesta hanno chiesto la loro sostituzione e le parole stesse di Filippo Civati fanno addirittura credere ad una netta scissione. Alla fine gli esponenti della minoranza Pd sono usciti dalla Commissione e non hanno preso parte al voto dei pochi emendamenti rimasti.Quindi a questo punto la frattura nel PD sembra evidente proprio perchè emersa nella sua forza nel corso della commissione Affari costituzionali della Camera, impegnata a discutere la riforma di bicameralismo e Titolo V.
Al ddl sulle riforme sono comunque state apportate notevoli modifiche comprese alcune richieste della minoranza dem. Questo atteggiamento di disponibilità non è stato sufficiente per evitare la frattura che Finocchiaro e Boschi hanno cercato di minimizzare ma con scarsi risultati. Ora la prossima assemblea PD si annuncia ad alta tensione, con aria da resa dei conti.I deputati ribelli del partito sono stati Cuperlo, Lattuca, Pollastrini, Bindi, Agostini, D'Attorre e Giorgis rappresentanti di una certa minoranza dem non più disposta ad obbedire alle parole di Renzi senza beneficio di critica.
Alta tensione nel PD in sede di Commissione per le riforme costituzionali.Netta frattura tra la maggioranza e la minoranza del partito costituita da sette parlamentari che per protesta hanno abbandonato l'aula al momento della votazione.Nonostante tutto arriva però il primo sì della Camera alla riforma del bicameralismo e del Titolo V della Costituzione. La commissione Affari costituzionali di Montecitorio,con la Finocchiaro e la Boschi come simboli istituzionali,ha approvato il testo che la settimana prossima giungerà in Aula. Un risultato importante per il governo, ottenuto poco prima della mezzanotte dopo una giornata tesissima, soprattutto a causa del suddetto scontro interno al Pd.
La giornata è stata caotica ed infatti anche i rappresentanti di Lega e M5s in serata hanno deciso di lasciare i loro posti e affidare interamente alla maggioranza la responsabilità del nuovo impianto costituzionale.Lì sono nati i problemi per l'esecutivo perchè sette deputati dem per protesta hanno chiesto la loro sostituzione e le parole stesse di Filippo Civati fanno addirittura credere ad una netta scissione. Alla fine gli esponenti della minoranza Pd sono usciti dalla Commissione e non hanno preso parte al voto dei pochi emendamenti rimasti.Quindi a questo punto la frattura nel PD sembra evidente proprio perchè emersa nella sua forza nel corso della commissione Affari costituzionali della Camera, impegnata a discutere la riforma di bicameralismo e Titolo V.
Al ddl sulle riforme sono comunque state apportate notevoli modifiche comprese alcune richieste della minoranza dem. Questo atteggiamento di disponibilità non è stato sufficiente per evitare la frattura che Finocchiaro e Boschi hanno cercato di minimizzare ma con scarsi risultati. Ora la prossima assemblea PD si annuncia ad alta tensione, con aria da resa dei conti.I deputati ribelli del partito sono stati Cuperlo, Lattuca, Pollastrini, Bindi, Agostini, D'Attorre e Giorgis rappresentanti di una certa minoranza dem non più disposta ad obbedire alle parole di Renzi senza beneficio di critica.
La Moretti: il nuovo Presidente sarà donna.
di Anna De Vitis
Idee chiare e nette per l'europarlamentare renziana.
Alessandra Moretti è una delle nuove anime del PD di Renzi e alle ultime elezioni europee ha riscosso un notevole seguito elettorale tanto da essere eletta a Bruxelles.Di recente ha espresso le sue opinioni sui temi di attualità politica compresa la successione alla poltrona di Presidente della Repubblica e al patto di alleanza politica con Berlusconi.La Moretti afferma che Napolitano non deve abbandonare il suo mandato ma se ciò dovesse accadere forse è davvero giunto il momento di scegliere una donna per la più alta carica dello Stato. Il Colle non smentisce né conferma le dimissioni eventuali di Napolitano quindi la vicenda si fa appassionante da un punto di vista politico. Per la Moretti Napolitano è una vera garanzia di equilibrio istituzionale e una figura necessarria per aiutare il processo di riforma del paese cui lo stesso ha vincolato la sua rielezione. Infatti il Presidente ha accettato il secondo mandato a patto che il Parlamento si impegnasse nella realizzazione delle riforme istituzionali; quindi a maggior ragione il fatto che Napolitano abbia fatto intendere la possibilità concreta delle dimissioni, deve portare le forze politiche ad assumersi una grande responsabilità e ad accelerare il percorso. Il tema però non sarebbe collegato,dice la Moretti al celebre patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi perché di fatto era già implicito che le forze della maggioranza e dell’opposizione dovessero lavorare insieme per completare le riforme istituzionali e la modifica della legge elettorale.
Il Governo Renzi si è posto l'obiettivo di governare il paese aiutando il processo di uscita dalla crisi economica, garantire il compimento delle riforme istituzionali perché si è assunto un impegno molto preciso con gli elettori che gli hanno dato pieno mandato alle elezioni europee. Ovviamente se il patto del Nazareno tiene o non tiene lo vedremo nei prossimi giorni perché al Senato inizia la discussione sulla legge elettorale: da lì si vedrà se il leader di Fi manterrà fede a quanto detto anche se la Moretti sottolinea di non avere enorme fiducia in Berlusconi poichè negli ultimi venti anni si è sempre sfilato dalle cose che aveva promesso e dagli impegni che diceva di voler assumere nel confronto con gli interlocutori e leader politici del momento. Basti ricordare il dietrofront che fece nel ’97 sulla Bicamerale con Massimno D’Alema o ciò che ha continuato a fare anche dopo, ad esempio con Veltroni, Prodi e in ultimo con Letta.Le riforme istituzionali però vanno fatte con tutte le forze politiche e dunque coinvolgendo i partiti che oggi sono all’opposizione anche se il Governo possiede i numeri necessari per il suo percorso.
Sul piano prettamente tecnico, le ipotetiche dimissioni di Napolitano non comporterebbero il ricorso alle urne per poi eleggere il successore, non sarebbero automatiche le elezioni anticipate. Non c’è alcun collegamento diretto.La speranza concreta è che Napolitano resti al suo posto per incalzare le Camere a portare avanti l’obiettivo comune delle riforme necessarie al Paese. Ma nel caso in cui Napolitano verrebbe meno già si fa un toto-Presidente e i tempi sarebbero maturi anche per un Presidente donna. La Moretti ne è convinta sottolineando che oggi è il tempo delle donne, ormai la società e anche la politica hanno preso atto dell’importanza e del valore delle donne in ruoli di vertice. Fatta questa premessa, è chiaro che si dovrà individuare una figura di grande equilibrio, statura morale e politica, di elevato profilo istituzionale.I nomi che circolano sono quelli di Pinotti e Finocchiaro.Infine qualche parola su Civati, Fassina, Mineo, Bersani e tutti i dissidenti dem.Nessuno crede in una vera loro uscita dal PD ma la loro protesta deve stimolare al confronto democratico continuo.Il PD è uno e uno deve restare.
Alessandra Moretti è una delle nuove anime del PD di Renzi e alle ultime elezioni europee ha riscosso un notevole seguito elettorale tanto da essere eletta a Bruxelles.Di recente ha espresso le sue opinioni sui temi di attualità politica compresa la successione alla poltrona di Presidente della Repubblica e al patto di alleanza politica con Berlusconi.La Moretti afferma che Napolitano non deve abbandonare il suo mandato ma se ciò dovesse accadere forse è davvero giunto il momento di scegliere una donna per la più alta carica dello Stato. Il Colle non smentisce né conferma le dimissioni eventuali di Napolitano quindi la vicenda si fa appassionante da un punto di vista politico. Per la Moretti Napolitano è una vera garanzia di equilibrio istituzionale e una figura necessarria per aiutare il processo di riforma del paese cui lo stesso ha vincolato la sua rielezione. Infatti il Presidente ha accettato il secondo mandato a patto che il Parlamento si impegnasse nella realizzazione delle riforme istituzionali; quindi a maggior ragione il fatto che Napolitano abbia fatto intendere la possibilità concreta delle dimissioni, deve portare le forze politiche ad assumersi una grande responsabilità e ad accelerare il percorso. Il tema però non sarebbe collegato,dice la Moretti al celebre patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi perché di fatto era già implicito che le forze della maggioranza e dell’opposizione dovessero lavorare insieme per completare le riforme istituzionali e la modifica della legge elettorale.
Il Governo Renzi si è posto l'obiettivo di governare il paese aiutando il processo di uscita dalla crisi economica, garantire il compimento delle riforme istituzionali perché si è assunto un impegno molto preciso con gli elettori che gli hanno dato pieno mandato alle elezioni europee. Ovviamente se il patto del Nazareno tiene o non tiene lo vedremo nei prossimi giorni perché al Senato inizia la discussione sulla legge elettorale: da lì si vedrà se il leader di Fi manterrà fede a quanto detto anche se la Moretti sottolinea di non avere enorme fiducia in Berlusconi poichè negli ultimi venti anni si è sempre sfilato dalle cose che aveva promesso e dagli impegni che diceva di voler assumere nel confronto con gli interlocutori e leader politici del momento. Basti ricordare il dietrofront che fece nel ’97 sulla Bicamerale con Massimno D’Alema o ciò che ha continuato a fare anche dopo, ad esempio con Veltroni, Prodi e in ultimo con Letta.Le riforme istituzionali però vanno fatte con tutte le forze politiche e dunque coinvolgendo i partiti che oggi sono all’opposizione anche se il Governo possiede i numeri necessari per il suo percorso.
Sul piano prettamente tecnico, le ipotetiche dimissioni di Napolitano non comporterebbero il ricorso alle urne per poi eleggere il successore, non sarebbero automatiche le elezioni anticipate. Non c’è alcun collegamento diretto.La speranza concreta è che Napolitano resti al suo posto per incalzare le Camere a portare avanti l’obiettivo comune delle riforme necessarie al Paese. Ma nel caso in cui Napolitano verrebbe meno già si fa un toto-Presidente e i tempi sarebbero maturi anche per un Presidente donna. La Moretti ne è convinta sottolineando che oggi è il tempo delle donne, ormai la società e anche la politica hanno preso atto dell’importanza e del valore delle donne in ruoli di vertice. Fatta questa premessa, è chiaro che si dovrà individuare una figura di grande equilibrio, statura morale e politica, di elevato profilo istituzionale.I nomi che circolano sono quelli di Pinotti e Finocchiaro.Infine qualche parola su Civati, Fassina, Mineo, Bersani e tutti i dissidenti dem.Nessuno crede in una vera loro uscita dal PD ma la loro protesta deve stimolare al confronto democratico continuo.Il PD è uno e uno deve restare.
La Boschi incita Renzi a non fermarsi.
di Anna De Vitis
Il vento riformatore del Governo non deve cessare.
Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi non pone freni all'attività riformatrice del Governo ben delineando però una serie di emergenze cui far fronte,soprattutto economia e lavoro.Mentre invece il tema della riforma pensionistica viene spostato più avanti e non con intenti rivoluzionari.Anzi la Boschi rallenta su una possibile riforma delle pensioni. Le posizioni dell'esecutivo sono simili con quelle del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. All'orizzonte non si intravedono notizie incoraggianti sul fronte della riforma delle pensioni. Nonostante il gran parlare fatto dopo il varo della legge di stabilità, a regnare è l'immobilismo sul fronte previdenziale. L'ennesima conferma è arrivata dalle recenti parole proprio di Maria Elena Boschi, ospite ad un convegno a Roma. La Ministro ha evidenziato che nell'immediato non ci sono misure in cantiere da parte del governo a sostegno dei pensionati. L'ipotesi più probabile però è l'estensione del bonus di 80 euro o inoltre la definizione di una nuova no tax area.Su questo punto la Boschi invita Renzi a proseguire il piano di interventi dal punto di vista economico.
Le parole della Boschi si uniscono alle recenti dichiarazioni del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, anche egli sempre molto restio a cambiare la struttura previdenziale messa in piedi dall'ex ministro Elsa Fornero. Secondo la Ministro inoltre la riforma del mercato del lavoro per essere pienamente funzionante ed efficiente dovrà essere sostenuta da risorse quantitativamente adeguate, per rafforzare e rendere più inclusiva la rete degli ammortizzatori sociali. Insomma il tema welfare è molto sentito ma non dal lato delle pensioni. Con buona pace di sindacati ed emergenze sociali. I fondi che il Governo ha messo da parte allora verranno dirottati sul lavoro.Ma quali sono le principali misure pensate dal governo Renzi?
La Boschi li espone in modo chiaro: per i nuovi assunti a tempo indeterminato le tutele crescenti, il reintegro per licenziamenti economici è sostituito dal solo indennizzo crescente con l'anzianità. Quello previsto dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori resta per i licenziamenti discriminatori, promozione del contratto a tempo indeterminato rendendolo più conveniente rispetto ad altri tipi di contratto. Senza dimenticare il riordino delle tipologie contrattuali: in primis l'abolizione delle forme più discriminanti come i celebri CoCoPro.
Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi non pone freni all'attività riformatrice del Governo ben delineando però una serie di emergenze cui far fronte,soprattutto economia e lavoro.Mentre invece il tema della riforma pensionistica viene spostato più avanti e non con intenti rivoluzionari.Anzi la Boschi rallenta su una possibile riforma delle pensioni. Le posizioni dell'esecutivo sono simili con quelle del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. All'orizzonte non si intravedono notizie incoraggianti sul fronte della riforma delle pensioni. Nonostante il gran parlare fatto dopo il varo della legge di stabilità, a regnare è l'immobilismo sul fronte previdenziale. L'ennesima conferma è arrivata dalle recenti parole proprio di Maria Elena Boschi, ospite ad un convegno a Roma. La Ministro ha evidenziato che nell'immediato non ci sono misure in cantiere da parte del governo a sostegno dei pensionati. L'ipotesi più probabile però è l'estensione del bonus di 80 euro o inoltre la definizione di una nuova no tax area.Su questo punto la Boschi invita Renzi a proseguire il piano di interventi dal punto di vista economico.
Le parole della Boschi si uniscono alle recenti dichiarazioni del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, anche egli sempre molto restio a cambiare la struttura previdenziale messa in piedi dall'ex ministro Elsa Fornero. Secondo la Ministro inoltre la riforma del mercato del lavoro per essere pienamente funzionante ed efficiente dovrà essere sostenuta da risorse quantitativamente adeguate, per rafforzare e rendere più inclusiva la rete degli ammortizzatori sociali. Insomma il tema welfare è molto sentito ma non dal lato delle pensioni. Con buona pace di sindacati ed emergenze sociali. I fondi che il Governo ha messo da parte allora verranno dirottati sul lavoro.Ma quali sono le principali misure pensate dal governo Renzi?
La Boschi li espone in modo chiaro: per i nuovi assunti a tempo indeterminato le tutele crescenti, il reintegro per licenziamenti economici è sostituito dal solo indennizzo crescente con l'anzianità. Quello previsto dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori resta per i licenziamenti discriminatori, promozione del contratto a tempo indeterminato rendendolo più conveniente rispetto ad altri tipi di contratto. Senza dimenticare il riordino delle tipologie contrattuali: in primis l'abolizione delle forme più discriminanti come i celebri CoCoPro.
Berlusconi riapre la trattativa col Governo.
di Anna De Vitis
PD e Forza Italia tornano a trattare sulle riforme.
Silvio Berlusconi non demorde e cerca di mantenere viva la sua presenza nello scenario politico italiano.Colui il quale Renzi ha definito il «temporeggiatore» a causa dei suoi tentennamenti nella trattativa con il Governo in tema di legge elettorale e riforme adesso sembra aver rotto gli indugi. Il Cavaliere avrebbe dato il suo assenso all'appoggio all'esecutivo Renzi approvando il premio di maggioranza alla lista nella nuova legge elettorale. Dentro FI c'è però aria di vendetta.Da una parte Denis Verdini e dall'altra Fitto che si oppone alle trattative col PD e reputa la scelta berlusconiana una sorta di suicidio politico perchè favorirebbe troppo il PD alle prossime elezioni. Una scelta del genere inoltre impedirebbe poi ai vari partiti della destra italiana di unirsi sotto il simbolo di una coalizione con a capo Forza Italia. La stragrande maggioranza dei parlamentari azzurri è quindi contraria già nell'immediatezza del Patto del Nazareno quando i due leader di PD e FI si incontrarono per dare governabilità al paese e speranze al bipolarismo in effetti ci furono molte voci contrarie.
Già in quei giorni però i generali di FI sottolinearono al Cavaliere come un accordo del genere avrebbe potuto nuocere al tentativo di unificare la Lega, i Fratelli d’Italia, ed eventualmente Ncd e Udc in un unico listone elettorale.Ma Berlusconi stimava e stima molto politicamente Renzi soprattutto la sua voglia di abbattere i pezzi antichi del PD e dare aria nuova al paese. Renzi conta ancora molto sul sostegno di Berlusconi per il bene del paese mentre il Cavaliere e combattuto con le anime interne di FI. Intanto la legge elettorale fa il suo percorso parlamentare e a breve inizierà la sua discussione al Senato,bisognerà quindi individuare un accordo politico completo: nominare due relatori, uno di maggioranza e uno di opposizione. Se FI approva il patto potrà scegliere un suo relatore altrimenti il rischio è che venga scelto un Grillino con tutti i pericoli del caso.
Il negoziato è utile e proficuo ha evidenziato la Serracchiani e Berlusconi deve decidere se preferisce dare stabilità al paese o soddisfare le voglie di vendetta politica dei vari Fitto e Verdini.Il punto su cui la trattativa PD-FI potrebbe inclinarsi è la particolare norma contenuta nel testo dell’Italicum per evitare elezioni anticipate. Renzi vuole cancellarla per avere la possibilità di conquistare il premio di maggioranza alla Camera e al Senato,FI invece vorrebbe tenerla per tutelare gli interessi propri.La paura del Cavaliere è quella di correre il rischio di farsi usare da Renzi per approvare la legge e poi perdere peso politico.Tutto qui sta il nucleo della trattativa.
Silvio Berlusconi non demorde e cerca di mantenere viva la sua presenza nello scenario politico italiano.Colui il quale Renzi ha definito il «temporeggiatore» a causa dei suoi tentennamenti nella trattativa con il Governo in tema di legge elettorale e riforme adesso sembra aver rotto gli indugi. Il Cavaliere avrebbe dato il suo assenso all'appoggio all'esecutivo Renzi approvando il premio di maggioranza alla lista nella nuova legge elettorale. Dentro FI c'è però aria di vendetta.Da una parte Denis Verdini e dall'altra Fitto che si oppone alle trattative col PD e reputa la scelta berlusconiana una sorta di suicidio politico perchè favorirebbe troppo il PD alle prossime elezioni. Una scelta del genere inoltre impedirebbe poi ai vari partiti della destra italiana di unirsi sotto il simbolo di una coalizione con a capo Forza Italia. La stragrande maggioranza dei parlamentari azzurri è quindi contraria già nell'immediatezza del Patto del Nazareno quando i due leader di PD e FI si incontrarono per dare governabilità al paese e speranze al bipolarismo in effetti ci furono molte voci contrarie.
Già in quei giorni però i generali di FI sottolinearono al Cavaliere come un accordo del genere avrebbe potuto nuocere al tentativo di unificare la Lega, i Fratelli d’Italia, ed eventualmente Ncd e Udc in un unico listone elettorale.Ma Berlusconi stimava e stima molto politicamente Renzi soprattutto la sua voglia di abbattere i pezzi antichi del PD e dare aria nuova al paese. Renzi conta ancora molto sul sostegno di Berlusconi per il bene del paese mentre il Cavaliere e combattuto con le anime interne di FI. Intanto la legge elettorale fa il suo percorso parlamentare e a breve inizierà la sua discussione al Senato,bisognerà quindi individuare un accordo politico completo: nominare due relatori, uno di maggioranza e uno di opposizione. Se FI approva il patto potrà scegliere un suo relatore altrimenti il rischio è che venga scelto un Grillino con tutti i pericoli del caso.
Il negoziato è utile e proficuo ha evidenziato la Serracchiani e Berlusconi deve decidere se preferisce dare stabilità al paese o soddisfare le voglie di vendetta politica dei vari Fitto e Verdini.Il punto su cui la trattativa PD-FI potrebbe inclinarsi è la particolare norma contenuta nel testo dell’Italicum per evitare elezioni anticipate. Renzi vuole cancellarla per avere la possibilità di conquistare il premio di maggioranza alla Camera e al Senato,FI invece vorrebbe tenerla per tutelare gli interessi propri.La paura del Cavaliere è quella di correre il rischio di farsi usare da Renzi per approvare la legge e poi perdere peso politico.Tutto qui sta il nucleo della trattativa.
Gelmini:FI è pronta a scendere in piazza.
di Anna De Vitis
La capo-gruppo di FI espone le critiche alle recenti riforme.
Maria Stella Gelmini era ed è una delle anime forti di Forza Italia e ben rappresenta il volere berlusconiano su diverse tematiche di rilevanza nazionale in primis il tema del fisco.Di recente l'ex ministro dell'Istruzione ha sottolineato che FI è ben pronta a sventolare la bandiera anti-fisco in difesa di quella parte di italiani più colpita dalla crisi economica degli ultimi anni.Ad esempio se ci si rivolge alla casa, dal 2011 a oggi la tassazione é triplicata proprio perché, essendo il bene più largamente diffuso, é anche quello da cui lo Stato riesce ad ottenere più soldi che su qualsiasi altro bene. Forza Italia,afferma la Gelmini, é pronta a chiamare gli italiani alla mobilitazione per salvare l’ultimo tetto che ci ripara dallo Stato padrone. L'attuale governo Renzi sembra infatti essersi posizionato sullo schema dei precedenti esecutivi guidati da Letta e da Monti. Infatti predisposta la nuova riforma del catasto, e con le attuali aliquote fiscali, la casa diventerà un lusso esclusivo per pochi. La prima casa deve diventare invece un bene socialmente utile, il rifugio in cui la famiglia si ritrova. Rendere ipertassabile questo bene, significa impoverire l’istituto familiare. Forza Italia si opporrà a ciò e sarà pronta a dare battaglia in Parlamento e nelle piazze.
Se si passa poi al tema del lavoro, non si può non ritenere che decreto legge sul lavoro approvato definitivamente in Parlamento é una nuova, grande occasione perduta dal governo per fare una delle riforme più attese dai mercati e dall’Europa. In occasione della conversione del Decreto Legge é stato evidente come il Governo si sia dimostrato debole,cedendo in modo netto alla parte più intransigente del suo partito, alla minoranza interna e alle pressioni della CGIL.Il risultato di tutto ciò é un decreto legge simbolo di compromessi e accordi sottobanco dove anche Ncd ha ottenuto al Senato piccole correzioni.Tutto questo però non fa che causare confusione e posticipare la ripresa economica ed occupazionale attesa da anni in Italia. Anche su tale argomento FI lotterà protestando in ogni sede.Il Job Act è,secondo la Gelmini, un testo negativo sia sui contratti a termine (limite 20%, proroghe ridotte da 8 a 5, priorità ai lavoratori a termine per i contratti a tempo indeterminato), sia sull’apprendistato (restano tutti i vincoli pregressi, solo in misura ridotta).
Insomma un atto governativo cieco,senza coraggio e senza mordente, di cui preoccupa la modifica immessa al Senato secondo cui il testo di legge interverrebbe nelle more dell’adozione di un testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro, con la previsione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente. Tutto ciò è per Forza Italia inammissibile,perchè non si può con la forza imporre un'unica forma contrattuale eliminando le attuali forme di flessibilità soprattutto se la caratteristica dell'indeterminatezza del contratto rimane solo formale.Un evidente passo indietro in materia lavorativa.Il partito del Cavaliere affila le sue armi e la piazza sarà un campo di battaglia in cui misurarsi in questo autunno 2014.
Maria Stella Gelmini era ed è una delle anime forti di Forza Italia e ben rappresenta il volere berlusconiano su diverse tematiche di rilevanza nazionale in primis il tema del fisco.Di recente l'ex ministro dell'Istruzione ha sottolineato che FI è ben pronta a sventolare la bandiera anti-fisco in difesa di quella parte di italiani più colpita dalla crisi economica degli ultimi anni.Ad esempio se ci si rivolge alla casa, dal 2011 a oggi la tassazione é triplicata proprio perché, essendo il bene più largamente diffuso, é anche quello da cui lo Stato riesce ad ottenere più soldi che su qualsiasi altro bene. Forza Italia,afferma la Gelmini, é pronta a chiamare gli italiani alla mobilitazione per salvare l’ultimo tetto che ci ripara dallo Stato padrone. L'attuale governo Renzi sembra infatti essersi posizionato sullo schema dei precedenti esecutivi guidati da Letta e da Monti. Infatti predisposta la nuova riforma del catasto, e con le attuali aliquote fiscali, la casa diventerà un lusso esclusivo per pochi. La prima casa deve diventare invece un bene socialmente utile, il rifugio in cui la famiglia si ritrova. Rendere ipertassabile questo bene, significa impoverire l’istituto familiare. Forza Italia si opporrà a ciò e sarà pronta a dare battaglia in Parlamento e nelle piazze.
Se si passa poi al tema del lavoro, non si può non ritenere che decreto legge sul lavoro approvato definitivamente in Parlamento é una nuova, grande occasione perduta dal governo per fare una delle riforme più attese dai mercati e dall’Europa. In occasione della conversione del Decreto Legge é stato evidente come il Governo si sia dimostrato debole,cedendo in modo netto alla parte più intransigente del suo partito, alla minoranza interna e alle pressioni della CGIL.Il risultato di tutto ciò é un decreto legge simbolo di compromessi e accordi sottobanco dove anche Ncd ha ottenuto al Senato piccole correzioni.Tutto questo però non fa che causare confusione e posticipare la ripresa economica ed occupazionale attesa da anni in Italia. Anche su tale argomento FI lotterà protestando in ogni sede.Il Job Act è,secondo la Gelmini, un testo negativo sia sui contratti a termine (limite 20%, proroghe ridotte da 8 a 5, priorità ai lavoratori a termine per i contratti a tempo indeterminato), sia sull’apprendistato (restano tutti i vincoli pregressi, solo in misura ridotta).
Insomma un atto governativo cieco,senza coraggio e senza mordente, di cui preoccupa la modifica immessa al Senato secondo cui il testo di legge interverrebbe nelle more dell’adozione di un testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro, con la previsione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente. Tutto ciò è per Forza Italia inammissibile,perchè non si può con la forza imporre un'unica forma contrattuale eliminando le attuali forme di flessibilità soprattutto se la caratteristica dell'indeterminatezza del contratto rimane solo formale.Un evidente passo indietro in materia lavorativa.Il partito del Cavaliere affila le sue armi e la piazza sarà un campo di battaglia in cui misurarsi in questo autunno 2014.
Biancofiore: basta egoismi nella destra.
di Anna De Vitis
Parole di fuoco da una vera berlusconiana doc.
Micaela Biancofiore è una delle anime più calde del partito berlusconiano e di recente ha esposto tutta la sua seria preoccupazione sulla situazione politica inerente la destra italiana. L’ex Sottosegretaria di Stato con delega alla Pubblica amministrazione e la semplificazione, ha avuto parole dure e critiche sia verso Alfano sia verso lo stesso Cicchitto.La Biancofiore sottolinea che i due politici sembrano affetti da vero delirio di onnipotenza e andrebbero perlomeno fermati o comunque neutralizzati visto che spesso sembrano pontificare come fossero depositari della sola verità politica del paese.
Alfano viene accusato di aver egoisticamente pensato solo alla sua poltrona ministeriale e a tal scopo avrebbe smembrato la destra italiana creando un partitino inutile, favorendo l'emorragia di voti verso il PD renziano. Una scelta sciocca e avida di potere che però gli elettori hanno già punito alle ultime europee. La berlusconiana doc ha parole forti anche verso Cicchitto ritenuto una sorta di anima nera dentro a FI.Un politico che crede solo nel suo ideale personale e che potrebbe pugnalare il Cavaliere da un momento all'altro in caso di interesse soggettivo.Non invoca un' epurazione dentro al partito ma una diminuzione di potere nelle mani di persone poco fedeli e collaborative.
Il futuro della destra italiana,secondo la Biancofiore,andrebbe indirizzato verso la via moderata.La gente non cerca ideologie ma vuole lavoro e ripresa economica.Solo dando compattezza al partito e unificando le forze sparse si potrà ricreare la valida alternativa alla sinistra e cercare di ostacolare Renzi e le sue visioni irreali del paese.Berlusconi è il solo collante,l'unico emblema carismatico del pensiero liberale in Italia; una risorsa del genere non va sprecata seguendo i soliti egoismi politici.Alfano e Cicchitto sono avvisati.
Micaela Biancofiore è una delle anime più calde del partito berlusconiano e di recente ha esposto tutta la sua seria preoccupazione sulla situazione politica inerente la destra italiana. L’ex Sottosegretaria di Stato con delega alla Pubblica amministrazione e la semplificazione, ha avuto parole dure e critiche sia verso Alfano sia verso lo stesso Cicchitto.La Biancofiore sottolinea che i due politici sembrano affetti da vero delirio di onnipotenza e andrebbero perlomeno fermati o comunque neutralizzati visto che spesso sembrano pontificare come fossero depositari della sola verità politica del paese.
Alfano viene accusato di aver egoisticamente pensato solo alla sua poltrona ministeriale e a tal scopo avrebbe smembrato la destra italiana creando un partitino inutile, favorendo l'emorragia di voti verso il PD renziano. Una scelta sciocca e avida di potere che però gli elettori hanno già punito alle ultime europee. La berlusconiana doc ha parole forti anche verso Cicchitto ritenuto una sorta di anima nera dentro a FI.Un politico che crede solo nel suo ideale personale e che potrebbe pugnalare il Cavaliere da un momento all'altro in caso di interesse soggettivo.Non invoca un' epurazione dentro al partito ma una diminuzione di potere nelle mani di persone poco fedeli e collaborative.
Il futuro della destra italiana,secondo la Biancofiore,andrebbe indirizzato verso la via moderata.La gente non cerca ideologie ma vuole lavoro e ripresa economica.Solo dando compattezza al partito e unificando le forze sparse si potrà ricreare la valida alternativa alla sinistra e cercare di ostacolare Renzi e le sue visioni irreali del paese.Berlusconi è il solo collante,l'unico emblema carismatico del pensiero liberale in Italia; una risorsa del genere non va sprecata seguendo i soliti egoismi politici.Alfano e Cicchitto sono avvisati.
Carfagna: FI lotterà a tutela dei diritti civili.
di Anna De Vitis
Su un tema delicato FI è pronta a dire la sua.
Mara Carfagna è la nuovissima responsabile del dipartimento Libertà civili e diritti umani di Forza Italia. La nomina è arrivata poche settimane fa,a pochi giorni di distanza dalla famosa circolare con cui Angelino Alfano invitava i prefetti a non trascrivere le unioni civili contratte all’estero.I più maliziosi hanno cercato di collegare i due eventi in modo forse forzato. Non c’è alcun nesso. Berlusconi da almeno un anno aveva maturato da tempo la decisione di creare il dipartimento. La Carfagna afferma di essere fiera di tale incarico e che l'ente non si occuperà solo di unioni civili. Ma di diritti umani, di diritto alla vita, di libertà di espressione e di opinione, di giustizia giusta, di famiglia e minori, di tutela delle minoranze. Insomma si tratta davvero di questioni di grande attualità, perché nel momento in cui lo Stato fa fatica a dare lavoro, sussidi, sostegni economici, almeno sul piano dei diritti e delle libertà fondamentali deve garantire una contropartita ai cittadini.
Sempre la Carfagna sottolinea che anche la Chiesa ha aperto al riconoscimento delle unioni diverse dal matrimonio. Il Vaticano sembra davvero essere più avanti di Montecitorio.La politica si lascia spesso sorprendere e resta ferma al passato. Ma il ritardo è figlio dello scontro ideologico. Va imputato a chi agita strumentalmente il dualismo tra famiglia tradizionale e coppie di fatto. Il necessario sostegno alle famiglie non esclude che la politica abbia il dovere di occuparsi di quelle nuove forme di convivenza che si sono imposte nella nostra società. Il Paese è in evoluzione, il legislatore ha il dovere di emanare nuove regole. Il cambiamento va tipizzato, non assecondato o, tanto meno, abbandonato a se stesso. Infatti lo stesso ultimo Sinodo ha dato una importante dimostrazione di comprensione della realtà ponendosi il problema del riconoscimento delle unioni diverse dal matrimonio. E allora ci si chiede in modo chiaro:che cosa farà la politica? La Carfagna ritiene che una forza liberale di centrodestra come Forza Italia debba assumere il vero dovere di occuparsi di questa materia.
E' vero che spesso il tema dei diritti è stato una bandiera della sinistra. Pare quindi strano che sia la destra a dare vita ad un istituto di tal tipo.Secondo Mara Carfagna in realtà le cose sono diverse. In Europa sono stati i governi di centrodestra a varare leggi sulle unioni civili. È successo in Germania con la cancelliera Merkel e in Gran Bretagna con Cameron. Non si tratta di etichettare questi temi come di destra o di sinistra.Quale sarà la proposta di Forza Italia al Pd sulle unioni civili? Nessuna decisione preconfezionata. Il dipartimento dei diritti,afferma la neo presidente, sarà un limpido luogo aperto al dibattito, alla discussione e alla riflessione. Senza celare il fatto che nelle stanze interne a Forza Italia ci siano sensibilità diverse e diverse soluzioni ai problemi. A bocca di tutti forse il modello tedesco della civil partnership sarà il punto di partenza punto di partenza per individuare una soluzione italiana ai diritti civili.
Mara Carfagna è la nuovissima responsabile del dipartimento Libertà civili e diritti umani di Forza Italia. La nomina è arrivata poche settimane fa,a pochi giorni di distanza dalla famosa circolare con cui Angelino Alfano invitava i prefetti a non trascrivere le unioni civili contratte all’estero.I più maliziosi hanno cercato di collegare i due eventi in modo forse forzato. Non c’è alcun nesso. Berlusconi da almeno un anno aveva maturato da tempo la decisione di creare il dipartimento. La Carfagna afferma di essere fiera di tale incarico e che l'ente non si occuperà solo di unioni civili. Ma di diritti umani, di diritto alla vita, di libertà di espressione e di opinione, di giustizia giusta, di famiglia e minori, di tutela delle minoranze. Insomma si tratta davvero di questioni di grande attualità, perché nel momento in cui lo Stato fa fatica a dare lavoro, sussidi, sostegni economici, almeno sul piano dei diritti e delle libertà fondamentali deve garantire una contropartita ai cittadini.
Sempre la Carfagna sottolinea che anche la Chiesa ha aperto al riconoscimento delle unioni diverse dal matrimonio. Il Vaticano sembra davvero essere più avanti di Montecitorio.La politica si lascia spesso sorprendere e resta ferma al passato. Ma il ritardo è figlio dello scontro ideologico. Va imputato a chi agita strumentalmente il dualismo tra famiglia tradizionale e coppie di fatto. Il necessario sostegno alle famiglie non esclude che la politica abbia il dovere di occuparsi di quelle nuove forme di convivenza che si sono imposte nella nostra società. Il Paese è in evoluzione, il legislatore ha il dovere di emanare nuove regole. Il cambiamento va tipizzato, non assecondato o, tanto meno, abbandonato a se stesso. Infatti lo stesso ultimo Sinodo ha dato una importante dimostrazione di comprensione della realtà ponendosi il problema del riconoscimento delle unioni diverse dal matrimonio. E allora ci si chiede in modo chiaro:che cosa farà la politica? La Carfagna ritiene che una forza liberale di centrodestra come Forza Italia debba assumere il vero dovere di occuparsi di questa materia.
E' vero che spesso il tema dei diritti è stato una bandiera della sinistra. Pare quindi strano che sia la destra a dare vita ad un istituto di tal tipo.Secondo Mara Carfagna in realtà le cose sono diverse. In Europa sono stati i governi di centrodestra a varare leggi sulle unioni civili. È successo in Germania con la cancelliera Merkel e in Gran Bretagna con Cameron. Non si tratta di etichettare questi temi come di destra o di sinistra.Quale sarà la proposta di Forza Italia al Pd sulle unioni civili? Nessuna decisione preconfezionata. Il dipartimento dei diritti,afferma la neo presidente, sarà un limpido luogo aperto al dibattito, alla discussione e alla riflessione. Senza celare il fatto che nelle stanze interne a Forza Italia ci siano sensibilità diverse e diverse soluzioni ai problemi. A bocca di tutti forse il modello tedesco della civil partnership sarà il punto di partenza punto di partenza per individuare una soluzione italiana ai diritti civili.
Serracchiani: nessun calo di iscritti nel PD.
di Anna De Vitis
Caos sulle cifre reali degli iscritti al Partito Democratico.
Nervi tesi nella segreteria del PD a causa dei recenti dati sugli iscritti al partito.La vice-segretaria Debora Serracchiani però dice la sua,sottolineando che i dati sono parziali e soprattutto non vanno diffusi a caso dai mass media.Secondo la Presidente del Friuli le notizie sul numero degli iscritti sui cui si sta costruendo una polemica inutile e strumentale, sono infondate: il tesseramento del Partito Democratico e' partito il 25 aprile del 2014, le tessere sono state distribuite a partire dal mese di giugno, e termineranno il 31 dicembre 2014. L'obiettivo, quindi è ancora in corsa ovvero superare i 300mila iscritti a fine anno.
Secondo la segreteria PD i numeri sugli iscritti che provengono dai territori sono comunque, decisamente superiori ai dati riportati. La Serracchiani evidenzia che come e' noto la prima parte dell'anno ha visto impegnato tutto il partito, circolo per circolo, ad affrontare con tutti gli sforzi possibili la campagna elettorale per le Europee, i sindaci e le regioni al voto, dedicando la seconda parte dell'anno ad attività più ordinarie come il tesseramento. I risultati elettorali sono stati ottimi con il PD al 40,8% con 11.203.231 voti, primo partito in Europa sopra la CDU; tre regioni vinte (Piemonte, Abruzzo e Sardegna), e la gran parte dei comuni vinti. Tra settembre e ottobre, inoltre il partito organizzerà feste dell'Unita'e particolari iniziative, dedicate al tesseramento, decise negli incontri tra il partito nazionale e i territori. La Serracchiani è ben convinta che l'iscrizione al partito rappresenta un'importante forma di finanziamento che rimane interamente a disposizione dei territori.
Secondo la base quindi il tesseramento per il 2014 procede naturalmente, e pur essendo evidente a tutti che siamo in un anno 'non congressuale' i numeri sono in linea con gli anni precedenti.Importante ricordare poi che gli stessi dati del 2013, sono ancora in corso di verifica e quindi impossibili da comparare con quegli attuali.C'è grande dispiacere,dice la Serracchiani,che tutto venga preso per pretesto per attacchi inutili a Renzi e al suo Governo.Tutto insomma una grande polemica lontana dalla realtà.Detto ciò lo scopo del PD è superare i 300mila iscritti a fine anno,un obiettivo alla concreta portata.Con dedizione e determinazione si potrà raggiungere tale cifra.Il resto,afferma la vice-segretaria,restano sciocche strumentalizzazioni e numeri sparati a caso solo per fare polemica.
Nervi tesi nella segreteria del PD a causa dei recenti dati sugli iscritti al partito.La vice-segretaria Debora Serracchiani però dice la sua,sottolineando che i dati sono parziali e soprattutto non vanno diffusi a caso dai mass media.Secondo la Presidente del Friuli le notizie sul numero degli iscritti sui cui si sta costruendo una polemica inutile e strumentale, sono infondate: il tesseramento del Partito Democratico e' partito il 25 aprile del 2014, le tessere sono state distribuite a partire dal mese di giugno, e termineranno il 31 dicembre 2014. L'obiettivo, quindi è ancora in corsa ovvero superare i 300mila iscritti a fine anno.
Secondo la segreteria PD i numeri sugli iscritti che provengono dai territori sono comunque, decisamente superiori ai dati riportati. La Serracchiani evidenzia che come e' noto la prima parte dell'anno ha visto impegnato tutto il partito, circolo per circolo, ad affrontare con tutti gli sforzi possibili la campagna elettorale per le Europee, i sindaci e le regioni al voto, dedicando la seconda parte dell'anno ad attività più ordinarie come il tesseramento. I risultati elettorali sono stati ottimi con il PD al 40,8% con 11.203.231 voti, primo partito in Europa sopra la CDU; tre regioni vinte (Piemonte, Abruzzo e Sardegna), e la gran parte dei comuni vinti. Tra settembre e ottobre, inoltre il partito organizzerà feste dell'Unita'e particolari iniziative, dedicate al tesseramento, decise negli incontri tra il partito nazionale e i territori. La Serracchiani è ben convinta che l'iscrizione al partito rappresenta un'importante forma di finanziamento che rimane interamente a disposizione dei territori.
Secondo la base quindi il tesseramento per il 2014 procede naturalmente, e pur essendo evidente a tutti che siamo in un anno 'non congressuale' i numeri sono in linea con gli anni precedenti.Importante ricordare poi che gli stessi dati del 2013, sono ancora in corso di verifica e quindi impossibili da comparare con quegli attuali.C'è grande dispiacere,dice la Serracchiani,che tutto venga preso per pretesto per attacchi inutili a Renzi e al suo Governo.Tutto insomma una grande polemica lontana dalla realtà.Detto ciò lo scopo del PD è superare i 300mila iscritti a fine anno,un obiettivo alla concreta portata.Con dedizione e determinazione si potrà raggiungere tale cifra.Il resto,afferma la vice-segretaria,restano sciocche strumentalizzazioni e numeri sparati a caso solo per fare polemica.
La Boschi: la riforma del Senato vi stupirà.
di Anna De Vitis
La ministro elogia la riforma ed affila le sue armi.
Una Maria Elena Boschi molto agguerrita e grintosa è quella apparsa in questi ultimi giorni a Montecitorio,su molti temi,soprattutto quello della recente riforma del Senato.A domanda la ministro sottolinea che i Cinque stelle sono molto divisi. Alcuni collaborativi, come Luigi Di Maio, che svolge molto bene anche il ruolo di vicepresidente della Camera. Altri duri e puri. Ma un numero crescente di parlamentari del Movimento manifesta disagio. Dopo un anno di legislatura passato a dire sempre no, forse si vedono spiragli di collaborazione.La Boschi lamenta di non avere più una vera privata, da quando in febbraio Matteo Renzi l’ha portata al governo affidandole tre ministeri: rapporti col Parlamento, attuazione del programma di governo e soprattutto le riforme. Si sveglia prestissimo, alle otto è in ufficio, stacca tra le nove e le undici di sera. Single per necessità, sogna una famiglia, ma adesso non può permettersela.
