IL GRAFFIO
a cura di Beppe Mazzei
Più diritti non significa sempre più libertà.
di Beppe Mazzei
Un'occhiata sincera sul concetto attuale di democrazia.
Il concetto di casta è una recente creatura del giornalismo politico.Un concetto che mirava e mira ad accusare moralisticamente gli uomini politici ma in realtà finisce con il salvare l’ideologia controriformista egemone.La Casta non è la causa della crisi che attanaglia i regimi democratici come il nostro, è l’effetto indotto della cultura politica, fascista e comunista del Novecento, che aveva teorizzato di creare una forma di libertà soggettiva e di realizzare una partecipazione collettiva più alta.Quale sia stato l'esito di questo progetto ideologico è piuttosto evidente, il «secolo breve» è stato un vero fallimento politico e onestamente sarà meglio non ripetere quelle conseguenze.
Ma spesso al peggio davvero non c'è mai fine. Il liberalismo nacque e si diffuse nel Seicento e nel Settecento, come un'arma da scagliare contro l’assolutismo e il clericalismo dell’Antico regime e, nell’Ottocento, il grande secolo del suo consolidamento, si era evoluto molto facendo della libertà una sorta di temperamento per proteggerci dalle tentazioni autoritarie della democrazia successiva ai moti del 1889 e a patto vero della pacifica e civile convivenza fra gli uomini. Nel Novecento abbiamo dovuto assistere alla degenerazione della democrazia in democratismo e in populismo e i governanti entrarono nella pessima ottica di credere di essere sempre nel giusto purchè in possesso di oceaniche maggioranza, o comunque l'idea netta era di poter imporre la volontà cosiddetta collettiva. Ideologicamente si para di una forte estensione totalitaristica della «volontà generale» del Contratto sociale di Rousseau.Una distorsione terribile.
Tocqueville parlava nei suoi scritti di democrazia tirannica,un ossimoro non lontano dalla realtà.Constant criticava la libertà degli antichi - quella concretizzata nella partecipazione coattiva del cittadino alla vita della Polis - rispetto a quella, liberale e individualistica, dei moderni, che si sostanziava nell’autonomia dell’Uomo che, soprattutto come cittadino e credente, si affrancava dalla collettività della Polis.Oggi spesso e volentieri il concetto di libertà cede il passo alla moltiplicazione dei diritti e a numerose forme di procedure assembleariste, come succede negli stati moderni compresi il nostro; la democrazia è sottoposta a bombardamenti formali,esposta a distorsioni anti-democratiche. Insomma la democrazia moderna sembra avere le ore contate.
Il concetto di casta è una recente creatura del giornalismo politico.Un concetto che mirava e mira ad accusare moralisticamente gli uomini politici ma in realtà finisce con il salvare l’ideologia controriformista egemone.La Casta non è la causa della crisi che attanaglia i regimi democratici come il nostro, è l’effetto indotto della cultura politica, fascista e comunista del Novecento, che aveva teorizzato di creare una forma di libertà soggettiva e di realizzare una partecipazione collettiva più alta.Quale sia stato l'esito di questo progetto ideologico è piuttosto evidente, il «secolo breve» è stato un vero fallimento politico e onestamente sarà meglio non ripetere quelle conseguenze.
Ma spesso al peggio davvero non c'è mai fine. Il liberalismo nacque e si diffuse nel Seicento e nel Settecento, come un'arma da scagliare contro l’assolutismo e il clericalismo dell’Antico regime e, nell’Ottocento, il grande secolo del suo consolidamento, si era evoluto molto facendo della libertà una sorta di temperamento per proteggerci dalle tentazioni autoritarie della democrazia successiva ai moti del 1889 e a patto vero della pacifica e civile convivenza fra gli uomini. Nel Novecento abbiamo dovuto assistere alla degenerazione della democrazia in democratismo e in populismo e i governanti entrarono nella pessima ottica di credere di essere sempre nel giusto purchè in possesso di oceaniche maggioranza, o comunque l'idea netta era di poter imporre la volontà cosiddetta collettiva. Ideologicamente si para di una forte estensione totalitaristica della «volontà generale» del Contratto sociale di Rousseau.Una distorsione terribile.
Tocqueville parlava nei suoi scritti di democrazia tirannica,un ossimoro non lontano dalla realtà.Constant criticava la libertà degli antichi - quella concretizzata nella partecipazione coattiva del cittadino alla vita della Polis - rispetto a quella, liberale e individualistica, dei moderni, che si sostanziava nell’autonomia dell’Uomo che, soprattutto come cittadino e credente, si affrancava dalla collettività della Polis.Oggi spesso e volentieri il concetto di libertà cede il passo alla moltiplicazione dei diritti e a numerose forme di procedure assembleariste, come succede negli stati moderni compresi il nostro; la democrazia è sottoposta a bombardamenti formali,esposta a distorsioni anti-democratiche. Insomma la democrazia moderna sembra avere le ore contate.
