TI CI PORTO IO....
a cura di Chiara Ciccone
Pompei.A pranzo come gli antichi romani.
di Chiara Ciccone
Degustazioni e piatti preparati con le ricette del 79 d.c.
Il ministro Franceschini ha inaugurato nei giorni scorsi un progetto della Coldiretti chiamato “Pompei Eatstory” che propone ai visitatori di scoprire il menu degli antichi romani e apprendere le attività di coltivazione e conservazione dei prodotti locali.E' prevista anche la degustazione e la possibilità di acquistare i prodotti preparati secondo le tecniche in uso del 79 d.C all'epoca dell'eruzione del Vesuvio. Cosa c'era sulla tavola dei Pompeiani?
C'erano molti ortaggi e verdure tra cui lattughe, cicoria, aglio, bietola, porri, zucca. Ma c'erano anche le focacce cotte con il garum, salsa ottenuta fermentando gli avanzi del pesce nel sale, una specialità pompeiana dell'epoca. Si trovavano anche pesce, frittata latte e miele, fichi secchi, e anche carne soprattutto di maiale, mucca e pecora.
Questo progetto porta alla scoperta di questo bellissimo sito archeologico tramite un itinerario che si snoda attraverso le domus e botteghe di Pompei. Il percorso parte dal Quadriportico dei teatri fino alla casa dei frutteti. Per vedere la frenetica vita quotidiana della città ci si ferma al thermopolium di Vetutius Placidus, un locale dove si servivano bevande e cibi caldi conservato nelle giare in muratura. Qui durante gli scavi, all'interno di una delle giare è stato ritrovato un tesoro di tre chili di monete.
Il ministro Franceschini ha inaugurato nei giorni scorsi un progetto della Coldiretti chiamato “Pompei Eatstory” che propone ai visitatori di scoprire il menu degli antichi romani e apprendere le attività di coltivazione e conservazione dei prodotti locali.E' prevista anche la degustazione e la possibilità di acquistare i prodotti preparati secondo le tecniche in uso del 79 d.C all'epoca dell'eruzione del Vesuvio. Cosa c'era sulla tavola dei Pompeiani?
C'erano molti ortaggi e verdure tra cui lattughe, cicoria, aglio, bietola, porri, zucca. Ma c'erano anche le focacce cotte con il garum, salsa ottenuta fermentando gli avanzi del pesce nel sale, una specialità pompeiana dell'epoca. Si trovavano anche pesce, frittata latte e miele, fichi secchi, e anche carne soprattutto di maiale, mucca e pecora.
Questo progetto porta alla scoperta di questo bellissimo sito archeologico tramite un itinerario che si snoda attraverso le domus e botteghe di Pompei. Il percorso parte dal Quadriportico dei teatri fino alla casa dei frutteti. Per vedere la frenetica vita quotidiana della città ci si ferma al thermopolium di Vetutius Placidus, un locale dove si servivano bevande e cibi caldi conservato nelle giare in muratura. Qui durante gli scavi, all'interno di una delle giare è stato ritrovato un tesoro di tre chili di monete.
Il tempio funerario di Hatshepsut.
di Chiara Ciccone
A Deir El Bahari c'è uno templi più spettacolari d'Egitto.
l tempio funerario della regina Hatshepsut chiamato anche djeser-djeseru che significa Santo fra i santi, si trova vicino alla Valle dei Re in Egitto dietro le scogliere di Deir el Bahari. Il tempio costruito dall'architetto della regina Hatshepsut Senenmut, è uno spettacolo mozzafiato in quanto gode di una posizione superba: l'edificio è disposto su tre terrazze sovrapposte per un'altezza totale di 35 metri. Ogni terrazza è composta da una doppia fila di colonne quadrate e tutte le terrazze sono collegate tra loro tramite lunghe rampe un tempio circondate da giardini con piante esotiche. Il tempio presenta anche delle sculture a bassorilievo che raccontano la storia dell'ascesa al potere della regina la prima donna faraone della storia egizia.
Anche se statue ed ornamenti sono stati rubati o distrutti, sappiamo che la struttura un tempo conteneva due statue di Osiride , un viale costellato di sfingi e molte altre sculture della regina in pose diverse: in piedi, seduta o in ginocchio. Molti di questi ritratti furono distrutti per ordine del figliastro Thutmose III dopo la sua morte.Questo spettacolare edificio rischiò di perdersi in quanto il successore della regina, il figliastro Thutmose III, danneggiò il luogo per rabbia in quanto la donna lo aveva allontanato dal trono. A metà del XIX secolo il tempio venne scoperto ma era in rovina e il suo aspetto attuale è opera di una squadra di archeologi polacchi ed egiziani che lo hanno restaurato negli anni 60. la ricostruzione però è molto discussa in quanto il tempio ha un taglio troppo moderno. È' stata ricreata solo la parte centrale che è privo del viale di processione fiancheggiato da sfingi che ne costitutiva l'ingresso.
Architettonicamente parlando, il tempio di Hatshepsut è considerato punto di incontro tra quella che doveva essere l’architettura egizia e l’architettura classica (greca e romana). È un vero e proprio punto di svolta per l’architettura egizia, che lascia la geometria megalitica dell’Antico regno per passare a degli edifici che permettano un culto più attivo. Il Tempio di Hatshepsut sarà un punto di partenza per tutti i templi del Nuovo Regno. La maggior parte dei visitatori sale direttamente al secondo cortile, ma è consigliabile prendersi il tempo per ammirare i rilievi che decorano il colonnato inferiore. Accanto al tempio principale si trovano le rovine del più antico tempio di Montuhotep II, il monarca dell'XI dinastia che unificò l'Egitto, e il tempio di Tutrnosi III, della XVIII dinastia.
l tempio funerario della regina Hatshepsut chiamato anche djeser-djeseru che significa Santo fra i santi, si trova vicino alla Valle dei Re in Egitto dietro le scogliere di Deir el Bahari. Il tempio costruito dall'architetto della regina Hatshepsut Senenmut, è uno spettacolo mozzafiato in quanto gode di una posizione superba: l'edificio è disposto su tre terrazze sovrapposte per un'altezza totale di 35 metri. Ogni terrazza è composta da una doppia fila di colonne quadrate e tutte le terrazze sono collegate tra loro tramite lunghe rampe un tempio circondate da giardini con piante esotiche. Il tempio presenta anche delle sculture a bassorilievo che raccontano la storia dell'ascesa al potere della regina la prima donna faraone della storia egizia.
Anche se statue ed ornamenti sono stati rubati o distrutti, sappiamo che la struttura un tempo conteneva due statue di Osiride , un viale costellato di sfingi e molte altre sculture della regina in pose diverse: in piedi, seduta o in ginocchio. Molti di questi ritratti furono distrutti per ordine del figliastro Thutmose III dopo la sua morte.Questo spettacolare edificio rischiò di perdersi in quanto il successore della regina, il figliastro Thutmose III, danneggiò il luogo per rabbia in quanto la donna lo aveva allontanato dal trono. A metà del XIX secolo il tempio venne scoperto ma era in rovina e il suo aspetto attuale è opera di una squadra di archeologi polacchi ed egiziani che lo hanno restaurato negli anni 60. la ricostruzione però è molto discussa in quanto il tempio ha un taglio troppo moderno. È' stata ricreata solo la parte centrale che è privo del viale di processione fiancheggiato da sfingi che ne costitutiva l'ingresso.
Architettonicamente parlando, il tempio di Hatshepsut è considerato punto di incontro tra quella che doveva essere l’architettura egizia e l’architettura classica (greca e romana). È un vero e proprio punto di svolta per l’architettura egizia, che lascia la geometria megalitica dell’Antico regno per passare a degli edifici che permettano un culto più attivo. Il Tempio di Hatshepsut sarà un punto di partenza per tutti i templi del Nuovo Regno. La maggior parte dei visitatori sale direttamente al secondo cortile, ma è consigliabile prendersi il tempo per ammirare i rilievi che decorano il colonnato inferiore. Accanto al tempio principale si trovano le rovine del più antico tempio di Montuhotep II, il monarca dell'XI dinastia che unificò l'Egitto, e il tempio di Tutrnosi III, della XVIII dinastia.
Un presunto Caravaggio ritrovato in Francia.
di Chiara Ciccone
A Tolosa scoperta una nuova versione della Giuditta e Oloferne.
Un nuovo quadro presunto del Caravaggio è stato trovato a Tolosa in Francia nel sottotetto di una vecchia casa. E’ una versione del famoso dipinto Giuditta e Oloferne simile a quello conservato a Palazzo Barberini a Roma nella galleria d’arte antica. I primi che pensano sia un’opera di Caravaggio sono gli esperti d’arte francesi e infatti il Ministero della cultura ha decretato il divieto di uscita del dipinto decretandolo patrimonio nazionale.
Il dipinto, si legge nel decreto ufficiale del governo, a quanto sembra, è rimasto nel dimenticatoio per 150 anni nel sottotetto di una casa di Tolosa ed è in ino stato di conservazione eccezionale. Il ritrovamento è avvenuto dopo una fuga d’acqua dalla soffitta. Il quadro faceva parte di una collezione privata i cui proprietari sono discendenti di un ufficiale dell’esercito napoleonico.Ora gli esperti hanno trenta mesi per capire se si tratta di un’opera di Caravaggio o di uno dei suoi seguaci.
Il Louvre sembra interessato al dipinto che sembra valere 120 milioni di euro.
Un nuovo quadro presunto del Caravaggio è stato trovato a Tolosa in Francia nel sottotetto di una vecchia casa. E’ una versione del famoso dipinto Giuditta e Oloferne simile a quello conservato a Palazzo Barberini a Roma nella galleria d’arte antica. I primi che pensano sia un’opera di Caravaggio sono gli esperti d’arte francesi e infatti il Ministero della cultura ha decretato il divieto di uscita del dipinto decretandolo patrimonio nazionale.
Il dipinto, si legge nel decreto ufficiale del governo, a quanto sembra, è rimasto nel dimenticatoio per 150 anni nel sottotetto di una casa di Tolosa ed è in ino stato di conservazione eccezionale. Il ritrovamento è avvenuto dopo una fuga d’acqua dalla soffitta. Il quadro faceva parte di una collezione privata i cui proprietari sono discendenti di un ufficiale dell’esercito napoleonico.Ora gli esperti hanno trenta mesi per capire se si tratta di un’opera di Caravaggio o di uno dei suoi seguaci.
Il Louvre sembra interessato al dipinto che sembra valere 120 milioni di euro.
L'antica biblioteca di Celso ad Efeso.
di Chiara Ciccone
Un raro esempio di monumento pubblico-funerario.
La biblioteca di Celso a Efeso fu realizzata in onore di Tiberio Giulio Celso Polemeano, un famoso personaggio che fece parte della politica romana e ricoprì tutte le carice previste dal cursus honorum.Questo edificio venne realizzato da Gaio Giulio Aquila, figlio di Celso in età traianea e costituisce anche il monumento sepolcrale di Celso in quanto la tomba si trovava al di sotto dell’edificio stesso. La biblioteca, che fu costruita per contenere 12.000, è stata costruita in una zona nevralgica della città a pochi passi dal grande agorà commerciale. Molto bella è la decorazione della facciata che prevede l’utilizzo di varie qualità di marmo e dove viene presentato lo schema tipico delle quinte scenografiche teatrali cioè vengono sovrapposti i colonnati di vario ordine che creano un particolare gioco di prospettive.
Nella facciata sono inoltre presenti in quattro nicchie le statue che celebrano le virtù di Celso: saggezza, virtù benevolenza e sapienza.L’edificio è importante in quanto è uno dei pochi esempi di biblioteca influenzata dallo stile romano e dimostra che questo tipo di edificio non venivano costruite solo a Roma ma in tutto l’impero. La biblioteca e tutti i suoi libri furono interamente distrutti a causa di un terremoto nel 262 dopo il quale rimase in piedi solo la facciata che nel 400 d.C venne trasformata in ninfeo.In un complesso restauro che si ritiene abbia restituito con molta fedeltà l'aspetto originale, la facciata anteriore è stata totalmente ricostruita per anastilosi nel corso degli anni 1960 e 1970 e serve ora come un primo esempio di architettura romana pubblica. La Biblioteca di Celso può servire da modello per altre, meno ben conservate, biblioteche in altre parti dell'Impero, perché è possibile che diverse collezioni letterarie siano state alloggiate in altre città romane a beneficio di studenti e di viandanti romani. Queste librerie potrebbero anche aver ospitato raccolte di documenti di interesse locale, se non furono distrutti durante la conquista romana.
L'edificio è composto da un'unica sala che si affaccia ad est verso il sole del mattino, come Vitruvio consigliava, a beneficio dei mattinieri. La biblioteca è costruita su una piattaforma, con nove gradini lungo l'intera larghezza della costruzione e che conducono a tre ingressi frontali. L'ingresso centrale è più grande dei due laterali e tutti sono decorati con finestre superiori. Ai fianchi degli ingressi ci sono quattro coppie di colonne ioniche elevate su piedistalli. Una serie di colonne corinzie sono poste direttamente sopra la prima serie, aggiungendo altezza all'edificio. Le coppie di colonne del secondo piano affiancano le finestre nello stesso modo che le colonne del primo piano affiancano le porte e inoltre creano nicchie che avrebbero ospitato le statue. Si pensa ci possa essere stata una terza serie di colonne, ma oggi ce ne sono solo dueQuesto tipo di facciata con telai incassati e nicchie per statue è simile a quella che si trova negli antichi teatri greci ed è quindi caratterizzata come "scenografica".
La biblioteca di Celso a Efeso fu realizzata in onore di Tiberio Giulio Celso Polemeano, un famoso personaggio che fece parte della politica romana e ricoprì tutte le carice previste dal cursus honorum.Questo edificio venne realizzato da Gaio Giulio Aquila, figlio di Celso in età traianea e costituisce anche il monumento sepolcrale di Celso in quanto la tomba si trovava al di sotto dell’edificio stesso. La biblioteca, che fu costruita per contenere 12.000, è stata costruita in una zona nevralgica della città a pochi passi dal grande agorà commerciale. Molto bella è la decorazione della facciata che prevede l’utilizzo di varie qualità di marmo e dove viene presentato lo schema tipico delle quinte scenografiche teatrali cioè vengono sovrapposti i colonnati di vario ordine che creano un particolare gioco di prospettive.
Nella facciata sono inoltre presenti in quattro nicchie le statue che celebrano le virtù di Celso: saggezza, virtù benevolenza e sapienza.L’edificio è importante in quanto è uno dei pochi esempi di biblioteca influenzata dallo stile romano e dimostra che questo tipo di edificio non venivano costruite solo a Roma ma in tutto l’impero. La biblioteca e tutti i suoi libri furono interamente distrutti a causa di un terremoto nel 262 dopo il quale rimase in piedi solo la facciata che nel 400 d.C venne trasformata in ninfeo.In un complesso restauro che si ritiene abbia restituito con molta fedeltà l'aspetto originale, la facciata anteriore è stata totalmente ricostruita per anastilosi nel corso degli anni 1960 e 1970 e serve ora come un primo esempio di architettura romana pubblica. La Biblioteca di Celso può servire da modello per altre, meno ben conservate, biblioteche in altre parti dell'Impero, perché è possibile che diverse collezioni letterarie siano state alloggiate in altre città romane a beneficio di studenti e di viandanti romani. Queste librerie potrebbero anche aver ospitato raccolte di documenti di interesse locale, se non furono distrutti durante la conquista romana.
L'edificio è composto da un'unica sala che si affaccia ad est verso il sole del mattino, come Vitruvio consigliava, a beneficio dei mattinieri. La biblioteca è costruita su una piattaforma, con nove gradini lungo l'intera larghezza della costruzione e che conducono a tre ingressi frontali. L'ingresso centrale è più grande dei due laterali e tutti sono decorati con finestre superiori. Ai fianchi degli ingressi ci sono quattro coppie di colonne ioniche elevate su piedistalli. Una serie di colonne corinzie sono poste direttamente sopra la prima serie, aggiungendo altezza all'edificio. Le coppie di colonne del secondo piano affiancano le finestre nello stesso modo che le colonne del primo piano affiancano le porte e inoltre creano nicchie che avrebbero ospitato le statue. Si pensa ci possa essere stata una terza serie di colonne, ma oggi ce ne sono solo dueQuesto tipo di facciata con telai incassati e nicchie per statue è simile a quella che si trova negli antichi teatri greci ed è quindi caratterizzata come "scenografica".
In Inghilterra scoperta nuova Stonehenge.
di Chiara Ciccone
Torna alla luce uno dei più grandi siti del mondo.
Gli archeologi hanno scoperto, a tre km dal celebre sito di Stonehenge un altro sito che sembra essere il piu grande del paese.I media inglesi lo hanno definito “super recinto” in quanto si tratta di 90 monoliti e molte delle quali si trovano sottoterra a meno di un metro di profondità. Queste pietre appunto creano cosi un recinto lungo 500 metri e la loro disposizione ricorda la lettera “C”
Gli studiosi sono convinti che il sito in origine era composto da 200 pietre, molte delle quali ora sono state utilizzate per creare proprio il sito di Stonange. Questo fa presumere che questo sito fosse anteriore proprio a Stonange.
Gli studiosi hanno analizzato tutto questo in un progetto durato 5 anni, creando una vera e propria mappa al computer e arrivando alla conclusione che questo “circuito” fosse usato per scopi rituali e per cerimonie oppure per riunire tutta la popolazione per prendere decisioni importanti.Fatto sta che questo aggiunge un nuovo capitolo a questo straordinario sito della Gran Bretagna e siamo certi che Stonange ci regalerà ancora scoperte interessanti!
Gli archeologi hanno scoperto, a tre km dal celebre sito di Stonehenge un altro sito che sembra essere il piu grande del paese.I media inglesi lo hanno definito “super recinto” in quanto si tratta di 90 monoliti e molte delle quali si trovano sottoterra a meno di un metro di profondità. Queste pietre appunto creano cosi un recinto lungo 500 metri e la loro disposizione ricorda la lettera “C”
Gli studiosi sono convinti che il sito in origine era composto da 200 pietre, molte delle quali ora sono state utilizzate per creare proprio il sito di Stonange. Questo fa presumere che questo sito fosse anteriore proprio a Stonange.
Gli studiosi hanno analizzato tutto questo in un progetto durato 5 anni, creando una vera e propria mappa al computer e arrivando alla conclusione che questo “circuito” fosse usato per scopi rituali e per cerimonie oppure per riunire tutta la popolazione per prendere decisioni importanti.Fatto sta che questo aggiunge un nuovo capitolo a questo straordinario sito della Gran Bretagna e siamo certi che Stonange ci regalerà ancora scoperte interessanti!
Fontana di Trevi.Riprendono i restauri.
di Chiara Ciccone
Finalmente libera la facciata della fontana romana.
A un anno dall’inizio dei lavori di restauro della celebre Fontana di Trevi, finanziato dalla maison di moda Fendi, la facciata viene liberata dai ponteggi e ritorna a essere visibile ai moltissimi turisti che ogni giorno affollano la piazza.
I lavori ora proseguiranno nella parte inferiore della fontana in particolare gli operai si dedicheranno alla scogliera dove si trova la scultura del titano Oceano per poi proseguire alla vasca che tornerà a riempirsi di acqua.
I turisti potevano e possono tutt’ora vedere il proseguimento dei lavori salendo su un ponte che circonda l’intero monumento.La fine dei lavori è previsto probabilmente a ottobre.Castro.
A un anno dall’inizio dei lavori di restauro della celebre Fontana di Trevi, finanziato dalla maison di moda Fendi, la facciata viene liberata dai ponteggi e ritorna a essere visibile ai moltissimi turisti che ogni giorno affollano la piazza.
I lavori ora proseguiranno nella parte inferiore della fontana in particolare gli operai si dedicheranno alla scogliera dove si trova la scultura del titano Oceano per poi proseguire alla vasca che tornerà a riempirsi di acqua.
I turisti potevano e possono tutt’ora vedere il proseguimento dei lavori salendo su un ponte che circonda l’intero monumento.La fine dei lavori è previsto probabilmente a ottobre.Castro.
Castro.Scoperta statua della dea Minerva.
di Chiara Ciccone
La cittadina pugliese fu l'approdo di Enea in Italia.
Ritrovata in un piccolo centro del basso Salento a Castro la statua della dea Minerva. Questo conferma quello che scrisse Virgilio nell’Eneide dove diceva che c’era la “rocca con il tempio di Minerva” dove approdò Enea in fuga da Troia.
La statua, un busto di una figura femminile, finemente drappeggiata secondo gli archeologi che l’hanno scoperta a tre metri sotto terra è di pregevole fattura e viene datata al terzo secolo a.C raffigurerebbe la dea Minerva a cui era dedicato il tempio di cui parla Virgilio.
Di quello portato alla luce fino a ora manca la testa e la parte inferiore del corpo, ma secondo gli archeologi, i pezzi mancanti potrebbero essere nei paraggi. Nei giorni precedenti infatti è stato recuperano un braccio e una falange di un dito della mano.
La figura intera dovrebbe essere di 4 metri compreso il piedistallo ed è stata scoperta adagiata su un lato questo fa pensare che sia stata sotterrata di proposito per conservare le tracce della statua anche dopo la demolizione dell’edificio templare dove era esposta.Questa scoperta confermerebbe l’esatta dislocazione dell’approdo di Enea.
Ritrovata in un piccolo centro del basso Salento a Castro la statua della dea Minerva. Questo conferma quello che scrisse Virgilio nell’Eneide dove diceva che c’era la “rocca con il tempio di Minerva” dove approdò Enea in fuga da Troia.
La statua, un busto di una figura femminile, finemente drappeggiata secondo gli archeologi che l’hanno scoperta a tre metri sotto terra è di pregevole fattura e viene datata al terzo secolo a.C raffigurerebbe la dea Minerva a cui era dedicato il tempio di cui parla Virgilio.
Di quello portato alla luce fino a ora manca la testa e la parte inferiore del corpo, ma secondo gli archeologi, i pezzi mancanti potrebbero essere nei paraggi. Nei giorni precedenti infatti è stato recuperano un braccio e una falange di un dito della mano.
La figura intera dovrebbe essere di 4 metri compreso il piedistallo ed è stata scoperta adagiata su un lato questo fa pensare che sia stata sotterrata di proposito per conservare le tracce della statua anche dopo la demolizione dell’edificio templare dove era esposta.Questa scoperta confermerebbe l’esatta dislocazione dell’approdo di Enea.
Riapre la villa romana sull'isola di Giannutri.
di Chiara Ciccone
Vista mozzafiato dall'edificio più alto d'America.
Il 29 Maggio è stato inaugurato l’osservatorio della Freedom Tower a New York, che ha preso il posto delle Torri Gemelle abbattute nell’attentato l’11 settembre 2001, è ora il grattacielo più alto d’America.
Dall’osservatorio a quasi 400 metri d’altezza si avrà una vista mozzafiato di New York e nelle giornate limpide si potrà vedere fino a 80 chilometri tutt’intorno. A differenza Dell’osservatorio dell’ Empire State Building che si trova più a nord, questo osservatorio permette di vedere tutto quello che si estende a sud di Manhattan e in una giornata limpida si potrà vedere liberty Island dove si trova la statua della libertà, Ellis Island, storico approdo degli immigrati fino alla metà del 900, Staten Island e la costa del New Jersey
La visita inizierà con una mostra interattiva in alta definizione dove viene descritta la costruzione della torre e di chi ha lavorato alla costruzione della stessa. Una visita che continuerà all’insegna della tecnologia in quanto verranno proiettate le immagini della città in tempo reale sul pavimento e poi il City Pulse, un cerchio in cui si potrà osservare come è cambiata New York nel corso degli anni. Infine i visitatori prenderanno uno dei 5 ascensori che percorrono il tragitto dal piano terra fino al 102 piano in soli 60 secondi, i più veloci al mondo!Una nuova esperienza che si aggiunge alle altre quando si visita una magnifica città come New York!
Il 29 Maggio è stato inaugurato l’osservatorio della Freedom Tower a New York, che ha preso il posto delle Torri Gemelle abbattute nell’attentato l’11 settembre 2001, è ora il grattacielo più alto d’America.
Dall’osservatorio a quasi 400 metri d’altezza si avrà una vista mozzafiato di New York e nelle giornate limpide si potrà vedere fino a 80 chilometri tutt’intorno. A differenza Dell’osservatorio dell’ Empire State Building che si trova più a nord, questo osservatorio permette di vedere tutto quello che si estende a sud di Manhattan e in una giornata limpida si potrà vedere liberty Island dove si trova la statua della libertà, Ellis Island, storico approdo degli immigrati fino alla metà del 900, Staten Island e la costa del New Jersey
La visita inizierà con una mostra interattiva in alta definizione dove viene descritta la costruzione della torre e di chi ha lavorato alla costruzione della stessa. Una visita che continuerà all’insegna della tecnologia in quanto verranno proiettate le immagini della città in tempo reale sul pavimento e poi il City Pulse, un cerchio in cui si potrà osservare come è cambiata New York nel corso degli anni. Infine i visitatori prenderanno uno dei 5 ascensori che percorrono il tragitto dal piano terra fino al 102 piano in soli 60 secondi, i più veloci al mondo!Una nuova esperienza che si aggiunge alle altre quando si visita una magnifica città come New York!
New York.Apre la Freedom Tower.
di Chiara Ciccone
Vista mozzafiato dall'edificio più alto d'America.
Il 29 Maggio è stato inaugurato l’osservatorio della Freedom Tower a New York, che ha preso il posto delle Torri Gemelle abbattute nell’attentato l’11 settembre 2001, è ora il grattacielo più alto d’America.
Dall’osservatorio a quasi 400 metri d’altezza si avrà una vista mozzafiato di New York e nelle giornate limpide si potrà vedere fino a 80 chilometri tutt’intorno. A differenza Dell’osservatorio dell’ Empire State Building che si trova più a nord, questo osservatorio permette di vedere tutto quello che si estende a sud di Manhattan e in una giornata limpida si potrà vedere liberty Island dove si trova la statua della libertà, Ellis Island, storico approdo degli immigrati fino alla metà del 900, Staten Island e la costa del New Jersey
La visita inizierà con una mostra interattiva in alta definizione dove viene descritta la costruzione della torre e di chi ha lavorato alla costruzione della stessa. Una visita che continuerà all’insegna della tecnologia in quanto verranno proiettate le immagini della città in tempo reale sul pavimento e poi il City Pulse, un cerchio in cui si potrà osservare come è cambiata New York nel corso degli anni. Infine i visitatori prenderanno uno dei 5 ascensori che percorrono il tragitto dal piano terra fino al 102 piano in soli 60 secondi, i più veloci al mondo!Una nuova esperienza che si aggiunge alle altre quando si visita una magnifica città come New York!
Il 29 Maggio è stato inaugurato l’osservatorio della Freedom Tower a New York, che ha preso il posto delle Torri Gemelle abbattute nell’attentato l’11 settembre 2001, è ora il grattacielo più alto d’America.
Dall’osservatorio a quasi 400 metri d’altezza si avrà una vista mozzafiato di New York e nelle giornate limpide si potrà vedere fino a 80 chilometri tutt’intorno. A differenza Dell’osservatorio dell’ Empire State Building che si trova più a nord, questo osservatorio permette di vedere tutto quello che si estende a sud di Manhattan e in una giornata limpida si potrà vedere liberty Island dove si trova la statua della libertà, Ellis Island, storico approdo degli immigrati fino alla metà del 900, Staten Island e la costa del New Jersey
La visita inizierà con una mostra interattiva in alta definizione dove viene descritta la costruzione della torre e di chi ha lavorato alla costruzione della stessa. Una visita che continuerà all’insegna della tecnologia in quanto verranno proiettate le immagini della città in tempo reale sul pavimento e poi il City Pulse, un cerchio in cui si potrà osservare come è cambiata New York nel corso degli anni. Infine i visitatori prenderanno uno dei 5 ascensori che percorrono il tragitto dal piano terra fino al 102 piano in soli 60 secondi, i più veloci al mondo!Una nuova esperienza che si aggiunge alle altre quando si visita una magnifica città come New York!
Il meraviglioso Teatro greco di Siracusa.
di Chiara Ciccone
Un gioiello antico usato anche in epoca moderna.
Il teatro di Siracusa venne costruito nel V secolo a.C. all’interno del parco archeologico della Neapolis , venne ricostruito nel III secolo e ricostruito nuovamente in epoca Romana.Il mimografo Sofrone menziona l’esistenza di un teatro a Siracusa alla fine del V secolo a.C che cita anche il nome dell’architetto che fece anche spargere degli unguenti per l’inaugurazione.E’ certo che un teatro a Siracusa fosse gia utilizzato fin dal periodo proto classico e sembra che li si sia svolta l’attività teatrale di Epicarmo, Formide e Deinologo.Si pensa che in quell’epoca il teatro non avesse ancora la forma di semicerchio che diventerà canonica dalla fine del IV secolo e nel corso del III secolo ma potesse essere costruito da gradinate rettilinee disposte a trapezio.L’edificio venne ristrutturato nel III secolo a.C dopo il 238 e venne rifatto nella forma in cui lo vediamo oggi che è stata tenendo conto della forma naturale del colle Temenite e della possibilità di sfruttare al meglio l’acustica.
Un’altra caratteristica dei teatri greci è anche la valorizzazione della vista panoramica offrendo la visione dell’arco, del porto e dell’isola di Ortigia. La cavea era in origine costruita da 67 ordini di gradini scavati, per la maggior parte, nella roccia, e divisi in 9 settori da scalinate. Sulle recinzioni sono incisi i nomi delle divinità e dei membri della famiglia reale. Le file di gradini superiori, oggi scomparse, poggiavano su un terrapieno. Sull’asse centrale della gradinata è scavata nella roccia una parte che ha consentito la realizzazione di una tribuna destinata forse a personaggi di rilievo.La scena è scomparsa sono solo visibili i tagli presenti nella roccia. Faceva parte della decorazione la statua di una cariatide oggi conservata al Museo archeologico regionale Paolo Orsi.Al di sopra del teatro, si trova una terrazza, scavata nella roccia, accessibile da una gradinata centrale e da una strada incassata, nota come "via dei Sepolcri". in origine la terrazza ospitava un grande portico ad L. Al centro della parete di fondo fu inquadrata una preesistente grotta-ninfeo scavata nella roccia, fiancheggiata da nicchie destinate probabilmente ad ospitare statue e in origine probabilmente inserita tra membrature architettoniche di ordine dorico intagliate nella parete.Importanti modifiche furono attuate nel teatro nella prima età augustea . La cavea venne modificata in forma semicircolare, tipica dei teatri romani, anziché a ferro di cavallo, come d'uso per i teatri greci e furono realizzati i corridoi che permettevano l'accesso all'edificio scenico.
La stessa scena venne ricostruita in forme monumentali con nicchia rettangolare al centro e due nicchie a pianta semicircolare sui lati, nelle quali si aprivano le porte sceniche. Fu inoltre scavata una nuova fossa per il sipario, con la sua camera di manovra. Nell'orchestra venne interrato l'antico euripo, sostituito da un nuovo canale, molto più stretto e a ridosso dei gradini della cavea, ampliando il diametro da 16 m a 21,40 m. La decorazione della scena subì forse dei rifacimenti nelle epoche successive.Pre lunghi secoli il teatro venne abbandonato e subì, a partire dal 1526, una spogliazione ad opera degli spagnoli di Carlo V che sfruttarono i blocchi di pietra tagliati per la costruzione di nuove fortificazioni. Nel settecento riprese l’interesse per il teatro che venne riprodotto per opera degli eruditi dell’epoca.Dal 1914 con la nascita dell'INDA lo spazio scenico del teatro greco è stato utilizzato prevalentemente per le cosiddette "rappresentazioni classiche" di tragedie e commedie greche, seguendo i dettami della tradizione. Salvo pochi utilizzi per concerti o premiazioni ufficiali come il Premio Vittorini, il teatro è stato sempre limitato nel suo utilizzo in ragione della sua conservazione.Nel 2014 l'Assessorato Regionale ai Beni Culturali ha autorizzato l'utilizzo del teatro per spettacoli estivi di musica, lirica e danza.
Il teatro di Siracusa venne costruito nel V secolo a.C. all’interno del parco archeologico della Neapolis , venne ricostruito nel III secolo e ricostruito nuovamente in epoca Romana.Il mimografo Sofrone menziona l’esistenza di un teatro a Siracusa alla fine del V secolo a.C che cita anche il nome dell’architetto che fece anche spargere degli unguenti per l’inaugurazione.E’ certo che un teatro a Siracusa fosse gia utilizzato fin dal periodo proto classico e sembra che li si sia svolta l’attività teatrale di Epicarmo, Formide e Deinologo.Si pensa che in quell’epoca il teatro non avesse ancora la forma di semicerchio che diventerà canonica dalla fine del IV secolo e nel corso del III secolo ma potesse essere costruito da gradinate rettilinee disposte a trapezio.L’edificio venne ristrutturato nel III secolo a.C dopo il 238 e venne rifatto nella forma in cui lo vediamo oggi che è stata tenendo conto della forma naturale del colle Temenite e della possibilità di sfruttare al meglio l’acustica.
Un’altra caratteristica dei teatri greci è anche la valorizzazione della vista panoramica offrendo la visione dell’arco, del porto e dell’isola di Ortigia. La cavea era in origine costruita da 67 ordini di gradini scavati, per la maggior parte, nella roccia, e divisi in 9 settori da scalinate. Sulle recinzioni sono incisi i nomi delle divinità e dei membri della famiglia reale. Le file di gradini superiori, oggi scomparse, poggiavano su un terrapieno. Sull’asse centrale della gradinata è scavata nella roccia una parte che ha consentito la realizzazione di una tribuna destinata forse a personaggi di rilievo.La scena è scomparsa sono solo visibili i tagli presenti nella roccia. Faceva parte della decorazione la statua di una cariatide oggi conservata al Museo archeologico regionale Paolo Orsi.Al di sopra del teatro, si trova una terrazza, scavata nella roccia, accessibile da una gradinata centrale e da una strada incassata, nota come "via dei Sepolcri". in origine la terrazza ospitava un grande portico ad L. Al centro della parete di fondo fu inquadrata una preesistente grotta-ninfeo scavata nella roccia, fiancheggiata da nicchie destinate probabilmente ad ospitare statue e in origine probabilmente inserita tra membrature architettoniche di ordine dorico intagliate nella parete.Importanti modifiche furono attuate nel teatro nella prima età augustea . La cavea venne modificata in forma semicircolare, tipica dei teatri romani, anziché a ferro di cavallo, come d'uso per i teatri greci e furono realizzati i corridoi che permettevano l'accesso all'edificio scenico.
La stessa scena venne ricostruita in forme monumentali con nicchia rettangolare al centro e due nicchie a pianta semicircolare sui lati, nelle quali si aprivano le porte sceniche. Fu inoltre scavata una nuova fossa per il sipario, con la sua camera di manovra. Nell'orchestra venne interrato l'antico euripo, sostituito da un nuovo canale, molto più stretto e a ridosso dei gradini della cavea, ampliando il diametro da 16 m a 21,40 m. La decorazione della scena subì forse dei rifacimenti nelle epoche successive.Pre lunghi secoli il teatro venne abbandonato e subì, a partire dal 1526, una spogliazione ad opera degli spagnoli di Carlo V che sfruttarono i blocchi di pietra tagliati per la costruzione di nuove fortificazioni. Nel settecento riprese l’interesse per il teatro che venne riprodotto per opera degli eruditi dell’epoca.Dal 1914 con la nascita dell'INDA lo spazio scenico del teatro greco è stato utilizzato prevalentemente per le cosiddette "rappresentazioni classiche" di tragedie e commedie greche, seguendo i dettami della tradizione. Salvo pochi utilizzi per concerti o premiazioni ufficiali come il Premio Vittorini, il teatro è stato sempre limitato nel suo utilizzo in ragione della sua conservazione.Nel 2014 l'Assessorato Regionale ai Beni Culturali ha autorizzato l'utilizzo del teatro per spettacoli estivi di musica, lirica e danza.
Grande mostra di Palazzo Reale a Milano.
di Chiara Ciccone
Dai Visconti agli Sforza.Esposizione sulle origini della città.
E’ iniziata il 12 marzo e continuerà fino al 28 giugno la mostra “dai Visconti agli Sforza” a Palazzo Reale a Milano.La mostra riprende quella già fatta nel 1958 sempre nella stessa sede quando le sale del Palazzo Reale furono ristrutturate da poco a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale.
La mostra in quel tempo ospitava un bel numero di opere frutto di un lavoro di ricerca e restauro del patrimonio artistico.La mostra attuale ricalca quella passata ma è centralizzata soprattutto su Milano e sulla Lombardia e sulle radici dell’Europa moderna prendendo in considerazione lo stesso tema ossia la signoria dei Visconti e degli Sforza fino all’arrivo dei francesi.
L’esposizione si svolge a tappe in ordine cronologico prendendo in considerazione la produzione artistica in particolare la pittura, la scultura, l’oreficeria, i libri, il ricamo.Vengono esplorati due secoli straordinari di storia milanese e lombarda, il primo momento di realizzazione di una civiltà dal respiro europeo. Tutto questo a poche settimane dall’apertura dall’Expo che andrà in scena proprio a Milano e celebrerà l’internazionalità e la scoperta delle origini di questa città.
E’ iniziata il 12 marzo e continuerà fino al 28 giugno la mostra “dai Visconti agli Sforza” a Palazzo Reale a Milano.La mostra riprende quella già fatta nel 1958 sempre nella stessa sede quando le sale del Palazzo Reale furono ristrutturate da poco a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale.
La mostra in quel tempo ospitava un bel numero di opere frutto di un lavoro di ricerca e restauro del patrimonio artistico.La mostra attuale ricalca quella passata ma è centralizzata soprattutto su Milano e sulla Lombardia e sulle radici dell’Europa moderna prendendo in considerazione lo stesso tema ossia la signoria dei Visconti e degli Sforza fino all’arrivo dei francesi.
L’esposizione si svolge a tappe in ordine cronologico prendendo in considerazione la produzione artistica in particolare la pittura, la scultura, l’oreficeria, i libri, il ricamo.Vengono esplorati due secoli straordinari di storia milanese e lombarda, il primo momento di realizzazione di una civiltà dal respiro europeo. Tutto questo a poche settimane dall’apertura dall’Expo che andrà in scena proprio a Milano e celebrerà l’internazionalità e la scoperta delle origini di questa città.
Milano-Expo.Musei gratis ogni giorno.
di Chiara Ciccone
Castello Sforzesco,Museo del 900,tutto aperto e gratis per l'Expo.
Milano si prepara all’Expo e vuole aprire le porte dei suoi musei anche di sera e far ammirare ai visitatori anche a orari insoliti i capolavori presenti in città.I tantissimi visitatori che arriveranno in città da maggio a ottobre potranno accedere, se sarà possibile, di sera, al Cenacolo a Santa Maria delle Grazie di Leonardo da Vinci che lo dipinse per due anni dopo il 1495.L’obiettivo sarà quello di coinvolgere un altro genio dell’arte, Michelangelo mostrando al pubblico la sua opera incompiuta la Pieta Rondanini visitabile al Castello Sforzesco.I musei che potrebbero essere coinvolti in questo progetto di aperture serali sarebbero inoltre il Museo del 900 e il Museo archeologico se non ci saranno problemi economici.
Tutti sanno che la cultura sarà uno dei capisaldi di Expo Milano 2015, oltre al cibo, tema portante della manifestazione. Il visitatore potrà conoscere non solo Expo, ma anche la città che lo ospita, con mostre a Palazzo Reale, al Castello e alla Pinacoteca di Brera e con nuovi spazi espositivi come il Museo delle Culture e la Fondazione Prada. Leonardo e Michelangelo, però, sono due capisaldi che Milano, per un evento mondiale unico nella sua storia, non può e non deve tralasciare. Il turista che giunge a Milano basa la sua visita sull'asse Duomo-Cordusio-Cadorna-Cenacolo e tutti sanno quanto il genio toscano abbia fatto per la nostra città negli anni di Ludovico il Moro: il passaggio obbligato sarà proprio l'ex refettorio di Santa Maria delle Grazie, il quale, al momento, ha il piccolo difetto di chiudere sempre alle 19, troppo poco per un evento come Expo.
Da qui la proposta di estendere gli orari di apertura anche alla sera: la Sovrintendenza, in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali, sta studiando di estendere l'orario di apertura fino alle 22-22.30, senza modificare il numero di visitatori che, ogni quarto d'ora, entrano ad ammirare il capolavoro leonardesco. Ora è caccia agli sponsor che, a livello economico, sostengano i costi dell'operazione con alcune manifestazioni correlate atte ad attirare pubblico, ma si sta dialogando anche con i sindacati per valutare l'impegno extra dei lavoratori.Il Comune di Milano, tramite l'assessore alla Cultura Filippo Del Corno, sta valutando le iniziative in relazione ai costi. Il primo passo sarebbe estendere gli orari di apertura delle Civiche Raccolte d'Arte del Castello con speciali occasioni di visite guidate, naturalmente partendo dal vecchio ospedale spagnolo interno alla fortezza, dove verrà trasferita la Pietà Rondanini: i lavori sono ancora in corso e, ora, come per i cantieri dell'area di Rho-Pero, si corre per finire tutto in tempo.
Milano si prepara all’Expo e vuole aprire le porte dei suoi musei anche di sera e far ammirare ai visitatori anche a orari insoliti i capolavori presenti in città.I tantissimi visitatori che arriveranno in città da maggio a ottobre potranno accedere, se sarà possibile, di sera, al Cenacolo a Santa Maria delle Grazie di Leonardo da Vinci che lo dipinse per due anni dopo il 1495.L’obiettivo sarà quello di coinvolgere un altro genio dell’arte, Michelangelo mostrando al pubblico la sua opera incompiuta la Pieta Rondanini visitabile al Castello Sforzesco.I musei che potrebbero essere coinvolti in questo progetto di aperture serali sarebbero inoltre il Museo del 900 e il Museo archeologico se non ci saranno problemi economici.
Tutti sanno che la cultura sarà uno dei capisaldi di Expo Milano 2015, oltre al cibo, tema portante della manifestazione. Il visitatore potrà conoscere non solo Expo, ma anche la città che lo ospita, con mostre a Palazzo Reale, al Castello e alla Pinacoteca di Brera e con nuovi spazi espositivi come il Museo delle Culture e la Fondazione Prada. Leonardo e Michelangelo, però, sono due capisaldi che Milano, per un evento mondiale unico nella sua storia, non può e non deve tralasciare. Il turista che giunge a Milano basa la sua visita sull'asse Duomo-Cordusio-Cadorna-Cenacolo e tutti sanno quanto il genio toscano abbia fatto per la nostra città negli anni di Ludovico il Moro: il passaggio obbligato sarà proprio l'ex refettorio di Santa Maria delle Grazie, il quale, al momento, ha il piccolo difetto di chiudere sempre alle 19, troppo poco per un evento come Expo.
Da qui la proposta di estendere gli orari di apertura anche alla sera: la Sovrintendenza, in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali, sta studiando di estendere l'orario di apertura fino alle 22-22.30, senza modificare il numero di visitatori che, ogni quarto d'ora, entrano ad ammirare il capolavoro leonardesco. Ora è caccia agli sponsor che, a livello economico, sostengano i costi dell'operazione con alcune manifestazioni correlate atte ad attirare pubblico, ma si sta dialogando anche con i sindacati per valutare l'impegno extra dei lavoratori.Il Comune di Milano, tramite l'assessore alla Cultura Filippo Del Corno, sta valutando le iniziative in relazione ai costi. Il primo passo sarebbe estendere gli orari di apertura delle Civiche Raccolte d'Arte del Castello con speciali occasioni di visite guidate, naturalmente partendo dal vecchio ospedale spagnolo interno alla fortezza, dove verrà trasferita la Pietà Rondanini: i lavori sono ancora in corso e, ora, come per i cantieri dell'area di Rho-Pero, si corre per finire tutto in tempo.
I Mercati di Traiano e la Roma commerciale.
di Chiara Ciccone
Uno delle vere anime del Foro Romano.
I mercati di Traiano costituiscono un complesso di edifici di epoca romana posti sulle pendici del Quirinale. Il complesso era destinato principalmente ad attività amministrative mentre le attività commerciali venivano svolte negli edifici ai lati e nelle vie interne.L’edificio sorse in contemporanea con il Foro di Traiano all’inizio del II secolo ma è separato da quest’ultimo da una strada basolata. E’ articolato su sei livelli e riprende la forma circolare dell’esedra del foro. I bolli laterizi indicano che la costruzione potrebbe risalire al regno di Traiano ed attribuibile al suo architetto Apollodoro di Damasco anche se il progetto fosse gia stato concepito da Domiziano.
Gli edifici sono separati tra loro da un percorso antico che in età tarda prese il nome di via Biberatica, che corre a mezza costa sul pendio del colle. La parte inferiore, a partire dal livello del foro, comprende gli edifici del "Grande emiciclo", articolato su tre piani e con due "Aule di testata" alle estremità, e del "Piccolo emiciclo", con ambienti di nuovo su tre piani. Due scale alle estremità del Grande emiciclo consentono di raggiungere i piani superiori e la via Biberatica. In direzione nord la via Biberatica piega, fiancheggiata a monte dal complesso della "Grande aula": l'ampio spazio centrale, su cui si affacciano una serie di ambienti su due livelli, costituisce l'attuale ingresso del monumento da via IV Novembre. Da qui si accede sia alla via Biberatica che, per mezzo di passaggi aperti in epoca post-antica, agli ambienti del Corpo centrale. Verso sud la via Biberatica si ricollega all'attuale via della Salita del Grillo, che ripercorre un tracciato antico. Ai lati di questo tratto meridionale della via si trova da un lato un isolato con ambienti scarsamente conservati e in parte rimaneggiati in epoche successive; sul lato opposto vi si affaccia il piano superiore di un ulteriore isolato la divide da un altro percorso antico, proveniente direttamente dal piano del foro e che si ricollega mediante scale con la via della Salita del Grillo.
Dal tratto centrale della via Biberatica una scalinata permette di accedere alla "via della Torre" e al "Giardino delle Milizie", recentemente restaurati, alle spalle del Corpo centrale, con altre strutture di età romana su cui venne edificata la Torre delle Milizie, del XIII secolo. I "Mercati di Traiano" costituiscono un articolato complesso architettonico che, utilizzando la duttile tecnica costruttiva dell'opus latericium sfrutta tutti gli spazi disponibili, ricavati dal taglio delle pendici della collina, inserendo ambienti di varia forma ai differenti livelli del monumento. Tale articolazione permette di passare, con ampio respiro, dalla disposizione curvilinea dell'esedra alle spalle dei portici del Foro di Traiano, a quella rettilinea del tessuto urbano circostante. Il monumento doveva piuttosto costituire una sorta di "centro polifunzionale", dove si svolgevano attività pubbliche soprattutto di tipo amministrativo. La distribuzione degli ambienti, i loro collegamenti e l'articolazione dei percorsi interni dovevano dipendere dalle diverse funzioni delle stanze, come uffici o archivi, in stretto collegamento con il complesso forense.Negli ambienti del "Corpo centrale" doveva aver sede il procurator Fori Divi Traiani, citato in un'iscrizione recentemente rinvenuta, e preposto probabilmente all'amministrazione e alla gestione del complesso monumentale.
I mercati di Traiano costituiscono un complesso di edifici di epoca romana posti sulle pendici del Quirinale. Il complesso era destinato principalmente ad attività amministrative mentre le attività commerciali venivano svolte negli edifici ai lati e nelle vie interne.L’edificio sorse in contemporanea con il Foro di Traiano all’inizio del II secolo ma è separato da quest’ultimo da una strada basolata. E’ articolato su sei livelli e riprende la forma circolare dell’esedra del foro. I bolli laterizi indicano che la costruzione potrebbe risalire al regno di Traiano ed attribuibile al suo architetto Apollodoro di Damasco anche se il progetto fosse gia stato concepito da Domiziano.
Gli edifici sono separati tra loro da un percorso antico che in età tarda prese il nome di via Biberatica, che corre a mezza costa sul pendio del colle. La parte inferiore, a partire dal livello del foro, comprende gli edifici del "Grande emiciclo", articolato su tre piani e con due "Aule di testata" alle estremità, e del "Piccolo emiciclo", con ambienti di nuovo su tre piani. Due scale alle estremità del Grande emiciclo consentono di raggiungere i piani superiori e la via Biberatica. In direzione nord la via Biberatica piega, fiancheggiata a monte dal complesso della "Grande aula": l'ampio spazio centrale, su cui si affacciano una serie di ambienti su due livelli, costituisce l'attuale ingresso del monumento da via IV Novembre. Da qui si accede sia alla via Biberatica che, per mezzo di passaggi aperti in epoca post-antica, agli ambienti del Corpo centrale. Verso sud la via Biberatica si ricollega all'attuale via della Salita del Grillo, che ripercorre un tracciato antico. Ai lati di questo tratto meridionale della via si trova da un lato un isolato con ambienti scarsamente conservati e in parte rimaneggiati in epoche successive; sul lato opposto vi si affaccia il piano superiore di un ulteriore isolato la divide da un altro percorso antico, proveniente direttamente dal piano del foro e che si ricollega mediante scale con la via della Salita del Grillo.
Dal tratto centrale della via Biberatica una scalinata permette di accedere alla "via della Torre" e al "Giardino delle Milizie", recentemente restaurati, alle spalle del Corpo centrale, con altre strutture di età romana su cui venne edificata la Torre delle Milizie, del XIII secolo. I "Mercati di Traiano" costituiscono un articolato complesso architettonico che, utilizzando la duttile tecnica costruttiva dell'opus latericium sfrutta tutti gli spazi disponibili, ricavati dal taglio delle pendici della collina, inserendo ambienti di varia forma ai differenti livelli del monumento. Tale articolazione permette di passare, con ampio respiro, dalla disposizione curvilinea dell'esedra alle spalle dei portici del Foro di Traiano, a quella rettilinea del tessuto urbano circostante. Il monumento doveva piuttosto costituire una sorta di "centro polifunzionale", dove si svolgevano attività pubbliche soprattutto di tipo amministrativo. La distribuzione degli ambienti, i loro collegamenti e l'articolazione dei percorsi interni dovevano dipendere dalle diverse funzioni delle stanze, come uffici o archivi, in stretto collegamento con il complesso forense.Negli ambienti del "Corpo centrale" doveva aver sede il procurator Fori Divi Traiani, citato in un'iscrizione recentemente rinvenuta, e preposto probabilmente all'amministrazione e alla gestione del complesso monumentale.
La splendida Torre Pendente di Pisa.
di Chiara Ciccone
Il vero simbolo di una città intera.
La Torre di Pisa è il campanile della Catedrale di Santa Maria Assunta. Diventata famosa per la sua pendenza è il simbolo di Pisa e uno dei simboli d’Italia.E’ un campanile a se alto 56 metri che venne costruito tra il dodicesimo e il quattordicesimo secolo.La pendenza è dovuta a un cedimento del terreno avvenuto nelle prime fasi di costruzione. La torre è predominata da giri di archi e sei piani di loggette.I lavori di costruzione partirono nel 1173 e studi recenti attribuiscono il progetto della torre a Diotisalvi che stava in quel momento costruendo il Battistero. I lavori vennero interrotti a causa del cedimento del terreno a metà del terzo piano causato dall’argilla che non si era solidificata.
Nel 1275 i lavori ripresero dove vennero aggiunti altri tre piani. Nel tentativo di raddrizzare i piani sottostanti i tre piani aggiunti si incurvarono nel senso opposto alla pendenza. I lavori terminarono nel secolo successivo quando venne aggiunta la cella campanaria.Durante i lavori di consolidamento, iniziati nel 1990 e terminati alla fine del 2001, la pendenza del campanile è stata ridotta tramite cerchiatura di alcuni piani, applicazione temporanea di tiranti di acciaio e contrappesi di piombo.La struttura del campanile incorpora due stanze. Una alla base della torre, nota come sala del Pesce, per via di un bassorilievo raffigurante un pesce.
Tale sala non ha soffitto, essendo di fatto il cavo della torre. L'altra invece è la cella campanaria, al settimo anello. Delimitata dalle mura del camminamento superiore, è anch'essa a cielo aperto e al centro, tramite un'apertura, è possibile vedere il pian terreno della torre. Sono inoltre presenti tre rampe di scale: una ininterrotta dalla base fino al sesto anello, dove si esce all'esterno; una, a chiocciola più piccola che porta dal sesto anello al settimo; infine una ancor più piccola, sempre a chiocciola, che porta dal settimo anello alla sommità.La torre fu chiusa al pubblico il 7 gennaio 1990 perché l'inclinazione era arrivata a 4,50 metri e quindi era diventato concreto il rischio di crollo e fu riaperta il 15 dicembre del 2001 dopo che l'inclinazione si era ridotta di 44 cm grazie a dei lavori costati 53 miliardi di lire complessivamente.
La Torre di Pisa è il campanile della Catedrale di Santa Maria Assunta. Diventata famosa per la sua pendenza è il simbolo di Pisa e uno dei simboli d’Italia.E’ un campanile a se alto 56 metri che venne costruito tra il dodicesimo e il quattordicesimo secolo.La pendenza è dovuta a un cedimento del terreno avvenuto nelle prime fasi di costruzione. La torre è predominata da giri di archi e sei piani di loggette.I lavori di costruzione partirono nel 1173 e studi recenti attribuiscono il progetto della torre a Diotisalvi che stava in quel momento costruendo il Battistero. I lavori vennero interrotti a causa del cedimento del terreno a metà del terzo piano causato dall’argilla che non si era solidificata.
Nel 1275 i lavori ripresero dove vennero aggiunti altri tre piani. Nel tentativo di raddrizzare i piani sottostanti i tre piani aggiunti si incurvarono nel senso opposto alla pendenza. I lavori terminarono nel secolo successivo quando venne aggiunta la cella campanaria.Durante i lavori di consolidamento, iniziati nel 1990 e terminati alla fine del 2001, la pendenza del campanile è stata ridotta tramite cerchiatura di alcuni piani, applicazione temporanea di tiranti di acciaio e contrappesi di piombo.La struttura del campanile incorpora due stanze. Una alla base della torre, nota come sala del Pesce, per via di un bassorilievo raffigurante un pesce.
Tale sala non ha soffitto, essendo di fatto il cavo della torre. L'altra invece è la cella campanaria, al settimo anello. Delimitata dalle mura del camminamento superiore, è anch'essa a cielo aperto e al centro, tramite un'apertura, è possibile vedere il pian terreno della torre. Sono inoltre presenti tre rampe di scale: una ininterrotta dalla base fino al sesto anello, dove si esce all'esterno; una, a chiocciola più piccola che porta dal sesto anello al settimo; infine una ancor più piccola, sempre a chiocciola, che porta dal settimo anello alla sommità.La torre fu chiusa al pubblico il 7 gennaio 1990 perché l'inclinazione era arrivata a 4,50 metri e quindi era diventato concreto il rischio di crollo e fu riaperta il 15 dicembre del 2001 dopo che l'inclinazione si era ridotta di 44 cm grazie a dei lavori costati 53 miliardi di lire complessivamente.
A Milano la Madonna Esterhazy di Raffaello.
di Chiara Ciccone
Un'altra celebre opera arriva a Milano nel periodo natalizio.
Anche quest’anno il Comune di Milano rinnova l’appuntamento con i capolavori dell’arte da poter ammirare gratuitamente nel periodo di Natale.Direttamente dal museo delle belle arti di Budapest, dal 3 dicembre al 11 gennaio 2015 sarà visibile nella sala Alessi di Palazzo Marino a Milano la Madonna Esterhazy di Raffaello.
Questo dipinto rappresenta la Madonna a figura intera che tiene in braccio il bambino che è appoggiato su una roccia. Il Bambino si sporge verso San Giovanni rappresentato in basso a sinistra del quadro e raffigurato bambino mentre sta decifrando un cartiglio.E’ un quadro che si ispira molto a Leonardo che Raffaello ha conosciuto e studiato molto attentamente.La tavola segna il periodo di conclusione del pittore a Firenze prima di essere chiamato nella capitale da Giulio II.
Le rovine del foro romano che si intravedono sullo sfondo del quadro ci fanno pensare che Raffaello concluse il dipinto proprio mentre si trovava a Roma.L'iniziativa è promossa dal Comune di Milano, Intesa Sanpaolo e la Rinascente ed è realizzata da Palazzo Reale e dal Museo delle Belle Arti di Budapest in collaborazione con le Gallerie dʼItalia di Piazza Scala, curata da Stefano Zuffi e organizzata con la collaborazione di Arthemisia Group.
Anche quest’anno il Comune di Milano rinnova l’appuntamento con i capolavori dell’arte da poter ammirare gratuitamente nel periodo di Natale.Direttamente dal museo delle belle arti di Budapest, dal 3 dicembre al 11 gennaio 2015 sarà visibile nella sala Alessi di Palazzo Marino a Milano la Madonna Esterhazy di Raffaello.
Questo dipinto rappresenta la Madonna a figura intera che tiene in braccio il bambino che è appoggiato su una roccia. Il Bambino si sporge verso San Giovanni rappresentato in basso a sinistra del quadro e raffigurato bambino mentre sta decifrando un cartiglio.E’ un quadro che si ispira molto a Leonardo che Raffaello ha conosciuto e studiato molto attentamente.La tavola segna il periodo di conclusione del pittore a Firenze prima di essere chiamato nella capitale da Giulio II.
Le rovine del foro romano che si intravedono sullo sfondo del quadro ci fanno pensare che Raffaello concluse il dipinto proprio mentre si trovava a Roma.L'iniziativa è promossa dal Comune di Milano, Intesa Sanpaolo e la Rinascente ed è realizzata da Palazzo Reale e dal Museo delle Belle Arti di Budapest in collaborazione con le Gallerie dʼItalia di Piazza Scala, curata da Stefano Zuffi e organizzata con la collaborazione di Arthemisia Group.
L'antico tempio di Venere a Roma.
di Chiara Ciccone
Uno dei più belli e significativi templi della capitale.