In questa estate oramai finita da alcune settimane si è concentrata solo sul lavoro,tranne qualche domenica al mare,si è divisa tra le aule di Camera e Senato e gli incontri di mediazione per evitare che il castello messo in piedi dalla maggioranza frani sotto i colpi d’artiglieria dei Cinque stelle e le bombe a orologeria dei guastatori del Pd e di Forza Italia. Con la squadra di Grillo incontri in streaming si alternano a fitti scambi di corrispondenza. Ma Boschi frena sulla possibilità di ribaltare l’impianto condiviso con la maggioranza e Forza Italia.Ri badisce la volontà della maggioranza di discutere con tutti anche sull’immunità dei senatori ma questo non deve tramutarsi in argomento centrale e ricattatorio. Si è deciso di introdurre al Senato lo stesso criterio di immunità valido per la Camera per pari dignità costituzionale. La norma è stata votata da tutti i partiti tranne Sel e Cinque stelle. Nell’aula del Senato, tra il prevedibile ostruzionismo dei Cinque stelle e gli agguati dei cecchini annidati nelle fila di Pd e Forza Italia, non c'è da stare allegri.
Ma il ministro dimostra rabbia per alcuni traditori nascosti nelle file del suo gruppo parlamentare.L’obiettivo è rendere meno paradossale la lentezza legislativa, ad esempio ciò che è accaduto con la legge sull’omofobia,uscita dalla Camera un anno fa e che ancora non viene incardinata al Senato. Con la nuova Costituzione, una legge ordinaria uscita dalla Camera passa al Senato che avrà dieci giorni per decidere se intervenire, 30 per proporre modifiche e la Camera avrà altri 20 giorni per accettare o respingere la proposta. In tutto, 60 giorni. Poi ci sarà comunque la via crucis dei decreti attuativi anche se lo scopo è ridurli al minimo e lavorare per smaltire quelli degli ultimi tre governi. Rispetto agli 889 iniziali si è scesi a 734. Con ottimismo entro l'anno si potrebbe riuscire a smaltirli tutti.Forse.
Una Maria Elena Boschi molto agguerrita e grintosa è quella apparsa in questi ultimi giorni a Montecitorio,su molti temi,soprattutto quello della recente riforma del Senato.A domanda la ministro sottolinea che i Cinque stelle sono molto divisi. Alcuni collaborativi, come Luigi Di Maio, che svolge molto bene anche il ruolo di vicepresidente della Camera. Altri duri e puri. Ma un numero crescente di parlamentari del Movimento manifesta disagio. Dopo un anno di legislatura passato a dire sempre no, forse si vedono spiragli di collaborazione.La Boschi lamenta di non avere più una vera privata, da quando in febbraio Matteo Renzi l’ha portata al governo affidandole tre ministeri: rapporti col Parlamento, attuazione del programma di governo e soprattutto le riforme. Si sveglia prestissimo, alle otto è in ufficio, stacca tra le nove e le undici di sera. Single per necessità, sogna una famiglia, ma adesso non può permettersela.
In questa estate oramai finita da alcune settimane si è concentrata solo sul lavoro,tranne qualche domenica al mare,si è divisa tra le aule di Camera e Senato e gli incontri di mediazione per evitare che il castello messo in piedi dalla maggioranza frani sotto i colpi d’artiglieria dei Cinque stelle e le bombe a orologeria dei guastatori del Pd e di Forza Italia. Con la squadra di Grillo incontri in streaming si alternano a fitti scambi di corrispondenza. Ma Boschi frena sulla possibilità di ribaltare l’impianto condiviso con la maggioranza e Forza Italia.Ri badisce la volontà della maggioranza di discutere con tutti anche sull’immunità dei senatori ma questo non deve tramutarsi in argomento centrale e ricattatorio. Si è deciso di introdurre al Senato lo stesso criterio di immunità valido per la Camera per pari dignità costituzionale. La norma è stata votata da tutti i partiti tranne Sel e Cinque stelle. Nell’aula del Senato, tra il prevedibile ostruzionismo dei Cinque stelle e gli agguati dei cecchini annidati nelle fila di Pd e Forza Italia, non c'è da stare allegri.
Ma il ministro dimostra rabbia per alcuni traditori nascosti nelle file del suo gruppo parlamentare.L’obiettivo è rendere meno paradossale la lentezza legislativa, ad esempio ciò che è accaduto con la legge sull’omofobia,uscita dalla Camera un anno fa e che ancora non viene incardinata al Senato. Con la nuova Costituzione, una legge ordinaria uscita dalla Camera passa al Senato che avrà dieci giorni per decidere se intervenire, 30 per proporre modifiche e la Camera avrà altri 20 giorni per accettare o respingere la proposta. In tutto, 60 giorni. Poi ci sarà comunque la via crucis dei decreti attuativi anche se lo scopo è ridurli al minimo e lavorare per smaltire quelli degli ultimi tre governi. Rispetto agli 889 iniziali si è scesi a 734. Con ottimismo entro l'anno si potrebbe riuscire a smaltirli tutti.Forse.
Meloni: uniti si ridà voce al centro-destra.
di Anna De Vitis
La mente giovane di Fratelli d'Italia espone le sue idee.
In questi giorni l'aria nel centro-destra italiano è molto vibrante.Giorgia Meloni del giovane partito Fratelli d'Italia ne è consapevole e vede un orizzonte con obiettivi alla portata.Parlare di una vera riunione di tutti i transfughi di Forza Italia è forse eccessivo,anzi molto,ma di sicuro per la Meloni,serve staccarsi dal minestrone renziano e marcare in modo netto ciò che distingue la destra dal Pd. Il vero sogno è creare o ri-creare,una destra che sia davvero alternativa alla sinistra e che possa tornare a difendere certe idee concrete,sia a livello politico che sociale,molto trascurate negli ultimi anni.Per ridare vita ad un universo politico molto appannato però non basta di certo una semplice stretta di mano fra le parti,la strategia spiccia è il male della politica e ha già ucciso il Pdl una volta,non serve ripetersi nell'errore,afferma la Meloni.Se invece lo scopo è dare nuova linfa ideologica alla destra allora Fratelli d'Italia sarà in prima linea,pronta a dare il suo contributo,anche se una cosa è certa,ciò che era il Pdl non sarà più,sia come consenso che come impostazione politica.
Bisogna costruire una valida alternativa a Renzi e formare una struttura solida attorno alla figura unificante e politicamente aggregante che resta Silvio Berlusconi.Il suo carisma ed il suo consenso sono troppo basilari per la nuova destra e non devono andare sprecati.Inoltre temi fondamentali come tasse,lavoro e sviluppo economico vanno affrontati in modo deciso e risoluto,con ricette opposte a quelle della sinistra.Partendo da tali propositi e solo per questi si deve capire se è possibile o meno far rinascere il centro-destra.Giorgia Meloni insomma ha idee chiare e limpide e la sua opinione ha un certo peso anche perchè rappresenta l'anima giovane dentro alla destra italiana.
Sulla questione delle primarie con cui scegliere il futuro leader post-Berlusconi non ci sono novità:l'argomento è ostico e suscettibile di veri terremoti dentro e fuori FI. Il Cavaliere non pare più totalmente contrario alla cosa ma se primarie devono essere,dovranno essere radicali,con un cambiamento profondo per donare un nuovo modello al centrodestra, come Renzi lo è stato per il Pd. Poi saranno ovviamente gli elettori a decidere alle urne.Il centrodestra del domani,sottolinea la Meloni,deve essere vicino alla gente,nascere dal basso,non nelle stanze segrete delle segreterie.Diversamente, si perderà solo tempo in assemblee e riunioni burocratiche e Fratelli d'Italia non parteciperà a questo gioco inutile.
In questi giorni l'aria nel centro-destra italiano è molto vibrante.Giorgia Meloni del giovane partito Fratelli d'Italia ne è consapevole e vede un orizzonte con obiettivi alla portata.Parlare di una vera riunione di tutti i transfughi di Forza Italia è forse eccessivo,anzi molto,ma di sicuro per la Meloni,serve staccarsi dal minestrone renziano e marcare in modo netto ciò che distingue la destra dal Pd. Il vero sogno è creare o ri-creare,una destra che sia davvero alternativa alla sinistra e che possa tornare a difendere certe idee concrete,sia a livello politico che sociale,molto trascurate negli ultimi anni.Per ridare vita ad un universo politico molto appannato però non basta di certo una semplice stretta di mano fra le parti,la strategia spiccia è il male della politica e ha già ucciso il Pdl una volta,non serve ripetersi nell'errore,afferma la Meloni.Se invece lo scopo è dare nuova linfa ideologica alla destra allora Fratelli d'Italia sarà in prima linea,pronta a dare il suo contributo,anche se una cosa è certa,ciò che era il Pdl non sarà più,sia come consenso che come impostazione politica.
Bisogna costruire una valida alternativa a Renzi e formare una struttura solida attorno alla figura unificante e politicamente aggregante che resta Silvio Berlusconi.Il suo carisma ed il suo consenso sono troppo basilari per la nuova destra e non devono andare sprecati.Inoltre temi fondamentali come tasse,lavoro e sviluppo economico vanno affrontati in modo deciso e risoluto,con ricette opposte a quelle della sinistra.Partendo da tali propositi e solo per questi si deve capire se è possibile o meno far rinascere il centro-destra.Giorgia Meloni insomma ha idee chiare e limpide e la sua opinione ha un certo peso anche perchè rappresenta l'anima giovane dentro alla destra italiana.
Sulla questione delle primarie con cui scegliere il futuro leader post-Berlusconi non ci sono novità:l'argomento è ostico e suscettibile di veri terremoti dentro e fuori FI. Il Cavaliere non pare più totalmente contrario alla cosa ma se primarie devono essere,dovranno essere radicali,con un cambiamento profondo per donare un nuovo modello al centrodestra, come Renzi lo è stato per il Pd. Poi saranno ovviamente gli elettori a decidere alle urne.Il centrodestra del domani,sottolinea la Meloni,deve essere vicino alla gente,nascere dal basso,non nelle stanze segrete delle segreterie.Diversamente, si perderà solo tempo in assemblee e riunioni burocratiche e Fratelli d'Italia non parteciperà a questo gioco inutile.
La Ministro Giannini: cambierò l'università.
di Anna De Vitis
Il progetto di rivoluzione del mondo universitario sta per partire.
Il ministro dell’Istruzione e dell’Università Stefania Giannini è una delle leader del partito Scelta Civica creato da Mario Monti ma le sue idee sul mondo universitario sembrano non moderate bensì semi-rivoluzionarie,tanto che la stessa ministro,scherzosamente,pare affermare di sentirisi più a sinistra dello stesso PD.La riforma Gelmini è l'eredità che lei ha ricevuto ma la sua concezione di riforma è profondamente diversa. Il sistema dell’abilitazione nazionale va trasformato, secondo la sua volontà,e i concorsi locali vanno aboliti perchè centro di corruzione. Ogni università deve avere la vera libertà di assumere i docenti che vuole. Chi deciderà di assumere parenti e ricercatori incapaci sarà duramente punito per tali insuccessi.Dovrà esistere collegamento tra fondi ricevuti e risultati di ricerca prodotti,in caso contrario se ne subiranno le conseguenze.Insomma una meritocrazia all'americana che sembra una rivoluzione in un mondo fermo come quello universitario. La Giannini desidera poi cambiare anche i sistemi di selezione dei nostri docenti che negli ultimi quindici anni sono stati modificati ben quattro volte ed hanno moltiplicato i casi di ricorsi al Tar.
La speranza della ministro tocca poi i temi etici,perchè i valori di correttezza comportamentale non si possono imporre per legge. Il mondo universitario deve fare autocoscienza e interrogarsi in modo da scongiurare futuri scandali e fare reclutamenti all’altezza.L'ideale sarebbe dare vita ad una commissione permanente e di tipo disciplinare ed evitare i cosiddetti blocchi che producono migliaia di candidati e migliaia di domande.Un’enormità. Ottimo potrebbe essere il sistema della valutazione continuativa che esiste ad esempio in Germania ed in Francia e soprattutto procedere alla rinnovazione delle stesse commissioni, dopo un certo periodo.Infine solo dopo aver ottenuto l’abilitazione da parte della comunità scientifica, il candidato potrà essere assunto.Non tanto le raccomandazioni sono la paura della Giannini,ma il profondo e duro corporativismo che blocca l'intera classe dei docenti assestati sui loro privilegi da casta.
Non è un'eresia il concetto aziendale applicato all'università.Questo non significa tramutare i docenti in dipendenti ma collegare l'attività a risultati utili al mondo della ricerca. I dipartimenti devono lavorare per dare il meglio ai loro studenti, in modo da competere con altre realtà italiane e straniere. A partire dal rettore,tutti devono fare il bene dell'università e meritarsi fondi e finanziamenti. La Giannini ha in mente nuove norme che impediscano al vecchio barone di turno di inserire parenti ed amici,perchè sarà egli stesso in prima persona a rispondere degli insuccessi della persona assunta. Solo con tale rigore si può cambiare il mondo universitario,stanare i docenti e i ricercatori che ricevono fondi ma non pubblicano ricerche da anni,solo in questo modo si può portare luce in un settore buio e chiuso.Questo è il sogno rivoluzionario della ministro Giannini.
Il ministro dell’Istruzione e dell’Università Stefania Giannini è una delle leader del partito Scelta Civica creato da Mario Monti ma le sue idee sul mondo universitario sembrano non moderate bensì semi-rivoluzionarie,tanto che la stessa ministro,scherzosamente,pare affermare di sentirisi più a sinistra dello stesso PD.La riforma Gelmini è l'eredità che lei ha ricevuto ma la sua concezione di riforma è profondamente diversa. Il sistema dell’abilitazione nazionale va trasformato, secondo la sua volontà,e i concorsi locali vanno aboliti perchè centro di corruzione. Ogni università deve avere la vera libertà di assumere i docenti che vuole. Chi deciderà di assumere parenti e ricercatori incapaci sarà duramente punito per tali insuccessi.Dovrà esistere collegamento tra fondi ricevuti e risultati di ricerca prodotti,in caso contrario se ne subiranno le conseguenze.Insomma una meritocrazia all'americana che sembra una rivoluzione in un mondo fermo come quello universitario. La Giannini desidera poi cambiare anche i sistemi di selezione dei nostri docenti che negli ultimi quindici anni sono stati modificati ben quattro volte ed hanno moltiplicato i casi di ricorsi al Tar.
La speranza della ministro tocca poi i temi etici,perchè i valori di correttezza comportamentale non si possono imporre per legge. Il mondo universitario deve fare autocoscienza e interrogarsi in modo da scongiurare futuri scandali e fare reclutamenti all’altezza.L'ideale sarebbe dare vita ad una commissione permanente e di tipo disciplinare ed evitare i cosiddetti blocchi che producono migliaia di candidati e migliaia di domande.Un’enormità. Ottimo potrebbe essere il sistema della valutazione continuativa che esiste ad esempio in Germania ed in Francia e soprattutto procedere alla rinnovazione delle stesse commissioni, dopo un certo periodo.Infine solo dopo aver ottenuto l’abilitazione da parte della comunità scientifica, il candidato potrà essere assunto.Non tanto le raccomandazioni sono la paura della Giannini,ma il profondo e duro corporativismo che blocca l'intera classe dei docenti assestati sui loro privilegi da casta.
Non è un'eresia il concetto aziendale applicato all'università.Questo non significa tramutare i docenti in dipendenti ma collegare l'attività a risultati utili al mondo della ricerca. I dipartimenti devono lavorare per dare il meglio ai loro studenti, in modo da competere con altre realtà italiane e straniere. A partire dal rettore,tutti devono fare il bene dell'università e meritarsi fondi e finanziamenti. La Giannini ha in mente nuove norme che impediscano al vecchio barone di turno di inserire parenti ed amici,perchè sarà egli stesso in prima persona a rispondere degli insuccessi della persona assunta. Solo con tale rigore si può cambiare il mondo universitario,stanare i docenti e i ricercatori che ricevono fondi ma non pubblicano ricerche da anni,solo in questo modo si può portare luce in un settore buio e chiuso.Questo è il sogno rivoluzionario della ministro Giannini.
Ravetto.In Forza Italia niente blacklist.
di Anna De Vitis
La deputata di FI dice la sua e fa rumore come sempre.
Laura Ravetto è sempre stata una delle parlamentari più agguerrite e battagliere di Forza Italia ed infatti anche sull'ultima polemica nata in casa forzista non si tira indietro ed esprime la sua opinione come sempre critica e pugnace.Sul tema della cosiddetta black list che Silvio Berlusconi avrebbe compilato sui suoi parlamentari,la Ravetto afferma che il Cavaliere non è un leader capace di cose del genere. Però qualche sassolino decide comunque di toglierselo:in FI spesso alcuni luogotenenti interpretano a loro vantaggio alcuni voleri del capo per tutelare loro interessi e clientele,questo è il concetto che la deputata esprime in modo netto.Solo mettendo in secondo piano gli interessi personali e le invidie si potrà fare il bene del partito e ridare vigore elettorale al centro-destra.Personaggi come Alfano,Lupi e la Lorenzin hanno tradito il patto con gli elettori e schierandosi con il PD hanno guadagnato poltrone ministeriali ma perso voti e stima in tutto il mondo della vera destra italiana.Così la pensa la Ravetto.
La frecciata ai dissidenti, ora ministri, è chiara e tonda e l'argomento poi vira verso le nuove anime di FI che secondo alcuni potrebbero intimorire l'ala moderata del partito perchè troppo estreme e berlusconiane.La Ravetto evidenzia che gli elettori di FI sono persone del centro destra che amano politici che siano sinceri e vogliosi di cambiamento,i doppio giochisti o gli amanti del dialogo diplomatico ad oltranza non hanno spazio e soprattutto non servono al partito.Molti hanno criticato la sua eccessiva presenza televisiva,anche sue colleghe di Forza Italia,ma la deputata si difende affermando di non aver ecceduto nelle presenze e di non essere di certo tra le più invitate presso Vespa o Santoro,anzi.
Secondo la Ravetto non serve essere eccessive nei modi ma il ‘low-profile’ e il moderatismo estremo sono controproducenti.Solo dando una scossa alla poltica come all'economia si può smuovere un universo stagnante e fermo da decenni.L'attuale Governo delle larghe intese non riesce ad essere concreto nè chiaro su nulla.Ogni riforma si arena,sembra una vera commedia ma che non fa più ridere critica la Ravetto.Il paradosso enorme è che il leader del centro-sinistra Renzi sembra essere d'accordo più col capo del centro-destra che con il suo stesso partito eppure si definisce la nuova sinistra del futuro.Ormai è chiaro, 3 sono i leader forti: Berlusconi, Renzi e Grillo che alle prossime elezioni si contenderanno la vittoria.Adesso,sottolinea la Ravetto,serve solo una buona legge elettorale.
Laura Ravetto è sempre stata una delle parlamentari più agguerrite e battagliere di Forza Italia ed infatti anche sull'ultima polemica nata in casa forzista non si tira indietro ed esprime la sua opinione come sempre critica e pugnace.Sul tema della cosiddetta black list che Silvio Berlusconi avrebbe compilato sui suoi parlamentari,la Ravetto afferma che il Cavaliere non è un leader capace di cose del genere. Però qualche sassolino decide comunque di toglierselo:in FI spesso alcuni luogotenenti interpretano a loro vantaggio alcuni voleri del capo per tutelare loro interessi e clientele,questo è il concetto che la deputata esprime in modo netto.Solo mettendo in secondo piano gli interessi personali e le invidie si potrà fare il bene del partito e ridare vigore elettorale al centro-destra.Personaggi come Alfano,Lupi e la Lorenzin hanno tradito il patto con gli elettori e schierandosi con il PD hanno guadagnato poltrone ministeriali ma perso voti e stima in tutto il mondo della vera destra italiana.Così la pensa la Ravetto.
La frecciata ai dissidenti, ora ministri, è chiara e tonda e l'argomento poi vira verso le nuove anime di FI che secondo alcuni potrebbero intimorire l'ala moderata del partito perchè troppo estreme e berlusconiane.La Ravetto evidenzia che gli elettori di FI sono persone del centro destra che amano politici che siano sinceri e vogliosi di cambiamento,i doppio giochisti o gli amanti del dialogo diplomatico ad oltranza non hanno spazio e soprattutto non servono al partito.Molti hanno criticato la sua eccessiva presenza televisiva,anche sue colleghe di Forza Italia,ma la deputata si difende affermando di non aver ecceduto nelle presenze e di non essere di certo tra le più invitate presso Vespa o Santoro,anzi.
Secondo la Ravetto non serve essere eccessive nei modi ma il ‘low-profile’ e il moderatismo estremo sono controproducenti.Solo dando una scossa alla poltica come all'economia si può smuovere un universo stagnante e fermo da decenni.L'attuale Governo delle larghe intese non riesce ad essere concreto nè chiaro su nulla.Ogni riforma si arena,sembra una vera commedia ma che non fa più ridere critica la Ravetto.Il paradosso enorme è che il leader del centro-sinistra Renzi sembra essere d'accordo più col capo del centro-destra che con il suo stesso partito eppure si definisce la nuova sinistra del futuro.Ormai è chiaro, 3 sono i leader forti: Berlusconi, Renzi e Grillo che alle prossime elezioni si contenderanno la vittoria.Adesso,sottolinea la Ravetto,serve solo una buona legge elettorale.
Pinotti e quella strada verso il Quirinale.
di Anna De Vitis
Una voce che porterebbe un cambiamento davvero epocale.
Nelle ultime settimane a Montecitorio e dintorni sta circolando una voce,insistente e pressante.Per il dopo Napolitano,il PD di Renzi avrebbe intenzione di appoggiare la candidatura a Capo dello Stato nientemeno che della ministro della Difesa oggi in carica,Roberta Pinotti.Lo scorso 2 giugno,alla festa della Repubblica,elegantemente avvolta nel suo tailleur,pantalone nero e camicetta bianca, senza borsa nello stile delle first ladies da Jacqueline Kennedy in avanti, la senatrice del Pd, genovese di origine, si è seduta al fianco di Giorgio Napolitano.E' stato un suo piccolo successo personale e allo sfrecciar delle Frecce Tricolore molti guardando sul palco hanno pensato la medesima cosa: sarà mica lei la presidente della Repubblica post Napolitano?La Pinotti è una donna ancora relativamente giovane,ma molto esperta politicamente e apprezzatissima dal mondo militare che la appoggiò senza esitare nella sua nomina a sottosegretario e poi a ministro della Difesa, nome di spicco nel governo Renzi. Il fatto di essere ben vista dall'apparato militare potrebbe sicuramente essere una spinta notevole verso la salita al Colle.
Il Capo dello stato, di fatto, è anche il capo delle forze armate. Inoltre, lo stesso Napolitano ha più volte espresso la sua fiducia indiscussa verso la ministro e una sorta di parere del successore è sempre gradito.Il Pd non direbbe certo di no. E miracolosamente anche dal centrodestra ci sarebbero segnali positivi. Quindi il prossimo 2 giugno alla parata della festa potrebbe la Pinotti sedere da sola su quella agognata poltrona ed essere il primo Presidente donna della storia italiana.Napolitano,nel giorno stesso della sua rielezione aveva da subito detto che sarebbe stato un impegno a termine,il tempo di ridare stabilità al paese.Forse aspetterà la fine del semestre italiano di presidenza Ue per annunciare ufficialmente la sua partenza. Tra pochi mesi, quindi, il Quirinale potrebbe avere un nuovo inquilino.Negli uffici del PD questa ipotesi è viva da mesi ma poichè non esistono elezioni vere e proprie per il Quirinale, tutto è rimasto sommesso e sottovoce.Anche il mondo editoriale ed economico,ben presente nell'universo PD avrebbe dato il placet alla Pinotti,che ovviamente sarebbe pronta alla chiamata.
Oggi i tempi in cui la Pinotti aveva acceso la faida interna al PD contro la candidatura di Marta Vincenzi sembrano passati ed il suo nome unisce e non divide; ma è chiaro che la stessa ne avrà di vari concorrenti per la poltrona del Colle.Si già riparlato infatti di Prodi, di Bersani, di Veltroni, di Gianni Letta ed ogni ipotesi potrebbe essere giusta. Ma tra le donne candidabili solo Emma Bonino potrebbe insidiare la Pinotti,vera favorita per la strada verso il Quirinale.
Nelle ultime settimane a Montecitorio e dintorni sta circolando una voce,insistente e pressante.Per il dopo Napolitano,il PD di Renzi avrebbe intenzione di appoggiare la candidatura a Capo dello Stato nientemeno che della ministro della Difesa oggi in carica,Roberta Pinotti.Lo scorso 2 giugno,alla festa della Repubblica,elegantemente avvolta nel suo tailleur,pantalone nero e camicetta bianca, senza borsa nello stile delle first ladies da Jacqueline Kennedy in avanti, la senatrice del Pd, genovese di origine, si è seduta al fianco di Giorgio Napolitano.E' stato un suo piccolo successo personale e allo sfrecciar delle Frecce Tricolore molti guardando sul palco hanno pensato la medesima cosa: sarà mica lei la presidente della Repubblica post Napolitano?La Pinotti è una donna ancora relativamente giovane,ma molto esperta politicamente e apprezzatissima dal mondo militare che la appoggiò senza esitare nella sua nomina a sottosegretario e poi a ministro della Difesa, nome di spicco nel governo Renzi. Il fatto di essere ben vista dall'apparato militare potrebbe sicuramente essere una spinta notevole verso la salita al Colle.
Il Capo dello stato, di fatto, è anche il capo delle forze armate. Inoltre, lo stesso Napolitano ha più volte espresso la sua fiducia indiscussa verso la ministro e una sorta di parere del successore è sempre gradito.Il Pd non direbbe certo di no. E miracolosamente anche dal centrodestra ci sarebbero segnali positivi. Quindi il prossimo 2 giugno alla parata della festa potrebbe la Pinotti sedere da sola su quella agognata poltrona ed essere il primo Presidente donna della storia italiana.Napolitano,nel giorno stesso della sua rielezione aveva da subito detto che sarebbe stato un impegno a termine,il tempo di ridare stabilità al paese.Forse aspetterà la fine del semestre italiano di presidenza Ue per annunciare ufficialmente la sua partenza. Tra pochi mesi, quindi, il Quirinale potrebbe avere un nuovo inquilino.Negli uffici del PD questa ipotesi è viva da mesi ma poichè non esistono elezioni vere e proprie per il Quirinale, tutto è rimasto sommesso e sottovoce.Anche il mondo editoriale ed economico,ben presente nell'universo PD avrebbe dato il placet alla Pinotti,che ovviamente sarebbe pronta alla chiamata.
Oggi i tempi in cui la Pinotti aveva acceso la faida interna al PD contro la candidatura di Marta Vincenzi sembrano passati ed il suo nome unisce e non divide; ma è chiaro che la stessa ne avrà di vari concorrenti per la poltrona del Colle.Si già riparlato infatti di Prodi, di Bersani, di Veltroni, di Gianni Letta ed ogni ipotesi potrebbe essere giusta. Ma tra le donne candidabili solo Emma Bonino potrebbe insidiare la Pinotti,vera favorita per la strada verso il Quirinale.
La De Girolamo:sarebbe utile tornare in FI.
di Anna De Vitis
I progetti dell'ex ministro sorprendono un pò tutti.
L’ex ministro Nunzia De Girolamo ha ancora voce in capitolo nel centro-destra e sottolinea con pratica sagacia che l’attuale maggioranza è l’ultima chance per il Paese.Oggi è capogruppo alla Camera dei Deputati per il Nuovo Centrodestra ma la sua visione della poltiica non è cambiata rispetto agli anni in cui era tra le vestali del Cavaliere.Per l’ex ministro il governo Renzi è in concreto un vero punto di partenza da cui ripartire per realizzare l’ambizioso processo di riforme strutturali che rimetterà l’Italia sulla strada della crescita.Come già Alfano alcuni giorni fa aveva detto anche la De Girolamo riprende l’argomento ribadebdo un “no” ad eventuali scenari “paludosi”, dipendenti sia da rivoluzioni insite al PD che dall’azione di altre forze di opposizione.
Inoltre l’ex ministro del PDL delinea anche con chiarezza la traccia futura che l’azione dell’esecutivo deve mantenere: “semplificazione della PA, riduzione del carico fiscale e occupazione giovanile”. Tutti obiettivi attuali che la deputata NCD definisce “imprescindibili”, sui quali il partito guidato da Alfano andrà avanti senza alcuna intenzione di scendere a compromessi programmatici che rischierebbero di arrestare la corsa del Paese.In una recente conferenza a Palazzo Madama dove era presente anche Paola De Micheli del Pd, la De Girolamo, di Ncd, ha affermato che Matteo Renzi è una sorta di politico "cinico", mentre Silvio Berlusconi è catalogabile alla schiera dei "buoni".
In quella circostanza,accanto alla alleata De Micheli, l’ex PDL ha chiaramente detto di augurarsi di tornare con il Cavaliere, ovviamente però non in Forza Italia, progetto troppo limitante per i cosiddetti moderati, ma in un nuovo gruppo di futura coalizione. L'ex ministro Nunzia, proprio come il suo leader Angelino Alfano, ha esplicitamente rimarcto che NcD e Renzi stanno insieme solo per fare le riforme,ma in realtà restano soggetti politici ben diversi. In definitiva la De Girolamo rivorrebbe tornare con Berlusconi.
L’ex ministro Nunzia De Girolamo ha ancora voce in capitolo nel centro-destra e sottolinea con pratica sagacia che l’attuale maggioranza è l’ultima chance per il Paese.Oggi è capogruppo alla Camera dei Deputati per il Nuovo Centrodestra ma la sua visione della poltiica non è cambiata rispetto agli anni in cui era tra le vestali del Cavaliere.Per l’ex ministro il governo Renzi è in concreto un vero punto di partenza da cui ripartire per realizzare l’ambizioso processo di riforme strutturali che rimetterà l’Italia sulla strada della crescita.Come già Alfano alcuni giorni fa aveva detto anche la De Girolamo riprende l’argomento ribadebdo un “no” ad eventuali scenari “paludosi”, dipendenti sia da rivoluzioni insite al PD che dall’azione di altre forze di opposizione.
Inoltre l’ex ministro del PDL delinea anche con chiarezza la traccia futura che l’azione dell’esecutivo deve mantenere: “semplificazione della PA, riduzione del carico fiscale e occupazione giovanile”. Tutti obiettivi attuali che la deputata NCD definisce “imprescindibili”, sui quali il partito guidato da Alfano andrà avanti senza alcuna intenzione di scendere a compromessi programmatici che rischierebbero di arrestare la corsa del Paese.In una recente conferenza a Palazzo Madama dove era presente anche Paola De Micheli del Pd, la De Girolamo, di Ncd, ha affermato che Matteo Renzi è una sorta di politico "cinico", mentre Silvio Berlusconi è catalogabile alla schiera dei "buoni".
In quella circostanza,accanto alla alleata De Micheli, l’ex PDL ha chiaramente detto di augurarsi di tornare con il Cavaliere, ovviamente però non in Forza Italia, progetto troppo limitante per i cosiddetti moderati, ma in un nuovo gruppo di futura coalizione. L'ex ministro Nunzia, proprio come il suo leader Angelino Alfano, ha esplicitamente rimarcto che NcD e Renzi stanno insieme solo per fare le riforme,ma in realtà restano soggetti politici ben diversi. In definitiva la De Girolamo rivorrebbe tornare con Berlusconi.
La Santanchè difende FI e attacca tutti.
di Anna De Vitis
La deputata di Forza Italia fa sentire come sempre la sua voce.
Daniela Santanché la conosciamo tutti,è una pasionaria,una politica tutta d'un pezzo che non ama le mezze misure e adora le provocazioni se finalizzate ad obiettivi di grande importanza.E così è anche stavolta.La Santanchè minaccia i compagni del suo partito se non imposteranno un'azione di difesa verso il collega Galan e non verrà rispettato l'ideale garantista sempre seguito da Fi.La deputata forzista sottolinea che un'eventuale richiesta di dimissioni verso Galan sarebbe esagerata e in quel caso sarà stesso lei a sfoderare l'elenco lungo di colleghi indagati,iscritti in FI,ai quali chiederà esplicitamente di dimettersi da ogni incarico pubblico.Insomma o si è sempre garantisti o non lo si è,questo è il concetto alla base del ragionamento.Perché le regole devono valere per tutti, questo sottolinea la deputata di Fi e lo fa sia in un'apposita conferenza che in una intervista alla rivista Panorama.Il garantismo,ha evidenziato, è sempre stato l'ideale basilare di Forza Italia e della destra italiana e quindi sarebbe errato metterlo da parte per mero calcolo politico.
Sono ben vent'anni dice la Santanchè,che FI combatte per limitare l'uso politico della giustizia e sono decenni che i deputati denunciano esplicitamente come spesso una parte della magistratura si riduca a braccio armato della sinistra, pronto a colpire ogni volta che ci sono le elezioni.In Forza Italia ad esempio nessuno si è sognato di mettersi a difesa di Dell'Utri, Scajola, Galan, ha osservato Santanchè, poichè adesso,in epoca renziana,sembra che convenga avere un atteggiamento forcaiolo e populista per ottenere consenso da ambo i lati,sopattutto per piacere all'opinione pubblica. Ma secondo la Santanchè il problema enorme dell'antipolitica è sempre presente e pronto a fagocitare le rappresentanze politiche.Chi inneggia alla forca o alla galera solo per qualche preferenza in più,viola gli ideali stessi di FI e non è degno di farne parte,queste le idee della Santanchè.I colleghi Romani e Gelmini, ha aggiunto, sbagliano politicamente ed ideologicamente a chiedere il passo indietro di Galan.
Senza conoscere la vicenda giudiziaria,senza conoscere le indagini,non si può avere un'idea sul caso,non si può chiedere nulla.Serve essere garantisti per principio.Dopo Tangentopoli, la politica ha abdicato alla magistratura e non si è più ripresa. Spesso i giudici errano e disciplinariamente si coprono a vicenda,auto-assolvendosi. E la politica non riesce a far rispettare il sacrosanto articolo 68 della Costituzione per garantire l'assoluta indipendenza tra i poteri dello Stato.Serve coraggio,serve opporsi allo strapotere delle toghe e chiedere il rispetto istituzionale dei poteri,cosa che spesso non accade.Parole e musica di Daniela Santanchè.
Daniela Santanché la conosciamo tutti,è una pasionaria,una politica tutta d'un pezzo che non ama le mezze misure e adora le provocazioni se finalizzate ad obiettivi di grande importanza.E così è anche stavolta.La Santanchè minaccia i compagni del suo partito se non imposteranno un'azione di difesa verso il collega Galan e non verrà rispettato l'ideale garantista sempre seguito da Fi.La deputata forzista sottolinea che un'eventuale richiesta di dimissioni verso Galan sarebbe esagerata e in quel caso sarà stesso lei a sfoderare l'elenco lungo di colleghi indagati,iscritti in FI,ai quali chiederà esplicitamente di dimettersi da ogni incarico pubblico.Insomma o si è sempre garantisti o non lo si è,questo è il concetto alla base del ragionamento.Perché le regole devono valere per tutti, questo sottolinea la deputata di Fi e lo fa sia in un'apposita conferenza che in una intervista alla rivista Panorama.Il garantismo,ha evidenziato, è sempre stato l'ideale basilare di Forza Italia e della destra italiana e quindi sarebbe errato metterlo da parte per mero calcolo politico.
Sono ben vent'anni dice la Santanchè,che FI combatte per limitare l'uso politico della giustizia e sono decenni che i deputati denunciano esplicitamente come spesso una parte della magistratura si riduca a braccio armato della sinistra, pronto a colpire ogni volta che ci sono le elezioni.In Forza Italia ad esempio nessuno si è sognato di mettersi a difesa di Dell'Utri, Scajola, Galan, ha osservato Santanchè, poichè adesso,in epoca renziana,sembra che convenga avere un atteggiamento forcaiolo e populista per ottenere consenso da ambo i lati,sopattutto per piacere all'opinione pubblica. Ma secondo la Santanchè il problema enorme dell'antipolitica è sempre presente e pronto a fagocitare le rappresentanze politiche.Chi inneggia alla forca o alla galera solo per qualche preferenza in più,viola gli ideali stessi di FI e non è degno di farne parte,queste le idee della Santanchè.I colleghi Romani e Gelmini, ha aggiunto, sbagliano politicamente ed ideologicamente a chiedere il passo indietro di Galan.
Senza conoscere la vicenda giudiziaria,senza conoscere le indagini,non si può avere un'idea sul caso,non si può chiedere nulla.Serve essere garantisti per principio.Dopo Tangentopoli, la politica ha abdicato alla magistratura e non si è più ripresa. Spesso i giudici errano e disciplinariamente si coprono a vicenda,auto-assolvendosi. E la politica non riesce a far rispettare il sacrosanto articolo 68 della Costituzione per garantire l'assoluta indipendenza tra i poteri dello Stato.Serve coraggio,serve opporsi allo strapotere delle toghe e chiedere il rispetto istituzionale dei poteri,cosa che spesso non accade.Parole e musica di Daniela Santanchè.
Sulle riforme strada sempre impervia.
di Anna De Vitis
Il testo anti-corruzione vede finalmente la luce.
Ieri Matteo Renzi ha sottolineato che il suo governo non intende fare spot o annunci,ma riforme serie e complete anche se ciò significhi attendere qualche mese in più.Il primo passo è il ddl anti-corruzione. Ora i tempi sembrano maturi, anche perché c'è un'opinione pubblica da rassicurare. Il premier è cosciente che dopo gli scandali sulle tangenti e gli appalti truccati che hanno coinvolto anche il Pd (dall'Expo al Mose) c'è anche il rischio di dissipare quel clamoroso 40% di consensi che le urne gli hanno regalato.Uno dei paladini anti-corruzione è senza dubbio Raffaele Cantone che ha finalmente ottenuto i pieni poteri come commissario anti-corruzione a partire dal caso Expo.E poi via ad altre riforme di peso: Pubblica amministrazione (la convinzione di Renzi è che dentro la burocrazia si annidi il germe del malaffare) e giustizia amministrativa, con discrezionalità e tempi da ridurre drasticamente.
Gli imput da seguire sono ovviamente velocità e trasparenza, senza dimenticare qualche slogan ad effetto come "Daspo ai politici": al premier piace tantissimo questo schema e desidera imporlo anche ai suoi ministri. L'idea base di Renzi è quella di estendere la legge Severino ai parlamentari, equiparandoli a consiglieri regionali e comunali.Quindi seguendo ciò niente tetto di 2 anni per far scattare decadenza e incandidabilità per gli onorevoli condannati per corruzione e concussione, anche solo in primo grado e in caso di patteggiamento e pena mite. Il presidente del Senato Pietro Grasso si è detto contento di queste idee governative ma ha anche mosso delle critiche come il sequesto dei patrimoni illecitamente guadagnati dall'onorevole corrotto, insieme al suo vitalizio. E anche il limite dell'interdizione perpetua (che scatta per condanne superiori ai 5 anni) potrebbe essere rivisto al ribasso.
La legge anti-corruzione di Renzi dovrebbe basarsi anche sul Codice degli Appalti: partendo da procedure più snelle, controlli e vigilanza più forti e nuove regole sulle lobby. Alla fine bisogna capire come si concretizzeranno questi buoni propositi, un concetto che non è ancora chiaro.Il Premier pensa ad esempio di escludere gli imprenditori corruttori dai futuri bandi pubblici, inserendoli in una sorta di vera "black list delle gare d'asta". Tutti questi elementi andranno a strutturare la nuova riforma della giustizia a cui sta lavorando il ministro Andrea Orlando: processi civili e penali, riti alternativi, smaltimento dell'arretrato civile, prescrizione, un grosso testo normativo che forse necessiterà di circa un anno di dibattiti.C'è ad esempio l'intenzione di introdurre il reato di auto-riciclaggio (fino a 8 anni), di alzare a 5 anni la pena per falso in bilancio e inasprire quelle per corruzione e concussione.Un segno evidente che il reato di corruzione è un reato gravissimo e come tale va punito.
Ieri Matteo Renzi ha sottolineato che il suo governo non intende fare spot o annunci,ma riforme serie e complete anche se ciò significhi attendere qualche mese in più.Il primo passo è il ddl anti-corruzione. Ora i tempi sembrano maturi, anche perché c'è un'opinione pubblica da rassicurare. Il premier è cosciente che dopo gli scandali sulle tangenti e gli appalti truccati che hanno coinvolto anche il Pd (dall'Expo al Mose) c'è anche il rischio di dissipare quel clamoroso 40% di consensi che le urne gli hanno regalato.Uno dei paladini anti-corruzione è senza dubbio Raffaele Cantone che ha finalmente ottenuto i pieni poteri come commissario anti-corruzione a partire dal caso Expo.E poi via ad altre riforme di peso: Pubblica amministrazione (la convinzione di Renzi è che dentro la burocrazia si annidi il germe del malaffare) e giustizia amministrativa, con discrezionalità e tempi da ridurre drasticamente.
Gli imput da seguire sono ovviamente velocità e trasparenza, senza dimenticare qualche slogan ad effetto come "Daspo ai politici": al premier piace tantissimo questo schema e desidera imporlo anche ai suoi ministri. L'idea base di Renzi è quella di estendere la legge Severino ai parlamentari, equiparandoli a consiglieri regionali e comunali.Quindi seguendo ciò niente tetto di 2 anni per far scattare decadenza e incandidabilità per gli onorevoli condannati per corruzione e concussione, anche solo in primo grado e in caso di patteggiamento e pena mite. Il presidente del Senato Pietro Grasso si è detto contento di queste idee governative ma ha anche mosso delle critiche come il sequesto dei patrimoni illecitamente guadagnati dall'onorevole corrotto, insieme al suo vitalizio. E anche il limite dell'interdizione perpetua (che scatta per condanne superiori ai 5 anni) potrebbe essere rivisto al ribasso.
La legge anti-corruzione di Renzi dovrebbe basarsi anche sul Codice degli Appalti: partendo da procedure più snelle, controlli e vigilanza più forti e nuove regole sulle lobby. Alla fine bisogna capire come si concretizzeranno questi buoni propositi, un concetto che non è ancora chiaro.Il Premier pensa ad esempio di escludere gli imprenditori corruttori dai futuri bandi pubblici, inserendoli in una sorta di vera "black list delle gare d'asta". Tutti questi elementi andranno a strutturare la nuova riforma della giustizia a cui sta lavorando il ministro Andrea Orlando: processi civili e penali, riti alternativi, smaltimento dell'arretrato civile, prescrizione, un grosso testo normativo che forse necessiterà di circa un anno di dibattiti.C'è ad esempio l'intenzione di introdurre il reato di auto-riciclaggio (fino a 8 anni), di alzare a 5 anni la pena per falso in bilancio e inasprire quelle per corruzione e concussione.Un segno evidente che il reato di corruzione è un reato gravissimo e come tale va punito.
Lorenzin.Accuse di fuoco dai grillini.
di Anna De Vitis
Nasce una durissima polemica sul Ministro della Salute Lorenzin.
La ministro della Salute Beatrice Lorenzin è da alcune settimane al centro di dure polemiche politiche da quando alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle hanno esplicitamente richiesto le sue formali dimissioni dall'incarico.L'accusa sarebbe quella di essere stata totalmente inadempiente e priva delle necessarie competenze e della volontà di prendere delle posizioni.Accuse durissime e nette.Un messaggio del genere è giunto infatti dalla senatrice Michela Montevecchi illustrando la mozione di sfiducia.Una delle accuse sarebbe di non aver compiuto le sue funzioni istituzionali sul caso Avastin, mentre nel caso Stamina si sarebbe palesata la sua incompetenza in quanto non è stata garante della salute di tanti malati.