Il dissenso come nuovo peccato capitale.
di Beppe Mazzei
Conformismo e mancanza di coraggio.La classe politica è allo sbando.
Ormai forse ci abbiamo fatto davvero l'abitudine e questo è il peggio della situazione.Da tanti anni politici,mass media e giornali si ergono a difesa della libertà di pensiero e di espressione in ogni settore e spesso hanno additato il il fenomeno politico-mediatico del berlusconismo come il diavolo,il male da cui difendersi e da cui ogni danno partiva.Ma la totale assenza di coraggio per le proprie idee,la paura del dissenso intenso come reato si è diffusa ed impossessata di ogni aspetto della vita pubblica del paese.I cortigiani del potere sono ovunque e spesso insospettabili si celano in ruoli anonimi e segreti; la loro propensione al culto del leader ed alla totale mancanza di giudizio critico nei confronti di chi quel potere lo esercita è enorme.La cultura della repressione del dissenso è ultimamente riemersa con forza anche a sinistra e si mostra con tutta la sua brutalità in un partito che per definizione dovrebbe essere pluralista e democratico. Da valore della dialettica politica, il pluralismo è diventato nel Pd un elemento negativo, un “nemico” da combattere a tutti i livelli. Sarà forse la sindrome da accerchiamento che vivono i dirigenti del Partito o più semplicemente un tentativo maldestro di tenere insiemi i pezzi di un puzzle in perenne via di definizione, ma ciò che emerge quotidianamente dai dibattiti televisivi e dalle riunioni di partito è un aspetto che desta sconforto in chi, indipendentemente dalla propria collocazione politica, teme qualsiasi forma di pensiero unico: la repressione del dissenso messa in atto dalla dirigenza del Partito democratico non si fonda sulla difesa di una linea politica ma sul timore, più che fondato, della messa in discussione della dirigenza stessa.
In un Paese stremato dall’indecente teatrino della politica degli ultimi 20 anni dovrebbe essere più che normale aprire una seria riflessione sulla necessità del ricambio della classe politica, a maggior ragione se vale il motto calcistico “squadra che vince non si cambia”: la squadra che ha perso, se proprio non deve essere cambiata, quantomeno dovrebbe mettersi in discussione. E invece il mantra dell’unità, della spallata, dell’alternativa – che non c’è – al “cattivo” Berlusconi, viene brandito come una clava nei confronti di chi, direi con cognizione di causa, non ne può più di un gruppo dirigente ormai logoro e giunto da tempo al capolinea.L’abile Renzi ha capito che per vincere le elezioni non bisogna semplicemente parlare male di Berlusconi, ma bisogna colpire la dirigenza del Pd, inchiodata alla poltrona da decenni. E cosa fa il Pd? Se la prende con Renzi, reo di lesa maestà nei confronti dell’unico gruppo politico capace di indicare la via di uscita dal berlusconismo. Una via rivelatasi puntualmente fallimentare, un puzzle nato male e che mai vedrà l’unione di tutte le tessere. Vi sembra credibile la “tessera-Di Pietro” in una forza orientata a sinistra?
I Radicali, esperti di comunicazione politica, perseguono la loro linea – condivisibile o meno ma riconoscibile – e lucidamente avanzano perplessità sulla strategia parlamentare del Pd. Non sarà sorprendente denunciare, dopo anni di scelte irresponsabili, l’attacco frontale contro i Radicali, oggetto di contumelie e di minacce di espulsione. Azione gravissima, se è vero che la campagna mediatica anti-Radicale si fonda su false informazioni. Ebbene sì, se avessi potere decisionale sufficiente non avrei dubbi su chi lanciare dalla torre tra la Bindi e i Radicali.Chi scrive, e tanti come il sottoscritto, auspicano una coalizione di sinistra che non abbia l’assurda pretesa di avere come perno strategico il nemico assoluto (Berlusconi) per giustificare alleanze improponibili e fuori da ogni logica progressista. “Lascia il Pd!”, è classico invito che alcuni compagni rivolgono allo scrivente e a chi mette in discussione la “non linea” democratica.Ma se Renzi è da contrastare, i Radicali sono “inutili”, i Socialisti guai a nominarli e persino i militanti che hanno autonomia politica vanno isolati, beh, cari dirigenti del Pd, fateci capire con chi dobbiamo condividere le nostre idee.