Il tempio di Venere e Roma era il piu grande tempio conosciuto nella Roma antica dedicato a Venere e a Roma.Prima di questo tempio in questa posizione c'era una parte della domus aurea di Nerone dove era collocata la statua colossale dell'imperatore che Adriano ridedicò al re Sole nel momento dell'edificazione del tempio.
L'architetto fu lo stesso Adriano . La costruzione iniziò nel 121, il tempio venne inaugurato nel 135 e finito nel 141 con Antonino Pio. Nel 307 il tempio venne danneggiato da un incendio e venne restaurato da Massenzio. Nel IX sec un terremoto lo distrusse e sul lato nord venne costruita la basilica di Santa Maria Nova chiamata poi basilica di Santa Francesca Romana.
Il tempio era posto su un podio. Sui lati lunghi c'era un doppio colonnato che proteggeva l'area sacra. Il tempio aveva due celle adiacenti e ognuna delle celle ospitava la statua delle divinità: Venere la dea dell'amore e fondatrice della gens iulia e Roma la personificazione dello stato romano. Tutte due le dee erano sedute in trono.. la cella dove si trovava la statua di Roma venne poi inglobata nella Basilica di Francesca Romana. Si vede ancora un pezzo del pavimento originale e parte del basamento in laterizio della statua. Altre colonnine in porfido inquadrano le nicchie dove erano poste le due statue secondo lo schema decorativo imperiale che è presente anche nella basilica di Massenzio. La cella orientale è visibile dall'esterno ed è quella peggiormente conservata ma resta comunque una parte degli stucchi. Dal 1815 fino al 2000 il tempio fu soggetto a restauri e poi fu aperto al pubblico a partire dal 2003.
Il tempio di Venere e Roma era il piu grande tempio conosciuto nella Roma antica dedicato a Venere e a Roma.Prima di questo tempio in questa posizione c'era una parte della domus aurea di Nerone dove era collocata la statua colossale dell'imperatore che Adriano ridedicò al re Sole nel momento dell'edificazione del tempio.
L'architetto fu lo stesso Adriano . La costruzione iniziò nel 121, il tempio venne inaugurato nel 135 e finito nel 141 con Antonino Pio. Nel 307 il tempio venne danneggiato da un incendio e venne restaurato da Massenzio. Nel IX sec un terremoto lo distrusse e sul lato nord venne costruita la basilica di Santa Maria Nova chiamata poi basilica di Santa Francesca Romana.
Il tempio era posto su un podio. Sui lati lunghi c'era un doppio colonnato che proteggeva l'area sacra. Il tempio aveva due celle adiacenti e ognuna delle celle ospitava la statua delle divinità: Venere la dea dell'amore e fondatrice della gens iulia e Roma la personificazione dello stato romano. Tutte due le dee erano sedute in trono.. la cella dove si trovava la statua di Roma venne poi inglobata nella Basilica di Francesca Romana. Si vede ancora un pezzo del pavimento originale e parte del basamento in laterizio della statua. Altre colonnine in porfido inquadrano le nicchie dove erano poste le due statue secondo lo schema decorativo imperiale che è presente anche nella basilica di Massenzio. La cella orientale è visibile dall'esterno ed è quella peggiormente conservata ma resta comunque una parte degli stucchi. Dal 1815 fino al 2000 il tempio fu soggetto a restauri e poi fu aperto al pubblico a partire dal 2003.
A Milano un autunno di grandi mostre.
di Chiara Ciccone
Van Gogh,Chagall e Sagantini protagonisti a Milano.
Promette benissimo l'autunno milanese per quanto riguarda le grandi mostre. Il capoluogo lombardoospiterà a partire dal 17 settembre 2014 al 18 gennaio 2015 a Palazzo Reale 200 dipinti di MarcChagall che provengono anche dalle collezioni private dei suoi eredi.
Un'altra mostra interessante sarà ospitata sempre a Palazzo Reale 18 ottobre 2014 all'8 marzo 2015su Vincent Van Gogh chiamata “l'uomo, la terra, il lavoro” dedicata soprattutto ai primi passidell'artista nella quale verranno esposti dipinti poco conosciuti come “natura morta con un piatto dicipolle” datato 1889.
Ci saranno tre appuntamenti che si terranno nella sala conference del palazzodove interverranno studiosi illustri che si soffermeranno sul rapporto tra uomo e natura nei quadri diVan Gogh.Terzo appuntamento imperdibile è la mostra di Sagantini intitolata “ritorno a Milano” tra il 18settembre 2014 e il 18 gennaio 2015 che sarà un'introduzione all'expo. A Milano, durantel'esposizione universale a Brera che Sagantini ebbe un immediato successo.Appuntamento a Milano per gli amanti d'arte e per chi vuole scoprire per la prima volta questistraordinari artisti
Promette benissimo l'autunno milanese per quanto riguarda le grandi mostre. Il capoluogo lombardoospiterà a partire dal 17 settembre 2014 al 18 gennaio 2015 a Palazzo Reale 200 dipinti di MarcChagall che provengono anche dalle collezioni private dei suoi eredi.
Un'altra mostra interessante sarà ospitata sempre a Palazzo Reale 18 ottobre 2014 all'8 marzo 2015su Vincent Van Gogh chiamata “l'uomo, la terra, il lavoro” dedicata soprattutto ai primi passidell'artista nella quale verranno esposti dipinti poco conosciuti come “natura morta con un piatto dicipolle” datato 1889.
Ci saranno tre appuntamenti che si terranno nella sala conference del palazzodove interverranno studiosi illustri che si soffermeranno sul rapporto tra uomo e natura nei quadri diVan Gogh.Terzo appuntamento imperdibile è la mostra di Sagantini intitolata “ritorno a Milano” tra il 18settembre 2014 e il 18 gennaio 2015 che sarà un'introduzione all'expo. A Milano, durantel'esposizione universale a Brera che Sagantini ebbe un immediato successo.Appuntamento a Milano per gli amanti d'arte e per chi vuole scoprire per la prima volta questistraordinari artisti
La Villa Casale di Piazza Armerina.
di Chiara Ciccone
Una dimora dai mosaici unici ed antichissimi.
La villa del Casale è una dimora tardo romana i cui resti sono situati a Piazza Armerina in provinciadi Enna e dal 1997 questa dimora è diventata patrimonio dell'Unesco. La villa è famosa per i suoi splendidi mosaici ed elementi architettonici decorativi e può essere considerata uno degli esempi più importanti di dimora di rappresentanza.La scoperta della villa si deve a Gino Vicinio Gentile che basandosi sullo stile dei mosaici datò la residenza al IV secolo. Dopo aver analizzato le murature, si è giunti alla conclusione che la villa risalirebbe al 320-350 d.C e sarebbe appartenuta a un rappresentante senatoria romana forse a un governatore di Roma.A metà del 900 venne effettuato uno scavo che portò alla luce 3500 metri quadrati di mosaico pavimentale figurativo e in stile geometrico, statue , colonne, capitelli e monete. Il proprietario e il suo stile di vita viene rappresentato in mosaici pavimentali e parietali in tutti gli ambienti della casa.
Lo stile è evidentemente di maestranze africane.Nella villa sono state identificate quattro zone: un ingresso monumentale con tre arcate e cortile aferro di cavallo; la parte centrale della villa organizzata intorno a un peristilio quadrangolare; una grande trichora preceduta da un peristilio da cui si accede ad altri ambienti e il complesso termale.Ognuno dei quattro ambienti è rivolto secondo un suo asse direzionale ma tutti e quattro convergono verso la vasca del peristilio quadrangolareL'accesso alla residenza avveniva attraverso un passaggio a tre archi, decorato da fontane e dapitture di carattere militare. Da questo ambiente si poteva accedere al complesso termale e alcomplesso residenziale.Il cortile a ferro di cavallo è circondato da colonne in marmo con capitelli ionici, al centro sono iresti di una fontana quadrata. Dell'originaria pavimentazione si conserva lungo il lato nord delcortile un lacerto di mosaico bicromo con decorazione a motivi vegetali e squame. Sul lato occidentale del cortile si trovava una latrina.Dall'ingresso alcuni gradini conducono al vestibolo: al centro di un pavimento geometrico è inserita una scena parzialmente conservata di adventus (ingresso cerimoniale) su due registri. Nel registro superiore un uomo con corona di foglie sul capo e candelabro nella mano destra, fiancheggiato dadue giovani con ramoscelli in mano, sembra attendere l'arrivo di un ospite importante. Nel registroinferiore alcuni giovanetti recitano o cantano con dittici aperti nelle mani. Dal vestibolo si accede al peristilio: il mosaico presenta qui una serie di ghirlande d'alloroincludenti teste di animali di molte specie diverse tra cui felini, antilopi, tori. L'orientamento delle teste cambia in due punti: in corrispondenza dell'ingresso dal vestibolo, e ai piedi della scala d'accesso al complesso della sala absidata sul lato orientale. Questo cambiamento aveva probabilmente la funzione di enfatizzare i due itinerari percorribili all'interno dell'edificio: quello privato, a sinistra dell'entrata, che conduceva alle stanze del lato settentrionale, e quello pubblico,verso la sala absidata sul lato est e il nucleo del triclinio con peristilio ovoidale.
Al centro del peristilio si trovava una grande fontana.Dal lato di fondo orientale del peristilio si accede al corridoio sopraelevato della "Grande Caccia"(65,93m di lunghezza e 5 m di larghezza), con le estremità absidate. Su questo corridoio, elemento di raccordo e separazione tra parte pubblica e privata, si aprivano la grande sala absidata di rappresentanza e gli appartamenti padronali. L'importanza era sottolineata dal portico che si aprenella sua parte centrale verso il peristilio e dalla leggera soprelevazione: vi accedevano due scale dai bracci nord e sud del peristilio, e una terza centrale, di fronte all'ingresso della grande sala absidata.A dispetto del nome con cui è conosciuto, il soggetto del mosaico pavimentale rappresenta unagrande battuta di cattura, non caccia, di bestie selvatiche per i giochi dell'anfiteatro a Roma: nessunanimale viene infatti abbattuto e i cacciatori usano le armi solo per difendersi. Le caratteristiche tecniche, unite all'analisi delle cesure evidenti sullo sfondo del mosaico, hanno consentito di individuare 7 scene, eseguite da due gruppi distinti di mosaicisti. Le prime tre scene sono realizzate con tessere quadrate di piccole dimensioni, di forma molto regolare, e con una certa quantità difaience; sono impiegate poche scaglie di pietra, e ci sono circa venticinque colori diversi. Le scene restanti, nella metà sud del corridoio, sono realizzate con tessere un po' grandi, scaglie di pietra più frequenti e minor precisione nei dettagli; sono presenti quindici colori. La differenza stilistica fra le due parti del corridoio è assai evidente. Mentre nella metà sud le figure sono secche, schematiche e prive di volume, quelle della metà nord spiccano per la resa plastica e naturalistica dei corpi delle belve e per i volumi dei panneggi in libero movimento.Sul lato di fondo del corridoio della Grande Caccia, al centro, sopra elevata con quattro gradini, si apre un'ampia sala da ricevimento absidata, con un ingresso scompartito da due colonne che ne segnala l'importanza.La funzione pubblica dell'aula, dove probabilmente il proprietario concedeva udienza e riceveva ivisitatori, è resa inoltre evidente dalla originaria pavimentazione in prezioso in lastre di marmi colorati e porfido.
La villa del Casale è una dimora tardo romana i cui resti sono situati a Piazza Armerina in provinciadi Enna e dal 1997 questa dimora è diventata patrimonio dell'Unesco. La villa è famosa per i suoi splendidi mosaici ed elementi architettonici decorativi e può essere considerata uno degli esempi più importanti di dimora di rappresentanza.La scoperta della villa si deve a Gino Vicinio Gentile che basandosi sullo stile dei mosaici datò la residenza al IV secolo. Dopo aver analizzato le murature, si è giunti alla conclusione che la villa risalirebbe al 320-350 d.C e sarebbe appartenuta a un rappresentante senatoria romana forse a un governatore di Roma.A metà del 900 venne effettuato uno scavo che portò alla luce 3500 metri quadrati di mosaico pavimentale figurativo e in stile geometrico, statue , colonne, capitelli e monete. Il proprietario e il suo stile di vita viene rappresentato in mosaici pavimentali e parietali in tutti gli ambienti della casa.
Lo stile è evidentemente di maestranze africane.Nella villa sono state identificate quattro zone: un ingresso monumentale con tre arcate e cortile aferro di cavallo; la parte centrale della villa organizzata intorno a un peristilio quadrangolare; una grande trichora preceduta da un peristilio da cui si accede ad altri ambienti e il complesso termale.Ognuno dei quattro ambienti è rivolto secondo un suo asse direzionale ma tutti e quattro convergono verso la vasca del peristilio quadrangolareL'accesso alla residenza avveniva attraverso un passaggio a tre archi, decorato da fontane e dapitture di carattere militare. Da questo ambiente si poteva accedere al complesso termale e alcomplesso residenziale.Il cortile a ferro di cavallo è circondato da colonne in marmo con capitelli ionici, al centro sono iresti di una fontana quadrata. Dell'originaria pavimentazione si conserva lungo il lato nord delcortile un lacerto di mosaico bicromo con decorazione a motivi vegetali e squame. Sul lato occidentale del cortile si trovava una latrina.Dall'ingresso alcuni gradini conducono al vestibolo: al centro di un pavimento geometrico è inserita una scena parzialmente conservata di adventus (ingresso cerimoniale) su due registri. Nel registro superiore un uomo con corona di foglie sul capo e candelabro nella mano destra, fiancheggiato dadue giovani con ramoscelli in mano, sembra attendere l'arrivo di un ospite importante. Nel registroinferiore alcuni giovanetti recitano o cantano con dittici aperti nelle mani. Dal vestibolo si accede al peristilio: il mosaico presenta qui una serie di ghirlande d'alloroincludenti teste di animali di molte specie diverse tra cui felini, antilopi, tori. L'orientamento delle teste cambia in due punti: in corrispondenza dell'ingresso dal vestibolo, e ai piedi della scala d'accesso al complesso della sala absidata sul lato orientale. Questo cambiamento aveva probabilmente la funzione di enfatizzare i due itinerari percorribili all'interno dell'edificio: quello privato, a sinistra dell'entrata, che conduceva alle stanze del lato settentrionale, e quello pubblico,verso la sala absidata sul lato est e il nucleo del triclinio con peristilio ovoidale.
Al centro del peristilio si trovava una grande fontana.Dal lato di fondo orientale del peristilio si accede al corridoio sopraelevato della "Grande Caccia"(65,93m di lunghezza e 5 m di larghezza), con le estremità absidate. Su questo corridoio, elemento di raccordo e separazione tra parte pubblica e privata, si aprivano la grande sala absidata di rappresentanza e gli appartamenti padronali. L'importanza era sottolineata dal portico che si aprenella sua parte centrale verso il peristilio e dalla leggera soprelevazione: vi accedevano due scale dai bracci nord e sud del peristilio, e una terza centrale, di fronte all'ingresso della grande sala absidata.A dispetto del nome con cui è conosciuto, il soggetto del mosaico pavimentale rappresenta unagrande battuta di cattura, non caccia, di bestie selvatiche per i giochi dell'anfiteatro a Roma: nessunanimale viene infatti abbattuto e i cacciatori usano le armi solo per difendersi. Le caratteristiche tecniche, unite all'analisi delle cesure evidenti sullo sfondo del mosaico, hanno consentito di individuare 7 scene, eseguite da due gruppi distinti di mosaicisti. Le prime tre scene sono realizzate con tessere quadrate di piccole dimensioni, di forma molto regolare, e con una certa quantità difaience; sono impiegate poche scaglie di pietra, e ci sono circa venticinque colori diversi. Le scene restanti, nella metà sud del corridoio, sono realizzate con tessere un po' grandi, scaglie di pietra più frequenti e minor precisione nei dettagli; sono presenti quindici colori. La differenza stilistica fra le due parti del corridoio è assai evidente. Mentre nella metà sud le figure sono secche, schematiche e prive di volume, quelle della metà nord spiccano per la resa plastica e naturalistica dei corpi delle belve e per i volumi dei panneggi in libero movimento.Sul lato di fondo del corridoio della Grande Caccia, al centro, sopra elevata con quattro gradini, si apre un'ampia sala da ricevimento absidata, con un ingresso scompartito da due colonne che ne segnala l'importanza.La funzione pubblica dell'aula, dove probabilmente il proprietario concedeva udienza e riceveva ivisitatori, è resa inoltre evidente dalla originaria pavimentazione in prezioso in lastre di marmi colorati e porfido.
La splendida villa romana di Russi.
di Chiara Ciccone
Un esempio di villa rustica di epoca imperiale.
La villa romana di Russi è un sito archeologico che conserva una villa rustica di età romana situtata a circa 20 km da Ravenna in un vasto territorio i cui prodotti erano destinati alla flotta militare che risiedeva nel porto di Ravenna. Questa villa è una delle ville rustiche romane meglio conservata dell'Italia Settentrionale La villa ebbe il suo massimo splendore nel I e nel II secolo d.C e poi cominciò ad andare in declino quando i militari furono trasferiti a Costantinopoli e poi fu abbandonata definitivamente in età bizzantina. La villa sorgeva accanto a un corso d'acqua navigabile, era vicino a una strada importante, era ubicata nei pressi del mare e vicino a Ravenna.Questo sito archeologico venne portato alla luce casualmente per la prima volta nel 1938 per lo scavo di una cava d'argilla e a 11 metri di profondità furono trovate le fondamenta di un complesso termale.
Dal 1953 in poi vennerò iniziate molte altre campagne di scavi che portarono alla luce la parte centrale della villa. La planimetria ci svela che ci sono vari edifici che collegano la la residenza del Dominus alla parte rustica destinata alla lavorazione dei prodotti agricoli e produzione artigianale. Il sito attuale comprende la seconda fase dell'edificio che risale al I e II secolo d.C che sembrerebbe essere sorto sopra una costruzione di età repubblicana. Il complesso è composto da un rettangolo circondato da un porticato sorretto da colonne in mattoni. Il rettangolo evidenzia due cortili porticati: uno piccolo residenziale e una corte rustica. La parte dove risiedeva il Dominus era a nord e consisteva in un edificio a due piani decorato con pitture parietali e con pavimenti in mosaico. Il primo peristilio del quartiere del padrone aveva colonne decorate in rosso. A ovest e sud del porticato si aprono delle stanze di abitazione del Dominus.
Una grande sala collegava il primo cortile al secondo con un pavimento a mosaico a fiori inseriti in un motivo geometrico semplice. Sul lato ovest del primo peristilio c'erano le stanze da letto. Sul lato oppostosi apre il triclinium ossia la sala da pranzo pavimentata con mosaici con intrecci di stelle e losanghe. La parte rustica era invece aperta sulla corte porticata dove c'erano gli impianti produttivi e di conservazione di prodotti agricoli. Sul lato ovest appare un grande magazzino destinato alla conservazione dei prodotti in vasi e anfore di terracotta. A est c'era invece la produzione del vino con i resti di una pressa sopraelevata. Con lo scavo della zona est si è edintificato un altro cortile porticato in origine destinato a frutteto. Il materiale che è stato recuperato dimostra che la villa era ben iserita nel commercio circostante. E' presente ceramica di tutti i tipi e di varie forme tra cui una buona quantità di terra rossa sigillata che era tipica dell'età imperiale.
La villa romana di Russi è un sito archeologico che conserva una villa rustica di età romana situtata a circa 20 km da Ravenna in un vasto territorio i cui prodotti erano destinati alla flotta militare che risiedeva nel porto di Ravenna. Questa villa è una delle ville rustiche romane meglio conservata dell'Italia Settentrionale La villa ebbe il suo massimo splendore nel I e nel II secolo d.C e poi cominciò ad andare in declino quando i militari furono trasferiti a Costantinopoli e poi fu abbandonata definitivamente in età bizzantina. La villa sorgeva accanto a un corso d'acqua navigabile, era vicino a una strada importante, era ubicata nei pressi del mare e vicino a Ravenna.Questo sito archeologico venne portato alla luce casualmente per la prima volta nel 1938 per lo scavo di una cava d'argilla e a 11 metri di profondità furono trovate le fondamenta di un complesso termale.
Dal 1953 in poi vennerò iniziate molte altre campagne di scavi che portarono alla luce la parte centrale della villa. La planimetria ci svela che ci sono vari edifici che collegano la la residenza del Dominus alla parte rustica destinata alla lavorazione dei prodotti agricoli e produzione artigianale. Il sito attuale comprende la seconda fase dell'edificio che risale al I e II secolo d.C che sembrerebbe essere sorto sopra una costruzione di età repubblicana. Il complesso è composto da un rettangolo circondato da un porticato sorretto da colonne in mattoni. Il rettangolo evidenzia due cortili porticati: uno piccolo residenziale e una corte rustica. La parte dove risiedeva il Dominus era a nord e consisteva in un edificio a due piani decorato con pitture parietali e con pavimenti in mosaico. Il primo peristilio del quartiere del padrone aveva colonne decorate in rosso. A ovest e sud del porticato si aprono delle stanze di abitazione del Dominus.
Una grande sala collegava il primo cortile al secondo con un pavimento a mosaico a fiori inseriti in un motivo geometrico semplice. Sul lato ovest del primo peristilio c'erano le stanze da letto. Sul lato oppostosi apre il triclinium ossia la sala da pranzo pavimentata con mosaici con intrecci di stelle e losanghe. La parte rustica era invece aperta sulla corte porticata dove c'erano gli impianti produttivi e di conservazione di prodotti agricoli. Sul lato ovest appare un grande magazzino destinato alla conservazione dei prodotti in vasi e anfore di terracotta. A est c'era invece la produzione del vino con i resti di una pressa sopraelevata. Con lo scavo della zona est si è edintificato un altro cortile porticato in origine destinato a frutteto. Il materiale che è stato recuperato dimostra che la villa era ben iserita nel commercio circostante. E' presente ceramica di tutti i tipi e di varie forme tra cui una buona quantità di terra rossa sigillata che era tipica dell'età imperiale.
L'Arena di Verona,il Colosseo del nord.
di Chiara Ciccone
Un anfiteatro romano perfettamente conservato.
L'arena di Verona è un anfiteatro romano il piu antico e con il miglior grado di conservazione che si trova nella città veneta. E' un esempio di architettura ludica del periodo romano. L'anno di costruzione dell'arena non è certo in quanto non si hanno fonti scritte che ricordano l'inaugurazione ma diversi studi hanno dato date diverse ossia un periodo che va dal I al III secolo in quanto è stato dimostrato che non è stata costruita dopo il I secolo. La storia antica dell'arena è sconosciuta ma si puo ricostruire in parte con alcuni fatti che coinvolsero Verona ossia la guerra tra Vitellio e Vespasiano che scelse la città come fortezza in quanto aveva campi aperti per poter usare la cavalleria. La cinta muraria non era utilizzabile proprio perchè era stato costruito l'anfiteatro fuori dalle mura e si decise di costruire un vallo con un fossato a sud della cinta. La costruizione di quest'opera conferma che nel 69 d.C l'arena era gia stata costruita. Nel III secolo Gallieno fu impegnato nelle guerre per fermare gli invasori barbarici e utilizzò Verona come suo caposaldo insieme a Milano e Aquileia e decise di allargare le mura della città in cui incluse anche l'arena nel 312 ci fu la guerra tra Costantino e Massenzio e Verona fu la protagonista in quanto Massenzio si asserragliò dentro la citta e fu assediato da Costantino e dal suo esercito. L'assalto avvenne all'altezza dell'anfiteatro che divenne sede di due importanti scontri: la sortita degli assediati e la battaglia notturna. Con il Cristianesimo ci fu la fine dei giochi gladiatori e il monumento andò in via di abbandono. Molto probabilmente il crollo della facciata o anello esterno è dovuto ad una serie di eventi sismici avutisi in Italia Settentrionale dal medioevo fino al terremoto più disastroso del 1117. A seguito delle diverse scosse sismiche sono crollate le arcate dell'anello esterno, di cui rimangono integre oggi soltanto le 4 arcate della cosiddetta ala.
Documenti che ci parlano di giochi all'interno dell'arena sono pochi ma sappiamo che venne donato da un'amico di Plinio il Giovane una venatio, uno spettacolo di caccia, come onoranza funebre pr la moglie. Sono state rinvenute anche a Verona molte iscrizioni di gladiatori morti combattendo
nell'arena. In una casa di Verona, poco fuori le antiche mura romane, è stato scoperto un mosaico che ha come soggetto i giochi gladiatori, databile tra l'età flavia e l'inizio del II secolo. Il mosaico comprende un riquadro centrale: qui, entro cerchi, vi sono elementi geometrici, e tra questi delfini ed elementi vegetali. A margine di questi si trovano i pannelli con le raffigurazioni di gladiatori, in particolare i tre centrali. La funzione di questo mosaico è solamente decorativa, per cui è abbastanza improbabile che rappresenti dei giochi gladiatori tenutisi nell'anfiteatro di Verona, anche se sono presenti delle iscrizioni con nomi di gladiatori, probabilmente famosi gladiatori locali.L'arena di Verona oltre che essere stata sede storica della serata finale del Festivalbar, ospitò anche la finale dell'edizione 1970 diGiochi senza frontiere e la tappa conclusiva dell'edizione del 1984 del Giro d'Italia. L'anfiteatro ha inoltre ospitato negli ultimi anni anche numerosi concerti di musica leggera, tutti di molto successo anche grazie al prestigio di questo teatro unico nel suo genere che ha portato a Verona e visto esibirsi importanti artisti italiani e per il celebre festival lirico. L'aspetto del monumento oggi è molto diverso dall'originale a causa della mancanza dell'anello esterno che era la vera facciata monumentale. L'unico tratto ancora in piedi è la cosi detta ala composta da quattro archi.
Questo non aveva una funzione importante ma le sue arcate riflettevano i vuiti sottostanti la cavea. La sovrapposizione di tre ordini di arcate rendeva esplicita all'esterno l'esistenza delle due gallerie e del porticato superiore, mentre gli architravi concludevano le volte delle gallerie interne. In questo modo i complessi volumi interni trovano all'esterno un'espressione estetica e spaziale. L'ingresso più monumentale dell'anfiteatro è posto ad ovest dell'edificio, quindi verso porta Borsari e la via Postumia : qui la volta centrale è alta il doppio delle altre e giunge fin sotto le gradinate della cavea. Il settore ovest doveva quindi essere il più importante, come sembra confermare anche la diversa disposizione delle scale d'accesso rispetto al settore est: nel primo settore (quello ovest) gli ambienti sono simmetrici, in questo modo i corridoi sono realizzati rettilinei e conducono dunque gli spettatori direttamente agli ordini inferiori delle gradinate, mentre nel settore est i corridoi sono piuttosto irregolari, e la maggior parte delle persone veniva incanalato verso gli ordini di gradinate superiori. Al contrario, nel settore ovest la maggior parte degli ospiti era incanalato verso gli ordini inferiori. Inoltre, dall'ingresso monumentale, entrava probabilmente la processione che inaugurava i giochi.
L'arena di Verona è un anfiteatro romano il piu antico e con il miglior grado di conservazione che si trova nella città veneta. E' un esempio di architettura ludica del periodo romano. L'anno di costruzione dell'arena non è certo in quanto non si hanno fonti scritte che ricordano l'inaugurazione ma diversi studi hanno dato date diverse ossia un periodo che va dal I al III secolo in quanto è stato dimostrato che non è stata costruita dopo il I secolo. La storia antica dell'arena è sconosciuta ma si puo ricostruire in parte con alcuni fatti che coinvolsero Verona ossia la guerra tra Vitellio e Vespasiano che scelse la città come fortezza in quanto aveva campi aperti per poter usare la cavalleria. La cinta muraria non era utilizzabile proprio perchè era stato costruito l'anfiteatro fuori dalle mura e si decise di costruire un vallo con un fossato a sud della cinta. La costruizione di quest'opera conferma che nel 69 d.C l'arena era gia stata costruita. Nel III secolo Gallieno fu impegnato nelle guerre per fermare gli invasori barbarici e utilizzò Verona come suo caposaldo insieme a Milano e Aquileia e decise di allargare le mura della città in cui incluse anche l'arena nel 312 ci fu la guerra tra Costantino e Massenzio e Verona fu la protagonista in quanto Massenzio si asserragliò dentro la citta e fu assediato da Costantino e dal suo esercito. L'assalto avvenne all'altezza dell'anfiteatro che divenne sede di due importanti scontri: la sortita degli assediati e la battaglia notturna. Con il Cristianesimo ci fu la fine dei giochi gladiatori e il monumento andò in via di abbandono. Molto probabilmente il crollo della facciata o anello esterno è dovuto ad una serie di eventi sismici avutisi in Italia Settentrionale dal medioevo fino al terremoto più disastroso del 1117. A seguito delle diverse scosse sismiche sono crollate le arcate dell'anello esterno, di cui rimangono integre oggi soltanto le 4 arcate della cosiddetta ala.
Documenti che ci parlano di giochi all'interno dell'arena sono pochi ma sappiamo che venne donato da un'amico di Plinio il Giovane una venatio, uno spettacolo di caccia, come onoranza funebre pr la moglie. Sono state rinvenute anche a Verona molte iscrizioni di gladiatori morti combattendo
nell'arena. In una casa di Verona, poco fuori le antiche mura romane, è stato scoperto un mosaico che ha come soggetto i giochi gladiatori, databile tra l'età flavia e l'inizio del II secolo. Il mosaico comprende un riquadro centrale: qui, entro cerchi, vi sono elementi geometrici, e tra questi delfini ed elementi vegetali. A margine di questi si trovano i pannelli con le raffigurazioni di gladiatori, in particolare i tre centrali. La funzione di questo mosaico è solamente decorativa, per cui è abbastanza improbabile che rappresenti dei giochi gladiatori tenutisi nell'anfiteatro di Verona, anche se sono presenti delle iscrizioni con nomi di gladiatori, probabilmente famosi gladiatori locali.L'arena di Verona oltre che essere stata sede storica della serata finale del Festivalbar, ospitò anche la finale dell'edizione 1970 diGiochi senza frontiere e la tappa conclusiva dell'edizione del 1984 del Giro d'Italia. L'anfiteatro ha inoltre ospitato negli ultimi anni anche numerosi concerti di musica leggera, tutti di molto successo anche grazie al prestigio di questo teatro unico nel suo genere che ha portato a Verona e visto esibirsi importanti artisti italiani e per il celebre festival lirico. L'aspetto del monumento oggi è molto diverso dall'originale a causa della mancanza dell'anello esterno che era la vera facciata monumentale. L'unico tratto ancora in piedi è la cosi detta ala composta da quattro archi.
Questo non aveva una funzione importante ma le sue arcate riflettevano i vuiti sottostanti la cavea. La sovrapposizione di tre ordini di arcate rendeva esplicita all'esterno l'esistenza delle due gallerie e del porticato superiore, mentre gli architravi concludevano le volte delle gallerie interne. In questo modo i complessi volumi interni trovano all'esterno un'espressione estetica e spaziale. L'ingresso più monumentale dell'anfiteatro è posto ad ovest dell'edificio, quindi verso porta Borsari e la via Postumia : qui la volta centrale è alta il doppio delle altre e giunge fin sotto le gradinate della cavea. Il settore ovest doveva quindi essere il più importante, come sembra confermare anche la diversa disposizione delle scale d'accesso rispetto al settore est: nel primo settore (quello ovest) gli ambienti sono simmetrici, in questo modo i corridoi sono realizzati rettilinei e conducono dunque gli spettatori direttamente agli ordini inferiori delle gradinate, mentre nel settore est i corridoi sono piuttosto irregolari, e la maggior parte delle persone veniva incanalato verso gli ordini di gradinate superiori. Al contrario, nel settore ovest la maggior parte degli ospiti era incanalato verso gli ordini inferiori. Inoltre, dall'ingresso monumentale, entrava probabilmente la processione che inaugurava i giochi.
La grande Villa di Domiziano al Circeo.
di Chiara Ciccone
Una grandiosa opera della Roma antica.
La villa di Domiziano si trova nel Parco nazionale del Circeo sulla sponda meridionale del lago di Paola in un'area di 46 ettari. Il ritrovamento di questa villa avenne alla fine del 18° secolo quando ebbero luogo i primi scavi ufficiali nella zona e durante i quali furono ritrovate molte statue tra cui l'Apollo di Kassel, che ora è conservato nell'ononima città tedesca, che è una copia romana di un'opera di Fidia. L'enorme struttura fu riportata alla luce negli anni trenta ma sono attivi ancora oggi scavi archeologici nella zona.
La villa, datata primo secolo d.C., è stata costruita riutilizzando la struttura di una presistente casa costiera tardo repubblicana. La struttura che si vede oggi è composta da un imponente porticato rettilineo sulla sponda del lago con meravigliose opere di banchinaggio che vengono interrotte da esedre in prossimità dell'area termale e balneare. L'area termale era composta da esedre e da ambienti comunicanti e si caratterizzava per la sua tipica tripartizione di calidarium-tepidarium frigidarium. L'area aveva anche una palestra porticata.
Una caratteristica della villa sono le cisterne idrauliche per l'approvigionamento in quanto la villa non sorgeva in prossimità di sorgenti e questo comportò la creazione di un vasto sistema di cisterne pr l'approvigionamento idrico sia per i bisogni giornalieri sia per i lunghi periodi di secca. La villa doveva essere una struttura rettangolare che ospitava gli alloggi dell'imperatore. Oltre all'impianto di terme il complesso ospitava anche un teatro nel quale Domiziano amava assistere agli spettacoli. Il porticato rettilineo gia citato congiungeva il teatro, le terme e la villa
La villa di Domiziano si trova nel Parco nazionale del Circeo sulla sponda meridionale del lago di Paola in un'area di 46 ettari. Il ritrovamento di questa villa avenne alla fine del 18° secolo quando ebbero luogo i primi scavi ufficiali nella zona e durante i quali furono ritrovate molte statue tra cui l'Apollo di Kassel, che ora è conservato nell'ononima città tedesca, che è una copia romana di un'opera di Fidia. L'enorme struttura fu riportata alla luce negli anni trenta ma sono attivi ancora oggi scavi archeologici nella zona.
La villa, datata primo secolo d.C., è stata costruita riutilizzando la struttura di una presistente casa costiera tardo repubblicana. La struttura che si vede oggi è composta da un imponente porticato rettilineo sulla sponda del lago con meravigliose opere di banchinaggio che vengono interrotte da esedre in prossimità dell'area termale e balneare. L'area termale era composta da esedre e da ambienti comunicanti e si caratterizzava per la sua tipica tripartizione di calidarium-tepidarium frigidarium. L'area aveva anche una palestra porticata.
Una caratteristica della villa sono le cisterne idrauliche per l'approvigionamento in quanto la villa non sorgeva in prossimità di sorgenti e questo comportò la creazione di un vasto sistema di cisterne pr l'approvigionamento idrico sia per i bisogni giornalieri sia per i lunghi periodi di secca. La villa doveva essere una struttura rettangolare che ospitava gli alloggi dell'imperatore. Oltre all'impianto di terme il complesso ospitava anche un teatro nel quale Domiziano amava assistere agli spettacoli. Il porticato rettilineo gia citato congiungeva il teatro, le terme e la villa
Lo splendido Teatro di Marcello a Roma.
di Chiara Ciccone
Uno dei meglio conservati teatri della Capitale.
Il Teatro di Marcello è un teatro di Roma antica che è ancora parzialmente conservato. Voluto da Cesare fu concluso da Augusto in posizione tra il Tevere e il Campidoglio. Cesare progettò la costruzione di un teatro che potesse competere con quello creato da Pompeo e a questo scopo vennero demoliti edifici anche sacri in una vasta zona. Alla morte di Cesare nel 44 a.C del teatro erano solo state gettate le fondamenta e Augusto riprese i lavori e innalzò un edificio molto più grande rispetto al progetto originale. Nel 17 a.C il teatro venne utilizzato per i Ludi Secolari e poi nel 13 a.C venne inaugurato ufficialmente con sontuosi giochi. Il teatro in quest'occasione venne dedicato a Marco Claudio Marcello, nipote di Augusto che aveva designato come suo erede ma morto precocemente.
Sempre in quella occasione vennero innalzate quattro colonne in marmo e una statua di Marcello in marmo dorato.Il primo restauro della scena venne fatto con Vespasiano e poi altri con Alessandro Severo. Nel Medioevo l'edificio venne occupato da costruzioni e poi trasformato in castello fortificato. I teatri romani, diversamente da quelli greci edificati lungo pendii collinari, sorgevano sul piano ed erano costruiti in muratura a semicerchio, quindi necessitavano di robuste strutture per sostenere la gradinate interne. Esteriormente presentavano piani sovrapposti di archi, che distribuiscono il peso su possenti pilastri quadrati. Il teatro era costituito da tre parti essenziali: la cavea, cioè le gradinate, l'orchestra e la scena. Il popolo occupava la parte alta della cavea, i patrizi avevano riservata la parte bassa.
La concezione dello spazio appare totalmente diversa da quella del teatro greco. Il teatro è composto da una cavea semicircolare mentre i fornici si ripetono a gruppi di sei.L'edificio uno dei piu antichi edifici per lo spettacolo giunto fino a noi che poteva ospitare 15.000 spettatori fino a un massimo di 20.000. La facciata è in travertino e composta da tre ordini: due inferiori con arcate inquadrate da semicolonne doriche al pian terreno e doriche al piano superiore. L'attico, che era al terzo piano, di cui ci rimangono poche tracce aveva una parete continua..
Il Teatro di Marcello è un teatro di Roma antica che è ancora parzialmente conservato. Voluto da Cesare fu concluso da Augusto in posizione tra il Tevere e il Campidoglio. Cesare progettò la costruzione di un teatro che potesse competere con quello creato da Pompeo e a questo scopo vennero demoliti edifici anche sacri in una vasta zona. Alla morte di Cesare nel 44 a.C del teatro erano solo state gettate le fondamenta e Augusto riprese i lavori e innalzò un edificio molto più grande rispetto al progetto originale. Nel 17 a.C il teatro venne utilizzato per i Ludi Secolari e poi nel 13 a.C venne inaugurato ufficialmente con sontuosi giochi. Il teatro in quest'occasione venne dedicato a Marco Claudio Marcello, nipote di Augusto che aveva designato come suo erede ma morto precocemente.
Sempre in quella occasione vennero innalzate quattro colonne in marmo e una statua di Marcello in marmo dorato.Il primo restauro della scena venne fatto con Vespasiano e poi altri con Alessandro Severo. Nel Medioevo l'edificio venne occupato da costruzioni e poi trasformato in castello fortificato. I teatri romani, diversamente da quelli greci edificati lungo pendii collinari, sorgevano sul piano ed erano costruiti in muratura a semicerchio, quindi necessitavano di robuste strutture per sostenere la gradinate interne. Esteriormente presentavano piani sovrapposti di archi, che distribuiscono il peso su possenti pilastri quadrati. Il teatro era costituito da tre parti essenziali: la cavea, cioè le gradinate, l'orchestra e la scena. Il popolo occupava la parte alta della cavea, i patrizi avevano riservata la parte bassa.
La concezione dello spazio appare totalmente diversa da quella del teatro greco. Il teatro è composto da una cavea semicircolare mentre i fornici si ripetono a gruppi di sei.L'edificio uno dei piu antichi edifici per lo spettacolo giunto fino a noi che poteva ospitare 15.000 spettatori fino a un massimo di 20.000. La facciata è in travertino e composta da tre ordini: due inferiori con arcate inquadrate da semicolonne doriche al pian terreno e doriche al piano superiore. L'attico, che era al terzo piano, di cui ci rimangono poche tracce aveva una parete continua..
Teatro di Taormina.Una porta sul passato.
di Chiara Ciccone
Un monumento splendido affacciato sull'Etna.
Il Teatro di Taormina è il monumento meglio conservato della città antica. Dopo quello di Siracusa è il piu grande teatro greco presente in Sicilia. Fu costruito in epoca ellenistica ma di questa fase si sono conservati solo resti di strutture sotto la scena e alcuni gradini. Il teatro risalirebbe al terzo secolo a.C. Attualmente è visibile il rifacimento si epoca romana che fu costruito ampliando la struttura originaria dello stesso teatro che avvenne probabilmente sotto Augusto. Fu poi egli ulteriormente ampliato nel secondo secolo nelle forme che sono visibili oggi. L'edificio è di 109 metri ed è composto da tre parti: la scena, l'orchestra e la cavea. La scena è quella parte di fronte alla cavea dove recitavano gli attori. Era contornata da un doppio colonnato con copertuta a volte dal quale si accedeva alla gradinata. Aveva anche tre archi e sei nicchie presenti tre a destra e tre a sinistra della grande apertura centrale.
Accanto alla scena sono presenti due stanzoni usati come “camerini” dagli attori per il cambio dei costumi. L'orchestra è la parte bassa, quella piana dove erano presenti i suonatori degli strumenti musicali che accompagnavano gli attori durante le rappresentazioni. La cavea invece è la gradinata dove prendevano posto gli spettatori. I gradini erano ricavati nella roccia oppure erano costruiti in muratura. La cavea era divisa in cinque settori e sopra le volte erano presenti due terrazze semicircolari con gradini in legno dove sedevano le donne che assistivano alla rappresentazione divise dagli uomini. La forma del teatro permetteva un ascolto perffetto in tutti i suoi settori. La cavea poteva ospitare 10.000 spettatori. Nel tardo impero l'edificio venne trasformato in anfiteatro per ospitare gli spettacoli di lotta tra gladiatori e bestie feroci.
L'orchestra venne sostituita con l'area e la gradinata inferiore venne sostituita da un corridoio che collegava a uno spiazzo dove c'erano le macchine scheniche che permettevano gli effetti speciali. Nel Medioevo venne trasformato in palazzo privato e durante il Grand Tour ebbe la fama di essere un monumento decaduto con la bellissima visuale sull'Etna. Dagli anni 50 in poi fu impiegato come struttura teatrale per rappresentazioni all'aperto come concerti, cerimonie di premiazioni per il David di Donatello, opere liriche, balletto. Dal 1983 è sede del Taormina film festival e del Taormina Arte che è una manifestazione che si tiene ogni anno del periodo estivo.
Il Teatro di Taormina è il monumento meglio conservato della città antica. Dopo quello di Siracusa è il piu grande teatro greco presente in Sicilia. Fu costruito in epoca ellenistica ma di questa fase si sono conservati solo resti di strutture sotto la scena e alcuni gradini. Il teatro risalirebbe al terzo secolo a.C. Attualmente è visibile il rifacimento si epoca romana che fu costruito ampliando la struttura originaria dello stesso teatro che avvenne probabilmente sotto Augusto. Fu poi egli ulteriormente ampliato nel secondo secolo nelle forme che sono visibili oggi. L'edificio è di 109 metri ed è composto da tre parti: la scena, l'orchestra e la cavea. La scena è quella parte di fronte alla cavea dove recitavano gli attori. Era contornata da un doppio colonnato con copertuta a volte dal quale si accedeva alla gradinata. Aveva anche tre archi e sei nicchie presenti tre a destra e tre a sinistra della grande apertura centrale.
Accanto alla scena sono presenti due stanzoni usati come “camerini” dagli attori per il cambio dei costumi. L'orchestra è la parte bassa, quella piana dove erano presenti i suonatori degli strumenti musicali che accompagnavano gli attori durante le rappresentazioni. La cavea invece è la gradinata dove prendevano posto gli spettatori. I gradini erano ricavati nella roccia oppure erano costruiti in muratura. La cavea era divisa in cinque settori e sopra le volte erano presenti due terrazze semicircolari con gradini in legno dove sedevano le donne che assistivano alla rappresentazione divise dagli uomini. La forma del teatro permetteva un ascolto perffetto in tutti i suoi settori. La cavea poteva ospitare 10.000 spettatori. Nel tardo impero l'edificio venne trasformato in anfiteatro per ospitare gli spettacoli di lotta tra gladiatori e bestie feroci.
L'orchestra venne sostituita con l'area e la gradinata inferiore venne sostituita da un corridoio che collegava a uno spiazzo dove c'erano le macchine scheniche che permettevano gli effetti speciali. Nel Medioevo venne trasformato in palazzo privato e durante il Grand Tour ebbe la fama di essere un monumento decaduto con la bellissima visuale sull'Etna. Dagli anni 50 in poi fu impiegato come struttura teatrale per rappresentazioni all'aperto come concerti, cerimonie di premiazioni per il David di Donatello, opere liriche, balletto. Dal 1983 è sede del Taormina film festival e del Taormina Arte che è una manifestazione che si tiene ogni anno del periodo estivo.
La magia del Palazzo di Cnosso a Creta.
di Chiara Ciccone
Storia,mito e leggenda di un posto veramente unico.
Il Palazzo di Cnosso, uno dei siti archeologici piu importanti del mondo, sorge nell'isola di Creta a sei km dal mare e a cinque km da Iraklion. Fu importante all'epoca della civilta minoica ed è legato ai miti come Minosse, al labirinto costruito da Dedalo, di Teseo, del minotauro e al filo di Arianna che sono tutte leggende entrate a far parte della civiltà occidentale e della nostra storia. I resti dell'imponente palazzo si trovano in cima alla collina di Kefala, in una posizione strategica sia per la bellezza del paesaggio circostante sia perchè quel territorio aveva dei vantaggi naturali e difensivi. Si poteva rifornire di acqua sia per la vicinanza alle sorgenti sia per la vicinanza del mare e della foresta utile per le travi e le colonne del palazzo. Il palazzo era una cittadella che comprendeva un edificio principale, delle case, una villa reale, un piccolo palazzo, un tempio reale e una villa dedicata a Dionisio. Un luogo magico e misterioso sede di leggende che raccontano di Minosse, figlio di Zeus, che imparò a governare all'età di nove anni.
La leggenda racconta che, Poseidone, diede a Minosse un toro da sacrificare al dio per propiziare il regno ma Minosse decise di sacrificare un animale piu brutto e questo non fu gradito da Zeus che fece innamorare la moglie di minosse, Pasifae, del toro. Dall'unione tra Pasifae e il toro nacque il Minotauro rinchiuso da Minosse nel labirinto che nel frattempo fu costruito dall'architetto Dedalo. Dopo la morte durante i giochi del figlio Andrgeo, Minosse, per vendicarsi costrinsce gli Ateniesi a sacrificare ogni nove anni sette vergini e sette fanciulli al minotauro. Nei sette fanciulli da sacrificare faceva parte anche Teseo, figlio del re ateniese, che decise di affrontare il minotauro avventurandosi nel labirinto. Arianna, figlia di Minosse, innamoratasi di Teseo, decise di regalargli il gomitolo d'oro per aiutarlo poi ad uscire dal labirinto. La leggenda termina con Teseo vittorioso grazie al filo di Arianna e la vendetta di Minosse che rinchiuse Dedalo e il figlio Icaro nel labirinto.
Dedalo cosi per uscire dal labirinto costrui delle ali, come è noto Icaro si avvicinò troppo al sole e le ali legate con la cera si sciolsero facendolo cadere.Quello che rimane di questa leggenda è il Palazzo che è testimone della storia, La visita inizia dal cortile e prosegue per il corridoio delle processione e per il portico dei grandi propilei, i cui affreschi sono conservati al Museo Archeologico di Iraklion. Dal cortile si apre una grande scalinata che porta al piano superiore e si affaccia sui magazzini. Al piano suoeriore si apre la sala ipostila con il soffitto sorretto da colonne. A ovest del cortile centrale, attorno al quale c'erano gli appartamenti reali , c'è il santuario e la sala del trono con copie degli affreschi e del trono. A est è situato il megaron della regina: il suo appartamento privato, la toeletta e il bagno.Il palazzo sopravvisse come cittadella fino al periodo bizantino ma poi decadde durante il Medioevo in cui venne ridotto a un villaggio.
Il Palazzo di Cnosso, uno dei siti archeologici piu importanti del mondo, sorge nell'isola di Creta a sei km dal mare e a cinque km da Iraklion. Fu importante all'epoca della civilta minoica ed è legato ai miti come Minosse, al labirinto costruito da Dedalo, di Teseo, del minotauro e al filo di Arianna che sono tutte leggende entrate a far parte della civiltà occidentale e della nostra storia. I resti dell'imponente palazzo si trovano in cima alla collina di Kefala, in una posizione strategica sia per la bellezza del paesaggio circostante sia perchè quel territorio aveva dei vantaggi naturali e difensivi. Si poteva rifornire di acqua sia per la vicinanza alle sorgenti sia per la vicinanza del mare e della foresta utile per le travi e le colonne del palazzo. Il palazzo era una cittadella che comprendeva un edificio principale, delle case, una villa reale, un piccolo palazzo, un tempio reale e una villa dedicata a Dionisio. Un luogo magico e misterioso sede di leggende che raccontano di Minosse, figlio di Zeus, che imparò a governare all'età di nove anni.
La leggenda racconta che, Poseidone, diede a Minosse un toro da sacrificare al dio per propiziare il regno ma Minosse decise di sacrificare un animale piu brutto e questo non fu gradito da Zeus che fece innamorare la moglie di minosse, Pasifae, del toro. Dall'unione tra Pasifae e il toro nacque il Minotauro rinchiuso da Minosse nel labirinto che nel frattempo fu costruito dall'architetto Dedalo. Dopo la morte durante i giochi del figlio Andrgeo, Minosse, per vendicarsi costrinsce gli Ateniesi a sacrificare ogni nove anni sette vergini e sette fanciulli al minotauro. Nei sette fanciulli da sacrificare faceva parte anche Teseo, figlio del re ateniese, che decise di affrontare il minotauro avventurandosi nel labirinto. Arianna, figlia di Minosse, innamoratasi di Teseo, decise di regalargli il gomitolo d'oro per aiutarlo poi ad uscire dal labirinto. La leggenda termina con Teseo vittorioso grazie al filo di Arianna e la vendetta di Minosse che rinchiuse Dedalo e il figlio Icaro nel labirinto.
Dedalo cosi per uscire dal labirinto costrui delle ali, come è noto Icaro si avvicinò troppo al sole e le ali legate con la cera si sciolsero facendolo cadere.Quello che rimane di questa leggenda è il Palazzo che è testimone della storia, La visita inizia dal cortile e prosegue per il corridoio delle processione e per il portico dei grandi propilei, i cui affreschi sono conservati al Museo Archeologico di Iraklion. Dal cortile si apre una grande scalinata che porta al piano superiore e si affaccia sui magazzini. Al piano suoeriore si apre la sala ipostila con il soffitto sorretto da colonne. A ovest del cortile centrale, attorno al quale c'erano gli appartamenti reali , c'è il santuario e la sala del trono con copie degli affreschi e del trono. A est è situato il megaron della regina: il suo appartamento privato, la toeletta e il bagno.Il palazzo sopravvisse come cittadella fino al periodo bizantino ma poi decadde durante il Medioevo in cui venne ridotto a un villaggio.
La Cappella Palatina di Palermo.
di Chiara Ciccone
Un capolavoro dell'arte arabo-normanna.
La Cappella Palatina di Palermo venne fatta costruire da Ruggero II nell'anno della sua incoronazione ossia nel 1130 come espressione del programma ideologico del re normanno. Era stata creata come una sorta di oratorio privato dentro il palazzo del re, oggi palazzo dei Normanni.La cappella, in origine, era un edificio a se e si potevano vedere le mura esterne mentre oggi si trova al primo piano del palazzo. La chiesa sempre per volere di Ruggero II è dedicata a San Pietro Apostolo. L'accesso attuale alla cappella avviene tramite un portico su archi a sesto acuto costruito nel 1506.
Dal portico si accede al vestibolo che un tempo la collegava con gli appartamenti del re. La struttura della cappella affianca una navata di tipo occidentale ad un prosbiterio con una cupola che è tipica dei santuari greci. La cappella è divisa in tre navate da due file di quattro colonne, gli archi in sesto acuto molto belli e sopraelevati testimoniano la loro derivazione araba. Le navate laterali sono decorate con scene di San Pietro e San Paolo, mentre quella centrale è incentrata sugli eventi dell'Antico Testamento. Straordinario è il soffitto che sovrasta la navata centrale decorato da maestranze arabe a muqarma, motivi simili a stalattiti, che rappresenta una novita in una chiesa cristiana.
Molto importante è l'ambone composto da due casse a forma di parallelepipedo sorrette e affiancate da colonne alcune decorate con motivi a zig zag. A lato dell'ambone si trova il candelabro pasquale ricoperto da cinque ordini di rilievi. La base decorata da leoni che cercano di azzannare animali e uomini. Per quanto riguarda la cupola, nelle nicchie alla base sono raffigurati i quattro evangelisti mentre al vertice c'è il busto di Cristo Pantocratore benedicente.
La Cappella Palatina di Palermo venne fatta costruire da Ruggero II nell'anno della sua incoronazione ossia nel 1130 come espressione del programma ideologico del re normanno. Era stata creata come una sorta di oratorio privato dentro il palazzo del re, oggi palazzo dei Normanni.La cappella, in origine, era un edificio a se e si potevano vedere le mura esterne mentre oggi si trova al primo piano del palazzo. La chiesa sempre per volere di Ruggero II è dedicata a San Pietro Apostolo. L'accesso attuale alla cappella avviene tramite un portico su archi a sesto acuto costruito nel 1506.
Dal portico si accede al vestibolo che un tempo la collegava con gli appartamenti del re. La struttura della cappella affianca una navata di tipo occidentale ad un prosbiterio con una cupola che è tipica dei santuari greci. La cappella è divisa in tre navate da due file di quattro colonne, gli archi in sesto acuto molto belli e sopraelevati testimoniano la loro derivazione araba. Le navate laterali sono decorate con scene di San Pietro e San Paolo, mentre quella centrale è incentrata sugli eventi dell'Antico Testamento. Straordinario è il soffitto che sovrasta la navata centrale decorato da maestranze arabe a muqarma, motivi simili a stalattiti, che rappresenta una novita in una chiesa cristiana.
Molto importante è l'ambone composto da due casse a forma di parallelepipedo sorrette e affiancate da colonne alcune decorate con motivi a zig zag. A lato dell'ambone si trova il candelabro pasquale ricoperto da cinque ordini di rilievi. La base decorata da leoni che cercano di azzannare animali e uomini. Per quanto riguarda la cupola, nelle nicchie alla base sono raffigurati i quattro evangelisti mentre al vertice c'è il busto di Cristo Pantocratore benedicente.
Il Partenone.Una bellezza immortale.
di Chiara Ciccone
Un monumento simbolo del mondo greco.
Il Partenone situato nell'arcropoli di Atene è considerato il simbolo dell'antica Grecia ed è uno dei più grandi monumenti del mondo.Il nome Partenone deriva dalla statua crisoelefantina realizzata da Fidia di Atena Parthenos. La costruzione del tempio avvenne intorno al 447 a.C e fu completata nel 438 ma il lavoro sulle decorazioni continuò fino al 432 a.C. E' un tempio dorico composto da otto colonne sui lati corti e diciassette sui lati lunghi, è caratterizzato dalle dimensioni notevoli della cella che comporta le minori dimensioni dei corridoi del peristilio e delle piccole dimensioni dell'opistodomo e del pronao per lasciarle piu spazio. La cella è divisa in due ambienti, il piu grande dei quali a est ospitava la stauta della dea Atena di 12 metri rivestita in oro e avorio mentre il secondo ospitava quattro colonne ioniche e la sala doveva ospitare le offerte alla dea.
L'alzato, in marmo pentelico, aveva una serie di accorgimenti per alleggerire la pesantezza dell'ordine dorico. Come sappiamo, non tutta la decorazione del Partenone è giunta fino a noi a causa delle molte vicende subite dal tempio come la trasfornazione in chiesa, a moschea e all'esplosione del 28 settembre 1687. Le prime sculture ad essere create furono le metope che dovevano gia essere sull'edificio prima nella copertura. Scolpite in marmo pentelico ad altorilievo con elementi a tutto tondo. I panneggi a basso rilievi dovevano essere colorati. Ogni lato dell'edificio rappresentava un evento mitologico: gigantomachia presente a est, l'amazzomachia a ovest, la centauromachia a sud e la conquista di Troia a nord. Una delle parti piu importanti del tempio è il fregio a bassorilievo di ordine ionico alto un metro che correva sopra il muro della cella passando sulle colonne del pronao e dell'opistodomo.
Rappresenta la processione delle Panatenee con l'offerta del peplo alla dea alla presenza dei 12 dei e degli eroi. La processione inizia dell'angolo sud ovest dell'edificio e si divideva in due cortei di cavalieri, carri e persone a piedi e convergevano nel lato est dove c'era la porta della cella dove avveniva la consegna del peplo. Gli dei che assistono alla cerimonia sono umanizzati, calmi quasi incuriositi. Per quanto riguarda i frontoni: quello presente a est rappresentava la nascita di Atena dal cervello di Zeus alla presenza di tutti gli dei. Il forntone ovest invece rappresentava lo scontro tra Atena e Poseidone per il possesso dell'Attica. Le due divinità sono al centro della scena ma indietreggiano allontanandosi l'una dall'altro.
Il Partenone situato nell'arcropoli di Atene è considerato il simbolo dell'antica Grecia ed è uno dei più grandi monumenti del mondo.Il nome Partenone deriva dalla statua crisoelefantina realizzata da Fidia di Atena Parthenos. La costruzione del tempio avvenne intorno al 447 a.C e fu completata nel 438 ma il lavoro sulle decorazioni continuò fino al 432 a.C. E' un tempio dorico composto da otto colonne sui lati corti e diciassette sui lati lunghi, è caratterizzato dalle dimensioni notevoli della cella che comporta le minori dimensioni dei corridoi del peristilio e delle piccole dimensioni dell'opistodomo e del pronao per lasciarle piu spazio. La cella è divisa in due ambienti, il piu grande dei quali a est ospitava la stauta della dea Atena di 12 metri rivestita in oro e avorio mentre il secondo ospitava quattro colonne ioniche e la sala doveva ospitare le offerte alla dea.