Queste sono le gravi motivazioni della mozione di sfiducia della Lorenzin presentata da M5S,in otto pagine,sottoscritta dalle senatrici Michela Montevecchi e Paola Taverna.Tra le altre cause delle accuse ci sarebbe il fatto che il ministro non ha tenuto presente che nell’ultimo elenco dei farmaci essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’unico farmaco anti-VEGF inserito per il trattamento della Degenerazione maculare senile è l’antitumorale Avastin di Roche e non Lucentis di Novartis, come invece accadeva in Italia. Lorenzin, inoltre, non avrebbe prontamente soddisfatto le richieste di delucidazioni riguardo all'uso off label dell’Avastin, denunciato in periodi non sospetti proprio dall’M5S. Parole dure anche sulla questione Stamina, in particolare rispetto alla nomina del primo Comitato di esperti, il cui insieme di valutazioni non sarebbe stato obiettivo poichè gli stessi in passato avevano palesato perplessità e pregiudizi.
Del resto lo stesso Tar ha evidenziato criticità e mancanza di imparzialità tanto da nominare un nuovo Comitato. A difesa della Lorenzin vi è il fatto che le macerie e le eredità dei precedenti ministri sono state enormi per lei ma secondo le accuse dei grillini, il suo operato non è stato risolutivo nel dare una risposta a una situazione così drammatica.La Ministro Lorenzin ha scelto di non rispondere alle accuse per non alimentare le già infuocate polemiche ma ha sottolineato che con lei alla guida il Ministero della Salute ha preso una scelta coraggiosissima quella cioè di interrompere la prescrizione qualora ci fosse una condanna di Roche e Novartis per il cartello, in modo tale che lo Stato italiano potrà in futuro chiedere risarcimenti dovuti per le perdite del Fondo sanitario nazionale.Adesso le Camere decideranno sulla mozione anti-Lorenzin.
La ministro della Salute Beatrice Lorenzin è da alcune settimane al centro di dure polemiche politiche da quando alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle hanno esplicitamente richiesto le sue formali dimissioni dall'incarico.L'accusa sarebbe quella di essere stata totalmente inadempiente e priva delle necessarie competenze e della volontà di prendere delle posizioni.Accuse durissime e nette.Un messaggio del genere è giunto infatti dalla senatrice Michela Montevecchi illustrando la mozione di sfiducia.Una delle accuse sarebbe di non aver compiuto le sue funzioni istituzionali sul caso Avastin, mentre nel caso Stamina si sarebbe palesata la sua incompetenza in quanto non è stata garante della salute di tanti malati.
Queste sono le gravi motivazioni della mozione di sfiducia della Lorenzin presentata da M5S,in otto pagine,sottoscritta dalle senatrici Michela Montevecchi e Paola Taverna.Tra le altre cause delle accuse ci sarebbe il fatto che il ministro non ha tenuto presente che nell’ultimo elenco dei farmaci essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’unico farmaco anti-VEGF inserito per il trattamento della Degenerazione maculare senile è l’antitumorale Avastin di Roche e non Lucentis di Novartis, come invece accadeva in Italia. Lorenzin, inoltre, non avrebbe prontamente soddisfatto le richieste di delucidazioni riguardo all'uso off label dell’Avastin, denunciato in periodi non sospetti proprio dall’M5S. Parole dure anche sulla questione Stamina, in particolare rispetto alla nomina del primo Comitato di esperti, il cui insieme di valutazioni non sarebbe stato obiettivo poichè gli stessi in passato avevano palesato perplessità e pregiudizi.
Del resto lo stesso Tar ha evidenziato criticità e mancanza di imparzialità tanto da nominare un nuovo Comitato. A difesa della Lorenzin vi è il fatto che le macerie e le eredità dei precedenti ministri sono state enormi per lei ma secondo le accuse dei grillini, il suo operato non è stato risolutivo nel dare una risposta a una situazione così drammatica.La Ministro Lorenzin ha scelto di non rispondere alle accuse per non alimentare le già infuocate polemiche ma ha sottolineato che con lei alla guida il Ministero della Salute ha preso una scelta coraggiosissima quella cioè di interrompere la prescrizione qualora ci fosse una condanna di Roche e Novartis per il cartello, in modo tale che lo Stato italiano potrà in futuro chiedere risarcimenti dovuti per le perdite del Fondo sanitario nazionale.Adesso le Camere decideranno sulla mozione anti-Lorenzin.
Riforma della PA.Parte la mini-rivoluzione.
di Anna De Vitis
Il testo Madia all'esame ultimo delle Camere.
La nuova riforma della pubblica amministrazione era attesa ad aprile.Ma varie sventure parlamentari hanno ostacolato il tutto.Oggi sembra arrivato il momento,la riforma è pronta,arriva per cambiare l'universo della PA.Dopo sarà la volta della riforma del Senato e poi quella del Fisco, il governo insomma sembra marciare veloce e stabile.Ad Aprile il Governo aveva inviato ai tre milioni di dipendenti pubblici, una missiva in cui esponeva per grandi linee la nuova normativa,Marianna Madia,ministro della Pubblica Amministrazione aveva messo sul tavolo una vera rivoluzione che si basava sul ruolo unico dei dirigenti, sulla possibilità di prepensionare alla mobilità obbligatoria, sino alla cancellazione della figura dei segretari comunali e all'abrogazione di almeno sessanta prefetture.
Si vociferava inoltre che il mezzo del decreto poteva essere la via utile da inseguire.In modo tale da soddisfare quelle misure più urgenti,poi sarebbe stata la volta di un disegno di legge per un intervento più organico. Ieri invece si è scoperto che il ministro Madia avrebbe già proposto un testo che originariamente composto da 56 articoli,era stato sfrondato a 26. Inoltre a sorpresa ben 20 punti dei 40 originari della proposta Renzi-Madia erano spariti. In attesa del consiglio dei ministri convocato per discutere del tema,si sta lavorando ad un unico decreto che probabilmente tratterà sia della riforma della Pa, ma anche delle norme anticorruzione,sui poteri al commissario Raffaele Cantone e infine sulle norme su agricoltura e ambiente. Una sorta di decreto omnibus, un testo che sicuramente il Presidente della Repubblica avrà da criticare sulla sua opportunità costituzionale.
Vedremo quale sarà l'atteggiamento del Quirinale e quali le correzioni eventuali.Non ci sono più i prepensionamenti ma spunta il part-time per quanti hanno ancora solo 5 anni prima di andare in pensione. Come sempre la legge non tocca le grandi caste come quelle dei magistrati, che resteranno in servizio anche dopo i 70 anni per tutto il 2015. Aspettiamo il consiglio dei ministri, la speranza è che non vengano applicate troppe censure al testo e che le lobby di potere non obblighino ad una testo troppo alleggerito.Non è questo il tipo di riforma che possa servire al paese e Renzi ciò lo sa benissimo.
La nuova riforma della pubblica amministrazione era attesa ad aprile.Ma varie sventure parlamentari hanno ostacolato il tutto.Oggi sembra arrivato il momento,la riforma è pronta,arriva per cambiare l'universo della PA.Dopo sarà la volta della riforma del Senato e poi quella del Fisco, il governo insomma sembra marciare veloce e stabile.Ad Aprile il Governo aveva inviato ai tre milioni di dipendenti pubblici, una missiva in cui esponeva per grandi linee la nuova normativa,Marianna Madia,ministro della Pubblica Amministrazione aveva messo sul tavolo una vera rivoluzione che si basava sul ruolo unico dei dirigenti, sulla possibilità di prepensionare alla mobilità obbligatoria, sino alla cancellazione della figura dei segretari comunali e all'abrogazione di almeno sessanta prefetture.
Si vociferava inoltre che il mezzo del decreto poteva essere la via utile da inseguire.In modo tale da soddisfare quelle misure più urgenti,poi sarebbe stata la volta di un disegno di legge per un intervento più organico. Ieri invece si è scoperto che il ministro Madia avrebbe già proposto un testo che originariamente composto da 56 articoli,era stato sfrondato a 26. Inoltre a sorpresa ben 20 punti dei 40 originari della proposta Renzi-Madia erano spariti. In attesa del consiglio dei ministri convocato per discutere del tema,si sta lavorando ad un unico decreto che probabilmente tratterà sia della riforma della Pa, ma anche delle norme anticorruzione,sui poteri al commissario Raffaele Cantone e infine sulle norme su agricoltura e ambiente. Una sorta di decreto omnibus, un testo che sicuramente il Presidente della Repubblica avrà da criticare sulla sua opportunità costituzionale.
Vedremo quale sarà l'atteggiamento del Quirinale e quali le correzioni eventuali.Non ci sono più i prepensionamenti ma spunta il part-time per quanti hanno ancora solo 5 anni prima di andare in pensione. Come sempre la legge non tocca le grandi caste come quelle dei magistrati, che resteranno in servizio anche dopo i 70 anni per tutto il 2015. Aspettiamo il consiglio dei ministri, la speranza è che non vengano applicate troppe censure al testo e che le lobby di potere non obblighino ad una testo troppo alleggerito.Non è questo il tipo di riforma che possa servire al paese e Renzi ciò lo sa benissimo.
Ecco il decreto Sblocca-Italia per la crescita.
di Anna De Vitis
A breve il nuovo decreto per alimentare gli investimenti.
Il famoso Sblocca-Italia,il provvedimento urgente in materia economica è realtà e dal primo luglio partirà la sua efficacia con la prima parte delle misure necessarie.Si partirà con la scuola. Venerdì il consiglio dei ministri ha infatti dato il via libera al decreto del presidente del Consiglio che esclude per due anni (2014 e 2015) dal patto di stabilità interno i comuni che metteranno in cantiere il progetto di costruire nuove scuole. Da una stima iniziale si parla di 389 opere immediatamente cantierabili per somme complessive vicine ai 244 milioni. Renzi ha sottolineato che il termine del 21 giugno era il limite per dare attuazione all'idea e così è stato.Dopo una rapida analisi il piano-scuola prevederà almeno 21.629 interventi,più del 50% degli edifici scolastici del Paese e saranno coinvolti circa 5 milioni di studenti per un investimento finale che sfiora il miliardo di euro.A queste cifre già enormi si aggiungeranno circa 350 milioni di euro provenienti dal ministero dell’Ambiente per finanziare a tassi minimi interventi volti a migliorare la capacità energetica delle scuole.
I fondi utili allo Sblocca-Italia,ha evidenziato il sottosegretario Reggi, sono stati tutti racimolati grazie ad una rimodulazione del Fondo Coesione 2007-2013 che regioni grandi come Sicilia, Calabria, Campania e Puglia non sarebbero state in grado di spendere nei tempi previsti.La distribuzione geografica delle risorse è molto equilibrata: il fine è non scontentare nessuno,promette il sottosegretario all’Istruzione che insieme ai tecnici di palazzo Chigi ha programmato linea su linea il decreto sulle scuole. A ciò si affiancherà poi verso settembre il progetto Scuole Belle che però cercherà di privilegiare il Sud. Poi l'anno prossimo le somme saranno anche maggiori perchè la nuova programmazione 2014-2020 metterà in gioco circa 3 miliardi di euro, a cui andranno addizionati i 900 milioni della Banca europea degli investimenti già inseriti nel tanto discusso decreto-Carrozza, ma che potranno essere adoperati appunto solo a partire dal 2015.
Tutte queste cifre saranno impiegate per rimettere in moto l'economia con investimenti mirati e controllati.La cosiddetta rivoluzione educativa evocata spesso e volentieri da Renzi sembra poter contare su basi monetarie piuttosto solide per avviarsi.Per tutti gli altri interventi a carattere prettamente finanziari sempre Renzi ha promesso di recente qualche sostanziosa novità per dare sostegno alla crescita nazionale.
Il famoso Sblocca-Italia,il provvedimento urgente in materia economica è realtà e dal primo luglio partirà la sua efficacia con la prima parte delle misure necessarie.Si partirà con la scuola. Venerdì il consiglio dei ministri ha infatti dato il via libera al decreto del presidente del Consiglio che esclude per due anni (2014 e 2015) dal patto di stabilità interno i comuni che metteranno in cantiere il progetto di costruire nuove scuole. Da una stima iniziale si parla di 389 opere immediatamente cantierabili per somme complessive vicine ai 244 milioni. Renzi ha sottolineato che il termine del 21 giugno era il limite per dare attuazione all'idea e così è stato.Dopo una rapida analisi il piano-scuola prevederà almeno 21.629 interventi,più del 50% degli edifici scolastici del Paese e saranno coinvolti circa 5 milioni di studenti per un investimento finale che sfiora il miliardo di euro.A queste cifre già enormi si aggiungeranno circa 350 milioni di euro provenienti dal ministero dell’Ambiente per finanziare a tassi minimi interventi volti a migliorare la capacità energetica delle scuole.
I fondi utili allo Sblocca-Italia,ha evidenziato il sottosegretario Reggi, sono stati tutti racimolati grazie ad una rimodulazione del Fondo Coesione 2007-2013 che regioni grandi come Sicilia, Calabria, Campania e Puglia non sarebbero state in grado di spendere nei tempi previsti.La distribuzione geografica delle risorse è molto equilibrata: il fine è non scontentare nessuno,promette il sottosegretario all’Istruzione che insieme ai tecnici di palazzo Chigi ha programmato linea su linea il decreto sulle scuole. A ciò si affiancherà poi verso settembre il progetto Scuole Belle che però cercherà di privilegiare il Sud. Poi l'anno prossimo le somme saranno anche maggiori perchè la nuova programmazione 2014-2020 metterà in gioco circa 3 miliardi di euro, a cui andranno addizionati i 900 milioni della Banca europea degli investimenti già inseriti nel tanto discusso decreto-Carrozza, ma che potranno essere adoperati appunto solo a partire dal 2015.
Tutte queste cifre saranno impiegate per rimettere in moto l'economia con investimenti mirati e controllati.La cosiddetta rivoluzione educativa evocata spesso e volentieri da Renzi sembra poter contare su basi monetarie piuttosto solide per avviarsi.Per tutti gli altri interventi a carattere prettamente finanziari sempre Renzi ha promesso di recente qualche sostanziosa novità per dare sostegno alla crescita nazionale.
Alfano.Bisogna unire NCD e Forza Italia.
di Anna De Vitis
Il capo di NCD propone accordi futuri con Forza Italia.
Dopo il risultato delle urne europee nel centrodestra italiano c'è grande ansia e subbuglio.La paura è quella di veder perdere il buon consenso racimolato in questi anni per colpa delle divisioni e dei vari scismi avvevuti in questi ultimi anni prima con An e poi con il NCD di Angelino Alfano.In ambito europeo poi gli elettori troverebbero grande confusione e contraddizione nel credere in una nuova linea politica che passa dalla stabilità del Ppe agli estremismi del lepenismo. In questa confusione il vento di protesta e di populismo potrebbe esponenzialmente aumentare. Per tutte queste ragioni e altre ancora il leader di Ncd, Angelino Alfano,propone una coalizione popolare italiana che ridia ossigeno e coraggio ai moderati di detsra ma che non sia una semplice fusione senza criterio di partiti e sigle ma che parta da un programma con comun denominatori. Una vera Coalizione Popolare come accadde nella Spagna post-franchista.
Sempre Alfano afferma di avere grande stima per Matteo Renzi a maggior ragione dopo il discorso fatto nel post vittoria elettorale nella segretia PD.In particolare Alfano sottolinea che il Premier ha ottimamente capito che, se vuole consolidare il 41%, deve cambiare prospettiva e assorbire al proprio interno un centro, una destra e una sinistra, dai liberali di Scelta civica a una porzione di Sel.Non a caso proprio Renzi ha ipotizzato un grande partito della nazione: nazione è da sempre un concetto di destra, mai un leader della sinistra aveva spinto le sue idee così oltre.Insomma bisogna mescolare le carte della politica italiana e dare prospettive nuove agli elettori.Compresi quelli di Scelta civica, che non hanno alcun intenzione di fondersi nel PD renziano,senza dimenticare i centristi dall’Udc ai Popolari per l’Italia.
La preoccupazione di Alfano è quella che Berlusconi decida di portare Forza Italia su strade estreme ed integraliste di matrice lepenista.Oggi la coalizione non è più formata da dati enormi come il 39% del PDL nel 2009,adesso Fi necessita di ristrutturarsi e non deve mutarsi in una sorta di nuova Lega Nord,non servirebbe a nessuno.Oggi il Cavaliere deve in questa fase privilegiare il confronto pubblico delle idee e non fossilizzarsi su concetti e slogan populisti che possono solo danneggiare l'area di centro-destra.Il sogno,ripete Alfano,è ridare forma ai sogni della destra italiana e insieme ai voti di Berlusconi la strada potrebbe essere meno impervia.
Dopo il risultato delle urne europee nel centrodestra italiano c'è grande ansia e subbuglio.La paura è quella di veder perdere il buon consenso racimolato in questi anni per colpa delle divisioni e dei vari scismi avvevuti in questi ultimi anni prima con An e poi con il NCD di Angelino Alfano.In ambito europeo poi gli elettori troverebbero grande confusione e contraddizione nel credere in una nuova linea politica che passa dalla stabilità del Ppe agli estremismi del lepenismo. In questa confusione il vento di protesta e di populismo potrebbe esponenzialmente aumentare. Per tutte queste ragioni e altre ancora il leader di Ncd, Angelino Alfano,propone una coalizione popolare italiana che ridia ossigeno e coraggio ai moderati di detsra ma che non sia una semplice fusione senza criterio di partiti e sigle ma che parta da un programma con comun denominatori. Una vera Coalizione Popolare come accadde nella Spagna post-franchista.
Sempre Alfano afferma di avere grande stima per Matteo Renzi a maggior ragione dopo il discorso fatto nel post vittoria elettorale nella segretia PD.In particolare Alfano sottolinea che il Premier ha ottimamente capito che, se vuole consolidare il 41%, deve cambiare prospettiva e assorbire al proprio interno un centro, una destra e una sinistra, dai liberali di Scelta civica a una porzione di Sel.Non a caso proprio Renzi ha ipotizzato un grande partito della nazione: nazione è da sempre un concetto di destra, mai un leader della sinistra aveva spinto le sue idee così oltre.Insomma bisogna mescolare le carte della politica italiana e dare prospettive nuove agli elettori.Compresi quelli di Scelta civica, che non hanno alcun intenzione di fondersi nel PD renziano,senza dimenticare i centristi dall’Udc ai Popolari per l’Italia.
La preoccupazione di Alfano è quella che Berlusconi decida di portare Forza Italia su strade estreme ed integraliste di matrice lepenista.Oggi la coalizione non è più formata da dati enormi come il 39% del PDL nel 2009,adesso Fi necessita di ristrutturarsi e non deve mutarsi in una sorta di nuova Lega Nord,non servirebbe a nessuno.Oggi il Cavaliere deve in questa fase privilegiare il confronto pubblico delle idee e non fossilizzarsi su concetti e slogan populisti che possono solo danneggiare l'area di centro-destra.Il sogno,ripete Alfano,è ridare forma ai sogni della destra italiana e insieme ai voti di Berlusconi la strada potrebbe essere meno impervia.
La Bonafè:ora mi prendo la mia rivincita.
di Anna De Vitis
La giovane politica PD è stata la più votata d'Italia.
Le elezioni della settimana scorsa hanno incoronato Simona Bonafè politica nazionale,con le sue 288mila preferenze è stata la candidata più votata d'Italia prendendosi una grande rivincita soprattutto verso quei colleghi maschi,anche dentro al suo partito,che la vedevano,lei come le altre capolista,come semplici ragazze utili a fare immagine ma con pochissimo seguito alle urne.La Bonafè è serena e felice afferma di aver sperato in un rosultato del genere e di voler dare uno schiaffo morale a tutti quelli che da subito ha avuto contro nella sua avventura politica.Adesso si dimetterà da deputata PD e volerà a Strasburgo a svolgere il suo nuovo incarico di eurodeputata.La sua prestazione elettorale è stata la vera sorpresa delle urne,nessuno davvero si attendeva un esito del genere.Simona Bonafè ha spiazzato tutti, compresi i suoi colleghi di partito, risultando la più votata nelle preferenze. Riuscendo a finire anche davanti a due politici molto navigati come Raffaele Fitto di Forza Italia e Gianni Pittella del Pd. Scelta come capolista dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, Simona Bonafè è pronta a svolgere il suo compito al Parlamento Europeo.
Da subito ha deciso che non manterrà nessun doppio incarico.La quarantenne nata a Varese, è stata una delle candidate di punta alle ultime elezioni.Si è sempre considerata una renziana della prima ora,ha sempre dato sostegno al Governo e alla linea di novità tracciata dal buon Renzi,ora la sua vità è già cambiata dal momento in cui è apparsa più volte in trasmissioni televisive a discutere di politica,dimostrando sempre grande pacatezza ma anche notevole competenza.Un volto giovane e fresco che deve essere piaciuto molto agli elettori. Del Pd, in primis, ma anche di altri partiti. Simona Bonafè, infatti, è molto apprezzata dagli ambienti di centro destra. Il salto a Roma, dopo le esperienze toscane con la Margherita, è arrivato nel 2013 con l’elezione alla Camera dei Deputati.
A lei Renzi in persona ha affidato nel 2012 la campagna per le primarie,con l’attuale premier ha un rapporto schietto e diretto ed insieme alle sue quattro famose colleghe di partito, è riuscita ad ottenere il ruolo di capolista del nord Italia del PD.Il mese scorso raccontano,che grazie ad un sms seppe da Renzi in persona di essere stata scelta come capolista,accettando subito quella che era una vera occasione da non perdere.La Bonafè sembra sicura e decisa in ambito politico, in particolare dopo un risultato di questo tipo. Guai ad accennare alla sua vita privata. Qui traspare tanta timidezza e riservatezza.Ben cosciente del suo ruolo,adesso a Strasburgo è pronta a correre per il bene dell'Europa e della stessa Italia.
Le elezioni della settimana scorsa hanno incoronato Simona Bonafè politica nazionale,con le sue 288mila preferenze è stata la candidata più votata d'Italia prendendosi una grande rivincita soprattutto verso quei colleghi maschi,anche dentro al suo partito,che la vedevano,lei come le altre capolista,come semplici ragazze utili a fare immagine ma con pochissimo seguito alle urne.La Bonafè è serena e felice afferma di aver sperato in un rosultato del genere e di voler dare uno schiaffo morale a tutti quelli che da subito ha avuto contro nella sua avventura politica.Adesso si dimetterà da deputata PD e volerà a Strasburgo a svolgere il suo nuovo incarico di eurodeputata.La sua prestazione elettorale è stata la vera sorpresa delle urne,nessuno davvero si attendeva un esito del genere.Simona Bonafè ha spiazzato tutti, compresi i suoi colleghi di partito, risultando la più votata nelle preferenze. Riuscendo a finire anche davanti a due politici molto navigati come Raffaele Fitto di Forza Italia e Gianni Pittella del Pd. Scelta come capolista dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, Simona Bonafè è pronta a svolgere il suo compito al Parlamento Europeo.
Da subito ha deciso che non manterrà nessun doppio incarico.La quarantenne nata a Varese, è stata una delle candidate di punta alle ultime elezioni.Si è sempre considerata una renziana della prima ora,ha sempre dato sostegno al Governo e alla linea di novità tracciata dal buon Renzi,ora la sua vità è già cambiata dal momento in cui è apparsa più volte in trasmissioni televisive a discutere di politica,dimostrando sempre grande pacatezza ma anche notevole competenza.Un volto giovane e fresco che deve essere piaciuto molto agli elettori. Del Pd, in primis, ma anche di altri partiti. Simona Bonafè, infatti, è molto apprezzata dagli ambienti di centro destra. Il salto a Roma, dopo le esperienze toscane con la Margherita, è arrivato nel 2013 con l’elezione alla Camera dei Deputati.
A lei Renzi in persona ha affidato nel 2012 la campagna per le primarie,con l’attuale premier ha un rapporto schietto e diretto ed insieme alle sue quattro famose colleghe di partito, è riuscita ad ottenere il ruolo di capolista del nord Italia del PD.Il mese scorso raccontano,che grazie ad un sms seppe da Renzi in persona di essere stata scelta come capolista,accettando subito quella che era una vera occasione da non perdere.La Bonafè sembra sicura e decisa in ambito politico, in particolare dopo un risultato di questo tipo. Guai ad accennare alla sua vita privata. Qui traspare tanta timidezza e riservatezza.Ben cosciente del suo ruolo,adesso a Strasburgo è pronta a correre per il bene dell'Europa e della stessa Italia.
Europee.Renzi ed il PD risultato storico.
di Anna De Vitis
Toccate vette di consenso inimmaginabili per l'ex rottamatore.
Le elezioni europee sono terminate e possiamo fare i primi commenti e valutazioni.E' stato una sorta di piccolo trionfo per Matteo Renzi ed il so novo PD.Un quaranta per cento che simboleggia un datp storico soprattutto se confrontato con l'enorme differenza imposta MoVimento 5 Stelle,il quale è costretto a retrocedere rispetto alle politiche dello scorso anno.Anche Forza Italia è calata paragonata al 2013. Nemmeno la DC dell'epoca andreottiana era riuscita mai a toccare quota 40%,Renzi invece si.E qualche ex democristiano che ora bazzica nelle fila PD lo afferma candidamente.Il Presidente del Consiglio nella sa dimora toscana ha assistito alla vittoria e si è detto molto tranquillo, riferiscono i suoi più stretti collaboratori, con il quale Renzi resta in contatto ma non in maniera spasmodica. Poche telefonate, soprattutto sms.
In serata il rientro a Roma, dove Renzi segue gli scrutini a Palazzo Chigi.La notte dello spoglio per il premier è da consegnare agli annali. Una notte romana bagnata da una pioggerellina che più dolce non potrebbe essere. Al Nazareno si esulta. Nella sede del partito è riunito lo stato maggiore del Pd, tra questi Luca Lotti, Lorenzo Guerini, Debora Serracchiani,Guglielmo Epifani e Matteo Orfini è un risultato importante e straordinario che ci dà grandi responsabilità nel completare il sistema di riforme impostato e nel cambiamento europeo che riguarda il tema della crescita.La Serracchiani parla di risultato «importante rispetto all’esito delle europee del 2009 e delle politiche 2013. Un risultato che premia il lavoro del governo e che auspichiamo rappresenti quella necessità di cambiare il Paese, rinnovare e fare riforme che siamo riusciti a far comprendere al Paese». La Serracchiani ricorda che con questo risultato il Pd diventa il primo partito progressista d’Europa e, tra le forze di governo dei Paesi membri,complessivamente c’è stato un arretramento europeo del Ppe e un aumento socialista e democratico. Siamo il primo partito nel campo di socialisti e democratici.
Questa è la vittoria del Pd e soprattutto di Matteo Renzi, del cambiamento che ha voluto imprimere al Parlamento e al Paese. Ha vinto la speranza, è un grande messaggio politico che arriva da tutta l’Italia.Per noi è un risultato straordinario, storico che conferma la bontà del progetto di Matteo Renzi, abbiamo intercettato voti in uscita da Forza Italia, siamo il primo partito della sinistra europea». Rispetto alla vigilia del voto,È un grande incoraggiamento rispetto all’azione esecutiva. La conseguenza ora è continuare a governare. Adesso Renzi è davanti a un bivio: da una parte la tentazione di strappare, andare al voto politico anticipato e capitalizzare il risultato delle europee; dall’altro, potendo contare proprio sul plebiscito del voto di ieri, può davvero prendere le redini dei gruppi parlamentari Dem e approfittare della debolezza degli alleati per andare avanti davvero fino al 2018. Di certo gli italiani hanno concesso un ampio credito al premier, perdonandogli il gioco di palazzo con cui ha sfrattato Enrico Letta dalla presidenza del Consiglio. A pagare è stata anche una campagna elettorale improntata sulla fiducia, sulla speranza, corroborata magari da quegli 80 euro in busta paga che hanno fatto discutere ma che tanti italiani hanno dimostrato di gradire. Renzi aveva bisogno di un successo alle europee per legittimare la propria premiership.
Le elezioni europee sono terminate e possiamo fare i primi commenti e valutazioni.E' stato una sorta di piccolo trionfo per Matteo Renzi ed il so novo PD.Un quaranta per cento che simboleggia un datp storico soprattutto se confrontato con l'enorme differenza imposta MoVimento 5 Stelle,il quale è costretto a retrocedere rispetto alle politiche dello scorso anno.Anche Forza Italia è calata paragonata al 2013. Nemmeno la DC dell'epoca andreottiana era riuscita mai a toccare quota 40%,Renzi invece si.E qualche ex democristiano che ora bazzica nelle fila PD lo afferma candidamente.Il Presidente del Consiglio nella sa dimora toscana ha assistito alla vittoria e si è detto molto tranquillo, riferiscono i suoi più stretti collaboratori, con il quale Renzi resta in contatto ma non in maniera spasmodica. Poche telefonate, soprattutto sms.
In serata il rientro a Roma, dove Renzi segue gli scrutini a Palazzo Chigi.La notte dello spoglio per il premier è da consegnare agli annali. Una notte romana bagnata da una pioggerellina che più dolce non potrebbe essere. Al Nazareno si esulta. Nella sede del partito è riunito lo stato maggiore del Pd, tra questi Luca Lotti, Lorenzo Guerini, Debora Serracchiani,Guglielmo Epifani e Matteo Orfini è un risultato importante e straordinario che ci dà grandi responsabilità nel completare il sistema di riforme impostato e nel cambiamento europeo che riguarda il tema della crescita.La Serracchiani parla di risultato «importante rispetto all’esito delle europee del 2009 e delle politiche 2013. Un risultato che premia il lavoro del governo e che auspichiamo rappresenti quella necessità di cambiare il Paese, rinnovare e fare riforme che siamo riusciti a far comprendere al Paese». La Serracchiani ricorda che con questo risultato il Pd diventa il primo partito progressista d’Europa e, tra le forze di governo dei Paesi membri,complessivamente c’è stato un arretramento europeo del Ppe e un aumento socialista e democratico. Siamo il primo partito nel campo di socialisti e democratici.
Questa è la vittoria del Pd e soprattutto di Matteo Renzi, del cambiamento che ha voluto imprimere al Parlamento e al Paese. Ha vinto la speranza, è un grande messaggio politico che arriva da tutta l’Italia.Per noi è un risultato straordinario, storico che conferma la bontà del progetto di Matteo Renzi, abbiamo intercettato voti in uscita da Forza Italia, siamo il primo partito della sinistra europea». Rispetto alla vigilia del voto,È un grande incoraggiamento rispetto all’azione esecutiva. La conseguenza ora è continuare a governare. Adesso Renzi è davanti a un bivio: da una parte la tentazione di strappare, andare al voto politico anticipato e capitalizzare il risultato delle europee; dall’altro, potendo contare proprio sul plebiscito del voto di ieri, può davvero prendere le redini dei gruppi parlamentari Dem e approfittare della debolezza degli alleati per andare avanti davvero fino al 2018. Di certo gli italiani hanno concesso un ampio credito al premier, perdonandogli il gioco di palazzo con cui ha sfrattato Enrico Letta dalla presidenza del Consiglio. A pagare è stata anche una campagna elettorale improntata sulla fiducia, sulla speranza, corroborata magari da quegli 80 euro in busta paga che hanno fatto discutere ma che tanti italiani hanno dimostrato di gradire. Renzi aveva bisogno di un successo alle europee per legittimare la propria premiership.
La Comi.Forza Italia è politicamente viva.
di Anna De Vitis
Un'agguerrita forzista pronta a correre alle elezioni.
La campagna elettorale per le europee è agli sgoccioli e l'europarlamentare di Forza Italia Lara Comi invitata in un convegno di imprenditori a Milano non smette i panni di combattente berlusconiana.La Comi è una bocconiana,ha un curriculum importante, e sembra capirne di politica a differenza di altre ancelle di Arcore.Nella sua giovane carriera può anche vantare uno stage sul funzionamento della macchina governativa presso la Casa Bianca di Obama.Fino a due anni fa era la più giovane parlamentare italiana del Ppe, premiata a Marzo a Bruxelles come miglior parlamentare europeo per il mercato interno e la protezione consumatori ed unica italiana ad essere stata premiata con il MEP award,un premio sulla capacità comunicativa rilasciato dalla rivista The Parliament Magazine.Nel convegno di cui sopra la Comi, ha parlato di economia e di spread, e ha dato la sensazione di capirne,cosa che non sempre accade anche a politici più navigati.Ha esposto le sue idee senza urlare come la Santanché, non ha accavallato gambe e gonne come molte sue colleghe,non ha rinunciato al suo smagliante sorriso ma comunque ha punzecchiato con educazione i magistrati, e mosso critiche dure al terribile Landini della Fiom, senza usare modi sguaiati tipo Meloni o napoletanate alla Mussolini.
Insomma la Comi ha convinto chi la ascoltava,dando l'immagine di una brava ragazza,fin troppo presentabile per i vertici di FI: questo suo atteggiamento sembra urtare con l'idea da guerriere votate al martirio che invece hanno molte altre politiche del partito del Cavaliere.Il rischio concreto è che possa essere fatta fuori perchè non incline alle piazzate e agli eccessi populisti.La Comi mantiene in ogni situazione un atteggiamento fresco che a volte stride con la mummia berlusconiana,ma il suo stile è questo e lei non lo cambia.Al convegno ha annunciato la presenza di aria nuova nelle stanze di Forza Italia,finalmente sembrano esserci metodi di reclutamento meritocratici per cambiare i volti del potere e preparare in modo stabile l'eredità del Cavaliere.I prossimi congressi del partito afferma, imprimeranno alla struttura una fase nuova. C’è un’intera classe di giovani dentro Forza Italia che preme per affermarsi ed essere valorizzata.Solo in questo modo si mantiene politicamente vivo il partito e soprattutto si ridà fiducia agli elettori; Berlusconi dovrà un giorno o l'altro decidere a chi affidare il timone della nave del centro-destra ma già da adesso si nota una maggiore apertura,perchè c’è bisogno di dare spazio a chi fa politica per passione, a chi non ha nulla da nascondere.Si vede che è una navigata politica da campagna elettorale la Comi,una di quelle che non vuole mai essere confusa con l’establishment femminile di Silvio Berlusconi, quello diventato tristemente noto per gli scandali mondani,lei fa politica da Bruxelles e non da Arcore.
E' capolista in Lombardia,nella provincia di Varese ha il nucleo duro dei suoi elettori che nel lontano 2008 le consegnò in mano 65mila preferenze; servono i voti di tutti adesso in Forza Italia perchè se prima Berlusconi vinceva le elezioni da solo, ora gli serve un partito che lo sostenga e gli dia il consenso che gli serve.La Comi sottolinea che gli incipit di FI sono da sempre i medesimi:meno tasse, meno spesa pubblica, meno debito, meno Stato, meno burocrazia. Dunque più individuo, più impresa, più merito, più libertà, più ‘giustizia’, più sussidiarietà, più difesa della famiglia.Gli ideali liberali della Comi sono chiarissimi,convincerà gli elettori?
La campagna elettorale per le europee è agli sgoccioli e l'europarlamentare di Forza Italia Lara Comi invitata in un convegno di imprenditori a Milano non smette i panni di combattente berlusconiana.La Comi è una bocconiana,ha un curriculum importante, e sembra capirne di politica a differenza di altre ancelle di Arcore.Nella sua giovane carriera può anche vantare uno stage sul funzionamento della macchina governativa presso la Casa Bianca di Obama.Fino a due anni fa era la più giovane parlamentare italiana del Ppe, premiata a Marzo a Bruxelles come miglior parlamentare europeo per il mercato interno e la protezione consumatori ed unica italiana ad essere stata premiata con il MEP award,un premio sulla capacità comunicativa rilasciato dalla rivista The Parliament Magazine.Nel convegno di cui sopra la Comi, ha parlato di economia e di spread, e ha dato la sensazione di capirne,cosa che non sempre accade anche a politici più navigati.Ha esposto le sue idee senza urlare come la Santanché, non ha accavallato gambe e gonne come molte sue colleghe,non ha rinunciato al suo smagliante sorriso ma comunque ha punzecchiato con educazione i magistrati, e mosso critiche dure al terribile Landini della Fiom, senza usare modi sguaiati tipo Meloni o napoletanate alla Mussolini.
Insomma la Comi ha convinto chi la ascoltava,dando l'immagine di una brava ragazza,fin troppo presentabile per i vertici di FI: questo suo atteggiamento sembra urtare con l'idea da guerriere votate al martirio che invece hanno molte altre politiche del partito del Cavaliere.Il rischio concreto è che possa essere fatta fuori perchè non incline alle piazzate e agli eccessi populisti.La Comi mantiene in ogni situazione un atteggiamento fresco che a volte stride con la mummia berlusconiana,ma il suo stile è questo e lei non lo cambia.Al convegno ha annunciato la presenza di aria nuova nelle stanze di Forza Italia,finalmente sembrano esserci metodi di reclutamento meritocratici per cambiare i volti del potere e preparare in modo stabile l'eredità del Cavaliere.I prossimi congressi del partito afferma, imprimeranno alla struttura una fase nuova. C’è un’intera classe di giovani dentro Forza Italia che preme per affermarsi ed essere valorizzata.Solo in questo modo si mantiene politicamente vivo il partito e soprattutto si ridà fiducia agli elettori; Berlusconi dovrà un giorno o l'altro decidere a chi affidare il timone della nave del centro-destra ma già da adesso si nota una maggiore apertura,perchè c’è bisogno di dare spazio a chi fa politica per passione, a chi non ha nulla da nascondere.Si vede che è una navigata politica da campagna elettorale la Comi,una di quelle che non vuole mai essere confusa con l’establishment femminile di Silvio Berlusconi, quello diventato tristemente noto per gli scandali mondani,lei fa politica da Bruxelles e non da Arcore.
E' capolista in Lombardia,nella provincia di Varese ha il nucleo duro dei suoi elettori che nel lontano 2008 le consegnò in mano 65mila preferenze; servono i voti di tutti adesso in Forza Italia perchè se prima Berlusconi vinceva le elezioni da solo, ora gli serve un partito che lo sostenga e gli dia il consenso che gli serve.La Comi sottolinea che gli incipit di FI sono da sempre i medesimi:meno tasse, meno spesa pubblica, meno debito, meno Stato, meno burocrazia. Dunque più individuo, più impresa, più merito, più libertà, più ‘giustizia’, più sussidiarietà, più difesa della famiglia.Gli ideali liberali della Comi sono chiarissimi,convincerà gli elettori?
Il Parlamento approva il Decreto-Lavoro.
di Anna De Vitis
l Piano Lavoro al via.Grosse novità per combattere la disoccupazione.
Il governo Renzi tramite uno degli ennesimi voti di fiducia ha dato il via libera al nuovo decreto sul lavoro. Si tratta di un provvedimento che mira a dare un forte choc, positivo, al mercato del lavoro. Vengono eliminate tutte quelle formali limitazioni che fino ad oggi avevano reso davvero molto complicata, soprattutto in tempi di crisi, la creazione di nuovi posti di lavoro. Rispetto alla Camera, dove aveva prevalso la linea imposta dalla sinistra Pd, il passaggio a palazzo Madama ha introdotto alcuni ritocchi di buon senso proprio sui due punti centrali della legge, apprendistato e contratti a termine. Detto questo gli otto emendamenti proposti mercoledì dal governo, approvati in commissione e quindi inseriti nel maxi-emendamento votato ieri, segnano un punto a favore di Ncd e Scelta Civica, forze politiche che alla Camera, in occasione del primo voto di fiducia, erano state costrette ad abbozzare ed un piccolo passo indietro del Pd.Ma i nuovi ritocchi, come ha certificato il presidente della Commissione lavoro della Camera Cesare Damiano, rappresentano comunque «una buona mediazione». Periodo transitorio - Viene introdotto un periodo transitorio, per consentire alle imprese di adeguarsi alle nuove norme. Il datore di lavoro che abbia contratti a tempo determinato superiori a quanto fissato dalle norme dovrà rientrare entro tale limite entro il 31 dicembre 2014, salvo che il contratto collettivo applicabile nell’azienda disponga un limite percentuale o un termine più favorevole.
Tutele crescenti - Nel preambolo del decreto legge lavoro, che di fatto è stato riscritto, viene inserito il principio del contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti. Con il provvedimento viene così prevista una fase sperimentale, che sarà avviata con la delega, di una terza tipolgia di contratto che, in particolare dovrà prevedere la possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto nei primi 36 mesi pagando una sola indennità di licenziamento precedentemente decisa.Le nuove sanzioni - Per i datori di lavoro che sforano il tetto del 20% per i contratti a tempo determinato la nuova norma votata al Senato stabilisce che i contratti a tempo determinato, eccedenti il tetto del 20%, siano multati con una sanzione amministrativa pari al 20% della retribuzione del lavoratore per il primo contratto che supera il limite. La sanzione sale al 50% delle retribuzione per gli sforamenti successivi. I maggiori introiti saranno versati nel fondo speciale per l’occupazione. Ricercatori - Per gli enti privati di ricerca non valgono né il tetto del 20% e nemmeno il limite di 36 mesi. Con una riformulazione, invece, viene stabilito che i contratti a termine dei ricercatori dell’ambito scientifico potranno essere prorogati oltre i 36 mesi, purché legati a progetti di ricerca.
Donne in maternità - Resta confermata anche la norma in base alla quale il congedo maternità potrà concorrere a determinare il periodo minimo di sei mesi di attività perché la lavoratrice acquisisca un diritto di precedenza per contratti successivi presso la stessa azienda. Apprendistato - La formazione pubblica dell’apprendistato potrà essere svolta anche dalle imprese e dalle loro associazioni. Quindi le Regioni dovranno offrire la formazione pubblica entro un tempo di 45 giorni dall’avvio del contratto di apprendistato. Sparisce, rispetto al testo entrato al Senato, la facoltà per il datore di lavoro di non utilizzare anche la formazione pubblica nel caso la Regione non comunichi entro 45 giorni le modalità per usufruire dell’offerta formativa.
Il governo Renzi tramite uno degli ennesimi voti di fiducia ha dato il via libera al nuovo decreto sul lavoro. Si tratta di un provvedimento che mira a dare un forte choc, positivo, al mercato del lavoro. Vengono eliminate tutte quelle formali limitazioni che fino ad oggi avevano reso davvero molto complicata, soprattutto in tempi di crisi, la creazione di nuovi posti di lavoro. Rispetto alla Camera, dove aveva prevalso la linea imposta dalla sinistra Pd, il passaggio a palazzo Madama ha introdotto alcuni ritocchi di buon senso proprio sui due punti centrali della legge, apprendistato e contratti a termine. Detto questo gli otto emendamenti proposti mercoledì dal governo, approvati in commissione e quindi inseriti nel maxi-emendamento votato ieri, segnano un punto a favore di Ncd e Scelta Civica, forze politiche che alla Camera, in occasione del primo voto di fiducia, erano state costrette ad abbozzare ed un piccolo passo indietro del Pd.Ma i nuovi ritocchi, come ha certificato il presidente della Commissione lavoro della Camera Cesare Damiano, rappresentano comunque «una buona mediazione». Periodo transitorio - Viene introdotto un periodo transitorio, per consentire alle imprese di adeguarsi alle nuove norme. Il datore di lavoro che abbia contratti a tempo determinato superiori a quanto fissato dalle norme dovrà rientrare entro tale limite entro il 31 dicembre 2014, salvo che il contratto collettivo applicabile nell’azienda disponga un limite percentuale o un termine più favorevole.