Ormai forse ci abbiamo fatto davvero l'abitudine e questo è il peggio della situazione.Da tanti anni politici,mass media e giornali si ergono a difesa della libertà di pensiero e di espressione in ogni settore e spesso hanno additato il il fenomeno politico-mediatico del berlusconismo come il diavolo,il male da cui difendersi e da cui ogni danno partiva.Ma la totale assenza di coraggio per le proprie idee,la paura del dissenso intenso come reato si è diffusa ed impossessata di ogni aspetto della vita pubblica del paese.I cortigiani del potere sono ovunque e spesso insospettabili si celano in ruoli anonimi e segreti; la loro propensione al culto del leader ed alla totale mancanza di giudizio critico nei confronti di chi quel potere lo esercita è enorme.La cultura della repressione del dissenso è ultimamente riemersa con forza anche a sinistra e si mostra con tutta la sua brutalità in un partito che per definizione dovrebbe essere pluralista e democratico. Da valore della dialettica politica, il pluralismo è diventato nel Pd un elemento negativo, un “nemico” da combattere a tutti i livelli. Sarà forse la sindrome da accerchiamento che vivono i dirigenti del Partito o più semplicemente un tentativo maldestro di tenere insiemi i pezzi di un puzzle in perenne via di definizione, ma ciò che emerge quotidianamente dai dibattiti televisivi e dalle riunioni di partito è un aspetto che desta sconforto in chi, indipendentemente dalla propria collocazione politica, teme qualsiasi forma di pensiero unico: la repressione del dissenso messa in atto dalla dirigenza del Partito democratico non si fonda sulla difesa di una linea politica ma sul timore, più che fondato, della messa in discussione della dirigenza stessa.
In un Paese stremato dall’indecente teatrino della politica degli ultimi 20 anni dovrebbe essere più che normale aprire una seria riflessione sulla necessità del ricambio della classe politica, a maggior ragione se vale il motto calcistico “squadra che vince non si cambia”: la squadra che ha perso, se proprio non deve essere cambiata, quantomeno dovrebbe mettersi in discussione. E invece il mantra dell’unità, della spallata, dell’alternativa – che non c’è – al “cattivo” Berlusconi, viene brandito come una clava nei confronti di chi, direi con cognizione di causa, non ne può più di un gruppo dirigente ormai logoro e giunto da tempo al capolinea.L’abile Renzi ha capito che per vincere le elezioni non bisogna semplicemente parlare male di Berlusconi, ma bisogna colpire la dirigenza del Pd, inchiodata alla poltrona da decenni. E cosa fa il Pd? Se la prende con Renzi, reo di lesa maestà nei confronti dell’unico gruppo politico capace di indicare la via di uscita dal berlusconismo. Una via rivelatasi puntualmente fallimentare, un puzzle nato male e che mai vedrà l’unione di tutte le tessere. Vi sembra credibile la “tessera-Di Pietro” in una forza orientata a sinistra?
I Radicali, esperti di comunicazione politica, perseguono la loro linea – condivisibile o meno ma riconoscibile – e lucidamente avanzano perplessità sulla strategia parlamentare del Pd. Non sarà sorprendente denunciare, dopo anni di scelte irresponsabili, l’attacco frontale contro i Radicali, oggetto di contumelie e di minacce di espulsione. Azione gravissima, se è vero che la campagna mediatica anti-Radicale si fonda su false informazioni. Ebbene sì, se avessi potere decisionale sufficiente non avrei dubbi su chi lanciare dalla torre tra la Bindi e i Radicali.Chi scrive, e tanti come il sottoscritto, auspicano una coalizione di sinistra che non abbia l’assurda pretesa di avere come perno strategico il nemico assoluto (Berlusconi) per giustificare alleanze improponibili e fuori da ogni logica progressista. “Lascia il Pd!”, è classico invito che alcuni compagni rivolgono allo scrivente e a chi mette in discussione la “non linea” democratica.Ma se Renzi è da contrastare, i Radicali sono “inutili”, i Socialisti guai a nominarli e persino i militanti che hanno autonomia politica vanno isolati, beh, cari dirigenti del Pd, fateci capire con chi dobbiamo condividere le nostre idee.
Il solito complesso della sinistra italiana.
di Beppe Mazzei
Perchè la Sinistra non riesce mai ad evolversi?
La crisi economica di questi anni ha immancabilmente prodotto una forte paura sociale, eppure la Sinistra non sembra essere riuscita ad approfittare di ciò dal punto di vista elettorale. In Italia ma anche in altri paesi europei partiti di sinistra non hanno acceso coraggio e anima agli elettori ma si sono assestati su programmi mediocri e difensivi e questo ha immancabilmente prodotto anche una vera crisi di consenso.Una crisi da valutare e da studiare bene.In Italia la Sinistra non riesce a trarre vantaggio dal disagio sociale dei cittadini e se non ha fatto passi indietro alle urne lo deve solo alla pessima fase Monti e alla rivoluzione interna che da due anni ha colpito il Berlusconismo.Questi eventi hanno in parte sfaldato la Destra e anche il Centro,ecco perchè il PD,nonostante tutto mantiene un discreto vantaggio elettorale.