L'alzato, in marmo pentelico, aveva una serie di accorgimenti per alleggerire la pesantezza dell'ordine dorico. Come sappiamo, non tutta la decorazione del Partenone è giunta fino a noi a causa delle molte vicende subite dal tempio come la trasfornazione in chiesa, a moschea e all'esplosione del 28 settembre 1687. Le prime sculture ad essere create furono le metope che dovevano gia essere sull'edificio prima nella copertura. Scolpite in marmo pentelico ad altorilievo con elementi a tutto tondo. I panneggi a basso rilievi dovevano essere colorati. Ogni lato dell'edificio rappresentava un evento mitologico: gigantomachia presente a est, l'amazzomachia a ovest, la centauromachia a sud e la conquista di Troia a nord. Una delle parti piu importanti del tempio è il fregio a bassorilievo di ordine ionico alto un metro che correva sopra il muro della cella passando sulle colonne del pronao e dell'opistodomo.
Rappresenta la processione delle Panatenee con l'offerta del peplo alla dea alla presenza dei 12 dei e degli eroi. La processione inizia dell'angolo sud ovest dell'edificio e si divideva in due cortei di cavalieri, carri e persone a piedi e convergevano nel lato est dove c'era la porta della cella dove avveniva la consegna del peplo. Gli dei che assistono alla cerimonia sono umanizzati, calmi quasi incuriositi. Per quanto riguarda i frontoni: quello presente a est rappresentava la nascita di Atena dal cervello di Zeus alla presenza di tutti gli dei. Il forntone ovest invece rappresentava lo scontro tra Atena e Poseidone per il possesso dell'Attica. Le due divinità sono al centro della scena ma indietreggiano allontanandosi l'una dall'altro.
Ponte di Rialto.L'anima antica di Venezia.
di Chiara Ciccone
Un ponte,un simbolo di una città meravigliosa.
Il Ponte di Rialto è il piu famoso e antico dei quattro ponti che attraversano il Canal Grande a Venezia. Il Ponte fu costruito per la prima volta nel 1181, come semplice ponte di barche che si poggiava su travi di legno che veniva chiamato “ponte della moneta o Quartarolo”. La presenza del mercato di Rialto fece aumentare il traffico sul ponte che fu sostituito da un ponte strutturale intorno al 1250. La struttura era composta da due rampe inclinate che si congiungevano a una struttura mobile al centro che veniva sollevata al passaggio di navi alte.
Dato che c'era una stretta associazione con il mercato il ponte venne chiamato Ponte di Rialto. Ai lati del ponte vennero costruite due file di negozi, i proventi ottenuti venivano utilizzati per la manutenzione del ponte stesso. Il ponte venne ricostruito piu volte in seguito alla distruzione dei rivoltosi guidati da Bajamonte Tiepolo nel 1310 e poi nel 1444 quando crollò a causa del gran numero di spettatori che si era radunato per il passaggio del corteo della sposa del marchese di Ferrara. Nel 1503 ci fu una proposta per la costruizione del ponte in pietra e negli anni successivi vennero valutati molti progetti e cosi nel 1551 ci fu un bando per il rifacimento del ponte.
Venne istituita una commissione di tre provveditori dopra il ponte e le fabbriche di Rialto. Il ponte attuale a un'unica arcata venne completato nel 1591 la cui corda misura 28 metri e ha due file di negozi collegate tra loro da due archi in modo che la lunghezza sia tripartita. La zona del Ponte di Rialto è la piu indaffarata di Venezia,
Il Ponte di Rialto è il piu famoso e antico dei quattro ponti che attraversano il Canal Grande a Venezia. Il Ponte fu costruito per la prima volta nel 1181, come semplice ponte di barche che si poggiava su travi di legno che veniva chiamato “ponte della moneta o Quartarolo”. La presenza del mercato di Rialto fece aumentare il traffico sul ponte che fu sostituito da un ponte strutturale intorno al 1250. La struttura era composta da due rampe inclinate che si congiungevano a una struttura mobile al centro che veniva sollevata al passaggio di navi alte.
Dato che c'era una stretta associazione con il mercato il ponte venne chiamato Ponte di Rialto. Ai lati del ponte vennero costruite due file di negozi, i proventi ottenuti venivano utilizzati per la manutenzione del ponte stesso. Il ponte venne ricostruito piu volte in seguito alla distruzione dei rivoltosi guidati da Bajamonte Tiepolo nel 1310 e poi nel 1444 quando crollò a causa del gran numero di spettatori che si era radunato per il passaggio del corteo della sposa del marchese di Ferrara. Nel 1503 ci fu una proposta per la costruizione del ponte in pietra e negli anni successivi vennero valutati molti progetti e cosi nel 1551 ci fu un bando per il rifacimento del ponte.
Venne istituita una commissione di tre provveditori dopra il ponte e le fabbriche di Rialto. Il ponte attuale a un'unica arcata venne completato nel 1591 la cui corda misura 28 metri e ha due file di negozi collegate tra loro da due archi in modo che la lunghezza sia tripartita. La zona del Ponte di Rialto è la piu indaffarata di Venezia,
Ostia e il porto della Roma imperiale.
di Chiara Ciccone
Ecco la bellezza della porta di Roma sul mare.
Ostia è una città romana ed è il porto di Roma che si trova alla foce del fiume Tevere.La prima colonia fondata qui risale al VII secolo a.C dal re Anco Marzio, ma Ostia si sviluppò molto in età imperiale come centro portuale e commerciale legato all'Annona (approvvigionamento di grano per Roma). Vennero costruiti da Claudio e Traiano i due porti e rimase centro residenziale ma decadde in epoca tardo anrica. Gli scavi di Ostia iniziarono a partire dal XIX secolo: vennero alla luce oltre agli edifici pubblici anche molte abitazioni private. Le fonti antiche riportano che sarebbe stata fondata una città da Anco Marzio nel 620 a.C provvista di cinta muraria e di porto ma di questa fondazione non rimane traccia e si suppone che sia stata creata altrove. La città attuale era in origine un accampamento fortificato costruito nel IV secolo ma sulla data precisa di fondazione ci sono opinioni discordanti. Nel 267 a.C, durante la prima guerra punica, Ostia fu sede di uno dei quaestores incaricato della flotta e forse la città nasce come base navale.
Il II secolo ebbe un ruolo di porto commerciale per le importazioni di grano verso Roma e iniziarono a costruire edifici fuori dall'accampamento fortificato. Durante la guerra civile tra Gaio Mario e Silla, nell'87 a.C, la città venne saccheggiata da Mario; tra il 69 e il 68 a.C venne presa dai pirati che distrussero la flotta nel porto. Nel 63 Cicerono iniziò la costruizione di una piu estesa cinta muraria che venne finita nel 58 da Pulcro. In età augustea, tra il 18 e il 12 a.C Agrippa costruì il teatro nel foro e venne anche costruito l'acquedotto. Nel 42 d.C.a causa dell'insufficienza del porto fluviale l'imperatore Claudio costruì il porto artificiale collegato al Tevere da un canale anch'esso artificiale.Tra il 106 e il 103 d.C Traiano costruì un nuovo porto di forma esagonale. Il terzo secolo fu un secolo di crisi con un calo della popolazione e scomparvelo le magistrature locali. Nel IV secolo Massenzio fondò la zecca di Ostia trasferendo qui quella di Cartagine dopo la sua sconfitta. Costantino rese indipendente la città di Porto costruì a Ostia una basilica sede del vescovo di Ostia. Ci fu così un miglioramento dell'economia e una ripresa dell'attività di costruzione. A Porto c'eranocosi le attività economiche mentre Ostia era diventata un lussuoso centro residenziale. Il V secolo continuò la decadenza e il calo della popolazione e l'acquedotto smise di funzionare. Fu assediata dai Goti nel 537 e saccheggiata dai Saraceni e cosi fu abbandonata. Le rovine della città furono sfruttate come cave di marmi per tutto il medioevo. L'accampamento republicano ha la tipica pianta ortogonale, fondato su due vie principali che si incrociavano: il cardo e il decumano massimi.
Queste due vie uscivano dall'accampamento attraverso 4 porte.Le mura del IV secolo a.C erano di 1.50 m di spessore costruite con blocchi di tufo di Fidene. Le mura nel I secolo a.C vennero costruite su incarico del Senato durante il periodo di consolato di Cicerone nel 63 a.C e concluse da Pulcro nel 58 a.C. Le nuove mura furono costruite in opera reticolata con tufo di Monteverde. Gli edifici vennero costruiti in prossimità delle mura con l'età augustea e con Vespasiano. La funzione difensiva non venne ripristinata neanche in epoca tardi antica quando la città venne attaccata da popolazioni esterne.Le nuove mura avevano tre porte: la porta Romana sul decumano massimo in direzione di Roma sulla via Ostiense. Composta con blocchi di tufo quadrati con un fornice di ingresso piu indietro rispetto alla linea delle mura fincheggiato da due torri quadrate.La porta Laurentina ha una struttura rettangolare con torri quadrate costruita in tufo. La porta Marina costruita anche questa con fornice in dietro rispetto alla linea delle mura cosi come la porta Romana. Rasa al suolo nel I secolo e rimpiazzata da un arco un po piu a sud decorato in marmo. Importante è la piazza del foro, all'incrocio tra cardine massimo e decumano massimo, al centro dell'antico dell'accampamento. La piazza venne sistemata in età augustea e trasformata sotto Adriano ed è di forma stretta e allungata, fiancheggiata da portici. Ad una estremità è dominata dal Capitolium adrianeo, mentre sul lato opposto si trova il tempio di Roma e Augusto eretto sotto Tiberio. Sul foro si affaccia inoltre la Basilica e sul lato opposto del decumano massimo la Curia, sede dei decurioni A sud-est del Foro sorge il grande complesso pubblico delle terme del foro costruite da Antonino Pio.Il teatro è una dele più affascinati strutture di Ostia. Esso può ospitare 4000 persone. Ancora oggi è utilizzato per piccoli spettacoli e concerti.
La necropoli di Ostia è ubicata fuori dalle mura, come era tradizione a Roma, sulla via Ostiense. Sono state ritrovate tombe risalenti al II secolo a.C., anche se quelle attualmente visibili appartengono al periodo che va dall'epoca augustea fino al II secolo d.C. Una seconda necropoli, che venne realizzata nel periodo seguente al 50 d.C. lungo la parallela via Laurentina, sono presenti due tombe monumentali che vennero costruite sul mare, come anche quella di Cartilio Poplicola. Il Tempio di Ercole dedicato alla divinità di Ercole Invictus, era caratterizzato da un podio tufi e fu utilizzato per lungo tempo, come testimoniano i numerosi restauri. Presso questo piccolo tempio è stata ritrovata una stele che raffigurava dei pescatori con delle reti con cui recuperavano un'enorme statua di Ercole dal fondale marino. Gli studiosi hanno ipotizzato che questa statua provenga da una nave Romana naufragata, che tornava in patria dopo uno dei tanti saccheggi svolti dalle legioni Romane in Grecia. Dopo il ritrovamento della statua fu edificato il tempietto in onore di Ercole. Fino ad oggi questa statua non è stata ancora trovata e non si sa nulla della sua fine. Se questa ipotesi fosse vera, la stele ora custodita nel Museo Archeologico di Ostia Antica, è il primo documento di archeologia subacquea. Per quanto riguarda i porti, Cesare aveva gia visto che c'era bisogno di un porto nei pressi di Roma ma aveva rinunciato alla costruzione per altri problemi. L'aumento del traffico commerciale rendeva insufficiente la capacità del Tevere e cosi Claudio iniziò la costruzione a circa 3 Km da Ostia. Il porto era circolare e costruito su una laguna che si era formata e il cordone sabbioso era una protezione naturale. L'etrata fu sbarrata da una diga. Furono costruiti dei magazzini per lo stoccaggio delle merci. All'estremità della diga c'era il faro simile a quello di Alessandria che aveva come fondazione la nave utilizzata da Caligola per portare l'obelisco che ora è in Vatticano in Egitto.Il porto era esposto alle tempeste e Tacito ci racconta che prima che i lavori di costruzione iniziarono una tempesta affondo 200 navi. Anche il suo mantenimento era costoso. Cosi Traiano decise di costruirne un altro chiamato Porto di Traiano arretrato rispetto al primo. Venne creato un bacino esagonale e anche un altro canale. Vennero costruiti anche qui dei magazzini per stoccare la merce e le derrate alimentari.
Ostia è una città romana ed è il porto di Roma che si trova alla foce del fiume Tevere.La prima colonia fondata qui risale al VII secolo a.C dal re Anco Marzio, ma Ostia si sviluppò molto in età imperiale come centro portuale e commerciale legato all'Annona (approvvigionamento di grano per Roma). Vennero costruiti da Claudio e Traiano i due porti e rimase centro residenziale ma decadde in epoca tardo anrica. Gli scavi di Ostia iniziarono a partire dal XIX secolo: vennero alla luce oltre agli edifici pubblici anche molte abitazioni private. Le fonti antiche riportano che sarebbe stata fondata una città da Anco Marzio nel 620 a.C provvista di cinta muraria e di porto ma di questa fondazione non rimane traccia e si suppone che sia stata creata altrove. La città attuale era in origine un accampamento fortificato costruito nel IV secolo ma sulla data precisa di fondazione ci sono opinioni discordanti. Nel 267 a.C, durante la prima guerra punica, Ostia fu sede di uno dei quaestores incaricato della flotta e forse la città nasce come base navale.
Il II secolo ebbe un ruolo di porto commerciale per le importazioni di grano verso Roma e iniziarono a costruire edifici fuori dall'accampamento fortificato. Durante la guerra civile tra Gaio Mario e Silla, nell'87 a.C, la città venne saccheggiata da Mario; tra il 69 e il 68 a.C venne presa dai pirati che distrussero la flotta nel porto. Nel 63 Cicerono iniziò la costruizione di una piu estesa cinta muraria che venne finita nel 58 da Pulcro. In età augustea, tra il 18 e il 12 a.C Agrippa costruì il teatro nel foro e venne anche costruito l'acquedotto. Nel 42 d.C.a causa dell'insufficienza del porto fluviale l'imperatore Claudio costruì il porto artificiale collegato al Tevere da un canale anch'esso artificiale.Tra il 106 e il 103 d.C Traiano costruì un nuovo porto di forma esagonale. Il terzo secolo fu un secolo di crisi con un calo della popolazione e scomparvelo le magistrature locali. Nel IV secolo Massenzio fondò la zecca di Ostia trasferendo qui quella di Cartagine dopo la sua sconfitta. Costantino rese indipendente la città di Porto costruì a Ostia una basilica sede del vescovo di Ostia. Ci fu così un miglioramento dell'economia e una ripresa dell'attività di costruzione. A Porto c'eranocosi le attività economiche mentre Ostia era diventata un lussuoso centro residenziale. Il V secolo continuò la decadenza e il calo della popolazione e l'acquedotto smise di funzionare. Fu assediata dai Goti nel 537 e saccheggiata dai Saraceni e cosi fu abbandonata. Le rovine della città furono sfruttate come cave di marmi per tutto il medioevo. L'accampamento republicano ha la tipica pianta ortogonale, fondato su due vie principali che si incrociavano: il cardo e il decumano massimi.
Queste due vie uscivano dall'accampamento attraverso 4 porte.Le mura del IV secolo a.C erano di 1.50 m di spessore costruite con blocchi di tufo di Fidene. Le mura nel I secolo a.C vennero costruite su incarico del Senato durante il periodo di consolato di Cicerone nel 63 a.C e concluse da Pulcro nel 58 a.C. Le nuove mura furono costruite in opera reticolata con tufo di Monteverde. Gli edifici vennero costruiti in prossimità delle mura con l'età augustea e con Vespasiano. La funzione difensiva non venne ripristinata neanche in epoca tardi antica quando la città venne attaccata da popolazioni esterne.Le nuove mura avevano tre porte: la porta Romana sul decumano massimo in direzione di Roma sulla via Ostiense. Composta con blocchi di tufo quadrati con un fornice di ingresso piu indietro rispetto alla linea delle mura fincheggiato da due torri quadrate.La porta Laurentina ha una struttura rettangolare con torri quadrate costruita in tufo. La porta Marina costruita anche questa con fornice in dietro rispetto alla linea delle mura cosi come la porta Romana. Rasa al suolo nel I secolo e rimpiazzata da un arco un po piu a sud decorato in marmo. Importante è la piazza del foro, all'incrocio tra cardine massimo e decumano massimo, al centro dell'antico dell'accampamento. La piazza venne sistemata in età augustea e trasformata sotto Adriano ed è di forma stretta e allungata, fiancheggiata da portici. Ad una estremità è dominata dal Capitolium adrianeo, mentre sul lato opposto si trova il tempio di Roma e Augusto eretto sotto Tiberio. Sul foro si affaccia inoltre la Basilica e sul lato opposto del decumano massimo la Curia, sede dei decurioni A sud-est del Foro sorge il grande complesso pubblico delle terme del foro costruite da Antonino Pio.Il teatro è una dele più affascinati strutture di Ostia. Esso può ospitare 4000 persone. Ancora oggi è utilizzato per piccoli spettacoli e concerti.
La necropoli di Ostia è ubicata fuori dalle mura, come era tradizione a Roma, sulla via Ostiense. Sono state ritrovate tombe risalenti al II secolo a.C., anche se quelle attualmente visibili appartengono al periodo che va dall'epoca augustea fino al II secolo d.C. Una seconda necropoli, che venne realizzata nel periodo seguente al 50 d.C. lungo la parallela via Laurentina, sono presenti due tombe monumentali che vennero costruite sul mare, come anche quella di Cartilio Poplicola. Il Tempio di Ercole dedicato alla divinità di Ercole Invictus, era caratterizzato da un podio tufi e fu utilizzato per lungo tempo, come testimoniano i numerosi restauri. Presso questo piccolo tempio è stata ritrovata una stele che raffigurava dei pescatori con delle reti con cui recuperavano un'enorme statua di Ercole dal fondale marino. Gli studiosi hanno ipotizzato che questa statua provenga da una nave Romana naufragata, che tornava in patria dopo uno dei tanti saccheggi svolti dalle legioni Romane in Grecia. Dopo il ritrovamento della statua fu edificato il tempietto in onore di Ercole. Fino ad oggi questa statua non è stata ancora trovata e non si sa nulla della sua fine. Se questa ipotesi fosse vera, la stele ora custodita nel Museo Archeologico di Ostia Antica, è il primo documento di archeologia subacquea. Per quanto riguarda i porti, Cesare aveva gia visto che c'era bisogno di un porto nei pressi di Roma ma aveva rinunciato alla costruzione per altri problemi. L'aumento del traffico commerciale rendeva insufficiente la capacità del Tevere e cosi Claudio iniziò la costruzione a circa 3 Km da Ostia. Il porto era circolare e costruito su una laguna che si era formata e il cordone sabbioso era una protezione naturale. L'etrata fu sbarrata da una diga. Furono costruiti dei magazzini per lo stoccaggio delle merci. All'estremità della diga c'era il faro simile a quello di Alessandria che aveva come fondazione la nave utilizzata da Caligola per portare l'obelisco che ora è in Vatticano in Egitto.Il porto era esposto alle tempeste e Tacito ci racconta che prima che i lavori di costruzione iniziarono una tempesta affondo 200 navi. Anche il suo mantenimento era costoso. Cosi Traiano decise di costruirne un altro chiamato Porto di Traiano arretrato rispetto al primo. Venne creato un bacino esagonale e anche un altro canale. Vennero costruiti anche qui dei magazzini per stoccare la merce e le derrate alimentari.
Il Foro Romano.Fulcro di Roma antica.
di Chiara Ciccone
Il centro più vivo e attivo di Roma.
Il Foro romano era compreso tra il colle Palatino e il colle Campidoglio e fu il centro religioso, politico e commerciale della città antica. La valle dove poi sorse il foro era paludosa e inospitale e tra il X e XII secolo a. C fu utilizzata come necropoli dei villaggi circostanti. Gli storici antichi come Tito Livio raccontano che poco dopo la fondazione di Roma venne conbattuta nell'area del futuro foro una battaglia tra Romani e Sabini chiamata battaglia del Lago Curzio. La causa di tale guerra fu il tradimento di una vestale che corrotta, fece entrare nella cittadella fortificata un drappello di soldati. L'occupazione dei Sabini portò i due eserciti a combattere ai piedi dei due colli. La storia racconta anche che Romolo, vedendo i suoi in difficoltà invocò Giove e gli promise in caso di vittoria un tempio dedicato a lui. Le donne sabine, che erano state rapite poco tempo prima dai romani si lanciarono tra i soldati per bloccare la guerra fu cosi che due schieramenti stipularono la pace, varando l'unione tra i due popoli trasferendo il potere decisionale a Roma.
Intorno al 600 a.C il re etrusco Tarquinio Prisco fece costruire la Cloaca Maxima e la spianata del foro venne drenata e venne anche pavimentata in tufo. La piazza nacque come luogo di mercato e anche dove si svolgeva la vita politica e giudiziaria della città. Era un punto centrale dove si intersecavano le strade piu importanti tra cui la via Sacra. Al periodo regio, ossia alla metà del VI secolo a.C, appartengono i monumenti del Comizio la sede piu antica dell'attività politica romana. Il comizio era uno spazio orientato secondo i punti cardinali e vicino a questo si trovava un'area pavimentata chiamata Lapis Niger che era legata alla morte di Romolo dove fu rinvenuta un'iscrizione latina molto antica. Vicino alle pendici del Campidoglio si trovava il Volcanale, il tempio dedicato al dio Vulcano. Sempre a questo periodo risalirebbero la Regia il luogo in cui il Rex sacrorum e il pontefice massimo eservitavano la funzione sacrale, la curia Hostilia costruita da Tullo Ostilio e il tempio di Vesta che era a pianta circolare. I resti che si vedono ora di questi edifici risalirebbero a periodi successivi. Al V secolo risalirebbe l'inaugurazione del tempio di Saturno e dell'annessa sede dell'erario e anche del tempio dei Castori dedicato a Castore e Polluce. Nel IV secolo venne costruito il tempio della Concordia quando venne stipulato l'accordo tra patrizi e plebei. In questa occasione la tribuna del Comizio venne abbellita con i rostra. Il II secolo fu un secolo di campiamenti per il foro da parte di Silla che fece costruire il Tabularium e intorno alla piazze vennero costuite quattro basiliche dove si svolgeva l'attivita giudiziaria.
La basilica Porcia, Emilia, Sempronia e Opimia. Delle quattro ci è giunta fino a noi la basilica Emilia, metre la Porica e la Sempronia vennero sostituite dalla basilica Giulia iniziata da Cesare e terminata da Augusto. Sotto Cesare venne spostata la Curia Giulia che venne orientata secondo gli assi del Foro di Cesare, mentre la tribuna fu spostata verso il Campidoglio. La definitiva sistemazione dei fori venne terminata poi da Augusto. Il foro fu piu regolare in quanto vennero costruite due nuove basiliche: Giulia e Emilia che coprivano i lati lunghi; vennero costruiti i nuovi Rostra sul lato in direzione del Campidoglio e il tempio del Divo Giulio dedicato nel 29 da Augusto dopo la morte e divinizzazione di Cesare. Il tempio del Divo Giulio fu incorniciato dall'arco partico di Augusto e dal portico dell'arco di Gaio e Lucio Cesari. Nel 10 a.C venne rifatto da Tiberio il Tempio della Concordia per cancellare le guerre civili della stagione passata. Nel 12 a.C venne creata un'iscrizione dedicata a Lucio Cesare, figlio ed erede di Augusto, posta all'estremità della Basilica Emilia. I portici vennero intitolati anche al fratello di Lucio, Gaio Cesare. La piazza in questo periodo aveva molti edifici che erano legati alla Gens Julia. Di epoca Flavia è invece il tempio di Vespasiano vicino al tempio della Concordia. Fuori dall'area del foro venne costruito l'arco di Tito sulla via Sacra voluto da Domiziano. Nella stessa area vennero costruiti gli horrea vespasiani, i magazzini voluti dall'imperatore Vespasiano di cui rimangono pochi resti. Del II secolo sono il Tempio di Antonino e Faustina, il Tempio di Venere e Roma che si affaccia sul Colosseo.Al III secolo risale l'arco di Settimio Severo sulla via Sacra. Nel IV secolo venne costruita la Basilica di Massenzio terminata da Costantino.
Crea
Il Foro romano era compreso tra il colle Palatino e il colle Campidoglio e fu il centro religioso, politico e commerciale della città antica. La valle dove poi sorse il foro era paludosa e inospitale e tra il X e XII secolo a. C fu utilizzata come necropoli dei villaggi circostanti. Gli storici antichi come Tito Livio raccontano che poco dopo la fondazione di Roma venne conbattuta nell'area del futuro foro una battaglia tra Romani e Sabini chiamata battaglia del Lago Curzio. La causa di tale guerra fu il tradimento di una vestale che corrotta, fece entrare nella cittadella fortificata un drappello di soldati. L'occupazione dei Sabini portò i due eserciti a combattere ai piedi dei due colli. La storia racconta anche che Romolo, vedendo i suoi in difficoltà invocò Giove e gli promise in caso di vittoria un tempio dedicato a lui. Le donne sabine, che erano state rapite poco tempo prima dai romani si lanciarono tra i soldati per bloccare la guerra fu cosi che due schieramenti stipularono la pace, varando l'unione tra i due popoli trasferendo il potere decisionale a Roma.
Intorno al 600 a.C il re etrusco Tarquinio Prisco fece costruire la Cloaca Maxima e la spianata del foro venne drenata e venne anche pavimentata in tufo. La piazza nacque come luogo di mercato e anche dove si svolgeva la vita politica e giudiziaria della città. Era un punto centrale dove si intersecavano le strade piu importanti tra cui la via Sacra. Al periodo regio, ossia alla metà del VI secolo a.C, appartengono i monumenti del Comizio la sede piu antica dell'attività politica romana. Il comizio era uno spazio orientato secondo i punti cardinali e vicino a questo si trovava un'area pavimentata chiamata Lapis Niger che era legata alla morte di Romolo dove fu rinvenuta un'iscrizione latina molto antica. Vicino alle pendici del Campidoglio si trovava il Volcanale, il tempio dedicato al dio Vulcano. Sempre a questo periodo risalirebbero la Regia il luogo in cui il Rex sacrorum e il pontefice massimo eservitavano la funzione sacrale, la curia Hostilia costruita da Tullo Ostilio e il tempio di Vesta che era a pianta circolare. I resti che si vedono ora di questi edifici risalirebbero a periodi successivi. Al V secolo risalirebbe l'inaugurazione del tempio di Saturno e dell'annessa sede dell'erario e anche del tempio dei Castori dedicato a Castore e Polluce. Nel IV secolo venne costruito il tempio della Concordia quando venne stipulato l'accordo tra patrizi e plebei. In questa occasione la tribuna del Comizio venne abbellita con i rostra. Il II secolo fu un secolo di campiamenti per il foro da parte di Silla che fece costruire il Tabularium e intorno alla piazze vennero costuite quattro basiliche dove si svolgeva l'attivita giudiziaria.
La basilica Porcia, Emilia, Sempronia e Opimia. Delle quattro ci è giunta fino a noi la basilica Emilia, metre la Porica e la Sempronia vennero sostituite dalla basilica Giulia iniziata da Cesare e terminata da Augusto. Sotto Cesare venne spostata la Curia Giulia che venne orientata secondo gli assi del Foro di Cesare, mentre la tribuna fu spostata verso il Campidoglio. La definitiva sistemazione dei fori venne terminata poi da Augusto. Il foro fu piu regolare in quanto vennero costruite due nuove basiliche: Giulia e Emilia che coprivano i lati lunghi; vennero costruiti i nuovi Rostra sul lato in direzione del Campidoglio e il tempio del Divo Giulio dedicato nel 29 da Augusto dopo la morte e divinizzazione di Cesare. Il tempio del Divo Giulio fu incorniciato dall'arco partico di Augusto e dal portico dell'arco di Gaio e Lucio Cesari. Nel 10 a.C venne rifatto da Tiberio il Tempio della Concordia per cancellare le guerre civili della stagione passata. Nel 12 a.C venne creata un'iscrizione dedicata a Lucio Cesare, figlio ed erede di Augusto, posta all'estremità della Basilica Emilia. I portici vennero intitolati anche al fratello di Lucio, Gaio Cesare. La piazza in questo periodo aveva molti edifici che erano legati alla Gens Julia. Di epoca Flavia è invece il tempio di Vespasiano vicino al tempio della Concordia. Fuori dall'area del foro venne costruito l'arco di Tito sulla via Sacra voluto da Domiziano. Nella stessa area vennero costruiti gli horrea vespasiani, i magazzini voluti dall'imperatore Vespasiano di cui rimangono pochi resti. Del II secolo sono il Tempio di Antonino e Faustina, il Tempio di Venere e Roma che si affaccia sul Colosseo.Al III secolo risale l'arco di Settimio Severo sulla via Sacra. Nel IV secolo venne costruita la Basilica di Massenzio terminata da Costantino.
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Torre Eiffel - La vera anima di Parigi.
di Chiaro Ciccone
Uno dei monumenti più belli e simbolici del mondo.
La Torre Eiffel è considerato il monumento simbolo di Parigi. Prende il nome dal suo progettista l'ingegnere Gustave Eiffel. La torre con i suoi 324 metri è la struttura piu alta di Parigi e venne costruita in meno di due anni dal 1887 al 1889 per l'esposizione universale del 1889 che celebrava il centenario della Rivoluzione Francese. Venne inaugurata il 31 marzo 1889 e aperta al pubblico il 6 maggio dello stesso anno. La torre è costruita interamente in ferro e il suo peso complessivo è 10.000 tonnellate. A seconda della temperatura la lunghezza della torre puo variare di diversi centimetri per la dilatazione del metallo. Mentre durante le giornate ventose ci possono essere oscillazioni di 12 centimetri. La torre è visitata ogni anno da circa cinque milioni e mezzo di turisti. Per salire fino in cima ci sono due modi: i 1665 scalini oppure due ascensori trasparenti dai quali si accede ai tre livelli della torre che sono aperti tutti al pubblico.
All'inizio, quando fu costruita ci fu una certa resistenza del pubblico in quanto si pensava che la torre non fosse estetica e nel 1909 rischiò di essere demolita in quanto contestata dall'élite artistica e letteraria. Alla fine fu risparmiata perchè vennero installate su di essa le antenne di trasmissione. E' considerata uno degli esempi di architettura piu straordinari ed è stata proposta per le sette meraviglie del mondo moderno. Fino al 1930 il monumento ha mantenuto il record di costruzione più alta al mondo, anno in cui venne completato il Chrysler Buildind di New York. Al 3º livello Gustave Eiffel aveva creato un appartamento in cui riceveva gli ospiti più illustri; oggi vi si trovano le statue di Eiffel insieme a Thomas Edison e alla figlia Claire.
L'ingegnere Gustave Eiffel decise di far incidere, sotto la balconata del primo piano della torre, i nomi di 72 cittadini francesi scienziati e ingegneri in segno di riconoscimento per i loro studi.I nomi, ben visibili dal suolo, si trovano su tutti i quattro lati della torre. Furono ricoperti di vernice all'inizio del XX secolo, ma vennero recuperati e restaurati tra il 1986 ed il 1987. La Torre Eiffel è illuminata da oltre 350 proiettori di 1000 watt cad., mentre la sera scintilla con oltre 22.000 lampadine e 900 luci di festa. L'idea di far scintillare la torre è stato pensata per festeggiare il passaggio all'anno 2000. La società, "Scieté Nouvelle d'Exploitation de la Tour Eiffel", che cura la manutenzione della Torre ha regalato ai parigini la possibilità di vederla brillare tutte le sere.
La Torre Eiffel è considerato il monumento simbolo di Parigi. Prende il nome dal suo progettista l'ingegnere Gustave Eiffel. La torre con i suoi 324 metri è la struttura piu alta di Parigi e venne costruita in meno di due anni dal 1887 al 1889 per l'esposizione universale del 1889 che celebrava il centenario della Rivoluzione Francese. Venne inaugurata il 31 marzo 1889 e aperta al pubblico il 6 maggio dello stesso anno. La torre è costruita interamente in ferro e il suo peso complessivo è 10.000 tonnellate. A seconda della temperatura la lunghezza della torre puo variare di diversi centimetri per la dilatazione del metallo. Mentre durante le giornate ventose ci possono essere oscillazioni di 12 centimetri. La torre è visitata ogni anno da circa cinque milioni e mezzo di turisti. Per salire fino in cima ci sono due modi: i 1665 scalini oppure due ascensori trasparenti dai quali si accede ai tre livelli della torre che sono aperti tutti al pubblico.
All'inizio, quando fu costruita ci fu una certa resistenza del pubblico in quanto si pensava che la torre non fosse estetica e nel 1909 rischiò di essere demolita in quanto contestata dall'élite artistica e letteraria. Alla fine fu risparmiata perchè vennero installate su di essa le antenne di trasmissione. E' considerata uno degli esempi di architettura piu straordinari ed è stata proposta per le sette meraviglie del mondo moderno. Fino al 1930 il monumento ha mantenuto il record di costruzione più alta al mondo, anno in cui venne completato il Chrysler Buildind di New York. Al 3º livello Gustave Eiffel aveva creato un appartamento in cui riceveva gli ospiti più illustri; oggi vi si trovano le statue di Eiffel insieme a Thomas Edison e alla figlia Claire.
L'ingegnere Gustave Eiffel decise di far incidere, sotto la balconata del primo piano della torre, i nomi di 72 cittadini francesi scienziati e ingegneri in segno di riconoscimento per i loro studi.I nomi, ben visibili dal suolo, si trovano su tutti i quattro lati della torre. Furono ricoperti di vernice all'inizio del XX secolo, ma vennero recuperati e restaurati tra il 1986 ed il 1987. La Torre Eiffel è illuminata da oltre 350 proiettori di 1000 watt cad., mentre la sera scintilla con oltre 22.000 lampadine e 900 luci di festa. L'idea di far scintillare la torre è stato pensata per festeggiare il passaggio all'anno 2000. La società, "Scieté Nouvelle d'Exploitation de la Tour Eiffel", che cura la manutenzione della Torre ha regalato ai parigini la possibilità di vederla brillare tutte le sere.
Tarquinia.Culla della civiltà etrusca.
di Chiara Ciccone
Uno dei maggiori e meglio conservati centri del mondo etrusco
Tarquinia, fin dall'epoca antica, appare come il principale centro politico e culturale dell'Etruria in quanto la tradizione vuole che fu fondata da Tarconte, fu sede della rinascita di Tagete e patria dei re etruschi di Roma come Tarquinio Prisco, Servo Tullio e Tarquinio il Superbo. La presenza di resti di fondi di capanne sull'altura dei Monterozzi indicano la presenza di insediamenti nel periodo Villanoviano che si sarebbe formato nella metà dell'VIII secolo a.C. Durante il periodo Orientalizzante avvengono i primi contatti con il mondo greco e quello orientale che saranno sempre piu intensi grazie alle importazioni di ceramiche provenienti dall'attica. Tarquinia si distingue anche per la scultura funeraria con i lastroni decorati in bassorilievo e i sarcofagi con il defunto scolpito giacente. Nel 474 a. C partecipa alla battaglia navale di Cuma contro Siracusa. Ma Tarquinia entrò piu volte in guerra contro Roma: la prima nel 358-351 a.C che si concluse con una tregua che durò quarant'anni; poi nel 311-308 a.C e nel 295 con la battaglia di Sentino che sancì la sottomissione della città che da allora fece parte dei territori romani della regio VII Etruria.
Nella prima metà del VI secolo si trovò coinvolta nella guerra gotica da metà del secolo entrò a far parte del longobardo ducato di Tuscia. Nella seconda metà dell' VII secolo la Tuscia fu prima acquisita ai domini carolingi e poi donata al ponteficecome parte del neo-costituito Stato della Chiesa. Nel VI secolo di ebbe lo spostamento graduale dell'abitato etrusco-romano che prosegui in età medievale e si concluse in tardo medioevo quando la città era ormai solo un castello fortificato. Il piu antico abitato risale a un grande centro proto-urbano del periodo villanoviano e si trova sul colle de “ La Civita”. Non sono molti i resti dell'abitato ma si possono vedere gli avanzi del tempio chiamato Ara della Regina datato IV-III secolo a.C. Il tempio era composto da un'unica cella e con colonnato ed era in tufo con strutture in legno e decorazioni fittili. L'edificio doveva essere imponente su un terrapieno artificiale e doveva essere fiancheggiato da due strade che collegavano il luogo di culto alla città. Dell'intero ciclo di decorazioni si conserva una sola lastra che doveva appoggiare alla testata della trave laterale sinistra del tetto dell'edificio. La lastra rappresenta due scalpitanti cavalli alati appoggiati a una biga. Sono molto curati i dettagli. La lastra era policroma della quale si conservano delle tracce. La decorazione è molto raffinata e questo dimostra conoscenza della statuaria greca contemporanea. Molto interessante è la necropoli soprattutto la necropoli dei Monterozzi che è composta da numerose tombe a tumulo con camere scavate nella roccia dove sono conservati molti dipinti. Le camere funerarie hanno le pareti decorate con scene di carattere magico-religioso con banchetti funebri, danzatori, suonatori di aulos. Tra i sepolcri piu interessanti c'è la Tomba dei Leopardi il cui ritrovamento risale al 1875. Denominata in quel modo per il soggetto presente nella parete di fondo nello spazio del frontone: tra alberelli si affrontano due leopardi von le fauci spalancate.
Sulle pareti è presente il banchetto funebre con tre coppie sdraiate su klinai e servite da servi nudi. Il soffito è decorato con una scacchiera policroma. Sulla parte centrale invece c'è un motivo a cerchi concentrici. I colori presenti sul soffito sono pochi il rosso il blu e il bianco. Le atre tombe presenti a Tarquinia sono: la Tomba del Guerriero scoperta nel 1961 risalente al V secolo. La parete di fondo, sul frontone mostra una lotta di galli fiancheggiati da due pantere. La scena principale è rapprentata da due coppie stradiate su klinai con suonatori e ancelle. Sulle pareti laterali sono rappresentati i giochi funebri con un discobolo, un lanciatore di giavellotto e due pugili e un flautista che accompagna la danza di un guerriero da cui prende il nome questo tumulo. Altro sepolcro interessante è la Tomba degli Auguri scoperta nel 1878. Il ciclo pittorico rappresenta il rituale funebre con i gioghi ad esso collegati. Sulla parete di fondo è rappresentata la tradizionale porta degli inferi e accanto ad essa, da entrambe le parti, due personaggi, forse sacerdoti, rappresentati nell'atto del compianto funebre. Sulla parete di destra un personaggio con bastone ricurvo identificato come un giudice di gara segue l'incontro di lotta tra due atleti. a decorazione parietale fu realizzata ad affresco tra il 540 e il 530 a.C da un pittore greco-orientale. Bella è anche la Tomba della caccia e della pesca scoperta nel 1873 e composta da due camere. Protagonista della parete di fondo della seconda camera è la natura con il mare e il cielo popolati da delfini e uccelli. E' rappresenta sulle onde una barca di pescatori e su una roccia un cacciatore con una fionda che cerca di colpire gli uccelli. Sul frontone della parete stessa è rappresentato un banchetto. Nella prima stanza invece ci sono scene di danza e giochi mentre nel frontone è rappresentata la caccia.
Tarquinia, fin dall'epoca antica, appare come il principale centro politico e culturale dell'Etruria in quanto la tradizione vuole che fu fondata da Tarconte, fu sede della rinascita di Tagete e patria dei re etruschi di Roma come Tarquinio Prisco, Servo Tullio e Tarquinio il Superbo. La presenza di resti di fondi di capanne sull'altura dei Monterozzi indicano la presenza di insediamenti nel periodo Villanoviano che si sarebbe formato nella metà dell'VIII secolo a.C. Durante il periodo Orientalizzante avvengono i primi contatti con il mondo greco e quello orientale che saranno sempre piu intensi grazie alle importazioni di ceramiche provenienti dall'attica. Tarquinia si distingue anche per la scultura funeraria con i lastroni decorati in bassorilievo e i sarcofagi con il defunto scolpito giacente. Nel 474 a. C partecipa alla battaglia navale di Cuma contro Siracusa. Ma Tarquinia entrò piu volte in guerra contro Roma: la prima nel 358-351 a.C che si concluse con una tregua che durò quarant'anni; poi nel 311-308 a.C e nel 295 con la battaglia di Sentino che sancì la sottomissione della città che da allora fece parte dei territori romani della regio VII Etruria.
Nella prima metà del VI secolo si trovò coinvolta nella guerra gotica da metà del secolo entrò a far parte del longobardo ducato di Tuscia. Nella seconda metà dell' VII secolo la Tuscia fu prima acquisita ai domini carolingi e poi donata al ponteficecome parte del neo-costituito Stato della Chiesa. Nel VI secolo di ebbe lo spostamento graduale dell'abitato etrusco-romano che prosegui in età medievale e si concluse in tardo medioevo quando la città era ormai solo un castello fortificato. Il piu antico abitato risale a un grande centro proto-urbano del periodo villanoviano e si trova sul colle de “ La Civita”. Non sono molti i resti dell'abitato ma si possono vedere gli avanzi del tempio chiamato Ara della Regina datato IV-III secolo a.C. Il tempio era composto da un'unica cella e con colonnato ed era in tufo con strutture in legno e decorazioni fittili. L'edificio doveva essere imponente su un terrapieno artificiale e doveva essere fiancheggiato da due strade che collegavano il luogo di culto alla città. Dell'intero ciclo di decorazioni si conserva una sola lastra che doveva appoggiare alla testata della trave laterale sinistra del tetto dell'edificio. La lastra rappresenta due scalpitanti cavalli alati appoggiati a una biga. Sono molto curati i dettagli. La lastra era policroma della quale si conservano delle tracce. La decorazione è molto raffinata e questo dimostra conoscenza della statuaria greca contemporanea. Molto interessante è la necropoli soprattutto la necropoli dei Monterozzi che è composta da numerose tombe a tumulo con camere scavate nella roccia dove sono conservati molti dipinti. Le camere funerarie hanno le pareti decorate con scene di carattere magico-religioso con banchetti funebri, danzatori, suonatori di aulos. Tra i sepolcri piu interessanti c'è la Tomba dei Leopardi il cui ritrovamento risale al 1875. Denominata in quel modo per il soggetto presente nella parete di fondo nello spazio del frontone: tra alberelli si affrontano due leopardi von le fauci spalancate.
Sulle pareti è presente il banchetto funebre con tre coppie sdraiate su klinai e servite da servi nudi. Il soffito è decorato con una scacchiera policroma. Sulla parte centrale invece c'è un motivo a cerchi concentrici. I colori presenti sul soffito sono pochi il rosso il blu e il bianco. Le atre tombe presenti a Tarquinia sono: la Tomba del Guerriero scoperta nel 1961 risalente al V secolo. La parete di fondo, sul frontone mostra una lotta di galli fiancheggiati da due pantere. La scena principale è rapprentata da due coppie stradiate su klinai con suonatori e ancelle. Sulle pareti laterali sono rappresentati i giochi funebri con un discobolo, un lanciatore di giavellotto e due pugili e un flautista che accompagna la danza di un guerriero da cui prende il nome questo tumulo. Altro sepolcro interessante è la Tomba degli Auguri scoperta nel 1878. Il ciclo pittorico rappresenta il rituale funebre con i gioghi ad esso collegati. Sulla parete di fondo è rappresentata la tradizionale porta degli inferi e accanto ad essa, da entrambe le parti, due personaggi, forse sacerdoti, rappresentati nell'atto del compianto funebre. Sulla parete di destra un personaggio con bastone ricurvo identificato come un giudice di gara segue l'incontro di lotta tra due atleti. a decorazione parietale fu realizzata ad affresco tra il 540 e il 530 a.C da un pittore greco-orientale. Bella è anche la Tomba della caccia e della pesca scoperta nel 1873 e composta da due camere. Protagonista della parete di fondo della seconda camera è la natura con il mare e il cielo popolati da delfini e uccelli. E' rappresenta sulle onde una barca di pescatori e su una roccia un cacciatore con una fionda che cerca di colpire gli uccelli. Sul frontone della parete stessa è rappresentato un banchetto. Nella prima stanza invece ci sono scene di danza e giochi mentre nel frontone è rappresentata la caccia.
Pompei e la bellezza della Casa del Fauno.
di Chiara Ciccone
I resti meravigliosi di una città magica.
La casa del Fauno è una villa di epoca romana, una delle più sfarzose e rinomate del sito archeologico di Pompei. La villa fu sepolta in seguito all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C e ritrovata nel 1830 e prende il nome dalla statua di un satiro in bronzo che fu ritrovata nell'implivium. La villa che risale al III secolo a.C all'inizio aveva dimensioni minori rispetto alle attuali ed era caratterizzata da un orto. Intorno al 120 a.C. La casa venne ampliata sfruttando le abitacioni vicine e venne aggiunto un secondo peristilio. La particolarità di avere due atri e pochi ambienti servili significa che il proprietario voleva sfoggiare la sua ricchezza e il suo potere. Nel 79 la casa fu sepolta dall'eruzione del Vesuvio venne poi esplorata e furono ritrovate una grande varietà di decorazioni in primo stile composte da mosaici che sono conservati ora al museo archeologico di Napoli.
L'ingresso della villa è caratterizzato da una scritta con tessere che rappresentano il saluto “have” per esibire la cultura del proprietario che conosceva il latino. Superato il vestibolo nel quale era presente un piccolo tempio con colonne corinzie si accede all'atrio che era tuscanico dove al centro era posto l'impluvium nella cui vasca fu ritrovato un satiro danzante che fu interpretato come un fauno oggi conservato al museo archeologico di Napoli. Intorno all'atrio si trovano dei cubicoli, camere da letto e un tablino dove il proprietario riceveva i suoi clienti. Ai lati del tablino, due triclini, nei quali sono presenti raffigurazioni di pesci e di un demone su di una pantera.
Si arriva poi al secondo atrio tetrastilo composto da quattro colonne da cui si aprono diversi ambienti di servizio e un altro ingresso quello secondario della casa. La villa era anche dotata di un piccola zona termale con tepidarium e calidarium il primo di una casa privata di Pompei. Per quanto riguarda i peristili la casa ne ha due: quello piu piccolo ornato da 28 colonne ioniche che hanno sostituito le precedenti doriche. I due peristili sono separati da un'esedra dove fu trovato il celebre mosaico che era un pavimento che raffigurava la Battaglia di Isso tra Alessandro Magno e Dario. Il secondo peristilio ha dimensioni piu grandi composto da un doppio ordine di 48 colonne doriche rivestite in stucco e decorato con mosaici. Sul fondo ci sono delle stanze riservate alla servitù di cui una apparteneva al custode che faceva il giardiniere.
La casa del Fauno è una villa di epoca romana, una delle più sfarzose e rinomate del sito archeologico di Pompei. La villa fu sepolta in seguito all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C e ritrovata nel 1830 e prende il nome dalla statua di un satiro in bronzo che fu ritrovata nell'implivium. La villa che risale al III secolo a.C all'inizio aveva dimensioni minori rispetto alle attuali ed era caratterizzata da un orto. Intorno al 120 a.C. La casa venne ampliata sfruttando le abitacioni vicine e venne aggiunto un secondo peristilio. La particolarità di avere due atri e pochi ambienti servili significa che il proprietario voleva sfoggiare la sua ricchezza e il suo potere. Nel 79 la casa fu sepolta dall'eruzione del Vesuvio venne poi esplorata e furono ritrovate una grande varietà di decorazioni in primo stile composte da mosaici che sono conservati ora al museo archeologico di Napoli.
L'ingresso della villa è caratterizzato da una scritta con tessere che rappresentano il saluto “have” per esibire la cultura del proprietario che conosceva il latino. Superato il vestibolo nel quale era presente un piccolo tempio con colonne corinzie si accede all'atrio che era tuscanico dove al centro era posto l'impluvium nella cui vasca fu ritrovato un satiro danzante che fu interpretato come un fauno oggi conservato al museo archeologico di Napoli. Intorno all'atrio si trovano dei cubicoli, camere da letto e un tablino dove il proprietario riceveva i suoi clienti. Ai lati del tablino, due triclini, nei quali sono presenti raffigurazioni di pesci e di un demone su di una pantera.
Si arriva poi al secondo atrio tetrastilo composto da quattro colonne da cui si aprono diversi ambienti di servizio e un altro ingresso quello secondario della casa. La villa era anche dotata di un piccola zona termale con tepidarium e calidarium il primo di una casa privata di Pompei. Per quanto riguarda i peristili la casa ne ha due: quello piu piccolo ornato da 28 colonne ioniche che hanno sostituito le precedenti doriche. I due peristili sono separati da un'esedra dove fu trovato il celebre mosaico che era un pavimento che raffigurava la Battaglia di Isso tra Alessandro Magno e Dario. Il secondo peristilio ha dimensioni piu grandi composto da un doppio ordine di 48 colonne doriche rivestite in stucco e decorato con mosaici. Sul fondo ci sono delle stanze riservate alla servitù di cui una apparteneva al custode che faceva il giardiniere.
Il fascino della città sommersa di Baia.
di Chiara Ciccone
Un Parco archoelogico importante e di rara bellezza.
La città sommersa di Baia si trova a nord del Golfo di Napoli ed è un'area marina protetta che rappresenta, insieme al parco archeologico di Gaiola, un esempio unico nel Meditteraneo di protezione archeologica subaquea.l'area protetta tutela lo studio dei reperti archeologici sommersi e anche la salvaguardia degli ecosistemi marini e costieri. Quest'area è interessata dal fenomeno vulcanico del bradisismo che ha causato movimenti verticali positivi e negativi portando l'inabissamento della costa romana di circa 6-8 metri. Intorno al primo secolo l'area era di moda in quanto era presente una villa imperiale, il Pausilypon, da cui prende il nome il promontorio del Posillipo, costruita da Publio Veido Pollione. Quando nel 15 a.C. Pollione morì, nominò Augusto proprietario di tutti i beni villa compresa. La villa fu poi abbellita come residenza imperiale e pare che è li che si svolse la congiura contro Nerone. In quest'area sono sommersi anche il porto commerciale di Baia e il Portus Julius, mentre piu a nord c'era il porto di Capo Miseno sedel della Flotta imperiale Romana.Il parco è diviso in tre zone: nella zona A sono state ritrovate casualmente due statue nel 1969 e in seguito venne effettuato uno scavo archeologico che portò ad individuare un ambiente decorato.
Questo gruppo presenta una scena descritta da Omero. Vennero trovate anche delle statue che raffiguravano Dioniso e dei componenti della famiglia Giulio- claudia tra cui Claudio, Antonina Minore ed Ottavia Claudia. L’ambiente scavato si presentava come una grande sala rettangolare absidata sul fondo, interamente rivestita di marmo, con una grande vasca centrale, mentre lungo le pareti laterali correva un canale per lo scorrimento dell’acqua. Questo ha permesso di identificare la sala come un ninfeo cioè un ambiente decorato con ricchi giochi d’acqua, probabilmente utilizzato come Triclinium, cioè come sala per banchetti. La zona B conserva a una profondità di 5 metri strutture in buona condizione che servivano al funzionamento del Portus Iulius, antico porto della città di Puteoli . Costruito intorno al 37 a. C. da Marco Vipsanio Agrippa per volere di Ottaviano durante la guerra civile contro Sesto Pompeo , il porto inizialmente svolse la funzione di base navale militare. Il porto costiero offriva un naturale rifugio protetto per le navi da guerra oltre ad un ampio cantiere navale interno.
Il Portus Iulius possedeva un molo costiero lungo 372 metri ed edificato su archi che poggiavano su quindici piloni quadrangolari. a funzione militare del porto si esaurì una ventina d’anni dopo la costruzione a causa della bassa profondità del lago Lucrino e del parziale insabbiamento con il conseguente trasferimento della flotta a Miseno nel 12 a.C. Mantenne però fino al IV secolo la funzione di porto commerciale. Il Portus Iulius venne abbandonato nel IV secolo per il progressivo abbassamento della linea di costa causato dal bradisisma. Nei secoli successivi l’arretramento della costa produsse la riduzione del lago di Lucrino alle sue dimensioni attuali ed il porto romano venne completamente sommerso. Per quanto riguarda la zona C comprende l'area dello scomparso Lacus Baianus. La parte piu interessanto si trova a 600 metri dalla costa ed è chiamata Secca della Fumosa in quanto prende il nome dalle molte emissioni di gas e di acque calde che sono a 14-16- metri di profondità. E' composta da 25 pilastri a base quadrata paralleli alla linea di costa che dovevano costituire una sorta di diga che proteggeva il porto di Pozzuoli dalle onde
La città sommersa di Baia si trova a nord del Golfo di Napoli ed è un'area marina protetta che rappresenta, insieme al parco archeologico di Gaiola, un esempio unico nel Meditteraneo di protezione archeologica subaquea.l'area protetta tutela lo studio dei reperti archeologici sommersi e anche la salvaguardia degli ecosistemi marini e costieri. Quest'area è interessata dal fenomeno vulcanico del bradisismo che ha causato movimenti verticali positivi e negativi portando l'inabissamento della costa romana di circa 6-8 metri. Intorno al primo secolo l'area era di moda in quanto era presente una villa imperiale, il Pausilypon, da cui prende il nome il promontorio del Posillipo, costruita da Publio Veido Pollione. Quando nel 15 a.C. Pollione morì, nominò Augusto proprietario di tutti i beni villa compresa. La villa fu poi abbellita come residenza imperiale e pare che è li che si svolse la congiura contro Nerone. In quest'area sono sommersi anche il porto commerciale di Baia e il Portus Julius, mentre piu a nord c'era il porto di Capo Miseno sedel della Flotta imperiale Romana.Il parco è diviso in tre zone: nella zona A sono state ritrovate casualmente due statue nel 1969 e in seguito venne effettuato uno scavo archeologico che portò ad individuare un ambiente decorato.
Questo gruppo presenta una scena descritta da Omero. Vennero trovate anche delle statue che raffiguravano Dioniso e dei componenti della famiglia Giulio- claudia tra cui Claudio, Antonina Minore ed Ottavia Claudia. L’ambiente scavato si presentava come una grande sala rettangolare absidata sul fondo, interamente rivestita di marmo, con una grande vasca centrale, mentre lungo le pareti laterali correva un canale per lo scorrimento dell’acqua. Questo ha permesso di identificare la sala come un ninfeo cioè un ambiente decorato con ricchi giochi d’acqua, probabilmente utilizzato come Triclinium, cioè come sala per banchetti. La zona B conserva a una profondità di 5 metri strutture in buona condizione che servivano al funzionamento del Portus Iulius, antico porto della città di Puteoli . Costruito intorno al 37 a. C. da Marco Vipsanio Agrippa per volere di Ottaviano durante la guerra civile contro Sesto Pompeo , il porto inizialmente svolse la funzione di base navale militare. Il porto costiero offriva un naturale rifugio protetto per le navi da guerra oltre ad un ampio cantiere navale interno.
Il Portus Iulius possedeva un molo costiero lungo 372 metri ed edificato su archi che poggiavano su quindici piloni quadrangolari. a funzione militare del porto si esaurì una ventina d’anni dopo la costruzione a causa della bassa profondità del lago Lucrino e del parziale insabbiamento con il conseguente trasferimento della flotta a Miseno nel 12 a.C. Mantenne però fino al IV secolo la funzione di porto commerciale. Il Portus Iulius venne abbandonato nel IV secolo per il progressivo abbassamento della linea di costa causato dal bradisisma. Nei secoli successivi l’arretramento della costa produsse la riduzione del lago di Lucrino alle sue dimensioni attuali ed il porto romano venne completamente sommerso. Per quanto riguarda la zona C comprende l'area dello scomparso Lacus Baianus. La parte piu interessanto si trova a 600 metri dalla costa ed è chiamata Secca della Fumosa in quanto prende il nome dalle molte emissioni di gas e di acque calde che sono a 14-16- metri di profondità. E' composta da 25 pilastri a base quadrata paralleli alla linea di costa che dovevano costituire una sorta di diga che proteggeva il porto di Pozzuoli dalle onde
La Madonna di Raffaello in mostra a Milano.
di Chiara Ciccone
Mostra di Natale finanziata da Eni.
La Madonna di Foligno di Raffaello sarà in mostra dal 20 Novembre al 12 Gennaio 2014,per la prima volta a Milano a Palazzo Marino. Grazie all'Eni questa bellissima opera si sposta per la prima volta dai Musei Vaticani. L'anno scorso, Amore e Psiche, sempre un evento di Eni e sempre a Milano era stata la mostra piu visitata del 2012. Il dipinto ha dimensioni impressionanti: è alto 320 centimetri e largo 194. Il visitatore sembra poter entrare dentro al quadro.
La parte bassa rappresenta san Giovanni Battista, san Francesco d’Assisi e san Girolamo, riconoscibile dal leone mansueto, che presenta a Maria il committente inginocchiato. che sono sistemati ai lati del racconto: il bolide che cade su una Foligno protetta dall'arcobaleno che è il simbolo della Bibbia che rappresenta la protezione e riconciliazione con il divino. In alto, invece, è rappresenta la Vergine che regge un Bambino, che viene rappresentato da Raffaello come un bimbo qualunque che pare di voler sfuggire dall'abbraccio della madre per muoversi libero nel dipinto. La Madonna non è sul trono ma seduta su strati di nuvole che poi si trasformano in cherubini azzurri che sono la parte piu emozionante di questo quadro.
Le nuvole presenti nel quadro diventano il simbolo della mostra, infatti, nella sala Alessi, si è circondati da pannelli sui quali si muovono cumuli bianchi contro il cielo azzurro e con gli stessi si puo anche interagire facendo apparire i dettagli dello stesso quadro per godere meglio e da vicino della pittura di Raffaello. L'opera fu commissionata intorno al 1512 come ex voto da Sigismondo de' Conti, segretario di papa Giulio II, per la chiesa di S. Maria in Aracoeli sul Campidoglio per il miracolo che aveva visto uscire la sua casa di Foligno illesa dopo essere stata colpita da un fulmine o un bolide.
La Madonna di Foligno di Raffaello sarà in mostra dal 20 Novembre al 12 Gennaio 2014,per la prima volta a Milano a Palazzo Marino. Grazie all'Eni questa bellissima opera si sposta per la prima volta dai Musei Vaticani. L'anno scorso, Amore e Psiche, sempre un evento di Eni e sempre a Milano era stata la mostra piu visitata del 2012. Il dipinto ha dimensioni impressionanti: è alto 320 centimetri e largo 194. Il visitatore sembra poter entrare dentro al quadro.