Tutele crescenti - Nel preambolo del decreto legge lavoro, che di fatto è stato riscritto, viene inserito il principio del contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti. Con il provvedimento viene così prevista una fase sperimentale, che sarà avviata con la delega, di una terza tipolgia di contratto che, in particolare dovrà prevedere la possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto nei primi 36 mesi pagando una sola indennità di licenziamento precedentemente decisa.Le nuove sanzioni - Per i datori di lavoro che sforano il tetto del 20% per i contratti a tempo determinato la nuova norma votata al Senato stabilisce che i contratti a tempo determinato, eccedenti il tetto del 20%, siano multati con una sanzione amministrativa pari al 20% della retribuzione del lavoratore per il primo contratto che supera il limite. La sanzione sale al 50% delle retribuzione per gli sforamenti successivi. I maggiori introiti saranno versati nel fondo speciale per l’occupazione. Ricercatori - Per gli enti privati di ricerca non valgono né il tetto del 20% e nemmeno il limite di 36 mesi. Con una riformulazione, invece, viene stabilito che i contratti a termine dei ricercatori dell’ambito scientifico potranno essere prorogati oltre i 36 mesi, purché legati a progetti di ricerca.
Donne in maternità - Resta confermata anche la norma in base alla quale il congedo maternità potrà concorrere a determinare il periodo minimo di sei mesi di attività perché la lavoratrice acquisisca un diritto di precedenza per contratti successivi presso la stessa azienda. Apprendistato - La formazione pubblica dell’apprendistato potrà essere svolta anche dalle imprese e dalle loro associazioni. Quindi le Regioni dovranno offrire la formazione pubblica entro un tempo di 45 giorni dall’avvio del contratto di apprendistato. Sparisce, rispetto al testo entrato al Senato, la facoltà per il datore di lavoro di non utilizzare anche la formazione pubblica nel caso la Regione non comunichi entro 45 giorni le modalità per usufruire dell’offerta formativa.
Boldrini: le donne meritano sempre fiducia.
di Anna De Vitis
La Presidente della Camera dice la sua su donne,politica e lavoro.
Laura Boldrini,la Presidente della Camera,ieri si è soffermata sulla condizione della donna oggi in Italia,in particolare in politica e nel lavoro,cercando di sottolineare i miglioramenti ma anche cosa c'è che non va nel rapporto generazionale tra uomo-donna.Il punto di partenza del dibattito è che per fortuna oggi le donne che raggiungono vertici di potere sono finalmente di più e con stabilità riescono a conservare le loro cariche,molto più degli uomini.Questo è senz'altro un forte simbolo,un punto di rottura col passato.Poi la critica va soprattutto verso tutti coloro che credono che donne al potere sia solo sinonimo di apparenza e perbenismo.Il Governo Renzi,dice la Boldrini,sta facendo bene e i ministeri affidati alle donne così come i ruoli di capolista alle elezioni europee prossime,sono l'emblema di come oggi la politica sia ben cosciente dello spazio che le donne meritano nelle istituzioni del paese.8 donne ministre non possono essere un caso,ma sono la rappresentanza della popolazione femminile che troppe volte è stata messa in secondo piano.Molti le chiedono del suo ruolo e di come si sente in quella posizione,la Boldrini evidenzia che da quando è a Montecitorio il suo modo di fare politica è molto cambiato.
Lei non è mai stata a capo di nessun partito,quindi la politica è solo passione e voglia di essere funzionale per la comunità.Spesso fare politica significa diplomazia,intrighi,compromessi volti verso un fine preciso,lei preferisce mettersi a disposizione di cause importanti,facendo da cassa di risonanza per problematiche altrimenti dimenticate. E' molto presente sul territorio italiano,ha abbracciato molte cause giuste come quelle dei disoccupati,delle donne maltrattate e sfruttate sul lavoro.Tutto molto nobile.Ammette però di avere un pò di nostalgia rispetto a quando in seno alle Nazioni Uniti si occupava 24 ore al giorno di importanti questioni umanitarie.Tornando sul tema delle donne la Boldrini evidenzia che col suo ruolo spesso ha cercato e cerca ancora di mettere al centro della discussione pubblica argomenti delicati per le donne come lavoro, welfare e rappresentanza nelle istituzioni,ricordando a chi parla in modo ironico di quote rosa,che non serve regalare numeri alle donne ma che le donne nel lavoro danno più produttività generale,i dati Istat del 2013 infatti parlano chiaro.Insomma se anche le donne lavorano di più è innegabile che tutto il Pil nazionale ne trae beneficio.Il problema del welfare però resta grave.Per la Boldrini è giunto il momento di investire di più sul fondo per il sociale, non fare tagli come si sta vociferando.
Investire sul welfare però non deve essere emergenziale ma strutturale,fare una vera scelta di tipo culturale che dia vantaggi diretti alle famiglie.Infine alcune parole sul dramma del femminicidio.La presidente della Camera sottolinea che la violenza sulle donne è un fenomeno barbaro e codardo,ma le donne non vanno lasciate sole,il tema va reso pubblico con denunce anche presso le massime autorità. La violenza contro le donne non va silenziata e nascosta in famiglia,va urlata pubblicamente altrimenti danneggia la stessa società futura. Lo Stato deve assolutamente finanziare i centri anti-violenza,solo così compie il suo utile ruolo di rappresentanza dei cittadini e le pene vanno inasprite e applicate con costanza,la disciplina normativa c'è,ma va concretamente applicata sempre e comunque. Insomma per la Boldrini c'è ancora tanta strada da percorrere per le donne ma da alcuni anni è innegabile che le cose stanno migliorando.Oggi le donne lottano per i loro diritti,combattono per l'uguaglianza effettiva,solo alcuni decenni fa questa sembrava vera utopia e chissà che i tempi non siano maturi anche per avere a breve un premier donna anche in Italia.
Laura Boldrini,la Presidente della Camera,ieri si è soffermata sulla condizione della donna oggi in Italia,in particolare in politica e nel lavoro,cercando di sottolineare i miglioramenti ma anche cosa c'è che non va nel rapporto generazionale tra uomo-donna.Il punto di partenza del dibattito è che per fortuna oggi le donne che raggiungono vertici di potere sono finalmente di più e con stabilità riescono a conservare le loro cariche,molto più degli uomini.Questo è senz'altro un forte simbolo,un punto di rottura col passato.Poi la critica va soprattutto verso tutti coloro che credono che donne al potere sia solo sinonimo di apparenza e perbenismo.Il Governo Renzi,dice la Boldrini,sta facendo bene e i ministeri affidati alle donne così come i ruoli di capolista alle elezioni europee prossime,sono l'emblema di come oggi la politica sia ben cosciente dello spazio che le donne meritano nelle istituzioni del paese.8 donne ministre non possono essere un caso,ma sono la rappresentanza della popolazione femminile che troppe volte è stata messa in secondo piano.Molti le chiedono del suo ruolo e di come si sente in quella posizione,la Boldrini evidenzia che da quando è a Montecitorio il suo modo di fare politica è molto cambiato.
Lei non è mai stata a capo di nessun partito,quindi la politica è solo passione e voglia di essere funzionale per la comunità.Spesso fare politica significa diplomazia,intrighi,compromessi volti verso un fine preciso,lei preferisce mettersi a disposizione di cause importanti,facendo da cassa di risonanza per problematiche altrimenti dimenticate. E' molto presente sul territorio italiano,ha abbracciato molte cause giuste come quelle dei disoccupati,delle donne maltrattate e sfruttate sul lavoro.Tutto molto nobile.Ammette però di avere un pò di nostalgia rispetto a quando in seno alle Nazioni Uniti si occupava 24 ore al giorno di importanti questioni umanitarie.Tornando sul tema delle donne la Boldrini evidenzia che col suo ruolo spesso ha cercato e cerca ancora di mettere al centro della discussione pubblica argomenti delicati per le donne come lavoro, welfare e rappresentanza nelle istituzioni,ricordando a chi parla in modo ironico di quote rosa,che non serve regalare numeri alle donne ma che le donne nel lavoro danno più produttività generale,i dati Istat del 2013 infatti parlano chiaro.Insomma se anche le donne lavorano di più è innegabile che tutto il Pil nazionale ne trae beneficio.Il problema del welfare però resta grave.Per la Boldrini è giunto il momento di investire di più sul fondo per il sociale, non fare tagli come si sta vociferando.
Investire sul welfare però non deve essere emergenziale ma strutturale,fare una vera scelta di tipo culturale che dia vantaggi diretti alle famiglie.Infine alcune parole sul dramma del femminicidio.La presidente della Camera sottolinea che la violenza sulle donne è un fenomeno barbaro e codardo,ma le donne non vanno lasciate sole,il tema va reso pubblico con denunce anche presso le massime autorità. La violenza contro le donne non va silenziata e nascosta in famiglia,va urlata pubblicamente altrimenti danneggia la stessa società futura. Lo Stato deve assolutamente finanziare i centri anti-violenza,solo così compie il suo utile ruolo di rappresentanza dei cittadini e le pene vanno inasprite e applicate con costanza,la disciplina normativa c'è,ma va concretamente applicata sempre e comunque. Insomma per la Boldrini c'è ancora tanta strada da percorrere per le donne ma da alcuni anni è innegabile che le cose stanno migliorando.Oggi le donne lottano per i loro diritti,combattono per l'uguaglianza effettiva,solo alcuni decenni fa questa sembrava vera utopia e chissà che i tempi non siano maturi anche per avere a breve un premier donna anche in Italia.
La Boschi esalta il riformismo del Governo.
di Anna De Vitis
Il ministro delle Riforme difende la riforma del Senato.
Maria Elena Boschi è in una fase di grande consapevolezza.Si è accorta che la sua figura politica nonostante la giovane età è ben tenuta in considerazione dal premier,che l'opinione pubblica apprezza il suo approccio schietto e diretto in politica e dimostra una grande fiducia nell'ideale riformista che sta muovendo l'esecutivo Renzi in questi mesi. Ora la riforma al Senato ha cominciato il suo percorso alle Camere,la Boschi chiede compattezza alla maggioranza ed invita il deputato PD Chiti a ritirare il disegno di legge contrapposto al testo del governo. Se così non fosse i tempi si rallenterebbero troppo e non è ammissibile come conseguenza.Il sogno è raggiungere un primo voto entro il 25 maggio. La scorsa settimana alcuni costituzionalisti di area PD come Stefano Rodotà e Zagrebelsky avevano sottolineato la loro perplessità sull'eliminazione di un organo tanto importante e di equilibrio nello schema costituzionale italiano.A loro la Boschi risponde che l'equilibrio politico sarà sempre garantito ma il loro compito di esperti della materia giuridica è una cosa,mentre l'onere e l'onore di prendere le scelte spetta a chi siede al Governo.Stesso discorso di grande concretezza la Ministro lo riserva ai dissidenti Pd sull'Italicum. Nella nuova legge elettorale vengono infatti rispettati tutta una seria di criteri che da sempre sono cavalli di battaglia del PD,quindi è davvero pretestuoso criticare la legge prima ancora di vederla nascere.Inoltre il tutto non deve essere una scusa per accendere la campagna elettorale per le elezioni Europee imminenti ma servirebbe per far ben figurare il premier al vertice con gli altri premier europei per discutere del futuro continentale.
Non bisogna dimenticare infatti che nei primi di giugno la Commissione Europea valuterà il lavoro che l'Italia ha fatto sull'economia. Se il governo giunge a Bruxelles in modo balbettante e poco convincente il rischio di perdere credibilità è elevatissimo.Fare le riforme istituzionali è la base delle promesse fatte da Renzi di recente sia ad Hollande che alla Merkel,poi la stessa politica economica riceve forte spinta da questa tipologia di provvedimenti ma soprattutto il monito è alla stessa maggioranza,sulla linea di coerenza.Chi appoggia il provvedimento sugli 80 euro non può non essere concorde sulla revisione della Costituzione proposta dal governo.Qualcuno critica che in questo modo si silenzierebbe ogni forma di dissenso interno ed esterno al PD ma la Boschi afferma convinta che il PD è sinonimo di democrazia,che sono i grillini ad espellere i dissidenti,ognuno è libero di avere le proprie idee, ma ci vuole anche responsabilità per il compito che i cittadini hanno dato a chi siede in Parlamento, il senso dello Stato deve prevalere sulle opinioni soggettive.Detto ciò è innegabile che si alimentano sempre più i forti malumori di tanti senatori e le frenate alla riforma da parte delle varie correnti PD. La Ministro mira avanti e guarda al 25 come destinazione,come giorno di prima lettura in aula; anche la presidente della commissione Affari costituzionali Finocchiaro, ha sottolineato che ciò può essere realizzato,basta non porre ostacoli procedurali sulla strada del disegno legge. Dando un ulteriore sguardo al provvedimento costituzionale esso porterebbe all'abolizione delle province, l'abolizione del Cnel e le funzioni del Senato e la sua elezione,quest'ultimo è il punto che più fa discutere nella maggioranza, sono in parte condivise l'idea del superamento del bicameralismo perfetto e la tesi che sia solo la Camera a votare la fiducia e il bilancio,ma è il resto che fa dibattere molto.
L'esempio sarebbe quello di un organo di secondo grado,dove bilanciare la sua composizione alla popolazione delle regioni.Ma il fatto che alla fine sarà un' assemblea che non vota né la fiducia né il bilancio dello Stato lascia alcuni interdetti.Il 5 maggio comunque il PD preparerà un atteso seminario sul tema della riforma del senato e proprio Zagrebelsky e Rodotà saranno fra gli ospiti accademici,l'importante però è che non sia l'ennesimo e sterile dibattito teorico ma un modo concertato di arrivare a proposte concrete e serie. Del resto vi sono comunque molti altri costituzionalisti che la pensano diversamente da loro, anzi spesso sono giovani e di notevole prestigio,quindi il loro parere ha egual peso,afferma la Boschi.Infine la spina di Bersani che ieri ha definito l'Italicum un sistema elettorale tipo Sudamerica.La Boschi evidenzia che ogni parere è lecito ma anche che dopo il patto con Forza Italia in Parlamento ci sono i numeri per dare approvazione alla legge,l'Italicum realizza tre obiettivi storici per il PD: ovvero il ballottaggio,il bipolarismo e l'eliminazione del ricatto dei piccoli partiti.Si può sempre migliorare ma comunque è innegabilmente un passo in avanti.C'è insomma grande fiducia nel Governo.
Maria Elena Boschi è in una fase di grande consapevolezza.Si è accorta che la sua figura politica nonostante la giovane età è ben tenuta in considerazione dal premier,che l'opinione pubblica apprezza il suo approccio schietto e diretto in politica e dimostra una grande fiducia nell'ideale riformista che sta muovendo l'esecutivo Renzi in questi mesi. Ora la riforma al Senato ha cominciato il suo percorso alle Camere,la Boschi chiede compattezza alla maggioranza ed invita il deputato PD Chiti a ritirare il disegno di legge contrapposto al testo del governo. Se così non fosse i tempi si rallenterebbero troppo e non è ammissibile come conseguenza.Il sogno è raggiungere un primo voto entro il 25 maggio. La scorsa settimana alcuni costituzionalisti di area PD come Stefano Rodotà e Zagrebelsky avevano sottolineato la loro perplessità sull'eliminazione di un organo tanto importante e di equilibrio nello schema costituzionale italiano.A loro la Boschi risponde che l'equilibrio politico sarà sempre garantito ma il loro compito di esperti della materia giuridica è una cosa,mentre l'onere e l'onore di prendere le scelte spetta a chi siede al Governo.Stesso discorso di grande concretezza la Ministro lo riserva ai dissidenti Pd sull'Italicum. Nella nuova legge elettorale vengono infatti rispettati tutta una seria di criteri che da sempre sono cavalli di battaglia del PD,quindi è davvero pretestuoso criticare la legge prima ancora di vederla nascere.Inoltre il tutto non deve essere una scusa per accendere la campagna elettorale per le elezioni Europee imminenti ma servirebbe per far ben figurare il premier al vertice con gli altri premier europei per discutere del futuro continentale.
Non bisogna dimenticare infatti che nei primi di giugno la Commissione Europea valuterà il lavoro che l'Italia ha fatto sull'economia. Se il governo giunge a Bruxelles in modo balbettante e poco convincente il rischio di perdere credibilità è elevatissimo.Fare le riforme istituzionali è la base delle promesse fatte da Renzi di recente sia ad Hollande che alla Merkel,poi la stessa politica economica riceve forte spinta da questa tipologia di provvedimenti ma soprattutto il monito è alla stessa maggioranza,sulla linea di coerenza.Chi appoggia il provvedimento sugli 80 euro non può non essere concorde sulla revisione della Costituzione proposta dal governo.Qualcuno critica che in questo modo si silenzierebbe ogni forma di dissenso interno ed esterno al PD ma la Boschi afferma convinta che il PD è sinonimo di democrazia,che sono i grillini ad espellere i dissidenti,ognuno è libero di avere le proprie idee, ma ci vuole anche responsabilità per il compito che i cittadini hanno dato a chi siede in Parlamento, il senso dello Stato deve prevalere sulle opinioni soggettive.Detto ciò è innegabile che si alimentano sempre più i forti malumori di tanti senatori e le frenate alla riforma da parte delle varie correnti PD. La Ministro mira avanti e guarda al 25 come destinazione,come giorno di prima lettura in aula; anche la presidente della commissione Affari costituzionali Finocchiaro, ha sottolineato che ciò può essere realizzato,basta non porre ostacoli procedurali sulla strada del disegno legge. Dando un ulteriore sguardo al provvedimento costituzionale esso porterebbe all'abolizione delle province, l'abolizione del Cnel e le funzioni del Senato e la sua elezione,quest'ultimo è il punto che più fa discutere nella maggioranza, sono in parte condivise l'idea del superamento del bicameralismo perfetto e la tesi che sia solo la Camera a votare la fiducia e il bilancio,ma è il resto che fa dibattere molto.
L'esempio sarebbe quello di un organo di secondo grado,dove bilanciare la sua composizione alla popolazione delle regioni.Ma il fatto che alla fine sarà un' assemblea che non vota né la fiducia né il bilancio dello Stato lascia alcuni interdetti.Il 5 maggio comunque il PD preparerà un atteso seminario sul tema della riforma del senato e proprio Zagrebelsky e Rodotà saranno fra gli ospiti accademici,l'importante però è che non sia l'ennesimo e sterile dibattito teorico ma un modo concertato di arrivare a proposte concrete e serie. Del resto vi sono comunque molti altri costituzionalisti che la pensano diversamente da loro, anzi spesso sono giovani e di notevole prestigio,quindi il loro parere ha egual peso,afferma la Boschi.Infine la spina di Bersani che ieri ha definito l'Italicum un sistema elettorale tipo Sudamerica.La Boschi evidenzia che ogni parere è lecito ma anche che dopo il patto con Forza Italia in Parlamento ci sono i numeri per dare approvazione alla legge,l'Italicum realizza tre obiettivi storici per il PD: ovvero il ballottaggio,il bipolarismo e l'eliminazione del ricatto dei piccoli partiti.Si può sempre migliorare ma comunque è innegabilmente un passo in avanti.C'è insomma grande fiducia nel Governo.
Susanna Cenni:lotta dura al femminicidio.
di Anna De Vitis
Una deputata in prima linea a tutela delle donne.
Molti non conoscono il nome di Susanna Cenni,una deputata PD di lungo corso che negli anni ha concentrato la sua attività politica su temi spesso poco affrontati come il recupero dei beni culturali,la rinascita di un settore strategico come l'agricoltura e in ultimo una valida e forte disciplina normativa per combattere il pericoloso problema del femminicidio.Tutti argomenti che innegabilmente non risultano essere ai vertici dei vari governi che si sono succeduti nelle ultime legislature a Palazzo Chigi.La Cenni è una politica di gran temperamento,esperta e non timorosa di rappresentare una vera voce fuori dal coro,anche del suo stesso partito.Molte voci la definivano una bersaniana prima ed una lettiana poi,lei invece non ha mai aderito esplicitamente ad una vera corrente anche se non ha mai negato una certa vicinanza di pensiero con l'ex premier Letta.Adesso che Renzi chiede unità e coesione la Cenni accetta il nuovo dictac non negandosi però la sua opinione personale sui temi forti di cui sopra,anche se ciò vuol dire andare contro e muovere critiche più o meno velate all'attuale esecutivo renziano.Innanzitutto i vari episodi di tragici femminicidi fanno capire che la questione è molto aperta e serve urgentemente un nuovo ordinamento,un vero impegno straordinario per attivare leggi adeguate, dare strumenti e risorse efficaci,una stabile rete di protezione per quelle donne che hanno la forza di abbandonare la situazione di violenza domestica e che con grande difficoltà cercano di ricominciare a vivere.Sono queste le parole della deputata senese del Partito democratico, da molti anni come detto impegnata sui temi della violenza sulle donne; afferma che da molto tempo le deputate italiane lottano e chiedono atti e soluzioni concrete per combattere e far fronte ad un fenomeno che riguarda in modo trasversale tutto il nostro Paese, senza distinzioni geografiche né zone franche.
Ogni situazione,che sia una strada, un appartamento,un quartiere della propria città,o peggio ancora il proprio luogo di lavoro.Ognuno di questi posti può nascondere insidie per le donne.Sarebbe davvero utile,afferma la Cenni,non credere nè collocare la violenza sulle donne nell’area del solo disagio sociale,se così non fosse diventa complicato sconfiggere il fenomeno.Ma qualcosa davvero si muove,anche grazie alla spinta di molte deputate fra cui la stessa Cenni,poche settimane fa è stata finalmente ratificata dal Parlamento la Convenzione di Istanbul, uno strumento importante e innovativo, che prevede stabili disposizioni per l’accoglienza e il sostegno delle vittime, la prevenzione, la rimozione degli stereotipi di genere, l’educazione al rispetto tra i sessi, l’efficacia e l’integrazione delle strutture sanitarie e sociali, la pubblica sicurezza e la conoscenza dei dati basata su analisi costanti e rigorose.Non rimane altro che dare reale e concreta applicazione alla Convenzione con articoli che vanno attuati con fermezza.
Il tutto andrebbe poi integrato con valide norme interne che diano sostegno ad esempio ai centri anti violenza, che ogni anno svolgono un lavoro importantissimo per l’accoglienza e la tutela delle donne vittime di violenza e che spesso si trovano in difficoltose situazioni di fondi insufficienti.La Cenni sottolinea che c'è l'effettiva necessità di un quadro normativo che vada oltre il reato penale, intervenendo a tutto tondo, eliminando i soliti stereotipi e andando a favorire una cultura nuova che si basi sul rispetto tra i generi.Lo Stato deve contribuire a modificare soprattutto il modello sociale e culturale di questo Paese,di noi cittadini.Il PD ha molte proposte,alcune già depositate in Parlamento,dichiara la deputata toscana,soprattutto da deputate e senatrici, e il Governo Renzi darebbe un forte segnale se si aprisse una sessione di lavoro contro la violenza sulle donne,dedicando un sentiero privilegiato alle proposte normative presso le commissioni di Camera e Senato.Ancora non c'è nulla di concreto ma almeno sentire l'esigenza sul tema è un passo importante.
Molti non conoscono il nome di Susanna Cenni,una deputata PD di lungo corso che negli anni ha concentrato la sua attività politica su temi spesso poco affrontati come il recupero dei beni culturali,la rinascita di un settore strategico come l'agricoltura e in ultimo una valida e forte disciplina normativa per combattere il pericoloso problema del femminicidio.Tutti argomenti che innegabilmente non risultano essere ai vertici dei vari governi che si sono succeduti nelle ultime legislature a Palazzo Chigi.La Cenni è una politica di gran temperamento,esperta e non timorosa di rappresentare una vera voce fuori dal coro,anche del suo stesso partito.Molte voci la definivano una bersaniana prima ed una lettiana poi,lei invece non ha mai aderito esplicitamente ad una vera corrente anche se non ha mai negato una certa vicinanza di pensiero con l'ex premier Letta.Adesso che Renzi chiede unità e coesione la Cenni accetta il nuovo dictac non negandosi però la sua opinione personale sui temi forti di cui sopra,anche se ciò vuol dire andare contro e muovere critiche più o meno velate all'attuale esecutivo renziano.Innanzitutto i vari episodi di tragici femminicidi fanno capire che la questione è molto aperta e serve urgentemente un nuovo ordinamento,un vero impegno straordinario per attivare leggi adeguate, dare strumenti e risorse efficaci,una stabile rete di protezione per quelle donne che hanno la forza di abbandonare la situazione di violenza domestica e che con grande difficoltà cercano di ricominciare a vivere.Sono queste le parole della deputata senese del Partito democratico, da molti anni come detto impegnata sui temi della violenza sulle donne; afferma che da molto tempo le deputate italiane lottano e chiedono atti e soluzioni concrete per combattere e far fronte ad un fenomeno che riguarda in modo trasversale tutto il nostro Paese, senza distinzioni geografiche né zone franche.
Ogni situazione,che sia una strada, un appartamento,un quartiere della propria città,o peggio ancora il proprio luogo di lavoro.Ognuno di questi posti può nascondere insidie per le donne.Sarebbe davvero utile,afferma la Cenni,non credere nè collocare la violenza sulle donne nell’area del solo disagio sociale,se così non fosse diventa complicato sconfiggere il fenomeno.Ma qualcosa davvero si muove,anche grazie alla spinta di molte deputate fra cui la stessa Cenni,poche settimane fa è stata finalmente ratificata dal Parlamento la Convenzione di Istanbul, uno strumento importante e innovativo, che prevede stabili disposizioni per l’accoglienza e il sostegno delle vittime, la prevenzione, la rimozione degli stereotipi di genere, l’educazione al rispetto tra i sessi, l’efficacia e l’integrazione delle strutture sanitarie e sociali, la pubblica sicurezza e la conoscenza dei dati basata su analisi costanti e rigorose.Non rimane altro che dare reale e concreta applicazione alla Convenzione con articoli che vanno attuati con fermezza.
Il tutto andrebbe poi integrato con valide norme interne che diano sostegno ad esempio ai centri anti violenza, che ogni anno svolgono un lavoro importantissimo per l’accoglienza e la tutela delle donne vittime di violenza e che spesso si trovano in difficoltose situazioni di fondi insufficienti.La Cenni sottolinea che c'è l'effettiva necessità di un quadro normativo che vada oltre il reato penale, intervenendo a tutto tondo, eliminando i soliti stereotipi e andando a favorire una cultura nuova che si basi sul rispetto tra i generi.Lo Stato deve contribuire a modificare soprattutto il modello sociale e culturale di questo Paese,di noi cittadini.Il PD ha molte proposte,alcune già depositate in Parlamento,dichiara la deputata toscana,soprattutto da deputate e senatrici, e il Governo Renzi darebbe un forte segnale se si aprisse una sessione di lavoro contro la violenza sulle donne,dedicando un sentiero privilegiato alle proposte normative presso le commissioni di Camera e Senato.Ancora non c'è nulla di concreto ma almeno sentire l'esigenza sul tema è un passo importante.
Serracchiani: Governo al sicuro.M5S in crisi.
di Anna De Vitis
La vice-segretaria PD ha idee chiare sul panorama politico.
Ieri il decreto sul lavoro è divenuto realtà anche grazie alla richiesta di fiducia imposta dall'esecutivo e Debora Serracchiani, vicesegretario Pd, non vede imminenti pericoli per il governo Renzi, niente rischi insomma né provenienti dal PD nè tanto meno dal NCD di Alfano.Dopo l'incontro a quattro occhi con il ministro Poletti la delegazione PD è apparsa rasserenata poichè nella riforma sul lavoro i punti guida sono accettati e il confronto costante e continuo è stato importante e positivo per il buon esito del decreto. La Serracchiani continua sottolineando che in una maggioranza a tinte sia di sinistra che di destra è ovvio non essere d'accordo su tutto e quindi le sottolineature fatte da Alfano sono fisiologiche alla dinamica parlamentare.Se a ciò aggiungiamo che siamo in campagna elettorale per le Europee allora diventa ovvio che ogni schieramento cerchi di foraggiare il proprio elettorato interno.Infatti è innegabile che la personalità di Renzi,molto più di quella di Letta abbia un pò offuscato Alfano che comunque ha il problema di raggiungere il quattro per cento nelle urne per dare un senso alla sua esperienza politica post-berlusconiana.
Detto questo, il governo,dice la vice-segretaria,è sempre stato onesto con cittadini ed alleati di maggioranza,quando è servito,come ieri,la fiducia diventa uno strumento utile per evitare sorprese e sveltire iter altrimenti lunghissimi.Poi c'è sempre la questione del grillismo.Per la Serracchiani Grillo non dà certezze,il suo metodo è usare a suoi scopi le ansie dei cittadini e la rabbia sociale verso l'euro,a tutto questo populismo basta opporre serietà e buon senso e guardando bene in questi mesi il governo renziano lo ha fatto poichè tra le riforme non ci sono solo gli 80 euro da elargire ai lavoratori dipendenti. Da quando è di base a Palazzo Chigi Renzi ha dato il via a molti provvedimenti importanti,come la stretta sui manager pubblici, la vendita delle auto blu,il programma per la nuova legge elettorale e l'ottima campagna estera con Francia,Germania e Usa. Anzi per la Serracchiani ad essere in vera crisi sono gli altri in particolare i grillini e Forza Italia; Berlusconi almeno ha dimostrato responsabilità nel partecipare al patto sulla legge elettorale,Grillo invece va sempre avanti con le sue urla e chiacchiere,senza nulla di concreto per il paese.L`esasperazione demagogica è un vero male e lo dimostrano anche i ripetuti e preoccupati appelli del capo dello Stato. La vice-segretaria PD evidenzia che a suo parere il governo Renzi arriverà tranquillamente al 2018 ma la cosa più importante sarà fare le riforme perchè solo così si acquisterà credibilità generale e quindi si potrà contare maggiormente anche in sede europea.
L' impegno a costruire dimostrato dall'esecutivo verrà apprezzato dagli italiani che non sono stupidi come Grillo li dipinge,sanno benissimo che tra demagogia e politica seria è quest'ultima ad essere la via più giusta e hanno visto bene come i grillini da due anni che siedono a Montecitorio non hanno compiuto alcuna rivoluzione o cambiamento come avevano annunciato fieri nel post-elezioni.Infine la Serracchiani si dedica al tema delle europee dove la sua preoccupazione maggiore è il crescente astensionismo generale.Berlusconi nonostante le difficoltà giudiziarie resta sempre un avversario temibile anche se la sua linea politica sente il peso degli anni e del fisiologico appannamento,Forza Italia si è mostrata lungimirante a collaborare su alcune riforme strutturali mentre su altri settori ha deciso di fare un passo indietro ma in quel caso il PD al Senato potrà contare su una maggioranza non così esile come molti affermano,anche in caso di passo indietro di Berlusconi.Ad esempio sarà interessante vedere cosa farà la Lega Nord sull'abolizione del Senato.La cosa importante è fare il proprio dovere ed impegnarsi a cambiare il paese con le riforme,altrimenti tornare a casa senza aver concluso nulla sarà un fallimento troppo grande e gli elettori volteranno definitivamente le spalle alla politica.Questo il pensiero di Debora Serracchiani.
Ieri il decreto sul lavoro è divenuto realtà anche grazie alla richiesta di fiducia imposta dall'esecutivo e Debora Serracchiani, vicesegretario Pd, non vede imminenti pericoli per il governo Renzi, niente rischi insomma né provenienti dal PD nè tanto meno dal NCD di Alfano.Dopo l'incontro a quattro occhi con il ministro Poletti la delegazione PD è apparsa rasserenata poichè nella riforma sul lavoro i punti guida sono accettati e il confronto costante e continuo è stato importante e positivo per il buon esito del decreto. La Serracchiani continua sottolineando che in una maggioranza a tinte sia di sinistra che di destra è ovvio non essere d'accordo su tutto e quindi le sottolineature fatte da Alfano sono fisiologiche alla dinamica parlamentare.Se a ciò aggiungiamo che siamo in campagna elettorale per le Europee allora diventa ovvio che ogni schieramento cerchi di foraggiare il proprio elettorato interno.Infatti è innegabile che la personalità di Renzi,molto più di quella di Letta abbia un pò offuscato Alfano che comunque ha il problema di raggiungere il quattro per cento nelle urne per dare un senso alla sua esperienza politica post-berlusconiana.
Detto questo, il governo,dice la vice-segretaria,è sempre stato onesto con cittadini ed alleati di maggioranza,quando è servito,come ieri,la fiducia diventa uno strumento utile per evitare sorprese e sveltire iter altrimenti lunghissimi.Poi c'è sempre la questione del grillismo.Per la Serracchiani Grillo non dà certezze,il suo metodo è usare a suoi scopi le ansie dei cittadini e la rabbia sociale verso l'euro,a tutto questo populismo basta opporre serietà e buon senso e guardando bene in questi mesi il governo renziano lo ha fatto poichè tra le riforme non ci sono solo gli 80 euro da elargire ai lavoratori dipendenti. Da quando è di base a Palazzo Chigi Renzi ha dato il via a molti provvedimenti importanti,come la stretta sui manager pubblici, la vendita delle auto blu,il programma per la nuova legge elettorale e l'ottima campagna estera con Francia,Germania e Usa. Anzi per la Serracchiani ad essere in vera crisi sono gli altri in particolare i grillini e Forza Italia; Berlusconi almeno ha dimostrato responsabilità nel partecipare al patto sulla legge elettorale,Grillo invece va sempre avanti con le sue urla e chiacchiere,senza nulla di concreto per il paese.L`esasperazione demagogica è un vero male e lo dimostrano anche i ripetuti e preoccupati appelli del capo dello Stato. La vice-segretaria PD evidenzia che a suo parere il governo Renzi arriverà tranquillamente al 2018 ma la cosa più importante sarà fare le riforme perchè solo così si acquisterà credibilità generale e quindi si potrà contare maggiormente anche in sede europea.
L' impegno a costruire dimostrato dall'esecutivo verrà apprezzato dagli italiani che non sono stupidi come Grillo li dipinge,sanno benissimo che tra demagogia e politica seria è quest'ultima ad essere la via più giusta e hanno visto bene come i grillini da due anni che siedono a Montecitorio non hanno compiuto alcuna rivoluzione o cambiamento come avevano annunciato fieri nel post-elezioni.Infine la Serracchiani si dedica al tema delle europee dove la sua preoccupazione maggiore è il crescente astensionismo generale.Berlusconi nonostante le difficoltà giudiziarie resta sempre un avversario temibile anche se la sua linea politica sente il peso degli anni e del fisiologico appannamento,Forza Italia si è mostrata lungimirante a collaborare su alcune riforme strutturali mentre su altri settori ha deciso di fare un passo indietro ma in quel caso il PD al Senato potrà contare su una maggioranza non così esile come molti affermano,anche in caso di passo indietro di Berlusconi.Ad esempio sarà interessante vedere cosa farà la Lega Nord sull'abolizione del Senato.La cosa importante è fare il proprio dovere ed impegnarsi a cambiare il paese con le riforme,altrimenti tornare a casa senza aver concluso nulla sarà un fallimento troppo grande e gli elettori volteranno definitivamente le spalle alla politica.Questo il pensiero di Debora Serracchiani.
La Moretti: sogno un PD unito e solido.
la REDAZIONE
Ecco un'altra donna capolista scelta dal premier.
Alessandra Moretti è un nome che negli ultimi anni è sempre più stato presente soprattutto sul tema della parità uomo-donna e sullo spinoso argomento delle quote rosa in politica,compresa l'ultima polemica in Parlamento. Renzi ha deciso di premiare la sua costanza anche propagandistica e di sceglierla insieme ad altre quattro parlamentari come capolista del Pd nella circoscrizione nord-est alle prossime elezioni europee. La Moretti ha ovviamente gradito mentre molte voci all'interno dello stesso PD hanno mosso critiche e perplessità,soprattutto molti renziani hanno rimarcato come alle ultime primarie la Moretti si fosse apertamente schierata con Bersani e con la sua linea guida.Ma oramai è il passato,Renzi vuole un PD unito e questo tipo di scelte ne sono testimonianza.La Moretti ha 40 anni,ma già un buon bagaglio di esperienze politiche,compresa la partecipazione al celebre “triumvirato” che guidò la campagna per le primarie di Pier Luigi Bersani nel 2013.
Avvocato matrimonialista, separata, prima di essere deputata del Partito democratico è stata anche vicesindaco e assessore all’Istruzione e alle politiche giovanili del comune di Vicenza,sua città natale.Oggi è membro della commissione giustizia, e tra le sue battaglie vi sono state quelle contro l’anonimato su internet, per la parità uomo-donna negli enti locali, e per una riforma della disciplina del divorzio.Quando alcuni mesi fa la legge sulle quote rosa è stata respinta dal Parlamento la Moretti si infuriò parlando di un altro caso Prodi, altrettanto grave,una vittoria dei franchi tiratori che si celano nelle stanze PD.Da quando Renzi è stato nominato segretario si è lentamente sfilata dalla corrente bersaniana e si è sempre più caratterizzata come un membro di partito dalla mente libera e pronta a schierarsi in base alle idee e non certo alle persone.Invoca un PD che sia solido e soprattutto unito azzerando le mille correnti interne che flagellano il gruppo,per questo ha apprezzato lo stile di Renzi e la sua grande voglia di dare unione e coesione al partito.
La Moretti non nega di essere molto critica verso alcuni suoi colleghi,soprattutto della corrente dei Giovani Turchi,dove secondo lei si annidano nemici pericolosi spesso anche più pericolosi degli avversari politici.Ecco perchè lei non vuole far parte di alcuna corrente anche se ha ricevuto molte proposte in questi ultimi mesi.Insieme a Michela Murgia, sconfitta in Sardegna, la Moretti ha sottolineato che la competizione tra donne all'interno del PD è ai massimi livelli e spesso proprio da li arrivano critiche e pugnalate politiche che non ti aspetti.Ma in parte è comprensibile,i ruoli dirigenziali sono pochi e gli uomini non intendono in alcun modo rinunciare ai propri.Alle Europee la Moretti porterà il suo consenso notevole nelle zone del Veneto nella speranza di entrare a Bruxelles e portare le sue esperienze politiche e alcuni dei suoi cavalli di battaglia come la parificazione uomo-donna e principi più liberali su temi scottanti come divorzio e uso di internet.Vedremo quale sarà l'esito delle urne e se le 5 moschettiere del PD premieranno la scelta coraggiosa di Renzi di sceglierle come capolista.
Alessandra Moretti è un nome che negli ultimi anni è sempre più stato presente soprattutto sul tema della parità uomo-donna e sullo spinoso argomento delle quote rosa in politica,compresa l'ultima polemica in Parlamento. Renzi ha deciso di premiare la sua costanza anche propagandistica e di sceglierla insieme ad altre quattro parlamentari come capolista del Pd nella circoscrizione nord-est alle prossime elezioni europee. La Moretti ha ovviamente gradito mentre molte voci all'interno dello stesso PD hanno mosso critiche e perplessità,soprattutto molti renziani hanno rimarcato come alle ultime primarie la Moretti si fosse apertamente schierata con Bersani e con la sua linea guida.Ma oramai è il passato,Renzi vuole un PD unito e questo tipo di scelte ne sono testimonianza.La Moretti ha 40 anni,ma già un buon bagaglio di esperienze politiche,compresa la partecipazione al celebre “triumvirato” che guidò la campagna per le primarie di Pier Luigi Bersani nel 2013.
Avvocato matrimonialista, separata, prima di essere deputata del Partito democratico è stata anche vicesindaco e assessore all’Istruzione e alle politiche giovanili del comune di Vicenza,sua città natale.Oggi è membro della commissione giustizia, e tra le sue battaglie vi sono state quelle contro l’anonimato su internet, per la parità uomo-donna negli enti locali, e per una riforma della disciplina del divorzio.Quando alcuni mesi fa la legge sulle quote rosa è stata respinta dal Parlamento la Moretti si infuriò parlando di un altro caso Prodi, altrettanto grave,una vittoria dei franchi tiratori che si celano nelle stanze PD.Da quando Renzi è stato nominato segretario si è lentamente sfilata dalla corrente bersaniana e si è sempre più caratterizzata come un membro di partito dalla mente libera e pronta a schierarsi in base alle idee e non certo alle persone.Invoca un PD che sia solido e soprattutto unito azzerando le mille correnti interne che flagellano il gruppo,per questo ha apprezzato lo stile di Renzi e la sua grande voglia di dare unione e coesione al partito.
La Moretti non nega di essere molto critica verso alcuni suoi colleghi,soprattutto della corrente dei Giovani Turchi,dove secondo lei si annidano nemici pericolosi spesso anche più pericolosi degli avversari politici.Ecco perchè lei non vuole far parte di alcuna corrente anche se ha ricevuto molte proposte in questi ultimi mesi.Insieme a Michela Murgia, sconfitta in Sardegna, la Moretti ha sottolineato che la competizione tra donne all'interno del PD è ai massimi livelli e spesso proprio da li arrivano critiche e pugnalate politiche che non ti aspetti.Ma in parte è comprensibile,i ruoli dirigenziali sono pochi e gli uomini non intendono in alcun modo rinunciare ai propri.Alle Europee la Moretti porterà il suo consenso notevole nelle zone del Veneto nella speranza di entrare a Bruxelles e portare le sue esperienze politiche e alcuni dei suoi cavalli di battaglia come la parificazione uomo-donna e principi più liberali su temi scottanti come divorzio e uso di internet.Vedremo quale sarà l'esito delle urne e se le 5 moschettiere del PD premieranno la scelta coraggiosa di Renzi di sceglierle come capolista.
Picierno.Una nuova politica per il Sud.
di Anna De Vitis
La giovane campana primo nome delle liste PD al Sud.
Pina Picierno, è una giovane deputata PD,trentadue anni, e sarà capolista al sud alle prossime elezioni europee,scelta direttamente dallo stesso Matteo Renzi per rappresentare il PD. Un vero colpo a sorpresa che ha spiazzato molti soprattutto il sindaco di Bari,Michele Emiliano,che sperava di essere scelto come capo lista per il meridione e che invece si vede scavalcato dalla giovane campana.A dire il vero la Picierno già nel lontano 2007 era stata scelta come capolista nella provincia di Caserta dal allora leader del PD Walter Veltroni.Picierno era una giovane militante della Margherita e incontrato Veltroni ne rimase folgorata passando al suo partito e venendo subito da questi ricompensata con tale candidatura.Lei comunque è sempre stata amante della politica,iscritta nelle sezioni politiche da quando aveva quindici anni,molta gavetta in provincia e grande disponibilità nelle campagne elettorali anche se non era protagonista in prima linea.Alcuni maligni affermano che sia una super raccomandata di De Mita ma lei nega e sottolinea che dopo il suo ritiro dalla scena non si sono più nè visti nè sentiti.
