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Riflessioni a cura di Marcello Arnese
Cosa rende un sistema politico "giusto" o "sbagliato"?
di Marcello Arnese
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Analisi critica sul sistema politico "ideale".
Nello scrivere questo breve articolo, più che esprimere giudizi (positivi o negativi) sull'attuale momento della politica italiana e internazionale, mi pongo l'obiettivo di fare una riflessione sullo spirito critico che ogni cittadino dovrebbe avere nello schierarsi a favore dell'una o dell'altra compagine.Per farla breve, oggi c'è chi si dichiara di destra o sinistra (ammesso che questi termini abbiano ancora significato in un contesto di dibattito politico così piatto e povero di contenuti come quello attuale),c'è chi ancora crede che i problemi sociali derivino dallo scontro titanico tra capitalismo e comunismo, c'é chi professa un ideale di umanitarismo per superare le disuguaglianze sociali e chi per superarle vorrebbe mettere a ferro e fuoco le nostre città (ricordate cosa è successo a Roma qualche giorno fa?).Ma esiste un sistema politico che si possa definire il sistema buono in assoluto?In fondo il sistema politico di una nazione dovrebbe avere l'obiettivo di assicurare benessere, materiale innanzitutto, ai propri cittadini e garantire che ognuno abbia i mezzi per esprimere pienamente le proprie inclinazioni e, nel rispetto delle regole e delle libertà altrui, realizzare le proprie aspirazioni: un concetto quasi elementare, ma di difficilissima realizzazione pratica, come la storia ci insegna. I regimi democratici che dopo l'ultimo conflitto mondiale hanno prevalso in Occidente e hanno finito di prevalere anche all'Est dopo la caduta del muro di Berlino, quegli stessi regimi democratici che oggi sono quasi imposti con la forza (si pensi alle guerre che gli Stati Uniti, paladini della sicurezza e dell'ordine globali, hanno condotto negli ultimi anni per rovesciare le dittature), sono veramente in grado di garantire il benessere di cui parlavo prima, o meglio hanno la reale volontà di operare per garantirlo?
Se vi trovate a passare per Siena, vi invito ad ammirare il ciclo di affreschi intitolato "Allegoria del buono e del cattivo governo", realizzato all'interno del Palazzo Pubblico, nel corso del Trecento.In questo ciclo, il Cattivo Governo è rappresentato come un uomo vestito di nero e con le corna in testa (il diavolo),attorniato dai suoi ministri che rappresentano la Crudeltà, la Discordia, la Guerra, la Perfidia, la Frode, l’Ira, la Tirannide, l’Avarizia e la Vanagloria.
L'autore illustra quindi gli effetti del Cattivo Governo in Città e in Campagna: sono rappresentati una città e il contado circostante, dove dominano campi incolti, rovine e scene di violenza e rapina.A queste immagini di desolazione si contrappone la rappresentazione del Buon Governo: qui compare la figura di un vecchio e saggio monarca che siede sul trono, circondato dai ministri rappresentativi della Giustizia, della Temperanza, della Magnanimità, della Prudenza, della Fortezza e della Pace. L’Effetto del Buon Governo in Città e in Campagna è così rappresentato da un immagine di assoluta felicità:ci sono persone intente a costruire a case, a svolgere mestieri e commerci, a coltivare i campi, in un clima di assolua serenità e sicurezza.
Qualcuno obietterà sicuramente che il mondo in cui è stata concepita questa rappresentazione è troppo semplice se paragonato al nostro, dove la società si è evoluta e un complesso sistema di relazioni internazionali e trattati politici ed economici impedisce alle singole nazioni di "camminare da sole", dove anzi le nazioni stanno via via perdendo la loro identità e stanno dimenticando le proprie radici storiche e culturali in nome di un ideale di umanità unificata, che riunisca i popoli e gli Stati, servi dell'economia globale e di quel progresso tecnologico che quasi mette a repentaglio la vita stessa sul pianeta. Ma resta vero che il singolo, oggi come tanti secoli fa, insegue benessere e felicità, e pretende dalle istituzioni di governo che operino per realizzare questo obiettivo. E questa riflessione ci dà subito lo spunto per farne un'altra: in un paese come l'Italia, che vive una fase di declino materiale e morale indiscutibile, dove le piccole e medie imprese soccombono, la disoccupazione giovanile cresce paurosamente, i cervelli fuggono all'estero per non essere schiacciati dalle caste dei baroni,l'assistenza socio-sanitaria è ai minimi termini, come è possibile che le istituzioni non facciano niente per contrastare l'immigrazione selvaggia, giustificando questo afflusso con la necessità di trovare la manodopera per quei lavori che banalmente "gli Italiani non vogliono più fare" o addirittura in nome di un ideale di solidarietà sociale che ci obbliga ad ospitare questa gente? Ma quanti di questi si integrano in società col lavoro, e quanti vanno ad ingrossare le fila dei poveri e dei derelitti, che spesso per necessità devono delinquere? Come si coniuga questo spirito di solidarietà con il dovere che ha lo Stato di garantire il benessere degli Italiani? Ma queste osservazioni fanno parte di un tema che sarebbe troppo oneroso svolgere e non è oggetto di questo articolo.Tornando invece al tema del sistema politico che possa definirsi buono, non bisogna dimenticare che illustri pensatori e filosofi hanno già dibattuto su quale possa essere considerato il modello di Stato ideale; tanto per citarne qualcuno, la Repubblica di Platone e l'Utopia di Tommaso Moro offrono ottimi esempi di questa antica aspirazione dell'uomo a individuare delle forme di governo che assicurino il benessere e la serenità della compagine sociale.