Analizzando la situazione possiamo ricercare in alcune circostanze i motivi per cui la Sinistra ha enorme difficoltà a tramutare la crisi economica in veri voti.In primis,in molti leader di Sinistra vige ancora una forte nostalgia del passato. Nostalgia grande di quel lontanissimo periodo dal dopoguerra agli anni '90 in cui nacque e si sviluppò l'ideologia socialdemocratica.Un modo di vedere la politica democratico e antifascista che fu accompagnato da crescita economica e dalle riforme keynesiane: parole come piena occupazione, welfare, sindacalizzazione,divennero veri concetti basilari.Ma adesso tutto questo non c'è più e tali leader guardano spesso al passato con questa nostalgia. In secondo luogo,proprio questo legame col passato non permette alla Sinistra di capire i cambiamenti della vita reale e del nuovo universo politico.Si continua a credere che come all'epoca,anche oggi la Destra,l'avversario acerrimo,rappresenti gli interessi delle classi dominanti mentre quelli pratici delle classi popolari sono una sorta di suo monopolio.
Tutto questo non è più assolutamente vero.Non è mai stato un dogma rigido che i poveri siano di sinistra e i ricchi di destra,in passato era stato solo una coincidenza politica legata ai tempi. Infine l'ultimo concetto che può essere utile approfondire è inerente all'attuale classe dirigente della Sinistra.Spesso i componenti dei partiti vengono percepiti dall'elettore medio come parte integrante della borghesia politica che regge tutto,anzi in molti casi come veri vertici delle istituzioni tanto odiate.Se sfogliamo le pagine dell'universo dei media ad esempio ci accorgiamo che è proprio la Sinistra a dominare e dirigere tale sistema e a formare a suo piacimento l’opinione prevalente su valori e temi che vengono poi imposti come un vero obbligo al resto della società.Proprio sottolineando ciò ci si accorge che il nuovo leader Matteo Renzi rappresenti la vera novità di questa Sinistra perchè soggetto estraneo a tale sistema di potere acquisito,elemento che rivoluziona e mira ai cuori della gente.Forse proprio grazie a Renzi si potrà avere una reale svolta nella cultura ideologica della Sinistra. Immaginiamo che in questi anni la massa di nuovi renziani si moltiplicherà in modo enorme per opportunismo e cinismo politico dimenticando che solo pochi mesi fa quasi tutta la Sinistra stessa additava il sindaco di Firenze come ridicola copia del peggior Berlusconi.Miracoli del contraddittorio mondo della politica.
La crisi economica di questi anni ha immancabilmente prodotto una forte paura sociale, eppure la Sinistra non sembra essere riuscita ad approfittare di ciò dal punto di vista elettorale. In Italia ma anche in altri paesi europei partiti di sinistra non hanno acceso coraggio e anima agli elettori ma si sono assestati su programmi mediocri e difensivi e questo ha immancabilmente prodotto anche una vera crisi di consenso.Una crisi da valutare e da studiare bene.In Italia la Sinistra non riesce a trarre vantaggio dal disagio sociale dei cittadini e se non ha fatto passi indietro alle urne lo deve solo alla pessima fase Monti e alla rivoluzione interna che da due anni ha colpito il Berlusconismo.Questi eventi hanno in parte sfaldato la Destra e anche il Centro,ecco perchè il PD,nonostante tutto mantiene un discreto vantaggio elettorale.
Analizzando la situazione possiamo ricercare in alcune circostanze i motivi per cui la Sinistra ha enorme difficoltà a tramutare la crisi economica in veri voti.In primis,in molti leader di Sinistra vige ancora una forte nostalgia del passato. Nostalgia grande di quel lontanissimo periodo dal dopoguerra agli anni '90 in cui nacque e si sviluppò l'ideologia socialdemocratica.Un modo di vedere la politica democratico e antifascista che fu accompagnato da crescita economica e dalle riforme keynesiane: parole come piena occupazione, welfare, sindacalizzazione,divennero veri concetti basilari.Ma adesso tutto questo non c'è più e tali leader guardano spesso al passato con questa nostalgia. In secondo luogo,proprio questo legame col passato non permette alla Sinistra di capire i cambiamenti della vita reale e del nuovo universo politico.Si continua a credere che come all'epoca,anche oggi la Destra,l'avversario acerrimo,rappresenti gli interessi delle classi dominanti mentre quelli pratici delle classi popolari sono una sorta di suo monopolio.