Altri la definiscono la "Santanchè di Sinistra" e non è certo un complimento,ma lei schiva ogni critica e guarda seria al futuro.Un'altra voce che gira è che sia una furba opportunista e che dopo aver fatto campagna alle primarie per Bersani adesso è divenuta una fedele renziana pronta a sottoscrivere le parole del nuovo leader PD.La Picierno afferma sull'argomento che non ha mai voltato bandiera ma si tratta semplicemente di rispetto per la linea politica del partito che Renzi adesso detta e rappresenta.Quindi non è opportunismo spiccio ma responsabilità di partito. Sottolinea che le scorse primarie sono state una svolta,gli elettori di sinistra hanno scelto il cambiamento e quindi tutto il PD deve cambiare per loro,basta divisioni e doppi giochi.Soprattutto basta leader deboli e meschini. La Picierno ci tiene a rimarcare che lei sarà capolista non per grazia divina ma perchè porta consenso sul territorio,alle provinciali di Caserta ad esempio portò ben 5.000 preferenze; quindi è per quello che sarà guida del PD al sud non certo per un regalo di Renzi.
Non si sente in urto con Emiliano,che lei ritiene un politico esperto e capace amministratore,ma come anche il neo premier ha sottolineato,al sud servono freschezza e volti nuovi,in più lei è anche responsabile Mezzogiorno e legalità alla Camera quindi nulla da eccepire.Inoltre le cinque donne PD tutte scelte come capolista sono un fulgido esempio del nuovo corso imposto al partito da Renzi.La Picierno si sente vera Meridionalista perchè il Mezzogiorno deve cercare dentro sé stesso i motivi delle sue sconfitte e tutti devono prendersi le proprie responsabilità ed essere propositivi sul piano politico,con coraggio e senso istituzionale. Il rilancio del Sud non deve passare dalle accuse populiste al Nord o a Roma ladrona,come molti avversari fanno di solito.Rilanciare la legalità e il rinnovamento totale di una classe dirigente che ha fallito negli anni,questa è la soluzione che la Picierno propone. Renzi ha promesso che i fondi europee verranno impiegati tutti e subito per sostenere il sud in difficoltà,per soddisfare le reali esigenze del territorio e mantenere le scommesse future per rimettere in moto una parte del paese troppe volte trascurata.La Picierno ci crede e se può farlo da protagonista,tanto meglio.
Pina Picierno, è una giovane deputata PD,trentadue anni, e sarà capolista al sud alle prossime elezioni europee,scelta direttamente dallo stesso Matteo Renzi per rappresentare il PD. Un vero colpo a sorpresa che ha spiazzato molti soprattutto il sindaco di Bari,Michele Emiliano,che sperava di essere scelto come capo lista per il meridione e che invece si vede scavalcato dalla giovane campana.A dire il vero la Picierno già nel lontano 2007 era stata scelta come capolista nella provincia di Caserta dal allora leader del PD Walter Veltroni.Picierno era una giovane militante della Margherita e incontrato Veltroni ne rimase folgorata passando al suo partito e venendo subito da questi ricompensata con tale candidatura.Lei comunque è sempre stata amante della politica,iscritta nelle sezioni politiche da quando aveva quindici anni,molta gavetta in provincia e grande disponibilità nelle campagne elettorali anche se non era protagonista in prima linea.Alcuni maligni affermano che sia una super raccomandata di De Mita ma lei nega e sottolinea che dopo il suo ritiro dalla scena non si sono più nè visti nè sentiti.
Altri la definiscono la "Santanchè di Sinistra" e non è certo un complimento,ma lei schiva ogni critica e guarda seria al futuro.Un'altra voce che gira è che sia una furba opportunista e che dopo aver fatto campagna alle primarie per Bersani adesso è divenuta una fedele renziana pronta a sottoscrivere le parole del nuovo leader PD.La Picierno afferma sull'argomento che non ha mai voltato bandiera ma si tratta semplicemente di rispetto per la linea politica del partito che Renzi adesso detta e rappresenta.Quindi non è opportunismo spiccio ma responsabilità di partito. Sottolinea che le scorse primarie sono state una svolta,gli elettori di sinistra hanno scelto il cambiamento e quindi tutto il PD deve cambiare per loro,basta divisioni e doppi giochi.Soprattutto basta leader deboli e meschini. La Picierno ci tiene a rimarcare che lei sarà capolista non per grazia divina ma perchè porta consenso sul territorio,alle provinciali di Caserta ad esempio portò ben 5.000 preferenze; quindi è per quello che sarà guida del PD al sud non certo per un regalo di Renzi.
Non si sente in urto con Emiliano,che lei ritiene un politico esperto e capace amministratore,ma come anche il neo premier ha sottolineato,al sud servono freschezza e volti nuovi,in più lei è anche responsabile Mezzogiorno e legalità alla Camera quindi nulla da eccepire.Inoltre le cinque donne PD tutte scelte come capolista sono un fulgido esempio del nuovo corso imposto al partito da Renzi.La Picierno si sente vera Meridionalista perchè il Mezzogiorno deve cercare dentro sé stesso i motivi delle sue sconfitte e tutti devono prendersi le proprie responsabilità ed essere propositivi sul piano politico,con coraggio e senso istituzionale. Il rilancio del Sud non deve passare dalle accuse populiste al Nord o a Roma ladrona,come molti avversari fanno di solito.Rilanciare la legalità e il rinnovamento totale di una classe dirigente che ha fallito negli anni,questa è la soluzione che la Picierno propone. Renzi ha promesso che i fondi europee verranno impiegati tutti e subito per sostenere il sud in difficoltà,per soddisfare le reali esigenze del territorio e mantenere le scommesse future per rimettere in moto una parte del paese troppe volte trascurata.La Picierno ci crede e se può farlo da protagonista,tanto meglio.
Alessia Mosca ed il lavoro femminile.
di Anna De Vitis
Un nuovo modello di welfare per agevolare le donne sul lavoro.
La notizia di questi giorni è che ben cinque donne parlamentari PD tra cui Alessia Mosca sono state scelte da Renzi come capolista alle prossime elezioni europee.Oggi parliamo proprio di Alessia Mosca,una giovane politica che fa dell'occupazione femminile, della genitorialità e del welfare alcuni dei suoi principali cavalli di battaglia politica.Rieletta alla Camera dei Deputati, dove è anche capogruppo Pd nella Commissione Politiche europee.Nel corso della sua vita politica si è sempre interessata alla funzione sociale delle donne nel nostro Paese e alla parificazione delle opportunità e dei diritti tra i sessi. Ma al giorno d'oggi cosa vuol dire essere una donna che fa politica? La Mosca afferma che noi donne in politica siamo costantemente impegnate su due fronti. Da una parte c’è l’attività e l’intervento sugli argomenti politici sui quali si hanno vere competenze,dall’altra parte, però, spesso c'è il fardello pesante e la responsabilità di agire per cambiare la condizione della donna sotto i vari punti di vista.Ogni scelta di una donna in politica deve quindi sempre scontrarsi con il pregiudizio maschile e combattere per la reale equità di genere.
A favore dell'occupazione femminile emblematico è il testo normativo definito del “Controesodo” sul rientro dei talenti: gli incentivi previsti dal governo sono infatti per le donne maggiori rispetto a quelli previsti per gli uomini, al chiaro scopo di agevolare l’aumento dell’occupazione femminile nel nostro circuito del lavoro.Il cammino delle donne in Italia è stato ed è da sempre pieno di ostacoli. La vicenda purtroppo è ancora fortemente squilibrata, sotto tanti punti di vista. Argomenti come l’accesso al lavoro, la retribuzione, la gestione del lavoro di cura familiare sono argomenti molto complessi e spesso sono sempre le donne a fare maggiori sacrifici e a pagare il prezzo più alto.Alessia Mosca fu tra le firmatarie della proposta di legge diventata l’attuale legge n. 120/2011 e la politica PD sottolinea che il suo fine in quel caso era doppio: uno era quello quantitativo, e cioè l’aumento delle donne in posizione di vertice nelle società pubbliche e private, ma poi c'era uno scopo più profondo e a lungo periodo.
Secondo la capogruppo alla Camera infatti il modello di leadership femminile può e deve produrre modifiche sostanziali nella gestione aziendale, che sicuramente permetteranno di migliorare la vita di tutte le donne dipendenti nel settore pubblico e privato. Avere più donne nei consigli di amministrazione quindi non sarà un risultato positivo semplicemente perché permetterà alle donne competenti e meritevoli di vedere soddisfatte le loro aspirazioni e i loro meriti ma produrrà conseguenze esponenziali sulla gestione aziendale complessiva. Lo scopo della legge,evidenzia la Mosca è creare modelli di ruolo importanti come veri punti di riferimento per le donne alle quali va spiegato in modo diretto che nessun lavoro e nessun settore è a loro precluso per il semplice fatto di essere donne.
La notizia di questi giorni è che ben cinque donne parlamentari PD tra cui Alessia Mosca sono state scelte da Renzi come capolista alle prossime elezioni europee.Oggi parliamo proprio di Alessia Mosca,una giovane politica che fa dell'occupazione femminile, della genitorialità e del welfare alcuni dei suoi principali cavalli di battaglia politica.Rieletta alla Camera dei Deputati, dove è anche capogruppo Pd nella Commissione Politiche europee.Nel corso della sua vita politica si è sempre interessata alla funzione sociale delle donne nel nostro Paese e alla parificazione delle opportunità e dei diritti tra i sessi. Ma al giorno d'oggi cosa vuol dire essere una donna che fa politica? La Mosca afferma che noi donne in politica siamo costantemente impegnate su due fronti. Da una parte c’è l’attività e l’intervento sugli argomenti politici sui quali si hanno vere competenze,dall’altra parte, però, spesso c'è il fardello pesante e la responsabilità di agire per cambiare la condizione della donna sotto i vari punti di vista.Ogni scelta di una donna in politica deve quindi sempre scontrarsi con il pregiudizio maschile e combattere per la reale equità di genere.
A favore dell'occupazione femminile emblematico è il testo normativo definito del “Controesodo” sul rientro dei talenti: gli incentivi previsti dal governo sono infatti per le donne maggiori rispetto a quelli previsti per gli uomini, al chiaro scopo di agevolare l’aumento dell’occupazione femminile nel nostro circuito del lavoro.Il cammino delle donne in Italia è stato ed è da sempre pieno di ostacoli. La vicenda purtroppo è ancora fortemente squilibrata, sotto tanti punti di vista. Argomenti come l’accesso al lavoro, la retribuzione, la gestione del lavoro di cura familiare sono argomenti molto complessi e spesso sono sempre le donne a fare maggiori sacrifici e a pagare il prezzo più alto.Alessia Mosca fu tra le firmatarie della proposta di legge diventata l’attuale legge n. 120/2011 e la politica PD sottolinea che il suo fine in quel caso era doppio: uno era quello quantitativo, e cioè l’aumento delle donne in posizione di vertice nelle società pubbliche e private, ma poi c'era uno scopo più profondo e a lungo periodo.
Secondo la capogruppo alla Camera infatti il modello di leadership femminile può e deve produrre modifiche sostanziali nella gestione aziendale, che sicuramente permetteranno di migliorare la vita di tutte le donne dipendenti nel settore pubblico e privato. Avere più donne nei consigli di amministrazione quindi non sarà un risultato positivo semplicemente perché permetterà alle donne competenti e meritevoli di vedere soddisfatte le loro aspirazioni e i loro meriti ma produrrà conseguenze esponenziali sulla gestione aziendale complessiva. Lo scopo della legge,evidenzia la Mosca è creare modelli di ruolo importanti come veri punti di riferimento per le donne alle quali va spiegato in modo diretto che nessun lavoro e nessun settore è a loro precluso per il semplice fatto di essere donne.
Madia:ecco come voglio cambiare la P.A.
di Anna De Vitis
Il Governo espone il suo piano di ringiovanimento.
Marianna Madia è la giovanissima ministro della Funzione Pubblica scelta da Matteo Renzi per svecchiare con idee e contenuti nuovi una casta burocratica tra le più grandi e complesse ovvero la casta della Pubblica Amministrazione.La Madia in effetti sembra avere fin da subito idee molto chiare ben cosciente del fatto che la massa di impiegati della P.A. è notevole ma andrebbe rimodulata ed aggiornata lasciando entrare giovani e persone in cerca di lavoro ovviamente adeguatamente qualificate.La P.A. secondo la Madia,non necessita dell'eliminazione dei cosiddetti esuberi ma più che altro di uscite più flessibili altrimenti scoppierebbe in seno agli uffici un vero scontro tra generazioni nemiche.L’intervento del ministro arriva dopo le polemiche sorte in questi giorni sulla possibilità di utilizzare tagli dell’organico che molto sono temuti dai dipendenti pubblici che da sempre sono il serbatoio maggiore di voti dello stesso PD di cui Madia fa parte.
Il ministro ha esposto chiaramente il suo progetto,attraverso queste uscite si potrebbero anticipare molti pensionamenti di 6/12 mesi,in tal maniera un numero corposo di giovani potrebbero essere gli ideali sostituti.Ecco quindi il tanto invocato ricambio generazionale nella pubblica amministrazione lanciato dal ministro Madia che comunque ha anche rassicurato il suo collega dell'Economia evidenziando che le sue idee non sono un rischio per le casse dello Stato.Il numero preciso di dipendenti da far fuoriuscire non è ancora svelato,i collaboratori del ministero della Funzione Pubblica comunicano che prima di compiere passi importanti sono al vaglio numerose simulazioni per aver un quadro completo delle conseguenze successive anche grazie alla collaborazione dei vertici Inps. La paura è di ritrovarsi dinanzi al madornale errore compiuto dalla Fornero durante il governo Monti.Nessun esodo quindi alle porte ma la diretta affermazione che nella P.A. è urgentissimo uno svecchiamento dell’organico ed una riduzione degli effettivi.Per la Madia entrambi questi fini possono essere realizzati in maniera compatibile.
Nello specifico il ministro intenderebbe inserire un giovane ogni tre anziani che potranno confluire in un apposito piano di pensionamento. La vicenda è molto sentita e sicuramente creerà molte polemiche anche con gli organi sindacali ,sarà un progetto complesso che richiederà mesi e mesi per la sua attuazione. Le prime critiche sono arrivate a sorpresa dal fuoco amico.Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, sull’ipotesi avanzata dalla collega della Funzione pubblica di ringiovanire la pubblica amministrazione si è detta molto perplessa anche di eventuali reazioni non certo pacifiche da parte dei sindacati.Perché se risulta un'affermazione veritiera che la P.A. è piena di dipendenti anziani in media molto di più degli altri paesi europei è pur vero che il problema del ricambio generazionale è una questione serissima e non semplice non solo legata alla P.A. ma all'intero universo del lavoro.Quindi un intervento amplio del Ministero del Lavoro sarebbe molto più auspicabile.
Marianna Madia è la giovanissima ministro della Funzione Pubblica scelta da Matteo Renzi per svecchiare con idee e contenuti nuovi una casta burocratica tra le più grandi e complesse ovvero la casta della Pubblica Amministrazione.La Madia in effetti sembra avere fin da subito idee molto chiare ben cosciente del fatto che la massa di impiegati della P.A. è notevole ma andrebbe rimodulata ed aggiornata lasciando entrare giovani e persone in cerca di lavoro ovviamente adeguatamente qualificate.La P.A. secondo la Madia,non necessita dell'eliminazione dei cosiddetti esuberi ma più che altro di uscite più flessibili altrimenti scoppierebbe in seno agli uffici un vero scontro tra generazioni nemiche.L’intervento del ministro arriva dopo le polemiche sorte in questi giorni sulla possibilità di utilizzare tagli dell’organico che molto sono temuti dai dipendenti pubblici che da sempre sono il serbatoio maggiore di voti dello stesso PD di cui Madia fa parte.
Il ministro ha esposto chiaramente il suo progetto,attraverso queste uscite si potrebbero anticipare molti pensionamenti di 6/12 mesi,in tal maniera un numero corposo di giovani potrebbero essere gli ideali sostituti.Ecco quindi il tanto invocato ricambio generazionale nella pubblica amministrazione lanciato dal ministro Madia che comunque ha anche rassicurato il suo collega dell'Economia evidenziando che le sue idee non sono un rischio per le casse dello Stato.Il numero preciso di dipendenti da far fuoriuscire non è ancora svelato,i collaboratori del ministero della Funzione Pubblica comunicano che prima di compiere passi importanti sono al vaglio numerose simulazioni per aver un quadro completo delle conseguenze successive anche grazie alla collaborazione dei vertici Inps. La paura è di ritrovarsi dinanzi al madornale errore compiuto dalla Fornero durante il governo Monti.Nessun esodo quindi alle porte ma la diretta affermazione che nella P.A. è urgentissimo uno svecchiamento dell’organico ed una riduzione degli effettivi.Per la Madia entrambi questi fini possono essere realizzati in maniera compatibile.
Nello specifico il ministro intenderebbe inserire un giovane ogni tre anziani che potranno confluire in un apposito piano di pensionamento. La vicenda è molto sentita e sicuramente creerà molte polemiche anche con gli organi sindacali ,sarà un progetto complesso che richiederà mesi e mesi per la sua attuazione. Le prime critiche sono arrivate a sorpresa dal fuoco amico.Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, sull’ipotesi avanzata dalla collega della Funzione pubblica di ringiovanire la pubblica amministrazione si è detta molto perplessa anche di eventuali reazioni non certo pacifiche da parte dei sindacati.Perché se risulta un'affermazione veritiera che la P.A. è piena di dipendenti anziani in media molto di più degli altri paesi europei è pur vero che il problema del ricambio generazionale è una questione serissima e non semplice non solo legata alla P.A. ma all'intero universo del lavoro.Quindi un intervento amplio del Ministero del Lavoro sarebbe molto più auspicabile.
Segreteria PD.La Serracchiani dice la sua.
di Anna De Vitis
Grosse novità nella segreteria del Partito Democratico.
Renzi oltre a riformare il paese ha in questi giorni attivato anche un lungo e profondo processo di cambiamento interno al PD.Adesso il premier prova a concretizzare quegli intenti di novità che al tempo delle primarie erano state il suo programma per farsi eleggere leader del centrosinistra.Il piano di Renzi è creara una nuova segreteria e la sua idea è quella di affidare a Lorenzo Guerini e soprattutto alla tenace Debora Serracchiani la guida del partito, nominandoli vice segretari.La scelta è complessa anche perchè le tante correnti del PD sono difficili da accontentare e da silenziare.In particolare i Giovani Turchi di Fassina e Orfini sembrano contrari al nome della Serracchiani e pretendono scelte a loro appannaggio.La componente del PD anti-Renziana è molto numerosa ma anche molto divisa però tutti sembrano critici sulla scleta del duo Guerini-Serracchiani,una decisione che pare fossilizzare gli equilibri usciti dalle primarie di dicembre.La governatrice del Friuli non si è fatta pregare e ha esplicitato la sua opinione in merito.
La scelta di Renzi la riempie di orgoglio e lei si dice carica e pronta a svolgere il compito affidatole.Secondo la Serracchiani il PD deve smettere di farsi la guerra,le correnti vanno controllate e soprattutto devono fare il bene del partito nella sua unità.Le recenti primarie hanno palesemente detto che il popolo di sinistra crede nella leadership di Renzi e pretende il cambiamento come immediato risultato,partendo proprio dalle stanze della segreteria.C'è necessità,dice la Serracchiani,di dare sostegno all'azione di governo,non servono critiche continue ed aut aut sterili che non fanno altro che dare l'impressione di un partito perennemente diviso e autolesionista.Renzi è il leader e va difeso e appoggiato nelle scelte.Fuori luogo inoltre sono apparse le dichiarazioni del Presidente del Senato Grasso che in vista della futura riforma che rivoluzionerà ruolo e funzione del Senato si è detto contrario e anzi ha invitato il Governo a non toccare Palazzo Madama.
La Serracchiani nella sua nuova veste di vice-segretario si è sentita chiamata in causa e ha redarguito Grasso evidenziando che aldilà del ruolo istituzionale di Presidente del Senato,Grasso è un senatore eletto nelle fila PD e quindi non può sostenere tesi diametralmente opposte a quelle del suo stesso partito.In tal modo si alimenta la confusione e la sfiducia degli elettori che non vedono quell'unità di intenti promessa. La Governatrice del Friuli Venezia Giulia inoltre ha tenuto a precisare che il Pd sta rispettando il patto con i cittadini e sia l'Italicum sia le riforme istituzionali sono il chiaro simbolo del vento riformatore solletosi con la nomina a Capo del Governo di Matteo Renzi.Diminuire il numero dei parlamentari, abolire il Senato nella forma del bicameralismo perfetto e lavorare per la semplificazione normativa e legislativa,questi sono i prossimi immediati passi da compiere,afferma la Serracchiani,e le correnti non avranno alcun effetto divisorio.Serve unità e gioco di squadra all'interno del PD.Sarà forse un miraggio?
Renzi oltre a riformare il paese ha in questi giorni attivato anche un lungo e profondo processo di cambiamento interno al PD.Adesso il premier prova a concretizzare quegli intenti di novità che al tempo delle primarie erano state il suo programma per farsi eleggere leader del centrosinistra.Il piano di Renzi è creara una nuova segreteria e la sua idea è quella di affidare a Lorenzo Guerini e soprattutto alla tenace Debora Serracchiani la guida del partito, nominandoli vice segretari.La scelta è complessa anche perchè le tante correnti del PD sono difficili da accontentare e da silenziare.In particolare i Giovani Turchi di Fassina e Orfini sembrano contrari al nome della Serracchiani e pretendono scelte a loro appannaggio.La componente del PD anti-Renziana è molto numerosa ma anche molto divisa però tutti sembrano critici sulla scleta del duo Guerini-Serracchiani,una decisione che pare fossilizzare gli equilibri usciti dalle primarie di dicembre.La governatrice del Friuli non si è fatta pregare e ha esplicitato la sua opinione in merito.
La scelta di Renzi la riempie di orgoglio e lei si dice carica e pronta a svolgere il compito affidatole.Secondo la Serracchiani il PD deve smettere di farsi la guerra,le correnti vanno controllate e soprattutto devono fare il bene del partito nella sua unità.Le recenti primarie hanno palesemente detto che il popolo di sinistra crede nella leadership di Renzi e pretende il cambiamento come immediato risultato,partendo proprio dalle stanze della segreteria.C'è necessità,dice la Serracchiani,di dare sostegno all'azione di governo,non servono critiche continue ed aut aut sterili che non fanno altro che dare l'impressione di un partito perennemente diviso e autolesionista.Renzi è il leader e va difeso e appoggiato nelle scelte.Fuori luogo inoltre sono apparse le dichiarazioni del Presidente del Senato Grasso che in vista della futura riforma che rivoluzionerà ruolo e funzione del Senato si è detto contrario e anzi ha invitato il Governo a non toccare Palazzo Madama.
La Serracchiani nella sua nuova veste di vice-segretario si è sentita chiamata in causa e ha redarguito Grasso evidenziando che aldilà del ruolo istituzionale di Presidente del Senato,Grasso è un senatore eletto nelle fila PD e quindi non può sostenere tesi diametralmente opposte a quelle del suo stesso partito.In tal modo si alimenta la confusione e la sfiducia degli elettori che non vedono quell'unità di intenti promessa. La Governatrice del Friuli Venezia Giulia inoltre ha tenuto a precisare che il Pd sta rispettando il patto con i cittadini e sia l'Italicum sia le riforme istituzionali sono il chiaro simbolo del vento riformatore solletosi con la nomina a Capo del Governo di Matteo Renzi.Diminuire il numero dei parlamentari, abolire il Senato nella forma del bicameralismo perfetto e lavorare per la semplificazione normativa e legislativa,questi sono i prossimi immediati passi da compiere,afferma la Serracchiani,e le correnti non avranno alcun effetto divisorio.Serve unità e gioco di squadra all'interno del PD.Sarà forse un miraggio?
Ddl sulle Province approda al Senato.
di Anna De Vitis
La riforma delle Province potrebbe diventare realtà.
Il disegno legge sulla riforma delle Province è partito al Senato.Si tratta di una proposta legislativa firmata dal ministro DelRio e relazionata dal senatore PD Francesco Russo. Immediatamente prima dell'inizio del dibattito parlamentare i senatori del Movimento 5 Stelle hanno messo in votazione una pregiudiziale di costituzionalità. Se dovesse essere respinta, come pare ovvio,subito comincerà la discussione in aula e la votazione dei primi emendamenti. Il voto finale incredibilmente potrebbe giungere già tra due giorni perchè l'esecutivo Renzi ha dato l'idea di voler fare le cose con grande celerità.Presso la commissione affari costituzionali ieri si è avuta la prima discussione sul ddl e il governo è stato battuto su ben due emendamenti dell’opposizione e uno dello stesso relatore,una situazione dove quindi non pare esserci sicurezza assoluta.L'emendamento passato era di SEL e ridava la competenza sull’edilizia scolastica alle Province. L’emendamento di Russo, invece, fissava un forte limite alle indennità dei presidenti delle province in misura non superiore a quella del sindaco del comune capoluogo.Secondo la proposta di Delrio, infatti, fino al 31 dicembre 2014 le Province avranno una fase di “accompagnamento”: se il ddl risulterà completamente approvato per 9 mesi le giunte provinciali continueranno a esistere, ma dal 1° gennaio 2015 la riforma prenderà vita con abolizione degli enti.
Quindi fino al 2015 è come se le province saranno commissariate, mentre le 52 che sarebbero dovute andare al rinnovo resteranno in carica così come sono: i presidenti resteranno gli stessi in scadenza fino alla fine del periodo di transizione.La questione delle indennità è però molto sentita,ovviamente.Il sottosegretario ai rapporti con il parlamento, Luciano Pizzetti ha affermato che l’emendamento, bocciato in commissione, dovrebbe essere ripresentato e rivotato in Senato.Ma la presenza di tutti i membri della maggioranza sarà fondamentale in aula per l'approvazione del ddl.Dando una rapida conta ai senatori di sicuro con uno scarto di almeno 5/6 voti la pregiudiziale di costituzionalità targata M5S contro il ddl Delrio non dovrebbe passare,altrimenti la proposta di riforma verrebbe affossata in maniera permanente.Importante ricordare che in Senato le astensioni valgono come voto contrario,quindi molto attenta dovrà essere la valutazione dei numeri necessari per approvare la riforma.
Il Presidente del Consiglio Renzi ha sottolineato che nonostante le polemiche e le paure di cadere in aula il ddl a favore dell`abolizione delle province sarà approvato in Senato e così verrà data una vera dimostrazione del senso di responsabilità e di volontà di cambiare il paese,parole sottoscritte anche dal senatore del Partito Democratico Francesco Russo, relatore sul ddl Delrio.Le voci fuori coro arrivano dai grillini,con Casaleggio che via internet ha dileggiato il ddl affermando che contribuirà a rallentare e mettere confusione in una pubblica amministrazione già allo sfascio e anche la Lega di Salvini non sembra propriamente mansueta.I leghisti ritengono che il ddl non farà altro che centralizzare ancora di più il potere romano limitando la spinta autonomista che le Province almeno in parte riuscivano a garantire.La bagarre parlamentare è come al solito sempre accesa ma la voglia del Governo di portare a termine la riforma è una valida garanzia di successo.
Il disegno legge sulla riforma delle Province è partito al Senato.Si tratta di una proposta legislativa firmata dal ministro DelRio e relazionata dal senatore PD Francesco Russo. Immediatamente prima dell'inizio del dibattito parlamentare i senatori del Movimento 5 Stelle hanno messo in votazione una pregiudiziale di costituzionalità. Se dovesse essere respinta, come pare ovvio,subito comincerà la discussione in aula e la votazione dei primi emendamenti. Il voto finale incredibilmente potrebbe giungere già tra due giorni perchè l'esecutivo Renzi ha dato l'idea di voler fare le cose con grande celerità.Presso la commissione affari costituzionali ieri si è avuta la prima discussione sul ddl e il governo è stato battuto su ben due emendamenti dell’opposizione e uno dello stesso relatore,una situazione dove quindi non pare esserci sicurezza assoluta.L'emendamento passato era di SEL e ridava la competenza sull’edilizia scolastica alle Province. L’emendamento di Russo, invece, fissava un forte limite alle indennità dei presidenti delle province in misura non superiore a quella del sindaco del comune capoluogo.Secondo la proposta di Delrio, infatti, fino al 31 dicembre 2014 le Province avranno una fase di “accompagnamento”: se il ddl risulterà completamente approvato per 9 mesi le giunte provinciali continueranno a esistere, ma dal 1° gennaio 2015 la riforma prenderà vita con abolizione degli enti.
Quindi fino al 2015 è come se le province saranno commissariate, mentre le 52 che sarebbero dovute andare al rinnovo resteranno in carica così come sono: i presidenti resteranno gli stessi in scadenza fino alla fine del periodo di transizione.La questione delle indennità è però molto sentita,ovviamente.Il sottosegretario ai rapporti con il parlamento, Luciano Pizzetti ha affermato che l’emendamento, bocciato in commissione, dovrebbe essere ripresentato e rivotato in Senato.Ma la presenza di tutti i membri della maggioranza sarà fondamentale in aula per l'approvazione del ddl.Dando una rapida conta ai senatori di sicuro con uno scarto di almeno 5/6 voti la pregiudiziale di costituzionalità targata M5S contro il ddl Delrio non dovrebbe passare,altrimenti la proposta di riforma verrebbe affossata in maniera permanente.Importante ricordare che in Senato le astensioni valgono come voto contrario,quindi molto attenta dovrà essere la valutazione dei numeri necessari per approvare la riforma.
Il Presidente del Consiglio Renzi ha sottolineato che nonostante le polemiche e le paure di cadere in aula il ddl a favore dell`abolizione delle province sarà approvato in Senato e così verrà data una vera dimostrazione del senso di responsabilità e di volontà di cambiare il paese,parole sottoscritte anche dal senatore del Partito Democratico Francesco Russo, relatore sul ddl Delrio.Le voci fuori coro arrivano dai grillini,con Casaleggio che via internet ha dileggiato il ddl affermando che contribuirà a rallentare e mettere confusione in una pubblica amministrazione già allo sfascio e anche la Lega di Salvini non sembra propriamente mansueta.I leghisti ritengono che il ddl non farà altro che centralizzare ancora di più il potere romano limitando la spinta autonomista che le Province almeno in parte riuscivano a garantire.La bagarre parlamentare è come al solito sempre accesa ma la voglia del Governo di portare a termine la riforma è una valida garanzia di successo.
Schulz elogia Renzi e il suo "nuovo" PD.
di Anna De Vitis
Applausi al sistema Renzi anche dal tedesco Schulz.
Martin Schulz non è un politico come gli altri,è il principale candidato a guidare la Commissione europea,unico leader riconosciuto dal PSE cui lo stesso PD si è associato il mese scorso.Ed in effetti le linee guida tra Schulz e Renzi sembrano combaciare alla perfezione,entrambi convinti che solo se in Italia si rimetterà in moto la macchina della crescita si avrà crescita anche Europa.L'attuale presidente del Parlamento europeo ha rimarcato come la nuova strategia dell'Italia che Renzi ha ben esposto alla Merkel è decisiva per ridare nel breve periodo sviluppo al paese.Oggi il poltico tedesco sarà a Torino per un convegno sul tema del razzismo in Europa e in Italia e appena arrivato ha elogiato il nuovo governo Renzi evidenziando come il nuovo premier ha promesso di rispettare i criteri in materia di deficit, ma soprattutto si concentrare gli sforzi politici su crescita e occupazione,questa è la corretta filosofia che un presidente del Consiglio dovrebbe avere,afferma Schulz.
A sorpresa lo stesso Schulz ha dichiarato che le parole di Renzi sulla necessità di fare investimenti pubblici per favorire l'economia sono condivisibili poichè un conto è il deficit e il debito pubblico ma un conto sono gli investimenti di uno Stato sulla sua economia,questi non andrebbero frenati da Bruxelles ma bensì incentivati.I criteri di Maastricht infatti nascono come linea guida per l'Unione ma non devono limitare e frenare la politica nazionale di uno Stato membro.Grande è poi stata la meraviglia del Presidente del Parlamento Europeo sulla ventata di depressione e tristezza che avvolgeva i giornalisti italiani.Schulz ha loro ricordato che l'Italia è un Paese del G8,è uno dei Paesi industrializzati maggiori del mondo ed è la quarta economia dell'Ue. Questo significa che non è un paese ospite dell'Unione ma uno dei paesi maggiori e fondamentali per la vita stessa della Comunità europea,non esisterebbe un Unione senza l'Italia. Schulz ha poi espresso grande preoccupazione sull'atto autoritario compiuto dal premier turco Erdogan che ha deciso in questi giorni di oscurare Twitter nel territorio turco,un gesto davvero inqualificabile.
La libertà di espressione e di informazione sono parte dei diritti fondamentali dell'uomo, garantiti dalla comunità internazionale e dall'Unione eruopea. La Turchia, essendo membro del Consiglio d'Europa e Paese candidato per l'adesione all'Ue, non può violare in modo così netto tali principi vitali.Erdogan dovrebbe garantire la libertà di espressione e informazione non come un piacere fatto alla comunità internazionale, ma come diritto del popolo turco.
Martin Schulz non è un politico come gli altri,è il principale candidato a guidare la Commissione europea,unico leader riconosciuto dal PSE cui lo stesso PD si è associato il mese scorso.Ed in effetti le linee guida tra Schulz e Renzi sembrano combaciare alla perfezione,entrambi convinti che solo se in Italia si rimetterà in moto la macchina della crescita si avrà crescita anche Europa.L'attuale presidente del Parlamento europeo ha rimarcato come la nuova strategia dell'Italia che Renzi ha ben esposto alla Merkel è decisiva per ridare nel breve periodo sviluppo al paese.Oggi il poltico tedesco sarà a Torino per un convegno sul tema del razzismo in Europa e in Italia e appena arrivato ha elogiato il nuovo governo Renzi evidenziando come il nuovo premier ha promesso di rispettare i criteri in materia di deficit, ma soprattutto si concentrare gli sforzi politici su crescita e occupazione,questa è la corretta filosofia che un presidente del Consiglio dovrebbe avere,afferma Schulz.
A sorpresa lo stesso Schulz ha dichiarato che le parole di Renzi sulla necessità di fare investimenti pubblici per favorire l'economia sono condivisibili poichè un conto è il deficit e il debito pubblico ma un conto sono gli investimenti di uno Stato sulla sua economia,questi non andrebbero frenati da Bruxelles ma bensì incentivati.I criteri di Maastricht infatti nascono come linea guida per l'Unione ma non devono limitare e frenare la politica nazionale di uno Stato membro.Grande è poi stata la meraviglia del Presidente del Parlamento Europeo sulla ventata di depressione e tristezza che avvolgeva i giornalisti italiani.Schulz ha loro ricordato che l'Italia è un Paese del G8,è uno dei Paesi industrializzati maggiori del mondo ed è la quarta economia dell'Ue. Questo significa che non è un paese ospite dell'Unione ma uno dei paesi maggiori e fondamentali per la vita stessa della Comunità europea,non esisterebbe un Unione senza l'Italia. Schulz ha poi espresso grande preoccupazione sull'atto autoritario compiuto dal premier turco Erdogan che ha deciso in questi giorni di oscurare Twitter nel territorio turco,un gesto davvero inqualificabile.
La libertà di espressione e di informazione sono parte dei diritti fondamentali dell'uomo, garantiti dalla comunità internazionale e dall'Unione eruopea. La Turchia, essendo membro del Consiglio d'Europa e Paese candidato per l'adesione all'Ue, non può violare in modo così netto tali principi vitali.Erdogan dovrebbe garantire la libertà di espressione e informazione non come un piacere fatto alla comunità internazionale, ma come diritto del popolo turco.
La Boschi dice no alle critiche pretestuose.
di Anna De Vitis
La neo ministro reagisce alle critiche a priori ricevute.
Nelle prime settimane le cronache di Palazzo Chigi oltre che dal premier Renzi sono state in parte monopolizzate da lei,il neo ministro per le Riforme e i Rapporti con Parlamento.Interi articoli che raccontavano lo stile della Boschi,le sue scarpe altissime,le sue gonne sensuali,le sue scollature,le sue risate nelle tristi camere del potere.Ma alla fine,anche un politico calmo come lei sbotta e ieri Maria Elena Boschi ha dato fiato alle sue arrabbiature di questi giorni.La neo ministro sottolinea che non nella forma ma nella sostanza va giudicato l'operato di un politico,che le critiche ricevuto sono prettamente pretestuose e che soprattutto sulle riforme fatte o meno che lei andrebbe giudicata,non per il suo gradevole aspetto.Infatti molti sono stati i commenti e le critiche, anche sessiste, che le sono state rivolte in queste settimane anche da insigni colleghi e giornalisti.
E' piuttosto palese che la Boschi è stufa di questi argomenti,molto futili a dire il vero,e quindi c'è la necessità di parlare di qualcosa di diverso della sua bellezza e del suo portamento. La neo ministra parlando alla stampa ha affermato che è stata una grande sorpresa per lei diventare titolare di un dicastero ma che in fondo non è molto cambiata la sua vita rispetto al passato. L'unica cosa di cui un pò si dispiace è la perdita della sua vita privata ma per il resto è disposta al sacrificio per il bene del paese.Venendo agli impegni seri dell'esecutivo di cui ella fa parte,la Boschi evidenzia che alcune riforme tipo l’abolizione del Senato e la modifica del titolo V della Costituzione sono basilari e vanno approntate alla svelta almeno entro il 2015.La pressione maggiore è tutta sulla riforma della legge elettorale che sarà il vero test alla Camera per il governo Renzi.La Boschi è ben cosciente che sarà dura anche perchè il Parlamento ci prova da ben 7 anni a farla decollare ma collezionando solo fallimenti.La Boschi si è detta poi molto contrariata dalle critiche giunte dalla giornalista Lucia Annunziata che accusava molti ministri tra cui lei,di non avere affatto dimistichezza con il vero potere.
La Boschi passa sopra e sottolinea che potere o no i ministri dell'esecutivo sanno benissimo dove andare e come cambiare il Paese.A chi domanda del suo rapporto col presidente Renzi la Boschi risponde di averlo conosciuto sei anni fa ad un grande convegno PD organizzato da Walter Veltroni della cui corrente lei faceva parte per poi sfilarsi poco dopo.Il Pd di Firenze di cui lei faceva parte organizzò una trasferta a Roma guidata proprio da Renzi che nel 2008 era presidente della provincia di Firenze. Poi per molti anni non si sono più incontrati.La vera chiave c'è stata nelle scorse primarie quando la Boschi è stata tra le più attive del PD a caldeggiare la candidatura di Renzi alle primarie.Quasi come un premio quindi per l'appoggio senza freni dato in campagna,il premier Renzi ha affidato il ministero per le Riforme alla Boschi,gonna o non gonna,tacchi o non tacchi.
Nelle prime settimane le cronache di Palazzo Chigi oltre che dal premier Renzi sono state in parte monopolizzate da lei,il neo ministro per le Riforme e i Rapporti con Parlamento.Interi articoli che raccontavano lo stile della Boschi,le sue scarpe altissime,le sue gonne sensuali,le sue scollature,le sue risate nelle tristi camere del potere.Ma alla fine,anche un politico calmo come lei sbotta e ieri Maria Elena Boschi ha dato fiato alle sue arrabbiature di questi giorni.La neo ministro sottolinea che non nella forma ma nella sostanza va giudicato l'operato di un politico,che le critiche ricevuto sono prettamente pretestuose e che soprattutto sulle riforme fatte o meno che lei andrebbe giudicata,non per il suo gradevole aspetto.Infatti molti sono stati i commenti e le critiche, anche sessiste, che le sono state rivolte in queste settimane anche da insigni colleghi e giornalisti.
E' piuttosto palese che la Boschi è stufa di questi argomenti,molto futili a dire il vero,e quindi c'è la necessità di parlare di qualcosa di diverso della sua bellezza e del suo portamento. La neo ministra parlando alla stampa ha affermato che è stata una grande sorpresa per lei diventare titolare di un dicastero ma che in fondo non è molto cambiata la sua vita rispetto al passato. L'unica cosa di cui un pò si dispiace è la perdita della sua vita privata ma per il resto è disposta al sacrificio per il bene del paese.Venendo agli impegni seri dell'esecutivo di cui ella fa parte,la Boschi evidenzia che alcune riforme tipo l’abolizione del Senato e la modifica del titolo V della Costituzione sono basilari e vanno approntate alla svelta almeno entro il 2015.La pressione maggiore è tutta sulla riforma della legge elettorale che sarà il vero test alla Camera per il governo Renzi.La Boschi è ben cosciente che sarà dura anche perchè il Parlamento ci prova da ben 7 anni a farla decollare ma collezionando solo fallimenti.La Boschi si è detta poi molto contrariata dalle critiche giunte dalla giornalista Lucia Annunziata che accusava molti ministri tra cui lei,di non avere affatto dimistichezza con il vero potere.
La Boschi passa sopra e sottolinea che potere o no i ministri dell'esecutivo sanno benissimo dove andare e come cambiare il Paese.A chi domanda del suo rapporto col presidente Renzi la Boschi risponde di averlo conosciuto sei anni fa ad un grande convegno PD organizzato da Walter Veltroni della cui corrente lei faceva parte per poi sfilarsi poco dopo.Il Pd di Firenze di cui lei faceva parte organizzò una trasferta a Roma guidata proprio da Renzi che nel 2008 era presidente della provincia di Firenze. Poi per molti anni non si sono più incontrati.La vera chiave c'è stata nelle scorse primarie quando la Boschi è stata tra le più attive del PD a caldeggiare la candidatura di Renzi alle primarie.Quasi come un premio quindi per l'appoggio senza freni dato in campagna,il premier Renzi ha affidato il ministero per le Riforme alla Boschi,gonna o non gonna,tacchi o non tacchi.
Tra Renzi e la Merkel è subito feeling.
di Anna De Vitis
Ottima impressione del neo premier nell'incontro a Berlino.
Anche in terra tedesca Matteo Renzi conquista e ammalia con le sue idee e le sue riforme da realizzare per il paese.Nel bilaterale tenutosi a Berlino con la Cancelliera Angela Merkel alla fine il premier italiano lascia un'impressione davvero convincente.Alla fine del vertice nella conferenza post-dibattito la reciproca soddisfazione è evidente sui volti dei due leader europei.La tanto temuta Cancelliera promuove a pieni voti le idee nuove del presidente del Consiglio: un prospetto di riforme molto positivo che permetterà all'Italia di rimettersi in sesto e colmare il gap con le alte potenze dell'Unione. Anche Renzi ha parole al miele per la Germania della quale sottolinea la grande concretezza e lo splendido percorso degli ultimi cinque anni verso un vero Rinascimento industriale europeo per dare forma ad un'Europa molto più competitiva a livello economico. Dalla conferenza arrivano domande dirette e critiche ma Renzi le schiva evidenziando che anche il Job Act sarà realtà poichè nella maggioranza c'è coesione,solo i sindacati stranamente sembrano opporsi nonostante un tasso di disoccupazione giovanile allarmante. Sul tema delle coperture finanziarie il premier afferma che le somme necessarie al piano di riforme ci sono e non servirà valicare il limite europeo del 3% anzi, non vi sarà alcun bisogno di violare il trattato.Insomma l'Italia non sforerà le regole.