La parte bassa rappresenta san Giovanni Battista, san Francesco d’Assisi e san Girolamo, riconoscibile dal leone mansueto, che presenta a Maria il committente inginocchiato. che sono sistemati ai lati del racconto: il bolide che cade su una Foligno protetta dall'arcobaleno che è il simbolo della Bibbia che rappresenta la protezione e riconciliazione con il divino. In alto, invece, è rappresenta la Vergine che regge un Bambino, che viene rappresentato da Raffaello come un bimbo qualunque che pare di voler sfuggire dall'abbraccio della madre per muoversi libero nel dipinto. La Madonna non è sul trono ma seduta su strati di nuvole che poi si trasformano in cherubini azzurri che sono la parte piu emozionante di questo quadro.
Le nuvole presenti nel quadro diventano il simbolo della mostra, infatti, nella sala Alessi, si è circondati da pannelli sui quali si muovono cumuli bianchi contro il cielo azzurro e con gli stessi si puo anche interagire facendo apparire i dettagli dello stesso quadro per godere meglio e da vicino della pittura di Raffaello. L'opera fu commissionata intorno al 1512 come ex voto da Sigismondo de' Conti, segretario di papa Giulio II, per la chiesa di S. Maria in Aracoeli sul Campidoglio per il miracolo che aveva visto uscire la sua casa di Foligno illesa dopo essere stata colpita da un fulmine o un bolide.
Il gruppo del Laocoonte ai Musei Vaticani.
di Chiara Ciccone
L'antica e splendida statua ritrovata nel 1506 alle Terme di Tito.
Il gruppo del Laocoonte è una statua in marmo che venne ritrovata nel 1505 a Roma in un sotterraneo di quelle che furono le terme di Tito datata I secolo d.C. eseguita dagli scultori Agesandro, Atanodoro e Polidoro che è conservata ai Musei Vaticani. La sua datazione però non è sicurissima: Plinio dice di aver visto la scultura nella casa dell'imperatore Tito attribuendola a tre scultori Agesandro, Atanodoro e Polidoro. L'identificazione di Plinio è accettata visto che la statua è stata trovata proprio in un sotterraneo della residenza privata dell'imperatore. Recentemente però i critici si sono divisi in due filoni: il primo filone ritiene che sia un capolavoro dell'ultimo Ellenismo creato a Rodi nel I secolo a.C da tre artisti che si ispiravano alla scuola di Pergamo che era ormai scomparsa. L'altro filone, invece, lo considerano cavolavoro di scultori di Rodi della scuola di Pergamo e che sia una copia di età romana fatta da copisti di Rodi, Agesandro, Atanodoro e Polidoro che avrebbero repplicato l'originale che era in bronzo di poco posteriore all'Ara di Pergamo.
Di sicuro Agesandro, Atanodoro e Polidoro furono grandi artisti che lavoravano per la massima committenza ossia la corte imperiale. La statua, dopo il ritrovamento, fu subito acquistata da Papa Giulio II che la sistemo nel “cortile delle Statue”, di forma ottagonale, progettato dal Bramante all'interno del Giardino del Belvedere che accoglieva la collezione del papa più antica. Questa collezione rappresenta l'atto fondativo dei Musei Vaticani. Da allora il Laocoonte con l'Apollo del Belvedere costituì un pezzo importante della collezione e oggetto di visite da parte di curiosi e collezionisti. Il gruppo scultoreo rappresenta la morte del sacerdote troiano Lacoonte che si opponeva che il cavallo costruito dai greci fosse introdotto all'interno delle mura della città e per questo fu stritolato da due serpenti che uscirono dal mare. Il sacerdote è rappresentato ancora seduto sull'altare completamente nudo. Il suo corpo muscoloso disegna una diagonale che inizia con la gamba sinistra tesa per sostegno continua con il torso dai muscoli rigonfi e dalla linea alba e con il braccio destro proteso.
Il gomito è però piegato all'indietro come anche la testa per tentare di fuggire al morso del serpente che viene frenato invano con l'avambraccio destro. Il volto contratto, lo sguardo rivolto all'insù e la bocca aperta in una smorfia di dolore sono avvolti da ciocche di capelli dai profondi chiaroscuri. Alla sua sinistra e alla sua destra anche i suoi figli, rappresentati in diversa età giovanile, sono preda dei mostri. Il figlio a sinistra reclina la testa all'indietro incapace di opporsi, mentre quello di destra sembra riuscire a liberarsi le gambe dalle spire del serpente che perà gli avvolge ancora il braccio destro. Forse sarà l'unico che riuscirà a salvarsi come riportato in una versione secondaria della guerra di Troia.
Il gruppo del Laocoonte è una statua in marmo che venne ritrovata nel 1505 a Roma in un sotterraneo di quelle che furono le terme di Tito datata I secolo d.C. eseguita dagli scultori Agesandro, Atanodoro e Polidoro che è conservata ai Musei Vaticani. La sua datazione però non è sicurissima: Plinio dice di aver visto la scultura nella casa dell'imperatore Tito attribuendola a tre scultori Agesandro, Atanodoro e Polidoro. L'identificazione di Plinio è accettata visto che la statua è stata trovata proprio in un sotterraneo della residenza privata dell'imperatore. Recentemente però i critici si sono divisi in due filoni: il primo filone ritiene che sia un capolavoro dell'ultimo Ellenismo creato a Rodi nel I secolo a.C da tre artisti che si ispiravano alla scuola di Pergamo che era ormai scomparsa. L'altro filone, invece, lo considerano cavolavoro di scultori di Rodi della scuola di Pergamo e che sia una copia di età romana fatta da copisti di Rodi, Agesandro, Atanodoro e Polidoro che avrebbero repplicato l'originale che era in bronzo di poco posteriore all'Ara di Pergamo.
Di sicuro Agesandro, Atanodoro e Polidoro furono grandi artisti che lavoravano per la massima committenza ossia la corte imperiale. La statua, dopo il ritrovamento, fu subito acquistata da Papa Giulio II che la sistemo nel “cortile delle Statue”, di forma ottagonale, progettato dal Bramante all'interno del Giardino del Belvedere che accoglieva la collezione del papa più antica. Questa collezione rappresenta l'atto fondativo dei Musei Vaticani. Da allora il Laocoonte con l'Apollo del Belvedere costituì un pezzo importante della collezione e oggetto di visite da parte di curiosi e collezionisti. Il gruppo scultoreo rappresenta la morte del sacerdote troiano Lacoonte che si opponeva che il cavallo costruito dai greci fosse introdotto all'interno delle mura della città e per questo fu stritolato da due serpenti che uscirono dal mare. Il sacerdote è rappresentato ancora seduto sull'altare completamente nudo. Il suo corpo muscoloso disegna una diagonale che inizia con la gamba sinistra tesa per sostegno continua con il torso dai muscoli rigonfi e dalla linea alba e con il braccio destro proteso.
Il gomito è però piegato all'indietro come anche la testa per tentare di fuggire al morso del serpente che viene frenato invano con l'avambraccio destro. Il volto contratto, lo sguardo rivolto all'insù e la bocca aperta in una smorfia di dolore sono avvolti da ciocche di capelli dai profondi chiaroscuri. Alla sua sinistra e alla sua destra anche i suoi figli, rappresentati in diversa età giovanile, sono preda dei mostri. Il figlio a sinistra reclina la testa all'indietro incapace di opporsi, mentre quello di destra sembra riuscire a liberarsi le gambe dalle spire del serpente che perà gli avvolge ancora il braccio destro. Forse sarà l'unico che riuscirà a salvarsi come riportato in una versione secondaria della guerra di Troia.
Viaggio a Paestum,in piena Magna Grecia.
di Chiara Ciccone
La storia di una delle regine delle colonie greche in Italia.
Paestum è un' antica città della Magna Grecia fondata intorno al 600 a.C circa dai coloni achei di Sibari con i Dori. Venne chiamata Poseidonia in onore del dio Poseidone ma anche devota a Era e Atena. La città si trova in Campania in provincia di Salerno nella Piana del Sele, vicino al litorale, nel golfo di Salerno, verso il Cilento. La fondazione della colonia è preceduta, secondo una testimonianza di Strabone, da un avamposto fortificato sul mare dove la tradizione colloca un santuario di Poseidone. Nel VI secolo assume un ruolo importante nel Meditteraneo consentendo ai Sibariti fuggiti dalla distruzione della loro città avvenuta nel 510 a.C di ricostruire una nuova Sibari. Alla fine del V secolo la città viene conquistata dai Lucani che cambiano il nome della città da Poseidonia a Pastum e a loro si deve anche l'inizio di un processo di integrazione politica dell'elemento indigeno all'interno della città greca mantenendo monumenti e spazi pubblici istituiti da coloni greci. Viene accolto a Paestum Alessandro il Molosso tra il 334 e il 331 a.C che fu chiamato per guidare la Lega Italiata contro i Sanniti, Lucani e Brettii. Nel III secolo passsa sotto il controllo di Roma diventando una colonia di diritto latino e entrando a far parte degli alleati navali di Roma dando sostegno soprattutto durante la Seconda Guerra Punica. Diventando una colonia viene riorganizzato l'abitato con la costruzione del foro che occupa uno spazio piu piccolo rispetto all'agorà della città greca.
La città sorgeva su una piattaforma calcarea e circondata da un'imponente e ben conservata cinta muraria di quasi 5 km circondata da un fossato e da 28 torri. Si conservano tre delle quattro porte di accesso alla città: Porta Sirena a est, Porta Giustizia a sud e Porta marina a ovest. La parte centrale accoglieva una vasta piazza chiamata agorà dove avevano luogo le principali funzioni politiche mentre la zona Meridionale e settentrionale dove si conservano i templi in pietra. Nel santuario settentrionale sorge il tempio di Atena ( tempio di Cerere), in quello meridionale il tempio di Era (la Basilica) e il Tempio di Nettuno verosimilmente dedicato ad Apollo. I templi hanno un completamento comune ma diverso da quello delle strade. Il Santuario Settentrionale sorge nel punto piu alto della città è dedicato ad Atena almeno al momento della fondazione del tempio in pietra creato alla fine del VI secolo. Si pensa che oltre ad Atena ci fossero culti anche per Afrodite, Dioniso e Demetra. Il tempio di Atena è il fulcro del santuario rivolto a est verso il grande altare dove si celebrava il culto. Circondato da un colonnato dorico con sei colonne sui lati brevi e e tredici su quelli lunghi. La cella, che ospitava la statua di culto, è molto prodonda preceduta da un vestibolo. La decorazione è molto raffinata: sulla fronte corre un fregio di metope e triglifi, mentre le parti sporgenti del tetto a doppio spiovente sono decorate con un motivo a cassettoni. Nel Santuario Meridionale si celebrano i culti piu importanti quelli dedicati a Era, che garantisce fecondità femminile e ricchezza della terra. A Era si affiancano altri culti tra cui Apollo a cui si riferisce forse il tempio di Nettuno e Zeus. Anche la prima fase di questo santuario inizia nel VI secolo. Il tempio di Era venne iniziato poco dopo la metà del VI secolo in ordine dorico con nove colonne sulla fronte e diciotto sui lati lunghi con cella profonda e vano chiuso dietro dove era collocata la statua di culto.
I capitelli hanno una raffinata decorazione: alla base una decorazione di foglie sopra la quale si trova una fascia di palmette e fiori di loto. Il secondo edificio in pietra di questo santuario è costituito dal Tempio di Nettuno attribuito ad Apollo che è datato prima della metà del V secolo in ordine dorico con sei colonne sulla fronte e quattordici sui lati lunghi che racchiudono una cela con vano posteriore aperto e un vestibolo. A est dei due templi si trovano degli altari due davanti al tempio di Nettuno. Uno di epoca romana e l'altro di dimensioni piu grandi che conserva la fondazione del V secolo. Per quanto riguarda invece l'agorà è un' enorme piazza destinata alla riunione e all'attività politica dei cittadini. Nel IV secolo forse viene divisa in due settori: a nord con importanti edifici pubblici quindi rimane la funzione politica mentre a sud è collocata la zona commerciale di piazza del mercato. In questa zona poi verrà collocato il foro della colonia latina. A est dell'agorà si trovano due edifici simbolo di questa zona politica della città: l'edificio per l'assemblea politica e un saccello per il culto eroico “saccello Ipogeico” entrambi realizzati in epoca greca che poi furono seppelliti in epoca romana. L'edificio delle assemblee ha forma circolare e si riconoscono ancora le gradinate scavate nella roccia dove ci si poteva accedere attraverso due ingressi. All'interno è stata trovata una stele dedicata a Giove scritta in dialetto dei Lucani. Il Saccello Ipogeico è invece una grande tomba a camera con le pareti in blocchi di pietra e la copertuta a doppio spiovente. All'interno non fu deposto un morto ma venne ritrovato un corredo eccezionale esposto al Museo Archeologico. La presenza di una tomba dentro il centro urbano è anomala in quanto le necropoli si collocano, tranne eccezioni, fuori dalla città. Chi viene seppellto dentro è perchè gode di un arango eccezionale e d è trattato come eroe fondatore della città.
Paestum è un' antica città della Magna Grecia fondata intorno al 600 a.C circa dai coloni achei di Sibari con i Dori. Venne chiamata Poseidonia in onore del dio Poseidone ma anche devota a Era e Atena. La città si trova in Campania in provincia di Salerno nella Piana del Sele, vicino al litorale, nel golfo di Salerno, verso il Cilento. La fondazione della colonia è preceduta, secondo una testimonianza di Strabone, da un avamposto fortificato sul mare dove la tradizione colloca un santuario di Poseidone. Nel VI secolo assume un ruolo importante nel Meditteraneo consentendo ai Sibariti fuggiti dalla distruzione della loro città avvenuta nel 510 a.C di ricostruire una nuova Sibari. Alla fine del V secolo la città viene conquistata dai Lucani che cambiano il nome della città da Poseidonia a Pastum e a loro si deve anche l'inizio di un processo di integrazione politica dell'elemento indigeno all'interno della città greca mantenendo monumenti e spazi pubblici istituiti da coloni greci. Viene accolto a Paestum Alessandro il Molosso tra il 334 e il 331 a.C che fu chiamato per guidare la Lega Italiata contro i Sanniti, Lucani e Brettii. Nel III secolo passsa sotto il controllo di Roma diventando una colonia di diritto latino e entrando a far parte degli alleati navali di Roma dando sostegno soprattutto durante la Seconda Guerra Punica. Diventando una colonia viene riorganizzato l'abitato con la costruzione del foro che occupa uno spazio piu piccolo rispetto all'agorà della città greca.
La città sorgeva su una piattaforma calcarea e circondata da un'imponente e ben conservata cinta muraria di quasi 5 km circondata da un fossato e da 28 torri. Si conservano tre delle quattro porte di accesso alla città: Porta Sirena a est, Porta Giustizia a sud e Porta marina a ovest. La parte centrale accoglieva una vasta piazza chiamata agorà dove avevano luogo le principali funzioni politiche mentre la zona Meridionale e settentrionale dove si conservano i templi in pietra. Nel santuario settentrionale sorge il tempio di Atena ( tempio di Cerere), in quello meridionale il tempio di Era (la Basilica) e il Tempio di Nettuno verosimilmente dedicato ad Apollo. I templi hanno un completamento comune ma diverso da quello delle strade. Il Santuario Settentrionale sorge nel punto piu alto della città è dedicato ad Atena almeno al momento della fondazione del tempio in pietra creato alla fine del VI secolo. Si pensa che oltre ad Atena ci fossero culti anche per Afrodite, Dioniso e Demetra. Il tempio di Atena è il fulcro del santuario rivolto a est verso il grande altare dove si celebrava il culto. Circondato da un colonnato dorico con sei colonne sui lati brevi e e tredici su quelli lunghi. La cella, che ospitava la statua di culto, è molto prodonda preceduta da un vestibolo. La decorazione è molto raffinata: sulla fronte corre un fregio di metope e triglifi, mentre le parti sporgenti del tetto a doppio spiovente sono decorate con un motivo a cassettoni. Nel Santuario Meridionale si celebrano i culti piu importanti quelli dedicati a Era, che garantisce fecondità femminile e ricchezza della terra. A Era si affiancano altri culti tra cui Apollo a cui si riferisce forse il tempio di Nettuno e Zeus. Anche la prima fase di questo santuario inizia nel VI secolo. Il tempio di Era venne iniziato poco dopo la metà del VI secolo in ordine dorico con nove colonne sulla fronte e diciotto sui lati lunghi con cella profonda e vano chiuso dietro dove era collocata la statua di culto.
I capitelli hanno una raffinata decorazione: alla base una decorazione di foglie sopra la quale si trova una fascia di palmette e fiori di loto. Il secondo edificio in pietra di questo santuario è costituito dal Tempio di Nettuno attribuito ad Apollo che è datato prima della metà del V secolo in ordine dorico con sei colonne sulla fronte e quattordici sui lati lunghi che racchiudono una cela con vano posteriore aperto e un vestibolo. A est dei due templi si trovano degli altari due davanti al tempio di Nettuno. Uno di epoca romana e l'altro di dimensioni piu grandi che conserva la fondazione del V secolo. Per quanto riguarda invece l'agorà è un' enorme piazza destinata alla riunione e all'attività politica dei cittadini. Nel IV secolo forse viene divisa in due settori: a nord con importanti edifici pubblici quindi rimane la funzione politica mentre a sud è collocata la zona commerciale di piazza del mercato. In questa zona poi verrà collocato il foro della colonia latina. A est dell'agorà si trovano due edifici simbolo di questa zona politica della città: l'edificio per l'assemblea politica e un saccello per il culto eroico “saccello Ipogeico” entrambi realizzati in epoca greca che poi furono seppelliti in epoca romana. L'edificio delle assemblee ha forma circolare e si riconoscono ancora le gradinate scavate nella roccia dove ci si poteva accedere attraverso due ingressi. All'interno è stata trovata una stele dedicata a Giove scritta in dialetto dei Lucani. Il Saccello Ipogeico è invece una grande tomba a camera con le pareti in blocchi di pietra e la copertuta a doppio spiovente. All'interno non fu deposto un morto ma venne ritrovato un corredo eccezionale esposto al Museo Archeologico. La presenza di una tomba dentro il centro urbano è anomala in quanto le necropoli si collocano, tranne eccezioni, fuori dalla città. Chi viene seppellto dentro è perchè gode di un arango eccezionale e d è trattato come eroe fondatore della città.
Cleopatra e l'Egitto in mostra a Roma.
di Chiara Ciccone
Una mostra nella Capitale sulla misteriosa regina egiziana.
Il Chiostro del Bramante a Roma, ospita dal 12 ottobre 2013 al al 2 febbraio 2014 una mostra su Cleopatra VII regina d'Egitto tra il 69 a.C. - 30 a.C. La mostra espone 200 opere che raccontano la storia politica dell'epoca e il rapporto tra Roma e l'Egitto focalizzandosi sulla figura della regina. Tutte queste opere provengono dai principali musei nazionali e internazionali tra cui il Museo Nazionale Romano, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Museo Egizio di Torino, il Museo Egizio di Firenze, i Musei Vaticani, il Brooklyn Museum of Arts di New York e il Kunsthistorisches Museum di Vienna. L'ultima esposizione su Cleopatra a Roma risale al 2000 ed ha registrato il record di visite questo è un segno che Cleopatra suscita ancora entusiasmo a 2000 anni dalla sua morte. Il percorso di visita prende in considerazione molti aspetti della cultura egizia legata al Nilo e alle vicende economiche che ci furono tra Roma e l'Egitto in epoca Tolemaica. Le opere hanno sia un legame tra arte e storia come sculture di granito, basalto che provengono dalle famose cave d'Egitto, marmi greci, alabastri, mosaici molicromi e affreschi, bronzi, terracotte, ori e argento. Da non perdere tra le opere esposte è il ritratto di Cleopatra cosiddetto “Nahman”, esposto in Italia per la prima volta. Uno straordinario ritratto di Ottavia, sposa di M. Antonio e sorella di Augusto rilavorato come Cleopatra . Questo esposto per la prima volta al mondo, un ritratto della regina d’Egitto giovanissima, realizzato probabilmente quando salì al trono nel 51 a.C. Un omaggio per tutti i visitatori della mostra, oltre all'audio guida gratuita, verrà raccontata la storia di Cleopatra da un archeologo di fama internazionale Valerio Massimo Manfredi.
La mostra è divisa in nove sezioni: verrà raccontato l'ambiente del Nilo il ritratto di Cleopatra cosiddetto “Nahman”, esposto in Italia per la prima volta, uno straordinario ritratto di Ottavia, sposa di M. Antonio e sorella di Augusto rilavorato come Cleopatra – questo esposto per la prima volta al mondo – un ritratto della regina d’Egitto giovanissima, realizzato probabilmente quando salì al trono nel 51 a.C.Diverse opere testimoniano il forte ascendente che il mondo “esotico” delle sponde del Nilo ha nell’immaginario romano, come l’affresco da Pompei con Scena nilotica con pigmei cacciatori (55-79 d.C., Museo Archeologico Nazionale di Napoli).In mostra anche coloro che fecero grande l’Egitto, a partire da Alessandro Magno (Testa idealizzata di Alessandro Magno, detta Alessandro Guimet, inizi II sec. a.C., Musée du Louvre), fondatore di Alessandria, la grandiosa e straordinariamente bella città costruita dal condottiero Macedone ed eretta a capitale del nuovo regno d’Egitto. Segue una sezione che ha per protagonisti i principali personaggi della vicenda che ha luogo allo scadere della Repubblica romana: Gneo Pompeo e Giulio Cesare, anzitutto, in lotta per il potere a Roma, e poi l’incontro di Cesare con Cleopatra VII, da cui nascerà Tolomeo XV Cesarione; poi Marco Antonio e Ottaviano, alleati vendicatori dell’omicidio di Cesare; infine, la nuova coppia Cleopatra e Marco Antonio e i figli di questi, i gemelli Alessandro Helios e Cleopatra Selene e, ultimo, Tolomeo Filadelfio. Vicende straordinarie che hanno ridisegnato la storia e la geografia del Mediterraneo nella seconda metà del I secolo a. C, qui raccontate attraverso capolavori come il Ritratto di Giulio Cesare (30 a.C. ca., Musei Vaticani) e quello di Cleopatra ritrovato a Roma (ca. 45 a.C., Musei Vaticani), oltre che da splendidi cammei, preziose monete e altri rarissimi oggetti. La mostra indaga poi gli “anni romani” di Cleopatra (dal 46 al 44 a.C.) quando il costume e la moda dell’Urbe cambiano, sotto l’influenza della regina e della sua corte. Segue una sezione che ha per protagonisti i principali personaggi della complessa vicenda che ha luogo allo scadere della Repubblica romana e che descrive gli avvenimenti di quel tempo: Gneo Pompeo e Giulio Cesare, anzitutto, in lotta per il potere a Roma, e poi l’incontro di Cesare con Cleopatra VII, da cui nascerà Tolomeo XV Cesarione; quindi Marco Antonio e Ottaviano, alleati vendicatori dell’omicidio di Cesare; infine, la nuova coppia Cleopatra e Marco Antonio e i figli di questi, i gemelli Alessandro Helios e Cleopatra Selene e, ultimo, Tolomeo Filadelfio.
Vicende straordinarie che hanno ridisegnato la storia e la geografia del Mediterraneo nella seconda metà del I secolo a. C, qui raccontate attraverso capolavori come il Ritratto di Giulio Cesare (30 a.C.Musei Vaticani) e quello di Cleopatra ritrovato a Roma (ca. 45 a.C., Musei Vaticani), oltre che da splendidi cammei, preziose monete e altri rarissimi oggetti. La mostra indaga poi gli “anni romani” di Cleopatra (dal 46 al 44 a.C.) quando – come testimoniano preziosi e rari documenti archeologici – il costume e la moda dell’Urbe cambiano, sotto l’influenza della regina e della sua corte. Inevitabilmente entrano a far parte del Panteon romano, anche se con resistenze da parte della classe più conservatrice del senato – i culti egizi, a cominciare da quello di Iside, dea patrona della vita ma anche della navigazione così importante per Roma. La ammiriamo ritratta sia nelle vesti tradizionali egizie – quelle indossate da Cleopatra, incarnazione della dea secondo la religione egizia, dal 36 fino alla morte avvenuta nel 30 a.C. -, sia in quelle ellenistico-romane, mentre allatta il dio bambino Horo. Insieme con lei sono Anubi, protettore dei defunti, di cui si espone una bellissima Statua (I sec. a.C. – I sec. d.C., Museo Archeologico Nazionale, Napoli), che raffigura la divinità dalla testa di cane e il corpo di Hermes-Mercurio, prodotto dell’ellenizzazione della divinità egizia, Bes, “gnomo” benefico, Arpocrate ragazzino, raffigurato su piccole steli a carattere magico, e altri ancora. Conquistato l’Egitto nel 30 a.C. e scomparsi di scena perchè suicidatisi nello stesso anno M. Antonio e Cleopatra, i nuovi regnanti – anzitutto Cesare Ottaviano, “Augusto” e principe dal 27 a.C.- devono adeguarsi alle millenarie tradizioni della terra del Nilo per essere accolti e riconosciuti come sovrani dalla popolazione. Cleopatra è in qualche modo vendicata: Augusto siede sul trono che fu suo e di suo figlio Cesarione, fatto ammazzare nel frattempo dal vincitore, e ne prosegue il ruolo di dio-faraone. “L’Egitto conquistato”, è inciso sul dritto delle monete coniate da Ottaviano intorno al 28-27 a.C., dopo la vittoria su Antonio e Cleopatra. Ma la mostra intende raccontare come in realtà fu anche Roma a subire l’indiscutibile fascino dell’Egitto e a rimanerne a sua volta conquistata. Cleopatra VII Thea Filopatore, ultima regina d’Egitto che regnò dal 69 al 30 a.C. segna infatti in modo indelebile la sua epoca. Non particolarmente bella ma seducente, intelligente e risoluta, dotata di intelletto brillante, colta e raffinata, fonda la sua forza sulla sua personalità libera e indipendente. Vera e propria “star” ante litteram, la sua presenza ha un impatto culturale, oltre che politico, che difficilmente si può riscontrare nelle epoche a seguire. Destinata fin da subito a divenire un’icona, Cleopatra è di certo una delle figure più discusse e rappresentate in ogni forma e modo.
Il Chiostro del Bramante a Roma, ospita dal 12 ottobre 2013 al al 2 febbraio 2014 una mostra su Cleopatra VII regina d'Egitto tra il 69 a.C. - 30 a.C. La mostra espone 200 opere che raccontano la storia politica dell'epoca e il rapporto tra Roma e l'Egitto focalizzandosi sulla figura della regina. Tutte queste opere provengono dai principali musei nazionali e internazionali tra cui il Museo Nazionale Romano, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Museo Egizio di Torino, il Museo Egizio di Firenze, i Musei Vaticani, il Brooklyn Museum of Arts di New York e il Kunsthistorisches Museum di Vienna. L'ultima esposizione su Cleopatra a Roma risale al 2000 ed ha registrato il record di visite questo è un segno che Cleopatra suscita ancora entusiasmo a 2000 anni dalla sua morte. Il percorso di visita prende in considerazione molti aspetti della cultura egizia legata al Nilo e alle vicende economiche che ci furono tra Roma e l'Egitto in epoca Tolemaica. Le opere hanno sia un legame tra arte e storia come sculture di granito, basalto che provengono dalle famose cave d'Egitto, marmi greci, alabastri, mosaici molicromi e affreschi, bronzi, terracotte, ori e argento. Da non perdere tra le opere esposte è il ritratto di Cleopatra cosiddetto “Nahman”, esposto in Italia per la prima volta. Uno straordinario ritratto di Ottavia, sposa di M. Antonio e sorella di Augusto rilavorato come Cleopatra . Questo esposto per la prima volta al mondo, un ritratto della regina d’Egitto giovanissima, realizzato probabilmente quando salì al trono nel 51 a.C. Un omaggio per tutti i visitatori della mostra, oltre all'audio guida gratuita, verrà raccontata la storia di Cleopatra da un archeologo di fama internazionale Valerio Massimo Manfredi.
La mostra è divisa in nove sezioni: verrà raccontato l'ambiente del Nilo il ritratto di Cleopatra cosiddetto “Nahman”, esposto in Italia per la prima volta, uno straordinario ritratto di Ottavia, sposa di M. Antonio e sorella di Augusto rilavorato come Cleopatra – questo esposto per la prima volta al mondo – un ritratto della regina d’Egitto giovanissima, realizzato probabilmente quando salì al trono nel 51 a.C.Diverse opere testimoniano il forte ascendente che il mondo “esotico” delle sponde del Nilo ha nell’immaginario romano, come l’affresco da Pompei con Scena nilotica con pigmei cacciatori (55-79 d.C., Museo Archeologico Nazionale di Napoli).In mostra anche coloro che fecero grande l’Egitto, a partire da Alessandro Magno (Testa idealizzata di Alessandro Magno, detta Alessandro Guimet, inizi II sec. a.C., Musée du Louvre), fondatore di Alessandria, la grandiosa e straordinariamente bella città costruita dal condottiero Macedone ed eretta a capitale del nuovo regno d’Egitto. Segue una sezione che ha per protagonisti i principali personaggi della vicenda che ha luogo allo scadere della Repubblica romana: Gneo Pompeo e Giulio Cesare, anzitutto, in lotta per il potere a Roma, e poi l’incontro di Cesare con Cleopatra VII, da cui nascerà Tolomeo XV Cesarione; poi Marco Antonio e Ottaviano, alleati vendicatori dell’omicidio di Cesare; infine, la nuova coppia Cleopatra e Marco Antonio e i figli di questi, i gemelli Alessandro Helios e Cleopatra Selene e, ultimo, Tolomeo Filadelfio. Vicende straordinarie che hanno ridisegnato la storia e la geografia del Mediterraneo nella seconda metà del I secolo a. C, qui raccontate attraverso capolavori come il Ritratto di Giulio Cesare (30 a.C. ca., Musei Vaticani) e quello di Cleopatra ritrovato a Roma (ca. 45 a.C., Musei Vaticani), oltre che da splendidi cammei, preziose monete e altri rarissimi oggetti. La mostra indaga poi gli “anni romani” di Cleopatra (dal 46 al 44 a.C.) quando il costume e la moda dell’Urbe cambiano, sotto l’influenza della regina e della sua corte. Segue una sezione che ha per protagonisti i principali personaggi della complessa vicenda che ha luogo allo scadere della Repubblica romana e che descrive gli avvenimenti di quel tempo: Gneo Pompeo e Giulio Cesare, anzitutto, in lotta per il potere a Roma, e poi l’incontro di Cesare con Cleopatra VII, da cui nascerà Tolomeo XV Cesarione; quindi Marco Antonio e Ottaviano, alleati vendicatori dell’omicidio di Cesare; infine, la nuova coppia Cleopatra e Marco Antonio e i figli di questi, i gemelli Alessandro Helios e Cleopatra Selene e, ultimo, Tolomeo Filadelfio.
Vicende straordinarie che hanno ridisegnato la storia e la geografia del Mediterraneo nella seconda metà del I secolo a. C, qui raccontate attraverso capolavori come il Ritratto di Giulio Cesare (30 a.C.Musei Vaticani) e quello di Cleopatra ritrovato a Roma (ca. 45 a.C., Musei Vaticani), oltre che da splendidi cammei, preziose monete e altri rarissimi oggetti. La mostra indaga poi gli “anni romani” di Cleopatra (dal 46 al 44 a.C.) quando – come testimoniano preziosi e rari documenti archeologici – il costume e la moda dell’Urbe cambiano, sotto l’influenza della regina e della sua corte. Inevitabilmente entrano a far parte del Panteon romano, anche se con resistenze da parte della classe più conservatrice del senato – i culti egizi, a cominciare da quello di Iside, dea patrona della vita ma anche della navigazione così importante per Roma. La ammiriamo ritratta sia nelle vesti tradizionali egizie – quelle indossate da Cleopatra, incarnazione della dea secondo la religione egizia, dal 36 fino alla morte avvenuta nel 30 a.C. -, sia in quelle ellenistico-romane, mentre allatta il dio bambino Horo. Insieme con lei sono Anubi, protettore dei defunti, di cui si espone una bellissima Statua (I sec. a.C. – I sec. d.C., Museo Archeologico Nazionale, Napoli), che raffigura la divinità dalla testa di cane e il corpo di Hermes-Mercurio, prodotto dell’ellenizzazione della divinità egizia, Bes, “gnomo” benefico, Arpocrate ragazzino, raffigurato su piccole steli a carattere magico, e altri ancora. Conquistato l’Egitto nel 30 a.C. e scomparsi di scena perchè suicidatisi nello stesso anno M. Antonio e Cleopatra, i nuovi regnanti – anzitutto Cesare Ottaviano, “Augusto” e principe dal 27 a.C.- devono adeguarsi alle millenarie tradizioni della terra del Nilo per essere accolti e riconosciuti come sovrani dalla popolazione. Cleopatra è in qualche modo vendicata: Augusto siede sul trono che fu suo e di suo figlio Cesarione, fatto ammazzare nel frattempo dal vincitore, e ne prosegue il ruolo di dio-faraone. “L’Egitto conquistato”, è inciso sul dritto delle monete coniate da Ottaviano intorno al 28-27 a.C., dopo la vittoria su Antonio e Cleopatra. Ma la mostra intende raccontare come in realtà fu anche Roma a subire l’indiscutibile fascino dell’Egitto e a rimanerne a sua volta conquistata. Cleopatra VII Thea Filopatore, ultima regina d’Egitto che regnò dal 69 al 30 a.C. segna infatti in modo indelebile la sua epoca. Non particolarmente bella ma seducente, intelligente e risoluta, dotata di intelletto brillante, colta e raffinata, fonda la sua forza sulla sua personalità libera e indipendente. Vera e propria “star” ante litteram, la sua presenza ha un impatto culturale, oltre che politico, che difficilmente si può riscontrare nelle epoche a seguire. Destinata fin da subito a divenire un’icona, Cleopatra è di certo una delle figure più discusse e rappresentate in ogni forma e modo.
Alla scoperta della mitica città di Troia.
di Chiara Ciccone
Una città,un mito e una leggenda.Questa è Troia.
In Turchia possiamo ancora godere dei resti della magica città di Troia. Fu teatro della Guerra narrata da Omero nell'Illiade che racconta del suo assedio e della sua conseguente distruzione da parte degli Achei. La leggenda narra che la città era circondata da una possente cinta muraria creata da Poseidone e Apollo che dovevano renderla inespugnabile. Controllava lo stretto dei Dardanelli ed era al centro del commercio di metalli con il Mar Nero e Mar Egeo. Fu poi assediata per nove anni, durante il regno di Priamo, da una spedizione Achea guidata da Agamennone per vendicare il rapimento di Elena, moglie di Menelano da parte di Paride figlio di Priamo che se ne era innamorato. La città cadde poi grazie allo stratagemma del cavallo di legno opera di Ulisse. Sappiamo che durante gli anni Troia venne conquistata dai Persiani, durante il regno di Ciro il Grande come tutte le città-stato dell'Asia Minore. Intorno al 480 a.C fece parte della lega di Delo sotto l'egemonia di Atene ma quando questa cadde contro Sparta passò sotto quest'ultima. Viene anche conquistata da Alessandro Magno e in seguito distrutta dopo la prima guerra mitridatica da un generale romano. Sappiamo che poi venne nuovamente costruita e visitata da Cesare nel 480 a.C. Oggi di quella città luogo di una guerra epica non rimane un gran che. Ci si arriva aspettandosi di vedere i luoghi dove secoli prima hanno combattutto Ettore e Achille, Agamennone e Menelano. Si entra nel cuore di Troia superando i bastioni composti da imponenti blocchi di pietra ben squadrati che sono quel che resta delle sue mura inespugnabili.
Da un sopralzo si scruta il mare dal quale i Troiani videro, in un giorno ormai lontano, le vele delle minacciose navi greche che avanzavano verso di loro. Si possono vedere delle pietre sparse che appartengono a quello che rimane del tempio di Atena Ilia. Lo stato di conservazione cosi degradante del tempio è da attribuirsi ai terremoti e agli eserciti che lo distrussero ma anche a Schliemann che si incaponì cercando il tesoro di Priamo utilizzando dei metodi che oggi farebbero rabbrividire gli archeologi. Alla fine trovò molti gioielli che chiamò i gioielli di Elena con i quali agghindò sua moglie e le fece un ritratto. Oltre al tempio di Atena si arriva alle terme romane e ai suoi mosaici, mentre il teatro ed il buleuterion sono appena riconoscibili. La ricerca delle tracce di Troia iniziarono nel 600' ma solo nel 1668 un mercante, archeologo per vocazione Heinrich Schliemann scoprì una serie di insediamenti presso la località turca di Hisarlik a 30 km a sud di Canakkele. Lui pensò di aver identificato la città omerica in quanto trovo numerosi gioielli che identificò come il “tesoro di Priamo” ma non è cosi in quanto la scoperta di Schliemann appartiene al secondo livello datato 2500-2000 a.C. Troia viene è stata identificata in nove livelli sovrapposti. Il primo livello datato 3000 a.C.-2600 a.C. era un villaggio neolitico fino ad arrivare al nono livello che viene datato età romana fino al 4° secolo dove erano presenti costruzioni di età romana. La città di Omero viene oggi identificata con il settimo livello datato 1260 a.C. Distrutta da un incendio che avvenne nello stesso periodo delle vicende da lui narrate. La città distrutta viene poi ricostruita con la stessa planimetria della città precedente dagli stessi abitanti insieme a illiri, traci e balcanici.
Le case vengono costruite con un cortile centrale ed è molto importante in questo periodo la ceramica. Per quanto riguarda invece la datazione della guerra di Troia fonti greche collocano la distruzione della città alla fine del 12°secolo a.C. Tucidide parla di Agamennone e della guerra nel suo secondo libro delle storie e soprattutto nel “discordo dei meli”. I meli dicono di essere di tradizione Dorica e di essere stati colonizzati da Sparta da settecento anni. L'avenimento è del 416 a.C quindi passarono ottant'anni dalla guerra e lo storico colloca la distruzione di Troai nel 1196 a.C quindi nel 12° secolo a.C. Erodoto ha una ricostruzione più antica sostenendo di essere nato quattrocento anni dopo Omero quindi la sua datazione è 1350-1250 a.C. Lo storico che riscuote più sucesso è Cirene che sostiene sia avvenuta nel 3° secolo a.C. La sua ipotesi è riportata da Dionisio di Alicarnasso esattamente l' 11 giugno 1184-1182 a.C cioè nel 12 secolo a.C.
In Turchia possiamo ancora godere dei resti della magica città di Troia. Fu teatro della Guerra narrata da Omero nell'Illiade che racconta del suo assedio e della sua conseguente distruzione da parte degli Achei. La leggenda narra che la città era circondata da una possente cinta muraria creata da Poseidone e Apollo che dovevano renderla inespugnabile. Controllava lo stretto dei Dardanelli ed era al centro del commercio di metalli con il Mar Nero e Mar Egeo. Fu poi assediata per nove anni, durante il regno di Priamo, da una spedizione Achea guidata da Agamennone per vendicare il rapimento di Elena, moglie di Menelano da parte di Paride figlio di Priamo che se ne era innamorato. La città cadde poi grazie allo stratagemma del cavallo di legno opera di Ulisse. Sappiamo che durante gli anni Troia venne conquistata dai Persiani, durante il regno di Ciro il Grande come tutte le città-stato dell'Asia Minore. Intorno al 480 a.C fece parte della lega di Delo sotto l'egemonia di Atene ma quando questa cadde contro Sparta passò sotto quest'ultima. Viene anche conquistata da Alessandro Magno e in seguito distrutta dopo la prima guerra mitridatica da un generale romano. Sappiamo che poi venne nuovamente costruita e visitata da Cesare nel 480 a.C. Oggi di quella città luogo di una guerra epica non rimane un gran che. Ci si arriva aspettandosi di vedere i luoghi dove secoli prima hanno combattutto Ettore e Achille, Agamennone e Menelano. Si entra nel cuore di Troia superando i bastioni composti da imponenti blocchi di pietra ben squadrati che sono quel che resta delle sue mura inespugnabili.
Da un sopralzo si scruta il mare dal quale i Troiani videro, in un giorno ormai lontano, le vele delle minacciose navi greche che avanzavano verso di loro. Si possono vedere delle pietre sparse che appartengono a quello che rimane del tempio di Atena Ilia. Lo stato di conservazione cosi degradante del tempio è da attribuirsi ai terremoti e agli eserciti che lo distrussero ma anche a Schliemann che si incaponì cercando il tesoro di Priamo utilizzando dei metodi che oggi farebbero rabbrividire gli archeologi. Alla fine trovò molti gioielli che chiamò i gioielli di Elena con i quali agghindò sua moglie e le fece un ritratto. Oltre al tempio di Atena si arriva alle terme romane e ai suoi mosaici, mentre il teatro ed il buleuterion sono appena riconoscibili. La ricerca delle tracce di Troia iniziarono nel 600' ma solo nel 1668 un mercante, archeologo per vocazione Heinrich Schliemann scoprì una serie di insediamenti presso la località turca di Hisarlik a 30 km a sud di Canakkele. Lui pensò di aver identificato la città omerica in quanto trovo numerosi gioielli che identificò come il “tesoro di Priamo” ma non è cosi in quanto la scoperta di Schliemann appartiene al secondo livello datato 2500-2000 a.C. Troia viene è stata identificata in nove livelli sovrapposti. Il primo livello datato 3000 a.C.-2600 a.C. era un villaggio neolitico fino ad arrivare al nono livello che viene datato età romana fino al 4° secolo dove erano presenti costruzioni di età romana. La città di Omero viene oggi identificata con il settimo livello datato 1260 a.C. Distrutta da un incendio che avvenne nello stesso periodo delle vicende da lui narrate. La città distrutta viene poi ricostruita con la stessa planimetria della città precedente dagli stessi abitanti insieme a illiri, traci e balcanici.
Le case vengono costruite con un cortile centrale ed è molto importante in questo periodo la ceramica. Per quanto riguarda invece la datazione della guerra di Troia fonti greche collocano la distruzione della città alla fine del 12°secolo a.C. Tucidide parla di Agamennone e della guerra nel suo secondo libro delle storie e soprattutto nel “discordo dei meli”. I meli dicono di essere di tradizione Dorica e di essere stati colonizzati da Sparta da settecento anni. L'avenimento è del 416 a.C quindi passarono ottant'anni dalla guerra e lo storico colloca la distruzione di Troai nel 1196 a.C quindi nel 12° secolo a.C. Erodoto ha una ricostruzione più antica sostenendo di essere nato quattrocento anni dopo Omero quindi la sua datazione è 1350-1250 a.C. Lo storico che riscuote più sucesso è Cirene che sostiene sia avvenuta nel 3° secolo a.C. La sua ipotesi è riportata da Dionisio di Alicarnasso esattamente l' 11 giugno 1184-1182 a.C cioè nel 12 secolo a.C.
Amore e Psiche al Louvre di Parigi.
di Chiara Ciccone
Una scultura immortale,simbolo di amore eterno.
Amore e Psiche è una delle piu celebri sculture di Antonio Canova realizzata tra il 1788 e il1793 che ora si trova al Louvre a Parigi. Di quest'opera esistono anche diverse altre versioni una delle quali conservata a San Pietroburgo all'Ermitage dove i due personaggi sono raffigurati in piedi come in un'altra versione conservata sempre a Parigi. I due personaggi sono raffigurati come adolescenti con le loro forme perfette secondo canoni di bellezza assoluta nell'atto che precede il bacio, un momento di tensione che l'artista riproduce come un attimo sublime che rimane in sospeso.
La scultura poggia su una pedana circolare in modo che l'osservatore la possa ammirare da tutte le sue parti e coglierne tutte le sue sfumature e potrà anche notare che i due corpi formano una morbida X in quanto sono disposte di diagonale e divergenti tra di loro. Psiche è semidistesa e rivolge braccia e viso verso l'alto e per farlo imprime una torsione ad avvitamento mentre Amore è appoggiato su un ginocchio mentre con l'altra gamba si spinge in avanti inarcandosi e piegandosi in avanti per avvicinarsi alle labbra di Psiche. Questa scena è tratta dalla leggenda di Apuleio secondo il quale Psiche era talmente bella che suscito l'invidia di Venere. La dea mando Amore dalla ragazza per farla innamorare in un uomo vecchio e brutto ma fu lui ad innamorarsene e dopo molte vicende riusci a far entrare Psiche nell'Olimpo per rimanere con lui.
Questa disposizione è bilanciata da una forma triangolare che è composta dalle ali di Amore, mentre le braccia di Psiche formano il punto focale aprendosi a mo' di cerchio intorno ai volti. In questo cerchio viene sprigionata la tensione emotiva di Amore che sta per sprigionare nel bacio che si conclude con l'incrociarsi degli sguardi. I movimenti sono sciolti, aggraziati e ben sincronizzati con gesti delicati ed espressivi in una coreografia equilibrata.La scultura è realizzata in marmo bianco levigato che sembra sperimentare il senso della carne che Canova voleva ottenere nelle sue opere.
Amore e Psiche è una delle piu celebri sculture di Antonio Canova realizzata tra il 1788 e il1793 che ora si trova al Louvre a Parigi. Di quest'opera esistono anche diverse altre versioni una delle quali conservata a San Pietroburgo all'Ermitage dove i due personaggi sono raffigurati in piedi come in un'altra versione conservata sempre a Parigi. I due personaggi sono raffigurati come adolescenti con le loro forme perfette secondo canoni di bellezza assoluta nell'atto che precede il bacio, un momento di tensione che l'artista riproduce come un attimo sublime che rimane in sospeso.
La scultura poggia su una pedana circolare in modo che l'osservatore la possa ammirare da tutte le sue parti e coglierne tutte le sue sfumature e potrà anche notare che i due corpi formano una morbida X in quanto sono disposte di diagonale e divergenti tra di loro. Psiche è semidistesa e rivolge braccia e viso verso l'alto e per farlo imprime una torsione ad avvitamento mentre Amore è appoggiato su un ginocchio mentre con l'altra gamba si spinge in avanti inarcandosi e piegandosi in avanti per avvicinarsi alle labbra di Psiche. Questa scena è tratta dalla leggenda di Apuleio secondo il quale Psiche era talmente bella che suscito l'invidia di Venere. La dea mando Amore dalla ragazza per farla innamorare in un uomo vecchio e brutto ma fu lui ad innamorarsene e dopo molte vicende riusci a far entrare Psiche nell'Olimpo per rimanere con lui.
Questa disposizione è bilanciata da una forma triangolare che è composta dalle ali di Amore, mentre le braccia di Psiche formano il punto focale aprendosi a mo' di cerchio intorno ai volti. In questo cerchio viene sprigionata la tensione emotiva di Amore che sta per sprigionare nel bacio che si conclude con l'incrociarsi degli sguardi. I movimenti sono sciolti, aggraziati e ben sincronizzati con gesti delicati ed espressivi in una coreografia equilibrata.La scultura è realizzata in marmo bianco levigato che sembra sperimentare il senso della carne che Canova voleva ottenere nelle sue opere.
Il Ponte Vecchio.Simbolo di Firenze.
di Chiara Ciccone
Una delle opere architettoniche più antiche d'Italia.
Il primo ponte creato per attraversare l'Arno doveva trovarsi sulla prosecuzione del cardo massimo nell'attuale Piazza del Pesce e risaliva alla metà del 1° secolo a.C. cioè poco dopo la fondazione
della città. Questo ponte fu allargato nel 123 circa in quanto l'imperatore Adriano promosse la costruzione della via Cassia Nuova che attraversava la città. Il ponte aveva gia, probabilmente i piloni in muratura mentre le altri parti erano in legno.Il primo ponte romano fu distrutto tra il 6° e il 7° secolo a causa delle guerre barbariche e per i danni alluvionali.Nel 1177 venne costruito un ponte che si trova nella stessa posizione di quello attuale in quanto studi effettuati nel 900 sui piloni e le testate affermano che poggiava su parti più antiche come travi della seconda metà del 10° secolo. Questo ponte venne danneggiato tra il 1222 e il 1322 e l'alluvione del 1333 lo distrusse completamente. Venne ricostruito nel 1345 a tre valichi.
Nel 1442 una norma dell'autorità cittadina impose ai macellai, per proteggere il decoro della città, di riunirsi in botteghe sul Ponte Vecchio per eliminare le maleodoranti tracce lasciate dalle lavorazioni delle carni e da quel momento il ponte divenne sede di mercato di carne e i macellai che diventarono proprietari delle botteghe costruirono delle stanze sul fiume puntellandole con pali di legno.Giorgio Vasari nel 1565 costruì il corridoio vasariano per collegare il centro politico e amministrativo con Palazzo Pitti, la dimora dei Medici. Questo corridoio era lungo circa un chilometro, parte da Palazzo Vecchio, passa per gli Uffizi , costeggia il lungo Arno e passa sopra le botteghe del lato est del ponte e alla fine arriva a Palazzo Pitti. Cosi le botteghe dei macellai vennero sostituite da orafi e gioiellieri.Il Ponte Vecchio venne visitato da Hitler e Mussolini in occasione del viaggio dei tedeschi in Italia nel 1938 e per quell'occasione vennero aperti i tre finestroni panoramici al centro del corridoio vasariano. Dopo la ritirata delle truppe naziste fu l'unico che non fu fatto saltare dai tedeschi nel 1944. Il corridoio vasariano nei giorni della liberazione era l'unico modo per spostarsi da nord a sud della città.
Ponte Vecchio è costituito da tre valichi ad arco ribassato, superando così il modello romano che prevedeva l'utilizzo di valichi a tutto sesto che però non erano adatti per un ponte cosi lungo in quanto prevedeva molte arcate e creava pericoli in caso di piene del fiume.Questo modello fu poi utilizzato nel 16° secolo a Venezia con il Ponte di Rialto. Altra caratteristica di questo ponte è il passaggio fiancheggiato da due file di botteghe di artigiani, che venero ricavate in antichi portici che poi furono chiusi e che lo hanno reso famoso. Le botteghe si affacciano tutte sul passaggio centrale e hanno tutte una sola vetrina. Ai quattro angoli del ponte esistevano altrettante torri che ne controllavano l'accesso: di queste resta solo la torre dei Mannelli mentre la torre dei Rossi Cerchi fu ricostruita dopo le esplosioni del 1944. Al centro del ponte le botteghe si interrompono in due terrazze: a est c'è il corridoio vasariano mentre l'altra ospita il monumento con la statua di Benvenuto Cellini, il più famoso orafo fiorentino. L'opera è dotata di una fontana collocata per le celebrazioni del quarto centerario della nascita.
Il primo ponte creato per attraversare l'Arno doveva trovarsi sulla prosecuzione del cardo massimo nell'attuale Piazza del Pesce e risaliva alla metà del 1° secolo a.C. cioè poco dopo la fondazione
della città. Questo ponte fu allargato nel 123 circa in quanto l'imperatore Adriano promosse la costruzione della via Cassia Nuova che attraversava la città. Il ponte aveva gia, probabilmente i piloni in muratura mentre le altri parti erano in legno.Il primo ponte romano fu distrutto tra il 6° e il 7° secolo a causa delle guerre barbariche e per i danni alluvionali.Nel 1177 venne costruito un ponte che si trova nella stessa posizione di quello attuale in quanto studi effettuati nel 900 sui piloni e le testate affermano che poggiava su parti più antiche come travi della seconda metà del 10° secolo. Questo ponte venne danneggiato tra il 1222 e il 1322 e l'alluvione del 1333 lo distrusse completamente. Venne ricostruito nel 1345 a tre valichi.
Nel 1442 una norma dell'autorità cittadina impose ai macellai, per proteggere il decoro della città, di riunirsi in botteghe sul Ponte Vecchio per eliminare le maleodoranti tracce lasciate dalle lavorazioni delle carni e da quel momento il ponte divenne sede di mercato di carne e i macellai che diventarono proprietari delle botteghe costruirono delle stanze sul fiume puntellandole con pali di legno.Giorgio Vasari nel 1565 costruì il corridoio vasariano per collegare il centro politico e amministrativo con Palazzo Pitti, la dimora dei Medici. Questo corridoio era lungo circa un chilometro, parte da Palazzo Vecchio, passa per gli Uffizi , costeggia il lungo Arno e passa sopra le botteghe del lato est del ponte e alla fine arriva a Palazzo Pitti. Cosi le botteghe dei macellai vennero sostituite da orafi e gioiellieri.Il Ponte Vecchio venne visitato da Hitler e Mussolini in occasione del viaggio dei tedeschi in Italia nel 1938 e per quell'occasione vennero aperti i tre finestroni panoramici al centro del corridoio vasariano. Dopo la ritirata delle truppe naziste fu l'unico che non fu fatto saltare dai tedeschi nel 1944. Il corridoio vasariano nei giorni della liberazione era l'unico modo per spostarsi da nord a sud della città.
Ponte Vecchio è costituito da tre valichi ad arco ribassato, superando così il modello romano che prevedeva l'utilizzo di valichi a tutto sesto che però non erano adatti per un ponte cosi lungo in quanto prevedeva molte arcate e creava pericoli in caso di piene del fiume.Questo modello fu poi utilizzato nel 16° secolo a Venezia con il Ponte di Rialto. Altra caratteristica di questo ponte è il passaggio fiancheggiato da due file di botteghe di artigiani, che venero ricavate in antichi portici che poi furono chiusi e che lo hanno reso famoso. Le botteghe si affacciano tutte sul passaggio centrale e hanno tutte una sola vetrina. Ai quattro angoli del ponte esistevano altrettante torri che ne controllavano l'accesso: di queste resta solo la torre dei Mannelli mentre la torre dei Rossi Cerchi fu ricostruita dopo le esplosioni del 1944. Al centro del ponte le botteghe si interrompono in due terrazze: a est c'è il corridoio vasariano mentre l'altra ospita il monumento con la statua di Benvenuto Cellini, il più famoso orafo fiorentino. L'opera è dotata di una fontana collocata per le celebrazioni del quarto centerario della nascita.
Parte il restauro del Napoleone di Canova.
di Chiara Ciccone
Un classico di Canova tra poco riaperto al pubblico.
A Giugno sono iniziati i lavori di restauro del Napoleone di Canova, una statua in bronzo che raffigura “Napoleone come Marte Pacificatore”, posta nel cortile d'onore del palazzo di Brera a Milano dal 1809. La statua è significativa in quanto si trova in una posizione strategica di immediato impatto visivo accogliendo i visitatori e li introduce all'interno del palazzo. Inoltre rappresenta una figura molto legata alle vicende di Pinacoteca, un tributo a Napoleone che istitui' la Real Galleria di Brera.
L'opera, esposta agli agenti atmosferici ha subito un'alterazione nei materiali e nella staticità e questo richiede un intervento di restauro urgente che la riporterà al suo antico splendore. Il restauro che si svolgerà in due parti, prima la statua sarà in piedi sul basamento e poi distesa, potrà essere seguito passo passo dai visitatori che la potranno vedere da dietro un vetro. La novità è che il restaurò verrà effettuato sul posto. Sulla struttura verranno applicati dei pannelli che spiegano la storia della statua e i lavori di restauro in corso. Il bronzo ottenuto per la funzione della statua proviene da dei cannoni in disuso di Castel Sant'Angelo a Roma.
Questo progetto è parte di un lavoro che la Pinacoteca di Brera ha iniziato in preparazione all'Expo del 2015 che avrà un ruolo fondamentale sulla scena culturale milanese ed è stato presentato dall’Associazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi e la Soprintendenza per i beni storici artistici e etnoantropologici di Milano.
A Giugno sono iniziati i lavori di restauro del Napoleone di Canova, una statua in bronzo che raffigura “Napoleone come Marte Pacificatore”, posta nel cortile d'onore del palazzo di Brera a Milano dal 1809. La statua è significativa in quanto si trova in una posizione strategica di immediato impatto visivo accogliendo i visitatori e li introduce all'interno del palazzo. Inoltre rappresenta una figura molto legata alle vicende di Pinacoteca, un tributo a Napoleone che istitui' la Real Galleria di Brera.
L'opera, esposta agli agenti atmosferici ha subito un'alterazione nei materiali e nella staticità e questo richiede un intervento di restauro urgente che la riporterà al suo antico splendore. Il restauro che si svolgerà in due parti, prima la statua sarà in piedi sul basamento e poi distesa, potrà essere seguito passo passo dai visitatori che la potranno vedere da dietro un vetro. La novità è che il restaurò verrà effettuato sul posto. Sulla struttura verranno applicati dei pannelli che spiegano la storia della statua e i lavori di restauro in corso. Il bronzo ottenuto per la funzione della statua proviene da dei cannoni in disuso di Castel Sant'Angelo a Roma.
Questo progetto è parte di un lavoro che la Pinacoteca di Brera ha iniziato in preparazione all'Expo del 2015 che avrà un ruolo fondamentale sulla scena culturale milanese ed è stato presentato dall’Associazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi e la Soprintendenza per i beni storici artistici e etnoantropologici di Milano.
Giardino Ninfa.Il paradiso alle porte di Roma.
di Chiara Ciccone
Un Eden meraviglioso fuori dalla Capitale.
Il Giardino di Ninfa è un monumento naturale che si trova a Cisterna di Latina. Custodisce le rovine di una città medioevale di Ninfa di cui oggi rimangono solo dei ruderi alcuni restaurati durante la creazione del giardino. La creazione di questo giardino fu iniziata da Galasio Caetani nel 1920 il quale decise di bonificare l'area per realizzare questo bellissimo giardino che si ammira ancora oggi. Il nome Ninfa deriva da un tempietto di epoca romana dedicato alle ninfe che si trovava nei pressi dell'attuale giardino. L'imperatore Costantino V nel VIII secolo dono questo territorio a Papa Zaccaria e questo territorio assunse un punto strategico per la presenza della Via Pedemontana che era l'unica via di collegamento con Roma a sud quando la via Appia era impraticabile. Nel 1294 divenne Papa Benedetto Caetani con il nome di Papa Bonifacio VIII, figura potente e ambiziosa, che nel 1298 aiutò suo nipote Pietro II Caetani ad acquistare Ninfa ed altre città limitrofe. In questo periodo venne ampliato il castello, venne costruita una cinta muraria con quattro fortini e alzata la torre già presente e in più venne creato il palazzo baronale. Nel 1381 Ninfa fu saccheggiata e completamente distrutta e non fu più ricostruita. I cittadini
sopravvissuti se ne andarono lasciando i ruderi di una città fantasma. Nel 1921 Gelasio Caetani iniziò una bonifica e vennero restaurati alcuni ruderi come la torre e il municipio per creare una residenza estiva.