Tutto questo non è più assolutamente vero.Non è mai stato un dogma rigido che i poveri siano di sinistra e i ricchi di destra,in passato era stato solo una coincidenza politica legata ai tempi. Infine l'ultimo concetto che può essere utile approfondire è inerente all'attuale classe dirigente della Sinistra.Spesso i componenti dei partiti vengono percepiti dall'elettore medio come parte integrante della borghesia politica che regge tutto,anzi in molti casi come veri vertici delle istituzioni tanto odiate.Se sfogliamo le pagine dell'universo dei media ad esempio ci accorgiamo che è proprio la Sinistra a dominare e dirigere tale sistema e a formare a suo piacimento l’opinione prevalente su valori e temi che vengono poi imposti come un vero obbligo al resto della società.Proprio sottolineando ciò ci si accorge che il nuovo leader Matteo Renzi rappresenti la vera novità di questa Sinistra perchè soggetto estraneo a tale sistema di potere acquisito,elemento che rivoluziona e mira ai cuori della gente.Forse proprio grazie a Renzi si potrà avere una reale svolta nella cultura ideologica della Sinistra. Immaginiamo che in questi anni la massa di nuovi renziani si moltiplicherà in modo enorme per opportunismo e cinismo politico dimenticando che solo pochi mesi fa quasi tutta la Sinistra stessa additava il sindaco di Firenze come ridicola copia del peggior Berlusconi.Miracoli del contraddittorio mondo della politica.
Il bicameralismo che blocca un paese intero.
di Beppe Mazzei
Vogliono fermare la riforma del Senato.Ci riusciranno?
Nei giorni scorsi molti anziani costituzionalisti e uomini politici come Rodotà e Zagrebelsky ad esempio,hanno lanciato un vero appello.Non eliminate il Senato perchè è grazie al Senato che il nostro paese è stato spesso salvato da leggi e provvedimenti orribili.Ma è vera questa affermazione?Il bicameralismo è stato la salvezza della nostra Nazione?Ognuno avrà la sua idea ma se si parte da alcuni espliciti dati le cose sembrano molto diverse.Un decreto legge ad esempio,che quindi non necessità di una doppia lettura nei rami del Parlamento,viene emesso in 40 giorni di media,invece i disegni di legge impiegano ben 300 giorni per essere letti ed emendati da Camera e Senato. Il dato sembra davvero incontrovertibile.
La cosa paradossale si ha poi nei casi in cui una legge sia molto dibattuta e quindi necessiti di ben quattro letture in Parlamento,in quel caso prima che diventi realtà trascorrono quasi 1000 giorni.Un tempo davvero indegno di un paese democratico. Questo è il motivo per cui spesso i vari Governi ricorrono al mezzo del decreto legge,non per imporre autoritariamente il loro volere ma semplicemente per evitare lungaggini insostenibili che non fanno altro che aggravare eventuali problematiche su cui intervenire.L'unica controindicazione di questa circostanza è che il Parlamento, da depositario della volontà popolare e soggetto detentore del potere legislativo si vede sottatto tale funzione a vantaggio del governo.Ma non è un furto di potere è semplicemente una questione di rapidità per il bene di un paese.
L'ultima legislatura è stata in parte differente.Nel bene e nel male è durata quasi 5 anni, con un buon livello di stabilità politica tranne le turbolenze del dopo Berlusconi.Grazie ad una durata così molti disegni di legge sono giunti a destinazione.La cosa che molti Soloni costituzionalisti sembrano non sapere è che in quasi tutti i paesi democratici del mondo vige il bicameralismo imperfetto. Imperfezione che non significa anomalia istituzionale ma semplicemente diversa distrubuzione di prerogative e competenze, una sorta di Camera bassa con funzioni di verifica e controllo dell'attività legislativa e una Camera Alta che esercita il vero potere di Legislatore.L’Italia sembra avere un particolarissimo record,è l'unica nazione al mondo a possedere due Camere identiche per struttura e competenze. Appelli o no sembra davvero giunto il momento di porre fine a questa anomalia e divenire un paese normale.
Nei giorni scorsi molti anziani costituzionalisti e uomini politici come Rodotà e Zagrebelsky ad esempio,hanno lanciato un vero appello.Non eliminate il Senato perchè è grazie al Senato che il nostro paese è stato spesso salvato da leggi e provvedimenti orribili.Ma è vera questa affermazione?Il bicameralismo è stato la salvezza della nostra Nazione?Ognuno avrà la sua idea ma se si parte da alcuni espliciti dati le cose sembrano molto diverse.Un decreto legge ad esempio,che quindi non necessità di una doppia lettura nei rami del Parlamento,viene emesso in 40 giorni di media,invece i disegni di legge impiegano ben 300 giorni per essere letti ed emendati da Camera e Senato. Il dato sembra davvero incontrovertibile.
La cosa paradossale si ha poi nei casi in cui una legge sia molto dibattuta e quindi necessiti di ben quattro letture in Parlamento,in quel caso prima che diventi realtà trascorrono quasi 1000 giorni.Un tempo davvero indegno di un paese democratico. Questo è il motivo per cui spesso i vari Governi ricorrono al mezzo del decreto legge,non per imporre autoritariamente il loro volere ma semplicemente per evitare lungaggini insostenibili che non fanno altro che aggravare eventuali problematiche su cui intervenire.L'unica controindicazione di questa circostanza è che il Parlamento, da depositario della volontà popolare e soggetto detentore del potere legislativo si vede sottatto tale funzione a vantaggio del governo.Ma non è un furto di potere è semplicemente una questione di rapidità per il bene di un paese.