Matteo Renzi nel bilaterale di Berlino si è presentato con giovanile sicurezza e voglia di mettere in mostra i buoni propositi italiani in tema economico.Alla fine ha convinto e ottenuto una sorta di implicita promozione.Il premier italiano ottiene elogi soprattutto quando la Merkel si definisce impressionata dei progetti del governo italiano, un programma di reale cambiamento strutturale che senza alcun dubbio porterà risultati efficaci per la popolazione e di certo sarà accompagnato dal rispetto dei vincoli europei. Infine la Merkel elogia il Job Act sottolineando che si tratta di una riforma che va nella direzione giusta.L'unica nota critica della Cancelliera è la consapevolezza che i risultati italiani dovranno poi essere garantiti e protetti nel medio e lungo termine poichè la vera portata di una riforma va sempre giudicata nell'arco temporale di 2-3 anni.Detto ciò è evidente che Renzi alla fine incassi un applauso convinto proprio dal suo interlocutore che appariva come più rigido ed ostico a livello europeo.
Si può affermare che dopo Monti e Letta,Renzi sia stato il primo premier ad aver effettivamente ottenuto una linea di credito politico dalla Germania.Ovviamente questo non significa che la Cancelliera ammorbidirà il proprio approccio intransigente sul piano dei debiti e del deficit ma le rassicurazioni di Renzi sulla non intenzione italiana di sforare il tetto del 3 percento nel rapporto tra deficit e pil è stato decisivo. La Merkel si è detta fiduciosa che l'Italia rispetterà il fiscal compact e alla fine l'esame può dirsi passato.Se aggiungiamo che in patria Renzi non è stato oggetto di alcuna critica per i due suoi incontri europei con Hollande e Merkel significa che anche gli avversari politici stanno cominciando a notare la crescita di leadership politica dell' ex rottamatore.
Anche in terra tedesca Matteo Renzi conquista e ammalia con le sue idee e le sue riforme da realizzare per il paese.Nel bilaterale tenutosi a Berlino con la Cancelliera Angela Merkel alla fine il premier italiano lascia un'impressione davvero convincente.Alla fine del vertice nella conferenza post-dibattito la reciproca soddisfazione è evidente sui volti dei due leader europei.La tanto temuta Cancelliera promuove a pieni voti le idee nuove del presidente del Consiglio: un prospetto di riforme molto positivo che permetterà all'Italia di rimettersi in sesto e colmare il gap con le alte potenze dell'Unione. Anche Renzi ha parole al miele per la Germania della quale sottolinea la grande concretezza e lo splendido percorso degli ultimi cinque anni verso un vero Rinascimento industriale europeo per dare forma ad un'Europa molto più competitiva a livello economico. Dalla conferenza arrivano domande dirette e critiche ma Renzi le schiva evidenziando che anche il Job Act sarà realtà poichè nella maggioranza c'è coesione,solo i sindacati stranamente sembrano opporsi nonostante un tasso di disoccupazione giovanile allarmante. Sul tema delle coperture finanziarie il premier afferma che le somme necessarie al piano di riforme ci sono e non servirà valicare il limite europeo del 3% anzi, non vi sarà alcun bisogno di violare il trattato.Insomma l'Italia non sforerà le regole.
Matteo Renzi nel bilaterale di Berlino si è presentato con giovanile sicurezza e voglia di mettere in mostra i buoni propositi italiani in tema economico.Alla fine ha convinto e ottenuto una sorta di implicita promozione.Il premier italiano ottiene elogi soprattutto quando la Merkel si definisce impressionata dei progetti del governo italiano, un programma di reale cambiamento strutturale che senza alcun dubbio porterà risultati efficaci per la popolazione e di certo sarà accompagnato dal rispetto dei vincoli europei. Infine la Merkel elogia il Job Act sottolineando che si tratta di una riforma che va nella direzione giusta.L'unica nota critica della Cancelliera è la consapevolezza che i risultati italiani dovranno poi essere garantiti e protetti nel medio e lungo termine poichè la vera portata di una riforma va sempre giudicata nell'arco temporale di 2-3 anni.Detto ciò è evidente che Renzi alla fine incassi un applauso convinto proprio dal suo interlocutore che appariva come più rigido ed ostico a livello europeo.
Si può affermare che dopo Monti e Letta,Renzi sia stato il primo premier ad aver effettivamente ottenuto una linea di credito politico dalla Germania.Ovviamente questo non significa che la Cancelliera ammorbidirà il proprio approccio intransigente sul piano dei debiti e del deficit ma le rassicurazioni di Renzi sulla non intenzione italiana di sforare il tetto del 3 percento nel rapporto tra deficit e pil è stato decisivo. La Merkel si è detta fiduciosa che l'Italia rispetterà il fiscal compact e alla fine l'esame può dirsi passato.Se aggiungiamo che in patria Renzi non è stato oggetto di alcuna critica per i due suoi incontri europei con Hollande e Merkel significa che anche gli avversari politici stanno cominciando a notare la crescita di leadership politica dell' ex rottamatore.
Renzi-Hollande.Patto per l'Europa.
di Anna De Vitis
Bilaterale Italia-Francia sulle prossime priorità europee.
Importante incontro al vertice all'Eliseo ieri.Matteo Renzi ha incontrato il presidente francese Francois Hollande e al centro del loro dibattito ci sono stati molti temi come Europa,riforme ed economia.Domani Renzi completerà il suo giro europeo in Germania dalla cancelliera Merkel per poi volare a Bruxelles per il vertice coi capi di governo europei.L'incontro tra Italia e Francia ha mostrato una forte affinità di obiettivi politici fra le due nazioni soprattutto in tema di crescita e occupazione e verso queste mete che la politica comunitaria dovrà spingere nei prossimi mesi.Alla fine del vertice con Hollande,Renzi ha comunicato alla stampa l'oggetto dell'incontro e si è detto felice di aver constatato come anche i francesi abbiano la stessa lunghezza d'onda dell'Italia in particolare l'avversione verso un'Unione Europea che finisce per essere lontano dai cittadini e dall'anima fortemente burocratica.
Secondo Renzi non vi è alcun pericolo di superare il limite del 3% di disavanzo così come imposto dal trattato dell'Unione e nonostante le critiche che giungono al suo esecutivo,accusato di non aver ancora garantito sulla copertura finanziaria delle nuove riforme,afferma che l'austerity è finita,solo sbloccando il patto di stabilità interno che blocca gli investimenti si può rimettere in moto il processo di crescita.Poi si passa al tema disoccupazione e qui Renzi sottolinea come il Jobs Act adesso sia una vera necessità per il paese che deve debellare la piaga della disoccupazione giovanile.Anche le politiche europee dovranno in questi mesi essere focalizzate su crescita e lotta alla disoccupazione perchè l'Unione,secondo Renzi,non deve essere un ostacolo alle politiche interne ma un'arma con cui potenziare gli effetti delle riforme nazionali.Un elogio viene fatto poi dal premier italiano a Francois Hollande che nel suo biennio con ottimi risultati si è impegnato per stabilizzare l’eurozona, per garantire meccanismi permanenti di solidarietà anti-crisi e per controllare l'azione delle banche attraverso l’Unione bancaria.Tutti obiettivi che Renzi condivide e sottoscrive e a cui dedica un applauso convinto.
Una piacevole novità che sottolinea come le politiche francesi ed italiane adesso sembrino più strette e condivise è caratterizzata dal fatto che l'entourage di Hollande,a differenza dei precedenti incontri avuti in questi anni con Monti e Letta,ha invece deciso questa volta di diffondere un documento scritto in cui si evidenziano le forti similitudini e gli scopi condivisi tra Italia e Francia. Le nuove politiche europee,secondo Hollande,dovranno mirare a rafforzare le economie per stabilizzare l'uscita dalla crisi.L'Italia ha cominciato il suo percorso di riforme in modo deciso e veloce ed è un atteggiamento di grande importanza che la Francia elogia.Ridurre il costo del lavoro, modernizzare il mercato del lavoro, aiutare il dialogo sociale tra le parti economiche,queste dovranno essere le emergenze prossime cui la Francia darà pieno appoggio.Come detto il tour europeo di Renzi farà sosta poi domani da Angela Merkel e la Cancelliera ai suoi alleati politici si è detta curiosa di conoscere il premier italiano e di ascoltare le sue idee politiche e le ambiziose riforme che ha in mente per l'Italia.Il rapporto Renzi-Merkel aveva avuto un approccio preliminare a luglio quando i due si incontrarono a Berlino per un'occasione diplomatica e sembrò scattare una certa simpatia.Simpatia che potrà essere utile domani visto che Renzi ci terrà a sottolineare come la Germania non può più imporre ordini agli stati membri dell'Unione.
Importante incontro al vertice all'Eliseo ieri.Matteo Renzi ha incontrato il presidente francese Francois Hollande e al centro del loro dibattito ci sono stati molti temi come Europa,riforme ed economia.Domani Renzi completerà il suo giro europeo in Germania dalla cancelliera Merkel per poi volare a Bruxelles per il vertice coi capi di governo europei.L'incontro tra Italia e Francia ha mostrato una forte affinità di obiettivi politici fra le due nazioni soprattutto in tema di crescita e occupazione e verso queste mete che la politica comunitaria dovrà spingere nei prossimi mesi.Alla fine del vertice con Hollande,Renzi ha comunicato alla stampa l'oggetto dell'incontro e si è detto felice di aver constatato come anche i francesi abbiano la stessa lunghezza d'onda dell'Italia in particolare l'avversione verso un'Unione Europea che finisce per essere lontano dai cittadini e dall'anima fortemente burocratica.
Secondo Renzi non vi è alcun pericolo di superare il limite del 3% di disavanzo così come imposto dal trattato dell'Unione e nonostante le critiche che giungono al suo esecutivo,accusato di non aver ancora garantito sulla copertura finanziaria delle nuove riforme,afferma che l'austerity è finita,solo sbloccando il patto di stabilità interno che blocca gli investimenti si può rimettere in moto il processo di crescita.Poi si passa al tema disoccupazione e qui Renzi sottolinea come il Jobs Act adesso sia una vera necessità per il paese che deve debellare la piaga della disoccupazione giovanile.Anche le politiche europee dovranno in questi mesi essere focalizzate su crescita e lotta alla disoccupazione perchè l'Unione,secondo Renzi,non deve essere un ostacolo alle politiche interne ma un'arma con cui potenziare gli effetti delle riforme nazionali.Un elogio viene fatto poi dal premier italiano a Francois Hollande che nel suo biennio con ottimi risultati si è impegnato per stabilizzare l’eurozona, per garantire meccanismi permanenti di solidarietà anti-crisi e per controllare l'azione delle banche attraverso l’Unione bancaria.Tutti obiettivi che Renzi condivide e sottoscrive e a cui dedica un applauso convinto.
Una piacevole novità che sottolinea come le politiche francesi ed italiane adesso sembrino più strette e condivise è caratterizzata dal fatto che l'entourage di Hollande,a differenza dei precedenti incontri avuti in questi anni con Monti e Letta,ha invece deciso questa volta di diffondere un documento scritto in cui si evidenziano le forti similitudini e gli scopi condivisi tra Italia e Francia. Le nuove politiche europee,secondo Hollande,dovranno mirare a rafforzare le economie per stabilizzare l'uscita dalla crisi.L'Italia ha cominciato il suo percorso di riforme in modo deciso e veloce ed è un atteggiamento di grande importanza che la Francia elogia.Ridurre il costo del lavoro, modernizzare il mercato del lavoro, aiutare il dialogo sociale tra le parti economiche,queste dovranno essere le emergenze prossime cui la Francia darà pieno appoggio.Come detto il tour europeo di Renzi farà sosta poi domani da Angela Merkel e la Cancelliera ai suoi alleati politici si è detta curiosa di conoscere il premier italiano e di ascoltare le sue idee politiche e le ambiziose riforme che ha in mente per l'Italia.Il rapporto Renzi-Merkel aveva avuto un approccio preliminare a luglio quando i due si incontrarono a Berlino per un'occasione diplomatica e sembrò scattare una certa simpatia.Simpatia che potrà essere utile domani visto che Renzi ci terrà a sottolineare come la Germania non può più imporre ordini agli stati membri dell'Unione.
La legge elettorale è quasi realtà.
di Anna De Vitis
Approvato alla Camera il ddl non senza fatica.
Ieri è stato un passo importante per il governo Renzi e per la prima riforma importante del paese,la legge elettorale o Italicum che dir si voglia.Alla Camera l’Italicum passa con 365 voti favorevoli, 40 astenuti e 156 contrari,fondamentale è stato il patto Renzi-Berluconi che ha permesso questo risultato positivo.Il premier si è detto felice ed esulta per questo primo passo della nuova legge elettorale. Ora però viene il difficile perchè il ddl dovrà passare al vaglio del Senato e lì i numeri di Renzi non sono così rassicuranti.Di sicurro Forza Italia confermerà il proprio sostegno ma Scelta Civica invece sceglierà l'astensione e apertamente contrari si sono dichiarati i deputati di Per l’Italia secondo i quali la maggioranza per fare le riforme importanti è davvero risicata.
Angelino Alfano, con il suo Nuovo Centrodestra, ha affermato di appoggiare la nuova legge ma di desiderare delle modifiche in alcuni suoi aspetti. I grillini,come quasi sempre,sono contrari ad ogni tipo di riforma e molto prosaicamente definiscono l'Italicum un vero schifo.Il motivo resta però un mistero.Come detto di sicuro c'è il sostegno dei berlusconiani, che ben si sono detti felici dei risultati che l'accordo il loro leader e Renzi ha prodotto alla Camera. Alcuni deputati di Forza Italia ribadiscono il concetto.La Gelmini ricorda, a scanso di equivoci, che la tenuta del patto sarà decisiva per la sopravvivenza del governo; il capogruppo Brunetta guarda al futuro e evidenzia la scelta di responsabilità fatta da Forza Italia ribadendo però che il patto deve essere rispettato senza modifiche al disegno di legge in Senato. Il problema su tale tema non è tanto Renzi ma il suo stesso PD.Molti membri infatti del Partito Democratico si dicono non convinti dall'Italicum e già mirano a far scricchiolare l'accordo con Berlusconi soprattutto sull'argomento delle preferenze e delle quote rosa.
In Aula comunque ieri c'erano alcune assenze che pesavano anche simbolicamente come quelle di Enrico Letta e Pippo Civati.Assenze che parlavano da sole come anche Pier Luigi Bersani che ribadisce come il Senato farà il suo dovere e analizzerà il testo in modo approfondito senza limitare il proprio ruolo parlamentare. Libertà di azione e di pensiero,questo si avverte da dentro al PD e questa sorta di instabilità fa davvero paura a Renzi che sembra trovare più appoggio da Forza Italia che dal suo stesso partito,davvero emblematico.Intanto sempre il premier ha sottolineato il suo impegno di fare una riforma al mese e ad Aprile sarà la volta della riforma del Senato per tramutarlo in una Camera delle autonomie e soprattutto non legiferante.Il progetto di cambiare l'Italia prosegue,nonostante i tranelli siano sempre dietro l'angolo.
Ieri è stato un passo importante per il governo Renzi e per la prima riforma importante del paese,la legge elettorale o Italicum che dir si voglia.Alla Camera l’Italicum passa con 365 voti favorevoli, 40 astenuti e 156 contrari,fondamentale è stato il patto Renzi-Berluconi che ha permesso questo risultato positivo.Il premier si è detto felice ed esulta per questo primo passo della nuova legge elettorale. Ora però viene il difficile perchè il ddl dovrà passare al vaglio del Senato e lì i numeri di Renzi non sono così rassicuranti.Di sicurro Forza Italia confermerà il proprio sostegno ma Scelta Civica invece sceglierà l'astensione e apertamente contrari si sono dichiarati i deputati di Per l’Italia secondo i quali la maggioranza per fare le riforme importanti è davvero risicata.
Angelino Alfano, con il suo Nuovo Centrodestra, ha affermato di appoggiare la nuova legge ma di desiderare delle modifiche in alcuni suoi aspetti. I grillini,come quasi sempre,sono contrari ad ogni tipo di riforma e molto prosaicamente definiscono l'Italicum un vero schifo.Il motivo resta però un mistero.Come detto di sicuro c'è il sostegno dei berlusconiani, che ben si sono detti felici dei risultati che l'accordo il loro leader e Renzi ha prodotto alla Camera. Alcuni deputati di Forza Italia ribadiscono il concetto.La Gelmini ricorda, a scanso di equivoci, che la tenuta del patto sarà decisiva per la sopravvivenza del governo; il capogruppo Brunetta guarda al futuro e evidenzia la scelta di responsabilità fatta da Forza Italia ribadendo però che il patto deve essere rispettato senza modifiche al disegno di legge in Senato. Il problema su tale tema non è tanto Renzi ma il suo stesso PD.Molti membri infatti del Partito Democratico si dicono non convinti dall'Italicum e già mirano a far scricchiolare l'accordo con Berlusconi soprattutto sull'argomento delle preferenze e delle quote rosa.
In Aula comunque ieri c'erano alcune assenze che pesavano anche simbolicamente come quelle di Enrico Letta e Pippo Civati.Assenze che parlavano da sole come anche Pier Luigi Bersani che ribadisce come il Senato farà il suo dovere e analizzerà il testo in modo approfondito senza limitare il proprio ruolo parlamentare. Libertà di azione e di pensiero,questo si avverte da dentro al PD e questa sorta di instabilità fa davvero paura a Renzi che sembra trovare più appoggio da Forza Italia che dal suo stesso partito,davvero emblematico.Intanto sempre il premier ha sottolineato il suo impegno di fare una riforma al mese e ad Aprile sarà la volta della riforma del Senato per tramutarlo in una Camera delle autonomie e soprattutto non legiferante.Il progetto di cambiare l'Italia prosegue,nonostante i tranelli siano sempre dietro l'angolo.
La CGIL già si schiera contro il governo.
di Anna De Vitis
I sindacati sul piede di guerra in attesa del piano lavoro.
Fiom e Cgil sono agguerriti in questi primi giorni del governo Renzi,sia Landini che la Camusso sembrano ansiosi di scoprire le risposte dell'esecutivo sul tema lavoro e regolare le loro reazioni di conseguenza.Entrambe le sigle sindacali sottolineano che senza lavoro il concetto stesso di Stato viene messo in discussione e non si capisce se sia un timore o un proposito.Comunque sia la segretaria Cgil si dice pronta a stipulare con il ministro del lavoro e con lo stesso presidente del Consiglio un patto per lo sviluppo. L'importante è che non si perda altro tempo e che la concretezza prenda il posto degli slogan di propaganda,altrimenti la via dello sciopero è l'unica via percorribile.Le proposte giunte dal sindacato di sinistra su lavoro e fisco sono delle mani tese in avanti ma se venissero disattese,paventa la Camusso,allora ci sarà una vera mobilitazione nazionale contro il governo.Stranamente il leader Fiom Landini sembra più accomodante evidenziando che il piano lavoro non dovrà rivoluzionare il paese ma semplicemente intervenire in modo mirato lì dove serve e dove c'è maggiore emergenza,in tal maniera quindi si eviterebbe anche uno spreco eccessivo di denaro pubblico.
A dire il vero alcune delle proposte che arrivano dalla base Fiom sembrano davvero interessanti e meno ideologiche come invece accade dalla parte Cgil.Landini infatti sottolinea che ogni euro che lo Stato dà alle imprese dovrebbe essere vincolato a quanti posti di lavoro verranno poi creati; le forme di credito e di finanziamento agli investimenti a tassi agevolati per le piccole e medie imprese sono inoltre una proposta da portare avanti con decisione.In effetti da più voci arriva la critica che un'eventuale diminuzione generica del cuneo fiscale finirebbe per essere poco utile.La risalita dei consumi può essere aiutata solo con tagli all'Irpef ai redditi più bassi e ricreando una forma di tassazione puramente progressiva.Secondo la Cgil le parole di Landini sono intelligenti ma vanno accompagnate da misure emergenziali come il reddito minimo universale e l'abrogazione della legge 148 del 2011, con cui si autorizzano le piccole imprese a poter derogare dai contratti nazionali di lavoro. Il problema però resta sempre trovare le risorse finanziarie necessarie e la risposta dei sindacati è sempre la medesima.
Solo con una forte tassazione dei patrimoni e delle rendite finanziarie dei ricchi si possono scovare i soldi che servono al rilancio,accompagnata da una diminuzione delle imposte per quegli industriali che decidano di reinvestire in Italia i loro profitti piuttosto che trasferirli all'estero o distribuirli agli azionisti.La Camusso come detto è pronta ad esporre le idee Cgil allo stesso Renzi in un faccia a faccia sul tema lavoro e lo ha esplicitamente invitato per il 20 Marzo alla grande assemblea di delegate e delegati metalmeccanici a Roma.Un punto su cui i sindacati non derogano e quello di indirizzare le somme previste dal governo non alle imprese,piccole o medie che siano,ma ai lavoratori; non solo servirebbe quindi un intervento sull'Irpef ma anche un aumento e notevole,delle detrazioni. Nel comitato direttivo della Cgil è infatti giunta richiesta formale di innalzamento delle detrazioni fiscali e non di modifica Irpef poichè un gesto del genere potrebbe fomentare l'evasione fiscale.Vedremo nei prossimi giorni come si evolverà la discussione sul tema lavoro,un tema importante ma complicatissimo dove Renzi si gioca gran parte della sua credibilità.
Fiom e Cgil sono agguerriti in questi primi giorni del governo Renzi,sia Landini che la Camusso sembrano ansiosi di scoprire le risposte dell'esecutivo sul tema lavoro e regolare le loro reazioni di conseguenza.Entrambe le sigle sindacali sottolineano che senza lavoro il concetto stesso di Stato viene messo in discussione e non si capisce se sia un timore o un proposito.Comunque sia la segretaria Cgil si dice pronta a stipulare con il ministro del lavoro e con lo stesso presidente del Consiglio un patto per lo sviluppo. L'importante è che non si perda altro tempo e che la concretezza prenda il posto degli slogan di propaganda,altrimenti la via dello sciopero è l'unica via percorribile.Le proposte giunte dal sindacato di sinistra su lavoro e fisco sono delle mani tese in avanti ma se venissero disattese,paventa la Camusso,allora ci sarà una vera mobilitazione nazionale contro il governo.Stranamente il leader Fiom Landini sembra più accomodante evidenziando che il piano lavoro non dovrà rivoluzionare il paese ma semplicemente intervenire in modo mirato lì dove serve e dove c'è maggiore emergenza,in tal maniera quindi si eviterebbe anche uno spreco eccessivo di denaro pubblico.
A dire il vero alcune delle proposte che arrivano dalla base Fiom sembrano davvero interessanti e meno ideologiche come invece accade dalla parte Cgil.Landini infatti sottolinea che ogni euro che lo Stato dà alle imprese dovrebbe essere vincolato a quanti posti di lavoro verranno poi creati; le forme di credito e di finanziamento agli investimenti a tassi agevolati per le piccole e medie imprese sono inoltre una proposta da portare avanti con decisione.In effetti da più voci arriva la critica che un'eventuale diminuzione generica del cuneo fiscale finirebbe per essere poco utile.La risalita dei consumi può essere aiutata solo con tagli all'Irpef ai redditi più bassi e ricreando una forma di tassazione puramente progressiva.Secondo la Cgil le parole di Landini sono intelligenti ma vanno accompagnate da misure emergenziali come il reddito minimo universale e l'abrogazione della legge 148 del 2011, con cui si autorizzano le piccole imprese a poter derogare dai contratti nazionali di lavoro. Il problema però resta sempre trovare le risorse finanziarie necessarie e la risposta dei sindacati è sempre la medesima.
Solo con una forte tassazione dei patrimoni e delle rendite finanziarie dei ricchi si possono scovare i soldi che servono al rilancio,accompagnata da una diminuzione delle imposte per quegli industriali che decidano di reinvestire in Italia i loro profitti piuttosto che trasferirli all'estero o distribuirli agli azionisti.La Camusso come detto è pronta ad esporre le idee Cgil allo stesso Renzi in un faccia a faccia sul tema lavoro e lo ha esplicitamente invitato per il 20 Marzo alla grande assemblea di delegate e delegati metalmeccanici a Roma.Un punto su cui i sindacati non derogano e quello di indirizzare le somme previste dal governo non alle imprese,piccole o medie che siano,ma ai lavoratori; non solo servirebbe quindi un intervento sull'Irpef ma anche un aumento e notevole,delle detrazioni. Nel comitato direttivo della Cgil è infatti giunta richiesta formale di innalzamento delle detrazioni fiscali e non di modifica Irpef poichè un gesto del genere potrebbe fomentare l'evasione fiscale.Vedremo nei prossimi giorni come si evolverà la discussione sul tema lavoro,un tema importante ma complicatissimo dove Renzi si gioca gran parte della sua credibilità.
Iniziano le prime prove per il Governo Renzi.
di Anna De Vitis
Esecutivo già di fronte ai primi veri ostacoli.
Ieri il neo premier è stato per ore a telefono con la Cancelliera Merkel per iniziare ad abbozzare linee in comune sulla complicatissima questione ucraina. Ma le vere questioni per Renzi sorgono nell'orto di casa dove a breve parecchi ostacoli gli oscureranno il cammino fino ad oggi quasi trionfale. Il primo nodo sarà la nuova legge elettorlae alias Italicum.Oggi partiranno alla Camera le prime votazioni preliminari.La Direzione del PD è desiderosa di sapere quali saranno le direttive del segretario sul modo di comportarsi in Parlamento per agevolare il percorso legislativo dell'Italicum. Renzi si trova comunque davanti ad una doppia scelta.Da una parte scegliere se rispettare il patto di fatto sancito con il Cavaliere lo scorso Gennaio,oppure attraverso il voto segreto in aula,decidere di affidarsi al solo PD e in quel caso scoperchiare gli eventuali franchi tiratori sempre presenti nel suo partito.
Anche avvicinarsi ai piccoli partiti per avere il loro appoggio potrebbe essere una decisione in tal caso vedrà allontanarsi il sostegno berlusconiano.La sfida sarà comunque difficile perchè lo scrutinio segreto è un parafulmine sotto cui codardi e doppio giochisti potrebbero cautalarsi. Tra gli emendamenti più pruriginosi da votare in aula vi è quello presentato dal gruppo Civati che ipotizza l’entrata in vigore dell’«Italicum» al giorno in cui il Senato dirà sì alla propria riforma. Molti desiderano che le votazioni vengano effettuate a scrutinio palese in modo da scongiurare sorprese.Ma i 6 emendamenti già depositati al Senato tendono tutti a chiedere la non applicabilità dell'Italicum al Senato stesso. Intanto il premier ostenta sicurezza e ai suoi collaboratori sottolinea che la nuova legge elettorale entro una settimana sarà una realtà.Nella serata di ieri si vocifera che via sia stato un segreto incontro tra lo stesso Renzi ed Alfano anche se non vi sono conferme sul caso.
Scopo della riunione sarebbe la riconferma degli accordi stipulati con NCD alla presenza anche dei deputati Lupi e Franceschini,accordi su cui Renzi si dice continui ad essere concorde. Ovviamente Alfano o non Alfano nessuna riforma diverrà realtà senza l'appoggio del Cavaliere.Berlusconi si sente protetto e anzi alcuni affermano che il patto di Gennaio fu addirittura messo per iscritto con condizioni e clausole di efficacia; insomma una sorta di garanzia sulla base della quale in caso di non rispetto renziano la caduta dell'esecutivo diverrebbe quasi automatica. Verdini nonostante qualche incompresione recente è fiducioso che Renzi alla fine manterrà i patti e la legge elettorale verrà poi approvata secondo le modalità fissate nella famosa riunione di Palazzo Grazioli.In caso di problemi sul tema comunque anche Brunetta evidenzia che i danni sarebbero solo per il PD a testimonianza che anche con il sostegno della destra Renzi verrebbe sempre ostacolato dai suoi poichè il vero problema è l'irresponsabilità della sinistra italiana.Insomma per Berlusconi un 'ennesima prova di forza e di strategia politica.
Ieri il neo premier è stato per ore a telefono con la Cancelliera Merkel per iniziare ad abbozzare linee in comune sulla complicatissima questione ucraina. Ma le vere questioni per Renzi sorgono nell'orto di casa dove a breve parecchi ostacoli gli oscureranno il cammino fino ad oggi quasi trionfale. Il primo nodo sarà la nuova legge elettorlae alias Italicum.Oggi partiranno alla Camera le prime votazioni preliminari.La Direzione del PD è desiderosa di sapere quali saranno le direttive del segretario sul modo di comportarsi in Parlamento per agevolare il percorso legislativo dell'Italicum. Renzi si trova comunque davanti ad una doppia scelta.Da una parte scegliere se rispettare il patto di fatto sancito con il Cavaliere lo scorso Gennaio,oppure attraverso il voto segreto in aula,decidere di affidarsi al solo PD e in quel caso scoperchiare gli eventuali franchi tiratori sempre presenti nel suo partito.
Anche avvicinarsi ai piccoli partiti per avere il loro appoggio potrebbe essere una decisione in tal caso vedrà allontanarsi il sostegno berlusconiano.La sfida sarà comunque difficile perchè lo scrutinio segreto è un parafulmine sotto cui codardi e doppio giochisti potrebbero cautalarsi. Tra gli emendamenti più pruriginosi da votare in aula vi è quello presentato dal gruppo Civati che ipotizza l’entrata in vigore dell’«Italicum» al giorno in cui il Senato dirà sì alla propria riforma. Molti desiderano che le votazioni vengano effettuate a scrutinio palese in modo da scongiurare sorprese.Ma i 6 emendamenti già depositati al Senato tendono tutti a chiedere la non applicabilità dell'Italicum al Senato stesso. Intanto il premier ostenta sicurezza e ai suoi collaboratori sottolinea che la nuova legge elettorale entro una settimana sarà una realtà.Nella serata di ieri si vocifera che via sia stato un segreto incontro tra lo stesso Renzi ed Alfano anche se non vi sono conferme sul caso.
Scopo della riunione sarebbe la riconferma degli accordi stipulati con NCD alla presenza anche dei deputati Lupi e Franceschini,accordi su cui Renzi si dice continui ad essere concorde. Ovviamente Alfano o non Alfano nessuna riforma diverrà realtà senza l'appoggio del Cavaliere.Berlusconi si sente protetto e anzi alcuni affermano che il patto di Gennaio fu addirittura messo per iscritto con condizioni e clausole di efficacia; insomma una sorta di garanzia sulla base della quale in caso di non rispetto renziano la caduta dell'esecutivo diverrebbe quasi automatica. Verdini nonostante qualche incompresione recente è fiducioso che Renzi alla fine manterrà i patti e la legge elettorale verrà poi approvata secondo le modalità fissate nella famosa riunione di Palazzo Grazioli.In caso di problemi sul tema comunque anche Brunetta evidenzia che i danni sarebbero solo per il PD a testimonianza che anche con il sostegno della destra Renzi verrebbe sempre ostacolato dai suoi poichè il vero problema è l'irresponsabilità della sinistra italiana.Insomma per Berlusconi un 'ennesima prova di forza e di strategia politica.
Presentato il nuovo programma di Governo.
di Anna De Vitis
Il neo premier espone le sue linee programmatiche.
Già prima di essere nominato come Presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva ben in mente in provvedimenti urgenti cui dare applicazione,interventi necessari per i quali cresce e molto l’attesa da parte dei cittadini anche per testare la portata della sua leadership. Ieri al Consiglio dei Ministri Renzi ha elencato le emergenze su cui l’esecutivo dovrà lavorare fin da subito. L’economia nazionale nel suo complesso tiene bene sia grazie ai dati sullo spread sia grazie alle recenti aste dei Bot.Il vero dramma del paese è il tasso di disoccupazione arrivato a livelli allarmanti. Il paese necessita di un vero choc positivo, un piano a breve termine che dia impulso alla crescita e dia serenità anche ai mercati finanziari invogliandoli ad investire in Italia. Il primo provvedimento che uscirà dal governo sarà lo Jobs Act perché come detto è dal 1978 che la disoccupazione in Italia non è a livelli così alti.
Questa è la prima emergenza. Il premier è consapevole delle urgenze ma sa anche che le riforme devono essere ben strutturate e non solo mosse dalla voglia di cambiare tutto,ovviamente complete di coperture di spesa. Per tale ragione lo Jobs Act sarà legge solo tra due settimane. Sarà compito del Ministero dello Sviluppo economico e del Mef riuscire ad elaborare una opportuna proposta. Forse lo scopo di Renzi è quello di giungere il 18 marzo in Germania dinanzi alla Merkel per il vertice europeo con in mano un concreto piano per il lavoro che non sia solo un testo di buoni propositi ma un provvedimento già efficace sul territorio. Inoltre Renzi mira ad un radicale cambio nella strategia di approccio del governo alle problematiche economiche,lontano anni luce dal metodo dell’esecutivo Letta.
Una strategia non basata sui soliti finanziamenti a pioggia o sui maxi-decreti omnibus, ma un piano economico che concentri le risorse e che compia interventi-urto e di grande impatto,direttamente sulle problematiche. Poi il premier ha ribadito che solo in estate il governo si occuperà della pubblica amministrazione e della la riforma del fisco. Infine sarà poi la volta del tema giustizia. Insomma un periodo intenso di interventi in cui l’Italia ospiterà anche il semestre Ue nel chiaro scopo quindi di mostrare un paese attivo e non certo allo sbaraglio come alcuni temono. Il Consiglio dei Ministri è poi terminato con gli auguri del premier ai ministri e abbracciando i numerosi dossier sulla sua scrivania Renzi si è detto elettrizzato per la difficile sfida che lo aspetta ma pronto agli interventi necessari. Il paese va cambiato,non si può perdere altro tempo.
Già prima di essere nominato come Presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva ben in mente in provvedimenti urgenti cui dare applicazione,interventi necessari per i quali cresce e molto l’attesa da parte dei cittadini anche per testare la portata della sua leadership. Ieri al Consiglio dei Ministri Renzi ha elencato le emergenze su cui l’esecutivo dovrà lavorare fin da subito. L’economia nazionale nel suo complesso tiene bene sia grazie ai dati sullo spread sia grazie alle recenti aste dei Bot.Il vero dramma del paese è il tasso di disoccupazione arrivato a livelli allarmanti. Il paese necessita di un vero choc positivo, un piano a breve termine che dia impulso alla crescita e dia serenità anche ai mercati finanziari invogliandoli ad investire in Italia. Il primo provvedimento che uscirà dal governo sarà lo Jobs Act perché come detto è dal 1978 che la disoccupazione in Italia non è a livelli così alti.
Questa è la prima emergenza. Il premier è consapevole delle urgenze ma sa anche che le riforme devono essere ben strutturate e non solo mosse dalla voglia di cambiare tutto,ovviamente complete di coperture di spesa. Per tale ragione lo Jobs Act sarà legge solo tra due settimane. Sarà compito del Ministero dello Sviluppo economico e del Mef riuscire ad elaborare una opportuna proposta. Forse lo scopo di Renzi è quello di giungere il 18 marzo in Germania dinanzi alla Merkel per il vertice europeo con in mano un concreto piano per il lavoro che non sia solo un testo di buoni propositi ma un provvedimento già efficace sul territorio. Inoltre Renzi mira ad un radicale cambio nella strategia di approccio del governo alle problematiche economiche,lontano anni luce dal metodo dell’esecutivo Letta.
Una strategia non basata sui soliti finanziamenti a pioggia o sui maxi-decreti omnibus, ma un piano economico che concentri le risorse e che compia interventi-urto e di grande impatto,direttamente sulle problematiche. Poi il premier ha ribadito che solo in estate il governo si occuperà della pubblica amministrazione e della la riforma del fisco. Infine sarà poi la volta del tema giustizia. Insomma un periodo intenso di interventi in cui l’Italia ospiterà anche il semestre Ue nel chiaro scopo quindi di mostrare un paese attivo e non certo allo sbaraglio come alcuni temono. Il Consiglio dei Ministri è poi terminato con gli auguri del premier ai ministri e abbracciando i numerosi dossier sulla sua scrivania Renzi si è detto elettrizzato per la difficile sfida che lo aspetta ma pronto agli interventi necessari. Il paese va cambiato,non si può perdere altro tempo.
Direzione PD. Civati minaccia scissione.
di Anna De Vitis
Le correnti PD non smettono di fare opposizione interna.
Importante Prima Direzione Pd con Matteo Renzi nel ruolo ambivalente sia di segretario del partito che di nuovo Presidente del Consiglio.La riunione ha avuto come tema centrale la decisione di aderire o meno al Partito socialista europeo, scelta che non fa certamente felice l'ainima più centrista del PD.A ben guardare però la base del partito è scossa non solo dall'argomento di unione col PSE ma anche da altri fattori ugualmente fonte di tensione. In primis abbiamo le varie correnti interne che non smettono di essere portatrici di desideri e voleri diversi da quelli del segretario.Cuperlo e i suoi ad esempio criticano il doppio incarico di Renzi.Per adesso non sono sul piede di guerra ma c'è comunque grande fibrillazione in sede. Alla corrente di Cuperlo va poi aggiunta quella di Civati che nelle scorse ore ha fatto intuire la reale possibilità di staccarsi dal partito e creare un nuovo soggetto politico più in linea con i propri ideali di sinistra.Si vocifera dell'esistenza anche di un nuovo nome, il «Nuovo centrosinistra», che potrebbe nascere in Senato come gruppo autonomo.Civati a domanda ha parlato di semplice provocazione ma non è sembrato convincente. Sul pericolo di scissioni però tutti i dirigenti gettano acqua sul fuoco.Fassina ha infatti ribadito che non ci sono rischi concreti di ciò e che il congresso ha ben altro a cui pensare. La paura delle varie correnti anti-Renzi è che il PD si trasformi in una sorta di strumento a scopo propagandistico della persona di Renzi.Un partito personale che miri solo ad esaltare la figura del neo premier e non le varie anime.Per tale motivo Cuperlo ha evidenziato che il partito stesso non deve cadere nell'errore di auto esiliarsi nei palazzi del potere romano,altrimenti il consenso elettorale crollerebbe di schianto.
Come detto Pippo Civati è il principale dirigente PD che ha apertamente parlato di scissione.Quattro giorni fa in Parlamento ha dato la fiducia al governo Renzi ma con molte riserve e la sua idea sarebbe di creare in Senato un gruppo autonomo seguendo l'esempio del Nuovo centro destra di Alfano. Un'operazione che a suo dire non mirerebbe ad indebolire Renzi bensì a consolidarne la posizione anche grazie all'eventuale ingresso in questo gruppo dei sei senatori grillini espulsi dal M5S e dei sette parlamentari di Sel; in totale un gruppo di circa 23 deputati e senatori.La paura dei renziani è che il gruppo sia solo un espediente per fare devisione interna e che lo scopo vero sia tra qualche mese la nascita di un'offerta politica nuova e antagonista allo stesso PD, indirizzata a fondere le anime estreme e movimentiste della sinistra italiana.
In Direzione c'è poi stato il lamento dei centristi rappresentati da Beppe Fioroni che non accettano serenamente l'entrata a livello europeo del PD nel Pse. I popolari ci tengono alla loro anima moderata e non hanno intenzione si unirsi in un simbolo che preveda la parola socialismo.Fioroni ha parlato con grande senso critico e fortissime perplessità della linea politica che i renziani intendono imporre al partito tutto; ma sembra che la scelta sia stata imposta e voluta espressamente da Renzi che il 20 Febbraio avrebbe inviato una lettera alla segreteria del Pse chiedendo l'annessione del PD e fissato a breve a Roma il congresso degli Eurosocialisti in cui l'unione politica verrà celebrata ufficialmente.Il PSE proporrà in quella data Martin Schulz come candidato alla guida della Commissione Europea. I centristi in quella data decideranno sicuramente di astenersi dal voto per comunicare la loro contrarietà; ma senza rompere con il PD.Forse un gesto di maggiore coraggio e coerenza sarebbe ben accetto.
Importante Prima Direzione Pd con Matteo Renzi nel ruolo ambivalente sia di segretario del partito che di nuovo Presidente del Consiglio.La riunione ha avuto come tema centrale la decisione di aderire o meno al Partito socialista europeo, scelta che non fa certamente felice l'ainima più centrista del PD.A ben guardare però la base del partito è scossa non solo dall'argomento di unione col PSE ma anche da altri fattori ugualmente fonte di tensione. In primis abbiamo le varie correnti interne che non smettono di essere portatrici di desideri e voleri diversi da quelli del segretario.Cuperlo e i suoi ad esempio criticano il doppio incarico di Renzi.Per adesso non sono sul piede di guerra ma c'è comunque grande fibrillazione in sede. Alla corrente di Cuperlo va poi aggiunta quella di Civati che nelle scorse ore ha fatto intuire la reale possibilità di staccarsi dal partito e creare un nuovo soggetto politico più in linea con i propri ideali di sinistra.Si vocifera dell'esistenza anche di un nuovo nome, il «Nuovo centrosinistra», che potrebbe nascere in Senato come gruppo autonomo.Civati a domanda ha parlato di semplice provocazione ma non è sembrato convincente. Sul pericolo di scissioni però tutti i dirigenti gettano acqua sul fuoco.Fassina ha infatti ribadito che non ci sono rischi concreti di ciò e che il congresso ha ben altro a cui pensare. La paura delle varie correnti anti-Renzi è che il PD si trasformi in una sorta di strumento a scopo propagandistico della persona di Renzi.Un partito personale che miri solo ad esaltare la figura del neo premier e non le varie anime.Per tale motivo Cuperlo ha evidenziato che il partito stesso non deve cadere nell'errore di auto esiliarsi nei palazzi del potere romano,altrimenti il consenso elettorale crollerebbe di schianto.
Come detto Pippo Civati è il principale dirigente PD che ha apertamente parlato di scissione.Quattro giorni fa in Parlamento ha dato la fiducia al governo Renzi ma con molte riserve e la sua idea sarebbe di creare in Senato un gruppo autonomo seguendo l'esempio del Nuovo centro destra di Alfano. Un'operazione che a suo dire non mirerebbe ad indebolire Renzi bensì a consolidarne la posizione anche grazie all'eventuale ingresso in questo gruppo dei sei senatori grillini espulsi dal M5S e dei sette parlamentari di Sel; in totale un gruppo di circa 23 deputati e senatori.La paura dei renziani è che il gruppo sia solo un espediente per fare devisione interna e che lo scopo vero sia tra qualche mese la nascita di un'offerta politica nuova e antagonista allo stesso PD, indirizzata a fondere le anime estreme e movimentiste della sinistra italiana.
In Direzione c'è poi stato il lamento dei centristi rappresentati da Beppe Fioroni che non accettano serenamente l'entrata a livello europeo del PD nel Pse. I popolari ci tengono alla loro anima moderata e non hanno intenzione si unirsi in un simbolo che preveda la parola socialismo.Fioroni ha parlato con grande senso critico e fortissime perplessità della linea politica che i renziani intendono imporre al partito tutto; ma sembra che la scelta sia stata imposta e voluta espressamente da Renzi che il 20 Febbraio avrebbe inviato una lettera alla segreteria del Pse chiedendo l'annessione del PD e fissato a breve a Roma il congresso degli Eurosocialisti in cui l'unione politica verrà celebrata ufficialmente.Il PSE proporrà in quella data Martin Schulz come candidato alla guida della Commissione Europea. I centristi in quella data decideranno sicuramente di astenersi dal voto per comunicare la loro contrarietà; ma senza rompere con il PD.Forse un gesto di maggiore coraggio e coerenza sarebbe ben accetto.
Fiducia a Renzi ma già tante critiche.
di Anna De Vitis
Camera e Senato danno il loro sostegno al Governo.