E infine, la storia non insegna forse che i regimi politici usciti vittoriosi dalle guerre e dalle rivoluzioni hanno conservato un ricordo positivo nella memoria collettiva, opportunamente manipolata da chi deteneva il potere, e anzi hanno poi determinato l'evoluzione della società,laddove i regimi usciti sconfitti sono stati generalmente considerati come esperienze negative, se non addirittura in certi casi condannati come il male assoluto?Se pensiamo alle grandi ideologie totalitarie e nazionaliste del ventesimo secolo, Fascismo e Nazismo, queste sono state condannate senza appello come esperienze aberranti vissute da società altamente civilizzate ma divenute in un certo momento schiave del Male Assoluto.Ma come si spiega che questi regimi, prima di crollare, abbiano goduto di un vastissimo consenso sociale, che va al di là di una semplice imposizione dall'alto? Come si spiega che il Nazismo sia salito al potere in Germania percorrendo la strada della legalità assoluta, cioé per libera scelta degli elettori,laddove l'indottrinamento del popolo è qualcosa che si è manifestato solo dopo l'ascesa al potere?Questa condanna senza appello è stata formulata e si è radicata nell'opinione pubblica proprio ad opera di quei sistemi politici ed economici contro cui Fascismo e Nazismo si erano contrapposti, risultando poi sconfitti: parliamo del Capitalismo liberale e del Comunismo marxista. Significativa la parabola del Comunismo marxista:divenuto regime politico sotto forma di socialismo reale, imposto con la forza dall'Unione Sovietica, cui per tanti anni i comunisti dei paesi occidentali hanno guardato con ammirazione, come un paradiso fatto di libertà e di uguaglianza sociale, esso è stato spazzato via dalla caduta del Muro, ed è stato unanimemente condannato come esperienza politica simile, in quanto a totalitarismo e repressione della libertà, proprio al nazifascismo.
Il simbolo di falce e martello è scomparso dai vessilli delle grandi formazioni politiche occidentali di sinistra, rimanendo solo nella memoria di pochi nostalgici e decretandone la sconfitta non da parte di un esercito, ma da parte della storia.
Resta oggi come incontrastato protagonista il capitalismo liberale, che ha acquistato un nuova fisionomia attraverso il processo di globalizzazione, con le sue innumerevoli contraddizioni; un sistema che, sventolando la bandiera della libertà e del progresso, ha consentito ad una elite incredibilmente ristretta di esseri umani (industriali, politici e grandi banchieri) di concentrare nelle proprie mani tutta la ricchezza mondiale a fronte della restante parte della popolazione mondiale che presta lavoro per questa elite e in cui metà di essa è irrimediabilmente povera, un sistema in cui si permette alle grandi corporazioni di investire nei paesi poveri, accapparrandosi tutte le grandi risorse, le terre, l'acqua e il petrolio, lasciando la popolazione locale nella più assoluta povertà, un sistema che giorno dopo giorno, diventa sempre più iniquo, coinvolgendo anche i nostri paesi occidentali, che, da promotori di questo sistema e perciò possessori di un posto al banchetto delle risorse mondiali, si sono visti risucchiare in una crisi economica mondiale di difficile risoluzione,una crisi sta progressivamente portando alla scomparsa del cosiddetto ceto medio, che va via via ad ingrossare le fila dei poveri, a fronte di un ristretto ed elitario gruppo umano detentore di tutte le ricchezze della nazione.
E allora, a conclusione di queste brevi riflessioni, cosa resta da fare al libero cittadino, che comincia a guardare con preoccupazione al proprio futuro e ha sempre meno certezze? Fare uno sforzo affinché il suo pensiero resti libero e non si faccia influenzare dalla propaganda e dalla demagogia, giudicare con spirito critico i rappresentanti delle istituzioni, saperne individuare il contenuto delle proposte e gli obiettivi dei loro programmi, imparando a distinguere tra ciò che fa parte dei giochi di potere e ciò che rientra nei reali interessi dello Stato, con la consapevolezza che la volontà dei popoli prima o poi possa emergere ed affermarsi.