Realizzò anche un orto botanico piantando specie diverse di piante che portava dai suoi viaggi all'estero e che si sviluppavano in questo giardino per il clima favorevole, umido per il fiume Ninfa. Nel 2000 tutta l'area di Ninfa è stata dichiarata monumento naturalistico, viene aperto solo in brevi periodi all'anno. Quando Ninfa era al suo massimo splendore era ricca di case, chiese, mulini, ponti, ospedali, un castello e un municipio. Aveva una cinta muraria composta da undici torri anche se erano probabilmente molte di più.Il castello si trova vicino al lago, fuori dalle mura e fu costruito a partire dal XII secolo e ampliato dal 1308 da Pietro Caetani. dopo la caduta di Ninfa il castello fu notevolmente danneggiato, anche se continuò ad essere utilizzato per diversi anni come prigione, prima del definitivo abbandono. In origine era composto da una torre con un recinto in muratura alla base, poi fu creata una struttura a pianta quadrata, protetta da una cinta muraria come merlature a coda di rondine, ai cui angoli furono poste delle torri. La torre, completamente restaurata, è a pianta quadrata, alta 32 metri, nella quale si aprono diverse feritoie e la sommità circondata da una merlatura a cosa di rondine. Le chiese principali di Ninfa sono quelle di Santa Maria Maggiore, San Biagio, San Giovanni, San Paolo, San Salvatore, San Pietro fuori le mura, Sant'Eufemia, Sant'Angelo, San Clemente, San Martino, San Quintino, San Leone, San Parasceve e San Vincenziano. Santa Maria Maggiore era la chiesa principale del borgo e fu con molta probabilità costruita a partire dal X secolo e ampliata nella prima metà del XII secolo. Oggi rimangono i ruderi del perimetro esterno, dell'abside e del campanile. Si trattava si una chiesa a tre navate: la navata centrale era coperta da un tetto a spiovente, mentre le due laterali avevano delle volte in muratura.
Sono ancora riconoscibili due affreschi, uno raffigurante San Pietro, risalenti al 1160-1170: nella chiesa erano presenti anche altri affreschi recentemente staccati per essere conservati nel castello di Sermoneta; Rimangono alcuni ruderi della chiesa di San Giovanni è databile intorno all'XI secolo che con molta probabilità era a navata unica, con diverse cappelle laterali. Vicino Ninfa sorgevano anche due monasteri. Uno chiamato Marmosolio costruito nel XI secolo e passò nelle mani dei cistercensi nel XII secolo per essere poi distrutto nel 1171. Il secondo invece era chiamato di Santa Maria di Monte Mirteto e fu fondato nel 1216 nelle vicinanze di una grotta, dedicata dal 1183 a San Michele arcangelo, che durante il XII secolo era diventata luogo di pellegrinaggio: la grotta fu affrescata nel corso del XIV secolo ed i tale dipinti oggi ne rimangono solamente pochissime tracce. Con il passare degli anni il monastero si arricchì notevolmente sia economicamente che di opere d'arte, fino al 1432 quando papa Eugenio IV lo unì al monastero di Santa Scolastica di Subiaco, cadendo ben presto in rovina. Nel 1703 un terremoto distrusse completamente la chiesa e, anche se poco dopo venne ricostruita, fu definitivamente abbandonata e trasformata in un magazzino. Il giardino, di otto ettari, è un giardino all'inglese che ospita piu di un migliaio di piante ed è attraversato da ruscelli oltre che dal fiume Ninfa. Si possono vedere in questo giardino diversi meli ornamentali, un acero giapponese a foglia rosa, un faggio rosso, un acero a foglie bianche e un pino a foglie di color argento. Lungo il viale dei cipressi delle erythrina crista-galli ci sono fiori di colore scarlatto simili ad uccelli tropicali, mentre lungo il viale delle lavande dei ciliegi penduli, un pino dell'Himalaya, dei banani, un pino messicano ed un'acacia sudamericana[7]. Nella zona dedicata al giardino roccioso si trovano iberis, eschscholzia, veronica, alyssum, aquilegia, dianthus e melograni nani. Dal 1976, in un area intorno al giardino è stata creata un oasi del WWF nata per proteggere la fauna di Ninfa. E' stato realizzato un impianto boschivo ed un sistema di aree umide per agevolare la sosta e la nidificazione dell'avifauna ed allo stesso tempo si è cercato di ricreare, la vegetazione tipica della zona, ossia quella prettamente paludosa, già esistente fino agli anni trenta, prima che la zona pontina venisse del tutto bonificata. Quest'area si trova sulla rotta di migrazione di uccelli che provengono dai paesi africani e si trasferiscono in varie arie d'Europa. Dopo la creazione dell'oasi sono arrivati in quest'area molti rapaci, aironi e germani reali.
Il Giardino di Ninfa è un monumento naturale che si trova a Cisterna di Latina. Custodisce le rovine di una città medioevale di Ninfa di cui oggi rimangono solo dei ruderi alcuni restaurati durante la creazione del giardino. La creazione di questo giardino fu iniziata da Galasio Caetani nel 1920 il quale decise di bonificare l'area per realizzare questo bellissimo giardino che si ammira ancora oggi. Il nome Ninfa deriva da un tempietto di epoca romana dedicato alle ninfe che si trovava nei pressi dell'attuale giardino. L'imperatore Costantino V nel VIII secolo dono questo territorio a Papa Zaccaria e questo territorio assunse un punto strategico per la presenza della Via Pedemontana che era l'unica via di collegamento con Roma a sud quando la via Appia era impraticabile. Nel 1294 divenne Papa Benedetto Caetani con il nome di Papa Bonifacio VIII, figura potente e ambiziosa, che nel 1298 aiutò suo nipote Pietro II Caetani ad acquistare Ninfa ed altre città limitrofe. In questo periodo venne ampliato il castello, venne costruita una cinta muraria con quattro fortini e alzata la torre già presente e in più venne creato il palazzo baronale. Nel 1381 Ninfa fu saccheggiata e completamente distrutta e non fu più ricostruita. I cittadini
sopravvissuti se ne andarono lasciando i ruderi di una città fantasma. Nel 1921 Gelasio Caetani iniziò una bonifica e vennero restaurati alcuni ruderi come la torre e il municipio per creare una residenza estiva.
Realizzò anche un orto botanico piantando specie diverse di piante che portava dai suoi viaggi all'estero e che si sviluppavano in questo giardino per il clima favorevole, umido per il fiume Ninfa. Nel 2000 tutta l'area di Ninfa è stata dichiarata monumento naturalistico, viene aperto solo in brevi periodi all'anno. Quando Ninfa era al suo massimo splendore era ricca di case, chiese, mulini, ponti, ospedali, un castello e un municipio. Aveva una cinta muraria composta da undici torri anche se erano probabilmente molte di più.Il castello si trova vicino al lago, fuori dalle mura e fu costruito a partire dal XII secolo e ampliato dal 1308 da Pietro Caetani. dopo la caduta di Ninfa il castello fu notevolmente danneggiato, anche se continuò ad essere utilizzato per diversi anni come prigione, prima del definitivo abbandono. In origine era composto da una torre con un recinto in muratura alla base, poi fu creata una struttura a pianta quadrata, protetta da una cinta muraria come merlature a coda di rondine, ai cui angoli furono poste delle torri. La torre, completamente restaurata, è a pianta quadrata, alta 32 metri, nella quale si aprono diverse feritoie e la sommità circondata da una merlatura a cosa di rondine. Le chiese principali di Ninfa sono quelle di Santa Maria Maggiore, San Biagio, San Giovanni, San Paolo, San Salvatore, San Pietro fuori le mura, Sant'Eufemia, Sant'Angelo, San Clemente, San Martino, San Quintino, San Leone, San Parasceve e San Vincenziano. Santa Maria Maggiore era la chiesa principale del borgo e fu con molta probabilità costruita a partire dal X secolo e ampliata nella prima metà del XII secolo. Oggi rimangono i ruderi del perimetro esterno, dell'abside e del campanile. Si trattava si una chiesa a tre navate: la navata centrale era coperta da un tetto a spiovente, mentre le due laterali avevano delle volte in muratura.
Sono ancora riconoscibili due affreschi, uno raffigurante San Pietro, risalenti al 1160-1170: nella chiesa erano presenti anche altri affreschi recentemente staccati per essere conservati nel castello di Sermoneta; Rimangono alcuni ruderi della chiesa di San Giovanni è databile intorno all'XI secolo che con molta probabilità era a navata unica, con diverse cappelle laterali. Vicino Ninfa sorgevano anche due monasteri. Uno chiamato Marmosolio costruito nel XI secolo e passò nelle mani dei cistercensi nel XII secolo per essere poi distrutto nel 1171. Il secondo invece era chiamato di Santa Maria di Monte Mirteto e fu fondato nel 1216 nelle vicinanze di una grotta, dedicata dal 1183 a San Michele arcangelo, che durante il XII secolo era diventata luogo di pellegrinaggio: la grotta fu affrescata nel corso del XIV secolo ed i tale dipinti oggi ne rimangono solamente pochissime tracce. Con il passare degli anni il monastero si arricchì notevolmente sia economicamente che di opere d'arte, fino al 1432 quando papa Eugenio IV lo unì al monastero di Santa Scolastica di Subiaco, cadendo ben presto in rovina. Nel 1703 un terremoto distrusse completamente la chiesa e, anche se poco dopo venne ricostruita, fu definitivamente abbandonata e trasformata in un magazzino. Il giardino, di otto ettari, è un giardino all'inglese che ospita piu di un migliaio di piante ed è attraversato da ruscelli oltre che dal fiume Ninfa. Si possono vedere in questo giardino diversi meli ornamentali, un acero giapponese a foglia rosa, un faggio rosso, un acero a foglie bianche e un pino a foglie di color argento. Lungo il viale dei cipressi delle erythrina crista-galli ci sono fiori di colore scarlatto simili ad uccelli tropicali, mentre lungo il viale delle lavande dei ciliegi penduli, un pino dell'Himalaya, dei banani, un pino messicano ed un'acacia sudamericana[7]. Nella zona dedicata al giardino roccioso si trovano iberis, eschscholzia, veronica, alyssum, aquilegia, dianthus e melograni nani. Dal 1976, in un area intorno al giardino è stata creata un oasi del WWF nata per proteggere la fauna di Ninfa. E' stato realizzato un impianto boschivo ed un sistema di aree umide per agevolare la sosta e la nidificazione dell'avifauna ed allo stesso tempo si è cercato di ricreare, la vegetazione tipica della zona, ossia quella prettamente paludosa, già esistente fino agli anni trenta, prima che la zona pontina venisse del tutto bonificata. Quest'area si trova sulla rotta di migrazione di uccelli che provengono dai paesi africani e si trasferiscono in varie arie d'Europa. Dopo la creazione dell'oasi sono arrivati in quest'area molti rapaci, aironi e germani reali.
Villa Adriana.E l'impero ritorna a vivere.
di Chiara Ciccone
Una delle pochissime ville romane conservate intatte.
Villa Adriana fu costruita dal 117 d.C dall'imperatore Adriano come sua residenza imperiale fuori Roma e si trova a Tivoli oggi in provincia di Roma. E' la più importante villa dell'antichità romana che ci è rimasta ed appare come un complesso di edifici che si estendono su una vasta area. Villa Adriana è diventata, nel 1999, Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco.Questa villa visse fino alla tarda antichità, poi fu ridotta a una cava di mattoni e marmi per Tivoli che era una sede vescovile. Venne poi identificata di nuovo nel Quattrocento come villa di Adriano da Biondo Flavio e vennero promossi in questo periodo da Papa Alessandro VI gli scavi dell'Odeon, durante i quali vennero alla luce le statue di Muse sedute che ora si trovano al Museo del Prado di Madrid. Durante il Cinquecento la villa divenne oggetto di numerosi scavi per la scoperta di tesori che erano preda di collezionisti. Nel Seicento a Villa Adriana operò una miriade di piccoli scavatori privati, solo dall'Ottocento fu acquistata dal Regno d'Italia che incomincio ad effettuare una serie di restauri. Una piazza molto importante della villa è il Pecile, di forma quadrangolare e circondata da un portico. Al centro della quale si trova un bacino. Attraverso degli edifici termali si aggiungeva al Canopo composto da un esedra alla fine della vasca dove vi era il triclinio imperiale.
Qui vi si tenevano i banchetti, resi spettacolari dagli effetti d'acqua e dagli zampillii che attorniavano i commensali. Il palazzo Imperiale è il primo nucleo costruito da Adriano come sua residenza imperiale. Forse l'imperatore modificò ampliandola la villa repubblicana che sua moglie, Vibia Sabina, gli aveva dato come dote. L'edificio repubblicano non venne raso al suolo completamente, si vedono delle parti che sono dell'età repubblicana come il criptoportico. Fece anche delle modifiche sostanziali come per esempio la demolizione di tutto il piano superiore dell'edificio repubblicano dove costruì un cortile circondato che poggiava su pilastri. A sud est si trova la Piazza D'Oro, chiamata cosi per la ricchezza di reperti che sono stati rinvenuti in questo luogo. Era un complesso con al centro una vasca circondato da sessanta colonne su un peristilio. Un'altra costruzione che è stata costruita all'inizio è il teatro marittimo iniziato nel 118 d.C. E' un complesso a un piano composto da un pronao di cui non ci rimane nulla ma si riconoscono la soglia dell'atrio e dei mosaici pavimentali. All'interno è presente un portico circolare con colonne ioniche che si affaccia un un canale al centro del quale è presente un isolotto composto da atrio, portico e un piccolo giardino e un complesso termale più piccolo.In asse con il Canopo si vedono i resti di due complessi termali chiamati, per le loro dimensioni, grandi e piccole terme.
Le diverse dimensioni delle terme hanno un significato ben preciso: le piccole terme erano destinate ad ospiti di riguardo e alla famiglia imperiale mentre le grandi terme al personale della villa. Nel 2003 vengono alla luce i resti di un edificio che viene identificato come luogo di culto dedicato ad Antinoo, amante dell'imperatore e divinizzato dopo la sua morte prematura. La struttura è composta dal basamento di due templi all'interno di un recinto sacro. Al centro dei due templi c'è un obelisco chiamato Obelisco Pinciano datato 134 d.C. Si pensa che questo fosse anche il luogo dell'inumazione del dio amante dell'imperatore. Qui sono stati ritrovati i resti di due statue in marmo nero relative a divinità egizie o sacerdoti che confermerebbero che quello fosse il luogo di culto del dio Osiride-Antinoo.
Villa Adriana fu costruita dal 117 d.C dall'imperatore Adriano come sua residenza imperiale fuori Roma e si trova a Tivoli oggi in provincia di Roma. E' la più importante villa dell'antichità romana che ci è rimasta ed appare come un complesso di edifici che si estendono su una vasta area. Villa Adriana è diventata, nel 1999, Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco.Questa villa visse fino alla tarda antichità, poi fu ridotta a una cava di mattoni e marmi per Tivoli che era una sede vescovile. Venne poi identificata di nuovo nel Quattrocento come villa di Adriano da Biondo Flavio e vennero promossi in questo periodo da Papa Alessandro VI gli scavi dell'Odeon, durante i quali vennero alla luce le statue di Muse sedute che ora si trovano al Museo del Prado di Madrid. Durante il Cinquecento la villa divenne oggetto di numerosi scavi per la scoperta di tesori che erano preda di collezionisti. Nel Seicento a Villa Adriana operò una miriade di piccoli scavatori privati, solo dall'Ottocento fu acquistata dal Regno d'Italia che incomincio ad effettuare una serie di restauri. Una piazza molto importante della villa è il Pecile, di forma quadrangolare e circondata da un portico. Al centro della quale si trova un bacino. Attraverso degli edifici termali si aggiungeva al Canopo composto da un esedra alla fine della vasca dove vi era il triclinio imperiale.
Qui vi si tenevano i banchetti, resi spettacolari dagli effetti d'acqua e dagli zampillii che attorniavano i commensali. Il palazzo Imperiale è il primo nucleo costruito da Adriano come sua residenza imperiale. Forse l'imperatore modificò ampliandola la villa repubblicana che sua moglie, Vibia Sabina, gli aveva dato come dote. L'edificio repubblicano non venne raso al suolo completamente, si vedono delle parti che sono dell'età repubblicana come il criptoportico. Fece anche delle modifiche sostanziali come per esempio la demolizione di tutto il piano superiore dell'edificio repubblicano dove costruì un cortile circondato che poggiava su pilastri. A sud est si trova la Piazza D'Oro, chiamata cosi per la ricchezza di reperti che sono stati rinvenuti in questo luogo. Era un complesso con al centro una vasca circondato da sessanta colonne su un peristilio. Un'altra costruzione che è stata costruita all'inizio è il teatro marittimo iniziato nel 118 d.C. E' un complesso a un piano composto da un pronao di cui non ci rimane nulla ma si riconoscono la soglia dell'atrio e dei mosaici pavimentali. All'interno è presente un portico circolare con colonne ioniche che si affaccia un un canale al centro del quale è presente un isolotto composto da atrio, portico e un piccolo giardino e un complesso termale più piccolo.In asse con il Canopo si vedono i resti di due complessi termali chiamati, per le loro dimensioni, grandi e piccole terme.
Le diverse dimensioni delle terme hanno un significato ben preciso: le piccole terme erano destinate ad ospiti di riguardo e alla famiglia imperiale mentre le grandi terme al personale della villa. Nel 2003 vengono alla luce i resti di un edificio che viene identificato come luogo di culto dedicato ad Antinoo, amante dell'imperatore e divinizzato dopo la sua morte prematura. La struttura è composta dal basamento di due templi all'interno di un recinto sacro. Al centro dei due templi c'è un obelisco chiamato Obelisco Pinciano datato 134 d.C. Si pensa che questo fosse anche il luogo dell'inumazione del dio amante dell'imperatore. Qui sono stati ritrovati i resti di due statue in marmo nero relative a divinità egizie o sacerdoti che confermerebbero che quello fosse il luogo di culto del dio Osiride-Antinoo.
La Primavera del Rinascimento a Firenze.
di Chiara Ciccone
Il Rinascimento rivive in una mostra unica.
La Primavera del Rinascimento è la nuova mostra di Palazzo Strozzi a Firenze che illustra, attraverso sezioni tematiche, la genesi di quello che in tutto il mondo viene definito un vero e proprio “miracolo”del Rinascimento a Firenze. Tutto questo viene descritto soprattutto con capolavori di scultura, l’arte che per prima se ne è fatta interprete. La mostra inizia con una parte dedicata alla riscoperta dell'antico con esempi di “rinascita” fra Due e Trecento con opere di Nicola e Giovanni Pisano, Giotto e i loro successori che assimilano la ricchezza di espressione del Gotico. La nuova età si apre in contemporanea con il nuovo secolo e quindi con due rilievi del Sacrificio di Isacco di Lorenzo Ghiberti e Filippo Brunelleschi per la porta del Battistero che riassumono il culmine espressivo del momento fondante del Rinascimento.
In quegli anni la Repubblica di Firenze ha molti successi politici e i grandi umanisti attraverso i loro scritti diffondono il mito di Firenze come erede della repubblica romana e come modello per gli altri stati italiani. La scultura pubblica monumentale è la prima testimonianza della creazione di un nuovo stile per esaltare Firenze e la sua civiltà, attraverso i capolavori di Donatello, Ghiberti come la Cattedrale e il Campanile. La scultura, soprattutto la statuaria avrà un influenza particolare sulla pittura degli artisti del tempo come Masaccio, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Filippo Lippi. La mostra descrive anche altri temi che vennero assimilata nel nuovo linguaggio del Rinascimento, attraverso la scultura di Donatello. Dagli anni Venti del Quattrocento vengono messi a punto i nuovi canoni della scultura dai grandi maestri come per esempio Madonna Pazzi, la Madonna in terracotta policroma e la Madonna del Chellini di Donatello; la Madonna Kress del Ghiberti. Queste opere in quegli anni erano destinati a una devozione privata e questo consentì la diffusione del gusto per la bellezza “nuova” in tutte le classi sociali.
In questo stesso periodo a Firenze si concentra la committenza artistica più prestigiosa che si concentra soprattutto dei luoghi di preghiera dove la scultura è ancora una volta in primo piano. Intorno al simbolo della città, la Cupola di Santa Maria del Fiore si concentra una rassegna di tipologie e di temi che determinano l'evoluzione delle arti figurative a confronto con i classici: dalle tombe degli umanisti, alla rinascita dei monumenti equestri e dal ritratto scolpito. Tutte le opere in mostra sono capolavori, provenienti dai più importanti musei del mondo. Conclusa la sua esposizione fiorentina, il 18 agosto, la mostra si sposterà a Parigi al Musée du Louvre dal 26 settembre.
La Primavera del Rinascimento è la nuova mostra di Palazzo Strozzi a Firenze che illustra, attraverso sezioni tematiche, la genesi di quello che in tutto il mondo viene definito un vero e proprio “miracolo”del Rinascimento a Firenze. Tutto questo viene descritto soprattutto con capolavori di scultura, l’arte che per prima se ne è fatta interprete. La mostra inizia con una parte dedicata alla riscoperta dell'antico con esempi di “rinascita” fra Due e Trecento con opere di Nicola e Giovanni Pisano, Giotto e i loro successori che assimilano la ricchezza di espressione del Gotico. La nuova età si apre in contemporanea con il nuovo secolo e quindi con due rilievi del Sacrificio di Isacco di Lorenzo Ghiberti e Filippo Brunelleschi per la porta del Battistero che riassumono il culmine espressivo del momento fondante del Rinascimento.
In quegli anni la Repubblica di Firenze ha molti successi politici e i grandi umanisti attraverso i loro scritti diffondono il mito di Firenze come erede della repubblica romana e come modello per gli altri stati italiani. La scultura pubblica monumentale è la prima testimonianza della creazione di un nuovo stile per esaltare Firenze e la sua civiltà, attraverso i capolavori di Donatello, Ghiberti come la Cattedrale e il Campanile. La scultura, soprattutto la statuaria avrà un influenza particolare sulla pittura degli artisti del tempo come Masaccio, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Filippo Lippi. La mostra descrive anche altri temi che vennero assimilata nel nuovo linguaggio del Rinascimento, attraverso la scultura di Donatello. Dagli anni Venti del Quattrocento vengono messi a punto i nuovi canoni della scultura dai grandi maestri come per esempio Madonna Pazzi, la Madonna in terracotta policroma e la Madonna del Chellini di Donatello; la Madonna Kress del Ghiberti. Queste opere in quegli anni erano destinati a una devozione privata e questo consentì la diffusione del gusto per la bellezza “nuova” in tutte le classi sociali.
In questo stesso periodo a Firenze si concentra la committenza artistica più prestigiosa che si concentra soprattutto dei luoghi di preghiera dove la scultura è ancora una volta in primo piano. Intorno al simbolo della città, la Cupola di Santa Maria del Fiore si concentra una rassegna di tipologie e di temi che determinano l'evoluzione delle arti figurative a confronto con i classici: dalle tombe degli umanisti, alla rinascita dei monumenti equestri e dal ritratto scolpito. Tutte le opere in mostra sono capolavori, provenienti dai più importanti musei del mondo. Conclusa la sua esposizione fiorentina, il 18 agosto, la mostra si sposterà a Parigi al Musée du Louvre dal 26 settembre.
La Valle dei Templi.Un tuffo nella storia.
di Chiara Ciccone
Il luogo in cui la Magna Grecia vive ancora.
La Valle dei Templi.Un tuffo nella storia.
La Valle dei Templi è un'area archeologica della Sicilia distinta dall'eccezionale stato di conservazione e da una serie di importanti templi dorici del periodo ellenico. Corrisponde all'antica Akragas, monumentale nucleo originario della città di Agrigento.Dal 1997 l'intera zona è stata inserita nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. È considerata un'ambita meta turistica, oltre ad essere il simbolo della città e uno dei principali di tutta l'isola. Il parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi misura circa 1300 ettari.Nella Valle dei Templi si conservano i resti di bel 10 templi dorici, tre santuari e molte necropoli, opere idrauliche come il giardino della Kolymbetra e gli ipogei, delle fortificazioni, due importanti luoghi di riunione come l'Agorà inferiore e l'Agorà superiore, un Olympeyon e un Bouleterion che era la sala del consiglio di epoca romana su pianta greca.Tra in templi presenti ci sono: il Tempio di Era Lacinia o di Giunone costruito nel V secolo e fu incendiato dai Cartaginesi nel 406. era il tempio dove si celebravano le nozze; il Tempio della Concordia costruito anche questo nel V secolo ed ora è il meglio conservato perchè fu trasformato in tempio cristiano nel VI secolo; il Tempio di Eracle o di Ercole che è una dei templi più antichi che fu distrutto da un terremoto e oggi restano solo otto colonne; il Tempio di Zeus Olimpio costruito per onorare Zeus dopo la vittoria di Himera sui Cartaginesi. Era il tempio più grande di tutto l'occidente e unico per l'architettura con immense sculture alte sette metri mezzo e rappresentazioni di Atlante che sorreggeva la volta celeste; il Tempio dei Dioscuri o di Castore e Polluce che in realta sorge dentro un santuario e probabilmente fu costruito per onorare le divinità della terra come Demetra, Persefone e Dioniso; Il Tempio di Efesto o di Vulcano; il Tempio di Atena che non è situato nella valle dei templi ma nel centro storico di Agrigento; il tempio di Asclepio luogo di pellegrinaggio dei malati per cercare la guarigione; Tempio di Demetra e il Tempio di Iside.
La valle dei Templi inoltre ospita la cosiddetta tomba di Terone, un monumento di tufo di notevoli dimensioni a forma di piramide, che si pensa eretto per ricordare i caduti della Seconda guerra punica.Sull'altro lato della strada che imbocca la Porta Aurea si stende una vasta spianata, dominata dal grande campo dell'Olympeion. Da un punto di vista topografico generale, il complesso, in rovina, appare virtualmente racchiuso tra una grande platea a nord, da uno stenopòs ad est, e da due isolati con relativi stenopoi ad ovest, mentre a sud corre la linea delle mura. È invece poco chiara la situazione ad est, oltre il grande altare del tempio, dove viene comunemente indicata la “zona dell'agorà” e dove si colloca un vasto parcheggio moderno, così come non definite bene sono le pertinenze occidentali del santuario, tra gli isolati d'abitazione e il colossale tempio. All'estremità ovest dell'area su cui sorge il Tempio della Concordia, nel giardino di Villa Aurea si trova una parte della necropoli tardo-antica ed alto-medievale, in parte ricavata in antiche cisterne,di cui sono ancora conservati numerosi altri esempi. Notevoli due ipogei, uno ad ovest dell'ingresso,con le pareti munite d'arcosoli e il pavimento di fosse sepolcrali, ed un altro presso l'angolo sud-est della casa del custode, con un ambiente illuminato da un pozzo di luce nel soffitto e due cripte sottostanti.Al centro della Valle dei Templi, nella zona ad ovest della chiesa di San Nicola (oggi Museo Nazionale), si ergono i resti dell'ekklesiastérion e del cosiddetto Oratorio di Falaride.I lavori per la costruzione del museo hanno messo in luce un interessantissimo complesso di carattere pubblico (Agorà superiore).
Nella parte nord, non più visibile perché barbaramente sepolto dall'edificio del museo, era un santuario di Demetra e Kore del VI-V secolo a.C., da collegare con ogni probabilità, come presidio sacro, con le attività pubbliche svolte immediatamente in basso a sud: dal santuario provengono i consueti ex voto fittili e ceramici.A sud si estendono, per un'area di tre quarti di cerchio, i resti dell'Ekklesiastérion, di una tipologia già nota in età arcaica (VI secolo a.C.) a Metaponto. Si tratta di una cavea circolare dal profilo dolcissimo in cui sono conservate o ricostruibili una ventina di file concentriche di sedili, al fondo della quale a copertura di un éuripo (canaletta) per il drenaggio un anello di conci delimita lo spazio centrale a forma d'orchestra, intagliato nella roccia e completato a sud con blocchi; tre cunette scavate nella roccia della cavea a nord, nord-est ed est incanalavano infine le acque piovane provenienti dalla zona di maggior pendenza. I cittadini assistevano ai dibattiti dell'assemblea dalla cavea, mentre l'orchestra era destinata agli oratori. La cronologia è incerta: si vuole che si tratti di un monumento dell'età di Finzia, della cui tirannide si conoscono i tratti demagogici, ma una data coincidente con la rifondazione timoleontea sembra più verosimile.
La Valle dei Templi.Un tuffo nella storia.
La Valle dei Templi è un'area archeologica della Sicilia distinta dall'eccezionale stato di conservazione e da una serie di importanti templi dorici del periodo ellenico. Corrisponde all'antica Akragas, monumentale nucleo originario della città di Agrigento.Dal 1997 l'intera zona è stata inserita nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. È considerata un'ambita meta turistica, oltre ad essere il simbolo della città e uno dei principali di tutta l'isola. Il parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi misura circa 1300 ettari.Nella Valle dei Templi si conservano i resti di bel 10 templi dorici, tre santuari e molte necropoli, opere idrauliche come il giardino della Kolymbetra e gli ipogei, delle fortificazioni, due importanti luoghi di riunione come l'Agorà inferiore e l'Agorà superiore, un Olympeyon e un Bouleterion che era la sala del consiglio di epoca romana su pianta greca.Tra in templi presenti ci sono: il Tempio di Era Lacinia o di Giunone costruito nel V secolo e fu incendiato dai Cartaginesi nel 406. era il tempio dove si celebravano le nozze; il Tempio della Concordia costruito anche questo nel V secolo ed ora è il meglio conservato perchè fu trasformato in tempio cristiano nel VI secolo; il Tempio di Eracle o di Ercole che è una dei templi più antichi che fu distrutto da un terremoto e oggi restano solo otto colonne; il Tempio di Zeus Olimpio costruito per onorare Zeus dopo la vittoria di Himera sui Cartaginesi. Era il tempio più grande di tutto l'occidente e unico per l'architettura con immense sculture alte sette metri mezzo e rappresentazioni di Atlante che sorreggeva la volta celeste; il Tempio dei Dioscuri o di Castore e Polluce che in realta sorge dentro un santuario e probabilmente fu costruito per onorare le divinità della terra come Demetra, Persefone e Dioniso; Il Tempio di Efesto o di Vulcano; il Tempio di Atena che non è situato nella valle dei templi ma nel centro storico di Agrigento; il tempio di Asclepio luogo di pellegrinaggio dei malati per cercare la guarigione; Tempio di Demetra e il Tempio di Iside.
La valle dei Templi inoltre ospita la cosiddetta tomba di Terone, un monumento di tufo di notevoli dimensioni a forma di piramide, che si pensa eretto per ricordare i caduti della Seconda guerra punica.Sull'altro lato della strada che imbocca la Porta Aurea si stende una vasta spianata, dominata dal grande campo dell'Olympeion. Da un punto di vista topografico generale, il complesso, in rovina, appare virtualmente racchiuso tra una grande platea a nord, da uno stenopòs ad est, e da due isolati con relativi stenopoi ad ovest, mentre a sud corre la linea delle mura. È invece poco chiara la situazione ad est, oltre il grande altare del tempio, dove viene comunemente indicata la “zona dell'agorà” e dove si colloca un vasto parcheggio moderno, così come non definite bene sono le pertinenze occidentali del santuario, tra gli isolati d'abitazione e il colossale tempio. All'estremità ovest dell'area su cui sorge il Tempio della Concordia, nel giardino di Villa Aurea si trova una parte della necropoli tardo-antica ed alto-medievale, in parte ricavata in antiche cisterne,di cui sono ancora conservati numerosi altri esempi. Notevoli due ipogei, uno ad ovest dell'ingresso,con le pareti munite d'arcosoli e il pavimento di fosse sepolcrali, ed un altro presso l'angolo sud-est della casa del custode, con un ambiente illuminato da un pozzo di luce nel soffitto e due cripte sottostanti.Al centro della Valle dei Templi, nella zona ad ovest della chiesa di San Nicola (oggi Museo Nazionale), si ergono i resti dell'ekklesiastérion e del cosiddetto Oratorio di Falaride.I lavori per la costruzione del museo hanno messo in luce un interessantissimo complesso di carattere pubblico (Agorà superiore).
Nella parte nord, non più visibile perché barbaramente sepolto dall'edificio del museo, era un santuario di Demetra e Kore del VI-V secolo a.C., da collegare con ogni probabilità, come presidio sacro, con le attività pubbliche svolte immediatamente in basso a sud: dal santuario provengono i consueti ex voto fittili e ceramici.A sud si estendono, per un'area di tre quarti di cerchio, i resti dell'Ekklesiastérion, di una tipologia già nota in età arcaica (VI secolo a.C.) a Metaponto. Si tratta di una cavea circolare dal profilo dolcissimo in cui sono conservate o ricostruibili una ventina di file concentriche di sedili, al fondo della quale a copertura di un éuripo (canaletta) per il drenaggio un anello di conci delimita lo spazio centrale a forma d'orchestra, intagliato nella roccia e completato a sud con blocchi; tre cunette scavate nella roccia della cavea a nord, nord-est ed est incanalavano infine le acque piovane provenienti dalla zona di maggior pendenza. I cittadini assistevano ai dibattiti dell'assemblea dalla cavea, mentre l'orchestra era destinata agli oratori. La cronologia è incerta: si vuole che si tratti di un monumento dell'età di Finzia, della cui tirannide si conoscono i tratti demagogici, ma una data coincidente con la rifondazione timoleontea sembra più verosimile.
Milano.Parco Portello.Mondo da scoprire.
di Chiara Ciccone
Un nuovo spazio verde a Milano.Sognando le stelle.
Il 6 Dicembre 2012 è stato inaugurato il Parco Portello,un nuovo polmone verde a Milano, di 63 mila metri quadrati che sorge sull'ex area dell'Alfa Romeo. L'ideatore di questo giardino è Charles Jencks, paesaggista americano visionario, costruttore di metafore verdi e percorsi allegorici. E' presente una collina terrazzata con due percorsi a spirale uguali ma opposti che si incontrano al vertice e la fanno sembrare un misto tra la torre di babele e una ziqqurat sumera. Un'altra passeggiata che percorre il parco è una scacchiera interrotta da cerchi, stelle, numeri e parole. L'autore in un intervista ha raccontato come il parco è un mondo da scoprire, ha usato la natura per creare un racconto che impegnasse il visitatore in una sfida intellettuale che lo entusiasmi poi a tornare.
Nel suo parco ha inserito anche chiostri e giochi per bambini e un lago su cui pattinare d'inverno. Il parco è una rappresentazione dello scorrere del tempo, suggerito dalla presenza di spirali e cerchi, le figure dominanti del progetto. Per accedere alla collina più alta, si cammina su un percorso lungo un chilometro, diviso in due eliche: due vie speculari che si incontrano in cima, dove si può ammirare la vista delle Alpi, una fontana e una scultura che rappresenta il Dna. La grande curva che attraversa il parco ha la forma delle spirali delle galassie. Il racconto continua nel Giardino del Tempo, la zona più raccolta di tutta l'area, protetta da un muro e da piante alte, come l'erba delle Pampas, e colorate, come il berberis rosso. A terra ci sono 182 pietre bianche e 183 nere: insieme formano i 365 giorni dell'anno solare, divisi in giorni e notti. A fianco, incise su lastre d'acciaio che costeggiano il percorso sono presenti le incisioni con i mesi dell'anno. Gli interstizi sono pieni di fiori che emanano profumi diversi a ogni stagione: la mahonia japonica è gialla in inverno, le azalee sono fucsia in primavea, la choisya è bianca in estate e il ceanothus diventa blu in autunno.
A terra, dei cerchi raccontano le quattro ere: preistoria, storia, presente, futuro. Le fasi lunari di 28 giorni sono indicate con degli anelli ai lati della passeggiata, così come i grandi eventi universali che hannosegnato 13,7 miliardi di anni: l'origine, la creazione degli atomi, delle galassie e della terra.
Il 6 Dicembre 2012 è stato inaugurato il Parco Portello,un nuovo polmone verde a Milano, di 63 mila metri quadrati che sorge sull'ex area dell'Alfa Romeo. L'ideatore di questo giardino è Charles Jencks, paesaggista americano visionario, costruttore di metafore verdi e percorsi allegorici. E' presente una collina terrazzata con due percorsi a spirale uguali ma opposti che si incontrano al vertice e la fanno sembrare un misto tra la torre di babele e una ziqqurat sumera. Un'altra passeggiata che percorre il parco è una scacchiera interrotta da cerchi, stelle, numeri e parole. L'autore in un intervista ha raccontato come il parco è un mondo da scoprire, ha usato la natura per creare un racconto che impegnasse il visitatore in una sfida intellettuale che lo entusiasmi poi a tornare.
Nel suo parco ha inserito anche chiostri e giochi per bambini e un lago su cui pattinare d'inverno. Il parco è una rappresentazione dello scorrere del tempo, suggerito dalla presenza di spirali e cerchi, le figure dominanti del progetto. Per accedere alla collina più alta, si cammina su un percorso lungo un chilometro, diviso in due eliche: due vie speculari che si incontrano in cima, dove si può ammirare la vista delle Alpi, una fontana e una scultura che rappresenta il Dna. La grande curva che attraversa il parco ha la forma delle spirali delle galassie. Il racconto continua nel Giardino del Tempo, la zona più raccolta di tutta l'area, protetta da un muro e da piante alte, come l'erba delle Pampas, e colorate, come il berberis rosso. A terra ci sono 182 pietre bianche e 183 nere: insieme formano i 365 giorni dell'anno solare, divisi in giorni e notti. A fianco, incise su lastre d'acciaio che costeggiano il percorso sono presenti le incisioni con i mesi dell'anno. Gli interstizi sono pieni di fiori che emanano profumi diversi a ogni stagione: la mahonia japonica è gialla in inverno, le azalee sono fucsia in primavea, la choisya è bianca in estate e il ceanothus diventa blu in autunno.
A terra, dei cerchi raccontano le quattro ere: preistoria, storia, presente, futuro. Le fasi lunari di 28 giorni sono indicate con degli anelli ai lati della passeggiata, così come i grandi eventi universali che hannosegnato 13,7 miliardi di anni: l'origine, la creazione degli atomi, delle galassie e della terra.
S.Giovanni Battista del Caravaggio a Siena.
di Chiara Ciccone
Uno dei quadri più emozionanti del Caravaggio arriva a Siena.
Fino al 18 Agosto 2013 si potrà ammirare nella cripta sotto il Duomo di Siena un capolavoro dei capolavori di Caravaggio, il San Giovanni Battista che proviene dalla Cripta Capitolina di Roma. Quest'opera è una delle più affascinanti del pittore che esprime il suo pensiero sul naturalismo e sul sentimento religioso. Caravaggio dipinge questo quadro intorno al 1602 probabilmente per Ciriaco Mattei che era a quel tempo una delle figure più in vista della società romana. Il soggetto fa riferimento al nome del figlio del committente, Giovanni Battista. Questo quadro non era quindi destinato a un luogo di culto ma bensì ad ambienti privati del palazzo di Mattei ed esprime le meditazioni di Caravaggio sull'arte sacra. Per questo il pittore prende come modello per il Battista uno dei bellissimi nudi affrescati da Michelangelo nella Cappella Sistina. Il soggetto è dipinto mentre abbraccia un ariete che forse rappresenta un sacrificio di Cristo. L'ariete veniva associato anche a Isacco nelle pitture delle catacombe paleocristiane. L'identificazione con Isacco è una recente via di attribuzione dell'opera.
Ci sono dei particolari che lo rivelano come il giovane nudo pronto per il sacrificio, il suo abbracciare l'animale che lo identifica con la vittima sacrificale, il poggiare di entrambi i soggetti su una catasta di legna e come ultimo elemento la mancanza degli attributi tipici del Battista come la croce. Recentemente ci sono state delle polemiche per quanto riguarda l'identità del soggetto, che invece del San Giovannino sarebbe "un monello pagano non toccato dal sentimento religioso". Il santo siede su una tunica rossa ed una pelle di cammello, simboli di Cristo la prima e del Battista la seconda; se si aggiunge ad esse la posa del santo, che abbraccia fraternamente l'ariete, si può intendere che Caravaggio volesse sottolineare l'importanza del Battista, precursore e quasi fratello (più che cugino) del Cristo. Alcuni studi condotti dalla critica più recente, sulla scorta di precise testimonianze documentarie, hanno evidenziato una serie di rapporti tra la figura del Caravaggio e la città di Siena. Il tramite di tale relazione è costituito dal senese Giulio Mancini, archiatra pontificio. Al di là della sua professione egli fu mercante e amatore di opere d’arte ed ebbe una particolare venerazione per i capolavori di Caravaggio.
La collezione di Giulio Mancini dovette svolgere un ruolo di primo piano per Siena, in quanto egli, pur vivendo a Roma, conservava i dipinti più pregiati nella città natale dove potevano essere esibiti ai pittori locali che furono fortemente influenzati dal caravaggismo. In questa prospettiva, nel percorso espositivo saranno evidenziati, anche attraverso sistemi multimediali, i rapporti tra la pittura senese e il caravaggismo.L’evento, realizzato grazie alla collaborazione con Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovraintendenza ai Beni Culturali, è promosso dall’Opera della Metropolitana di Siena ed è organizzato da Opera – Civita Group.
Per info e prenotazioni www.operaduomo.siena.it
Fino al 18 Agosto 2013 si potrà ammirare nella cripta sotto il Duomo di Siena un capolavoro dei capolavori di Caravaggio, il San Giovanni Battista che proviene dalla Cripta Capitolina di Roma. Quest'opera è una delle più affascinanti del pittore che esprime il suo pensiero sul naturalismo e sul sentimento religioso. Caravaggio dipinge questo quadro intorno al 1602 probabilmente per Ciriaco Mattei che era a quel tempo una delle figure più in vista della società romana. Il soggetto fa riferimento al nome del figlio del committente, Giovanni Battista. Questo quadro non era quindi destinato a un luogo di culto ma bensì ad ambienti privati del palazzo di Mattei ed esprime le meditazioni di Caravaggio sull'arte sacra. Per questo il pittore prende come modello per il Battista uno dei bellissimi nudi affrescati da Michelangelo nella Cappella Sistina. Il soggetto è dipinto mentre abbraccia un ariete che forse rappresenta un sacrificio di Cristo. L'ariete veniva associato anche a Isacco nelle pitture delle catacombe paleocristiane. L'identificazione con Isacco è una recente via di attribuzione dell'opera.
Ci sono dei particolari che lo rivelano come il giovane nudo pronto per il sacrificio, il suo abbracciare l'animale che lo identifica con la vittima sacrificale, il poggiare di entrambi i soggetti su una catasta di legna e come ultimo elemento la mancanza degli attributi tipici del Battista come la croce. Recentemente ci sono state delle polemiche per quanto riguarda l'identità del soggetto, che invece del San Giovannino sarebbe "un monello pagano non toccato dal sentimento religioso". Il santo siede su una tunica rossa ed una pelle di cammello, simboli di Cristo la prima e del Battista la seconda; se si aggiunge ad esse la posa del santo, che abbraccia fraternamente l'ariete, si può intendere che Caravaggio volesse sottolineare l'importanza del Battista, precursore e quasi fratello (più che cugino) del Cristo. Alcuni studi condotti dalla critica più recente, sulla scorta di precise testimonianze documentarie, hanno evidenziato una serie di rapporti tra la figura del Caravaggio e la città di Siena. Il tramite di tale relazione è costituito dal senese Giulio Mancini, archiatra pontificio. Al di là della sua professione egli fu mercante e amatore di opere d’arte ed ebbe una particolare venerazione per i capolavori di Caravaggio.
La collezione di Giulio Mancini dovette svolgere un ruolo di primo piano per Siena, in quanto egli, pur vivendo a Roma, conservava i dipinti più pregiati nella città natale dove potevano essere esibiti ai pittori locali che furono fortemente influenzati dal caravaggismo. In questa prospettiva, nel percorso espositivo saranno evidenziati, anche attraverso sistemi multimediali, i rapporti tra la pittura senese e il caravaggismo.L’evento, realizzato grazie alla collaborazione con Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovraintendenza ai Beni Culturali, è promosso dall’Opera della Metropolitana di Siena ed è organizzato da Opera – Civita Group.
Per info e prenotazioni www.operaduomo.siena.it
Altare della Patria.L'Anima bianca di Roma.
di Chiara Ciccone
Uno dei simboli della città eterna.Orgoglio e fierezza di un paese intero.
Il Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II, conosciuto come Vittoriano si trova a Roma in Piazza Venezia. E' chiamato anche Altare della Patria da quando accoglie le spoglie del Milite Ignoto. Questo monumento prende il nome da Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re d'Italia a cui il complesso è dedicato. Vittorio Emanuele II morì nel 1878 e fu deciso di costruire un monumento che ricordasse il Padre della patria e tutto il risorgimento. Nel 1880 venne organizzato un concorso vinto dal francese Neton il quale però non attuò nessun progetto. Nel 1882 fu organizzato un altro concorso dove furono inclusi tutti i dettagli per il progetto. Doveva essere un complesso da erigere nella parte settentrionale del Campidoglio in asse con via del Corso, doveva avere una statua equestre in bronzo del Re e uno sfondo architettonico che doveva coprire gli edifici sul retro e la Chiesa di Santa Maria in Archeoeli che si trova lateralmente. Le proposte che furono consegnate furono 98 e quella che la commissione votò all'unanimità fu quella di Giuseppe Sacconi, giovane architetto marchigiano. Il progetto originario prevedeva l'utilizzo del travertino romano, ma poi il monumento venne realizzato in marmo botticino, una pietra proveniente dalla zona bresciana facilmente modellabile. Il progetto di Sacconi si ispirava all'Altare di Pergamo di Palestrina, quindi pensato come un grande “foro” aperto ai cittadini, una piazza nel cuore di Roma simbolo dell'Italia unita dopo la Roma dei Cesari e dei Papi. Tutt'oggi il Vittoriano è il più grande monumento il marmo botticino più grande che sia stato costruito.Per costruire il monumento vennero fatti numerosi espropri e demolizioni nella zona adiacente al Campidoglio tra il 1885 e il 1888. Fu abbattuto parte del quartiere medioevale, la torre di Paolo III e il cavalcavia di collegamento con Palazzo Venezia e altra edilizia minore presente sul colle. I lavori di scavo portarono alla luce l'insula dell'Ara Coeli, risalente al II secolo d.C e visibile ancora oggi nella parte sinistra del monumento; un tratto delle mura dei Re e un tratto del mastodonte.
Venne smantellata la Chiesa di Santa Rita che poi fu spostata nei pressi del Teatro di Marcello dove si trova ancora oggi. Nel 1887 si trovarono invece della roccia di tufo argille fluviali, banchi di sabbia, caverne, cunicoli e cave. Una leggenda narra che in tre giorni Sacconi riusci a redigere un progetto per rafforzare la cava che poi fu utilizzata durante la seconda guerra mondiale come rifugio antiaereo. Fulcro dell'intero monumento è la statua equestre di Vittorio Emanuele II affidata a Enrico Chiaradia, completata nel 1889 da Emilio Gallori e venne inaugurata nel 1911. Il complesso venne inaugurato da Vittorio Emanuele III il 4 giugno 1911 in occasione dell'Esposizione Internazionale per i cinquant'anni dell'unità d'Italia ma l'opera venne completata nel 1935. Il Vittoriano è in stile neoclassico e venne costruito con tecniche avanzate per l'epoca in cui fu costruito. Celebra la maestà e la grandezza di Roma eletta legittima capitale d'Italia, rappresentando l'unità del paese e la libertà del suo popolo. L'edificio presenta una struttura semplice e dinamica. L'elemento fondamentale è il portico neoclassico con colonne in stile corinzio che coincidono ai lati con due pronai a due colonne che ricordano il tempietto della Nike dell'acropoli di Atene. La conclusione dell'edificio è ornato, in corrispondenza di ciascun pronao, da due quadrighe in bronzo sormontate da vittorie alate. Il monumento ha sollevato parecchie critiche nel mondo dell'arte che vedevano l'edificio un tentativo mal riuscito di riportare Roma all'epoca classica dell'età imperiale. Giornalisti e scrittori polemicamente soprannominarono il monumento "torta nuziale" o "macchina per scrivere". La scalinata fu riaperta nel 2000 dopo anni di restauri. All'interno sono presenti spazi dedicati alla storia del Vittoriano e ha sede il Museo Centrale del Risorgimento che ospita mostre di pittura. Sono presenti molti simboli vegetali che ricorrono nel monumento come la palma per la vittoria, la quercia per la forza, l'alloro per la pace vittoriosa, il mirto per il sacrificio e l'ulivo per la concordia. Dal giugno 2007 è possibile salire alla terrazza delle quadrighe usufruendo di un ascensore; la terrazza, da cui si ha una vista impareggiabile della città eterna, è anche raggiungibile tramite 196 scalini che partono dal colonnato. Sulla scalinata si trova l'Altare della Patria, con la quale a volte viene identificato il monumento, che è la parte più conosciuta dello stesso.
Poco oltre la scalinata c'è il picchetto d'onore e la statua della dea Roma. All'interno è tumulato il Milite Ignoto: la salma di un soldato italiano sconosciuto selezionata tra quelle dei caduti della prima guerra mondiale e scelta per rappresentare tutti i soldati che non hanno potuto avere una tomba con il loro nome. Maria Bergamas, madre del volontario Antonio Bergamas che scelse di disertare l'esercito austriaco per unirsi a quello italiano e che cadde in combattimento senza che il suo corpo fosse ritrovato, scelse la salma del milite ignoto che venne posta nel monumento il 4 novembre 1921. Il tema centrale del monumento è rappresentata dalle due iscrizioni sui propilei: "PATRIAE UNITATI" "CIVIUM LIBERTATI", (in lingua latina "All'unità della Patria" e "Alla libertà dei cittadini"), ciascuna posta sotto le due quadrighe. Le regioni e le città sono elementi centrali del complesso. Le statue delle regioni si trovano nel coronamento del sommoportico, in corrispondenza delle colonne. All'epoca di costruzione del monumento le regioni italiane erano sedici e tante sono dunque le statue; ognuna venne affidata ad uno scultore diverso, quasi sempre nativo della regione di cui avrebbe scolpito l'immagine. Mentre ogni città venne rappresentata con la propria simbologia. Per simboleggiare Unità (Patriae Unitati) e Libertà (Civium Libertati), furono create della quadrighe previste già dal 1885 ma vennero collocate per la prima volta solamente nel 1927; furono realizzate proprio nello stesso anno da Carlo Fontana (Unità) e Paolo Bartolini (Libertà). Il monumento è alto così ben ottantuno metri. Rosalia Bruni fu la modella scelta da Fontana per la Vittoria sulla quadriga dell'Unità, mentre tradizione vuole che il volto sulla quadriga della Libertà sia quello della nobildonna Vittoria Colonna, duchessa di Sermoneta. Il vittoriano ospita anche il Sacrario delle Bandiere dove sono raccolte e custodite le bandiere di guerra dei reparti militari disciolti e delle unità navali radiate dal naviglio dello Stato e le bandiere degli istituti militari e delle unità appartenenti ai corpi armati dello stato (Esercito Italiano, Aeronautica Militare, Marina Militare, Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza) disciolte. Presso il sacrario sono custoditi anche dei cimeli, relativi alle guerre, soprattutto risorgimentali, a cui hanno preso parte le forze armate italiane. Nel primo salone sono conservate 228 bandiere e 469 nel secondo. Al piano inferiore trovano posto le bandiere e gli stemmi di combattimento delle unità della Marina Militare.
Il Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II, conosciuto come Vittoriano si trova a Roma in Piazza Venezia. E' chiamato anche Altare della Patria da quando accoglie le spoglie del Milite Ignoto. Questo monumento prende il nome da Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re d'Italia a cui il complesso è dedicato. Vittorio Emanuele II morì nel 1878 e fu deciso di costruire un monumento che ricordasse il Padre della patria e tutto il risorgimento. Nel 1880 venne organizzato un concorso vinto dal francese Neton il quale però non attuò nessun progetto. Nel 1882 fu organizzato un altro concorso dove furono inclusi tutti i dettagli per il progetto. Doveva essere un complesso da erigere nella parte settentrionale del Campidoglio in asse con via del Corso, doveva avere una statua equestre in bronzo del Re e uno sfondo architettonico che doveva coprire gli edifici sul retro e la Chiesa di Santa Maria in Archeoeli che si trova lateralmente. Le proposte che furono consegnate furono 98 e quella che la commissione votò all'unanimità fu quella di Giuseppe Sacconi, giovane architetto marchigiano. Il progetto originario prevedeva l'utilizzo del travertino romano, ma poi il monumento venne realizzato in marmo botticino, una pietra proveniente dalla zona bresciana facilmente modellabile. Il progetto di Sacconi si ispirava all'Altare di Pergamo di Palestrina, quindi pensato come un grande “foro” aperto ai cittadini, una piazza nel cuore di Roma simbolo dell'Italia unita dopo la Roma dei Cesari e dei Papi. Tutt'oggi il Vittoriano è il più grande monumento il marmo botticino più grande che sia stato costruito.Per costruire il monumento vennero fatti numerosi espropri e demolizioni nella zona adiacente al Campidoglio tra il 1885 e il 1888. Fu abbattuto parte del quartiere medioevale, la torre di Paolo III e il cavalcavia di collegamento con Palazzo Venezia e altra edilizia minore presente sul colle. I lavori di scavo portarono alla luce l'insula dell'Ara Coeli, risalente al II secolo d.C e visibile ancora oggi nella parte sinistra del monumento; un tratto delle mura dei Re e un tratto del mastodonte.
Venne smantellata la Chiesa di Santa Rita che poi fu spostata nei pressi del Teatro di Marcello dove si trova ancora oggi. Nel 1887 si trovarono invece della roccia di tufo argille fluviali, banchi di sabbia, caverne, cunicoli e cave. Una leggenda narra che in tre giorni Sacconi riusci a redigere un progetto per rafforzare la cava che poi fu utilizzata durante la seconda guerra mondiale come rifugio antiaereo. Fulcro dell'intero monumento è la statua equestre di Vittorio Emanuele II affidata a Enrico Chiaradia, completata nel 1889 da Emilio Gallori e venne inaugurata nel 1911. Il complesso venne inaugurato da Vittorio Emanuele III il 4 giugno 1911 in occasione dell'Esposizione Internazionale per i cinquant'anni dell'unità d'Italia ma l'opera venne completata nel 1935. Il Vittoriano è in stile neoclassico e venne costruito con tecniche avanzate per l'epoca in cui fu costruito. Celebra la maestà e la grandezza di Roma eletta legittima capitale d'Italia, rappresentando l'unità del paese e la libertà del suo popolo. L'edificio presenta una struttura semplice e dinamica. L'elemento fondamentale è il portico neoclassico con colonne in stile corinzio che coincidono ai lati con due pronai a due colonne che ricordano il tempietto della Nike dell'acropoli di Atene. La conclusione dell'edificio è ornato, in corrispondenza di ciascun pronao, da due quadrighe in bronzo sormontate da vittorie alate. Il monumento ha sollevato parecchie critiche nel mondo dell'arte che vedevano l'edificio un tentativo mal riuscito di riportare Roma all'epoca classica dell'età imperiale. Giornalisti e scrittori polemicamente soprannominarono il monumento "torta nuziale" o "macchina per scrivere". La scalinata fu riaperta nel 2000 dopo anni di restauri. All'interno sono presenti spazi dedicati alla storia del Vittoriano e ha sede il Museo Centrale del Risorgimento che ospita mostre di pittura. Sono presenti molti simboli vegetali che ricorrono nel monumento come la palma per la vittoria, la quercia per la forza, l'alloro per la pace vittoriosa, il mirto per il sacrificio e l'ulivo per la concordia. Dal giugno 2007 è possibile salire alla terrazza delle quadrighe usufruendo di un ascensore; la terrazza, da cui si ha una vista impareggiabile della città eterna, è anche raggiungibile tramite 196 scalini che partono dal colonnato. Sulla scalinata si trova l'Altare della Patria, con la quale a volte viene identificato il monumento, che è la parte più conosciuta dello stesso.
Poco oltre la scalinata c'è il picchetto d'onore e la statua della dea Roma. All'interno è tumulato il Milite Ignoto: la salma di un soldato italiano sconosciuto selezionata tra quelle dei caduti della prima guerra mondiale e scelta per rappresentare tutti i soldati che non hanno potuto avere una tomba con il loro nome. Maria Bergamas, madre del volontario Antonio Bergamas che scelse di disertare l'esercito austriaco per unirsi a quello italiano e che cadde in combattimento senza che il suo corpo fosse ritrovato, scelse la salma del milite ignoto che venne posta nel monumento il 4 novembre 1921. Il tema centrale del monumento è rappresentata dalle due iscrizioni sui propilei: "PATRIAE UNITATI" "CIVIUM LIBERTATI", (in lingua latina "All'unità della Patria" e "Alla libertà dei cittadini"), ciascuna posta sotto le due quadrighe. Le regioni e le città sono elementi centrali del complesso. Le statue delle regioni si trovano nel coronamento del sommoportico, in corrispondenza delle colonne. All'epoca di costruzione del monumento le regioni italiane erano sedici e tante sono dunque le statue; ognuna venne affidata ad uno scultore diverso, quasi sempre nativo della regione di cui avrebbe scolpito l'immagine. Mentre ogni città venne rappresentata con la propria simbologia. Per simboleggiare Unità (Patriae Unitati) e Libertà (Civium Libertati), furono create della quadrighe previste già dal 1885 ma vennero collocate per la prima volta solamente nel 1927; furono realizzate proprio nello stesso anno da Carlo Fontana (Unità) e Paolo Bartolini (Libertà). Il monumento è alto così ben ottantuno metri. Rosalia Bruni fu la modella scelta da Fontana per la Vittoria sulla quadriga dell'Unità, mentre tradizione vuole che il volto sulla quadriga della Libertà sia quello della nobildonna Vittoria Colonna, duchessa di Sermoneta. Il vittoriano ospita anche il Sacrario delle Bandiere dove sono raccolte e custodite le bandiere di guerra dei reparti militari disciolti e delle unità navali radiate dal naviglio dello Stato e le bandiere degli istituti militari e delle unità appartenenti ai corpi armati dello stato (Esercito Italiano, Aeronautica Militare, Marina Militare, Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza) disciolte. Presso il sacrario sono custoditi anche dei cimeli, relativi alle guerre, soprattutto risorgimentali, a cui hanno preso parte le forze armate italiane. Nel primo salone sono conservate 228 bandiere e 469 nel secondo. Al piano inferiore trovano posto le bandiere e gli stemmi di combattimento delle unità della Marina Militare.