Il governo Renzi incassa la fiducia necessaria dai due rami del Parlamento ma non mancano polemiche e critiche anche aspre e anche da chi allo stesso esecutivo ha deciso di dare il proprio sostegno iniziale.E' poco utile analizzare parola per parola il peso specifico del suo discorso fatto in Senato.E' innegabile che la sua giovane età e la poca esperienza hanno avuto un loro peso e che quindi non sia stato un discorso teoricamente indimenticabile.Ma è stato però un discorso chiaro e semplice e questo è importante. Renzi non dovrà essere giudicato per gli slogan coniati ma per i fatti e le riforme che il suo esecutivo dovrà portare a termine. Da subito si intuisce la grande sicurezza di sè che emana il nuovo Presidente del Consiglio; ricco di determinazione e consapevole dell'appoggio di milioni di elettori PD.In Senato è stato accolto con animo curioso ma le sue prime parole non sono sembrate pacifiche poichè l'ex sindaco fiorentino si è augurato che quella fosse l'ultima occasione per il Senato di dare la fiducia ad un governo.
Nonostante ciò però l'appoggio del Senato è arrivato,quasi come se la politica tradizionale avesse deciso di passare la mano ad una nuova generazione. Finalmente osiamo dire. L'idea di Istituzioni farraginose, lontane dalla realtà dei cittadini e strutturalmente incapaci di fare scelte precise e concrete per risolvere i problemi del paese è ormai diffusa in Italia.Renzi appare come il salvatore,il nuovo uomo del fare post-berlusconiano.La speranza è che la lentezza intrinseca della cosa pubblica italiana sia legata solo alle persone e non sia invece radicata nel modo stesso di intendere la politica,altrimenti le soluzioni ai problemi sembrerebbero impossibili.Questa è la sfida di Renzi.Il nuovo premier si è detto convinto di riuscire nel suo compito ma sa bene che in caso di insuccesso le elezioni saranno automatiche. È convinto di farcela perché altrimenti si aprirebbe la strada delle elezioni anticipate, che già Berlusconi giorni orsono ha evidenziato come probabili. Le critiche a Renzi comunque sono cadute piovose.Grillini,leghisti e anche forzisti sottolineano che le idee del governo non ci sono ancora e che nel discorso di fiducia c'è stato solo un rapido elenco di slogan ma di concretezza ancora nulla.
E' indubbia la convinzione con cui Renzi ha letto il suo programma ma convinzione a parte a molti è sembrato un programma fumoso e confuso su cui le scadenze imminenti diranno subito la verità.Enrico Letta è caduto per l'incapacità degli ultimi mesi di prendere decisioni e di fare le agognate riforme. Un atteggiamento di ritardo che il convegno eterno in casa PD ha rimarcato e forse aggravato; il nuovo governo insediatosi ha dalla sua parte il sostegno alfaniano e la creazioni di un preciso piano di collaborazione con Forza Italia sul versante delle riforme. Non è poco. La figura berlusconiana che si apre dietro Renzi è rassicurante e forse fa confidare di riuscire davvero ad arrivare a fine legislatura ma comunque resta la pressione enorme sulle spalle del Rottamatore il quale ha l'onore e l'onere di dare impulso al governo del fare. I grillini e lo stesso Vendola l'hanno accusato di aver usato Palazzo Madama per fare un lungo comizio elettorale e di aver avuto un atteggiamento poco umile e sprezzante.Se ciò è verità o meno lo capiremo già nelle prime settimane del primo esecutivo.Il paese è affamato di riforme.
Il governo Renzi incassa la fiducia necessaria dai due rami del Parlamento ma non mancano polemiche e critiche anche aspre e anche da chi allo stesso esecutivo ha deciso di dare il proprio sostegno iniziale.E' poco utile analizzare parola per parola il peso specifico del suo discorso fatto in Senato.E' innegabile che la sua giovane età e la poca esperienza hanno avuto un loro peso e che quindi non sia stato un discorso teoricamente indimenticabile.Ma è stato però un discorso chiaro e semplice e questo è importante. Renzi non dovrà essere giudicato per gli slogan coniati ma per i fatti e le riforme che il suo esecutivo dovrà portare a termine. Da subito si intuisce la grande sicurezza di sè che emana il nuovo Presidente del Consiglio; ricco di determinazione e consapevole dell'appoggio di milioni di elettori PD.In Senato è stato accolto con animo curioso ma le sue prime parole non sono sembrate pacifiche poichè l'ex sindaco fiorentino si è augurato che quella fosse l'ultima occasione per il Senato di dare la fiducia ad un governo.
Nonostante ciò però l'appoggio del Senato è arrivato,quasi come se la politica tradizionale avesse deciso di passare la mano ad una nuova generazione. Finalmente osiamo dire. L'idea di Istituzioni farraginose, lontane dalla realtà dei cittadini e strutturalmente incapaci di fare scelte precise e concrete per risolvere i problemi del paese è ormai diffusa in Italia.Renzi appare come il salvatore,il nuovo uomo del fare post-berlusconiano.La speranza è che la lentezza intrinseca della cosa pubblica italiana sia legata solo alle persone e non sia invece radicata nel modo stesso di intendere la politica,altrimenti le soluzioni ai problemi sembrerebbero impossibili.Questa è la sfida di Renzi.Il nuovo premier si è detto convinto di riuscire nel suo compito ma sa bene che in caso di insuccesso le elezioni saranno automatiche. È convinto di farcela perché altrimenti si aprirebbe la strada delle elezioni anticipate, che già Berlusconi giorni orsono ha evidenziato come probabili. Le critiche a Renzi comunque sono cadute piovose.Grillini,leghisti e anche forzisti sottolineano che le idee del governo non ci sono ancora e che nel discorso di fiducia c'è stato solo un rapido elenco di slogan ma di concretezza ancora nulla.
E' indubbia la convinzione con cui Renzi ha letto il suo programma ma convinzione a parte a molti è sembrato un programma fumoso e confuso su cui le scadenze imminenti diranno subito la verità.Enrico Letta è caduto per l'incapacità degli ultimi mesi di prendere decisioni e di fare le agognate riforme. Un atteggiamento di ritardo che il convegno eterno in casa PD ha rimarcato e forse aggravato; il nuovo governo insediatosi ha dalla sua parte il sostegno alfaniano e la creazioni di un preciso piano di collaborazione con Forza Italia sul versante delle riforme. Non è poco. La figura berlusconiana che si apre dietro Renzi è rassicurante e forse fa confidare di riuscire davvero ad arrivare a fine legislatura ma comunque resta la pressione enorme sulle spalle del Rottamatore il quale ha l'onore e l'onere di dare impulso al governo del fare. I grillini e lo stesso Vendola l'hanno accusato di aver usato Palazzo Madama per fare un lungo comizio elettorale e di aver avuto un atteggiamento poco umile e sprezzante.Se ciò è verità o meno lo capiremo già nelle prime settimane del primo esecutivo.Il paese è affamato di riforme.
Nasce il Governo Renzi.Ecco i ministri.
di Anna De Vitis
Ha giurato il primo esecutivo guidato da Renzi.
Il primo governo di Matteo Renzi è nato e si è insediato al Consiglio dei Ministri dopo lo giuramento dinanzi al Presidente della Repubblica. Dopo giorni di discussioni,dibattiti e faccia a faccia con Giorgio Napolitano, il premier incaricato Matteo Renzi decide che l’ora è giunta e sfodera la sua lista dei ministri che ovviamente Napolitano accetta e controfirma. Sedici ministri, per metà donne. La lista è il frutto del lungo parlamentare avuto con i partiti che hanno deciso di dare appoggio e sostegno all’esecutivo,partendo da Ncd; Alfano infatti se è vero che perde la vice-presidenza del Consiglio,mantiene però il Ministero degli Interni e resta ancora al Viminale. Non vengono invece confermati gli altri alfaniani ovvero Saccomanni e Cancellieri. Alla Giustizia arriva Andrea Orlando del PD, mentre l'Economia tocca al segretario Ocse Pier Carlo Padoan, un nome di alto profilo come si richiedeva.Graziano Delrio è presente nella squadra come segretario alla presidenza. La lista dei ministri come detto è formata da 8 uomini e 8 donne.Alla Difesa arriva Roberta Pinotti del PD che aveva già ricoperto il ruolo di sottosgretario con Mario Mauro durante il governo Letta. L'Istruzione è affidata al segretario di Scelta civica Stefania Giannini.
L'ex presidente dei giovani di Confindustria Federica Guidi ottiene il ministero dello Sviluppo Economico.Renzi intelligentemente decide di tenere vicino a se due ministeri importanti e alla fedelissima e giovanissima Maria Elena Boschi (33 anni) va il dicastero sulle Riforme, mentre Federica Mogherini, responsabile agli Affari internazionali nella segreteria PD, conquista gli Esteri subentrando ad Emma Bonino che sperava nella riconferma. Sempre dal PD arriva l’ex delfina di Walter Veltroni, la 33enne Marianna Madia, che ottiene la Semplificazione e la Pubblica amministrazione. Il ministero degli Affari regionali invece vanno alla civatiana Maria Carmela Lanzetta, ex sindaco anti 'ndrangheta. NCD di Alfano come detto ha diche sorridere.Oltre al Viminale infatti gli alfaniani mantengono con Beatrice Lorenzin la Sanità, e con Maurizio Lupi il ministero delle Infrastrutture. Anche Dario Franceschini riceve un ministero e passa dai Rapporti col parlamento ai Beni culturali. Infine sempre al PD vanno il ministero alle Politiche agricole dove arriva Maurizio Martina e il ministero del Lavoro con Giuliano Poletti.
L’unico ministro over sessanta è Gianluca Galletti, classe 1951 che dalla sottosegreteria all'Istruzione, passa invece all'Ambiente. Fatta la squadra dei ministri e giurato al Quirinale, ora a Renzi spetta il primo importante scoglio,ottenere la fiducia in Parlamento,una fiducia,di certo non scontata né semplice da conquistare. Proprio oggi infatti si segnalano già i malumori del Partito Popolare che aveva promesso sostegno all’esecutivo ma che in questi giorni ha rotto il legame con Scelta civica e minaccia di non votare la fiducia. Anche Forza Italia ha ribadito di stare all’opposizione e lo stesso Silvio Berlusconi ha presagito una corsa alle urne molto vicina. Una forte minaccia arriva dai franchi tiratori dello stesso PD, quelli vicini alle varie correnti anti-Renzi e ancora legati in qualche modo a Pier Luigi Bersani e a Massimo D'Alema.Una specie di agguato alle spalle,non molto onorevole politicamente,potrebbe già ledere alla salute del primo governo Renzi.
Il primo governo di Matteo Renzi è nato e si è insediato al Consiglio dei Ministri dopo lo giuramento dinanzi al Presidente della Repubblica. Dopo giorni di discussioni,dibattiti e faccia a faccia con Giorgio Napolitano, il premier incaricato Matteo Renzi decide che l’ora è giunta e sfodera la sua lista dei ministri che ovviamente Napolitano accetta e controfirma. Sedici ministri, per metà donne. La lista è il frutto del lungo parlamentare avuto con i partiti che hanno deciso di dare appoggio e sostegno all’esecutivo,partendo da Ncd; Alfano infatti se è vero che perde la vice-presidenza del Consiglio,mantiene però il Ministero degli Interni e resta ancora al Viminale. Non vengono invece confermati gli altri alfaniani ovvero Saccomanni e Cancellieri. Alla Giustizia arriva Andrea Orlando del PD, mentre l'Economia tocca al segretario Ocse Pier Carlo Padoan, un nome di alto profilo come si richiedeva.Graziano Delrio è presente nella squadra come segretario alla presidenza. La lista dei ministri come detto è formata da 8 uomini e 8 donne.Alla Difesa arriva Roberta Pinotti del PD che aveva già ricoperto il ruolo di sottosgretario con Mario Mauro durante il governo Letta. L'Istruzione è affidata al segretario di Scelta civica Stefania Giannini.
L'ex presidente dei giovani di Confindustria Federica Guidi ottiene il ministero dello Sviluppo Economico.Renzi intelligentemente decide di tenere vicino a se due ministeri importanti e alla fedelissima e giovanissima Maria Elena Boschi (33 anni) va il dicastero sulle Riforme, mentre Federica Mogherini, responsabile agli Affari internazionali nella segreteria PD, conquista gli Esteri subentrando ad Emma Bonino che sperava nella riconferma. Sempre dal PD arriva l’ex delfina di Walter Veltroni, la 33enne Marianna Madia, che ottiene la Semplificazione e la Pubblica amministrazione. Il ministero degli Affari regionali invece vanno alla civatiana Maria Carmela Lanzetta, ex sindaco anti 'ndrangheta. NCD di Alfano come detto ha diche sorridere.Oltre al Viminale infatti gli alfaniani mantengono con Beatrice Lorenzin la Sanità, e con Maurizio Lupi il ministero delle Infrastrutture. Anche Dario Franceschini riceve un ministero e passa dai Rapporti col parlamento ai Beni culturali. Infine sempre al PD vanno il ministero alle Politiche agricole dove arriva Maurizio Martina e il ministero del Lavoro con Giuliano Poletti.
L’unico ministro over sessanta è Gianluca Galletti, classe 1951 che dalla sottosegreteria all'Istruzione, passa invece all'Ambiente. Fatta la squadra dei ministri e giurato al Quirinale, ora a Renzi spetta il primo importante scoglio,ottenere la fiducia in Parlamento,una fiducia,di certo non scontata né semplice da conquistare. Proprio oggi infatti si segnalano già i malumori del Partito Popolare che aveva promesso sostegno all’esecutivo ma che in questi giorni ha rotto il legame con Scelta civica e minaccia di non votare la fiducia. Anche Forza Italia ha ribadito di stare all’opposizione e lo stesso Silvio Berlusconi ha presagito una corsa alle urne molto vicina. Una forte minaccia arriva dai franchi tiratori dello stesso PD, quelli vicini alle varie correnti anti-Renzi e ancora legati in qualche modo a Pier Luigi Bersani e a Massimo D'Alema.Una specie di agguato alle spalle,non molto onorevole politicamente,potrebbe già ledere alla salute del primo governo Renzi.
Governo Renzi.Tensioni sul programma.
di Anna De Vitis
Partono i dibattiti sulla maggioranza ma il percorso è duro.
Matteo Renzi sta elaborando la bozza di programma che sarà la base tecnica del suo nuovo governo; un documento che porta la dicitura di Sintesi delle proposte dei partiti di maggioranza, ma che in realtà sarà il piano strategico che il suo esecutivo tenterà di applicare nei prossimi mesi. Ma la situazione è molto complessa,molto più di ciò che appare dall’esterno e forse difficilmente tale documento sarà a breve tramutato in mozione estesa con i voti dei parlamentari cui poi sarà dato il compito di sancire la fiducia al governo Renzi. Detto ciò l’autore di questo piano ovvero Graziano Delrio ha elaborato sette punti chiave,partendo da Lavoro e Crescita, con un capitolo specifico dedicato alle Riforme e un titolo finale mirato sui Diritti Civili.Questi punti sono il primo scopo su cui vertirà il dibattito iniziale dei vari partiti che hanno dato disponibilità a sostenere il nascente esecutivo Renzi. Tra questi bisogna porre l’accento sugli alfaniani che daranno appoggio ma si dicono intenzionati ad analizzare ogni minimo dettaglio del piano strategico altrimenti negheranno il sostegno fino al 2018. Alfano proprio ieri ha inviato una sua delegazione a parlamentare con Delrio per chiedere esplicitamente che il percorso della legge elettorale sia collegato a quello per la riforma del Senato. Renzi in più di un occasione ha sottolineato che anche questa è la sua idea ma lo stesso Delrio non può da subito abbozzare su questi piani per non suscitare le ire degli altri partiti.
Alla fine della trattativa posta in essere per capire chi farà o meno parte della futura maggioranza tira aria di tensione. Il tavolo Renzi intorno al quale circa una quindicina di persone dei vari gruppi e gruppetti di maggioranza ha dibattuto per ore non sembra sereno. Nella stanza di Palazzo della Stamperia dove ha sede l’ufficio di Delrio, la delegazione Pd era rappresentata da Madia e l’economista Taddei,Dellai e Mauro per i Popolari per l’Italia, Romano e Susta per Scelta Civica, D’Alia per l’Udc, Tabacci, Formisano e Pisicchio per il Centro Democratico, il socialista Di Lello,Bruno per Api. Infine ci sono i membri di Ncd, Schifani, Quagliariello e Sacconi. Nella pausa fatta dopo tre ore di lavoro Sacconi rivela che sono emerse criticità nel programma di governo, Delrio controbatte che il piano presentato è serio ed efficace. Ma i problemi sono tanti già il primo punto sulla riforma elettorale e del Senato, erano emerse tante critiche da parte di Scelta Civica soprattutto, invece sul punto cinque sulla burocrazia e sulla riduzione del contenzioso sulla giustizia civile, gli alfaniani respingono tutto e desiderano inserire anche una postilla sulla giustizia penale.
Anche la questione lavoro suscita molte discussioni.Proprio Sacconi ha da ridire sul modello che Scelta Civica vorrebbe inserire nel piano,il famoso sistema Ichino-Boeri. Molti dei presenti manifestano dubbi sulla reale copertura finanziaria, Taddei cerca di spiegare che le somme necessarie giungeranno grazie al taglio della spesa pubblica e alla rimodulazione del fisco. Su una questione tutti sembrano concordi ovvero che la precedenza assoluta andrà data a lavoro e occupazione ma per il resto c’è enorme divergenza;anche sui temi etici sollevati da Ncd,una specie di pregiudiziale,si sollevano critiche e pareri contrastanti. I piccoli partiti soprattutto sembrano agguerriti sulle loro posizioni,intransigenti fino all’ossessione,forse è una tattica che di sicuro non fa bene al paese; essi chiedendo un impegno scritto in particolare per portare a termine la riforma della legge elettorale e del Senato,una specie di garanzia personale per giungere a fine legislatura. La situazione resta molto ingarbugliata e il percorso Renzi già incontra i primi ostacoli sulla via.
Matteo Renzi sta elaborando la bozza di programma che sarà la base tecnica del suo nuovo governo; un documento che porta la dicitura di Sintesi delle proposte dei partiti di maggioranza, ma che in realtà sarà il piano strategico che il suo esecutivo tenterà di applicare nei prossimi mesi. Ma la situazione è molto complessa,molto più di ciò che appare dall’esterno e forse difficilmente tale documento sarà a breve tramutato in mozione estesa con i voti dei parlamentari cui poi sarà dato il compito di sancire la fiducia al governo Renzi. Detto ciò l’autore di questo piano ovvero Graziano Delrio ha elaborato sette punti chiave,partendo da Lavoro e Crescita, con un capitolo specifico dedicato alle Riforme e un titolo finale mirato sui Diritti Civili.Questi punti sono il primo scopo su cui vertirà il dibattito iniziale dei vari partiti che hanno dato disponibilità a sostenere il nascente esecutivo Renzi. Tra questi bisogna porre l’accento sugli alfaniani che daranno appoggio ma si dicono intenzionati ad analizzare ogni minimo dettaglio del piano strategico altrimenti negheranno il sostegno fino al 2018. Alfano proprio ieri ha inviato una sua delegazione a parlamentare con Delrio per chiedere esplicitamente che il percorso della legge elettorale sia collegato a quello per la riforma del Senato. Renzi in più di un occasione ha sottolineato che anche questa è la sua idea ma lo stesso Delrio non può da subito abbozzare su questi piani per non suscitare le ire degli altri partiti.
Alla fine della trattativa posta in essere per capire chi farà o meno parte della futura maggioranza tira aria di tensione. Il tavolo Renzi intorno al quale circa una quindicina di persone dei vari gruppi e gruppetti di maggioranza ha dibattuto per ore non sembra sereno. Nella stanza di Palazzo della Stamperia dove ha sede l’ufficio di Delrio, la delegazione Pd era rappresentata da Madia e l’economista Taddei,Dellai e Mauro per i Popolari per l’Italia, Romano e Susta per Scelta Civica, D’Alia per l’Udc, Tabacci, Formisano e Pisicchio per il Centro Democratico, il socialista Di Lello,Bruno per Api. Infine ci sono i membri di Ncd, Schifani, Quagliariello e Sacconi. Nella pausa fatta dopo tre ore di lavoro Sacconi rivela che sono emerse criticità nel programma di governo, Delrio controbatte che il piano presentato è serio ed efficace. Ma i problemi sono tanti già il primo punto sulla riforma elettorale e del Senato, erano emerse tante critiche da parte di Scelta Civica soprattutto, invece sul punto cinque sulla burocrazia e sulla riduzione del contenzioso sulla giustizia civile, gli alfaniani respingono tutto e desiderano inserire anche una postilla sulla giustizia penale.
Anche la questione lavoro suscita molte discussioni.Proprio Sacconi ha da ridire sul modello che Scelta Civica vorrebbe inserire nel piano,il famoso sistema Ichino-Boeri. Molti dei presenti manifestano dubbi sulla reale copertura finanziaria, Taddei cerca di spiegare che le somme necessarie giungeranno grazie al taglio della spesa pubblica e alla rimodulazione del fisco. Su una questione tutti sembrano concordi ovvero che la precedenza assoluta andrà data a lavoro e occupazione ma per il resto c’è enorme divergenza;anche sui temi etici sollevati da Ncd,una specie di pregiudiziale,si sollevano critiche e pareri contrastanti. I piccoli partiti soprattutto sembrano agguerriti sulle loro posizioni,intransigenti fino all’ossessione,forse è una tattica che di sicuro non fa bene al paese; essi chiedendo un impegno scritto in particolare per portare a termine la riforma della legge elettorale e del Senato,una specie di garanzia personale per giungere a fine legislatura. La situazione resta molto ingarbugliata e il percorso Renzi già incontra i primi ostacoli sulla via.
Incarico a Renzi ora è toto-ministri.
di Anna De Vitis
Sta per nascere il primo governo del Rottamatore.
Matteo Renzi è stato incaricato dal Presidente Napolitano per formare il nuovo governo e tutta la giornata di domani sarà dedicata alla stesura di un programma d’azione e alle prime liste per i ministri dell’esecutivo. Il premier incaricato ha deciso quindi di ben ponderare la scelta sulla sua squadra e intende muoversi con attenzione anche nei rapporti con gli altri partiti politici. Detto ciò però si ipotizza che la settimana prossima tutto sarà deciso e il paese avrà un nuovo governo. Intanto, nelle aule parlamentari il clima è caotico. I gruppi del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo sia al Senato che alla Camera hanno discusso molto violentemente sulla scelta di appoggiare o meno il futuro governo Renzi e dalla base giunge un netto no al sostegno. Questa mattina, mentre in piazza del Popolo c’erano alcune proteste della Confartigianato, Renzi ha avuto i primi incontri con i piccoli partiti politici come Centro democratico, Psi-Pli, Fratelli d'Italia, Popolari per l'Italia e l Udc.
Non ci sono state grandi novità e tutti hanno confermato l’appoggio al futuro governo seguendo il solco del precedente esecutivo Letta. A questi andrebbero sommati circa 9 senatori del Gruppo per le Autonomie che ha sottolineato qualora Renzi presentasse un valido programma,sarebbero pronti a sostenerlo. Fratelli d'Italia era presente con il tridente Meloni-La Russa-Crosetto, e ha optato per l’opposizione responsabile, richiedendo esplicitamente che nella nuova legge elettorale venga introdotto il sistema delle preferenze. Nel frattempo si inizia a vociferare sulle idee per il nuovo programma di governo. Renzi desidererebbe imporre subito la sua linea con riforme forti e pesanti da applicare subito per dare uno shock positivo al paese. L’idea sarebbe una mega riforma costituzionale che contenga al suo interno la legge elettorale, la riforma del Senato e del titolo V. Solo dopo si comincerebbe poi a prendere in considerazione il rapporto con le istituzioni comunitarie per ricreare un minimo di equilibrio tra conti pubblici e investimenti necessari per la nazione. Senza dimenticare nuovi e profondi interventi nel settore lavoro e fisco.
Infine un’occhiata al Totoministri. La squadra renziana per Palazzo Chigi è in fermento,molti nomi circolano e molti anche i dubbi,uno su tutti il ministero dell'Economia,un vero ed importante nodo. Dopo il nome di Barca che ha suscitato molte polemiche restano tre nomi principali: Lucrezia Reichlin, Guido Tabellini e Carlo Padoan. L’ex ministro Saccomanni sottolinea che non accetterà un nuovo incarico eventuale,anche se con rammarico e alla fine lancia una specie di avviso al futuro Presidente del Consiglio: il paese non deve assolutamente superare il limite del 3% nel rapporto deficit-PIL,poiché le conseguenze potrebbero essere critiche.
Matteo Renzi è stato incaricato dal Presidente Napolitano per formare il nuovo governo e tutta la giornata di domani sarà dedicata alla stesura di un programma d’azione e alle prime liste per i ministri dell’esecutivo. Il premier incaricato ha deciso quindi di ben ponderare la scelta sulla sua squadra e intende muoversi con attenzione anche nei rapporti con gli altri partiti politici. Detto ciò però si ipotizza che la settimana prossima tutto sarà deciso e il paese avrà un nuovo governo. Intanto, nelle aule parlamentari il clima è caotico. I gruppi del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo sia al Senato che alla Camera hanno discusso molto violentemente sulla scelta di appoggiare o meno il futuro governo Renzi e dalla base giunge un netto no al sostegno. Questa mattina, mentre in piazza del Popolo c’erano alcune proteste della Confartigianato, Renzi ha avuto i primi incontri con i piccoli partiti politici come Centro democratico, Psi-Pli, Fratelli d'Italia, Popolari per l'Italia e l Udc.
Non ci sono state grandi novità e tutti hanno confermato l’appoggio al futuro governo seguendo il solco del precedente esecutivo Letta. A questi andrebbero sommati circa 9 senatori del Gruppo per le Autonomie che ha sottolineato qualora Renzi presentasse un valido programma,sarebbero pronti a sostenerlo. Fratelli d'Italia era presente con il tridente Meloni-La Russa-Crosetto, e ha optato per l’opposizione responsabile, richiedendo esplicitamente che nella nuova legge elettorale venga introdotto il sistema delle preferenze. Nel frattempo si inizia a vociferare sulle idee per il nuovo programma di governo. Renzi desidererebbe imporre subito la sua linea con riforme forti e pesanti da applicare subito per dare uno shock positivo al paese. L’idea sarebbe una mega riforma costituzionale che contenga al suo interno la legge elettorale, la riforma del Senato e del titolo V. Solo dopo si comincerebbe poi a prendere in considerazione il rapporto con le istituzioni comunitarie per ricreare un minimo di equilibrio tra conti pubblici e investimenti necessari per la nazione. Senza dimenticare nuovi e profondi interventi nel settore lavoro e fisco.
Infine un’occhiata al Totoministri. La squadra renziana per Palazzo Chigi è in fermento,molti nomi circolano e molti anche i dubbi,uno su tutti il ministero dell'Economia,un vero ed importante nodo. Dopo il nome di Barca che ha suscitato molte polemiche restano tre nomi principali: Lucrezia Reichlin, Guido Tabellini e Carlo Padoan. L’ex ministro Saccomanni sottolinea che non accetterà un nuovo incarico eventuale,anche se con rammarico e alla fine lancia una specie di avviso al futuro Presidente del Consiglio: il paese non deve assolutamente superare il limite del 3% nel rapporto deficit-PIL,poiché le conseguenze potrebbero essere critiche.
Crisi politica. Renzi sgambetta Letta.
di Anna De Vitis
Parte la crisi di governo.Renzi pronto a cavalcarla.
Giornata importantissima ieri presso la Direzione Nazionale del PD.I dirigenti presenti hanno a larga maggioranza approvato il documento Renzi che di fatto mette in un angolo Letta ed il suo esecutivo di coalizione e prepara il campo ad un nuovo governo proprio con Renzi Presidente del Consiglio. Nell'atto presentato dal sindaco di Firenze si chiedeva al partito di mettere ai voti la possibilità di dare vita ad un nuovo esecutivo politico,con un nuovo programma e soprattutto una nuova squadra da mettere in campo.Alla fine,dopo la votazione,la Direzione del PD ha approvato il documento affermando nella risoluzione finale che data l'attuale situazione politica e i fatti recenti Enrico Letta,dopo il gravoso compito avuto in questi mesi,è dispensato dalla guida di un futuro nuovo governo.Letta è palesemente stato sgambettato dal suo partito ma riceve comunque gli elogi per il lavoro svolto soprattutto sui temi e gli obblighi europei.Il documento sottolinea il bisogno di iniziare una fase nuova per il paese,un nuovo esecutivo che utilizzi il sostegno dell'attuale coalizione ma che dia risposte immediate alle pressanti esigenze economiche e sociali dei cittadini.
Insomma il PD diventa decisionista,ovviamente grazie alla leadership di Renzi e invita i suoi stessi dirigenti ad un'azione di forte responsabilità e coraggio,cercando di affrontare la futura crisi politica in modo concreto e equilibrato,scegliendo come unico scopo non gli interessi personali ma la stabilità istituzionale, sociale ed economica della Nazione. Tra gli obiettivi del nuovo corso vi sono ovviamente la nuova legge elettorale e le riforme della Costituzione in primis del Titolo V con relativa trasformazione del Senato della Repubblica. Quello che salta agli occhi è il numero schiacciante dei sì al documento tramite il quale Letta è stato materialmente congedato dal suo lavoro istituzionale. Solo la corrente di Civati ha votato contro,perfino gli stessi Lettiani hanno abdicato,uscendo dalla direzione pochi minuti prima del voto. Un vero plebiscito per l'autore del documento,ovvero Renzi, che con alcune frasi post voto ha rimarcaro gli ultimi mesi di governo,con un'azione politica debole e poco efficace.
Per Letta le uniche parole dolci sono giunte alla fine quando si è evidenziata la grande difficoltà in cui il suo esecutivo è stato costretto a muoversi,con coalizioni miste e problematiche,ma comunque sempre agendo in modo diretto e funzionale ai problemi generali. Il governo Letta era partito benissimo,si sottolinea,salvo perdersi in questi ultimi mesi. Dopo ieri la situazione è molto dinamica.Il Nuovo Centro Destra,alleato principe di Letta adesso è in subbuglio.Teme di trovarsi al governo con accanto Vendola e SEL ma ha paura di sfilarsi poichè vi sarebbe il rischio di elezioni anticipate ed in quel caso Alfano ed i suoi non sono ancora in grado di affrontare le urne,nelle quali verrebbero fagocitati dal grande consenso che Berlusconi riesce sempre e comunque ad ottenere.In quel caso per NCD il rischio di sparire dalla scena politica,come accadde a Fini,è davvero concreto.
Giornata importantissima ieri presso la Direzione Nazionale del PD.I dirigenti presenti hanno a larga maggioranza approvato il documento Renzi che di fatto mette in un angolo Letta ed il suo esecutivo di coalizione e prepara il campo ad un nuovo governo proprio con Renzi Presidente del Consiglio. Nell'atto presentato dal sindaco di Firenze si chiedeva al partito di mettere ai voti la possibilità di dare vita ad un nuovo esecutivo politico,con un nuovo programma e soprattutto una nuova squadra da mettere in campo.Alla fine,dopo la votazione,la Direzione del PD ha approvato il documento affermando nella risoluzione finale che data l'attuale situazione politica e i fatti recenti Enrico Letta,dopo il gravoso compito avuto in questi mesi,è dispensato dalla guida di un futuro nuovo governo.Letta è palesemente stato sgambettato dal suo partito ma riceve comunque gli elogi per il lavoro svolto soprattutto sui temi e gli obblighi europei.Il documento sottolinea il bisogno di iniziare una fase nuova per il paese,un nuovo esecutivo che utilizzi il sostegno dell'attuale coalizione ma che dia risposte immediate alle pressanti esigenze economiche e sociali dei cittadini.
Insomma il PD diventa decisionista,ovviamente grazie alla leadership di Renzi e invita i suoi stessi dirigenti ad un'azione di forte responsabilità e coraggio,cercando di affrontare la futura crisi politica in modo concreto e equilibrato,scegliendo come unico scopo non gli interessi personali ma la stabilità istituzionale, sociale ed economica della Nazione. Tra gli obiettivi del nuovo corso vi sono ovviamente la nuova legge elettorale e le riforme della Costituzione in primis del Titolo V con relativa trasformazione del Senato della Repubblica. Quello che salta agli occhi è il numero schiacciante dei sì al documento tramite il quale Letta è stato materialmente congedato dal suo lavoro istituzionale. Solo la corrente di Civati ha votato contro,perfino gli stessi Lettiani hanno abdicato,uscendo dalla direzione pochi minuti prima del voto. Un vero plebiscito per l'autore del documento,ovvero Renzi, che con alcune frasi post voto ha rimarcaro gli ultimi mesi di governo,con un'azione politica debole e poco efficace.
Per Letta le uniche parole dolci sono giunte alla fine quando si è evidenziata la grande difficoltà in cui il suo esecutivo è stato costretto a muoversi,con coalizioni miste e problematiche,ma comunque sempre agendo in modo diretto e funzionale ai problemi generali. Il governo Letta era partito benissimo,si sottolinea,salvo perdersi in questi ultimi mesi. Dopo ieri la situazione è molto dinamica.Il Nuovo Centro Destra,alleato principe di Letta adesso è in subbuglio.Teme di trovarsi al governo con accanto Vendola e SEL ma ha paura di sfilarsi poichè vi sarebbe il rischio di elezioni anticipate ed in quel caso Alfano ed i suoi non sono ancora in grado di affrontare le urne,nelle quali verrebbero fagocitati dal grande consenso che Berlusconi riesce sempre e comunque ad ottenere.In quel caso per NCD il rischio di sparire dalla scena politica,come accadde a Fini,è davvero concreto.
Letta e Renzi.Sarà un lungo duello.
di Anna De Vitis
Le due anime forti del PD iniziano il loro match.
Matteo Renzi ed Enrico Letta sono,a parer di molti,i due volti e le due personalità più autoritarie e ricche di leadership dell'intero Pd e ieri hanno dato prova di come la loro coesistenza nel centro-sinistra sarà complessa e non povera di critiche reciproche.Ieri infatti Matteo Renzi ha sottolineato che i suoi pareri sull'esecutivo Letta non sono soggettivi ma si basano sui recenti risultati dell'azione di governo,non certo positivi.Nonostante questo però il sostegno del Partito Democratico sarà comunque attivo e stabile.Enrico Letta ha apprezzato l'appoggio ma ha anche rimarcato che nessuno ha intenzione di vivacchiare fino alla fine della legislatura.Fare le riforme è l'obiettivo governativo ma in caso di battaglie in Parlamento andare a casa e tornare alle urne non sarebbe un dramma insopportabile,ovviamente ciò però avrebbe strascichi gravi per il paese in quanto si stopperebbe la ripresa economica che in questo 2014,dopo la fine del vento di recessione,dovrebbe rimettersi in moto.
Il dibattito interno si è poi spostato sulla proposta Renzi della nuova legge elettorale,l'ormai celebre Italicum.Recenti sondaggi hanno manifestato che con l'Italicum stando ad oggi la situazione del consenso,sarà il Cavaliere a trionfare sul PD.Renzi,che è la mente ispiratrice della proposta,non accetta critiche sul tema.Un nuovo sistema elettorale deve essere equo e democratico,non calibrato sui possibili risultati che esso provocherà o meno.Le elezioni si vincono con l'impegno e i programmi,non certo grazie alla legge elettorale.Questo il Renzi pensiero che però non ha soddisfatto tutti i membri del PD soprattutto quelli delle correnti dalemiane. Sulle dure opinioni giunte anche da Cuperlo sull'accordo politico siglato con Berlusconi,Renzi respinge ogni accusa.L'accordo non è sulle persone ma sulle riforme.Non è finalizzato solo ad approvare la legge elettorale ma a dare applicazione anche allo schema di riforme utili al paese. Tornando a Letta, il Presidente del Consiglio appoggia le idee renziane sulle riforme e sul nuovo sistema elettorale; interrogato sul caos creato la settimana scorsa dai grillini nelle aule del Parlamento le sue parole sono state dure e senza repliche.M5S appena l'esecutivo ha impostato un percorso di dialogo sulle riforme si è subito tirato indietro senza se e senza ma. Ovviamente indegne e non meritevoli delle sedi istituzionali sono state valutate le proteste e gli scontri inscenati dai deputati grillini a Montecitorio.
Renzi ha evidenziato il progetto di andare alle prossime urne col solo simbolo PD ma circondato da partiti moderati e progressisti,ovviamente lontanissimo dal Movimento 5 Stelle,ritenuto non compatibile con la matrice democratica del centro-sinistra. Il sindaco di Firenze ha anche spiegato l'idea che sarà alla base della sua proposta di riforma del Senato.Un Senato formato da 150 persone, di cui 110 sindaci di comuni capoluogo, 20 presidenti di Regione e 20 esponenti della società civile. Una nuova istituzione non di tipo elettivo e soprattutto priva di qualsiasi forma di indennità. I membri della società civile meritevoli di entrare in Senato saranno scelti dal presidente della Repubblica per un mandato. Il nuovo Senato non voterà la fiducia al Governo,non voterà le leggi ma parteciperà all'elezione del presidente della Repubblica. Renzi è convinto inoltre che tale proposta troverà il sostegno di molti partiti mentre quello di Berlusconi è già stato ratificato nel recente incontro a Roma. Infine è doveroso mettere mano anche alla riforma del Titolo V con uno snellimento delle competenze e dei poteri delle Province e un maggiore coinvolgimento nella vita politica delle Città Metropolitane.Un nuovo Stato sul modello Sindaco insomma nella speranza che strada facendo si racimoli il sostegno politico necessario.Solo Berlusocni infatti non basterà per votare ed approvare in Parlamento le riforme costituzionali che Renzi sogna e descrive in questi giorni.
Matteo Renzi ed Enrico Letta sono,a parer di molti,i due volti e le due personalità più autoritarie e ricche di leadership dell'intero Pd e ieri hanno dato prova di come la loro coesistenza nel centro-sinistra sarà complessa e non povera di critiche reciproche.Ieri infatti Matteo Renzi ha sottolineato che i suoi pareri sull'esecutivo Letta non sono soggettivi ma si basano sui recenti risultati dell'azione di governo,non certo positivi.Nonostante questo però il sostegno del Partito Democratico sarà comunque attivo e stabile.Enrico Letta ha apprezzato l'appoggio ma ha anche rimarcato che nessuno ha intenzione di vivacchiare fino alla fine della legislatura.Fare le riforme è l'obiettivo governativo ma in caso di battaglie in Parlamento andare a casa e tornare alle urne non sarebbe un dramma insopportabile,ovviamente ciò però avrebbe strascichi gravi per il paese in quanto si stopperebbe la ripresa economica che in questo 2014,dopo la fine del vento di recessione,dovrebbe rimettersi in moto.
Il dibattito interno si è poi spostato sulla proposta Renzi della nuova legge elettorale,l'ormai celebre Italicum.Recenti sondaggi hanno manifestato che con l'Italicum stando ad oggi la situazione del consenso,sarà il Cavaliere a trionfare sul PD.Renzi,che è la mente ispiratrice della proposta,non accetta critiche sul tema.Un nuovo sistema elettorale deve essere equo e democratico,non calibrato sui possibili risultati che esso provocherà o meno.Le elezioni si vincono con l'impegno e i programmi,non certo grazie alla legge elettorale.Questo il Renzi pensiero che però non ha soddisfatto tutti i membri del PD soprattutto quelli delle correnti dalemiane. Sulle dure opinioni giunte anche da Cuperlo sull'accordo politico siglato con Berlusconi,Renzi respinge ogni accusa.L'accordo non è sulle persone ma sulle riforme.Non è finalizzato solo ad approvare la legge elettorale ma a dare applicazione anche allo schema di riforme utili al paese. Tornando a Letta, il Presidente del Consiglio appoggia le idee renziane sulle riforme e sul nuovo sistema elettorale; interrogato sul caos creato la settimana scorsa dai grillini nelle aule del Parlamento le sue parole sono state dure e senza repliche.M5S appena l'esecutivo ha impostato un percorso di dialogo sulle riforme si è subito tirato indietro senza se e senza ma. Ovviamente indegne e non meritevoli delle sedi istituzionali sono state valutate le proteste e gli scontri inscenati dai deputati grillini a Montecitorio.
Renzi ha evidenziato il progetto di andare alle prossime urne col solo simbolo PD ma circondato da partiti moderati e progressisti,ovviamente lontanissimo dal Movimento 5 Stelle,ritenuto non compatibile con la matrice democratica del centro-sinistra. Il sindaco di Firenze ha anche spiegato l'idea che sarà alla base della sua proposta di riforma del Senato.Un Senato formato da 150 persone, di cui 110 sindaci di comuni capoluogo, 20 presidenti di Regione e 20 esponenti della società civile. Una nuova istituzione non di tipo elettivo e soprattutto priva di qualsiasi forma di indennità. I membri della società civile meritevoli di entrare in Senato saranno scelti dal presidente della Repubblica per un mandato. Il nuovo Senato non voterà la fiducia al Governo,non voterà le leggi ma parteciperà all'elezione del presidente della Repubblica. Renzi è convinto inoltre che tale proposta troverà il sostegno di molti partiti mentre quello di Berlusconi è già stato ratificato nel recente incontro a Roma. Infine è doveroso mettere mano anche alla riforma del Titolo V con uno snellimento delle competenze e dei poteri delle Province e un maggiore coinvolgimento nella vita politica delle Città Metropolitane.Un nuovo Stato sul modello Sindaco insomma nella speranza che strada facendo si racimoli il sostegno politico necessario.Solo Berlusocni infatti non basterà per votare ed approvare in Parlamento le riforme costituzionali che Renzi sogna e descrive in questi giorni.
Violenza grillina nelle aule del Parlamento.
di Anna De Vitis
Istituzioni e politica offese dalla foga dei 5 Stelle.
Ieri il Parlamento italiano ha vissuto ore davvero terribili e umilianti.Parliamo delle proteste e dell'atteggiamento delirante dei deputati del Movimento 5 Stelle unito alla formale richiesta di messa in stato d'accusa rivolta dagli stessi grillini al Presidente Napolitano. Una serie di atti davvero senza precedenti.Sul tema moltissimi sono stati i personaggi politici che in modo esplicito chiedono una condanna netta del comportamento del M5S,poichè insulti, violenza verbale e anche fisica sono episodi non degni delle istituzioni italiane. Tutto era scattato su un episodio che in realtà risultava essere normale cronaca parlamentare.
Ovvero il presidente della Camera aveva messo in votazione un decreto come previsto dalla Costituzione,dalla solita durata di sessanta giorni che poi dovrà come al solito essere o meno convertito in legge dal Parlamento. Da qui i grillini hanno inscenato una vera rivolta,una violenza fisica e verbale indegna, volta ad impedire i lavori parlamentari. Nel giro di poche ore le Commissioni della Camera sono state letteralmente occupate e i lavori sono stati interrotti bruscamente. L'azione è sembrata un vero atto di squadrismo,un esplicito attacco alle istituzioni. Due giorni fa la tensione era prima inziata con l'arrivo del guru di M5S Casaleggio, poi è cominciata la violenza in Aula sia fisica con lancio di oggetti verso gli avversari politici sia verbale con gravi insulti riferiti alle deputate di Forza Italia; poi ancora come già detto l`impeachment verso Napolitano.