Nello scrivere questo breve articolo, più che esprimere giudizi (positivi o negativi) sull'attuale momento della politica italiana e internazionale, mi pongo l'obiettivo di fare una riflessione sullo spirito critico che ogni cittadino dovrebbe avere nello schierarsi a favore dell'una o dell'altra compagine.Per farla breve, oggi c'è chi si dichiara di destra o sinistra (ammesso che questi termini abbiano ancora significato in un contesto di dibattito politico così piatto e povero di contenuti come quello attuale),c'è chi ancora crede che i problemi sociali derivino dallo scontro titanico tra capitalismo e comunismo, c'é chi professa un ideale di umanitarismo per superare le disuguaglianze sociali e chi per superarle vorrebbe mettere a ferro e fuoco le nostre città (ricordate cosa è successo a Roma qualche giorno fa?).Ma esiste un sistema politico che si possa definire il sistema buono in assoluto?In fondo il sistema politico di una nazione dovrebbe avere l'obiettivo di assicurare benessere, materiale innanzitutto, ai propri cittadini e garantire che ognuno abbia i mezzi per esprimere pienamente le proprie inclinazioni e, nel rispetto delle regole e delle libertà altrui, realizzare le proprie aspirazioni: un concetto quasi elementare, ma di difficilissima realizzazione pratica, come la storia ci insegna. I regimi democratici che dopo l'ultimo conflitto mondiale hanno prevalso in Occidente e hanno finito di prevalere anche all'Est dopo la caduta del muro di Berlino, quegli stessi regimi democratici che oggi sono quasi imposti con la forza (si pensi alle guerre che gli Stati Uniti, paladini della sicurezza e dell'ordine globali, hanno condotto negli ultimi anni per rovesciare le dittature), sono veramente in grado di garantire il benessere di cui parlavo prima, o meglio hanno la reale volontà di operare per garantirlo?
Se vi trovate a passare per Siena, vi invito ad ammirare il ciclo di affreschi intitolato "Allegoria del buono e del cattivo governo", realizzato all'interno del Palazzo Pubblico, nel corso del Trecento.In questo ciclo, il Cattivo Governo è rappresentato come un uomo vestito di nero e con le corna in testa (il diavolo),attorniato dai suoi ministri che rappresentano la Crudeltà, la Discordia, la Guerra, la Perfidia, la Frode, l’Ira, la Tirannide, l’Avarizia e la Vanagloria.
L'autore illustra quindi gli effetti del Cattivo Governo in Città e in Campagna: sono rappresentati una città e il contado circostante, dove dominano campi incolti, rovine e scene di violenza e rapina.A queste immagini di desolazione si contrappone la rappresentazione del Buon Governo: qui compare la figura di un vecchio e saggio monarca che siede sul trono, circondato dai ministri rappresentativi della Giustizia, della Temperanza, della Magnanimità, della Prudenza, della Fortezza e della Pace. L’Effetto del Buon Governo in Città e in Campagna è così rappresentato da un immagine di assoluta felicità:ci sono persone intente a costruire a case, a svolgere mestieri e commerci, a coltivare i campi, in un clima di assolua serenità e sicurezza.
Qualcuno obietterà sicuramente che il mondo in cui è stata concepita questa rappresentazione è troppo semplice se paragonato al nostro, dove la società si è evoluta e un complesso sistema di relazioni internazionali e trattati politici ed economici impedisce alle singole nazioni di "camminare da sole", dove anzi le nazioni stanno via via perdendo la loro identità e stanno dimenticando le proprie radici storiche e culturali in nome di un ideale di umanità unificata, che riunisca i popoli e gli Stati, servi dell'economia globale e di quel progresso tecnologico che quasi mette a repentaglio la vita stessa sul pianeta. Ma resta vero che il singolo, oggi come tanti secoli fa, insegue benessere e felicità, e pretende dalle istituzioni di governo che operino per realizzare questo obiettivo. E questa riflessione ci dà subito lo spunto per farne un'altra: in un paese come l'Italia, che vive una fase di declino materiale e morale indiscutibile, dove le piccole e medie imprese soccombono, la disoccupazione giovanile cresce paurosamente, i cervelli fuggono all'estero per non essere schiacciati dalle caste dei baroni,l'assistenza socio-sanitaria è ai minimi termini, come è possibile che le istituzioni non facciano niente per contrastare l'immigrazione selvaggia, giustificando questo afflusso con la necessità di trovare la manodopera per quei lavori che banalmente "gli Italiani non vogliono più fare" o addirittura in nome di un ideale di solidarietà sociale che ci obbliga ad ospitare questa gente? Ma quanti di questi si integrano in società col lavoro, e quanti vanno ad ingrossare le fila dei poveri e dei derelitti, che spesso per necessità devono delinquere? Come si coniuga questo spirito di solidarietà con il dovere che ha lo Stato di garantire il benessere degli Italiani? Ma queste osservazioni fanno parte di un tema che sarebbe troppo oneroso svolgere e non è oggetto di questo articolo.Tornando invece al tema del sistema politico che possa definirsi buono, non bisogna dimenticare che illustri pensatori e filosofi hanno già dibattuto su quale possa essere considerato il modello di Stato ideale; tanto per citarne qualcuno, la Repubblica di Platone e l'Utopia di Tommaso Moro offrono ottimi esempi di questa antica aspirazione dell'uomo a individuare delle forme di governo che assicurino il benessere e la serenità della compagine sociale.