Cappella degli Scrovegni.Miracolo di Giotto.
di Chiara Ciccone
Uno dei maggiori capolavori di Giotto.Miracolo di luce e colori.
La Cappella degli Scrovegni si trova nel centro di Padova e ospita un celebre ciclo di affreschi di Giotto considerato un capolavoro dell'arte occidentale.La cappella faceva parte del sontuoso palazzo (oggi non più presente) che Enrico Scrovegni fece costruire per beneficio della sua famiglia dove è tutt'ora sepolto. La cappella è intitolata a Santa Maria della carità ed affrescata tra il 1303 e il 1305 da Giotto e che era l'oratorio privato e il futuro mausoleo della famiglia Scrovegni. L'esterno della cappella si presenta come una costruzione, che è stata più volte modificata nel corso degli anni, con mattoni a vista e tetto a due falde. E' composta da un unica navata, coperta da volte a botte e con pareti lisce, perfette per la stesura degli affreschi. Sul lato dell'altare c'è un coretto che fu affrescato tra il 1315 e il 1325 da un maestro locale chiamato “ Maestro del coro Scrovegni” con episodi della vita di Maria Vergine: funerali, Transito, assunzione e incoronazione e anche fasce con i Santi. La lunetta sopra il tabernacolo mostra affreschi con il Redentore, orazione nel Getsemani e la Flagellazione che sembrano della mano dello stesso maestro. Sull'altare della cappella si ergono le tre statue rappresentanti la Madonna col Bambino e due angeli, opera insigne di Giovanni Pisano, lo scultore più celebre della sua epoca, chiamato da Enrico Scrovegni stesso. Gli affreschi furono stesi da Giotto su tutta la superficie della cappella ed organizzati in quattro fasce composte da pannelli che raccontano le storie dei personaggi principali divisi da cornici geometriche. La forma della cappella era asimmetrica con sei finestre solo su un lato e questo determinò il modulo della decorazione. Vennero inseriti due riquadri tra le finestre che poi furono ricreati di uguale misura sull'altra parete. Il tema del ciclo pittorico è la salvezza e comprende più di quaranta scene e si concentra sulle storie di Cristo e su quelle che lo precedettero come le storie di Gioacchino e di Maria fino alla Pentecoste.
La narrazione è organizzata su tre registri. Sulla controfacciata si trova poi un grande Giudizio Universale. Il ciclo inizia con la scena della Cacciata di Gioacchino dal Tempio vicino all'arco trionfale e prosegue verso l'ingresso con le storie di Gioacchino e Anna per poi riprendere sulla parete opposta con le Storie di Maria fino alla lunetta sopra dove è rappresentata l'Annunciazione. Nel livello sottostante si trova la Visitazione, che è la conclusione delle storie di Maria e iniziano le Storie di Gesù che si svolgono lungo i registri centrali. L'ultimo riquadro rappresenta la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli (Pentecoste). Il registro inferiore è costituito da quattordici Allegorie che simboleggiano i Vizi e le Virtù alternate da cornici in finto marmo. Il nome del Vizio e della Virtù è scritto in latino. Vizi e virtù sono uno di fronte all'altro a coppie in modo da simboleggiare il percorso verso la beatitudine che si deve effettuare con cura delle virtù superando gli ostacoli posti dai vizi corrispondenti. Le scene sono incorniciate con fasce decorative ornate e intervallate da composizioni figurate che rappresentano, in modo sintetico, episodi dell'Antico Testamento, in parallelo ideale con le scene del Nuovo Testamento nei riquadri principali, o busti di Santi. Il carattere di ex voto della cappella è chiarificato nel Giudizio universale, con la rappresentazione del committente che offre alla Madonna, affiancata da san Giovanni e da santa Caterina d'Alessandria, un modello preciso dell'edificio, come lasciapassare per il Regno dei Cieli. Giotto calcolò con grande precisione il punto di vista ideale al centro dell'oratorio e disegnò l'intelaiatura tra i pannelli in modo da sembrare un finto basamento in marmo e logge sovrapposte. Valutò la fonte di luce e la accordò con la luce nelle scene. Una novità è lo zoccolo a specchiature marmoree in basso che qui venne usato per la prima volta e ebbe un grandissimo successo nei secoli successivi. Qui si trovano i Vizi e le Virtù a monocromo. Chiude il tutto la volta con il bellissimo cielo blu con stelle a otto punte. La volta è attraversata da tre fasce trasversali che creano due grandi riquadri dove al centro sono rappresentati la Madonna con il bambino e il Cristo Benedicente. Otto profeti, quattro per riquadro li completano. Le tre fasce hanno motivi simili a quelli delle incorniciature sulle pareti con inserti che rappresentano Angeli e Santi in quella più vicina all'altare e Santi nelle altre due. Sulla volta stellata c'è l'immagine del Cristo Benedicente che ha il pollice e il mignolo uniti (simbolo della Trinità) mentre il medio e indice sono intrecciati (simbolo della natura umana e divina di Cristo). Le absidi sono tre di cui una reale e due dipinte in prospettiva. Nell'arco trionfale, un ideale triangolo unisce il trono di Dio Padre con l'Arcangelo Gabriele a sinistra e l'Annunciata a destra.
Le triplette proseguono negli affreschi. Come ad esempio: tre volte le porte di Gerusalemme, tre volte il tabernacolo del Tempio (Cacciata di Gioacchino, Presentazione di Maria, Presentazione di Gesù), tre volte il cenacolo. In questo ciclo di affreschi si assiste a un affinamento dei mezzi espressivi e a una padronanza della composizione. Le figure hanno un volume più reale rispetto alle storie di San Francesco presenti ad Assisi. Sono avvolte da mantelli attraverso cui si capisce la modellazione dei corpi sottostanti. La stesura pittorica è più morbida. I protagonisti sono maestosi e importanti. Le architetture di sfondo, una delle caratteristiche di Giotto, sono chiare reali e proporzionate alle figure che interagiscono con esse. Nel celebre pannello che raffigura il Compianto sul Cristo morto i personaggi hanno espressione di vero dolore e fanno gesti reali che amplificano la drammaticità della scena. La composizione è molto raffinata con linee parallele che indirizzano lo spettatore verso il culmine della scena dove Maria abbraccia con disperazione le braccia e le spalle del figlio morto. Le posizioni dei personaggi sono varie come San Giovanni di profilo con le braccia spalancate, la donna con le mani sotto il mento, una figura misteriosa di spalle in primo piano a sinistra. Anche in altre scene Giotto raffigura personaggi di spalle per dare effetto di casualità alla scena. Un'altra bellissima scena è la Cattura di Cristo dove anche qui il gioco di linee simili a quella del Compianto fa coinvolgere lo sguardo dello spettatore all'incrocio faccia a faccia tra Cristo e Giuda. Si può quindi dire che Giotto ha attuato una riscoperta del vero (il vero dei sentimenti, delle passioni, della fisionomia umana, della luce e dei colori) nella certezza di uno spazio misurabile.
La Cappella degli Scrovegni si trova nel centro di Padova e ospita un celebre ciclo di affreschi di Giotto considerato un capolavoro dell'arte occidentale.La cappella faceva parte del sontuoso palazzo (oggi non più presente) che Enrico Scrovegni fece costruire per beneficio della sua famiglia dove è tutt'ora sepolto. La cappella è intitolata a Santa Maria della carità ed affrescata tra il 1303 e il 1305 da Giotto e che era l'oratorio privato e il futuro mausoleo della famiglia Scrovegni. L'esterno della cappella si presenta come una costruzione, che è stata più volte modificata nel corso degli anni, con mattoni a vista e tetto a due falde. E' composta da un unica navata, coperta da volte a botte e con pareti lisce, perfette per la stesura degli affreschi. Sul lato dell'altare c'è un coretto che fu affrescato tra il 1315 e il 1325 da un maestro locale chiamato “ Maestro del coro Scrovegni” con episodi della vita di Maria Vergine: funerali, Transito, assunzione e incoronazione e anche fasce con i Santi. La lunetta sopra il tabernacolo mostra affreschi con il Redentore, orazione nel Getsemani e la Flagellazione che sembrano della mano dello stesso maestro. Sull'altare della cappella si ergono le tre statue rappresentanti la Madonna col Bambino e due angeli, opera insigne di Giovanni Pisano, lo scultore più celebre della sua epoca, chiamato da Enrico Scrovegni stesso. Gli affreschi furono stesi da Giotto su tutta la superficie della cappella ed organizzati in quattro fasce composte da pannelli che raccontano le storie dei personaggi principali divisi da cornici geometriche. La forma della cappella era asimmetrica con sei finestre solo su un lato e questo determinò il modulo della decorazione. Vennero inseriti due riquadri tra le finestre che poi furono ricreati di uguale misura sull'altra parete. Il tema del ciclo pittorico è la salvezza e comprende più di quaranta scene e si concentra sulle storie di Cristo e su quelle che lo precedettero come le storie di Gioacchino e di Maria fino alla Pentecoste.
La narrazione è organizzata su tre registri. Sulla controfacciata si trova poi un grande Giudizio Universale. Il ciclo inizia con la scena della Cacciata di Gioacchino dal Tempio vicino all'arco trionfale e prosegue verso l'ingresso con le storie di Gioacchino e Anna per poi riprendere sulla parete opposta con le Storie di Maria fino alla lunetta sopra dove è rappresentata l'Annunciazione. Nel livello sottostante si trova la Visitazione, che è la conclusione delle storie di Maria e iniziano le Storie di Gesù che si svolgono lungo i registri centrali. L'ultimo riquadro rappresenta la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli (Pentecoste). Il registro inferiore è costituito da quattordici Allegorie che simboleggiano i Vizi e le Virtù alternate da cornici in finto marmo. Il nome del Vizio e della Virtù è scritto in latino. Vizi e virtù sono uno di fronte all'altro a coppie in modo da simboleggiare il percorso verso la beatitudine che si deve effettuare con cura delle virtù superando gli ostacoli posti dai vizi corrispondenti. Le scene sono incorniciate con fasce decorative ornate e intervallate da composizioni figurate che rappresentano, in modo sintetico, episodi dell'Antico Testamento, in parallelo ideale con le scene del Nuovo Testamento nei riquadri principali, o busti di Santi. Il carattere di ex voto della cappella è chiarificato nel Giudizio universale, con la rappresentazione del committente che offre alla Madonna, affiancata da san Giovanni e da santa Caterina d'Alessandria, un modello preciso dell'edificio, come lasciapassare per il Regno dei Cieli. Giotto calcolò con grande precisione il punto di vista ideale al centro dell'oratorio e disegnò l'intelaiatura tra i pannelli in modo da sembrare un finto basamento in marmo e logge sovrapposte. Valutò la fonte di luce e la accordò con la luce nelle scene. Una novità è lo zoccolo a specchiature marmoree in basso che qui venne usato per la prima volta e ebbe un grandissimo successo nei secoli successivi. Qui si trovano i Vizi e le Virtù a monocromo. Chiude il tutto la volta con il bellissimo cielo blu con stelle a otto punte. La volta è attraversata da tre fasce trasversali che creano due grandi riquadri dove al centro sono rappresentati la Madonna con il bambino e il Cristo Benedicente. Otto profeti, quattro per riquadro li completano. Le tre fasce hanno motivi simili a quelli delle incorniciature sulle pareti con inserti che rappresentano Angeli e Santi in quella più vicina all'altare e Santi nelle altre due. Sulla volta stellata c'è l'immagine del Cristo Benedicente che ha il pollice e il mignolo uniti (simbolo della Trinità) mentre il medio e indice sono intrecciati (simbolo della natura umana e divina di Cristo). Le absidi sono tre di cui una reale e due dipinte in prospettiva. Nell'arco trionfale, un ideale triangolo unisce il trono di Dio Padre con l'Arcangelo Gabriele a sinistra e l'Annunciata a destra.
Le triplette proseguono negli affreschi. Come ad esempio: tre volte le porte di Gerusalemme, tre volte il tabernacolo del Tempio (Cacciata di Gioacchino, Presentazione di Maria, Presentazione di Gesù), tre volte il cenacolo. In questo ciclo di affreschi si assiste a un affinamento dei mezzi espressivi e a una padronanza della composizione. Le figure hanno un volume più reale rispetto alle storie di San Francesco presenti ad Assisi. Sono avvolte da mantelli attraverso cui si capisce la modellazione dei corpi sottostanti. La stesura pittorica è più morbida. I protagonisti sono maestosi e importanti. Le architetture di sfondo, una delle caratteristiche di Giotto, sono chiare reali e proporzionate alle figure che interagiscono con esse. Nel celebre pannello che raffigura il Compianto sul Cristo morto i personaggi hanno espressione di vero dolore e fanno gesti reali che amplificano la drammaticità della scena. La composizione è molto raffinata con linee parallele che indirizzano lo spettatore verso il culmine della scena dove Maria abbraccia con disperazione le braccia e le spalle del figlio morto. Le posizioni dei personaggi sono varie come San Giovanni di profilo con le braccia spalancate, la donna con le mani sotto il mento, una figura misteriosa di spalle in primo piano a sinistra. Anche in altre scene Giotto raffigura personaggi di spalle per dare effetto di casualità alla scena. Un'altra bellissima scena è la Cattura di Cristo dove anche qui il gioco di linee simili a quella del Compianto fa coinvolgere lo sguardo dello spettatore all'incrocio faccia a faccia tra Cristo e Giuda. Si può quindi dire che Giotto ha attuato una riscoperta del vero (il vero dei sentimenti, delle passioni, della fisionomia umana, della luce e dei colori) nella certezza di uno spazio misurabile.
I Caruggi. I Vicoli unici della Riviera Ligure.
di Chiara Ciccone
Una passeggiata particolare nel cuore di una città antichissima.
Caròggi è la corretta grafia per indicare, in lingua genovese, i caratteristici e stretti vicoli ombrosi di molte città e paesi della riviera ligure. Questo termine è resto talvolta anche con caruggi o carroggi e anche con dei termini errati come carrugi o carugi.Secondo alcuni il termine deriverebbe dalla parola carriaggi, che in antichità indicava l'insieme dei mezzi di trasporto che comprendevano carri robusti a quatto ruote trainati da animali e che servivano per approvvigionare gli eserciti sui campi di battaglia. Nella toponomastica la parola caruggio è tradotta con vicolo. Molte sono le vie strette di Genova hanno il nome di “vico” e accanto a queste pur essendo caruggi, alcune prendono il nome di via o di piazza anche se si tratta di piazze di piccole dimensioni.Molti dei caruggi che si districano da Sottoripa, (un quartiere del centro storico di Genova, oggi in stato di degrado nonostante i tentativi di restauro) prendono il nome di un settore lavorativo artigianale in quanto in passato le varie attività si svolgevano in determinati vicoli. Alcuni esempi sono via degli Orefici dove si trova il bellissimo bassorilievo che raffigura L'Adorazione dei Magi,piazza della Pellicceria dove avevano sede le pelliccerie di Genova nel 18° secolo. Con il passare del tempo hanno perso il loro valore originario e oggi i vicoli genovesi attirano turisti soprattutto per la vasta offerta di merce garantita dalla presenza di botteghe di restauratori di legno, antiche mercerie e laboratori artistici.
Diversa dal caruggio, ma simile per quanto riguarda le proporzioni, è la crêuza o crosa, la scalinata o piccola salita che dalle colline scende a valle. Se si trova vicino al mare la crêuza diventa una Crêuza de mä, ovvero una crêuza di mare, così come è stata cantata da Fabrizio De André nel brano intitolato, appunto, Crêuza de mä.Il maggiore e più conosciuto caruggio di Genova è Via dei Prè. Oggi dopo un periodo di degrado inizia a dare dei segni di ripresa. E' stato dopo la seconda guerra mondiale centro del contrabbando e della prostituzione ma a partire dagli anni ottanta ha subito un crollo per il cedimento delle strutture e quindi stato abbandonato. Tra le cose di interesse culturali che caratterizzano questo vicolo è Vico di Sant'Antonio denominazione data nel 15° secolo in quanto prima si chiamava Vico del Falcone. Questo vicolo è stretto e dritto. Salendo da Via Prè abbiamo sulla destra la chiesa di Sant' Antonio e sulla sinistra le fondamenta del Palazzo reale. La parte più storica e interessante è quella dove si trova la chiesa. Il tempio originario non esiste più perché nel 18° secolo la famiglia Raggio comprò l'intero edificio che ancora oggi è un condominio che ha come atrio la pianta della chiesa antica. L'accesso a questo luogo sacro si trovava nel vicolo: è in stile gotico con due sottili colonne corinzie che sorreggono un'ogiva. Intorno si possono vedere, oltre ai vari Agnelli Mistici raffiguranti Cristo, le pietre bianco-nere di tipica età basso medievale. Al centro della costruzione si può vedere la porta lignea murata. In epoca rinascimentale l'ingresso è stato spostato in Via Prè e l'accesso presente nel vicolo è stato trasformato in infermeria.
L'intero complesso è nelle mani dell'ordine clericale di sant'Antonio che qui curava i malati affetti dal fuoco di sant'Antonio. I poveri che erano assistiti dai religiosi erano contrassegnati dalla "scrosciola", simbolo che permetteva loro di chiedere sempre e con successo beni di prima necessità. Questo concetto è descritto da una lapide in pietra di promontorio posta a metà della parete dell'edificio sito tra Via Prè e Vico Inferiore del Roso dove è raffigurato Sant'Antonio che aiuta un povero e alla destra del primo si scorgono un maiale simbolo di prosperità e un Agnello Mistico raffigurante la continua presenza di Cristo tra gli operatori di bene.
Caròggi è la corretta grafia per indicare, in lingua genovese, i caratteristici e stretti vicoli ombrosi di molte città e paesi della riviera ligure. Questo termine è resto talvolta anche con caruggi o carroggi e anche con dei termini errati come carrugi o carugi.Secondo alcuni il termine deriverebbe dalla parola carriaggi, che in antichità indicava l'insieme dei mezzi di trasporto che comprendevano carri robusti a quatto ruote trainati da animali e che servivano per approvvigionare gli eserciti sui campi di battaglia. Nella toponomastica la parola caruggio è tradotta con vicolo. Molte sono le vie strette di Genova hanno il nome di “vico” e accanto a queste pur essendo caruggi, alcune prendono il nome di via o di piazza anche se si tratta di piazze di piccole dimensioni.Molti dei caruggi che si districano da Sottoripa, (un quartiere del centro storico di Genova, oggi in stato di degrado nonostante i tentativi di restauro) prendono il nome di un settore lavorativo artigianale in quanto in passato le varie attività si svolgevano in determinati vicoli. Alcuni esempi sono via degli Orefici dove si trova il bellissimo bassorilievo che raffigura L'Adorazione dei Magi,piazza della Pellicceria dove avevano sede le pelliccerie di Genova nel 18° secolo. Con il passare del tempo hanno perso il loro valore originario e oggi i vicoli genovesi attirano turisti soprattutto per la vasta offerta di merce garantita dalla presenza di botteghe di restauratori di legno, antiche mercerie e laboratori artistici.
Diversa dal caruggio, ma simile per quanto riguarda le proporzioni, è la crêuza o crosa, la scalinata o piccola salita che dalle colline scende a valle. Se si trova vicino al mare la crêuza diventa una Crêuza de mä, ovvero una crêuza di mare, così come è stata cantata da Fabrizio De André nel brano intitolato, appunto, Crêuza de mä.Il maggiore e più conosciuto caruggio di Genova è Via dei Prè. Oggi dopo un periodo di degrado inizia a dare dei segni di ripresa. E' stato dopo la seconda guerra mondiale centro del contrabbando e della prostituzione ma a partire dagli anni ottanta ha subito un crollo per il cedimento delle strutture e quindi stato abbandonato. Tra le cose di interesse culturali che caratterizzano questo vicolo è Vico di Sant'Antonio denominazione data nel 15° secolo in quanto prima si chiamava Vico del Falcone. Questo vicolo è stretto e dritto. Salendo da Via Prè abbiamo sulla destra la chiesa di Sant' Antonio e sulla sinistra le fondamenta del Palazzo reale. La parte più storica e interessante è quella dove si trova la chiesa. Il tempio originario non esiste più perché nel 18° secolo la famiglia Raggio comprò l'intero edificio che ancora oggi è un condominio che ha come atrio la pianta della chiesa antica. L'accesso a questo luogo sacro si trovava nel vicolo: è in stile gotico con due sottili colonne corinzie che sorreggono un'ogiva. Intorno si possono vedere, oltre ai vari Agnelli Mistici raffiguranti Cristo, le pietre bianco-nere di tipica età basso medievale. Al centro della costruzione si può vedere la porta lignea murata. In epoca rinascimentale l'ingresso è stato spostato in Via Prè e l'accesso presente nel vicolo è stato trasformato in infermeria.
L'intero complesso è nelle mani dell'ordine clericale di sant'Antonio che qui curava i malati affetti dal fuoco di sant'Antonio. I poveri che erano assistiti dai religiosi erano contrassegnati dalla "scrosciola", simbolo che permetteva loro di chiedere sempre e con successo beni di prima necessità. Questo concetto è descritto da una lapide in pietra di promontorio posta a metà della parete dell'edificio sito tra Via Prè e Vico Inferiore del Roso dove è raffigurato Sant'Antonio che aiuta un povero e alla destra del primo si scorgono un maiale simbolo di prosperità e un Agnello Mistico raffigurante la continua presenza di Cristo tra gli operatori di bene.
Villa Mansi.Immersi nel verde della Toscana.
di Chiara Ciccone
Un piccolo gioiello barocco nel cuore toscano dell'Italia.
Villa Mansi è una delle più famose ville lucchesi. Si trova in località Segromigno in Monte, una frazione di Capannori in provincia di Lucca. La villa presenta una bella facciata in stile manierista ed è affacciata su un grandissimo parco.Sulla storia della villa esiste una documentazione molto ricca: venne costruita dalla famiglia Benedetti e poi venduta ai Cerami nel 1599. L' antica villa aveva una pianta rettangolare molto semplice con un salone centrale sul quale si affacciavano le altre stanze ed intorno alla villa si estendevano terreni agricoli, orti e giardini.Nel 1637 l'architetto Muzio Oddi ristrutturò la villa ed il parco in stile barocco francese. L'edificio venne ampliato e fu costruita una facciata monumentale con un portico rialzato al quale si accede con due rampe di scale. Ai lati due ali più basse sottolineano lo slancio della parte centrale. Degno di nota è l'effetto bicromatico tra il grigio della pietra nelle parti strutturali e l'intonaco bianco-ocra, il tutto decorato da numerose statue, stemmi e cornici. Nel 1675 la villa fu acquistata da Ottavio Mansi e successivamente venne decorata con la balaustra nella parte superiore e statue sul tetto.
La facciata a monte venne sistemata nell'Ottocento quando venne sopraelevata di un piano e decorata con un trofeo d'armi a bassorilievo sopra il portale.Le sale all'interno rispecchiano il gusto barocco dei decoratori, con una ricca profusione di dorature e grottesche. Il salone centrale fu decorato dal lucchese Stefano Tofanelli, che dipinse grandi tele con soggetti mitologici.Per quanto riguarda il parco bisogna bisogna ricordare i due interventi principali: nel Settecento con l'intervento di Filippo Juvarra che elimino il giardino geometrico all'italiana e le terrazze in favore di un pendio e nell'ottocento quando venne creato un parco all'inglese. Juvarra realizzò un sistema idrico che permetteva dei giochi d'acqua ed effetti scenografici che oggi sono persi. Di quel periodo rimane solo il Bagno di Diana, un ninfeo in tufo, e la grande peschiera. All'Ottocento risale invece la palazzina dell'orologio che è tipica dello stile neogotico. Sono andati invece persi gli edifici simmetrici delle limonaie e le quinte di siepi che con adattamenti prospettici evidenziavano la facciata della villa.Delle specie vegetali che risalgono all'antico impianto secentesco si sono conservati fino ad oggi alcuni notevoli esemplari di querce e tassi, nonché alcuni tratti di siepi di alloro e bosso tagliate a formare "pareti vegetali" che originariamente perimetravano i giardini e facevano da guida alle prospettive. Le essenze esotiche come l'albero del tulipano, il cedro dell'Atlante, l'abete rosso, la douglasia, introdotte nel XIX secolo, sono diventate oggi alberi maestosi che conferiscono un sapore romantico al vasto prato erboso lievemente in declivio di fronte alla resistenza. Sul fianco ovest assai rilevante è la presenza di un camelieto.
Un'esedra fa da sfondo alla statua della peschiera sul retro della villa. Sul fianco est della residenza una nota spiccatamente esotica è data da un vialetto di palme e da un fitto bosco di bambù che ombreggia la grotta di gusto barocco dalla quale scaturisce l'acqua che scorre poi in forma di ruscello costeggiando le scuderie.
Villa Mansi è una delle più famose ville lucchesi. Si trova in località Segromigno in Monte, una frazione di Capannori in provincia di Lucca. La villa presenta una bella facciata in stile manierista ed è affacciata su un grandissimo parco.Sulla storia della villa esiste una documentazione molto ricca: venne costruita dalla famiglia Benedetti e poi venduta ai Cerami nel 1599. L' antica villa aveva una pianta rettangolare molto semplice con un salone centrale sul quale si affacciavano le altre stanze ed intorno alla villa si estendevano terreni agricoli, orti e giardini.Nel 1637 l'architetto Muzio Oddi ristrutturò la villa ed il parco in stile barocco francese. L'edificio venne ampliato e fu costruita una facciata monumentale con un portico rialzato al quale si accede con due rampe di scale. Ai lati due ali più basse sottolineano lo slancio della parte centrale. Degno di nota è l'effetto bicromatico tra il grigio della pietra nelle parti strutturali e l'intonaco bianco-ocra, il tutto decorato da numerose statue, stemmi e cornici. Nel 1675 la villa fu acquistata da Ottavio Mansi e successivamente venne decorata con la balaustra nella parte superiore e statue sul tetto.
La facciata a monte venne sistemata nell'Ottocento quando venne sopraelevata di un piano e decorata con un trofeo d'armi a bassorilievo sopra il portale.Le sale all'interno rispecchiano il gusto barocco dei decoratori, con una ricca profusione di dorature e grottesche. Il salone centrale fu decorato dal lucchese Stefano Tofanelli, che dipinse grandi tele con soggetti mitologici.Per quanto riguarda il parco bisogna bisogna ricordare i due interventi principali: nel Settecento con l'intervento di Filippo Juvarra che elimino il giardino geometrico all'italiana e le terrazze in favore di un pendio e nell'ottocento quando venne creato un parco all'inglese. Juvarra realizzò un sistema idrico che permetteva dei giochi d'acqua ed effetti scenografici che oggi sono persi. Di quel periodo rimane solo il Bagno di Diana, un ninfeo in tufo, e la grande peschiera. All'Ottocento risale invece la palazzina dell'orologio che è tipica dello stile neogotico. Sono andati invece persi gli edifici simmetrici delle limonaie e le quinte di siepi che con adattamenti prospettici evidenziavano la facciata della villa.Delle specie vegetali che risalgono all'antico impianto secentesco si sono conservati fino ad oggi alcuni notevoli esemplari di querce e tassi, nonché alcuni tratti di siepi di alloro e bosso tagliate a formare "pareti vegetali" che originariamente perimetravano i giardini e facevano da guida alle prospettive. Le essenze esotiche come l'albero del tulipano, il cedro dell'Atlante, l'abete rosso, la douglasia, introdotte nel XIX secolo, sono diventate oggi alberi maestosi che conferiscono un sapore romantico al vasto prato erboso lievemente in declivio di fronte alla resistenza. Sul fianco ovest assai rilevante è la presenza di un camelieto.
Un'esedra fa da sfondo alla statua della peschiera sul retro della villa. Sul fianco est della residenza una nota spiccatamente esotica è data da un vialetto di palme e da un fitto bosco di bambù che ombreggia la grotta di gusto barocco dalla quale scaturisce l'acqua che scorre poi in forma di ruscello costeggiando le scuderie.
I colori di Ercolano rinascono in mostra.
di Chiara Ciccone
La mitica città ercolanese risorge attraverso la fotografia.
Il 15 Marzo è stata inaugurata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli la mostra fotografica “Ercolano” . Gli scatti sono stati realizzati dal fotografo Luciano Pedicini e posizionati sui pilastri secondo una visione assiale con precise corrispondenze tra le immagini, così da offrire al visitatore la sensazione di una visita agli scavi. Questa mostra pone particolare attenzione alle pitture parietali delle domus ercolanesi.Le fotografie presenti provengono dal libro, presentato lo stesso giorno della mostra, Ercolano.
Colori da una città sepolta a cura degli studiosi Mimmo Esposito e Maria Paola Guidobaldi, edito
da Arsenale Editrice.L'esposizione comprende 17 fotografie molte provengono da aree non ancora sotto scavo o aree non accessibili al pubblico come ad esempio il piano inferiore della Villa dei Papiri e delle antiche terme. Raffigurano soprattutto sculture, dipinti, e luoghi della vita quotidiana romana di duemilaanni fa, interrotta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.Pedicini insiste soprattutto sui particolari e sui colori di ogni soggetto: ecco quindi un primo piano dei capelli rossi di una statua che ritrae una fanciulla, i variopinti ricami floreali affrescati sulle pareti di una domus, o i marmi che ancora decorano le sale di alcuni edifici termali.
Pedicini ha lavorato in digitale servendosi di una Hasselblad da 50 milioni di pixel, uno strumento che permette di ottenere la massima profondità possibile e, per questo, particolarmente indicato per la fotografia dei beni culturali. La mostra sarà sarà visitabile fino al 15 aprile negli orari di apertura del Museo (ingressi dalle 9 alle19.30, chiuso il martedì).
Il 15 Marzo è stata inaugurata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli la mostra fotografica “Ercolano” . Gli scatti sono stati realizzati dal fotografo Luciano Pedicini e posizionati sui pilastri secondo una visione assiale con precise corrispondenze tra le immagini, così da offrire al visitatore la sensazione di una visita agli scavi. Questa mostra pone particolare attenzione alle pitture parietali delle domus ercolanesi.Le fotografie presenti provengono dal libro, presentato lo stesso giorno della mostra, Ercolano.
Colori da una città sepolta a cura degli studiosi Mimmo Esposito e Maria Paola Guidobaldi, edito
da Arsenale Editrice.L'esposizione comprende 17 fotografie molte provengono da aree non ancora sotto scavo o aree non accessibili al pubblico come ad esempio il piano inferiore della Villa dei Papiri e delle antiche terme. Raffigurano soprattutto sculture, dipinti, e luoghi della vita quotidiana romana di duemilaanni fa, interrotta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.Pedicini insiste soprattutto sui particolari e sui colori di ogni soggetto: ecco quindi un primo piano dei capelli rossi di una statua che ritrae una fanciulla, i variopinti ricami floreali affrescati sulle pareti di una domus, o i marmi che ancora decorano le sale di alcuni edifici termali.
Pedicini ha lavorato in digitale servendosi di una Hasselblad da 50 milioni di pixel, uno strumento che permette di ottenere la massima profondità possibile e, per questo, particolarmente indicato per la fotografia dei beni culturali. La mostra sarà sarà visitabile fino al 15 aprile negli orari di apertura del Museo (ingressi dalle 9 alle19.30, chiuso il martedì).
L'Arte e la libertà dal dopoguerra ad oggi.
di Chiara Ciccone
Mostra di prestigio a Milano sull'arte contemporanea e la libertà.
Dal 14 marzo al 2 giugno 2013 è in programma a Palazzo Reale a Milano la mostra intitolata “The Desire for Freedom. Arte in Europa dal 1945” che attraverso 200 opere d'arte di 94 artisti contemporanei provenienti da 27 diversi paesi europei, affronta l'idea di libertà in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Questa mostra è curata da Monika Flacke, Henry Meyric Hughes e Ulrike Schmiegelt, è promossa in Italia dal Comune di Milano - Cultura, Moda, Design e prodotta da Palazzo Reale, dal DHM Deutsches Historisches Museum di Berlino e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore. Il progetto realizzato dal Consiglio d'Europa con il sostegno finanziario della Commissione Europea prevede la collaborazione internazionale di 36 paesi membri del consiglio stesso, che ha coinvolto artisti, studiosi, curatori, musei, gallerie e importanti collezionisti privati. Questa mostra ha lo scopo di superare la visione di un'Europa del dopoguerra divisa da due blocchi di potere contrapposti che si crearono durante la guerra fredda e vuole ripartire con l'idea che entrambe le parti affondino le radici comuni nell'illuminismo e nei suoi valori come ragione, libertà, giustizia e uguaglianza. Le opere sono disposte in 12 sezioni, ognuna delle quali espone un tema fondamentale della nostra vita sociale. La prima sezione è intitolata “Tribunale della Ragione” in nome della quale sono state commesse violazioni dei diritti dell'uomo e su cui gli artisti si interrogano; le utopie sono protagoniste nella sezione “La rivoluzione siamo noi”, ispirata all’opera omonima di Joseph Beuys del 1972; “Viaggio nel paese delle meraviglie” racconta la capacità dell’arte di riscrivere la narrazione ridefinendo anche la nostra coscienza storica collettiva; in “Terrore e tenebre” viene affrontato il tema del regime del terrore e alla violenza delle torture che arrivano a paralizzare una società privandola del principio della fratellanza e della solidarietà; nella sezione dedicata al “Realismo della Politica”, l’arte misura il ruolo dell’azione politica nel bilanciare gli interessi della società civile e la sua capacità (o incapacità) di risolvere i conflitti pacificamente; un’altra sezione affronta la “Libertà sotto assedio”, fragile e sempre minacciata, non solo nel passato da gravi violazioni dei diritti umani, ma anche nel prossimo futuro nel nome della sicurezza; in “99 Cent” gli artisti si confrontano con il difficile rapporto tra la vita incentrata su valori immateriali e la spinta verso il consumismo che ha travolto la nostra società e i suoi valori.
All’interno di “Cent’ anni” gli artisti fanno riferimento dell’eternità per ridimensionare il presente e accentuare l’importanza della cura dell’ambiente e delle risorse che ci circondano; il rapporto dell’arte con il concetto dell’abitazione, fonte di sicurezza e riparo ma anche canale di comunicazione con l‘esterno, è invece il nucleo di “Mondi di vita”; sempre sullo spazio, inteso però come “altro” dalla realtà, indaga il capitolo “L’altro Luogo”, che analizza i mondi creati dall’arte come vie di fuga, nuovi orizzonti possibili in opposizione a ciò che ci circonda; “Esperienza di sé” e del limite entra nel merito della conoscenza dei propri limiti e dei confini tra sé e l'altro, cercando di definire cosa ci rende umani e come vorremmo essere nel prossimo futuro; con “Il mondo nella testa” la mostra chiude il cerchio testimoniando come la fonte delle nostre idee, Ragione compresa, e della conoscenza della realtà circostante è e rimane anche per l’artista la nostra mente. In mostra dipinti, fotografie, disegni, video e installazioni realizzati in settanta anni di produzione artistica europea da artisti affermati e di fama internazionale - tra cui Damien Hirst, Arman, Jannis Kounellis, Yves Klein, Richard Hamilton, Niki de Saint Phalle, Alberto Giacometti, Gerhard Richter, Christo, Mario Merz, Emilio Vedova, Yinka Shonibare, Lucio Fontana, Ilya Kabalov e da altri meno noti in Italia, ma di grande interesse come Boris Mikhailov e Erik Bulatov. Per approfondire i temi questa mostra sarà accompagnata da Freedom Zone, un programma di attività ideate dall’assessorato alla Cultura, Moda e Design per ampliare i temi chiave dell’esposizione: incontri con personalità della cultura, una rassegna di film sul tema della libertà con sette lunedì al Cinema Centrale a partire dal 25 marzo e due appuntamenti con la musica dei Quintorigo che si esibiranno il 19 aprile e il 10 maggio nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, confrontandosi con il repertorio di due significativi rappresentanti della libertà espressiva nella musica: Charles Mingus e Jimi Hendrix.
Per saperne di più www.desireforfreedom.it
Dal 14 marzo al 2 giugno 2013 è in programma a Palazzo Reale a Milano la mostra intitolata “The Desire for Freedom. Arte in Europa dal 1945” che attraverso 200 opere d'arte di 94 artisti contemporanei provenienti da 27 diversi paesi europei, affronta l'idea di libertà in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Questa mostra è curata da Monika Flacke, Henry Meyric Hughes e Ulrike Schmiegelt, è promossa in Italia dal Comune di Milano - Cultura, Moda, Design e prodotta da Palazzo Reale, dal DHM Deutsches Historisches Museum di Berlino e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore. Il progetto realizzato dal Consiglio d'Europa con il sostegno finanziario della Commissione Europea prevede la collaborazione internazionale di 36 paesi membri del consiglio stesso, che ha coinvolto artisti, studiosi, curatori, musei, gallerie e importanti collezionisti privati. Questa mostra ha lo scopo di superare la visione di un'Europa del dopoguerra divisa da due blocchi di potere contrapposti che si crearono durante la guerra fredda e vuole ripartire con l'idea che entrambe le parti affondino le radici comuni nell'illuminismo e nei suoi valori come ragione, libertà, giustizia e uguaglianza. Le opere sono disposte in 12 sezioni, ognuna delle quali espone un tema fondamentale della nostra vita sociale. La prima sezione è intitolata “Tribunale della Ragione” in nome della quale sono state commesse violazioni dei diritti dell'uomo e su cui gli artisti si interrogano; le utopie sono protagoniste nella sezione “La rivoluzione siamo noi”, ispirata all’opera omonima di Joseph Beuys del 1972; “Viaggio nel paese delle meraviglie” racconta la capacità dell’arte di riscrivere la narrazione ridefinendo anche la nostra coscienza storica collettiva; in “Terrore e tenebre” viene affrontato il tema del regime del terrore e alla violenza delle torture che arrivano a paralizzare una società privandola del principio della fratellanza e della solidarietà; nella sezione dedicata al “Realismo della Politica”, l’arte misura il ruolo dell’azione politica nel bilanciare gli interessi della società civile e la sua capacità (o incapacità) di risolvere i conflitti pacificamente; un’altra sezione affronta la “Libertà sotto assedio”, fragile e sempre minacciata, non solo nel passato da gravi violazioni dei diritti umani, ma anche nel prossimo futuro nel nome della sicurezza; in “99 Cent” gli artisti si confrontano con il difficile rapporto tra la vita incentrata su valori immateriali e la spinta verso il consumismo che ha travolto la nostra società e i suoi valori.
All’interno di “Cent’ anni” gli artisti fanno riferimento dell’eternità per ridimensionare il presente e accentuare l’importanza della cura dell’ambiente e delle risorse che ci circondano; il rapporto dell’arte con il concetto dell’abitazione, fonte di sicurezza e riparo ma anche canale di comunicazione con l‘esterno, è invece il nucleo di “Mondi di vita”; sempre sullo spazio, inteso però come “altro” dalla realtà, indaga il capitolo “L’altro Luogo”, che analizza i mondi creati dall’arte come vie di fuga, nuovi orizzonti possibili in opposizione a ciò che ci circonda; “Esperienza di sé” e del limite entra nel merito della conoscenza dei propri limiti e dei confini tra sé e l'altro, cercando di definire cosa ci rende umani e come vorremmo essere nel prossimo futuro; con “Il mondo nella testa” la mostra chiude il cerchio testimoniando come la fonte delle nostre idee, Ragione compresa, e della conoscenza della realtà circostante è e rimane anche per l’artista la nostra mente. In mostra dipinti, fotografie, disegni, video e installazioni realizzati in settanta anni di produzione artistica europea da artisti affermati e di fama internazionale - tra cui Damien Hirst, Arman, Jannis Kounellis, Yves Klein, Richard Hamilton, Niki de Saint Phalle, Alberto Giacometti, Gerhard Richter, Christo, Mario Merz, Emilio Vedova, Yinka Shonibare, Lucio Fontana, Ilya Kabalov e da altri meno noti in Italia, ma di grande interesse come Boris Mikhailov e Erik Bulatov. Per approfondire i temi questa mostra sarà accompagnata da Freedom Zone, un programma di attività ideate dall’assessorato alla Cultura, Moda e Design per ampliare i temi chiave dell’esposizione: incontri con personalità della cultura, una rassegna di film sul tema della libertà con sette lunedì al Cinema Centrale a partire dal 25 marzo e due appuntamenti con la musica dei Quintorigo che si esibiranno il 19 aprile e il 10 maggio nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, confrontandosi con il repertorio di due significativi rappresentanti della libertà espressiva nella musica: Charles Mingus e Jimi Hendrix.
Per saperne di più www.desireforfreedom.it
La Basilica di San Francesco d'Assisi.
di Chiara Ciccone
Uno dei siti francescani più belli e suggestivi d'Italia.
La Basilica di San Francesco di Assisi conserva dal 1230 le spoglie del santo. Questa basilica fu voluta da papa Gregorio IX e venne affidata ai frati francescani. Nel 2000, insieme ad altri siti francescani, venne inserita nella lista del patrimonio dell'umanità dell'Unesco. Francesco a solo due anni dalla morte, precisamente il 16 luglio 1228, venne proclamato santo da papa Gregorio IX e il papa stesso pose, insieme al rappresentante dell'ordine minoritico, la prima pietra per la costruzione di un'imponente basilica. La tradizione dice che fu lo stesso Francesco ad indicare il luogo dove voleva essere sepolto, era il colle dove venivano sepolti i condannati che fu ribattezzato Collis paradisi e dove venne edificata la nuova basilica. La chiesa, in stile gotico, conserva le spoglie del fondatore dell'ordine che solo dopo due anni dalla morte venne considerato una figura molto importante per il Cristianesimo e la basilica divenne cosi metà di pellegrinaggio e devozione. La basilica venne iniziata nel 1228 e consacrata il 20 maggio 1253 da papa Innocenzo IV. La basilica inferiore doveva già essere finita nel 1240 quando venne trasferita la salma di Francesco, coperta per evitare che fosse trafugata. La salva fu ritrovata nel 1818 in un sarcofago sotto l'altare maggiore. La struttura che era semplice a pianta rettangolare vicina al modello francescano venne presto modificata con linee più maestose e si ispirò all'architettura romanica lombarda. Nel 1232 di decise di costruire due chiese sovrapposte, la basilica maggiore e la basilica inferiore, che esaltassero il santo fondatore dell'ordine stesso. Vennero cosi aggiunti il transetto e l'abside all'interno mentre vennero costruiti pilastri per sopportare il peso della struttura superiore all'esterno. La basilica ebbe cosi una doppia funzione: sotto era una chiesa tombale e cripta mentre sopra un'aula monastica con spazio per le prediche e cappella papale.
Per la scarsità di fonti scritte del periodo successivo non sappiamo quasi nulla dell'avanzamento dei lavori fino alla data della consacrazione avvenuta nel 1253, quando tutti i lavori dovevano essere conclusi. Nel 1798 la basilica venne depredata dai francesi, nel 1810 l'ordine fu soppresso ma nel 1814 i francescani vi ritornarono. Subito dopo l'unità d'Italia l'ordine francescano venne soppresso ancora una volta e la basilica divenne un Convitto nazionale. La chiesa se ne rimpossessò nel 1927 e nel 1939 con la proclamazione di Francesco patrono d'Italia la basilica divenne Santuario nazionale.La basilica è formata da due chiese sovrapposte, legate a due diverse fasi costruttive: la prima di derivazione lombarda, la seconda di matrice francese. Straordinario è, in entrambi i casi, l'apparato decorativo interno.La basilica inferiore fu iniziata nel luglio del 1228. I lavori dovevano essere terminati nel 1230 quando vi fu traslato il corpo del santo deposto in un sarcofago sotto l'altare maggiore, dov'è tuttora conservato in una piccola cripta. Alle decorazioni della basilica hanno collaborato i più illustri artisti del tempo da Giotto a Cimabue a Simone Martini. Sempre nella basilica inferiore è situato un locale che ospita le reliquie di san Francesco, un piccolo ma significativo insieme di oggetti appartenuti al santo. La basilica inferiore ha la funzione di chiesa commemorativa, sottolineata anche dalla presenza della cripta. Appare ancora quasi romanica: è priva di elevazione, le crociere sono larghe, i costoloni hanno una sezione quadrangolare, i pilastri sono bassi e grossi per sostenere il grave peso della chiesa superiore. Tra i sepolcri monumentali, degno di nota quello di Giovanni di Brienne, imperatore latino di Costantinopoli (IV Crociata). La basilica superiore presenta una facciata semplice a "capanna". La parte alta è decorata con un rosone centrale, con ai lati i simboli degli Evangelisti in rilievo. La parte bassa è arricchita dal maestoso portale strombato. Sul lato sinistro della facciata è stata appoggiata , nel Seicento, la Loggia delle benedizioni. Sullo stesso lato, poco dopo la costruzione della chiesa superiore, è stato innalzato il campanile, un tempo cuspidato. L'architettura interna mostra invece i caratteri più tipici del gotico italiano: archi a sesto acuto che attraversano la navata, poggianti su semi pilastri a fascio, dai quali si diramano costolature delle volte a crociera ogivali e degli arconi laterali che incorniciano le finestre. La fascia inferiore è invece liscia, e venne predisposta fin dall'inizio per la creazione di una bibbia per i poveri, rappresentata dalla decorazione didascalica ad affresco.
La basilica superiore contiene la più completa raccolta di vetrate medievali d'Italia. Quasi contemporaneamente alla fine dei lavori di costruzione della chiesa superiore, sarebbero iniziate anche le decorazioni ad affresco. La decorazione di entrambe le basiliche corrisponde ad una serie di programmi, ciascuno dei quali è stato pensato in vista di un piano decorativo integrale, finalizzato all'esaltazione della figura di san Francesco. E' inoltre adibita alle funzioni liturgiche di carattere ufficiale, come testimonia la presenza del trono papale nell'abside. La basilica superiore fu modello e ispirazione per le chiese francescane come la basilica di Santa Chiara, sempre ad Assisi, le chiese di san Francesco a Arezzo e a Cortona, la basilica di San Lorenzo Maggiore a Napoli. Fuori dall'Italia si riscontrano somiglianze per esempio nella Cattedrale di Angers in Francia, dove probabilmente ci furono contatti tramite Haymo di Faversham, generale dei francescani dal 1240 al 1244.La decorazione ad affresco fu iniziata nella basilica inferiore con le scene del transetto ad opera del maestro di San Francesco. Ci dipinse probabilmente anche Cimabue che creò la Maestà nel transetto destro della basilica inferiore. Il buon risultato fece si che i committenti gli affidarono la decorazione del coro e del transetto della basilica superiore. All'inizio degli anni novanta iniziarono i lavori per la decorazione delle vene e dei registri della navata con maestri rimani e toscani impegnati a dipingere scene dell'Antico e del Nuovo Testamento. Tra questi artisti spicca un innovatore forse identificato con il giovane Giotto. La decorazione della basilica inferiore riprese intorno al 1307 ed è sicura la presenza di Giotto che aveva molti collaboratori e per questo è difficile l'attribuzione delle scene. Giotto e i suoi aiutanti si occuparono della Cappella della Maddalena, del transetto destro e della volta sopra l'altare con le Allegorie Francescane terminando nel 1311 oppure secondo un'altra ipotesi del 1334. La volta con le Allegorie, che aveva uno sfondo dorato, segnò il culmine di una decorazione sempre più fastosa. Entro gli anni trenta del trecento la decorazione della basilica poteva dirsi completa. Nel seicento venne ridipinta l'abside della basilica inferiore e vennero decorate alcune parti della campata d'ingresso. Tra il 1965 e il 1983 la basilica subì un importante serie di lavori di restauro, mirati a consolidare le strutture e a salvaguardare gli affreschi. Il terremoto del 26 settembre 1997 procurò gravi lesioni alla basilica superiore con il crollo della volta in due punti e danni al timpano sul del transetto. La basilica venne chiusa per due anni per lavori di restauro. Il terremoto causò inoltre il crollo di parte degli affreschi sulla volta della prima campata dove erano raffigurati Quattro Dottori della Chiesa; la figura di San Matteo, sulla volta raffigurante i Quattro evangelisti di Cimabue; inoltre, la volta stellata, ridipinta nell'Ottocento.
Castello Sforzesco.Il Cuore storico di Milano
di Chiara Ciccone
Una corte elegante e raffinata nel mezzo della metropoli milanese.
Il Castello Sforzesco, fu costruito nel XV secolo da Francesco Sforza divenuto da poco duca di Milano. Nel corso dei secoli ha subito numerose trasformazioni. Fu una delle piu importanti cittadelle militari d'Europa tra il 500 e il 600 mentre oggi è sede di istituzioni e culturali e meta turistica. Dopo la morte di Giovanni Visconti il ducato venne ereditato dai tre nipoti Matteo II, Galeazzo II e Bernabò. Morto Matteo gli altri due fratelli si divisero la città e Galeazzo Visconti fece costruire in prossimità di Porta Giovia una fortificazione chiamata Castello di Porta Giovia. I successori diGaleazzo Visconti ampliarono l'edificio che divenne di pianta quadrata con quattro torri poste agli angoli, di cui le due rivolte verso la città particolarmente imponenti. L'edificio divenne cosi dimora dei Visconti ma poi fu distrutto nel 1447. Nel 1450 venne ricostruito da Francesco Sforza che ne fece la sua residenza dove chiamò Filarete per la costruzione e la decorazione della torre mediana chiamata Torre del Filarete. Alla morte di Francesco gli successe suo figlio Galeazzo Maria che continuò i lavori di costruzione. Nel 1494 prese il potere Ludovico il Moro e il castello divenne una residenza fastosa dove furono chiamati a lavorare artisti come Leonardo da Vinci (che affrescò diverse sale dell'appartamento ducale) e il Bramante, mentre molti pittori affrescarono la sala della balla illustrando le gesta di Francesco Sforza. Verso il 1498 nella Sala delle Asse lavorò Leonardo da Vinci, con la pittura di Intrecci vegetali con frutti e monocromi di radici e rocce. Negli anni seguenti il castello fu danneggiato dai numerosi attacchi che francesi, milanesi e truppe germaniche si scambiarono . Nel 1521 la Torre del Filarete esplose,perché un soldato francese fece per sbaglio esplodere una bomba dopo che la torre fu adibita ad armeria. Ritornato al potere e al castello, Francesco II Sforza ristrutturò e ampliò la fortezza, adibendone una parte a sontuosa dimora. Passato sotto il dominio spagnolo, il castello nel 1535 perse il ruolo di dimora signorile e divenne il fulcro della nuova cittadella, sede delle truppe militari iberiche: la guarnigione era una delle più grandi d'Europa, variabile da 1000 a 3000 uomini, con a capo un castellano spagnolo.
Nel 1550 furono potenziate le fortificazioni: venne costruito un nuovo sistema difensivo di pianta prima pentagonale e poi esagonale (tipica della fortificazione alla moderna); una stella a sei punte portate poi a 12 con l'aggiunta di apposite mezzelune. Le difese esterne raggiunsero così la lunghezza complessiva di 3 km. Le antiche sale affrescate furono adibite a falegnameria e a dispense, mentre nei cortili furono costruiti pollai in muratura. All'inizio del 600' l'opera fu completata con fossati, che separarono completamente il castello dalla città, e la "strada coperta". Il castello conservò la propria destinazione militare anche quando la Lombardia passò dagli Spagnoli agli Austriaci e a ricordo di questo periodo è rimasta la statua di San Giovanni Nepomuceno, protettore dell'esercito austriaco, posta nel cortile della Piazza d'armi. Il 9 Maggio 1796 l''arciduca Ferdinando D'Austria abbandonò la città per l'arrivo di Napoleone, lasciando il castello con una guarnigione di 2000 soldati. Il primo attacco venne respinto ma poi subì l'assedio francese. Napoleone vi portò i suoi uomini che però dovettero subire un ulteriore assedio dalle truppe austro-russe ma un anno dopo venne ristabilito il dominio francese. Nel 1796 venne presentata una petizione da parte del popolo per l'abbattimento del castello che era considerato un simbolo dell'antica tirannide. Il 23 giugno 1800 Napoleone ordinò la completa distruzione che iniziò a partire dal 1801 ma il castello venne abbattuto solo in parte. Sempre nel 1801 l'architetto Antolini presentò un progetto per il rimaneggiamento dell'edificio con forme neo-classiche, atrio con 12 colonne e circondato dal Foro Bonaparte: una piazza circolare circondata da edifici pubblici collegati da portici su cui si sarebbero aperti magazzini e negozi. Questo progetto venne respinto perché considerato troppo costoso. Venne cosi preso in considerazione un altro progetto presentato dal Canonica che prevedeva l'intervento solo per la parte rivolta a Via Dante mentre l'altra area venne adibita a piazza d'armi contornata anni dopo dall'Arco della Pace che fu dedicato a quel tempo a Napoleone.Nel 1815, Milano e il Regno Lombardo-Veneto, furono annessi nell'Impero d'Austria, sotto il dominio dagli austriaci e il castello divenne tristemente famoso perché durante la rivolta dei milanesi nel 1848 (le cosiddette Cinque giornate di Milano), il maresciallo Radetzky darà ordine di bombardare la città proprio con suoi cannoni. Durante i tragici avvenimenti delle guerre d'indipendenza italiane, gli austriaci si ritirarono per qualche tempo e i milanesi ne approfittarono per smantellare parte delle difese rivolte verso la città. Quando nel 1859 Milano fu definitivamente in mano sabauda e dal 1861 parte del Regno d'Italia la popolazione invase il castello, derubando e saccheggiando in segno di rivalsa.Circa 20 anni dopo il castello fu oggetto di dibattito e molti milanesi proposero di abbatterlo per dimenticare i secoli di gioco militare e soprattutto per costruire un quartiere residenziale estremamente lucroso.
Prevalse la cultura storica e l'architetto Luca Beltrami lo sottopose a un restauro massiccio, quasi una ricostruzione, che aveva come scopo far tornare il castello alle forme della signoria degli Sforza. Il restauro terminò nel 1905, quando venne inaugurata la Torre del Filarete, ricostruita in base a disegni del XVI secolo e dedicata a re Umberto I di Savoia,assassinato pochi anni prima. Durante il XX secolo il castello venne danneggiato e ristrutturato dopo la seconda guerra mondiale;negli anni novanta fu costruita in piazza castello una grande fontana ispirata ad una precedentemente installata sul posto che venne smantellata negli anni sessanta durante i lavori per la costruzione della prima linea della metropolitana e non più rimessa dopo il termine dei lavori. Nel 2005 si è concluso l'ultimo restauro di cortili e sale.Il quadrilatero attuale del castello racchiude l'ampia piazza d'armi, il corpo dell'edificio che fronteggia l'ingresso principale e la torre mediana è interrotto dalla torre di Bona di Savoia. Antistante vi è il fossato morto, parte dell'antico fossato medievale in corrispondenza del quale sono le fondazioni del castello di porta Giovia. Una porta introduce al cortile della Corte Ducale, di forma rettangolare e con un porticato sui tre lati. Dal lato opposto vi è invece la Rocchetta, la parte del castello più inespugnabile nella quale gli Sforza si rifugiavano in caso di attacco. Oggi il Castello Sforzesco ospita numerosi musei tra cui il Museo d'Arte Antica che ospita raccolte di sculture e oggetti d'arte tardo antica,medioevale e rinascimentale ospitando soprattutto capolavori della storia della città e della Lombardia; i luoghi espositivi del Museo degli Strumenti Musicali espone una ricca e varia collezione di strumenti musicali a partire dal XV secolo a.C. fino al XX secolo; la Pinacoteca che conserva una ricchissima collezione di dipinti, tra cui opere di Filippo Lippi, Antonello da Messina, Andrea Mantegna, Canaletto, Correggio, Tiepolo e l'ultima statua di Michelangelo, la Pietà Rondanini; il museo egizio che è uno dei maggiori presenti nel territorio italiano dopo quello di Torino e quello di Firenze, e ha sede nei sotterranei del Castello Sforzesco,che ospitano anche il Museo della Preistoria e Protostoria ed altri musei e mostre itineranti.
In mostra a Roma l'Atena Nike rinasce in 3D.
di Chiara Ciccone
Il futuro invade la storia dell'arte.Athena in mostra in tridimensione.
Il 6 Febbraio 2013 è iniziata una bellissima mostra a Roma chiamata Athena Nike: la vittoria della dea. Marmi greci del V edel IV secolo a.C. della Fondazione Sorgente Group” che celebra la famosissima statua di Atena. La statua la si potrà ammirare fino al 3 Agosto 2013 nello Spazio Espositivo Tritone di Fondazione Sorgente Group.Lo scopo di questa mostra è rivivere l'aspetto originario della statua grazie a proiezioni tridimensionali e a elaborati studi grafici.L'installazione tridimensionale ricostruisce virtualmente la statua integrando le parti mancanti facendola rivivere e le proiezioni di sfondo riportano la statua nel suo contesto originario della Grecia classica della seconda metà del V secolo a.C., l’età della democrazia ateniese di Pericle e della costruzione del Partenone.Per la prima volta in Italia vengono applicate sofisticate tecniche informatiche su un'opera antica ricostruendone le parti mancanti e rendendola cosi facilmente comprensibile al pubblico. La statua fu realizzata nel 430 a.C. circa da un blocco di marmo e doveva rappresentare la Athena Nike alata.Nel passato era una statua votiva collocata su un pilastro a 5 metri di altezza all'interno di un santuario ed era rappresentata in atterraggio su uno sperone di roccia per celebrare le vittorie dell'esercito.