L'apice forse si raggiungerà con l'arrivo di Grillo annunciato a breve. Ecco proprio Grillo è al centro delle accuse degli avversari politici.Prima delle recenti elezioni era riuscito a pilotare la rabbia e il malcontento per la cattiva politica ottenendo un positivissimo risultato elettorale.Poi però zero proposte e zero risultati concreti.Alla fine in mano ai grillini sono rimaste soltanto le piazze dove sfogare le loro violenze. Il governo non intende fermare il piano di riforme davanti a questi atti di proteste e tensioni violente. Se i normali partiti politici riusciranno a concretizzare la riforma elettorale, quella del titolo V della Costituzione e il superamento del bicameralismo, allora per il Movimento 5 Stelle il fallimento sarà completo. Non avranno più un nemico contro cui gridare.
Ieri il Parlamento italiano ha vissuto ore davvero terribili e umilianti.Parliamo delle proteste e dell'atteggiamento delirante dei deputati del Movimento 5 Stelle unito alla formale richiesta di messa in stato d'accusa rivolta dagli stessi grillini al Presidente Napolitano. Una serie di atti davvero senza precedenti.Sul tema moltissimi sono stati i personaggi politici che in modo esplicito chiedono una condanna netta del comportamento del M5S,poichè insulti, violenza verbale e anche fisica sono episodi non degni delle istituzioni italiane. Tutto era scattato su un episodio che in realtà risultava essere normale cronaca parlamentare.
Ovvero il presidente della Camera aveva messo in votazione un decreto come previsto dalla Costituzione,dalla solita durata di sessanta giorni che poi dovrà come al solito essere o meno convertito in legge dal Parlamento. Da qui i grillini hanno inscenato una vera rivolta,una violenza fisica e verbale indegna, volta ad impedire i lavori parlamentari. Nel giro di poche ore le Commissioni della Camera sono state letteralmente occupate e i lavori sono stati interrotti bruscamente. L'azione è sembrata un vero atto di squadrismo,un esplicito attacco alle istituzioni. Due giorni fa la tensione era prima inziata con l'arrivo del guru di M5S Casaleggio, poi è cominciata la violenza in Aula sia fisica con lancio di oggetti verso gli avversari politici sia verbale con gravi insulti riferiti alle deputate di Forza Italia; poi ancora come già detto l`impeachment verso Napolitano.
L'apice forse si raggiungerà con l'arrivo di Grillo annunciato a breve. Ecco proprio Grillo è al centro delle accuse degli avversari politici.Prima delle recenti elezioni era riuscito a pilotare la rabbia e il malcontento per la cattiva politica ottenendo un positivissimo risultato elettorale.Poi però zero proposte e zero risultati concreti.Alla fine in mano ai grillini sono rimaste soltanto le piazze dove sfogare le loro violenze. Il governo non intende fermare il piano di riforme davanti a questi atti di proteste e tensioni violente. Se i normali partiti politici riusciranno a concretizzare la riforma elettorale, quella del titolo V della Costituzione e il superamento del bicameralismo, allora per il Movimento 5 Stelle il fallimento sarà completo. Non avranno più un nemico contro cui gridare.
Ecco Italicum.Il nuovo sistema elettorale.
di Anna De Vitis
Renzi rende pubblica la sua proposta di legge elettorale.
Ieri il segretario PD ha presentato e reso pubblico il suo progetto di legge elettorale. Un nuovissimo sistema che non risulta somigliare a nessuno di quelli presi in considerazione e che infatti è stato denominato Italicum per la sua unicità. La proposta è stata il frutto dei vari incontri che Matteo Renzi ha avuto con gli altri partiti,alleati o meno. Soprattutto l’incontro con Berlusconi è stato molto produttivo anche perché con il Cavaliere l’intesa è stata totale anche sulla riforma della Costituzione. Cerchiamo di capire quali siano le vere novità dell'«Italicum». La prima sorpresa riguarda le schede. Alle prossime elezioni useremo solo una scheda, quella per Montecitorio. Il Senato sarà fortemente modificato in una Camera delle autonomie, i senatori futuri non avranno indennità e non potranno votare né la fiducia al governo né le leggi. Per vedere diventare realtà questa proposta senza rischio di referendum confermativo, il testo di legge dovrà essere approvato per quattro volte, due per ogni camera del Parlamento con tre mesi di distanza l’una dall’altra, la maggioranza qualificata richiesta è dei due terzi. Il disegno voluto dal PD renziano e dal Cavaliere quindi prevede un potere legislativo solo in mano ai 630 deputati di Montecitorio. Le mini-liste quindi saranno bloccate senza possibilità di esprimere preferenze.
I nominativi dei candidati saranno elencati sulle schede. I listini bloccati sono stati oggetto di molte critiche in questi giorni anche perchè erano presenti pure nel «Porcellum» e la Corte Costituzionale li aveva già definiti illegittimi. L’«Italicum» elude questa situazione poiché le liste seppur bloccate potranno agevolmente essere conosciute dagli elettori che quindi avranno la possibilità di una più consapevole scelta. Renzi ha inoltre promesso che i candidati del Pd verranno individuati tramite apposite primarie. Da ciò sembrerebbe quindi un sistema di tipo proporzionale, ma in realtà la nuova legge mira a proteggere il bipolarismo e dare forte governabilità mettendo la maggioranza al riparo dal ricatto dei piccoli partiti. Perciò l’Italicum ammette un premio di maggioranza per la coalizione vincitrice. Il premio però non dovrà essere meccanico come nella legge precedente. Se una coalizione riceve il 51 per cento di voti non avrà alcun premio. Se invece non vi arriva ma supera il 35 per cento, otterrà un premio che potrà variare tra il 53 e il 55 per cento dei seggi. Cosa succede se una coalizione non raggiunge il 35 per cento per il premio minimo? L’ «Italicum» in questo caso prevederà un doppio turno, ovvero una sorta di ballottaggio da tenersi dopo 15 giorni tra le due coalizioni con il numero maggiore di voti ottenuti.
Si tratta di un sistema che in parte ricorda l’attuale legge elettorale per l’elezione dei sindaci,la differenza basilare sarà che le due coalizioni andranno al ballottaggio senza alleanze postume ma nella loro originaria presentazione al primo turno. Infine l'«Italicum» impone una soglia di sbarramento molto severa onde evitare che i partitini possano danneggiare le altre potenze politiche. Nello specifico se un partito fa parte di una coalizione allora dovrà ottenere almeno il 5 per cento, altrimenti la soglia si alza all'8. La coalizione invece ha l’obbligo di ottenere almeno il 12 per cento per poter sedere a Montecitorio. Dall’ Italicum un guadagno diretto lo ottengono i grossi partiti,PD e Forza Italia in primis,che quasi sicuramente saranno le due coalizioni in ballottaggio. I partitini sono messi alle strette. O corrono da soli rischiando di non raggiungere la soglia e sparire dal Parlamento oppure unirsi in coalizione con i grandi partiti accettando compromessi e idee diverse. Una nuova legge elettorale che combatte il partitismo e mira a dare sicurezza e governabilità al paese. Finalmente un sistema democratico ed efficace,la speranza è che da progetto si tramuti velocemente in legge.
Ieri il segretario PD ha presentato e reso pubblico il suo progetto di legge elettorale. Un nuovissimo sistema che non risulta somigliare a nessuno di quelli presi in considerazione e che infatti è stato denominato Italicum per la sua unicità. La proposta è stata il frutto dei vari incontri che Matteo Renzi ha avuto con gli altri partiti,alleati o meno. Soprattutto l’incontro con Berlusconi è stato molto produttivo anche perché con il Cavaliere l’intesa è stata totale anche sulla riforma della Costituzione. Cerchiamo di capire quali siano le vere novità dell'«Italicum». La prima sorpresa riguarda le schede. Alle prossime elezioni useremo solo una scheda, quella per Montecitorio. Il Senato sarà fortemente modificato in una Camera delle autonomie, i senatori futuri non avranno indennità e non potranno votare né la fiducia al governo né le leggi. Per vedere diventare realtà questa proposta senza rischio di referendum confermativo, il testo di legge dovrà essere approvato per quattro volte, due per ogni camera del Parlamento con tre mesi di distanza l’una dall’altra, la maggioranza qualificata richiesta è dei due terzi. Il disegno voluto dal PD renziano e dal Cavaliere quindi prevede un potere legislativo solo in mano ai 630 deputati di Montecitorio. Le mini-liste quindi saranno bloccate senza possibilità di esprimere preferenze.
I nominativi dei candidati saranno elencati sulle schede. I listini bloccati sono stati oggetto di molte critiche in questi giorni anche perchè erano presenti pure nel «Porcellum» e la Corte Costituzionale li aveva già definiti illegittimi. L’«Italicum» elude questa situazione poiché le liste seppur bloccate potranno agevolmente essere conosciute dagli elettori che quindi avranno la possibilità di una più consapevole scelta. Renzi ha inoltre promesso che i candidati del Pd verranno individuati tramite apposite primarie. Da ciò sembrerebbe quindi un sistema di tipo proporzionale, ma in realtà la nuova legge mira a proteggere il bipolarismo e dare forte governabilità mettendo la maggioranza al riparo dal ricatto dei piccoli partiti. Perciò l’Italicum ammette un premio di maggioranza per la coalizione vincitrice. Il premio però non dovrà essere meccanico come nella legge precedente. Se una coalizione riceve il 51 per cento di voti non avrà alcun premio. Se invece non vi arriva ma supera il 35 per cento, otterrà un premio che potrà variare tra il 53 e il 55 per cento dei seggi. Cosa succede se una coalizione non raggiunge il 35 per cento per il premio minimo? L’ «Italicum» in questo caso prevederà un doppio turno, ovvero una sorta di ballottaggio da tenersi dopo 15 giorni tra le due coalizioni con il numero maggiore di voti ottenuti.
Si tratta di un sistema che in parte ricorda l’attuale legge elettorale per l’elezione dei sindaci,la differenza basilare sarà che le due coalizioni andranno al ballottaggio senza alleanze postume ma nella loro originaria presentazione al primo turno. Infine l'«Italicum» impone una soglia di sbarramento molto severa onde evitare che i partitini possano danneggiare le altre potenze politiche. Nello specifico se un partito fa parte di una coalizione allora dovrà ottenere almeno il 5 per cento, altrimenti la soglia si alza all'8. La coalizione invece ha l’obbligo di ottenere almeno il 12 per cento per poter sedere a Montecitorio. Dall’ Italicum un guadagno diretto lo ottengono i grossi partiti,PD e Forza Italia in primis,che quasi sicuramente saranno le due coalizioni in ballottaggio. I partitini sono messi alle strette. O corrono da soli rischiando di non raggiungere la soglia e sparire dal Parlamento oppure unirsi in coalizione con i grandi partiti accettando compromessi e idee diverse. Una nuova legge elettorale che combatte il partitismo e mira a dare sicurezza e governabilità al paese. Finalmente un sistema democratico ed efficace,la speranza è che da progetto si tramuti velocemente in legge.
Incontro PD-Berlusconi.Ed è panico.
di Anna De Vitis
Oggi faccia a faccia Renzi-Cavaliere.Scoppia la polemica.
E’ arrivata l’ora che molti nel centro-sinistra temevano e scongiuravano. Il nuovo segretario,il leader che tanto bene rappresenta la voglia del PD di girare pagina politica, ha espresso la sua volontà,chiara e intangibile. Matteo Renzi ha deciso ti incontrare Silvio Berlusconi.Il Cavaliere dai tanti detrattori del sindaco di Firenze viene visto come il padre putativo di Renzi,il personaggio che per carisma e capacità comunicative più si avvicina alla novelle vogue del segretario PD ,ovviamente con ideali e prospetti politici totalmente diversi. Non dimentichiamo che una delle offese che il fu Massimo D’Alema obiettava al Rottamatore era quella di nuovo Berlusconi. Adesso ci siamo. Questa sera nella sede del PD stesso dovrebbe avvenire il faccia a faccia Cavaliere-Renzi sul tavolo un’ipotesi di accordo sulla legge elettorale. Ed è da questa notizia che si è scatenato il putiferio politico in Italia.In poche ore sono giunte notizie e opinioni da ogni parte del mondo politico italiano. La volontà del segretario PD è molto chiara:poiché Berlusconi rappresenta ancora una fetta notevolissima di elettori che oscilla dai sei agli otto milioni di voti certi non si può escludere un partito di tale portata come Forza Italia dal lungo dibattito sulla legge elettorale.
La componente più di sinistra del PD non capirà mai il gesto di Renzi ma la parte più seria e meno estremizzata del partito invece sostiene fortemente questa scelta e del resto ciò è necessario se davvero si desidera cominciare una strada nuova nel centro-sinistra allontanandosi dall’approccio ottuso e altezzoso che un certo PD ha sempre avuto verso gli avversari politici,berlusconiani in testa. Le polemiche però sono deflagrate in modo immediato. In poche ore dall’annuncio dell’incontro,è accaduto di tutto. Chi grida alla scandalo,chi all’abomio politico. A noi sinceramente sembra tutto un’enorme esagerazione. La motivazione dell’incontro con Berlusconi è sacrosanta e responsabile,da vero leader. I due protagonisti sono politicamente diversi ma si sono sempre attirati l’un l’altro,sempre piaciuti come modo di comunicare agli elettori. Molti nel corso degli anni sono stati gli ammiccamenti tra i due a partire da quella famosa cena ad Arcore del 2009. Adesso l’avvicinamento è realtà e gran parte dell’universo politico italiano è andato letteralmente in tilt. Il NCD di Alfano,credendo di essersi liberato del Cavaliere e di rappresentare da solo la componente di destra nei rapporti col PD,già minaccia di lasciare da solo Letta.
Grillo urla all’inciucio tra due mascalzoni e anche nelle correnti interne al PD c’è grande fermento. La componente bersaniana, che ben rappresenta quel modo di fare politica da cui Renzi scappa, critica la decisione, invitando il segretario dal desistere. Ma Renzi va avanti. Ha deciso di vedere Berlusconi (insieme a Gianni Letta) e decidere su un eventuale appoggio alla nuova legge elettorale da votare in Parlamento. Critiche o non critiche,indignazione o non indignazione finalmente un gesto di apertura e di coraggio politico. Stop al cieco anti-berlusconismo. Anche questo dovrà essere il futuro del centro-sinistra in Italia.
E’ arrivata l’ora che molti nel centro-sinistra temevano e scongiuravano. Il nuovo segretario,il leader che tanto bene rappresenta la voglia del PD di girare pagina politica, ha espresso la sua volontà,chiara e intangibile. Matteo Renzi ha deciso ti incontrare Silvio Berlusconi.Il Cavaliere dai tanti detrattori del sindaco di Firenze viene visto come il padre putativo di Renzi,il personaggio che per carisma e capacità comunicative più si avvicina alla novelle vogue del segretario PD ,ovviamente con ideali e prospetti politici totalmente diversi. Non dimentichiamo che una delle offese che il fu Massimo D’Alema obiettava al Rottamatore era quella di nuovo Berlusconi. Adesso ci siamo. Questa sera nella sede del PD stesso dovrebbe avvenire il faccia a faccia Cavaliere-Renzi sul tavolo un’ipotesi di accordo sulla legge elettorale. Ed è da questa notizia che si è scatenato il putiferio politico in Italia.In poche ore sono giunte notizie e opinioni da ogni parte del mondo politico italiano. La volontà del segretario PD è molto chiara:poiché Berlusconi rappresenta ancora una fetta notevolissima di elettori che oscilla dai sei agli otto milioni di voti certi non si può escludere un partito di tale portata come Forza Italia dal lungo dibattito sulla legge elettorale.
La componente più di sinistra del PD non capirà mai il gesto di Renzi ma la parte più seria e meno estremizzata del partito invece sostiene fortemente questa scelta e del resto ciò è necessario se davvero si desidera cominciare una strada nuova nel centro-sinistra allontanandosi dall’approccio ottuso e altezzoso che un certo PD ha sempre avuto verso gli avversari politici,berlusconiani in testa. Le polemiche però sono deflagrate in modo immediato. In poche ore dall’annuncio dell’incontro,è accaduto di tutto. Chi grida alla scandalo,chi all’abomio politico. A noi sinceramente sembra tutto un’enorme esagerazione. La motivazione dell’incontro con Berlusconi è sacrosanta e responsabile,da vero leader. I due protagonisti sono politicamente diversi ma si sono sempre attirati l’un l’altro,sempre piaciuti come modo di comunicare agli elettori. Molti nel corso degli anni sono stati gli ammiccamenti tra i due a partire da quella famosa cena ad Arcore del 2009. Adesso l’avvicinamento è realtà e gran parte dell’universo politico italiano è andato letteralmente in tilt. Il NCD di Alfano,credendo di essersi liberato del Cavaliere e di rappresentare da solo la componente di destra nei rapporti col PD,già minaccia di lasciare da solo Letta.
Grillo urla all’inciucio tra due mascalzoni e anche nelle correnti interne al PD c’è grande fermento. La componente bersaniana, che ben rappresenta quel modo di fare politica da cui Renzi scappa, critica la decisione, invitando il segretario dal desistere. Ma Renzi va avanti. Ha deciso di vedere Berlusconi (insieme a Gianni Letta) e decidere su un eventuale appoggio alla nuova legge elettorale da votare in Parlamento. Critiche o non critiche,indignazione o non indignazione finalmente un gesto di apertura e di coraggio politico. Stop al cieco anti-berlusconismo. Anche questo dovrà essere il futuro del centro-sinistra in Italia.
Orfini: il PD vuole fortemente le unioni civili.
di Anna De Vitis
Il Partito Democratico ribadisce i suoi punti ideologici.
La scorsa settimana avevamo assistito ad una specie di delimitazione di territorio,una sorta di confine ideologico da non travalicare per mantenere rapporti politici di buon vicinato. Il Nuovo Centro Destra nelle parole del suo segretario Alfano aveva evidenziato che il tema delle unioni civili non dovrà mai essere affrontato dal governo pena la ritirata in massa dalla maggioranza del gruppo di destra. Un tema scottante cui Alfano non vuole in alcun modo dare spazi di dialogo ma che invece è un argomento molto sentito a sinistra specialmente dopo le recenti parole sia di Matteo Renzi che di Orfini uno dei capostipiti della corrente dei Giovani Turchi. Chiariamo subito che nessuno nel PD ha per adesso parlato di nozze gay,un argomento che un paese cattolico come l’Italia stenta a riconoscere ed anche solo a discutere,il centro della discussione è però sul riconoscimento di unioni civili che sono cosa diversa dal matrimonio. Orfini e anche Renzi hanno però voluto puntare il faro volontariamente quasi a tenere viva una certa tensione politica su un aspetto dei diritti del cittadino molto importante.
Di certo in caso di scontro ideologico tra destra e sinistra non dovrà ovviamente essere l’ individuo ad averne la peggio non vedendo riconosciuti alcuni suoi diritti costituzionalmente protetti. La totale assenza delle unioni civili nel nostro ordinamento infatti crea un indebolimento sociale enorme della sfera dei diritti soggettivi fondamentali, ecco perché una legge è necessaria. Lo stato non deve continuare ad ignorare circostanze e situazioni in cui soggetti più deboli, rischiano di non essere garantiti. Questa è l’essenza delle recenti parole di Orfini. Una sentenza del 2010 della Corte costituzionale afferma chiaramente che: L’articolo 2 della Costituzione prevede che la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.Le formazioni sociali altro non sono che qualsivoglia nucleo di più soggetti e tra questi certamente vi rientra anche l’unione omosessuale, intesa come convivenza tra due persone dello stesso sesso, che deve godere del diritto fondamentale di vivere liberamente come coppia seguita da un vero riconoscimento giuridico fatto di diritti e doveri.
Questo non significa ovviamente equiparare l’unione civile al matrimonio ma semplicemente un riconoscimento di diritti. Del resto in molto paesi nordici a guida socialdemocratica sono comuni politiche familiari di questo genere senza con ciò indebolire il concetto stesso di famiglia tradizionale. È arrivato il tempo afferma Orfini,che l’Italia affronti il tema con forza insieme alla disciplina giuridica delle unioni civili. Una cosa curiosa da sottolineare. I due maggiori paesi a matrice cattolica,Italia e Spagna ovvero i due paesi da sempre restii al tema delle unioni gay e civili sono anche i due paesi europei dove il tasso di natalità nell’ambito della tipica famiglia tradizionale è crollato anno dopo anno. Le risposte possono essere complesse sia politiche che sociologiche. Ma forse si scorge qualcosa di più profondo,di culturale o addirittura di psicologico, che si è sviluppato negli anni nel approccio antropologico alla vita. Dibattere su questo tema è la scelta seria da fare senza alzare muri e confini ideologici su diritti come nozze gay ed unioni civili che la nostra stessa Costituzione prevede e difende.
La scorsa settimana avevamo assistito ad una specie di delimitazione di territorio,una sorta di confine ideologico da non travalicare per mantenere rapporti politici di buon vicinato. Il Nuovo Centro Destra nelle parole del suo segretario Alfano aveva evidenziato che il tema delle unioni civili non dovrà mai essere affrontato dal governo pena la ritirata in massa dalla maggioranza del gruppo di destra. Un tema scottante cui Alfano non vuole in alcun modo dare spazi di dialogo ma che invece è un argomento molto sentito a sinistra specialmente dopo le recenti parole sia di Matteo Renzi che di Orfini uno dei capostipiti della corrente dei Giovani Turchi. Chiariamo subito che nessuno nel PD ha per adesso parlato di nozze gay,un argomento che un paese cattolico come l’Italia stenta a riconoscere ed anche solo a discutere,il centro della discussione è però sul riconoscimento di unioni civili che sono cosa diversa dal matrimonio. Orfini e anche Renzi hanno però voluto puntare il faro volontariamente quasi a tenere viva una certa tensione politica su un aspetto dei diritti del cittadino molto importante.
Di certo in caso di scontro ideologico tra destra e sinistra non dovrà ovviamente essere l’ individuo ad averne la peggio non vedendo riconosciuti alcuni suoi diritti costituzionalmente protetti. La totale assenza delle unioni civili nel nostro ordinamento infatti crea un indebolimento sociale enorme della sfera dei diritti soggettivi fondamentali, ecco perché una legge è necessaria. Lo stato non deve continuare ad ignorare circostanze e situazioni in cui soggetti più deboli, rischiano di non essere garantiti. Questa è l’essenza delle recenti parole di Orfini. Una sentenza del 2010 della Corte costituzionale afferma chiaramente che: L’articolo 2 della Costituzione prevede che la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.Le formazioni sociali altro non sono che qualsivoglia nucleo di più soggetti e tra questi certamente vi rientra anche l’unione omosessuale, intesa come convivenza tra due persone dello stesso sesso, che deve godere del diritto fondamentale di vivere liberamente come coppia seguita da un vero riconoscimento giuridico fatto di diritti e doveri.
Questo non significa ovviamente equiparare l’unione civile al matrimonio ma semplicemente un riconoscimento di diritti. Del resto in molto paesi nordici a guida socialdemocratica sono comuni politiche familiari di questo genere senza con ciò indebolire il concetto stesso di famiglia tradizionale. È arrivato il tempo afferma Orfini,che l’Italia affronti il tema con forza insieme alla disciplina giuridica delle unioni civili. Una cosa curiosa da sottolineare. I due maggiori paesi a matrice cattolica,Italia e Spagna ovvero i due paesi da sempre restii al tema delle unioni gay e civili sono anche i due paesi europei dove il tasso di natalità nell’ambito della tipica famiglia tradizionale è crollato anno dopo anno. Le risposte possono essere complesse sia politiche che sociologiche. Ma forse si scorge qualcosa di più profondo,di culturale o addirittura di psicologico, che si è sviluppato negli anni nel approccio antropologico alla vita. Dibattere su questo tema è la scelta seria da fare senza alzare muri e confini ideologici su diritti come nozze gay ed unioni civili che la nostra stessa Costituzione prevede e difende.
Gentiloni incita.Sinistra pronta al dialogo.
di Anna De Vitis
Prove di intesa politica in Parlamento.Basterà?
Uno dei renziani più esperti della scena politica è senza dubbio Paolo Gentiloni che aveva da sempre nutrito una forte critica per la strategia Bersani di questi ultimi anni e che dall'epoca del suo amico e leader Veltroni desiderava un segretario dinamico e fuori dal sistema come il sindaco di Firenze.Ieri Gentiloni in una conferenza stampa ha esposto alcune posizioni della corrente che fa capo al nuovo segretario chiarendo alcune incertezze palesatesi negli ultimi giorni sia sul tema lavoro sia sul tema della nuova legge elettorale.Parlando di nuovo sistema elettoare c'è la convinzione che,come lo stesso Renzi aveva indicato,già per fine gennaio sarà possibile trovare una prima bozza di riforma si cui iniziare a discutere tra le parti. C'è effettiva urgenza poichè la Corte Costituzionale ha già bocciato la norma e quindi ipotetiche nuove elezioni con una legge elettorale anti-costituzionale sarebbero elezioni senza una forte legittimità democratica.
Il nuovo leader del PD sembra avere fretta e Gentiloni ne è cosciente a ciò si aggiunge il fatto che la settimana scorsa la segreteria PD aveva già presentato almeno tre proposte di legge su cui cominciare il dialogo.Tre proposte con tre sistemi elettorali diversi ma ugualmente stabili.Il migliore forse è quello che prevede un doppio turno di coalizione ma anche una sorta di Mattarellum riveduto e corretto sarebbe una scelta utile e positiva,senza creare troppi drammi fra le parti politiche. Ovviamente è importante anche il parere del Nuovo Centro Destra a servire alla causa essendo Alfano parte integrante della maggioranza ma non si può certo obbligare la controparte a trattare su una questione che non sembra avvertita con grande urgenza dagli alfaniani. Il NCD sembra infatti voler inserire la legge elettorale al culmine di un vero progetto di riforma della Costituzione ma così facendo i tempi si allungano e di molto mentre le circostanze politiche sul tema sono piuttosto emergenziali.Gentiloni evidenzia che la gravità è palese ma il PD non voterebbe mai in maniera autoritaria una legge così omportante senza il benestare dei colleghi della maggioranza,quindi il ricorso alla fiducia pare scongiurato.
Un quesito interessante è capire se il voto sulla legge elettorale sarà o meno parte integrante del patto di coalizione che Letta,Renzi e Alfano discuteranno a breve.L'opinione interna al PD è che il tema è troppo basilare per essere trattato in modo ristretto e che solo le aule parlamentari sono e saranno l'ambiente più adatto per queste decisioni.Alcuni sollevano la paura che andando per le lunghe potrebbe tornare decisivo il sostegno di Berlsuconi e della sua Forza Italia.Davanti a questo timore Gentiloni afferma che Berlusconi ma anche Grillo ed il suo Movimento sono parte delle Camere e quindi legittimati ad esprimere la loro opinione ed il oro eventuale sostegno.Insomma anche un eventuale accordo con il Cavaliere non sarebbe la fine del mondo se questo fosse decisivo per dare al paese una legge elettorale con cui andare poi di corsa alle urne.
Uno dei renziani più esperti della scena politica è senza dubbio Paolo Gentiloni che aveva da sempre nutrito una forte critica per la strategia Bersani di questi ultimi anni e che dall'epoca del suo amico e leader Veltroni desiderava un segretario dinamico e fuori dal sistema come il sindaco di Firenze.Ieri Gentiloni in una conferenza stampa ha esposto alcune posizioni della corrente che fa capo al nuovo segretario chiarendo alcune incertezze palesatesi negli ultimi giorni sia sul tema lavoro sia sul tema della nuova legge elettorale.Parlando di nuovo sistema elettoare c'è la convinzione che,come lo stesso Renzi aveva indicato,già per fine gennaio sarà possibile trovare una prima bozza di riforma si cui iniziare a discutere tra le parti. C'è effettiva urgenza poichè la Corte Costituzionale ha già bocciato la norma e quindi ipotetiche nuove elezioni con una legge elettorale anti-costituzionale sarebbero elezioni senza una forte legittimità democratica.
Il nuovo leader del PD sembra avere fretta e Gentiloni ne è cosciente a ciò si aggiunge il fatto che la settimana scorsa la segreteria PD aveva già presentato almeno tre proposte di legge su cui cominciare il dialogo.Tre proposte con tre sistemi elettorali diversi ma ugualmente stabili.Il migliore forse è quello che prevede un doppio turno di coalizione ma anche una sorta di Mattarellum riveduto e corretto sarebbe una scelta utile e positiva,senza creare troppi drammi fra le parti politiche. Ovviamente è importante anche il parere del Nuovo Centro Destra a servire alla causa essendo Alfano parte integrante della maggioranza ma non si può certo obbligare la controparte a trattare su una questione che non sembra avvertita con grande urgenza dagli alfaniani. Il NCD sembra infatti voler inserire la legge elettorale al culmine di un vero progetto di riforma della Costituzione ma così facendo i tempi si allungano e di molto mentre le circostanze politiche sul tema sono piuttosto emergenziali.Gentiloni evidenzia che la gravità è palese ma il PD non voterebbe mai in maniera autoritaria una legge così omportante senza il benestare dei colleghi della maggioranza,quindi il ricorso alla fiducia pare scongiurato.
Un quesito interessante è capire se il voto sulla legge elettorale sarà o meno parte integrante del patto di coalizione che Letta,Renzi e Alfano discuteranno a breve.L'opinione interna al PD è che il tema è troppo basilare per essere trattato in modo ristretto e che solo le aule parlamentari sono e saranno l'ambiente più adatto per queste decisioni.Alcuni sollevano la paura che andando per le lunghe potrebbe tornare decisivo il sostegno di Berlsuconi e della sua Forza Italia.Davanti a questo timore Gentiloni afferma che Berlusconi ma anche Grillo ed il suo Movimento sono parte delle Camere e quindi legittimati ad esprimere la loro opinione ed il oro eventuale sostegno.Insomma anche un eventuale accordo con il Cavaliere non sarebbe la fine del mondo se questo fosse decisivo per dare al paese una legge elettorale con cui andare poi di corsa alle urne.
L'antipolitica è peggio della cattiva politica.
di Nicola Giordano
Populismo,qualunquismo ed altro.L'armamentario della propaganda è sempre il solito.
Dalle pagine di questo sito abbiamo già più volte sottolineato come la malapolitica sia un male grande ,enorme,imperdonabile a chi carpisce fiducia e voti ai cittadini.Ma un male ugualmente grande ed imperdonabile ad una società moderna e seria è il suo opposto,l'antipolitica.L'approccio di sdegno e disprezzo verso la politica come fenomeno,ha avuto certamente inizio dopo le grandi indagini contro la corruzione avutesi nei primi anni novanta a Milano presso il celebre pool della procura milanese.Subito dopo esso ha prodotto come diretto frutto il berlusconismo,inteso come atteggiamento nuovo di rapporto alla politica e agli elettori,gente del lavoro,imprenditori al posto dei politici soliti e corrotti fu uno dei punti che permise il primo trionfo elettorale del Cavaliere.Dopo di lui anche gli avversari acerrimi come Ds e centristi pedissequamente iniziarono a cavalcare il sentimento di cambiamento con venature di populismo che tanto successo stava avendo in quegli anni.Col passare dei lustri questo approccio si è oramai radicato,non vi è campagna elettorale che non inizi con promesse populiste e critiche o accuse alle vecchie classi politiche,anche se chi accusa,di suddette classi ne era parte integrante,ma una spruzzata di antipolitica per raccattare qualche preferenza in più è sempre utile da farsi.
L'arrivo nell'agone politico del Professor Monti non si sottrae a questo fenomeno e questo sinceramente,dispiace un pò,in virtù della serietà della persona e del carattere corretto e integerrimo dell'uomo accademico.Anche Monti nelle sue prime esternazioni elettorali calca la mano con frasi di pura antipolitica e evidenzia come il suo partito,nato da poche settimane,sia totalmente estraneo alla melma che da anni avrebbe ricoperto i palazzi del potere a Roma.Tutto ciò si è concretizzato in una serie di decisioni che appaiono ricoperte da un forte ed evidente strato di puro populismo.In primis la chiusura nelle proprie liste a tutti coloro che abbiamo avuto più di tre legislature sulle spalle,come se esperienza ed età fossero un peso e non un vanto per un corretto politico;poi ha dato vita a liste ricche di personaggi lontani dalla politica vera e propria,come imprenditori,docenti e giornalisti;l'idea polulista che passa è che il politco di professione è incline all'errore e alla corruzione,il cittadino della società cosiddetta civile invece no,anzi,pure se è digiuno di dinamiche parlamentari o ha sempre vissuto nel buio silenzioso di una università,lontano dal contatto con gli elettori,potrà fare bene il suo compito,anzi meglio del politico stesso e soprattutto non farsi infettare dal virus della corruzione.E' evidente la piega verso cui Monti si è diretto,respingere la vecchia politica,buona o cattiva che sia,dare apparenza di nuovo e di puro,appunto,solo apparenza.Anche nel Pd di Bersani ha dato seguito ad un atteggiamento di tal guisa.Soprattutto le primarie usate per la scelta dei candidati da presentare nelle varie regioni è stato spacciato come uno strumento con cui purificare il partito dai politici per mestiere,personaggi che avrebbero abusato della poltrona per decenni.
C'è però un piccolo particolare,la vera rottamazione,quella di Renzi, è stata stoppata fin da subito poichè essa era una vera e giusta rivoluzione,avrebbe ripulito l'intera segreteria,mettendo alla porta personaggi attaccati alle poltrone davvero da decenni;i D'Alema,i Franceschini,i Letta,le Bindi e chi ne ha più ne metta sarebbero certamente non stati ripresentati agli elettori.Ma Bersani questo non avrebbe potuto accettarlo,del resto è grazie proprio a quei personaggi che lui è lì,segretario e candidato Pd a Palazzo Chigi.Un conto è mettere alla porta piccoli soggetti locali o dirigenti di piccolo cabotaggio,un conto è farlo con i vecchi dinosauri della sinistra,sarebbe stato troppo rischioso.Inutile sottolineare ciò che accadrà di tutto questo vento di antipolitica una volta che le urne saranno chiuse e i suddetti candidati sarano al caldo e al sicuro delle aule del Parlamento.Tutti si omologheranno ai principi e alle consuetudini della vita politica romana,ben diversa dalla politica schietta e diretta del territorio e delle piazze.Li i deputati vergini intuiranno che,come in ogni luogo,la maggioranza e il potere impongono scelte e comportamenti.Proprio loro che dell'antipolitica facevano vanto e fregio saranno i primi ad inserirsi nel sistema.Quindi almeno in questa campagna elettorale,tutti,ma proprio tutti,ci risparmino cantici e preghiere di immacolati ed onesti propositi.Non è con il populismo e l'antipolitica che otterranno il nostro voto.
Dalle pagine di questo sito abbiamo già più volte sottolineato come la malapolitica sia un male grande ,enorme,imperdonabile a chi carpisce fiducia e voti ai cittadini.Ma un male ugualmente grande ed imperdonabile ad una società moderna e seria è il suo opposto,l'antipolitica.L'approccio di sdegno e disprezzo verso la politica come fenomeno,ha avuto certamente inizio dopo le grandi indagini contro la corruzione avutesi nei primi anni novanta a Milano presso il celebre pool della procura milanese.Subito dopo esso ha prodotto come diretto frutto il berlusconismo,inteso come atteggiamento nuovo di rapporto alla politica e agli elettori,gente del lavoro,imprenditori al posto dei politici soliti e corrotti fu uno dei punti che permise il primo trionfo elettorale del Cavaliere.Dopo di lui anche gli avversari acerrimi come Ds e centristi pedissequamente iniziarono a cavalcare il sentimento di cambiamento con venature di populismo che tanto successo stava avendo in quegli anni.Col passare dei lustri questo approccio si è oramai radicato,non vi è campagna elettorale che non inizi con promesse populiste e critiche o accuse alle vecchie classi politiche,anche se chi accusa,di suddette classi ne era parte integrante,ma una spruzzata di antipolitica per raccattare qualche preferenza in più è sempre utile da farsi.
L'arrivo nell'agone politico del Professor Monti non si sottrae a questo fenomeno e questo sinceramente,dispiace un pò,in virtù della serietà della persona e del carattere corretto e integerrimo dell'uomo accademico.Anche Monti nelle sue prime esternazioni elettorali calca la mano con frasi di pura antipolitica e evidenzia come il suo partito,nato da poche settimane,sia totalmente estraneo alla melma che da anni avrebbe ricoperto i palazzi del potere a Roma.Tutto ciò si è concretizzato in una serie di decisioni che appaiono ricoperte da un forte ed evidente strato di puro populismo.In primis la chiusura nelle proprie liste a tutti coloro che abbiamo avuto più di tre legislature sulle spalle,come se esperienza ed età fossero un peso e non un vanto per un corretto politico;poi ha dato vita a liste ricche di personaggi lontani dalla politica vera e propria,come imprenditori,docenti e giornalisti;l'idea polulista che passa è che il politco di professione è incline all'errore e alla corruzione,il cittadino della società cosiddetta civile invece no,anzi,pure se è digiuno di dinamiche parlamentari o ha sempre vissuto nel buio silenzioso di una università,lontano dal contatto con gli elettori,potrà fare bene il suo compito,anzi meglio del politico stesso e soprattutto non farsi infettare dal virus della corruzione.E' evidente la piega verso cui Monti si è diretto,respingere la vecchia politica,buona o cattiva che sia,dare apparenza di nuovo e di puro,appunto,solo apparenza.Anche nel Pd di Bersani ha dato seguito ad un atteggiamento di tal guisa.Soprattutto le primarie usate per la scelta dei candidati da presentare nelle varie regioni è stato spacciato come uno strumento con cui purificare il partito dai politici per mestiere,personaggi che avrebbero abusato della poltrona per decenni.
C'è però un piccolo particolare,la vera rottamazione,quella di Renzi, è stata stoppata fin da subito poichè essa era una vera e giusta rivoluzione,avrebbe ripulito l'intera segreteria,mettendo alla porta personaggi attaccati alle poltrone davvero da decenni;i D'Alema,i Franceschini,i Letta,le Bindi e chi ne ha più ne metta sarebbero certamente non stati ripresentati agli elettori.Ma Bersani questo non avrebbe potuto accettarlo,del resto è grazie proprio a quei personaggi che lui è lì,segretario e candidato Pd a Palazzo Chigi.Un conto è mettere alla porta piccoli soggetti locali o dirigenti di piccolo cabotaggio,un conto è farlo con i vecchi dinosauri della sinistra,sarebbe stato troppo rischioso.Inutile sottolineare ciò che accadrà di tutto questo vento di antipolitica una volta che le urne saranno chiuse e i suddetti candidati sarano al caldo e al sicuro delle aule del Parlamento.Tutti si omologheranno ai principi e alle consuetudini della vita politica romana,ben diversa dalla politica schietta e diretta del territorio e delle piazze.Li i deputati vergini intuiranno che,come in ogni luogo,la maggioranza e il potere impongono scelte e comportamenti.Proprio loro che dell'antipolitica facevano vanto e fregio saranno i primi ad inserirsi nel sistema.Quindi almeno in questa campagna elettorale,tutti,ma proprio tutti,ci risparmino cantici e preghiere di immacolati ed onesti propositi.Non è con il populismo e l'antipolitica che otterranno il nostro voto.
Viaggio di Fini verso l'indifferenza politica.
di Nicola Giordano
Gianfranco Fini torna a parlare.Il dimenticatoio è però dietro l'angolo.
Che fine avesse fatto è una domanda che ci ripetevamo tutti in maniera più o meno insistente.Possibile che il traditore del patto Pdl,colui il quale aveva in maniera piuttosto goffa tentato mesi orsono di allontanarsi dalla dominanza berlusconiana nella speranza di far cadere il Governo Belusconi e che invece aveva prodotto come sola conseguenza la nascita dell'ennesimo partitino a stento in grado di superare quota 8%,fosse davvero sparito nel nulla politico?Invece no.A volte ritornano e pure per Gianfranco Fini,vale questo detto.L'ex delfino di Almirante,rinnegatore della fede missina torna e lancia segnali strategici,per uscire dal guado di indifferenza politica nel quale Fli sembra essersi ficcata negli ultimi mesi.
Fini stesso afferma che è pronto a ricandidarsi dando ai cittadini il compito di decidere se il suo tragitto politico debba o meno arrestarsi.Il ruolo di commissario europeo che stava in questi mesi svolgendo lo ha letteralmente fatto sparire dal radar politico,per non essere davvero dimenticato,ecco che Fini si ripresenta,batte un colpo sullo scenario italiano per dimostrare di essere ancora politicamente vivo.Ma potrebbe essere un rischio,poichè in Italia,gli elettori sono inclini a dimenticare facilmente volti e nomi.Uno dei punti che più fa capire in che percorso opportunista Fini intende insinuarsi lo si coglie sul tema delle alleanze politiche per le prossime elezioni. Egli sottolinea che l'unione avverrà solo con gruppi politici che non abbiano negato l'appoggio al governo tecnico,anzi addirittura anche con il Pd,poichè l'unione politica non deve essere idiologica o storica ma sul contenuto delle proposte.Ecco a queste frasi possiamo davvero credere che i suoi storici elettori,quelli che lo seguano dai tempi di Alleanza Nazionale siano davvero trasecolati.Sicuramente non crederanno alle loro orecchie.
Come può il prescelto di Almirante,il sintetizzatore in chiave moderna delle idee della destra sociale giungere anche solo a ipotizzare un'unione strategica con il Pd,ricco di post-comunisti e forcaioli?A dire il vero non ci meravigliamo molto.Da due anni,dopo il tradimento con il Pdl,in seguito al quale fu messo alla porta dal Cavaliere,Fini non sembra avere più una vera strategia,ma seguire la corrente in modo dimesso e assecondare qualsiasi idea di natura anti-berlusconiana.Anche se questa portasse ad un'innaturale alleanza con il Pd.L'essenziale è opporsi alla figura oramai odiata del Cavaliere.Sulla fine del Terzo Polo che secondo Casini è ormai prossimo al decesso politico,Fini ritiene invece che si sia trattato di un'esperienza politica necessaria in questo periodo e che nonostante i risultati elettorali piuttosto scarsini non sia da bocciare completamente,anzi potrebbe avere dei lasciti positivi.Quali non si sa con certezza.Per ultimo altra affermazione non esente da critiche riguarda la riforma presidenziale proposta dal Pdl.Fini ad alcuni amici avrebbe rivelato che in linea teorica egli sarebbe pronto ad appoggiare un cambiamento strutturale dello Stato in chiave presidenziale,anzi questo era proprio uno dei suoi cavalli di battaglia quando era ancora un decente politico di destra.
Ma egli stesso avrebbe affermato che se,come accaduto,il progetto di riforma giungesse dalle mani del Pdl o peggio ancora dalla firma di Berlusconi egli per principio sarebbe pronto ad opporsi.Parole che oramai qualificano la deriva anti-berlusconiana e poco degna della stessa intelligenza che un politico navigato dovrebbe avere per il bene del paese.Opporsi ad una riforma che sebbene serva per rimodernare lo Stato,diventa però da bocciare per meri motivi di livore personale. L'Odio chiaro e puro verso una componente corposa del Parlamento,il Pdl,sembra evidente ma sapete come Fini si è definito durante il periodo di Presidenza della Camera?Un Presidente corretto e imparziale.E' innegabile.Uno stato di follia sembra essersi impossesato di lui.
di Nicola Giordano