L'ultima legislatura è stata in parte differente.Nel bene e nel male è durata quasi 5 anni, con un buon livello di stabilità politica tranne le turbolenze del dopo Berlusconi.Grazie ad una durata così molti disegni di legge sono giunti a destinazione.La cosa che molti Soloni costituzionalisti sembrano non sapere è che in quasi tutti i paesi democratici del mondo vige il bicameralismo imperfetto. Imperfezione che non significa anomalia istituzionale ma semplicemente diversa distrubuzione di prerogative e competenze, una sorta di Camera bassa con funzioni di verifica e controllo dell'attività legislativa e una Camera Alta che esercita il vero potere di Legislatore.L’Italia sembra avere un particolarissimo record,è l'unica nazione al mondo a possedere due Camere identiche per struttura e competenze. Appelli o no sembra davvero giunto il momento di porre fine a questa anomalia e divenire un paese normale.
Una Sinistra ferma e senza scampo.
di Beppe Mazzei
Sempre e solo Berlusconi è l'argomento unico del Partito Democratico.
Scandagliando l'universo politico ed ideologico italiano possiamo con certezza affermare che sembra non esistere una componente più strana e irrimediabilmente ottusa della Sinistra Italiana.Il discorso non riguarda i singoli politici del mondo di sinistra ma nello specifico il partito simbolo che dovrebbe trainare e creare consenso,il PD.E' ormai risaputo delle conseguenze spesso pavloviane che di solito nascono in tale partito quando si toccano argomenti tabù,il principale dei quali è Silvio Berlusconi.La natura di questo fenomeno è davvero incredibile,potrebbe essere oggetto di studi scientifici per la ciclicità con cui si manifesta. Sembra scontato che ogni singolo politico del PD sia certo di riscuotere successo e stima presso il popolo di sinistra se attacca,critica e spesso infama il nemico dei secoli,il Cavaliere.L'antiberlusconismo radicale diventa mantra di vita ma in realtà alimenta solo gli istinti beceri ed estremisti di una certa sacca di extra-parlamentari.
L'ultimo episodio si è avuto pochi giorni fa quando Berlusconi ha dichiarato ai quattro venti di voler candidarsi alle elezioni europee a capo di Forza Italia,rispettando una tradizione politica che lo ha visto sempre alla guida del suo partito ad ogni elezione avutasi dal 1994 ad oggi.Appena sussurate queste parole numerosi dirigenti del PD hanno iniziato il lancio di dichiarazioni sull'argomento e il tenore generale era sempre lo stesso.Attacco al Cavaliere e critica quasi divertita del suo pensiero.Tutti ordinavano a Berlusconi di rassegnarsi,la legge Severino lo estromette dal Parlamento e gli vieta di candidarsi a qualsiasi elezione politica.Anche i ricchi devono rispettare la legge questo è il principio che emerge dalle parole degli esponenti PD. Poco dopo è cominciata la corsa.Ogni membro PD desiderava dire la propria sul Cavaliere,ogni capo-corrente era lì presente ad urlare parole di vergogna e odio per un avversario politico odiato.
Chi invocava la sacra giustizia,chi invitava,ancora,la magistratura ad intervenire,chi addirittura spingeva per un provvediemento ad hoc del Capo dello Stato o della stessa Unione Europea per liberarci dal fantasma mostruoso del Cavaliere.Uno spettacolo davvero paradossale.Mentre in questi giorni infatti Berlusconi era assente dalla scena politica e tutti gli occhi erano attenti sulle gesta internazionali del neo Premier Renzi, i geni del Pd,perchè solo di geni si può parlare, hanno fatto in modo da far tornare alla ribalta il Cavaliere,offrendogli le sponde necessarie per alzare toni e pensieri.Un partito serio,con politici seri avrebbe dovuto fare tutt'altro.O tacere o usare poche e scarne parole: la questione non ci interessa,della candidatura di Berlusconi se ne occupi la Giunta preposta.Questo è il pensiero che un movimento politico serio avrebbe dovuto generare.In questo modo l'ennesima infezione-Berlusconi sarebbe stata bloccata sul nascere.Invece nulla.Il PD se non chiacchiera sul Cavaliere sembra davvero non aver nulla da dire ai suoi elettori.Che amara e triste constatazione.