E infine, la storia non insegna forse che i regimi politici usciti vittoriosi dalle guerre e dalle rivoluzioni hanno conservato un ricordo positivo nella memoria collettiva, opportunamente manipolata da chi deteneva il potere, e anzi hanno poi determinato l'evoluzione della società,laddove i regimi usciti sconfitti sono stati generalmente considerati come esperienze negative, se non addirittura in certi casi condannati come il male assoluto?Se pensiamo alle grandi ideologie totalitarie e nazionaliste del ventesimo secolo, Fascismo e Nazismo, queste sono state condannate senza appello come esperienze aberranti vissute da società altamente civilizzate ma divenute in un certo momento schiave del Male Assoluto.Ma come si spiega che questi regimi, prima di crollare, abbiano goduto di un vastissimo consenso sociale, che va al di là di una semplice imposizione dall'alto? Come si spiega che il Nazismo sia salito al potere in Germania percorrendo la strada della legalità assoluta, cioé per libera scelta degli elettori,laddove l'indottrinamento del popolo è qualcosa che si è manifestato solo dopo l'ascesa al potere?Questa condanna senza appello è stata formulata e si è radicata nell'opinione pubblica proprio ad opera di quei sistemi politici ed economici contro cui Fascismo e Nazismo si erano contrapposti, risultando poi sconfitti: parliamo del Capitalismo liberale e del Comunismo marxista. Significativa la parabola del Comunismo marxista:divenuto regime politico sotto forma di socialismo reale, imposto con la forza dall'Unione Sovietica, cui per tanti anni i comunisti dei paesi occidentali hanno guardato con ammirazione, come un paradiso fatto di libertà e di uguaglianza sociale, esso è stato spazzato via dalla caduta del Muro, ed è stato unanimemente condannato come esperienza politica simile, in quanto a totalitarismo e repressione della libertà, proprio al nazifascismo.
Il simbolo di falce e martello è scomparso dai vessilli delle grandi formazioni politiche occidentali di sinistra, rimanendo solo nella memoria di pochi nostalgici e decretandone la sconfitta non da parte di un esercito, ma da parte della storia.
Resta oggi come incontrastato protagonista il capitalismo liberale, che ha acquistato un nuova fisionomia attraverso il processo di globalizzazione, con le sue innumerevoli contraddizioni; un sistema che, sventolando la bandiera della libertà e del progresso, ha consentito ad una elite incredibilmente ristretta di esseri umani (industriali, politici e grandi banchieri) di concentrare nelle proprie mani tutta la ricchezza mondiale a fronte della restante parte della popolazione mondiale che presta lavoro per questa elite e in cui metà di essa è irrimediabilmente povera, un sistema in cui si permette alle grandi corporazioni di investire nei paesi poveri, accapparrandosi tutte le grandi risorse, le terre, l'acqua e il petrolio, lasciando la popolazione locale nella più assoluta povertà, un sistema che giorno dopo giorno, diventa sempre più iniquo, coinvolgendo anche i nostri paesi occidentali, che, da promotori di questo sistema e perciò possessori di un posto al banchetto delle risorse mondiali, si sono visti risucchiare in una crisi economica mondiale di difficile risoluzione,una crisi sta progressivamente portando alla scomparsa del cosiddetto ceto medio, che va via via ad ingrossare le fila dei poveri, a fronte di un ristretto ed elitario gruppo umano detentore di tutte le ricchezze della nazione.
E allora, a conclusione di queste brevi riflessioni, cosa resta da fare al libero cittadino, che comincia a guardare con preoccupazione al proprio futuro e ha sempre meno certezze? Fare uno sforzo affinché il suo pensiero resti libero e non si faccia influenzare dalla propaganda e dalla demagogia, giudicare con spirito critico i rappresentanti delle istituzioni, saperne individuare il contenuto delle proposte e gli obiettivi dei loro programmi, imparando a distinguere tra ciò che fa parte dei giochi di potere e ciò che rientra nei reali interessi dello Stato, con la consapevolezza che la volontà dei popoli prima o poi possa emergere ed affermarsi.