Nella mano sinistra doveva avere una corona d'alloro o ulivo che era destinata al vincitore della battaglia mentre nella destra un ramo di palma. È possibile che in età augustea l’Athena Nike sia stata trasferita dalla sua sede originaria a Roma, dove venne restaurata e dove in età antoniniana sarebbe stata realizzata la sua copia marmorea, oggi conservata nel Glencairn Museum vicino Philadelphia in Pennsylvania, Usa.Per l’eccezionalità dell’opera il Ministero per i Beni e le attività culturali ha deciso di sottoporla a vincolo di tutela.Oltre all’Athena Nike la mostra contiene una collezione di marmi bianchi d’eccezione. L'esposizione continua infatti con tre vasi due lekithoi ed una louthrophoros in marmo pentelico databili nel primo trentennio del IV secolo a.C., tutti con scena a rilievo conservata.
L'esposizione di questi tre vasi marmorei in una sola collezione è un caso unico in quanto i vasi marmorei presenti in Italia nei musei o in collezioni private sono circa una decina.La lekythos integra è stata infatti sottoposta a decreto di notifica dal Ministero per i Beni e le attività culturali. Le lekythoi sono vasi dal corpo allungato e collo stretto, mentre la louthrophoros è un’anfora interamente di marmo. Nell’antichità erano monumenti funebri celebrativi innalzati in memoria del defunto raffigurato a rilievo, di cui veniva spesso impresso il nome nel marmo, e per glorificare la famiglia di appartenenza. Così la louthrophoros esposta, detta “di Polystratos”, per l’incisione del nome, potrebbe essere appartenuta alla famiglia di Polystratos Deiradiotes, ricco proprietario terriero e personaggio di spicco della scena politica ateniese, ricordato, insieme con i suoi figli, da un'orazione di Lisia e raffigurato sull’anfora stessa. In tutti e tre i vasi è rappresentata la scena della dexiosis, la stretta di mano, fra i due personaggi protagonisti della scena che secondo gli studi recenti rivestirebbe il valore simbolico di unione sentimentale e affettiva tra i defunti e i familiari ancora vivi, che rimangono indissolubilmente legati al di là della morte.
Il 6 Febbraio 2013 è iniziata una bellissima mostra a Roma chiamata Athena Nike: la vittoria della dea. Marmi greci del V edel IV secolo a.C. della Fondazione Sorgente Group” che celebra la famosissima statua di Atena. La statua la si potrà ammirare fino al 3 Agosto 2013 nello Spazio Espositivo Tritone di Fondazione Sorgente Group.Lo scopo di questa mostra è rivivere l'aspetto originario della statua grazie a proiezioni tridimensionali e a elaborati studi grafici.L'installazione tridimensionale ricostruisce virtualmente la statua integrando le parti mancanti facendola rivivere e le proiezioni di sfondo riportano la statua nel suo contesto originario della Grecia classica della seconda metà del V secolo a.C., l’età della democrazia ateniese di Pericle e della costruzione del Partenone.Per la prima volta in Italia vengono applicate sofisticate tecniche informatiche su un'opera antica ricostruendone le parti mancanti e rendendola cosi facilmente comprensibile al pubblico. La statua fu realizzata nel 430 a.C. circa da un blocco di marmo e doveva rappresentare la Athena Nike alata.Nel passato era una statua votiva collocata su un pilastro a 5 metri di altezza all'interno di un santuario ed era rappresentata in atterraggio su uno sperone di roccia per celebrare le vittorie dell'esercito.
Nella mano sinistra doveva avere una corona d'alloro o ulivo che era destinata al vincitore della battaglia mentre nella destra un ramo di palma. È possibile che in età augustea l’Athena Nike sia stata trasferita dalla sua sede originaria a Roma, dove venne restaurata e dove in età antoniniana sarebbe stata realizzata la sua copia marmorea, oggi conservata nel Glencairn Museum vicino Philadelphia in Pennsylvania, Usa.Per l’eccezionalità dell’opera il Ministero per i Beni e le attività culturali ha deciso di sottoporla a vincolo di tutela.Oltre all’Athena Nike la mostra contiene una collezione di marmi bianchi d’eccezione. L'esposizione continua infatti con tre vasi due lekithoi ed una louthrophoros in marmo pentelico databili nel primo trentennio del IV secolo a.C., tutti con scena a rilievo conservata.
L'esposizione di questi tre vasi marmorei in una sola collezione è un caso unico in quanto i vasi marmorei presenti in Italia nei musei o in collezioni private sono circa una decina.La lekythos integra è stata infatti sottoposta a decreto di notifica dal Ministero per i Beni e le attività culturali. Le lekythoi sono vasi dal corpo allungato e collo stretto, mentre la louthrophoros è un’anfora interamente di marmo. Nell’antichità erano monumenti funebri celebrativi innalzati in memoria del defunto raffigurato a rilievo, di cui veniva spesso impresso il nome nel marmo, e per glorificare la famiglia di appartenenza. Così la louthrophoros esposta, detta “di Polystratos”, per l’incisione del nome, potrebbe essere appartenuta alla famiglia di Polystratos Deiradiotes, ricco proprietario terriero e personaggio di spicco della scena politica ateniese, ricordato, insieme con i suoi figli, da un'orazione di Lisia e raffigurato sull’anfora stessa. In tutti e tre i vasi è rappresentata la scena della dexiosis, la stretta di mano, fra i due personaggi protagonisti della scena che secondo gli studi recenti rivestirebbe il valore simbolico di unione sentimentale e affettiva tra i defunti e i familiari ancora vivi, che rimangono indissolubilmente legati al di là della morte.
Villa Taranto.Il paradiso sul Lago Maggiore.
di Chiara Ciccone
Sulle rive del grande Lago esiste una villa lussureggiante e poco conosciuta.
I giardini di Villa Taranto si trovano sulle rive occidentali del Lago Maggiore tra Pallanza e Intra, si estendono per 16 ettari e ospitano decine di migliaia di piante. Sono percorsi da 6 km di viali e sono considerati tra i piu belli d'Europa. La storia di questi giardini inizia nel 1931 quando un capitano scozzese Neil McEacharn appassionato di botanica e innamorato dell'Italia compra questa proprietà per trasformarla in un giradino all'inglese che gli ricordasse i paesaggi della Scozia. Vennero importate migliaia di piante da ogni parte del mondo che oggi costituiscono delle collezioni rare. Oggi il patrimonio di Villa Taranto è vastissimo: con circa 1000 piante non autoctone e 20.000 varieta di particolare importanza. La villa non è visitabile in quanto è sede della Prefettura della nuova Provincia del Verbano Cusio-Ossola. I giardini vengono aperti al pubblico da aprile ad ottobre.
I visitatori arrivano da tutte le parti del mondo cosi come numerosi studiosi e appassionati attirati dalle molte collezioni di piante e fiori presenti. Durante la stagione di apertura, dal 25 Aprile al 1 Maggio, tutti gli anni, ha luogo una particolare iniziativa denominata “Festa del Tulipano”, che consiste in un buono omaggio per una piantina di fiori di produzione del giardino. Tra le opere piu significative c'è la “Valletta” il cui sistema di irrigazione pompa l'acqua direttamente dal lago e poi irriga in qualsiasi angolo del giardino ed è decorata dalla Davidia Involucrata. Il viale d'ingresso alla villa è contornato da una striscia d'erba che si interpone tra il viale e la vegetazione ed è chiamato “Viale delle conifere”. Bellisima è la fontana dei Putti chiamata cosi per le sculture che la decorano. I Gardini terrazzati con le loro vasche per i fiori di loto e le ninfee e alternate da giochi d'acqua e cascatelle creando un incantevole gioco di forme e colori.
Realizzato così il “suo” giardino, che chiamò Villa Taranto, in memoria di un suo antenato, il Maresciallo McDonald, volle che il significato dell’opera gentile e poderosa venisse proiettato nel tempo e, con un esempio di squisita generosità, donò la proprietà allo Stato Italiano esprimendo il desiderio che la sua opera avesse continuità nel futuro. Visitando il giardino ognino proverà delle senzasioni ed emozioni uniche grazie ai mille colori delle tantissime varietà e grazie alla rinnovata bellezza di questa splendida villa.
I giardini di Villa Taranto si trovano sulle rive occidentali del Lago Maggiore tra Pallanza e Intra, si estendono per 16 ettari e ospitano decine di migliaia di piante. Sono percorsi da 6 km di viali e sono considerati tra i piu belli d'Europa. La storia di questi giardini inizia nel 1931 quando un capitano scozzese Neil McEacharn appassionato di botanica e innamorato dell'Italia compra questa proprietà per trasformarla in un giradino all'inglese che gli ricordasse i paesaggi della Scozia. Vennero importate migliaia di piante da ogni parte del mondo che oggi costituiscono delle collezioni rare. Oggi il patrimonio di Villa Taranto è vastissimo: con circa 1000 piante non autoctone e 20.000 varieta di particolare importanza. La villa non è visitabile in quanto è sede della Prefettura della nuova Provincia del Verbano Cusio-Ossola. I giardini vengono aperti al pubblico da aprile ad ottobre.
I visitatori arrivano da tutte le parti del mondo cosi come numerosi studiosi e appassionati attirati dalle molte collezioni di piante e fiori presenti. Durante la stagione di apertura, dal 25 Aprile al 1 Maggio, tutti gli anni, ha luogo una particolare iniziativa denominata “Festa del Tulipano”, che consiste in un buono omaggio per una piantina di fiori di produzione del giardino. Tra le opere piu significative c'è la “Valletta” il cui sistema di irrigazione pompa l'acqua direttamente dal lago e poi irriga in qualsiasi angolo del giardino ed è decorata dalla Davidia Involucrata. Il viale d'ingresso alla villa è contornato da una striscia d'erba che si interpone tra il viale e la vegetazione ed è chiamato “Viale delle conifere”. Bellisima è la fontana dei Putti chiamata cosi per le sculture che la decorano. I Gardini terrazzati con le loro vasche per i fiori di loto e le ninfee e alternate da giochi d'acqua e cascatelle creando un incantevole gioco di forme e colori.
Realizzato così il “suo” giardino, che chiamò Villa Taranto, in memoria di un suo antenato, il Maresciallo McDonald, volle che il significato dell’opera gentile e poderosa venisse proiettato nel tempo e, con un esempio di squisita generosità, donò la proprietà allo Stato Italiano esprimendo il desiderio che la sua opera avesse continuità nel futuro. Visitando il giardino ognino proverà delle senzasioni ed emozioni uniche grazie ai mille colori delle tantissime varietà e grazie alla rinnovata bellezza di questa splendida villa.
Villa Carlotta.Tra capolavori di arte e natura.
di Chiara Ciccone
Dietro il celebre ramo del lago di Como si nasconde una perla meravigliosa.
Villa Carlotta è una villa situata a Tremezzo sul lago di Como celebre per le opere d'arte che conserva e per il suo bellissimo giardino botanico. Il luogo permette una vista sulla penisola di Bellagio ed anche sulle montagne che circondano il lago.La villa fu fatta costruire alla fine del 1600 e si presenta come un edificio imponente ma molto sobrio e semplice circondato da un giardino all’italiana con statue e fontane venne così edificato in una conca naturale tra lago e montagne, di fronte ad uno scenario mozzafiato sulle dolomitiche Grigne e la penisola di Bellagio.
È composta da tre piani di cui due sono visitabili.All'inizio del XIX secolo la villa fu acquistata da Gian Battista Sommariva un politico, collezionista d'arte e amico di Napoleone. Con questo personaggio le opere d'arte all'interno della villa si arricchirono con capolavori divenendo una tappo fondamentale del Grand Tour. Volle che parte del giardino fosse trasformato in un parco romantico. La villa ospitò in quel periodo soprattutto sculture tra cui opere di Canova e della sua scuola e di Thorvaldsen come Palamede, Amore e Psiche, Tersicore e il monumentale fregio con i Trionfi di Alessandro Magno.
Nelle sale della villa giunse anche il manifesto dell'arte romantica italiana, dipinto da Hayez: l'Ultimo bacio di Romeo e Giulietta.Le opere d'arte erano esposte al piano inferiore mentre al piano superiore è dotato di una bellissima galleria e ci mostra anche la villa dal punto di vista abitativo. La villa era abitata da Carlotta, donna da cui la villa a preso il nome. Nel 1850, circa, la costruzione divenne di proprietà dalla principessa Marianna di Orange-Nassau che la donò alla figlia Carlotta quando sposò Giorgio II, duca di Sachsen-Meiningen.Quest'ultimo era un grande appassionato per la botanica e si prodigò per lo sviluppo questo giardino che oggi è considerato di grande pregio storico ed architettonico; nel parco sono presenti oltre 150 varietà di azalee.
Ogni periodo dell’anno è adatto per una visita: in un itinerario tra antichi esemplari di camelie, cedri e sequoie secolari, platani immensi e essenze esotiche si susseguono infatti sorprendenti incontri: il giardino roccioso, la valle delle felci, il bosco dei rododendri, il giardino dei bambù, il museo degli attrezzi agricoli e straordinari scorci che ben giustificano la fama di questo luogo, fin dall’Ottocento considerato “un angolo di paradiso”.
Villa Carlotta è una villa situata a Tremezzo sul lago di Como celebre per le opere d'arte che conserva e per il suo bellissimo giardino botanico. Il luogo permette una vista sulla penisola di Bellagio ed anche sulle montagne che circondano il lago.La villa fu fatta costruire alla fine del 1600 e si presenta come un edificio imponente ma molto sobrio e semplice circondato da un giardino all’italiana con statue e fontane venne così edificato in una conca naturale tra lago e montagne, di fronte ad uno scenario mozzafiato sulle dolomitiche Grigne e la penisola di Bellagio.
È composta da tre piani di cui due sono visitabili.All'inizio del XIX secolo la villa fu acquistata da Gian Battista Sommariva un politico, collezionista d'arte e amico di Napoleone. Con questo personaggio le opere d'arte all'interno della villa si arricchirono con capolavori divenendo una tappo fondamentale del Grand Tour. Volle che parte del giardino fosse trasformato in un parco romantico. La villa ospitò in quel periodo soprattutto sculture tra cui opere di Canova e della sua scuola e di Thorvaldsen come Palamede, Amore e Psiche, Tersicore e il monumentale fregio con i Trionfi di Alessandro Magno.
Nelle sale della villa giunse anche il manifesto dell'arte romantica italiana, dipinto da Hayez: l'Ultimo bacio di Romeo e Giulietta.Le opere d'arte erano esposte al piano inferiore mentre al piano superiore è dotato di una bellissima galleria e ci mostra anche la villa dal punto di vista abitativo. La villa era abitata da Carlotta, donna da cui la villa a preso il nome. Nel 1850, circa, la costruzione divenne di proprietà dalla principessa Marianna di Orange-Nassau che la donò alla figlia Carlotta quando sposò Giorgio II, duca di Sachsen-Meiningen.Quest'ultimo era un grande appassionato per la botanica e si prodigò per lo sviluppo questo giardino che oggi è considerato di grande pregio storico ed architettonico; nel parco sono presenti oltre 150 varietà di azalee.
Ogni periodo dell’anno è adatto per una visita: in un itinerario tra antichi esemplari di camelie, cedri e sequoie secolari, platani immensi e essenze esotiche si susseguono infatti sorprendenti incontri: il giardino roccioso, la valle delle felci, il bosco dei rododendri, il giardino dei bambù, il museo degli attrezzi agricoli e straordinari scorci che ben giustificano la fama di questo luogo, fin dall’Ottocento considerato “un angolo di paradiso”.
Castel del Monte. Il castello dei misteri.
di Chiara Ciccone
Il castello voluto da Federico II in Puglia è denso di fascino e misticismo.
Castel del Monte è un edificio del XII secolo costruito dall'imperatore Federico II in Puglia in una frazione del comune di Andria. Nel 1996 è entrato a far parte del patrimonio dell'umanità dell'Unesco.La costruzione del castello si colloca intorno al 1240 quando Federico II ordina la costruzione di un castello presso la chiesa di Sancta Maria de Monte (oggi scomparsa). Pare che sia stato costruito sulle rovine di una precedente fortezza e probabilmente alla morte dell'imperatore, avvenuta nel 1250, il castello non fosse ancora stato terminato.All'interno del castello non furono celebrate mai feste ad eccezione delle nozze di Violante figlia di Federico e Bianca Lancia, con il Conte di Caserta Riccardo San Severino avvenute nel 1246.Dal XVII secolo in poi il castello fu in stato di abbandono e fu spogliato di arredi e di tutte le decorazioni in marmo che ornavano le pareti e divenne un carcere e un rifugio per i pastori, briganti e profughi politici. Nel 1876 venne acquistato dallo Stato Italiano che predispose un restauro viste le condizioni precarie dell'edificio. Nel 1936 il castello venne dichiarato monumento nazionale e nel 1996 entrò a far parte dei monumenti patrimonio dell'umanità dell'Unesco.Il castello è celebre per la sua forma ottagonale. Su ogni spigolo si innalzano otto torri costruite in pietra locale.Il cortile interno è caratterizzato dal contrasto dell'utilizzo di marmi, pietra calcarea locale e breccia corallina cosi come tutto l'edificio. Un tempo in questo luogo erano presenti antiche sculture di cui ora rimane solo una lastra che raffigura il Corteo del Cavalieri ed un frammento di una figura antropomorfa.Lo spazio interno è suddiviso in due piani, rialzati rispetto al piazzale antistante. La comunicazione tra il piano inferiore e quello superiore è assicurata dalla presenza, non in tutte le otto torri, delle scale a chiocciola. Il piano superiore, per quanto ricalchi la struttura del piano inferiore, si presenta più raffinato e curato: ogni sala è vivacemente illuminata dalla presenza delle finestre bifore (divise in due parti verticalmente da un pilastrino o colonna) o, in un caso, trifora (divisa verticalmente in tre parti da pilastrini o colonne). La particolarità di queste finestre è la presenza di gradini e di sedili che le fiancheggiano. Lungo le pareti di ogni sala corre un sedile al di sotto della base delle colonne.Il portale di ingresso principale si apre sulla parete della struttura ottagonale orientata ad est ed è decorato con due colonne scanalate che sorreggono un finto architrave su cui si imposta un frontone di forma cuspidale.
Ogni parete presenta due finestre: una monofora in corrispondenza del primo piano ed una bifora per il secondo piano. Dal punto di vista strutturale è importante notare come le mura tra le torri si ergano direttamente dal terreno, mentre le torri presentano uno zoccolo, messo in risalto nella parte superiore da una cornice in stile gotico.In origine l'edificio era riccamente decorato, oggi tutta la decorazione è quasi del tutto scomparsa. Il castello è composto principalmente da tre materiali per dare un effetto cromatico: la pietra calcarea locale che è il materiale più utilizzato con cui sono costruite la maggior parte delle strutture architettoniche e qualche elemento decorativo. Questo materiale dona un colore che va dal bianco al rosato a seconda del periodo del giorno in cui si guarda l'edificio. Per le decorazioni delle sale è usato il marmo bianco. Mentre il materiale che da una nota di colore all'edificio è la breccia corallina.La funzione dell'edificio è tutt'ora sconosciuta malgrado lo si chiami “castello”. Non puo considerarsi una fortezza in quanto è privo di fossato e di elementi tipicamente militari, inoltre non è situato in una posizione strategica. Si era ipotizzata che fosse una residenza di caccia, attività amata dal sovrano, ma anche questa ipotesi venne scartata vista l'assenza di stalle e altri ambienti tipici delle residenze di questo tipo.A causa dei forti simbolismi si ipotizza che sia una sorta di tempio o forse una sorta di tempio del sapere, in cui dedicarsi indisturbati allo studio delle scienze. In ogni caso si rivela come un'opera architettonica grandiosa, sintesi di raffinate conoscenze matematiche, geometriche ed astronomiche. La disposizione delle sale geometricamente perfette, hanno suggerito agli studiosi, che il castello fosse stato costruito come una sorta di percorso obbligato legato a criteri astronomici. Una delle ultime ipotesi porta il castello a una funzione di centro benessere con lo scopo di rigenerazione e cura del corpo.
Ci sono molti elementi che porterebbero a questa ipotesi come ad esempio i molteplici ed ingegnosi sistemi di canalizzazione e raccolta dell’acqua, le numerose cisterne per la conservazione, la presenza delle più antiche stanze da bagno della storia, la particolare conformazione dell’intero complesso, il percorso interno (obbligato) e la forma ottagonale. L'edificio è anche carico di simbolismi che hanno appassionato numerosi studiosi. L'ottagono, che forma la pianta dell'edificio, è una forma simbolica: è una figura intermedia tra il quadrato che simboleggia la terra e il cerchio rappresenta l'infinità del cielo. Segnerebbe quindi il passaggio dell'uno all'altro. L'intera costruzione è intrisa di forti simboli astrologici, e la sua posizione è studiata in modo che nei giorni di solstizio ed equinozio le ombre gettate dalle pareti abbiano una particolare direzione. A mezzogiorno dell'equinozio di autunno, ad esempio, le ombre delle mura raggiungono perfettamente la lunghezza del cortile interno, ed esattamente un mese dopo coprono anche l'intera lunghezza delle stanze. È stato notato come l'edificio, visto da lontano, appaia molto simile ad una corona e, in particolare,quella con cui fu incoronato Federico II stesso (anch'essa ottagonale). C'è un altro elemento che ricorre molte volte in questo edificio: il numero otto. La forma ottagonale della costruzione, del cortile interno e delle otto torri ai vertici, le otto stanze interne, la vasca interna che doveva essere ottagonale, otto fiori quadrifogli sulla cornice sinistra sul portale di ingresso, altri otto sulla cornice inferiore, otto foglie sui capitelli delle colonne nelle stanze, otto foglie sulla chiave di volta, otto foglie di vite sulla chiave di volta della prima sala del piano terra, otto foglie di girasole sulla chiave di volta di un'altra sala, otto foglie ed otto petali su quella della quinta sala, otto foglie di acanto sulla chiave di volta dell'ottava sala, otto foglie di fico sulla chiave di volta dell'ottava sala al piano superiore.
Castel del Monte è un edificio del XII secolo costruito dall'imperatore Federico II in Puglia in una frazione del comune di Andria. Nel 1996 è entrato a far parte del patrimonio dell'umanità dell'Unesco.La costruzione del castello si colloca intorno al 1240 quando Federico II ordina la costruzione di un castello presso la chiesa di Sancta Maria de Monte (oggi scomparsa). Pare che sia stato costruito sulle rovine di una precedente fortezza e probabilmente alla morte dell'imperatore, avvenuta nel 1250, il castello non fosse ancora stato terminato.All'interno del castello non furono celebrate mai feste ad eccezione delle nozze di Violante figlia di Federico e Bianca Lancia, con il Conte di Caserta Riccardo San Severino avvenute nel 1246.Dal XVII secolo in poi il castello fu in stato di abbandono e fu spogliato di arredi e di tutte le decorazioni in marmo che ornavano le pareti e divenne un carcere e un rifugio per i pastori, briganti e profughi politici. Nel 1876 venne acquistato dallo Stato Italiano che predispose un restauro viste le condizioni precarie dell'edificio. Nel 1936 il castello venne dichiarato monumento nazionale e nel 1996 entrò a far parte dei monumenti patrimonio dell'umanità dell'Unesco.Il castello è celebre per la sua forma ottagonale. Su ogni spigolo si innalzano otto torri costruite in pietra locale.Il cortile interno è caratterizzato dal contrasto dell'utilizzo di marmi, pietra calcarea locale e breccia corallina cosi come tutto l'edificio. Un tempo in questo luogo erano presenti antiche sculture di cui ora rimane solo una lastra che raffigura il Corteo del Cavalieri ed un frammento di una figura antropomorfa.Lo spazio interno è suddiviso in due piani, rialzati rispetto al piazzale antistante. La comunicazione tra il piano inferiore e quello superiore è assicurata dalla presenza, non in tutte le otto torri, delle scale a chiocciola. Il piano superiore, per quanto ricalchi la struttura del piano inferiore, si presenta più raffinato e curato: ogni sala è vivacemente illuminata dalla presenza delle finestre bifore (divise in due parti verticalmente da un pilastrino o colonna) o, in un caso, trifora (divisa verticalmente in tre parti da pilastrini o colonne). La particolarità di queste finestre è la presenza di gradini e di sedili che le fiancheggiano. Lungo le pareti di ogni sala corre un sedile al di sotto della base delle colonne.Il portale di ingresso principale si apre sulla parete della struttura ottagonale orientata ad est ed è decorato con due colonne scanalate che sorreggono un finto architrave su cui si imposta un frontone di forma cuspidale.
Ogni parete presenta due finestre: una monofora in corrispondenza del primo piano ed una bifora per il secondo piano. Dal punto di vista strutturale è importante notare come le mura tra le torri si ergano direttamente dal terreno, mentre le torri presentano uno zoccolo, messo in risalto nella parte superiore da una cornice in stile gotico.In origine l'edificio era riccamente decorato, oggi tutta la decorazione è quasi del tutto scomparsa. Il castello è composto principalmente da tre materiali per dare un effetto cromatico: la pietra calcarea locale che è il materiale più utilizzato con cui sono costruite la maggior parte delle strutture architettoniche e qualche elemento decorativo. Questo materiale dona un colore che va dal bianco al rosato a seconda del periodo del giorno in cui si guarda l'edificio. Per le decorazioni delle sale è usato il marmo bianco. Mentre il materiale che da una nota di colore all'edificio è la breccia corallina.La funzione dell'edificio è tutt'ora sconosciuta malgrado lo si chiami “castello”. Non puo considerarsi una fortezza in quanto è privo di fossato e di elementi tipicamente militari, inoltre non è situato in una posizione strategica. Si era ipotizzata che fosse una residenza di caccia, attività amata dal sovrano, ma anche questa ipotesi venne scartata vista l'assenza di stalle e altri ambienti tipici delle residenze di questo tipo.A causa dei forti simbolismi si ipotizza che sia una sorta di tempio o forse una sorta di tempio del sapere, in cui dedicarsi indisturbati allo studio delle scienze. In ogni caso si rivela come un'opera architettonica grandiosa, sintesi di raffinate conoscenze matematiche, geometriche ed astronomiche. La disposizione delle sale geometricamente perfette, hanno suggerito agli studiosi, che il castello fosse stato costruito come una sorta di percorso obbligato legato a criteri astronomici. Una delle ultime ipotesi porta il castello a una funzione di centro benessere con lo scopo di rigenerazione e cura del corpo.
Ci sono molti elementi che porterebbero a questa ipotesi come ad esempio i molteplici ed ingegnosi sistemi di canalizzazione e raccolta dell’acqua, le numerose cisterne per la conservazione, la presenza delle più antiche stanze da bagno della storia, la particolare conformazione dell’intero complesso, il percorso interno (obbligato) e la forma ottagonale. L'edificio è anche carico di simbolismi che hanno appassionato numerosi studiosi. L'ottagono, che forma la pianta dell'edificio, è una forma simbolica: è una figura intermedia tra il quadrato che simboleggia la terra e il cerchio rappresenta l'infinità del cielo. Segnerebbe quindi il passaggio dell'uno all'altro. L'intera costruzione è intrisa di forti simboli astrologici, e la sua posizione è studiata in modo che nei giorni di solstizio ed equinozio le ombre gettate dalle pareti abbiano una particolare direzione. A mezzogiorno dell'equinozio di autunno, ad esempio, le ombre delle mura raggiungono perfettamente la lunghezza del cortile interno, ed esattamente un mese dopo coprono anche l'intera lunghezza delle stanze. È stato notato come l'edificio, visto da lontano, appaia molto simile ad una corona e, in particolare,quella con cui fu incoronato Federico II stesso (anch'essa ottagonale). C'è un altro elemento che ricorre molte volte in questo edificio: il numero otto. La forma ottagonale della costruzione, del cortile interno e delle otto torri ai vertici, le otto stanze interne, la vasca interna che doveva essere ottagonale, otto fiori quadrifogli sulla cornice sinistra sul portale di ingresso, altri otto sulla cornice inferiore, otto foglie sui capitelli delle colonne nelle stanze, otto foglie sulla chiave di volta, otto foglie di vite sulla chiave di volta della prima sala del piano terra, otto foglie di girasole sulla chiave di volta di un'altra sala, otto foglie ed otto petali su quella della quinta sala, otto foglie di acanto sulla chiave di volta dell'ottava sala, otto foglie di fico sulla chiave di volta dell'ottava sala al piano superiore.
A Brescia il Capitolium riapre al pubblico.
di Chiara Ciccone
Gli dei tornano nel tempio meglio conservato dell'Italia Settentrionale.
Il 7 Marzo 2013 accadrà qualcosa di unico a Brescia, si assisterà al ritorno degli antichi Dei all'interno del loro Capitolium 2000 anni dopo il loro primo ingresso. Questo tempio è uno degli edifici di età imperiale meglio conservati presente in Italia Settentrionale. Si tratta di una riapertura di alcuni mesi per interventi di scavo e studio che coinvolgeranno tutto il complesso archeologico che per la sua importanza è stato riconosciuto Patrimonio dell'Umanità da parte dell'Unesco.Per questa occasione è stato creato anche un nuovo percorso museale durante il quale il visitatore sarà a cospetto di Giove, Giunone e Minerva con un atmosfera unica creata da luci e suoni. E' presente anche un'installazione multimediale con la quale i visitatori potranno esplorare il tempio cosi come doveva presentarsi in origine rendendo cosi la visita indimenticabile. Quello che stupirà di più saranno gli ambienti che sono stati tutti restaurati e tutto ciò che è emerso durante i restauri come i pavimenti in marmi colorati originali del I secolo d.C e gli arredi del tempio stesso che rientreranno nella loro antica sede dopo un lungo periodo e saranno nello stesso tempo protetti e conservati. Sono stati anche inseriti nuovi portali di bronzo che contribuiranno a rivivere l'atmosfera sacrale garantendo anche un'ottimale conservazione della parti originarie del tempio.ll Capitolium era il tempio principale di ogni città romana ed era il simbolo stesso della cultura di Roma; in esso era attribuito il culto alla "triade capitolina" e cioè le principali divinità del pantheon latino: Giove, Giunone e Minerva.
Nello spazio antistante il tempio si radunavano i fedeli per le principali cerimonie e venivano compiuti i sacrifici.I resti archeologici di questo straordinario complesso vennero portati in luce tra il 1823 e il 1826 quando i membri dell'Ateneo di Scienze Lettere e Arti, grazie a una sottoscrizione pubblica, poterono affrontare scavi estensivi nell'area, partendo da un capitello che affiorava in un giardino privato.La campagna di indagini fu di tale successo da indurre l'amministrazione ad aprire all'interno del tempio, parzialmente ricostruito, il primo museo civico di Brescia, il Museo Patrio.Venne scoperto un deposito di opere bronzee magnifiche in una parete del tempio, nascoste forse per salvarle da scempi o per sottrarle alla fusione per battere moneta. Erano i cosiddetti "grandi bronzi" di Brescia, esposti oggi in Santa Giulia: un insieme unico di statue ed elementi di arredo in bronzo dell'edificio. Tra essi, oltre a ritratti di imperatori, cornici decorate, frammenti di statue, emerge per bellezza e rarità la statua della Vittoria alata, capolavoro della bronzistica del I secolo d.C.Questa apertura costituisce la prima tappa di un intervento complessivo di recupero dell'area, che includerà anche con successive aperture i recenti scavi archeologici e il santuario di età repubblicana.L'intervento si pone in continuità con il recupero delle domus dell'Ortaglia e l'inserimento di questo contesto nei percorsi di visita del Museo della città del marzo 2003, nel solco della tradizione archeologica bresciana.
Il 7 Marzo 2013 accadrà qualcosa di unico a Brescia, si assisterà al ritorno degli antichi Dei all'interno del loro Capitolium 2000 anni dopo il loro primo ingresso. Questo tempio è uno degli edifici di età imperiale meglio conservati presente in Italia Settentrionale. Si tratta di una riapertura di alcuni mesi per interventi di scavo e studio che coinvolgeranno tutto il complesso archeologico che per la sua importanza è stato riconosciuto Patrimonio dell'Umanità da parte dell'Unesco.Per questa occasione è stato creato anche un nuovo percorso museale durante il quale il visitatore sarà a cospetto di Giove, Giunone e Minerva con un atmosfera unica creata da luci e suoni. E' presente anche un'installazione multimediale con la quale i visitatori potranno esplorare il tempio cosi come doveva presentarsi in origine rendendo cosi la visita indimenticabile. Quello che stupirà di più saranno gli ambienti che sono stati tutti restaurati e tutto ciò che è emerso durante i restauri come i pavimenti in marmi colorati originali del I secolo d.C e gli arredi del tempio stesso che rientreranno nella loro antica sede dopo un lungo periodo e saranno nello stesso tempo protetti e conservati. Sono stati anche inseriti nuovi portali di bronzo che contribuiranno a rivivere l'atmosfera sacrale garantendo anche un'ottimale conservazione della parti originarie del tempio.ll Capitolium era il tempio principale di ogni città romana ed era il simbolo stesso della cultura di Roma; in esso era attribuito il culto alla "triade capitolina" e cioè le principali divinità del pantheon latino: Giove, Giunone e Minerva.
Nello spazio antistante il tempio si radunavano i fedeli per le principali cerimonie e venivano compiuti i sacrifici.I resti archeologici di questo straordinario complesso vennero portati in luce tra il 1823 e il 1826 quando i membri dell'Ateneo di Scienze Lettere e Arti, grazie a una sottoscrizione pubblica, poterono affrontare scavi estensivi nell'area, partendo da un capitello che affiorava in un giardino privato.La campagna di indagini fu di tale successo da indurre l'amministrazione ad aprire all'interno del tempio, parzialmente ricostruito, il primo museo civico di Brescia, il Museo Patrio.Venne scoperto un deposito di opere bronzee magnifiche in una parete del tempio, nascoste forse per salvarle da scempi o per sottrarle alla fusione per battere moneta. Erano i cosiddetti "grandi bronzi" di Brescia, esposti oggi in Santa Giulia: un insieme unico di statue ed elementi di arredo in bronzo dell'edificio. Tra essi, oltre a ritratti di imperatori, cornici decorate, frammenti di statue, emerge per bellezza e rarità la statua della Vittoria alata, capolavoro della bronzistica del I secolo d.C.Questa apertura costituisce la prima tappa di un intervento complessivo di recupero dell'area, che includerà anche con successive aperture i recenti scavi archeologici e il santuario di età repubblicana.L'intervento si pone in continuità con il recupero delle domus dell'Ortaglia e l'inserimento di questo contesto nei percorsi di visita del Museo della città del marzo 2003, nel solco della tradizione archeologica bresciana.
La storia dei navigli di Milano fino ad oggi.
di Chiara Ciccone
Uno degli elementi architettonici più particolari del capoluogo meneghino.
I Navigli sono un sistema di canali irrigui e navigabili, con baricentro Milano, che metteva in comunicazione il lago Maggiore, il lago di Como e il basso Ticino aprendo al capoluogo lombardo le vie della Svizzera e dell'Europa nordoccidentale, dei Grigioni e dell'Europa nordorientale e, infine, quella del Po verso il mare. Con il regime regolare delle acque dei navigli si irrigarono e resero produttive vastissime aree, collegandosi con l'opera di bonifica iniziata dai monaci delle abbazie a sud della città già nel X secolo. La costruzione dell'intero sistema è durata dal XII al XIX secolo.I navigli principali sono: Naviglio Grande, Naviglio Pavese, Naviglio Martesana, Naviglio di Paderno e Naviglio di Bereguardo.Milano sorge al centro della fascia delle risorgive tra Ticino e Adda in un'area ricchissima di acque che defluiscono tutte a sudest. La città fu fondata durante il regno di Tarquinio Prisco, nel 590 a.C. in un luogo pianeggiante e asciutto adatto alle grandi adunate di preghiera. Nel 222 a.C. i Romani conquistano Milano e la città si allarga accrescendo il proprio fabbisogno idrico. Il Seveso è il fiume che transita più vicino alle mura e ancora in epoca repubblicana viene in parte deviato verso la città. Per scaricare le sue acque esauste venne costruito il primo canale artificiale milanese, la Vettabbia che sfocia nel Lambro a Melegnano. Giunto all'altezza dell'attuale via Larga, a causa di una depressione naturale, il Seveso formava un ampio bacino e qui vi sarebbe stato il "porto di Milano" in comunicazione, tramite la Vettabbia appunto, con il Lambro, il Po e quindi il mare. Tutta la storia iniziò nel 1152, quando un ingegnere militare genovese al servizio di Milano, fece costruire un canale difensivo da Abbiategrasso a Landriano, sul Lambro. La lunga contesa tra Milano e il Barbarossa era agli inizi e Pavia era alleata dell'imperatore e il canale doveva proteggere Milano proprio dalle incursioni dei pavesi.
È tra il 1156 e il 1158 che lo stesso vengono eretti i bastioni della città e dal fossato da cui si era estratta la terra per innalzarli, si crea la fossa che sarà allagata e che diventerà, dopo più di due secoli, navigabile e che sarà "interna" solo dopo la costruzione delle Mura spagnole nel XVI secolo. Distrutta nel 1158 ad opera del Barbarossa fu prontamente ricostruita per essere nuovamente distrutta quattro anni dopo sempre dal Barbarossa. Il tracciato del fossato ricostruito nel 1167 corrisponde alle attuali vie Fatebenefratelli, Senato, San Damiano, Visconti di Modrone, Francesco Sforza, Santa Sofia, Molino delle Armi, De Amicis,Carducci, Piazza Castello e via Pontaccio. Nel 1171 venne costruita una chiusa fra P.ta Ticinese e la Pusterla di S. Eufemia per regolare l'acqua nella fossa e controllarne il deflusso nella Vettabbia.Con le invasioni barbariche le strutture idrauliche caddero in disuso e gran parte dei territori tra Milano e Pavia si ricoprirono di boschi, acque stagnanti e terre incolte. Nella prima metà del XII secolo era già cominciata la paziente opera di bonifica da parte dei monaci cistercensi[11] che riattivarono l'irrigazione, recuperando le strutture romane come la Vettabbia, e successivamente rettificarono il Ticinello, il fossato di frontiera che i milanesi avevano derivato dal Ticino per difendersi da Pavia. Stabilizzata la pace con l'impero, Milano accentua il suo dominio su un territorio sempre più vasto. Nel 1177 a Tornavento sul Ticino iniziano i lavori per la derivazione di un canale verso Milano: non più un'opera difensiva, ma una grande infrastruttura civile. Forse pensata per irrigare vaste estensioni di terra o forse già concepita come canale navigabile o per entrambe le cose. All'inizio del XIII secolo vennero derivate anche le acque dell'Adda nel canale della Muzza per scopi irrigui. L'opera lunga e complessa, che non toccava minimamente gli interessi milanesi, risultò di grande importanza per Lodi e il Lodigiano. In questa epoca si diffuse fra i proprietari residenti in pianura la consuetudine di lasciar scorrere nei propri terreni le "altrui acque" utilizzandole anche per far muovere le ruote idrauliche (mulini, torcitoi e altri opifici). Oltre alle funzioni irrigue in questo periodo sul Naviglio Grande si intensificarono quelle di navigazione,prima a tratti e poi sull'intero percorso: nel 1211 il canale era giunto a Milano, precisamente a Sant'Eustorgio vicino a porta Ticinese, e nel 1272, dopo i lavori ordinati fu reso completamente navigabile.Risale al 1386 la posa della prima pietra del Duomo al quale Gian Galeazzo Visconti aveva destinato i marmi ricavati dalle cave di Candoglia sul Toce, quasi al suo sbocco nel Lago Maggiore.
La pietra e gli altri materiali da costruzione giungevano a Milano per via d'acqua, ma ancora lontani dalla destinazione. Si scavò un approdo (laghetto di Santo Stefano) il più vicino possibile al cantiere, lungo la fossa resa navigabile e a questa si collegò il naviglio. Si poneva però il problema del superamento del dislivello fra i due corsi d'acqua; si ricorse dapprima a un meccanismo complesso, lento e costoso che con la temporanea costruzione di una diga a valle dei barconi transitati, impedisse il regolare deflusso e alzasse il livello del bacino a monte, sospendendo nel frattempo ogni emissione d'acqua a scopi irrigui, suscitando problemi e rimostranze. Furono due ingegneri della Fabbrica del Duomo, Filippino degli Organi e Aristotele Fioravanti a risolvere il problema mettendo a punto una conca permanente, la prima al mondo. È la Conca di Viarenna, ma siamo già nel 1438. Nello frattempo (1359) fu costruito il Navigliaccio, aperto a spese pubbliche servì ad irrigare il parco del Castello di Pavia di Galeazzo II e un altro aqueducto portò le acque dell'Adda al castello di Porta Giovia a Milano per bagnare un altrettanto grandioso giardino.L'anno della svolta fu il 1457 quando il duca Francesco Sforza ordinò la costruzione del Naviglio della Martesana e ad imprimere il passo giusto ai lavori per completare quello di Bereguardo (iniziato nel 1420). Il disegno era ambizioso, collegare l'Adda a Milano e, tramite la cerchia dei Navigli della città, l'Adda al Ticino: la Martesana fu il primo canale programmato in funzione della navigazione e dell'irrigazione. In questo periodo di grandi realizzazioni idrauliche giunse a Milano Leonardo da Vinci. Non fu l'inventore delle conche,[18] come qualcuno erroneamente ancora pretende, ma ne perfezionò la tecnica ed impiegò per primo, nella lettura e nello studio dei corsi d'acqua, la prospettiva a volo d'uccello .Era duca di Milano Lodovico il Moro quando il collegamento tra Martesana e fossa interna fu realizzato nel 1496 e Leonardo era ancora a corte, ma non fece a tempo a elaborare progetti per realizzare un canale che superando le rapide dell'Adda consentisse il congiungimento diretto con il Lario. Li compilò e li consegnò nel 1518 a Francesco I che nel 1500, sconfitto il Moro, si era impadronito del ducato. Erano troppo arditi per l'epoca e ci vollero quasi due secoli per aprire il Naviglio di Paderno e più di due per collegare Milano a Pavia. Per la realizzazione del Naviglio di Paderno, Francesco I donò alla città diecimila ducati (che provenivano dalle tasse pagate dai milanesi!). I tentativi furono numerosi e non riusciti:particolarmente drammatico quello dell'architetto, idraulico e pittore Giuseppe Meda, conclusosi con la morte del progettista. Il Naviglio di Paderno sarà reso navigabile soltanto nel 1777 e quello Pavese nel 1819. Entrambi, per un capriccio della sorte, saranno inaugurati da viceré austriaci.
Oggi la zona dei navigli è molto rinomata dove sono stati aperti numerosi locali e ristoranti chevengono presi d'assalto soprattutto nel periodo estivo.
I Navigli sono un sistema di canali irrigui e navigabili, con baricentro Milano, che metteva in comunicazione il lago Maggiore, il lago di Como e il basso Ticino aprendo al capoluogo lombardo le vie della Svizzera e dell'Europa nordoccidentale, dei Grigioni e dell'Europa nordorientale e, infine, quella del Po verso il mare. Con il regime regolare delle acque dei navigli si irrigarono e resero produttive vastissime aree, collegandosi con l'opera di bonifica iniziata dai monaci delle abbazie a sud della città già nel X secolo. La costruzione dell'intero sistema è durata dal XII al XIX secolo.I navigli principali sono: Naviglio Grande, Naviglio Pavese, Naviglio Martesana, Naviglio di Paderno e Naviglio di Bereguardo.Milano sorge al centro della fascia delle risorgive tra Ticino e Adda in un'area ricchissima di acque che defluiscono tutte a sudest. La città fu fondata durante il regno di Tarquinio Prisco, nel 590 a.C. in un luogo pianeggiante e asciutto adatto alle grandi adunate di preghiera. Nel 222 a.C. i Romani conquistano Milano e la città si allarga accrescendo il proprio fabbisogno idrico. Il Seveso è il fiume che transita più vicino alle mura e ancora in epoca repubblicana viene in parte deviato verso la città. Per scaricare le sue acque esauste venne costruito il primo canale artificiale milanese, la Vettabbia che sfocia nel Lambro a Melegnano. Giunto all'altezza dell'attuale via Larga, a causa di una depressione naturale, il Seveso formava un ampio bacino e qui vi sarebbe stato il "porto di Milano" in comunicazione, tramite la Vettabbia appunto, con il Lambro, il Po e quindi il mare. Tutta la storia iniziò nel 1152, quando un ingegnere militare genovese al servizio di Milano, fece costruire un canale difensivo da Abbiategrasso a Landriano, sul Lambro. La lunga contesa tra Milano e il Barbarossa era agli inizi e Pavia era alleata dell'imperatore e il canale doveva proteggere Milano proprio dalle incursioni dei pavesi.
È tra il 1156 e il 1158 che lo stesso vengono eretti i bastioni della città e dal fossato da cui si era estratta la terra per innalzarli, si crea la fossa che sarà allagata e che diventerà, dopo più di due secoli, navigabile e che sarà "interna" solo dopo la costruzione delle Mura spagnole nel XVI secolo. Distrutta nel 1158 ad opera del Barbarossa fu prontamente ricostruita per essere nuovamente distrutta quattro anni dopo sempre dal Barbarossa. Il tracciato del fossato ricostruito nel 1167 corrisponde alle attuali vie Fatebenefratelli, Senato, San Damiano, Visconti di Modrone, Francesco Sforza, Santa Sofia, Molino delle Armi, De Amicis,Carducci, Piazza Castello e via Pontaccio. Nel 1171 venne costruita una chiusa fra P.ta Ticinese e la Pusterla di S. Eufemia per regolare l'acqua nella fossa e controllarne il deflusso nella Vettabbia.Con le invasioni barbariche le strutture idrauliche caddero in disuso e gran parte dei territori tra Milano e Pavia si ricoprirono di boschi, acque stagnanti e terre incolte. Nella prima metà del XII secolo era già cominciata la paziente opera di bonifica da parte dei monaci cistercensi[11] che riattivarono l'irrigazione, recuperando le strutture romane come la Vettabbia, e successivamente rettificarono il Ticinello, il fossato di frontiera che i milanesi avevano derivato dal Ticino per difendersi da Pavia. Stabilizzata la pace con l'impero, Milano accentua il suo dominio su un territorio sempre più vasto. Nel 1177 a Tornavento sul Ticino iniziano i lavori per la derivazione di un canale verso Milano: non più un'opera difensiva, ma una grande infrastruttura civile. Forse pensata per irrigare vaste estensioni di terra o forse già concepita come canale navigabile o per entrambe le cose. All'inizio del XIII secolo vennero derivate anche le acque dell'Adda nel canale della Muzza per scopi irrigui. L'opera lunga e complessa, che non toccava minimamente gli interessi milanesi, risultò di grande importanza per Lodi e il Lodigiano. In questa epoca si diffuse fra i proprietari residenti in pianura la consuetudine di lasciar scorrere nei propri terreni le "altrui acque" utilizzandole anche per far muovere le ruote idrauliche (mulini, torcitoi e altri opifici). Oltre alle funzioni irrigue in questo periodo sul Naviglio Grande si intensificarono quelle di navigazione,prima a tratti e poi sull'intero percorso: nel 1211 il canale era giunto a Milano, precisamente a Sant'Eustorgio vicino a porta Ticinese, e nel 1272, dopo i lavori ordinati fu reso completamente navigabile.Risale al 1386 la posa della prima pietra del Duomo al quale Gian Galeazzo Visconti aveva destinato i marmi ricavati dalle cave di Candoglia sul Toce, quasi al suo sbocco nel Lago Maggiore.
La pietra e gli altri materiali da costruzione giungevano a Milano per via d'acqua, ma ancora lontani dalla destinazione. Si scavò un approdo (laghetto di Santo Stefano) il più vicino possibile al cantiere, lungo la fossa resa navigabile e a questa si collegò il naviglio. Si poneva però il problema del superamento del dislivello fra i due corsi d'acqua; si ricorse dapprima a un meccanismo complesso, lento e costoso che con la temporanea costruzione di una diga a valle dei barconi transitati, impedisse il regolare deflusso e alzasse il livello del bacino a monte, sospendendo nel frattempo ogni emissione d'acqua a scopi irrigui, suscitando problemi e rimostranze. Furono due ingegneri della Fabbrica del Duomo, Filippino degli Organi e Aristotele Fioravanti a risolvere il problema mettendo a punto una conca permanente, la prima al mondo. È la Conca di Viarenna, ma siamo già nel 1438. Nello frattempo (1359) fu costruito il Navigliaccio, aperto a spese pubbliche servì ad irrigare il parco del Castello di Pavia di Galeazzo II e un altro aqueducto portò le acque dell'Adda al castello di Porta Giovia a Milano per bagnare un altrettanto grandioso giardino.L'anno della svolta fu il 1457 quando il duca Francesco Sforza ordinò la costruzione del Naviglio della Martesana e ad imprimere il passo giusto ai lavori per completare quello di Bereguardo (iniziato nel 1420). Il disegno era ambizioso, collegare l'Adda a Milano e, tramite la cerchia dei Navigli della città, l'Adda al Ticino: la Martesana fu il primo canale programmato in funzione della navigazione e dell'irrigazione. In questo periodo di grandi realizzazioni idrauliche giunse a Milano Leonardo da Vinci. Non fu l'inventore delle conche,[18] come qualcuno erroneamente ancora pretende, ma ne perfezionò la tecnica ed impiegò per primo, nella lettura e nello studio dei corsi d'acqua, la prospettiva a volo d'uccello .Era duca di Milano Lodovico il Moro quando il collegamento tra Martesana e fossa interna fu realizzato nel 1496 e Leonardo era ancora a corte, ma non fece a tempo a elaborare progetti per realizzare un canale che superando le rapide dell'Adda consentisse il congiungimento diretto con il Lario. Li compilò e li consegnò nel 1518 a Francesco I che nel 1500, sconfitto il Moro, si era impadronito del ducato. Erano troppo arditi per l'epoca e ci vollero quasi due secoli per aprire il Naviglio di Paderno e più di due per collegare Milano a Pavia. Per la realizzazione del Naviglio di Paderno, Francesco I donò alla città diecimila ducati (che provenivano dalle tasse pagate dai milanesi!). I tentativi furono numerosi e non riusciti:particolarmente drammatico quello dell'architetto, idraulico e pittore Giuseppe Meda, conclusosi con la morte del progettista. Il Naviglio di Paderno sarà reso navigabile soltanto nel 1777 e quello Pavese nel 1819. Entrambi, per un capriccio della sorte, saranno inaugurati da viceré austriaci.
Oggi la zona dei navigli è molto rinomata dove sono stati aperti numerosi locali e ristoranti chevengono presi d'assalto soprattutto nel periodo estivo.
Piazza del Plebiscito.Fulcro di Napoli
di Chiara Ciccone
Un luogo,un'anima,un orgoglio della città.
Piazza del Plebiscito è una delle piazze più importanti di Napoli ed è situata nel centro della città dove si affacciano molti degli edifici storici come la Basilica di San Francesco di Paola, il Palazzo Reale, il Palazzo Salerno ed il Palazzo della Prefettura. La piazza del Plebiscito fu per secoli uno slargo irregolare, dove si svolgevano le feste popolari. Dall'inizio del Seicento in poi fu "regolarizzata", anche a causa della costruzione del nuovo Palazzo Reale, opera di Domenico Fontana. Durante il periodo napoleonico la piazza fu interamente ridisegnata: furono demoliti gli edifici religiosi e al loro posto vennero eretti i palazzi di stato a cornice del famoso emiciclo dorico in pietra lavica e marmo, voluto da Gioacchino Murat al centro del quale doveva essere eretto un altro edificio civile. Nel 1885 al centro della piazza venne installata una monumentale fontana per inaugurare il nuovo acquedotto del Serino.
La fontana, in seguito smontata, ritornò nella piazza cento anni dopo, nel 1985, in occasione del centenario dell'inaugurazione dell'acquedotto e anche questa volta la fontana dopo l'anniversario scomparì. Nel 1963 un'ordinanza comunale trasformò la piazza in un parcheggio pubblico a causa del forte incremento incontrollato di autovetture in città. La piazza rimase così fino a qando nel 1994, in occasione del vertice dei G7, la giunta Bassolino le restituì dignità facendola diventare area pedonale. Piazza del Plebisito non è lontana dagli altri importanti monumenti di Napoli come Corso Umberto I, il vicinissimo Teatro San Carlo e il Maschio Angioino. La piazza è anche punto d'incrocio di importanti strade cittadine: Mergellina, Via Toledo e Via Chiaia. Sul lato ovest della piazza è presente un colonnato al centro del quale spicca la Basilica di San Francesco di Paola, che ne è l'elemento dominante e fu eretta da Ferdinando I, come ex voto per aver riconquistato il regno dopo il decennio di dominio francese. Di fronte all'edificio di culto,invece, c'è il Palazzo Reale. La chiesa è stata completata nel 1846 in stile neoclassico. All'interno è abbellita da statue e dipinti coevi, ad eccezione del seicentesco altare maggiore e da alcune tele prelevate da luoghi di culto pre-esistenti.
Di fronte alla basilica si innalzano due statue equestri di Carlo III di Borbone (iniziatore della dinastia borbonica) e di suo figlio Ferdinando I. La prima è opera di Antonio Canova che la eseguì fra il 1816 ed il 1822, anno della morte dell'artista; la seconda, non potendo essere eseguita per intero dallo scultore veneto a causa della sua morte, vede per quel che riguarda il cavallo l'effettiva attribuzione al Canova, mentre il re che lo cavalca fu scolpito dall'allievo Antonio Calì. Le sculture furono commissionate per celebrare il ritorno della dinastia borbonica dopo la parentesi napoleonica. Nel corso degli anni Piazza del Plebiscito è diventato lo scenario dei principali avvenimenti cittadini e nazionali: dai comizi elettorali alle serate del Festivalbar, alle dirette televisive nelle cerimonie nazionali come ad esempio le feste per il capodanno e anche per i numerosi concerti dei principali artisti italiani ma anche internazionali come Laura Pausini, Pino Daniele, Massimo Ranieri, Ligabue oppure Elton John, Paul McCartney, o illustri voci tenorili come quelle di Andrea Bocelli e José Carreras. Vale la pena inoltre ricordare che nel 1921, nella basilica di san Francesco di Paola, furono svolti funerali di Enrico Caruso.
Piazza del Plebiscito è una delle piazze più importanti di Napoli ed è situata nel centro della città dove si affacciano molti degli edifici storici come la Basilica di San Francesco di Paola, il Palazzo Reale, il Palazzo Salerno ed il Palazzo della Prefettura. La piazza del Plebiscito fu per secoli uno slargo irregolare, dove si svolgevano le feste popolari. Dall'inizio del Seicento in poi fu "regolarizzata", anche a causa della costruzione del nuovo Palazzo Reale, opera di Domenico Fontana. Durante il periodo napoleonico la piazza fu interamente ridisegnata: furono demoliti gli edifici religiosi e al loro posto vennero eretti i palazzi di stato a cornice del famoso emiciclo dorico in pietra lavica e marmo, voluto da Gioacchino Murat al centro del quale doveva essere eretto un altro edificio civile. Nel 1885 al centro della piazza venne installata una monumentale fontana per inaugurare il nuovo acquedotto del Serino.
La fontana, in seguito smontata, ritornò nella piazza cento anni dopo, nel 1985, in occasione del centenario dell'inaugurazione dell'acquedotto e anche questa volta la fontana dopo l'anniversario scomparì. Nel 1963 un'ordinanza comunale trasformò la piazza in un parcheggio pubblico a causa del forte incremento incontrollato di autovetture in città. La piazza rimase così fino a qando nel 1994, in occasione del vertice dei G7, la giunta Bassolino le restituì dignità facendola diventare area pedonale. Piazza del Plebisito non è lontana dagli altri importanti monumenti di Napoli come Corso Umberto I, il vicinissimo Teatro San Carlo e il Maschio Angioino. La piazza è anche punto d'incrocio di importanti strade cittadine: Mergellina, Via Toledo e Via Chiaia. Sul lato ovest della piazza è presente un colonnato al centro del quale spicca la Basilica di San Francesco di Paola, che ne è l'elemento dominante e fu eretta da Ferdinando I, come ex voto per aver riconquistato il regno dopo il decennio di dominio francese. Di fronte all'edificio di culto,invece, c'è il Palazzo Reale. La chiesa è stata completata nel 1846 in stile neoclassico. All'interno è abbellita da statue e dipinti coevi, ad eccezione del seicentesco altare maggiore e da alcune tele prelevate da luoghi di culto pre-esistenti.
Di fronte alla basilica si innalzano due statue equestri di Carlo III di Borbone (iniziatore della dinastia borbonica) e di suo figlio Ferdinando I. La prima è opera di Antonio Canova che la eseguì fra il 1816 ed il 1822, anno della morte dell'artista; la seconda, non potendo essere eseguita per intero dallo scultore veneto a causa della sua morte, vede per quel che riguarda il cavallo l'effettiva attribuzione al Canova, mentre il re che lo cavalca fu scolpito dall'allievo Antonio Calì. Le sculture furono commissionate per celebrare il ritorno della dinastia borbonica dopo la parentesi napoleonica. Nel corso degli anni Piazza del Plebiscito è diventato lo scenario dei principali avvenimenti cittadini e nazionali: dai comizi elettorali alle serate del Festivalbar, alle dirette televisive nelle cerimonie nazionali come ad esempio le feste per il capodanno e anche per i numerosi concerti dei principali artisti italiani ma anche internazionali come Laura Pausini, Pino Daniele, Massimo Ranieri, Ligabue oppure Elton John, Paul McCartney, o illustri voci tenorili come quelle di Andrea Bocelli e José Carreras. Vale la pena inoltre ricordare che nel 1921, nella basilica di san Francesco di Paola, furono svolti funerali di Enrico Caruso.
La storia di Amore e Psiche arriva a Milano.
di Chiara Ciccone
Un mito indimenticato è ora disponibile per tutti.