Scandagliando l'universo politico ed ideologico italiano possiamo con certezza affermare che sembra non esistere una componente più strana e irrimediabilmente ottusa della Sinistra Italiana.Il discorso non riguarda i singoli politici del mondo di sinistra ma nello specifico il partito simbolo che dovrebbe trainare e creare consenso,il PD.E' ormai risaputo delle conseguenze spesso pavloviane che di solito nascono in tale partito quando si toccano argomenti tabù,il principale dei quali è Silvio Berlusconi.La natura di questo fenomeno è davvero incredibile,potrebbe essere oggetto di studi scientifici per la ciclicità con cui si manifesta. Sembra scontato che ogni singolo politico del PD sia certo di riscuotere successo e stima presso il popolo di sinistra se attacca,critica e spesso infama il nemico dei secoli,il Cavaliere.L'antiberlusconismo radicale diventa mantra di vita ma in realtà alimenta solo gli istinti beceri ed estremisti di una certa sacca di extra-parlamentari.
L'ultimo episodio si è avuto pochi giorni fa quando Berlusconi ha dichiarato ai quattro venti di voler candidarsi alle elezioni europee a capo di Forza Italia,rispettando una tradizione politica che lo ha visto sempre alla guida del suo partito ad ogni elezione avutasi dal 1994 ad oggi.Appena sussurate queste parole numerosi dirigenti del PD hanno iniziato il lancio di dichiarazioni sull'argomento e il tenore generale era sempre lo stesso.Attacco al Cavaliere e critica quasi divertita del suo pensiero.Tutti ordinavano a Berlusconi di rassegnarsi,la legge Severino lo estromette dal Parlamento e gli vieta di candidarsi a qualsiasi elezione politica.Anche i ricchi devono rispettare la legge questo è il principio che emerge dalle parole degli esponenti PD. Poco dopo è cominciata la corsa.Ogni membro PD desiderava dire la propria sul Cavaliere,ogni capo-corrente era lì presente ad urlare parole di vergogna e odio per un avversario politico odiato.
Chi invocava la sacra giustizia,chi invitava,ancora,la magistratura ad intervenire,chi addirittura spingeva per un provvediemento ad hoc del Capo dello Stato o della stessa Unione Europea per liberarci dal fantasma mostruoso del Cavaliere.Uno spettacolo davvero paradossale.Mentre in questi giorni infatti Berlusconi era assente dalla scena politica e tutti gli occhi erano attenti sulle gesta internazionali del neo Premier Renzi, i geni del Pd,perchè solo di geni si può parlare, hanno fatto in modo da far tornare alla ribalta il Cavaliere,offrendogli le sponde necessarie per alzare toni e pensieri.Un partito serio,con politici seri avrebbe dovuto fare tutt'altro.O tacere o usare poche e scarne parole: la questione non ci interessa,della candidatura di Berlusconi se ne occupi la Giunta preposta.Questo è il pensiero che un movimento politico serio avrebbe dovuto generare.In questo modo l'ennesima infezione-Berlusconi sarebbe stata bloccata sul nascere.Invece nulla.Il PD se non chiacchiera sul Cavaliere sembra davvero non aver nulla da dire ai suoi elettori.Che amara e triste constatazione.
Il confine sottile tra successo e fallimento.
di Beppe Mazzei
Spesso sono i dettagli a fare grande una riforma.
Quando si pone in essere un provvedimento legislativo di grande portata,come ad esempio una riforma che abbracci la struttura dello Stato o la stessa economia nazionale,molto spesso la procedura è sempre la stessa.L'istituzione competente annuncia la nuova,splendida riforma,i mass-media l publicizzano come un intervento già compiuto; passano alcuni mesi e la riforma sotto le spoglie di un sempice decreto legge o in rari casi in quelle miracolose di un legge ordinaria votata dal Parlamento diventa realtà. Ma non è finita perchè spesso tra la riforma pubblicizzata e quella divenuta realtà ci sono grosse differenze,diversità che aumentano quando nelle fase attuativa i vari regolamenti i vari strumenti amministartivi traducono in pratica ciò che la lettera teorica esprime.Finisce molto spesso che gli obiettivi iniziali vengono tralasciati o sempicemente sostituiti in modo quasi tacito. Dopo qualche mese tutti si accorgono che il provvedimento emesso non ha prodotto alcun beneficio e si esaurisce in un mezzo fallimento. L’opinione pubblica che all'inizio elogiava e incensava la riforma presentata adesso invece critica e boccia l'operato della classe politica,qualsiasi essa sia.Cosa impariamo da un sistema di tal tipo?