A Milano in questo oscuro Natale è in programma un evento bellissimo un balsamo per la mente e il cuore che per la quinta volta verrà reso gratuito. Nella sala Alessi di Palazzo Marino fino al 13 gennaio saranno visibili due opere che raffigurano la storia di Amore e Psiche, un quadro del pittore Francois Gerard e una statua di Antonio Canova. Mostra organizzata dal comune di Milano in collaborazione con Eni e il Louvre.Nei 4 anni precedenti si sono potute ammirare opere di Caravaggio, Leonardo, Tiziano, quest'anno si è scelto “Amore e Psiche” di Antonio Canova e “Psiché et l'amour” di Francois Gerard, un confronto tra due artisti e tra pittura e scultura.L'allestimento è stato curato dallo Studio Greci Architettura che volevano portare le due opere dentro un giardino notturno di ispirazione neoclassica e attraverso effetti hanno cercato di ricreare la sensazione di vegetazione che avvolge le pareti della sala.
La storia di Amore e Psiche narra di una bellissima ragazza ma cosi bella che il suo fascino suscita l'invidia di Venere che mandò Cupido a punire la fanciulla colpendola con le sue frecce facendola innamorare dell'uomo più brutto dell'universo. Ma fu Cupido a innamorarsi di Psiche, la fece prigioniera nel suo castello e le disse che non lo avrebbe mai dovuto vedere in volto. Psiche non mantenne la promessa e dovette superare delle prove per aver trasgredito al divieto. Solo dopo molto tempo ottenne anche lei l'immortalità. La statua di Canova, “Amore e Psiche stanti” rappresenta l’attimo in cui la fanciulla, drappeggiata in un sottile velo, prende la mano di Amore per deporvi una farfalla, simbolo della propria anima. Il giovane dio, di poco più basso, poggia la testa sulla spalla della donna, cingendole il collo con il braccio destro; Il gesto d’amore, è sorretto da un piedistallo decorato con ghirlande e farfalle tipico delle favole antiche.
Invece per quanto riguarda “Psiché et l'amour” di Gerard secondo i critici d’arte, raffigura l’istante in cui Psiche immagina di ricevere il primo bacio di Amore. La freddezza solo apparente della composizione, le forme ben definite dai contorni e la resa minuziosa dei dettagli evidenziano la purezza della rappresentazione e la raffinatezza della sua ispirazione.
Per sapere date e orari www.amoreepsiche.it
A Milano in questo oscuro Natale è in programma un evento bellissimo un balsamo per la mente e il cuore che per la quinta volta verrà reso gratuito. Nella sala Alessi di Palazzo Marino fino al 13 gennaio saranno visibili due opere che raffigurano la storia di Amore e Psiche, un quadro del pittore Francois Gerard e una statua di Antonio Canova. Mostra organizzata dal comune di Milano in collaborazione con Eni e il Louvre.Nei 4 anni precedenti si sono potute ammirare opere di Caravaggio, Leonardo, Tiziano, quest'anno si è scelto “Amore e Psiche” di Antonio Canova e “Psiché et l'amour” di Francois Gerard, un confronto tra due artisti e tra pittura e scultura.L'allestimento è stato curato dallo Studio Greci Architettura che volevano portare le due opere dentro un giardino notturno di ispirazione neoclassica e attraverso effetti hanno cercato di ricreare la sensazione di vegetazione che avvolge le pareti della sala.
La storia di Amore e Psiche narra di una bellissima ragazza ma cosi bella che il suo fascino suscita l'invidia di Venere che mandò Cupido a punire la fanciulla colpendola con le sue frecce facendola innamorare dell'uomo più brutto dell'universo. Ma fu Cupido a innamorarsi di Psiche, la fece prigioniera nel suo castello e le disse che non lo avrebbe mai dovuto vedere in volto. Psiche non mantenne la promessa e dovette superare delle prove per aver trasgredito al divieto. Solo dopo molto tempo ottenne anche lei l'immortalità. La statua di Canova, “Amore e Psiche stanti” rappresenta l’attimo in cui la fanciulla, drappeggiata in un sottile velo, prende la mano di Amore per deporvi una farfalla, simbolo della propria anima. Il giovane dio, di poco più basso, poggia la testa sulla spalla della donna, cingendole il collo con il braccio destro; Il gesto d’amore, è sorretto da un piedistallo decorato con ghirlande e farfalle tipico delle favole antiche.
Invece per quanto riguarda “Psiché et l'amour” di Gerard secondo i critici d’arte, raffigura l’istante in cui Psiche immagina di ricevere il primo bacio di Amore. La freddezza solo apparente della composizione, le forme ben definite dai contorni e la resa minuziosa dei dettagli evidenziano la purezza della rappresentazione e la raffinatezza della sua ispirazione.
Per sapere date e orari www.amoreepsiche.it
Buon Compleanno alla Mole Antonelliana.
di Chiara Ciccone
Centocinquant'anni portati benissimo per il simbolo della città torinese.
La Mole Antonelliana, simbolo di Torino, ha compiuto Sabato 15 Dicembre 150 anni. Per questa occasione il comune di Torino ha organizzato molte iniziative in suo onore tra cui due artisti hanno creato una riproduzione in scala del monumento alta tre metri e completamente in ghiaccio, mentre due ambiziosi alpinisti, Maurizio Puato e Renzo Luci, hanno provato la scalata ai 167 metri del monumento.
L’impresa è stata mandata in onda su maxischermi situati in piazza. L’evento è stato poi accompagnato da suggestive musiche e proiezioni sulla cupola della Mole e da una serie di eventi collaterali, tra cui la presentazione dei disegni dell’artista Ilaria Urbinati.
La Mole, che domina il centro del Torino è stata creata dall’architetto Alessandro Antonelli, dal quale prende il nome. I lavori per la sua costruzione iniziarono nel 1863. La sua altezza le regala ancora il record da vertigine di edificio più elevato di Torino. Per molti anni però ha detenuto anche il virtuoso primato di costruzione in muratura più alta d’Europa, fino a che durante il secolo scorso fu rinforzata con sostegni di cemento armato e travi di acciaio. 150 anni portati benissimo per il monumento che nei secoli ha affrontato numerosi restauri come quando nel 1904 la statua del genio alato venne danneggiata da un fulmine e fu sostituita da una stella a cinque punte ad opera dell’ingegner Ernesto Ghiotti o, ancora, quando il 23 maggio 1953 a causa di una forte tromba d’aria si spezzò una guglia, che precipitò nel giardino senza provocare nessun ferito.
La Mole Antonelliana, simbolo di Torino, ha compiuto Sabato 15 Dicembre 150 anni. Per questa occasione il comune di Torino ha organizzato molte iniziative in suo onore tra cui due artisti hanno creato una riproduzione in scala del monumento alta tre metri e completamente in ghiaccio, mentre due ambiziosi alpinisti, Maurizio Puato e Renzo Luci, hanno provato la scalata ai 167 metri del monumento.
L’impresa è stata mandata in onda su maxischermi situati in piazza. L’evento è stato poi accompagnato da suggestive musiche e proiezioni sulla cupola della Mole e da una serie di eventi collaterali, tra cui la presentazione dei disegni dell’artista Ilaria Urbinati.
La Mole, che domina il centro del Torino è stata creata dall’architetto Alessandro Antonelli, dal quale prende il nome. I lavori per la sua costruzione iniziarono nel 1863. La sua altezza le regala ancora il record da vertigine di edificio più elevato di Torino. Per molti anni però ha detenuto anche il virtuoso primato di costruzione in muratura più alta d’Europa, fino a che durante il secolo scorso fu rinforzata con sostegni di cemento armato e travi di acciaio. 150 anni portati benissimo per il monumento che nei secoli ha affrontato numerosi restauri come quando nel 1904 la statua del genio alato venne danneggiata da un fulmine e fu sostituita da una stella a cinque punte ad opera dell’ingegner Ernesto Ghiotti o, ancora, quando il 23 maggio 1953 a causa di una forte tromba d’aria si spezzò una guglia, che precipitò nel giardino senza provocare nessun ferito.
Ara Pacis. Emblema della Roma di Augusto.
di Chiara Ciccone
Una fedele e chiara testimonianza del periodo augusteo a Roma.
L'Ara Pacis Augustae è un altare che è stato dedicato da Augusto nel 9 a.C alla Pace ed era situata in una zona del Campo Marzio consacrata alla celebrazione delle vittorie. E' una delle testimonianze dell'arte augustea e simboleggia la pace e la prosperità raggiunta in quel periodo.Nel 13 a.C il senato fa iniziare i lavori di costruzione di un altare per celebrare il ritorno di Augusto da spedizioni pacifiche in Spagna e in Gallia meridionale. Il monumento era collocato con un'entrata sull'antica via Flaminia e una verso il Campo Marzio. La scoperta dei primi blocchi di questo monumento risalgono al 1568 sotto Palazzo Peretti dove aveva luogo un teatro. Nel 1859 furono recuperati il rilievo di Enea e la testa di Marte che facevano parte del rilievo del Lupercale. Nel 1903 e nel 1937-1938 furono intrapresi scavi regolari, conclusi
quando vennero ricomposte tutte le parti. L'altare fu collocato in un padiglione appositamente costruito presso il Mausoleo di Augusto, a ridosso del lungotevere. L'aspetto attuale dell'Ara Pacis è stato ricostruito in base alle fonti antiche. E' composta da un recinto quasi quadrato elevato su basso podio. I lati corti erano accessibili da due porte a cui si accedeva da una rampa di 9 scalini. All'interno c'era un altare vero e proprio. La superficie del recinto presenta una raffinata decorazione a rilievo, esterno e interno. L'esterno è decorato da un fregio figurato in alto e da elaborati foglie d'acanto in basso; i due ordini sono separati da una fascia a meandro.
Nella parte bassa si ha un'ornamentazione naturalistica difoglie d'acanto e, tra essi, piccoli animali. La fascia figurata si divide in quattro pannelli sui lati delle aperture (due per lato) e un fregio continuo con processione-assemblea sui lati lunghi, che va letto unitariamente come un'unica scena. I due pannelli figurati del lato principale, dal quale si accedeva all'altare, rappresentano il Lupercale e il Sacrificio di Enea ai Penati. Del Lupercale ci rimangono solo pochi frammenti dove però ci permette di ricostruire la fondazionedi Roma: si vede Marte armato, e il pastore Faustolo che assistono all'allattamento di Romolo e Remo da parte della lupa. A destra si trova il Sacrificio di Enea ai Penati. Vi si riconosce Enea col figlio Ascanio presso un altare rustico, assistiti da due giovani camilli. L'altare è avvolto da festoni e vi vengono sacrificati primizie e la scrofa bianca di Laurento. Il sacrificio è destinato ai Penati di Lavinio, che presenziano alla scena affacciandosi da un tempietto sulla roccia, posto sullo sfondo in alto a sinistra. Enea ha il capo velato e veste un mantello che gli lascia scoperto parte del busto atletico. In mano reca lo sceptrum. Ascanio è dietro di lui. Sull'altro lato si trovano i rilievi della Personificazione di Roma, quasi completamente perduto, e della Saturnia tellus che è uno dei meglio conservati. Il rilievo rappresenta una grande figura matronale seduta con in grembo due bambini e alcune primizie. Ai lati si trovano due ninfe seminude, una seduta su un cigno in volo, simbolo dell'aria, e l'altra su un drago marino, simbolo del mare; questi due animali predominanti riecheggerebbero la serenità della pace, cioè terra marique: la pace in terra e in mare. Anche il paesaggio ha elementi allegorici: a sinistra è fluviale, alcentro è roccioso con fiori e animali, mentre a destra è marino.Sui lati lunghi è raffigurata la processione per il voto dell'Ara, divisa in due parti: una ufficiale, coi sacerdoti, e l'altra semiufficiale con la famiglia di Augusto. La scena non va interpretata come un reale corteo, così come potrebbe essere avvenuto nel 13 a.C. ma come una raffigurazione politica ideale, da mettere in relazione con le gravi incertezze di quegli anni legate alla successione.La scena più importante e meglio conservata è sul fianco meridionale con personaggi della famiglia imperiale. La successione delle figure ricalca un preciso schema protocollare, legato alla successione al trono come era concepita da Augusto attorno al 10-9 a.C.
Anche la divisione in primo e secondo piano delle figure non è casuale. La processione ha inizio con la raffigurazione lacunosa di littori, un camillo che porta la cassetta sacra del collegio pontificale e il lictor proximus, che cammina all'indietro: egli secondo la tradizione non volge le spalle al magistrato e al sommo sacerdote. Seguono quindi una serie di togati, a partire dall'imperatore Augusto con il capo velato nella veste di pontefice massimo. Chiudono il corteo ufficiale, in primo piano, i quattro sacerdoti che si occupano del culto degli dei.A questo punto, inizia la processione della famiglia imperiale, con i personaggi disposti secondo la linea dinastica all'epoca della costruzione dell'altare. Per primo si trova Agrippa, morto nel 12 a.C., pure con il capo coperto, posto di profilo; seguono il piccolo Gaio Cesare (nipote e figlio adottivo di Augusto), Giulia maggiore, figlia di Augusto, o Livia, sua moglie, prima di Tiberio, suo figlio;sconosciuto è il personaggio in secondo piano; la donna dopo di lui è Antonia minore, che tiene per mano il piccolo Germanico, figlio di lei e di Druso maggiore, il quale si trova subito dopo; il grupposeguente è composto da Antonia maggiore e i suoi figli Gneo Domizio Enobarbo (futuro padre di Nerone) e Domizia Longina, seguiti da suo marito Lucio Domizio Enobarbo; il personaggio che fa cenno di silenzio a questi bambini parrebbe non essere né Mecenate né Orazio, secondo alcune interpretazioni proposte, forse Marco console nel 20 a.C., figlio di una sorellastra di Augusto.Riparte poi, in parallelo con la processione del lato sud, la sfilata dei personaggi della casa imperiale, aperta da Lucio Cesare e da sua madre Giulia maggiore, figlia di Augusto; segue un fanciullo abbigliato come un camillo, forse il figlio di Iullo Antonio. A questo punto è la volta di Claudia Marcella maggiore col console Iullo Antonio, e la piccola Giulia minore; poi Claudia Marcella minore, il figlio e il marito Sesto Appuleio, console nel 29 a.C., del quale i resti sono molto scarsi. La successione al trono quindi era rigidamente raffigurata in due rami principali, corrispondenti ciascuno a un lato, e iniziava quindi da Giulia o da Agrippa, con i relativi figli, poi i figliastri di Livia (Tiberio e Druso), seguite dalle due Antonie e le due Marcelle.
Per quanto riguarda l'altare è costituito da un podio di tre gradini su ciascun lato, sul quale poggia un basamento che presenta altri cinque gradini solo su un fronte, dove passava il sacerdote che celebrava il sacrificio sulla mensa, utilizzata per le offerte. L'altare è decorato con personaggi femminili sullo zoccolo mentre nel fregio superiore che gira all'interno ed all'esterno della mensa vi è la raffigurazione del sacrificio che vi si celebrava annualmente, con le Vestali ed il pontefice massimo accompagnati da sacerdoti e animali. Sull'altare le figure sono rappresentate ad altissimo rilievo, ben diverse da quelle dei piani sovrapposti nel recinto esterno.
L'Ara Pacis Augustae è un altare che è stato dedicato da Augusto nel 9 a.C alla Pace ed era situata in una zona del Campo Marzio consacrata alla celebrazione delle vittorie. E' una delle testimonianze dell'arte augustea e simboleggia la pace e la prosperità raggiunta in quel periodo.Nel 13 a.C il senato fa iniziare i lavori di costruzione di un altare per celebrare il ritorno di Augusto da spedizioni pacifiche in Spagna e in Gallia meridionale. Il monumento era collocato con un'entrata sull'antica via Flaminia e una verso il Campo Marzio. La scoperta dei primi blocchi di questo monumento risalgono al 1568 sotto Palazzo Peretti dove aveva luogo un teatro. Nel 1859 furono recuperati il rilievo di Enea e la testa di Marte che facevano parte del rilievo del Lupercale. Nel 1903 e nel 1937-1938 furono intrapresi scavi regolari, conclusi
quando vennero ricomposte tutte le parti. L'altare fu collocato in un padiglione appositamente costruito presso il Mausoleo di Augusto, a ridosso del lungotevere. L'aspetto attuale dell'Ara Pacis è stato ricostruito in base alle fonti antiche. E' composta da un recinto quasi quadrato elevato su basso podio. I lati corti erano accessibili da due porte a cui si accedeva da una rampa di 9 scalini. All'interno c'era un altare vero e proprio. La superficie del recinto presenta una raffinata decorazione a rilievo, esterno e interno. L'esterno è decorato da un fregio figurato in alto e da elaborati foglie d'acanto in basso; i due ordini sono separati da una fascia a meandro.
Nella parte bassa si ha un'ornamentazione naturalistica difoglie d'acanto e, tra essi, piccoli animali. La fascia figurata si divide in quattro pannelli sui lati delle aperture (due per lato) e un fregio continuo con processione-assemblea sui lati lunghi, che va letto unitariamente come un'unica scena. I due pannelli figurati del lato principale, dal quale si accedeva all'altare, rappresentano il Lupercale e il Sacrificio di Enea ai Penati. Del Lupercale ci rimangono solo pochi frammenti dove però ci permette di ricostruire la fondazionedi Roma: si vede Marte armato, e il pastore Faustolo che assistono all'allattamento di Romolo e Remo da parte della lupa. A destra si trova il Sacrificio di Enea ai Penati. Vi si riconosce Enea col figlio Ascanio presso un altare rustico, assistiti da due giovani camilli. L'altare è avvolto da festoni e vi vengono sacrificati primizie e la scrofa bianca di Laurento. Il sacrificio è destinato ai Penati di Lavinio, che presenziano alla scena affacciandosi da un tempietto sulla roccia, posto sullo sfondo in alto a sinistra. Enea ha il capo velato e veste un mantello che gli lascia scoperto parte del busto atletico. In mano reca lo sceptrum. Ascanio è dietro di lui. Sull'altro lato si trovano i rilievi della Personificazione di Roma, quasi completamente perduto, e della Saturnia tellus che è uno dei meglio conservati. Il rilievo rappresenta una grande figura matronale seduta con in grembo due bambini e alcune primizie. Ai lati si trovano due ninfe seminude, una seduta su un cigno in volo, simbolo dell'aria, e l'altra su un drago marino, simbolo del mare; questi due animali predominanti riecheggerebbero la serenità della pace, cioè terra marique: la pace in terra e in mare. Anche il paesaggio ha elementi allegorici: a sinistra è fluviale, alcentro è roccioso con fiori e animali, mentre a destra è marino.Sui lati lunghi è raffigurata la processione per il voto dell'Ara, divisa in due parti: una ufficiale, coi sacerdoti, e l'altra semiufficiale con la famiglia di Augusto. La scena non va interpretata come un reale corteo, così come potrebbe essere avvenuto nel 13 a.C. ma come una raffigurazione politica ideale, da mettere in relazione con le gravi incertezze di quegli anni legate alla successione.La scena più importante e meglio conservata è sul fianco meridionale con personaggi della famiglia imperiale. La successione delle figure ricalca un preciso schema protocollare, legato alla successione al trono come era concepita da Augusto attorno al 10-9 a.C.
Anche la divisione in primo e secondo piano delle figure non è casuale. La processione ha inizio con la raffigurazione lacunosa di littori, un camillo che porta la cassetta sacra del collegio pontificale e il lictor proximus, che cammina all'indietro: egli secondo la tradizione non volge le spalle al magistrato e al sommo sacerdote. Seguono quindi una serie di togati, a partire dall'imperatore Augusto con il capo velato nella veste di pontefice massimo. Chiudono il corteo ufficiale, in primo piano, i quattro sacerdoti che si occupano del culto degli dei.A questo punto, inizia la processione della famiglia imperiale, con i personaggi disposti secondo la linea dinastica all'epoca della costruzione dell'altare. Per primo si trova Agrippa, morto nel 12 a.C., pure con il capo coperto, posto di profilo; seguono il piccolo Gaio Cesare (nipote e figlio adottivo di Augusto), Giulia maggiore, figlia di Augusto, o Livia, sua moglie, prima di Tiberio, suo figlio;sconosciuto è il personaggio in secondo piano; la donna dopo di lui è Antonia minore, che tiene per mano il piccolo Germanico, figlio di lei e di Druso maggiore, il quale si trova subito dopo; il grupposeguente è composto da Antonia maggiore e i suoi figli Gneo Domizio Enobarbo (futuro padre di Nerone) e Domizia Longina, seguiti da suo marito Lucio Domizio Enobarbo; il personaggio che fa cenno di silenzio a questi bambini parrebbe non essere né Mecenate né Orazio, secondo alcune interpretazioni proposte, forse Marco console nel 20 a.C., figlio di una sorellastra di Augusto.Riparte poi, in parallelo con la processione del lato sud, la sfilata dei personaggi della casa imperiale, aperta da Lucio Cesare e da sua madre Giulia maggiore, figlia di Augusto; segue un fanciullo abbigliato come un camillo, forse il figlio di Iullo Antonio. A questo punto è la volta di Claudia Marcella maggiore col console Iullo Antonio, e la piccola Giulia minore; poi Claudia Marcella minore, il figlio e il marito Sesto Appuleio, console nel 29 a.C., del quale i resti sono molto scarsi. La successione al trono quindi era rigidamente raffigurata in due rami principali, corrispondenti ciascuno a un lato, e iniziava quindi da Giulia o da Agrippa, con i relativi figli, poi i figliastri di Livia (Tiberio e Druso), seguite dalle due Antonie e le due Marcelle.
Per quanto riguarda l'altare è costituito da un podio di tre gradini su ciascun lato, sul quale poggia un basamento che presenta altri cinque gradini solo su un fronte, dove passava il sacerdote che celebrava il sacrificio sulla mensa, utilizzata per le offerte. L'altare è decorato con personaggi femminili sullo zoccolo mentre nel fregio superiore che gira all'interno ed all'esterno della mensa vi è la raffigurazione del sacrificio che vi si celebrava annualmente, con le Vestali ed il pontefice massimo accompagnati da sacerdoti e animali. Sull'altare le figure sono rappresentate ad altissimo rilievo, ben diverse da quelle dei piani sovrapposti nel recinto esterno.
Duomo di Milano.Orgoglio di una città intera.
di Chiara Ciccone
Alla scoperta del monumento simbolo di Milano.
Il Duomo di Milano, monumento simbolo del capoluogo lombardo, è dedicato a Santa Maria Nascente. Per superficie, è la quarta chiesa d'Europa, dopo San Pietro in Vaticano, Saint Paul's a Londra e la cattedrale di Siviglia.Nel luogo dove sorge il Duomo, un tempo si trovavano due chiese: l'antica cattedrale di Santa MariaMaggiore, cattedrale invernale, e la basilica di Santa Tecla, cattedrale estiva. Dopo il crollo del campanile venne ricostruita una nuova e più grande cattedrale (12 maggio 1386), che sorgesse sul luogo del più antico cuore religioso della città e dove vennero abbattute le due chiese precedenti.La nuova cattedrale doveva essere in mattoni secondo le tecniche del gotico lombardo, ma poi venne scelto il marmo di Candoglia e le forme architettoniche quelle del tardo gotico di ispirazione renano-boema. Inizialmente le fondazioni erano state preparate per un edificio a tre navate, con cappelle laterali quadrate, i cui muri divisori potessero fare anche da contrafforti. Si decise poi di fare a meno delle cappelle, portando il numero delle navate a cinque .Nel 1393 fu scolpito il primo capitello dei pilastri, su disegno di Giovannino de' Grassi, il quale curò un nuovo disegno per i finestroni e fu ingegnere generale fino alla morte nel 1398. A lui successero altri capi cantiere fino a quando nel 1567 l'Arcivescovo Carlo Borromeo mise a capo della fabbrica Pellegrino Tibaldi che disegnò il presbiterio che venne solennemente consacrato nel 1577 anche se la chiesa non era ancora terminata. Per quanto riguarda la facciata il Tibaldi disegnò un progetto nel 1580, basato su un basamento a due piani animato da colonne corinzie giganti e con un'edicola in corrispondenza della navata centrale, affiancata da obelischi.
La morte di Carlo Borromeo nel 1584 significò l'allontanamento del suo protetto e il cantiere veniva preso in mano dal suo rivale Martino Bassi, che inviò a papa Gregorio XIV un nuovo progetto di facciata. Tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce completò il coronamento del tiburio e la guglia maggiore, sulla quale fu innalzata cinque anni dopo la Madunina di rame dorato destinata a diventare il simbolo della città. Il duomo ha una pianta a croce latina, con piedicroce a cinque navate e transetto a tre, con un profondo presbiterio circondato da deambulatorio con abside poligonale. All'incrocio dei bracci si alza, come di consueto, il tiburio. L'insieme ha un notevole slancio verticale, caratteristica più transalpina che italiana, ma questo viene in parte attenuato dalla dilatazione in orizzontale dello spazio e dalla scarsa differenza di altezza tra le navate, tipico del gotico lombardo. La struttura portante è composta dai piloni e dai muri perimetrali rinforzati da contrafforti all'altezza degli stessi piloni. Questa è una caratteristica che differenzia il duomo milanese dalle cattedrali transalpine,limitando, rispetto al gotico tradizionale, l'apertura dei finestroni (lunghi e stretti) e dando all'insieme una forma prevalentemente "chiusa", dove la parete è innanzitutto un elemento di forte demarcazione, sottolineata anche dall'alto zoccolo di tradizione lombarda. La copertura a terrazze, anche questa in marmo, è un unicum nell'architettura gotica, ed è sorretta da un doppio ordine incrociato di volte minori. In corrispondenza dei pilastri si leva una "foresta" di pinnacoli, collegati tra di loro da archi rampanti.L'abside è poligonale e inquadrata dai corpi delle due sagrestie, che sono coronate dalla guglie più antiche. Illuminano l'abside tre enormi finestroni con nervature in marmo che disegnano, nell'ogiva, i rosoni. Il finestrone centrale, con la manta dei Visconti, è dedicato all'Incarnazione di Cristo.
L'interno è a cinque navate, con il transetto a tre. Il presbiterio è profondo e cinto da un deambulatorio, a fianco del quale si aprono le due sagrestie. La navata centrale è ampia il doppio di quelle laterali.Molto originali sono i capitelli monumentali a nicchie e cuspidi con statue, che decorano i pilastri lungo la navata centrale, il transetto e l'abside. Il pavimento, su disegno originale di Pellegrino Tibaldi, fu iniziato nel 1584 e terminato, con variazioni, solo tra il 1914 e il 1940. Si tratta di un complesso intreccio di marmi chiari e scuri, tra i quali il nero Varenna, il bianco e rosa di Candoglia, il rosso d'Arzo. Tibaldi definì anche gli altari laterali, i mausolei, il coro e il presbiterio (risistemato nel 1986), sulle richieste del cardinale Borromeo. L'interno oggi ha un aspetto che risente soprattutto di quest'epoca, legata al periodo della Controriforma.Per quanto riguarda la facciata, quello che si vede oggi è un compromesso dei primi anni del novecento dove non fu possibile terminare il progetto neogotico di Giuseppe Brentano. I cinque portali e le finestre soprastanti sono del XVII secolo, il balcone centrale è del 1790 ed i tre finestroni neogotici risalgono al XIX secolo. I basamenti dei contrafforti centrali sono decorati da rilievi seicenteschi. La decorazione a bassorilievo dei portali venne scolpita ai tempi dell'arcivescovo Borromeo su disegni del Cerano. Le statue di Apostoli e Profeti sulle mensole sono tutte ottocentesche. Le porte in bronzo sono novecentesche.La caratteristica distintiva del Duomo di Milano è la straordinaria abbondanza di sculture. A quello che è un incomparabile campionario di statuaria dal XIV al XX secolo si dedicarono maestri di diversa provenienza. L'altro grandioso ciclo decorativo riguarda le vetrate, che però, per quanto riguarda gli esempi più antichi, sono andate quasi totalmente distrutte e via via sostituite, soprattutto nei secoli XIX e XX. Tutto l'esterno è decorato da un ricchissimo corredo scultoreo.
Sulle mensole degli sguanci delle finestre si trovano statue e busti, sui contrafforti statue coperte da baldacchini marmorei (in basso) e 96 "giganti" (in alto), sui quali svettano i doccioni figurati come esseri mostruosi. Altre statue si trovano sulle guglie, sia a coronamento che nelle nicchie. Attraverso l'ascensore contenuto nel contrafforte est del braccio nord del transetto si può accedere alle terrazze del Duomo, dalle quali si gode una straordinaria vista sul fitto ricamo di guglie, archi rampanti (dove sono nascosti gli scarichi della acque piovane), pinnacoli e statue, nonché sulla città. Inaugurata il 30 dicembre 1774, la Madonnina del Duomo di Milano è il punto più alto della chiesa.La statua venne disegnata dallo scultore Giuseppe Perego e fusa dall'orafo Giuseppe Bini, per un'altezza di 4,16 metri.
Il Duomo di Milano, monumento simbolo del capoluogo lombardo, è dedicato a Santa Maria Nascente. Per superficie, è la quarta chiesa d'Europa, dopo San Pietro in Vaticano, Saint Paul's a Londra e la cattedrale di Siviglia.Nel luogo dove sorge il Duomo, un tempo si trovavano due chiese: l'antica cattedrale di Santa MariaMaggiore, cattedrale invernale, e la basilica di Santa Tecla, cattedrale estiva. Dopo il crollo del campanile venne ricostruita una nuova e più grande cattedrale (12 maggio 1386), che sorgesse sul luogo del più antico cuore religioso della città e dove vennero abbattute le due chiese precedenti.La nuova cattedrale doveva essere in mattoni secondo le tecniche del gotico lombardo, ma poi venne scelto il marmo di Candoglia e le forme architettoniche quelle del tardo gotico di ispirazione renano-boema. Inizialmente le fondazioni erano state preparate per un edificio a tre navate, con cappelle laterali quadrate, i cui muri divisori potessero fare anche da contrafforti. Si decise poi di fare a meno delle cappelle, portando il numero delle navate a cinque .Nel 1393 fu scolpito il primo capitello dei pilastri, su disegno di Giovannino de' Grassi, il quale curò un nuovo disegno per i finestroni e fu ingegnere generale fino alla morte nel 1398. A lui successero altri capi cantiere fino a quando nel 1567 l'Arcivescovo Carlo Borromeo mise a capo della fabbrica Pellegrino Tibaldi che disegnò il presbiterio che venne solennemente consacrato nel 1577 anche se la chiesa non era ancora terminata. Per quanto riguarda la facciata il Tibaldi disegnò un progetto nel 1580, basato su un basamento a due piani animato da colonne corinzie giganti e con un'edicola in corrispondenza della navata centrale, affiancata da obelischi.
La morte di Carlo Borromeo nel 1584 significò l'allontanamento del suo protetto e il cantiere veniva preso in mano dal suo rivale Martino Bassi, che inviò a papa Gregorio XIV un nuovo progetto di facciata. Tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce completò il coronamento del tiburio e la guglia maggiore, sulla quale fu innalzata cinque anni dopo la Madunina di rame dorato destinata a diventare il simbolo della città. Il duomo ha una pianta a croce latina, con piedicroce a cinque navate e transetto a tre, con un profondo presbiterio circondato da deambulatorio con abside poligonale. All'incrocio dei bracci si alza, come di consueto, il tiburio. L'insieme ha un notevole slancio verticale, caratteristica più transalpina che italiana, ma questo viene in parte attenuato dalla dilatazione in orizzontale dello spazio e dalla scarsa differenza di altezza tra le navate, tipico del gotico lombardo. La struttura portante è composta dai piloni e dai muri perimetrali rinforzati da contrafforti all'altezza degli stessi piloni. Questa è una caratteristica che differenzia il duomo milanese dalle cattedrali transalpine,limitando, rispetto al gotico tradizionale, l'apertura dei finestroni (lunghi e stretti) e dando all'insieme una forma prevalentemente "chiusa", dove la parete è innanzitutto un elemento di forte demarcazione, sottolineata anche dall'alto zoccolo di tradizione lombarda. La copertura a terrazze, anche questa in marmo, è un unicum nell'architettura gotica, ed è sorretta da un doppio ordine incrociato di volte minori. In corrispondenza dei pilastri si leva una "foresta" di pinnacoli, collegati tra di loro da archi rampanti.L'abside è poligonale e inquadrata dai corpi delle due sagrestie, che sono coronate dalla guglie più antiche. Illuminano l'abside tre enormi finestroni con nervature in marmo che disegnano, nell'ogiva, i rosoni. Il finestrone centrale, con la manta dei Visconti, è dedicato all'Incarnazione di Cristo.
L'interno è a cinque navate, con il transetto a tre. Il presbiterio è profondo e cinto da un deambulatorio, a fianco del quale si aprono le due sagrestie. La navata centrale è ampia il doppio di quelle laterali.Molto originali sono i capitelli monumentali a nicchie e cuspidi con statue, che decorano i pilastri lungo la navata centrale, il transetto e l'abside. Il pavimento, su disegno originale di Pellegrino Tibaldi, fu iniziato nel 1584 e terminato, con variazioni, solo tra il 1914 e il 1940. Si tratta di un complesso intreccio di marmi chiari e scuri, tra i quali il nero Varenna, il bianco e rosa di Candoglia, il rosso d'Arzo. Tibaldi definì anche gli altari laterali, i mausolei, il coro e il presbiterio (risistemato nel 1986), sulle richieste del cardinale Borromeo. L'interno oggi ha un aspetto che risente soprattutto di quest'epoca, legata al periodo della Controriforma.Per quanto riguarda la facciata, quello che si vede oggi è un compromesso dei primi anni del novecento dove non fu possibile terminare il progetto neogotico di Giuseppe Brentano. I cinque portali e le finestre soprastanti sono del XVII secolo, il balcone centrale è del 1790 ed i tre finestroni neogotici risalgono al XIX secolo. I basamenti dei contrafforti centrali sono decorati da rilievi seicenteschi. La decorazione a bassorilievo dei portali venne scolpita ai tempi dell'arcivescovo Borromeo su disegni del Cerano. Le statue di Apostoli e Profeti sulle mensole sono tutte ottocentesche. Le porte in bronzo sono novecentesche.La caratteristica distintiva del Duomo di Milano è la straordinaria abbondanza di sculture. A quello che è un incomparabile campionario di statuaria dal XIV al XX secolo si dedicarono maestri di diversa provenienza. L'altro grandioso ciclo decorativo riguarda le vetrate, che però, per quanto riguarda gli esempi più antichi, sono andate quasi totalmente distrutte e via via sostituite, soprattutto nei secoli XIX e XX. Tutto l'esterno è decorato da un ricchissimo corredo scultoreo.
Sulle mensole degli sguanci delle finestre si trovano statue e busti, sui contrafforti statue coperte da baldacchini marmorei (in basso) e 96 "giganti" (in alto), sui quali svettano i doccioni figurati come esseri mostruosi. Altre statue si trovano sulle guglie, sia a coronamento che nelle nicchie. Attraverso l'ascensore contenuto nel contrafforte est del braccio nord del transetto si può accedere alle terrazze del Duomo, dalle quali si gode una straordinaria vista sul fitto ricamo di guglie, archi rampanti (dove sono nascosti gli scarichi della acque piovane), pinnacoli e statue, nonché sulla città. Inaugurata il 30 dicembre 1774, la Madonnina del Duomo di Milano è il punto più alto della chiesa.La statua venne disegnata dallo scultore Giuseppe Perego e fusa dall'orafo Giuseppe Bini, per un'altezza di 4,16 metri.
Cremona,città sospesa tra arte e mistero. di Chiara Ciccone
Alla scoperta di una perla nascosta nel Settentrione d'Italia.
Cremona è una bellissima cittadina situata nel nord Italia. Fu fondata dai Romani insieme a Piacenza nel 218 a.C. in un punto strategico sulle rive del Po. Il II secolo a.C fu un secolo di tranquillità e la colonia raggiunse un notevole livello economico e infatti nell'89 a.C divenne un municipium. Durante la guerra che portò la morte di Cesare, Cremona si schierò con Marco Antonio invece che con Ottaviano e ci fu la confisca delle terre che furono date ai veterani. Nonostante questo ebbe un altro momento di splendore nel I secolo, dove furono costruite numerose Domus signorili di cui abbiamo numerosetestimonianze. Questa fiorente situazione fu improvvisamente interrotta dopo la morte di Nerone, quando le truppe di Vespasiano la distrussero. La ricostruzione seguì poco dopo ed è testimoniata da nuove residenze raffinate e oggetti di lusso. Cremona subì poi una nuova distruzione da parte dei Longobardi nel 603 dalla quale si riprese lentamente a partire dal X sec. La città ospita numerose chiese e musei. Tra le chiese quella più importante è la cattedrale di epoca romanica che fu eretta nel XII secolo a.C. Quella che si presenta ora è una chiesa diversa da quella originaria che doveva essere affiancata da due torri originarie mentre sorge solo una torre campanaria unica il Torrazzo. La facciata della cattedrale è rivestita interamente di marmo bianco di Carrara, ha un rosone centrale. La fronte è caratterizzata da una loggia a due piani interrotta da un protero con loggia a 3 archi che ospitano le statue di San Imero, la Vergine Maria e San Omobono. L'interno presenta una suddivisione in 3 navate separate da pilastri. La navata centrale termina con un abside semicircolare nel cui catino si trova l'affresco del Redentore.
Anche le due navate laterali terminano con absidi più piccole dove ci sono cappelle decorate. Le tre navate sono decorate da affreschi di pittori come il Bocaccino che decorò soprattutto la navata centrale e l'opera più importante è il Redentore. Dal 1515 fu affiancato anche da numerosi altri artisti come il Bembo che dipinse l'adorazione dei Magi. Tra i musei quello più caratteristico il Museo Archeologico che si trova nella Chiesa sconsacrata di San Michele a seguito dell'incremento dei materiali sulla città romana rinvenuti durante le ultime campagne di scavo, in particolare quello di Piazza Marconi che ha portato alla luce una importante residenza privata chiamata la Domus del Ninfeo. La scelta della sede del museo è molto significativa in quanto essa stessa è un sito archeologico in quanto sede di una necropoli del I secolo a.C. Il museo espone aspetti dello spazio pubblico, privato e delle necropoli di Cremona romana. Per quanto riguarda l'edilizia privata c'è una testimonianza di una Domus del I secolo a.C con pavimenti in cocciopesto mentre in età proto-imperiale si affermano i mosaici, affreschi raffinati, l'uso di elementi architettonici in pietra, spazi all'aperto con colonnati, giardini con statue e ninfei. Nel II secolo si affermano ambienti absidati con complessi giochi giometrici ed è questo il caso della Domus del Ninfeo di Piazza Marconi che occupava un intera insula urbana ed era su più livelli terrazzati e distribuita intorno a quattro spazi aperti colonnati. Era composta dalle stanze da letto (cubicula) e dalle sale da pranzo (triclinium) affacciate sul Po al piano superiore mentre ai piani inferiori si trovavano le cucine e le dispense. Molti di questi mosaici pavimentali sono stati rinvenuti ed sono tutt'ora esposti in questo museo cosi come parte della pittura parietale che era stata realizzata in affresco e che doveva decorare parte della casa.
Nel museo è rappresentato anche una ricostruzione di quello che doveva essere il ninfeo della Domus che doveva essere arredato con dischi figurati in terracotta, maschere teatrali e le statue di Venere e Diana. Sono conservati molti vasi e anfore in terracotta dove venivano trasportati vino, olio salse e frutta. Per quanto riguarda gli edifici pubblici ci sono solo pochi elementi architettonici e sono quello checi resta di edifici templari della fase più antica. Molto interessante è la statua frammentaria di divinità o eroe che doveva far parte della decorazione di un frontone di uno dei templi principali. Sono stati ritrovati anche i resti di una decorazione architettonica che può essere attribuita a un grandioso edificio forse il teatro di Cremona con diverse fasi da quella Proto-Augustea a quella Severiana. Per quanto riguarda le necropoli anche a Cremona erano situate fuori dalle mura della città lungo le vie principali. Le più antiche risalgono al I secolo e seguono il rito dell'incinerazione che venne usato fino alla fine del II secolo a.C. I defunti venivano sepolti con il corredo necessario per rendere comoda la vita nell'aldilà: vasellame, lucerne, monete. Dopo il II secolo a.C si diffonde l'inumazione del quale si conoscono testimonianze in strutture tombali in cassa di laterizi senza corredo ed una sepoltura in casa di piombo della metà del IV secolo rinvenuta nell'area della cattedrale e questo costituisce una delle prime attestazioni dell'uso della sepoltura all'interno delle mura della città.
Per finire una curiosità gastronomica: Cremona è la città del torrone che ogni anno ospita la festa del torrone che è avvenuta quest'anno dal 16 al 18 novembre e ha portato numerosi turisti che hanno potuto assaggiare e comprare torrone di ogni tipo e gusto nelle numerose bancarelle situate nelcentro della città.
di Chiara Ciccone
Cremona è una bellissima cittadina situata nel nord Italia. Fu fondata dai Romani insieme a Piacenza nel 218 a.C. in un punto strategico sulle rive del Po. Il II secolo a.C fu un secolo di tranquillità e la colonia raggiunse un notevole livello economico e infatti nell'89 a.C divenne un municipium. Durante la guerra che portò la morte di Cesare, Cremona si schierò con Marco Antonio invece che con Ottaviano e ci fu la confisca delle terre che furono date ai veterani. Nonostante questo ebbe un altro momento di splendore nel I secolo, dove furono costruite numerose Domus signorili di cui abbiamo numerosetestimonianze. Questa fiorente situazione fu improvvisamente interrotta dopo la morte di Nerone, quando le truppe di Vespasiano la distrussero. La ricostruzione seguì poco dopo ed è testimoniata da nuove residenze raffinate e oggetti di lusso. Cremona subì poi una nuova distruzione da parte dei Longobardi nel 603 dalla quale si riprese lentamente a partire dal X sec. La città ospita numerose chiese e musei. Tra le chiese quella più importante è la cattedrale di epoca romanica che fu eretta nel XII secolo a.C. Quella che si presenta ora è una chiesa diversa da quella originaria che doveva essere affiancata da due torri originarie mentre sorge solo una torre campanaria unica il Torrazzo. La facciata della cattedrale è rivestita interamente di marmo bianco di Carrara, ha un rosone centrale. La fronte è caratterizzata da una loggia a due piani interrotta da un protero con loggia a 3 archi che ospitano le statue di San Imero, la Vergine Maria e San Omobono. L'interno presenta una suddivisione in 3 navate separate da pilastri. La navata centrale termina con un abside semicircolare nel cui catino si trova l'affresco del Redentore.
Anche le due navate laterali terminano con absidi più piccole dove ci sono cappelle decorate. Le tre navate sono decorate da affreschi di pittori come il Bocaccino che decorò soprattutto la navata centrale e l'opera più importante è il Redentore. Dal 1515 fu affiancato anche da numerosi altri artisti come il Bembo che dipinse l'adorazione dei Magi. Tra i musei quello più caratteristico il Museo Archeologico che si trova nella Chiesa sconsacrata di San Michele a seguito dell'incremento dei materiali sulla città romana rinvenuti durante le ultime campagne di scavo, in particolare quello di Piazza Marconi che ha portato alla luce una importante residenza privata chiamata la Domus del Ninfeo. La scelta della sede del museo è molto significativa in quanto essa stessa è un sito archeologico in quanto sede di una necropoli del I secolo a.C. Il museo espone aspetti dello spazio pubblico, privato e delle necropoli di Cremona romana. Per quanto riguarda l'edilizia privata c'è una testimonianza di una Domus del I secolo a.C con pavimenti in cocciopesto mentre in età proto-imperiale si affermano i mosaici, affreschi raffinati, l'uso di elementi architettonici in pietra, spazi all'aperto con colonnati, giardini con statue e ninfei. Nel II secolo si affermano ambienti absidati con complessi giochi giometrici ed è questo il caso della Domus del Ninfeo di Piazza Marconi che occupava un intera insula urbana ed era su più livelli terrazzati e distribuita intorno a quattro spazi aperti colonnati. Era composta dalle stanze da letto (cubicula) e dalle sale da pranzo (triclinium) affacciate sul Po al piano superiore mentre ai piani inferiori si trovavano le cucine e le dispense. Molti di questi mosaici pavimentali sono stati rinvenuti ed sono tutt'ora esposti in questo museo cosi come parte della pittura parietale che era stata realizzata in affresco e che doveva decorare parte della casa.
Nel museo è rappresentato anche una ricostruzione di quello che doveva essere il ninfeo della Domus che doveva essere arredato con dischi figurati in terracotta, maschere teatrali e le statue di Venere e Diana. Sono conservati molti vasi e anfore in terracotta dove venivano trasportati vino, olio salse e frutta. Per quanto riguarda gli edifici pubblici ci sono solo pochi elementi architettonici e sono quello checi resta di edifici templari della fase più antica. Molto interessante è la statua frammentaria di divinità o eroe che doveva far parte della decorazione di un frontone di uno dei templi principali. Sono stati ritrovati anche i resti di una decorazione architettonica che può essere attribuita a un grandioso edificio forse il teatro di Cremona con diverse fasi da quella Proto-Augustea a quella Severiana. Per quanto riguarda le necropoli anche a Cremona erano situate fuori dalle mura della città lungo le vie principali. Le più antiche risalgono al I secolo e seguono il rito dell'incinerazione che venne usato fino alla fine del II secolo a.C. I defunti venivano sepolti con il corredo necessario per rendere comoda la vita nell'aldilà: vasellame, lucerne, monete. Dopo il II secolo a.C si diffonde l'inumazione del quale si conoscono testimonianze in strutture tombali in cassa di laterizi senza corredo ed una sepoltura in casa di piombo della metà del IV secolo rinvenuta nell'area della cattedrale e questo costituisce una delle prime attestazioni dell'uso della sepoltura all'interno delle mura della città.
Per finire una curiosità gastronomica: Cremona è la città del torrone che ogni anno ospita la festa del torrone che è avvenuta quest'anno dal 16 al 18 novembre e ha portato numerosi turisti che hanno potuto assaggiare e comprare torrone di ogni tipo e gusto nelle numerose bancarelle situate nelcentro della città.
di Chiara Ciccone
I Mercatini di Natale. di Chiara Ciccone
Si avvicina il Natale ed è bello fare un giro tra le bancarelle dei mercatini .
Si sta avvicinando il Natale e in questo periodo sono molto diffusi, soprattutto nel nord d'Italia i Mercatini di Natale.Questi mercatini sono l'occasione per passare un fine settimana fuori porta e un pò diverso dal solito, passeggiando tra le vie di queste incantevoli cittadine per comprare decorazioni natalizie e cercare regali di Natale tra i prodotti dell'artigianato locale gustando prodotti gastronomici tipici del luogo.Sono molto caratteristici i chioschi che vendono zuppe fumanti, salsicce arrostite, wusterl, accompagnati dal vin brulè, un vino caldo aromatizzato con cannella, chiodi di garofano e scorza di arancio che viene offerto ai turisti. Questi mercatini offrono numerose idee regalo originali molto utili come le decorazioni natalizie: le palline da appendere all'albero di natale in vetro soffiato, candele in tutte le dimensioni oltre che le decorazioni per il presepe in legno.
Sono anche presenti bancarelle con ampia scelta di vestiario soprattutto guanti, cappellini e sciarpe.Per quanto riguarda i prodotti gastrononici sono molto apprezzati i dolci come lo strudel e i biscotti speziati, formaggi e caldearroste.I mercatini di Natale più famosi e caratteristici sono in Trentino Alto Adige: Riva del Garda ,Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico che sono aperti dall'ultimo fine settimana di novembre fino all'Epifania e offrono anche numerosi eventi musicali e illuminazioni molto belle.Negli ultimi anni questi mercatini sono anche diffusi nelle principali città d'Italia: Milano, Napoli,Bologna e Lecce soprattutto in occasione delle celebrazioni dei santi patroni.
Per tutte le date e le informazioni utili visitare il sito www.tuttomercatinidinatale.it
di Chiara Ciccone
La Storia di Roma ai Musei Capitolini.
di Chiara Ciccone
L'Età dell'equilibrio.
Traiano,Adriano,Antonino Pio e Marco Aurelio.Terzo appuntamento con la storia romana ai Musei Capitolini.
Fino al 5 Maggio 2013 i Musei Capitolini di Roma ospitano la mostra “L'età dell'equilibio. Traiano,Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio, terzo di cinque appuntamenti de “I Giorni di Roma” dedicati alla lunga storia di Roma, dall’epoca repubblicana fino all’epoca tardo-antica. E' promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico, Sovrintendenza Beni Culturali e Ministero dei Beni Attività Culturali.Questa esposizione vuole far conoscere il periodo di massimo splendore dell'impero romano chiamato Felicia Tempora che va da Traiano a Marco Aurelio durante il quale ci fu un equilibrio tra il potere del Senato, dell'impero e dell'esercito. L’Età dell’Equilibrio, che va da Traiano a Marco Aurelio, più che una splendida gemma tra età di crisi, è un periodo in cui si portano a maturazione i frutti positivi della politica di dominazione romana.
La prima parte è dedicata ai quattro imperatori dove li si può conoscere da vicino con una serie di ritratti, busti e statue a figura intera che avevano uno scopo propagandistico in chiave politica che cambiavano a seconda delle fasi importanti dei loro principati. Lo stesso scopo avevano i ritratti delle loro spose: Plotinia, Sabina, Faustina Maggiore e Faustina Minore. La seconda parte riguarda il linguaggio artistico, un nuovo gusto dell'epoca che riprende la Grecia del V sec a.C che coinvolge l'imperatore Adriano amante della Grecia, colto ed intellettuale. Ville e dimore è l'argomento della terza parte che si apre con una rassegna di Villa Adrianea a Tivoli. E' esposto anche il corredo della villa di Maratona di Erode Attico, un senatore di età Antonina. Questo per far capire che anche privati cittadini potevano avere sontuosi mobili e corredi come servizi di argenteria, candelabri, coppe in cristallo. Vengono poi affrontati temi inerenti alla vita pubblica, partendo dall'educazione dei giovani e al mondo ginnasiale che comprendeva sia l'educazione letteraria che l'esercizio fisico.
Vengono poi analizzate le spese di privati per la costruzione di edifici pubblici come teatri, stadi e ninfei. Sono presenti dei rilievi che riguardano tutte le attività collegate alla guerra: soldati nelle loro armature, scene di battaglia, nemici vinti e in catene. All'inizio del II sec d.C. Durante il principato di Traiano ci fu la massima espansione dell'impero grazie alle vittorie sui Parti e i Daci, rappresentate sui rilievi della Colonna Traiana.La mostra si chiude con le tombe pr avere un quadro generale sui costumi funerari. Agli inizi del II sec. d.C. divenne prevalente l’uso dell’inumazione a scapito dell’incinerazione. Sono esposti splendidi sarcofagi marmorei prodotti nel periodo, dai primi esemplari di età adrianea fino ai sontuosi sarcofagi di età antoniniana, le cui casse sono decorate da soggetti mitologici (la morte di Creusa, i Niobidi, la morte di Atteone), scene di battaglia (lo straordinario Sarcofago Ammendola ai Musei Capitolini), o temi più strettamente attinenti la sfera funebre, quali il compianto. Le facciate dei sepolcri potevano essere abbellite con rilievi che ricordavano le professioni dei proprietari: ecco allora esposti rilievi con scene di macelleria accanto ad arrotini.C'è poi una sezione che riguarda la ricostruzione di due mausolei privati: ilprimo è il cosidetto sepolcro degli Haterii, originariamente sulla antica via Casilina a Roma, della cui decorazione possediamo busti, rilievi e splendidi pilastri e lesene a decorazione vegetale.
Il secondo il mausoleo di Claudia Semne, già di piena età traianea, al cui arredo interno erano pertinenti statue della donna in qualità di dea affiancate a statue dei figli rappresentati in toga, come giovani cittadini romani. Per la prima volta questi materiali, dispersi tra i Musei Vaticani e il Louvre, verranno riuniti e presentati al pubblico.
Per saperne di più www.museicapitolini.org
di Chiara Ciccone
Picasso in mostra al Palazzo Reale di Milano di Chiara Ciccone
Tutto , o quasi tutto , sull'arte di Picasso.
Il 20 settembre a Palazzo Reale a Milano ha debuttato l'attesissima mostra Picasso. Capolavori del Museo Nazionale Picasso di Parigi, promossa dal Comune di Milano e prodotta da Palazzo Reale con 24 Ore Cultura. Milano accoglie per la terza volta l’opera geniale di Pablo Picasso, dopo le grandi mostre del 1953 e del 2001. La mostra ospita oltre 250 opere ed è curata da Anna Baldassarri, direttrice del Museo Nazionale Picasso di Parigi. Vuol essere un percorso storico-cronologico all'interno dell'opera dell'artista di Malaga. Dalle prime tele figurative agli ultimi lavori della sua lunghissima carriera.In esposizione, fra gli altri, capolavori quali La Celestina, Paolo come Arlecchino, Ritratto di Dora Maar e La Supplicante.
Non sono esposti solo quadri, anche fotografie, sculture, libri illustrati estampe.L'allestimento, curato in modo congiunto da Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto, ha dedicatospazio alla documentazione relativa alla mostra del 1953 quando fu esposta, per la prima volta in Italia, Guernica nella cornice della Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale. Oggi del capolavoro del Novecento e di quella mostra del ‘53, viene offerta una ricostruzione visiva attraverso un repertorio di fotografie e documenti che mostrano le fasi esecutive di quell’ammasso di corpi spezzati e volti urlanti, cui soltanto lo slancio di una donna foriera di luce solleva dalle tenebre. In questa mostra sono presenti anche lavori realizzati tra il 1901 e il 1906. Un classicismo nuovamente rivisitato attraverso le grandi correnti della storia dell’arte. La pittura si fa a tocchi di colore cupo. Celestina, avvolta in una tunica nera, spalanca l’occhio castano e quello di vetro, rivelando le straordinarie capacità ritrattistiche dell’autore, mentre I due fratelli addirittura fanno pensare alla statuaria greca.
Dal 1906 al 1909, lo stile acquista una dimensione altra. Le donne si fondono con il paesaggio che le assorbe, come in Tre figure sotto un albero e Paesaggio con due figure e 'indossano maschere afro, per preparare gli studi de Les demoiselles d'Avignon, non bellezze al bagno, ma prostitute di bordello.Le idee sviluppate in questo periodo portano al cubismo, ben rappresentato in mostra nelle sale che raccolgono le opere compiute tra il 1910 e il 1914. Oggetti e persone si scompongono in piani a volte tridimensionali. L’oggetto si fa largo tra la materia cromatica, rivendicando la sua presenza effettiva e non più rappresentata.Nei periodi successivi, la presenza umana riacquista forma, che esplode nel colore. Acceso, complementare e disturbante. È freddamente caldo Il bacio scimmiesco del 1925, forse uno dei meno sensuali della storia ma è molto passionale.Chiude, una sala gremita di opere grafiche, prova ulteriore di un genio che, acquisita la perfetta conoscenza di tutte le tecniche artistiche, ha saputo fondarne nuove.
Per saperne di piu: www.palazzoreale.it
di Chiara Ciccone
Il 20 settembre a Palazzo Reale a Milano ha debuttato l'attesissima mostra Picasso. Capolavori del Museo Nazionale Picasso di Parigi, promossa dal Comune di Milano e prodotta da Palazzo Reale con 24 Ore Cultura. Milano accoglie per la terza volta l’opera geniale di Pablo Picasso, dopo le grandi mostre del 1953 e del 2001. La mostra ospita oltre 250 opere ed è curata da Anna Baldassarri, direttrice del Museo Nazionale Picasso di Parigi. Vuol essere un percorso storico-cronologico all'interno dell'opera dell'artista di Malaga. Dalle prime tele figurative agli ultimi lavori della sua lunghissima carriera.In esposizione, fra gli altri, capolavori quali La Celestina, Paolo come Arlecchino, Ritratto di Dora Maar e La Supplicante.
Non sono esposti solo quadri, anche fotografie, sculture, libri illustrati estampe.L'allestimento, curato in modo congiunto da Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto, ha dedicatospazio alla documentazione relativa alla mostra del 1953 quando fu esposta, per la prima volta in Italia, Guernica nella cornice della Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale. Oggi del capolavoro del Novecento e di quella mostra del ‘53, viene offerta una ricostruzione visiva attraverso un repertorio di fotografie e documenti che mostrano le fasi esecutive di quell’ammasso di corpi spezzati e volti urlanti, cui soltanto lo slancio di una donna foriera di luce solleva dalle tenebre. In questa mostra sono presenti anche lavori realizzati tra il 1901 e il 1906. Un classicismo nuovamente rivisitato attraverso le grandi correnti della storia dell’arte. La pittura si fa a tocchi di colore cupo. Celestina, avvolta in una tunica nera, spalanca l’occhio castano e quello di vetro, rivelando le straordinarie capacità ritrattistiche dell’autore, mentre I due fratelli addirittura fanno pensare alla statuaria greca.
Dal 1906 al 1909, lo stile acquista una dimensione altra. Le donne si fondono con il paesaggio che le assorbe, come in Tre figure sotto un albero e Paesaggio con due figure e 'indossano maschere afro, per preparare gli studi de Les demoiselles d'Avignon, non bellezze al bagno, ma prostitute di bordello.Le idee sviluppate in questo periodo portano al cubismo, ben rappresentato in mostra nelle sale che raccolgono le opere compiute tra il 1910 e il 1914. Oggetti e persone si scompongono in piani a volte tridimensionali. L’oggetto si fa largo tra la materia cromatica, rivendicando la sua presenza effettiva e non più rappresentata.Nei periodi successivi, la presenza umana riacquista forma, che esplode nel colore. Acceso, complementare e disturbante. È freddamente caldo Il bacio scimmiesco del 1925, forse uno dei meno sensuali della storia ma è molto passionale.Chiude, una sala gremita di opere grafiche, prova ulteriore di un genio che, acquisita la perfetta conoscenza di tutte le tecniche artistiche, ha saputo fondarne nuove.
Per saperne di piu: www.palazzoreale.it
di Chiara Ciccone