La risposta che abbiamo è una e sola ed è quella che nel mondo politica anglosassone viene definita accountability : ovvero il principio secondo cui il politico è responsabile non di cioò che promette ma di icò che alla fine effettivamente realizza nel concreto. In questo modo il grave malfunzionamento che affligge come un male incurabile il nostro paese può essere battuto.Lo slogan politico,l'annuncio televisivo ad uso e consumo dei media non significa fare politica.Significa solo creare consenso ma il consenso così come arriva,scappa via alla fine dei conti quando le riforme non diventano realtà. Molti sono ben coscienti che è la politica impotente unita ad una rigida infrastruttura amministrativa che opera al servizio della stessa a rendere immobile l'Italia. Quando si vocifera di una rivoluzione che mira a cambiare un settore della vita pubblica subito le caste e le lobby istituzionali si attivano per neutralizzarla e renderla innoqua; adoperandoi con tecniche e procedure complicate riescono quasi sempre a disinnescare il cambiamento e a bloccare il paese sul vortice dei loro interessi.
Un esempio chiaro sono i tanti provvedimenti varati dai governi Monti e Letta.Riforme partite e subito fermatesi.Riuscirà il governo di Renzi a sovvertire questi canoni? Fra qualche mese avremo le risposte che ci servono e capire se Renzi si rivelerà un politico serio e vincente oppure un’altra (l’ennesima) promessa mancata.Le carte di Renzi sono ottime: infatti egli gode sia dell'appoggio dell'opinione pubblica sia del sostegno di molti parlamentari che temono elezioni anticipate quindi il rischio di non risedersi a Montecitorio. Il carisma è una qualità che egli possiede da se,ma il carisma come la giovinezza è un qualcosa che passa in fretta,che può sfiorire d'un tratto.Ecco perchè Renzi ma tanta fretta di cambiare il paese,tra qualche anno può darsi che la sua leadership e il suo consenso non siano così elevati e quindi rischierebbe di sparire nel solito fallimento politico italiano.
Quando si pone in essere un provvedimento legislativo di grande portata,come ad esempio una riforma che abbracci la struttura dello Stato o la stessa economia nazionale,molto spesso la procedura è sempre la stessa.L'istituzione competente annuncia la nuova,splendida riforma,i mass-media l publicizzano come un intervento già compiuto; passano alcuni mesi e la riforma sotto le spoglie di un sempice decreto legge o in rari casi in quelle miracolose di un legge ordinaria votata dal Parlamento diventa realtà. Ma non è finita perchè spesso tra la riforma pubblicizzata e quella divenuta realtà ci sono grosse differenze,diversità che aumentano quando nelle fase attuativa i vari regolamenti i vari strumenti amministartivi traducono in pratica ciò che la lettera teorica esprime.Finisce molto spesso che gli obiettivi iniziali vengono tralasciati o sempicemente sostituiti in modo quasi tacito. Dopo qualche mese tutti si accorgono che il provvedimento emesso non ha prodotto alcun beneficio e si esaurisce in un mezzo fallimento. L’opinione pubblica che all'inizio elogiava e incensava la riforma presentata adesso invece critica e boccia l'operato della classe politica,qualsiasi essa sia.Cosa impariamo da un sistema di tal tipo?
La risposta che abbiamo è una e sola ed è quella che nel mondo politica anglosassone viene definita accountability : ovvero il principio secondo cui il politico è responsabile non di cioò che promette ma di icò che alla fine effettivamente realizza nel concreto. In questo modo il grave malfunzionamento che affligge come un male incurabile il nostro paese può essere battuto.Lo slogan politico,l'annuncio televisivo ad uso e consumo dei media non significa fare politica.Significa solo creare consenso ma il consenso così come arriva,scappa via alla fine dei conti quando le riforme non diventano realtà. Molti sono ben coscienti che è la politica impotente unita ad una rigida infrastruttura amministrativa che opera al servizio della stessa a rendere immobile l'Italia. Quando si vocifera di una rivoluzione che mira a cambiare un settore della vita pubblica subito le caste e le lobby istituzionali si attivano per neutralizzarla e renderla innoqua; adoperandoi con tecniche e procedure complicate riescono quasi sempre a disinnescare il cambiamento e a bloccare il paese sul vortice dei loro interessi.
Un esempio chiaro sono i tanti provvedimenti varati dai governi Monti e Letta.Riforme partite e subito fermatesi.Riuscirà il governo di Renzi a sovvertire questi canoni? Fra qualche mese avremo le risposte che ci servono e capire se Renzi si rivelerà un politico serio e vincente oppure un’altra (l’ennesima) promessa mancata.Le carte di Renzi sono ottime: infatti egli gode sia dell'appoggio dell'opinione pubblica sia del sostegno di molti parlamentari che temono elezioni anticipate quindi il rischio di non risedersi a Montecitorio. Il carisma è una qualità che egli possiede da se,ma il carisma come la giovinezza è un qualcosa che passa in fretta,che può sfiorire d'un tratto.Ecco perchè Renzi ma tanta fretta di cambiare il paese,tra qualche anno può darsi che la sua leadership e il suo consenso non siano così elevati e quindi rischierebbe di sparire nel solito fallimento politico italiano.